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LA FINE E L'INIZIO


RiassuntoConclusione della storia cominciata con "Preparazione" e proseguita con "Il messaggio", "Il viaggio" e "Il tradimento".

Data di composizione: 2/5/2002

Valutazione: Adatto a tutti

Disclaimer: Tutti i personaggi, ad eccezione di quelli apparsi nella serie "Roswell" di proprietà Regency Television - 20th Century Fox, sono una creazione dell'autrice. Il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

E-mail: toangel@supereva.it


“Lo vuoi incontrare subito?”.
“Sì Theris. Non voglio più aspettare”.
“Forse dovresti invece. Adesso non sei in condizioni di sopportare anche questo”.
“Tu dici? A me non sembra. Sto per toccare il fondo, no? Dopo, posso soltanto risalire”.
“Oppure perderti del tutto, se non ritrovi l’equilibrio. E per arrivare là in fondo”-disse indicando il nucleo del Clone Centrale-“ti ci vorrà tutto l’equilibrio dell’universo”.
Aura capì che Theris aveva ragione: la passeggiata sospesa nel nulla che divideva il resto della base dal nucleo dove si trovava Soul era molto più di un semplice ponte, significava camminare sul filo del rasoio.
“Voglio comunque andare”.
“D’accordo. Ma se sarai in difficoltà, io sarò qui”.
“Grazie Theris”.
Aura s’incamminò da sola. Il passaggio era stretto e mai come quella volta le era sembrato così lungo e così alto nel vuoto.
Ad un terzo del tragitto, si sentì girare la testa e cominciò a lottare per non precipitare di sotto, ma era come se i suoi muscoli si rifiutassero di ubbidirle. Riuscì a cadere in ginocchio, non staccando per un attimo lo sguardo dall’entrata.
“Aura!”-la chiamò Theris-“Ce la fai a tornare indietro?”.
“Io non torno indietro!”-gridò-“Soul, lo so che non mi vuoi parlare! Ma io sto arrivando”.
Aura si rialzò e con gran fatica camminò fino all’entrata. Arrivata sulla soglia si voltò verso Theris, che aveva l’aria di essere teso, ed entrò.

Theris ritornò precipitosamente sui suoi passi. Riattraverso i lunghi ed ampi corridoi che lo avevano portato lì e raggiunse la sua cabina. Si sedette al proprio tavolo e, respirando profondamente, aprì una comunicazione.
“Allora?”.
“E’ entrata, pochi minuti fa”-disse il consigliere-“Da adesso in poi, non posso prevedere ciò che accadrà”.

“Va bene. Grazie di tutto Theris”-Jayce chiuse il comunicatore che ricordava un cellulare.
“Cos’ha detto Theris?”-gli chiese Liz.
“Che Aura sta parlando con Soul e che non è certo di quello che succederà”.
“Il suo tono di voce è normale, anche fin troppo freddo”-pensò Maria osservando il nuovo arrivato-“ma…è preoccupato! Jayce è preoccupato per Aura!”-e, sebbene il momento non fosse il migliore, le sfuggì un sorriso.
Il resto del gruppo, che si era riunito sulla terrazza dei Parker, parlava a bassa voce di quanto era avvenuto dopo lo scontro alla stanza delle capsule: erano trascorsi solo tre giorni, ma erano stati così densi da sembrare tre anni.

Theris aveva rivelato ad Aura che suo padre era un mezzo alieno di nome Damian, che era stato uno dei primi a possedere una sfera e che era arrivato sulla Terra per sfuggire ad un complotto per uccidere lui e gli altri componenti del Consiglio. I responsabili erano Kivar, da più di trent’anni al potere di Antar, conquistato dopo aver ucciso il legittimo re, e il simbionte, che, all’epoca era nel corpo di un altro essere umano.
Dopo una fuga improvvisa, era ritornato sulla Terra per ritrovare sua moglie Danielle e sua figlia, che aveva affidato al suo migliore amico Demetrius, non avendole potute portare con sé, per via del parto imminente. Ma una volta sul pianeta, aveva fatto la tremenda scoperta che sua moglie era il nuovo ospite del simbionte e che di sua figlia e di Demetrius non c’era traccia.
“Che è successo dopo?”-aveva chiesto una frastornata Aura.
“Tuo padre non ebbe il coraggio di uccidere Danielle, anche se sapeva che, come persona, era morta non appena il simbionte si era impossessato del suo corpo. Passò molto tempo a fuggire da lei lo trovasse e lo uccidesse”.
“Allora, mio padre…”.
“No Aura, dopo successe qualcos’altro e non mi sento di tenertelo nascosto”.
“Di che si tratta?”.
“Vedi…tuo padre era una persona molto importante e per certi aspetti fondamentale: la sua perdita definitiva, oltre ad aver provocato molto dolore in noi, poteva causare ulteriori perdite di vite, così decidemmo di recuperare una specie di sua…essenza”.
“Cosa avete fatto?”-Aura non aveva creduto alle sue orecchie.
“Ogni sfera”-e Theris aveva fatto apparire la sua-“non rappresenta solo le possibilità del suo possessore, ma anche i suoi ricordi e parte del suo carattere, quello di cui noi avevamo estremamente bisogno allora per dirigere il Clone Centrale e mandare avanti tutte le missioni”.
“Theris…”-Aura stava parlando a fatica-“tu mi stai dicendo che…che…”-e si era allontanata d’istinto, rifuggendo quel pensiero-“Non è possibile!”.
Theris l’aveva raggiunta: -“Aura, fammi finire. Lo so che fa male”.
“No! Tu non lo sai!”-Aura non era riuscita a trattenere le lacrime.
“Hai ragione”-Theris si era fatto più comprensivo-“Io non mi posso rendere conto, ma se non l’affronti, ti roderà per tutta la vita. Tu vuoi questo?”.
Aura aveva ricacciato il pianto: -“No”.
“Usammo la sfera di tuo padre per recuperare le informazioni e le caratteristiche che possedeva. Fu allora che nacque il nucleo del Clone Centrale, il suo cuore operativo, e fu allora che apparve Soul, la sua Anima, o qualunque cosa sia che ci permette di interagire con esso. Il fatto è che neanch’io so con precisione cosa sia, non ci siamo più spinti così oltre”.
“Soul è mio padre?”.
“No. Anzi, non farti illusioni. Non è una persona vera e propria e non puoi aspettarti da lui ciò che ti aspetteresti da un padre”.
“Perché Demetrius non mi ha mai detto la verità?”.
Theris aveva abbassato lo sguardo: -“Forse perché si sentiva responsabile per Danielle e Damian e forse perché ti considerava a tal punto sua figlia che ha preferito farti conoscere un’altra vita”.
“A me però non basta…”.
“Cosa stai dicendo?”-quelle parole avevano allarmato Theris.
“Voglio vedere Soul”.
“Adesso?”.

Ad Aura ci volle un po’ per abituarsi a tutta quella luce. Ora che ricordava, era già stata una volta in quel luogo, con Demetrius, quando era ancora molto piccola, ma non aveva veramente compreso cosa significasse.
L’uomo di luce era lì e la stava aspettando.
“Perché non volevi che io venissi?”-gli chiese.
“La tua presenza non era necessaria, né richiesta”-fu la laconica risposta.
“Io non ne sarei tanto certa. Forse per te non era necessaria, ma per me lo è”.
“Devi chiedermi qualcosa?”.
“Tante cose…per esempio, tu sai chi sono io?”.
“Il tuo nome è Aura, sei un essere proveniente dal pianeta Terra. Il tuo compito è eseguire missioni per conto del Consiglio…”.
“Hai detto bene specificando che io provengo dalla Terra e non che io sono umana. Perché io non sono completamente umana, vero?”.
“Ciò corrisponde a verità. Un quarto della tua natura non è umano”.
“E tu sai dirmi il perché?”.
“Tua madre era umana, tuo padre lo era solo per metà”.
“Ti ricordi di Danielle?”.
L’uomo di luce rimase in silenzio e Aura gli si avvicinò, cercando di combattere tutta quella luce che le feriva gli occhi: -“Ti ho chiesto se ti ricordi di Danielle. Rispondimi!”.
“Danielle…era il nome di tua madre. Tuo padre Damian era molto legato a lei, se è questo che vuoi sapere, e tu hai preso molto del suo aspetto fisico”.
“E’ per questo che non volevi vedermi?”.
Soul non rispose.
“Ti crea qualche sentimento, ricordare queste persone?”.
“Io non provo sentimenti, ma alcune parti che mi compongono, unite ai ricordi di Damian che io possiedo, interferiscono con il mio normale funzionamento”.
“Oggi sono io che ti insegno qualcosa, Soul: questa che tu chiami ‘interferenza’ noi esseri biologici lo chiamiamo ‘dolore’”.

Theris era seduto al suo tavolo e non smetteva di contare i minuti e i secondi. Si alzò in preda al nervosismo e si avvicinò alla porta; ma no, doveva aspettare che Aura ritornasse, non poteva di certo precipitarsi al nucleo per interrompere la loro conversazione.
“Chissà cosa staranno dicendo…”-si disse, quasi con il timore di darsi una risposta. Tornò al suo tavolo, ma di nuovo non vi trovò pace e si mosse fino alle grandi aperture che davano verso l’esterno, per osservare gli astri sfrecciare via lungo la rotta del Clone Centrale.
“Ti ho fatto attendere troppo? Se è così mi dispiace”.
“Aura! Sei qui!”-Theris non se ne era minimamente accorto-“Co-cosa è successo?”.
“Nulla, non ti preoccupare”-lo rassicurò Aura sedendosi di fronte alla sua scrivania.
“Io so che non dovrei chiedertelo, ma…”.
“Io e Soul abbiamo parlato di cose importanti, cose che dovevo sapere, ma, in sostanza, non è stato sconvolto l’ordine precedente delle cose. Lui continuerà ad essere il solito”.
“E tu?”.
“E’ di questo che devo parlarti; c’è una cosa…anzi, ce ne sono due che dobbiamo discutere”.

L’estate di Roswell volgeva al termine e i ragazzi del gruppo si preparavano al nuovo anno scolastico.
“Ci siamo”-commentò Maria, affaccendata tra hamburger e patatine-“Fra tre settimane si ricomincia la schiavitù!”.
“Non ti lamentare!”-la prese in giro Liz-“Almeno mio padre ci ridurrà i turni al Crashdown”.
“Sai Liz, tu sai sempre trovare il lato buono della situazione”-commentò sarcastico Michael.
Al solito tavolo, Max, Isabel e Alex ridevano della scena.
“Non credo che senza di loro questo locale sarebbe lo stesso”.
“Hai ragione, Izzie. Anche se preferirei che gli hamburger di Michael cambiassero”-replicò Alex.
“Guarda che ti ho sentito!”-gridò quest’ultimo dalla cucina.
“Avanti Spaceboy, non te la prendere”-scherzò Max-“In fondo, è merito tuo se il locale non è troppo pieno, così non dovete ammazzarvi di lavoro”.
Maria corse ai ripari prima che Michael perdesse il controllo e facesse esplodere qualche bicchiere di Coca-Cola: -“Ma a me lui piace così!”-e gli diede un bacio sulla guancia, prima di servire un cliente al banco.
“Avete avuto notizie di Aura?”-chiese Alex.
“Non ancora”-rispose Max-“Jayce ha provato più volte a mettersi in contatto con lei in quest’ultima settimana, ma non ha ottenuto nessuna informazione”.
“Jayce…”-mormorò Isabel.
“A che pensi?”-le domandò il fratello.
“Che è una cosa strana, intendo quello che c’è fra Jayce e noi…anzi quello che c’è tra lui e…”.
“E Aura?”-fece Maria avvicinandosi al tavolo.
“E tu come sai quello stavo per dire?”.
“Io avevo notato qualcosa una settimana fa”-iniziò lei-“Jayce era molto in ansia anche se non lo voleva far vedere. Mi ha ricordato molto Michael”.
“Ma di lui ci possiamo fidare davvero?”.
“Io credo di sì”-disse Liz unendosi al gruppo-“E la prova è che non ha smesso un attimo di badare a noi”.
“Come?”-esclamarono tutti in coro.
“Ma sì! Quando andiamo in giro, non fa altro che proteggerci. Beh, a volte è un po’ buffo, perché non conosce tutte le nostre abitudini…però è così carino!”.
Max si allarmò un po’ a queste parole e Liz sorrise: -“Cos’hai capito? Intendevo dire che è carino da parte sua fare questo per noi”.
“Per Aura, vorrai dire”-precisò Maria-“Poverino! Dev’essere penosa quest’attesa”.
“E’ possibile che loro abbiano notato tutte queste cose…e noi no?”-chiese Alex sbalordito.
“Che vuoi farci Alex, sono donne!”-commentò Michael dalla cucina.

Jayce scrutava il cielo dalla terrazza dell’appartamento di Aura, dove si era stabilito temporaneamente. Da quando era tornato sulla Terra, non aveva passato notte senza osservarlo. Aveva visto molti altri cieli sui pianeti dov’era stato, ma questo lo colpiva, questo era quello di casa.
“Casa”-pensò ad alta voce-“Chissà che vuole dire…”.
“Casa è dove sai di poter tornare”.
Jayce si alzò di soprassalto: -“Aura…”-mormorò-“Quando…?”.
Lei gli sorrise: -“Quando sono arrivata? Adesso!”- e si sistemò sulla sdraio accanto a quella dove si trovava Jayce-”A quanto pare, non ho perso la capacità di sorprenderti”.
“No, niente affatto”-e anche lui si stese.
Stettero per un po’ in silenzio, fissando quell’immensa calma, poi Jayce trovò il coraggio di chiederle ciò che gli stava a cuore: -“Come stai?”.
“Se dicessi che ho avuto una chiacchierata chiarificatrice, ti mentirei e ne ho abbastanza delle menzogne. La verità è che sono a pezzi, è che non c’è una parte di me che non sia ferita”.
“Io so che ce la puoi fare”.
“E come?”-chiese Aura scuotendo rassegnata la testa-“Come? Mia madre è stata presa da un mostro e quel che resta di mio padre è un’ombra senza sentimenti. Tutto quello che credevo certo si è rivelato apparenza”.
“Di certo ci sei tu Aura”-Jayce si alzò a sedere verso di lei.
“No, ti sbagli”-replicò lei con amarezza-“Tu non sai quanto ti invidio. Sei un pilota eccezionale, con le tue conoscenze potresti fare quello che vuoi”.
“E tu no?”.
“Quando Demetrius mi portò via dall’orfanotrofio lo fece solo perché ero la figlia di Damian, perché si sentiva in colpa, non certo per chissà quale dote io avessi. Mi sono fatta delle illusioni, pure e semplici illusioni su me stessa e sulla vita che mi sarei costruita da sola. Quanto sono stata stupida!”.
“Non è vero! E non è neanche giusto!”-le disse con decisione-“Aura, come fai a ignorare tutto quello che hai fatto finora!”.
“E cos’è che ho fatto? Ho semplicemente avuto a disposizione un sofisticatissimo strumento con cui sono andata a passeggio per qualche galassia!”.
“Ma hai aiutato tante persone!”.
“Chiunque poteva farlo”.
“Ma lo hai fatto tu! Pensa a quei ragazzi, a come gli hai ridato fiducia! Oppure…”-e la sua voce si fece più seria-“pensa a me. Non avevi la sfera con te, anzi, nella lotta tra noi due, ero io quello in vantaggio…ma alla fine hai vinto tu e così facendo mi hai salvato…non ti permetto di dire che chiunque poteva farlo…nessun altro, oltre te, poteva riuscirci”.
Aura non rispose e lui si spostò sulla sua sdraio: solo allora capì che lei non lo stava ignorando, ma che semplicemente non riusciva a trattenere le lacrime.
“Sono così…così…”.
“Delusa e arrabbiata. Lo so e tu hai tutto il diritto di sentirti in questo modo. Solo, ricorda che non sei sola”.
“Ma devo farcela da sola”-Aura si riprese e si mise a sedere di fianco a Jayce-“Altrimenti se mi appoggio sempre…a qualcuno. non starò mai in piedi con le mie gambe e rischierei anche di trascinare gli altri giù con me”.
“Stai parlando di me?”.
Lei annuì più volte: -“Sì, proprio di te. Ti ho già stravolto completamente la vita e non ti ho nemmeno ringraziato per aver rinunciato a tutto. Beh, è venuto il momento di ricambiare…”-e inspirò profondamente per farsi forza-“…io ho lasciato la sfera e da quando mi hanno riportata sulla Terra non ho più accesso al Clone Centrale e non mi dispiace, perché non ho più intenzione di rimetterci piede. La questione ora è il tuo futuro”.
“Il mio futuro…?”-Jayce la guardava sconcertato, mentre lei evitava di girarsi dalla sua parte.
“Puoi fare quello che vuoi, te l’ho già detto. Se ti va, puoi anche avere la sfera”.
“Io? Ma loro si fidano di me?”.
“Ovviamente per un po’ ti terranno d’occhio, ti faranno dei test per sapere quanto sei affidabile, ma ho parlato con Theris e, secondo lui, hai già dimostrato abbastanza chi sei”.
“Così sei tu che decidi tutto”.
“Come?”-Aura percepì con stupore la rabbia nella voce di Jayce.
“Sì! Sei tu che hai deciso come andrà la tua e la mia vita!”-e si alzò irrequieto.
“Non ho detto che sei obbligato…”.
“No, infatti! Ma ti sei chiesta cosa voglio? Cosa voglio veramente?”.
Quel pensiero, che già una volta l’aveva sfiorata, tornò prepotentemente nella mente di Aura: -“Io credevo che darti la possibilità di pilotare fosse quello che ti rendesse felice”.
“Certo che è così! Ma adesso le cose sono diverse! Non te ne accorgi da sola?”.
“Vieni qui Jayce”-lo invitò-“Io non voglio litigare con te”.
“Neanch’io”-Jayce si calmò e seguì il suo consiglio sedendosi-“E’ che non riesco più a capirti”.
“Non è un’impresa facile”.
“Dimmi la verità, dimmi che non sono stato solo io a pensarci”.
“Oh no…e prima che questa storia mi distruggesse non avrei esitato un solo istante”.
Jayce riuscì a sorridere, anche se con tristezza: -“E’ troppo tardi allora?”.
“Non lo so. Ma di certo c’è che non voglio iniziare questa cosa rischiando di fossilizzarti qui, o peggio, di farti soffrire”.
“Sei sicura di quello che vuoi…per noi?”.
“No, solo il tempo me lo dirà”.
Jayce le passò il braccio intorno e lei non obiettò, ma appoggiò la testa alla sua spalla, mentre le luci dei lampioni si spegnevano e lasciavano il posto all’oscurità.

“Se…ne va?”-Maria fece cadere un bicchiere che si fracassò sul pavimento, facendo girare tutti i clienti del Crashdown.
“Ma noi credevamo che…”.
“Beh Liz, avete creduto male. E comunque, è meglio così. Jayce si sentirebbe sprecato restando qui, invece, come possessore della sfera, farà grandi cose, ne sono certa”.
“Ma tu che farai qui?”.
“Ho ancora un ufficio da mandare avanti, no?”-Aura si alzò, raccogliendo le proprie cose-“Domani lo riapro e mi metto a lavorare seriamente”.
“E Jayce, quando parte?”.
“Stanotte, verso l’una”.
“Possiamo venire a salutarlo?”-chiese Liz.
“Certo, anzi credo che gli farà molto piacere. Ora io vado, ci vediamo più tardi”-e Aura uscì dal Crashdown.
“Non immaginavo che le cose sarebbero finite in questo modo”-commentò Liz.
“Ci sta male da morire”.
“Ne sei sicura, Maria? Come lo sai?”.
“Lo lascia andare per lo stesso motivo che spingeva Michael ad allontanare me”.

Il pomeriggio trascorse veloce e arrivò il momento della partenza.
Tutto il gruppo si era dato appuntamento nel parco per passare un’ultima serata tutti insieme e le ore erano volate.
“Dobbiamo andare”-disse Aura controllando l’orologio.
“Se non ti dispiace Jayce, noi preferiamo salutarti qui”-fece Max, che si era messo precedentemente d’accordo con gli altri.
“Lo capisco”-rispose lui.
“Allora, buona fortuna. Ci mancherai moltissimo”-lo salutò Isabel.
“Grazie amico”-si avvicinarono anche Michael e Max poi tutti gli altri.
L’ultima fu Maria: -“Grazie Jayce, sei un grande amico”-gli diede un bacio sulla guancia, facendolo sorridere imbarazzato, poi, sottovoce-”Devi darle del tempo, lo capirà”.
“Lo so e so che non potrei affidarla a mani migliori”.
Jayce e Aura salirono sull’auto di quest’ultima e partirono per il deserto.
I ragazzi rimasero a guardare finché non sparirono dalla vista.

Il percorso fino al punto dove sarebbe atterrata la nave fu nel più completo silenzio. Aura aveva gli occhi puntati sulla strada, ma sapeva che Jayce l’aveva più volte osservata di nascosto.
In cuor suo cominciava già a sentire il vuoto.
I due scesero dall’auto e rimasero ad aspettare. Aura si era appoggiata al cofano mentre Jayce si era allontanato di qualche passo per osservare il panorama circostante nella luce della luna.
“Lascio la Terra un’altra volta…e non è mai stato così difficile”.
“Puoi sempre tornare”.
“Non penso”.
Aura abbassò lo sguardo: capiva che dipendeva da lei.
“Io non vorrei che fosse così”-mormorò.
“E come dovrebbe essere?”-Jayce era ritornato sui suoi passi e l’aveva sentita.
“Io vorrei essere diversa”.
“No invece. Tu sei così ed è in questo modo che ti voglio”.
Aura lo guardò stupita, mentre lui le sfiorò il viso con le dita e poi, con tenerezza, lo avvicinò al suo: -“Lo so che non era questo che avevamo deciso, però…”.
La brezza si alzò all’improvviso e subito si trasformò in vento, mentre una luce non naturale li investì.
“Sono arrivati”-disse Aura e Jayce, a malincuore, si staccò da lei.
La nave, di forma quadrangolare, era di dimensioni piuttosto grandi e volteggiava a una decina di metri da terra, accecando i due ragazzi.
Sulla superficie, apparve d’un tratto una figura che cominciò a camminare verso di loro.
“Moren!”-lo chiamò Aura e gli corse incontro per salutarlo.
“Sono contento di rivederti”-le sorrise-“Non ho potuto salutarti, quando hai lasciato il Clone Centrale”.
“Già, ma lo sai che la decisione era ad effetto immediato”.
“Sì…a proposito, Theris vorrebbe che tu ci ripensassi”.
Aura si girò verso Jayce, che li aveva raggiunti, poi si rivolse di nuovo a Moren: -“Digli che lo ringrazio, ma che non so quanto sarei utile in questo momento”.
Moren annuì mentre i suoi occhi si spostavano su Jayce: -“E così saresti tu il famoso pilota?”.
“Così dicono”.
“Sai Aura, gli hanno dato una sfera speciale”.
“Speciale?”.
“E’ quella di Demetrius. La tua invece non verrà assegnata a nessuno…per un po’”-e non nascose il vero significato delle sue parole-“Ora, però, dobbiamo andare”.
“Va bene”-disse Jayce.
“Lo affido a te”-raccomandò Aura a Moren-“Fa che lo trattino bene”.
“Lo farò”-rispose lui-“Io comincio ad andare, allora. Aura, non so davvero come faremo senza di te”.
“Ve la caverete benissimo. Addio Moren”-e osservò l’alieno cominciare a dirigersi sotto la nave.
Jayce le si mise davanti per dirle ancora qualcosa, ma Aura posò un dito sulle sue labbra e i loro occhi si dissero quello che non avrebbero potuto esprimere altrimenti.
Fu Aura a stringerlo forte ancora una volta e Jayce fece altrettanto.
“Mi mancherai da morire”.
“Io ti prometto solo una cosa”-e la guardò come mai aveva fatto prima-“Non finirà qui”.
Si lasciarono e Jayce seguì Moren. I due sparirono da sotto la nave, che subito si alzò di quota e sfrecciò scomparendo nel cielo.
Aura fissò ancora quella direzione finché non realizzò che era sola. Cadde seduta, come priva di forze, e si coprì le labbra con la mano per non gridare, mentre le lacrime, che non poteva controllare, scivolavano al suolo come gocce di pioggia.

La scuola era finalmente arrivata e, con essa, sembravano ricominciate tutte le altre attività.
“L’ultimo anno”-sospirò Maria-“Ancora un po’ di pazienza”.
“Ancora un po’ pazienza…”-la rimbeccò Liz-“…e saremo al college!”.
“Sempre a sottolineare questi particolari tu!”.
“Andiamo!”-Michael circondò con un braccio la sua ragazza-“Nel mezzo ci saranno ancora le vacanze!”.
“Così va meglio!”-rise Maria.
“Ciao ragazzi”-e Max salutò la sua Liz con un bacio.
“Non smetterò mai di dirlo: non sopporto queste cose di primo mattino”-si lamentò Isabel avvicinandosi con Alex, Kyle e Tess.
“Ah, io le sopporterei benissimo!”-disse uno sconsolato Alex, facendola infuriare, mentre gli altri non resistevano al riso.
“Non c’è niente da fare”-commentò Max quando ormai erano vicini all’entrata-“Si ricomincia”.

“La sua consulenza è stata davvero preziosa”.
“Mi lusinga”-Aura era seduta nel suo ufficio con un cliente-“Ho fatto solo del mio meglio”.
“Lei ha risolto tutti i problemi di sicurezza delle nostre quattro sedi!”-esclamò lui-“Dai suoi sistemi sembra quasi che lei venga dal futuro!”.
Aura sorrise divertita: -“Davvero?”.

“Allora, com’è andato il primo giorno?”-chiese Aura.
“Come tutti gli anni…”-disse Kyle.
“Cioè tremendo”-fecero gli altri in coro.
“Ho capito…godiamoci questa serata”.
“Cosa vogliamo fare?”-chiese Max.
“So che hanno aperto un nuovo locale, cucina esotica e musica”-fece Alex.
“Cosa intendi per ‘esotica’? Vermi, formiche?”.
“No Izzie! Intendevo messicana, al massimo caraibica”.
“Piccante, quindi…”-sottolineò Michael e i ‘cecoslovacchi’ si scambiarono tacite intese-“Vada per questo locale”.

Jayce era seduto ad un tavolino di uno delle decine dei ritrovi della base. Aveva scoperto molto in quelle tre settimane. Più che una città, il Clone Centrale era un vero e proprio pianeta, dove convivevano le più diverse specie di essere viventi. E, cosa stranissima, si era fatto molti amici proprio tra i non umani.
Moren, soprattutto, si era rivelato una persona leale e fidata, nonostante il suo aspetto un po’ minaccioso.
Jayce osservava i tre che gli stavano facendo compagnia: non ce n’era uno che fosse simile all’altro e la cosa incredibile era che dopo pochissimo tempo nessuno ci faceva più caso.
“Come ti trovi qui, Jayce?”-chiese uno di loro.
“E’ fantastico. Il mio nuovo incarico mi permette di provare tutti moduli di trasporto della sfera e persino di crearne di nuovi”.
“Quello che ci avevano detto di te era vero, te la cavi benissimo con qualsiasi nave”.
Jayce sorrise non rispondendo.
“Non lo lodate troppo”-disse Moren avvicinandosi-“O si monterà la testa”.
“Moren, siediti. Ho saputo che sei stato sulla Terra ultimamente”.
“Sì, per prelevare questo terrestre rompiscatole, che nella sua prima settimana non ha smesso mai di farmi domande”-rispose mentre Jayce e gli altri tre alieni ridevano.
“Non te la prendere”-disse uno di questi-“E’ una cosa normale, Moren vuole solo prenderti in giro”.
“Lo so, lo so”.
“Perché hai scelto di venire qui?”-chiese un altro. Moren allora si voltò per osservare la sua reazione.
“Per il panorama”-disse Jayce accennando a ciò che vedevano all’esterno delle enormi finestre del locale.
“Per noi è stato un ottimo acquisto”-fece Moren.
“Già, peccato solo che, nel frattempo, abbiamo perso Aura”.
Jayce si fece scuro in volto e si alzò: -“Scusate se vi lascio, ma voglio andare a dormire presto. Domani ho un turno massacrante. Buonanotte”-e se ne andò.
“Abbiamo detto qualcosa di sbagliato?”-si domandarono gli alieni.

“Jayce aspetta!”-lo richiamò Moren. Il ragazzo si fermò e attese che lui lo raggiungesse.
“Cosa c’è?”.
“Perché te ne sei andato in quel modo?”.
“Ve l’ho detto, sono stanco”.
“Non è vero e lo sai”-Moren lo fissò serio-“Non sono un ingenuo, dovresti averlo imparato”.
“Non l’ho mai detto”.
“Senti, non voglio intromettermi nei tuoi affari, ma ho intuito cos’è successo tra te e Aura. Io credo che lasciarsi sfuggire certe occasioni sia un peccato”.
Jayce si meravigliò della sua insolita franchezza e decise di fare altrettanto: -“Lei lo sapeva, ma mi ha spinto comunque a partire”.
“Non mi è sembrato, tuttavia, che facesse salti di gioia”.
Jayce, colpito, non replicò e Moren continuò: -“Se vuoi un consiglio, ma anche se non lo vuoi: non mollare”-e senza aspettare una risposta si allontanò.
Jayce rimase a pensare: -“Significa tornare”.

“E’ carino questo posto”-osservò Maria.
“Già, si sente proprio l’aria cubana!”-concordò Liz.
“E si vede anche”.
“Che dici Tess?”.
“Beh, c’è quel tipo laggiù al bar, che non è niente male e che non smette di fissare la nostra Aura”.
“Come?”-Aura cercò di guardare in quella direzione senza farsi vedere, ma lui se ne accorse e le sorrise.
“Beh Aura, ti ha notata nel gruppo, devi essere il suo tipo!”.
“Mi ha notata nel gruppo, perché è evidente che sono l’unica single”-precisò lei. E, infatti, le coppie erano strettamente unite.
“Tess ha ragione”-fece Maria-“E’ proprio carino”.
“Ragazzi, lo state guardando tutti!”-si accorse Aura.
“Non mi pare molto timido”-disse Isabel con noncuranza-“Senti Aura, io ho sete. Perché non mi vai a prendere qualcosa, per favore?”.
“Isabel!”-esclamò lei.
“Veramente ho sete anch’io”.
“Sì, sì, anch’io”. “Anch’io, e tu Max?”.
“Certo!”.
“Ragazzi, calma! Non potrei comunque portarvi da sola tutto”.
“Hai ragione”-rispose Maria-“Ti servirà aiuto e quello là mi sembra molto volenteroso”.
“Non è possibile che mi facciate questo!”-esclamò Aura.

“Che serata!”-pensò Aura. Aveva faticato non poco per tenere a bada gli istinti da Cupido che si erano scatenati nei ragazzi. Con una scusa si era defilata il prima possibile dal locale e stava tornando a piedi verso casa.
“Ma come sarà saltato loro in mente?”-si domandò, poi le balenò in mente la possibilità che ci fosse stata dietro un’altra intenzione. Si fermò di colpo e rifletté: -“Ma certo. Volevano sapere se l’avevo dimenticato! Se avevo dimenticato Jayce”. Si chiese allora se era così e, sentendosi improvvisamente triste, capì non era cambiato niente.
“Comunque potevano farmi una domanda diretta!”-si disse per scacciare la malinconia.
Si accorse di essere ormai sotto casa e mise le mani in tasca per cercare le chiavi. “Ma dove le ho messe?”.
Si tolse la giacca e la rivoltò da cima a fondo. “Fantastico! Devo aver chiuso la porta lasciandole dentro! Cosa può accadere adesso?”-e un tuono squarciò il buio della notte-“Oh no, oh no!”. La pioggia cadde all’inizio in modo leggero, ma poi si rafforzò insieme al vento. “E il Crashdown stasera è chiuso”-pensò sconsolata.
Aura cominciò a guardarsi intorno: non aveva molte alternative. Tornare al locale non le andava, anche perché ormai i ragazzi se ne dovevano essere andati, così non le rimase che cercare un riparo. Si diresse correndo nel parco, trovò un gazebo coperto e illuminato e si sedette su una delle panchine che vi erano sistemate sotto.
“Almeno non starò al buio”-un altro lampo illuminò le nuvole e il tuono riecheggiò vicino pochi istanti dopo-“Spero”.
Il rumore della pioggia era costante e monotono e il fatto che non ci fosse nessuno in giro rendeva l’atmosfera ancora più insopportabile. Aura si alzò spazientita: -“Ma quando la smetti?”.
Impotente, si risedette piegando le gambe e appoggiando il mento sulle ginocchia.
Le gocce erano così grandi da sembrare all’udito come i passi di un esercito di soldatini di piombo.
La mente di Aura era concentrata su quel suono martellante, quando le sembrò di avvertire un ritmo diverso: all’inizio era appena percettibile, ma ben presto divenne più chiaro: -“Sta arrivando qualcuno…”-e Aura riappoggiò i piedi a terra, pronta a reagire, se necessario.
Fu allora che la luce del gazebo andò via quasi contemporaneamente con quella del resto di Roswell.
“Accidenti!”-pensò e il suo sguardo fissava ansioso l’oscurità dalla quale provenivano i passi.
“Eccolo, è vicino”-Aura si staccò dalla panchina, poi decise di affrontare lo sconosciuto: -“Chi c’è lì?”.
“Ciao”.
Un brivido.
“Jayce…”-disse Aura più a se stessa-“Sei davvero tu?”.
Lui si fece avanti mentre il bagliore di alcuni lampi rischiarono il suo viso, completamente bagnato come il resto del suo corpo.
“Lo so che non volevi che tornassi così presto, però…”-ma Aura lo spiazzò stringendolo a sé.
“Mi sei mancato tanto”.
Jayce stentava a credere che lei gli avesse rivolto quelle parole: -“Sei sempre tu, vero? Non hai per caso una sorella gemella che mi ha scaricato qualche settimana fa?”.
Aura sorrise e scosse la testa: -“No. Ho semplicemente capito che non voglio perderti, per nessuna ragione al mondo”.
Lui sentì come se il suo cuore avesse preso il volo e portò le proprie labbra sulle sue. Dapprima fu un bacio leggero, ma poi non vollero più controllarsi e divenne intenso e profondo. Come se fossero sempre stati un’unica cosa, il loro desiderio fu di lasciarsi senza fiato.
Jayce voleva ancora sapere una cosa: -“Come la mettiamo con la sfera e tutto il resto?”.
“Io ho preso una responsabilità verso molte persone…e la porterò a termine”.
Allora, lui la strinse ancora di più:-“E io sarò lì, accanto a te”.

Scritta da Aura


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