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IL MESSAGGIO


Riassunto: Mentre i ragazzi imparano ad usare i loro poteri, si profila una minaccia per Max e i suoi amici, che dovranno fare appello a tutta la loro abilità per superare la sfida. 

Data: 17/05/2001

Valutazione: Adatto a tutti

Disclaimer: Tutti i diritti dei personaggi descritti nel racconto appartengono alla casa di produzione Warner Bros, tranne il personaggio di Aura che è nata dall’immaginazione dell’autrice. Il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

E-mail: toangel@supereva.it


“Avanti Michael, non vorrai fermarti proprio adesso”. Il ragazzo aveva lo sguardo fisso su una roccia di fronte a lui.
“E’ inutile, accidenti!”-impreco spazientito.
“Non ti facevo così arrendevole!”- commentò Aura che era al suo fianco. Gli altri stavano in semicerchio dietro di loro e li osservavano in silenzio.
Era ormai da due settimane che il gruppo si ritrovava regolarmente al lago, unico posto tranquillo, per esercitare il loro potere e, sotto la guida della loro nuova alleata, provavano ad esplorare le loro facoltà. Solo l’addestramento di Michael sembrava non voler fare progressi.
“Così non ci siamo. Siamo stati fortunati a non avere altri ‘incontri’ fino ad ora, ma se dovesse accadere, cosa farai Michael?”- anche Aura cominciava a perdere la calma.
“Io non lo so!”- gridò lui.
Aura, che si era seduta su un masso, sospirò, poi rialzandosi cercò di ragionare:-“ Va bene, proviamo in un altro modo. Michael, quando modifichi la materia non pensare a quello che vedi. Pensa, invece, a quello che vuoi vedere, come se fosse già davanti a te. Mi capisci?”. L’espressione un po’ smarrita che le si dipinse davanti le fece capire di no.
“Ok, facciamo così,”- e lo prese per un braccio, riportandolo davanti alla roccia che aveva tentato di manipolare –“tu pensa intensamente ad un’immagine che vuoi veder lì dentro e io ti aiuterò a farla apparire”. “Come?”. “Con il supporto della sfera”- che nel frattempo era riapparsa tra le mani della ragazza –“preleverò parte della tua energia e, tramite me, realizzerà ciò che avrai pensato”. “Va bene, tentiamo”.
“Sfera, seleziona forma ‘guanto destro’ “- ordinò Aura e l’oggetto luminoso cambiò forma, modellandosi semitrasparente sulla mano della ragazza.
Aura sollevò la mano e posò l’indice sulla tempia di Michael. “Forza, ora pensa a qualcosa”- gli sussurrò e insieme chiusero gli occhi. All’improvviso, apparve un bagliore nella mano sinistra di Aura che la puntò davanti a sé.
Mentre la roccia si modificava, anche il resto degli amici si era avvicinato ad osservare. Quando Michael e Aura riaprirono gli occhi scorsero, stupiti come gli altri, un volto. “Maria!!!”. Il viso della ragazza sorrideva impresso nella roccia.
I ragazzi sorrisero, mentre Michael non riusciva a nascondere l’imbarazzo e Maria, quella vera, diventava di tutti i colori.
“Mmh”- fece Aura ironica –“Carina! L’ho sempre detto che sei portato per l’arte!”.

La giornata al lago era trascorsa piuttosto velocemente e i ragazzi avevano deciso di fermarsi a mangiare in qualche posto. Ormai si era istaurata una certa confidenza con la nuova arrivata e, mentre si sedevano in una pizzeria semi-deserta lungo la strada per Roswell, Liz azzardò un’osservazione:-“Sai Aura, in fondo non sappiamo niente di te, mentre tu sai tutto di noi. Non credi che sia ora di pareggiare i conti?”
“Già, devi raccontarci qualcosa di te”- le fece eco Max –“Dove sei stata tutto questo tempo?”. “Ah no, non credo che la mia storia sia poi così interessante”.
“Su, non farti pregare, perché tanto noi non molliamo!”- disse Maria. “Per quel che ti riguarda non avevo il minimo dubbio!”- replicò scherzando Aura, poi si fece più seria e proseguì –“La verità è che non è molto allegra e non vorrei rattristarvi”.
“Mettici alla prova”- la incoraggiò Isabel –“Ormai siamo pronti a sentire tutto. Per esempio che ne è della tua famiglia?”.
“Io non ho una famiglia, almeno non una in senso biologico...ma forse è meglio che cominci dall’inizio...”

“Aura, dove sei finita?”- gridava una matura signora corpulenta, mentre girava tra le siepi –“Insomma, fatti vedere, stanno per arrivare i nostri benefattori, non possiamo non presentarci!”.
“Sono quassù, signora Nichols”- rispose una voce di bambina.
“Misericordia! Come sei finita sull’albero?”- la signora Nichols fissava sbalordita quella creatura dai lunghi capelli neri e lisci, con grandi, intensi occhi verdi.
“Non è stato difficile, perché non mi raggiunge?”. “Spiritosa! Se non ti muovi a scendere non faremo in tempo!”.
“Va bene, scendo, ma non è giusto, quassù c’è una vista stupenda!”- e con agilità balzò giù dall’albero e raggiunse la signora che l’afferrò per un braccio spingendola verso l’orfanotrofio.
“Non sei stanca di farti cercare in continuazione? Perché non riesci a stare buona in un posto?”- la rimproverò, anche se senza rabbia.
“Io voglio solo vedere le cose con i miei occhi”- poi la bimba si staccò e corse verso l’edificio.

"Apprezzo molto gli sforzi che state facendo, signora Nichols; so che non è facile dare una famiglia a questi piccoli”- l’uomo, alto e brizzolato, stava chiacchierando privatamente nell’ufficio della direttrice.
“Ha ragione, signor Collins. E’ una sfida ogni giorno fare da padre e madre contemporaneamente. E in ogni caso, è grazie a persone come lei che possiamo continuare il nostro lavoro”.
L’uomo tornò a guardare fuori della finestra alcuni bambini che giocavano e la attenzione fu attirata verso una di loro. “Quella è Aura”- disse la signora Nichols, avvicinandosi –“E’ un po’ la nostra mascotte, una vera birbante, non si riesce a tenerla ferma. Sembra sempre che...”.
“Sia alla ricerca di qualcosa”- concluse il signor Collins.
“Sì, è esatto. Lei come lo sa?”.
“Ho tirato solo ad indovinare”- fece lui sorridendo appena e tornando a guardare fuori della finestra.

Aura era immersa nei suoi pensieri, cosa insolita per una bambina così piccola. Si dondolava distrattamente seduta sul seggiolino dell’altalena, mentre un sole primaverile che assomigliava ad uno estivo la bagnava con milioni di raggi. Quel calore lo sentiva fin dentro al suo cuore e la faceva sentire viva, le dava sicurezza. Assorta, non si accorse di una figura che si stava avvicinando.
“Ciao, tu devi essere Aura, vero?”.
La bambina alzò gli occhi verso lo sconosciuto e dapprima non riuscì a scorgere il viso, accecata dal sole. “Sì, sono io. Tu chi sei?”.
“Il mio nome è Demetrius, Demetrius Collins”. “Che strano nome!”. “Già! Dimmi, perché sei così pensierosa? C’è qualcosa che non va?”.
Aura non rispose, così Demetrius la incoraggiò:-“Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno!”.
“Non si tratta di questo. E’ che tu non mi crederesti”.
“A cosa non dovrei credere?”- Demetrius si era inginocchiato al suo fianco.
“Qui succede qualcosa di brutto di notte”.
“Come ‘qualcosa di brutto’?”. “I bambini scompaiono...è come se...”. “Un attimo prima ci fossero e un attimo dopo non ci fossero più?”. “Sì! E la mattina dopo le signore dell’istituto ci dicono che sono stati adottati, ci mostrano addirittura delle foto in cui si vedono i bambini con le loro nuove famiglie, ma non è vero è LEI che li viene a prendere!”. “LEI chi?”- chiese Demetrius.
Aura abbassò la voce:-“La signora in nero”.”Hai detto ‘la signora in nero’?”. Aura fece segno di sì con la testa. “Tu mi credi?”. ”Sì, piccola, ti credo”- Demetrius fece per alzarsi, il suo viso aveva assunto un’espressione molto seria.
Fu la bambina a prenderlo per la manica e a farlo riabbassare. Guardando l’uomo fisso negli occhi, con un’espressione spaventata gli confidò:-“Stanotte, verrà per me, verrà a prendermi!”. “Come lo sai?”. “Io lo so e basta e...ho tanta paura”.
“Non ti preoccupare Aura, ti prometto che non ti accadrà nulla”- e Demetrius si alzò e se ne andò.

Aura non riusciva a dormire. Con la testa sotto le coperte tremava, sapendo che avrebbe incontrato la sinistra figura che tormentava lei e gli altri piccoli ospiti dell’orfanotrofio.
All’improvviso, le sembrò che il cuore si fermasse: avvertì il familiare rumore di passi e lo strisciare di quel lungo abito sul pavimento e realizzò, terrorizzata che era arrivato il momento; non poteva salvarsi. Sapeva fin troppo bene che anche quei bambini che avevano tentato di rifugiarsi dalle tutrici non avevano avuto scampo: non erano neanche riusciti a svegliarle, come se fossero state in coma.
La presenza della signora in nero era vicinissima, lei lo sentiva, era inutile scappare.
“No!!”- gridò con quanto fiato aveva e balzò giù dal letto, correndo verso i corridoi.
Disperatamente faceva appello a tutte le sue forze per porre distanza tra lei e la creatura, ma questa le stava sempre dietro, senza che corresse, ma apparendo sempre a sbarrarle il cammino. Ormai sentiva di non farcela più e mentre si voltava indietro per guardare la sua inseguitrice urtò contro qualcuno che l’afferrò per le braccia.
“No! Lasciami, non portarmi via!”- urlò tentando di divincolarsi.
“Calmati Aura! Sono io, sono Demetrius!”. “LEI è qui!”- gridò Aura.
“Lo so, non ti preoccupare. Le impedirò di portarti via”. In quel momento la figura in nero li raggiunse. Il suo aspetto era inquietante: avanzava lentamente, fasciata nel suo lungo abito con il viso coperto da una pesante veletta.
“Demetrius, mi fa piacere vederti”- la sua voce era senza tono.
“Che cosa fai qui?”- le chiese l’uomo.
“Voglio quella bambina. Finalmente so che è quella giusta e tu non tentare di ostacolarmi”. Aura si era rifugiata dietro a Demetrius e guardava la creatura scura con timore.
“No, non l’avrai. Ho deciso che verrà con me”- la voce dell’uomo non tradiva alcuna insicurezza. L’istante dopo rimase nel silenzio, mentre i due si osservavano immobili. D’improvviso, Demetrius pose le mani una sopra l’altra e, allontanandole di scatto, fece apparire un luminoso oggetto sferico tra di esse.
“Vuoi usare le maniere forti, Demetrius?”.
“Sì, se mi costringerai.” “Cosa vuoi fare della bambina?”. “Le insegnerò ciò che so”. “E poi?”. “Sarà lei a fermarti una volta per tutte”.
La signora in nero scoppiò in una risata diabolica e disse:-“Bene, prenditela pure e insegnale l’arte della sfera. Io ritornerò quando tu non potrai proteggerla e allora vedremo quanto sarai stato bravo”. E scomparve nell’oscurità.
Demetrius si chinò verso Aura che era scoppiata a piangere. “Non aver paura piccola. E’ tutto finito”. “Ma LEI tornerà”. “Sì, ma tu sarai pronta a difenderti”. “Come?”. “Vieni con me”- e le porse la mano.

“Cosa è successo dopo?”- chiese Alex. Il racconto li aveva profondamente colpiti.
“Io presi la mano del mio futuro maestro e da lì iniziò la mia grande avventura; con lui attraversai galassie, conobbi pianeti e civiltà che non mi sarei mai immaginata, affrontai situazioni incredibili, al limite della fantascienza, ma soprattutto, imparai ad utilizzare la sfera”.
“Che ne è stato della signora in nero?”- fece Michael –“E poi chi o cos’era?”.
“Non lo so. Demetrius mi ha detto soltanto che è un essere molto potente e che sarei dovuto stare molto attenta. Da allora non l’ho più rivista, ma so che un giorno si farà viva. Nel frattempo, seguo le missioni che mi vengono assegnate, che ultimamente mi hanno portato qui sulla Terra”.
“Quindi, non è la prima volta che ritorni su questo pianeta?”- le domandò Tess.
“No, è la seconda volta”. “E la prima dov’eri?”. “Nel Maryland. Ho aiutato un uomo in fuga da un’organizzazione chiamata “Il Centro”, che, tra l’altro, studia segretamente l’attività dei ‘cecoslovacchi’”. “Demetrius dov’è ora?”.
“Adesso si trova nel Clone Centrale. E’ un luogo, anzi, è una sfera come la mia ma è molto più grande e ha diverse funzioni in più. Può essere abitata e, infatti, ci vivono quelli come me, che però hanno incarichi più importanti. E’ il Clone Centrale che raccoglie le informazioni, che gli vengono inviate dalle sfere secondarie di ogni parte dell’universo; infine, fornisce energia quando le nostre sfere si scaricano”.
“Si scaricano?”- fecero i ragazzi.
“Beh, la sfera, come avete visto, fa un sacco di cose, è chiaro che consuma la sua energia!”- il suo tono era leggermente ironico –“Comunque non temete, dovrebbe succedere qualcosa di veramente eccezionale perché la sfera rimanga ‘a secco’ molto prima che arrivi il rifornimento successivo”.
“Dove si trova esattamente il Clone Centrale?”. “Non te lo so dire, Alex. E’ sempre in movimento, per evitare che venga attaccata e anche per me non è facile scoprirla. Ma bisogna capire: un’immensa fonte di dati ed energia fa gola a molti”.
“E’ incredibile che esistano strutture così!”- disse Liz.
“Già, ma resterai ancora più stupita sentendo che non è frutto della nostra tecnologia”. “Cosa?!”. “Le sfere, come anche il Clone Centrale, sono come una specie di eredità, lasciataci da un razza estinta per cause sconosciute. In seguito, componenti di altre specie intelligenti la trovarono e la capirono e insieme decisero di utilizzarla per un giusto fine. Per questo ci occupiamo di problemi anche interplanetari, abbiamo i mezzi per risolverli”.
“E’ compreso anche il problema del nostro pianeta?”- Michael aveva bisogno di saperlo. “Io credo di sì”- lo rassicurò Aura –“anche se non sarà facile, perché i vostri nemici hanno coinvolto anche la Terra, che non è preparata per una cosa del genere. Ragazzi, dovremo combattere una guerra, ma nel modo più silenzioso possibile”.

La mattina seguente, Max e gli altri si ritrovarono a scuola.
“Sono rimasta sorpresa dal racconto di Aura”- osservò Liz.
“Anch’io”- confermò Maria –“Però, mi ha fatto capire una cosa: la nostra non è una posizione facile, per questo dobbiamo imparare ad accettare l’aiuto degli altri, senza pensare che possiamo farcela da soli. Dobbiamo restare uniti, non siamo soli”. E guardò Michael.
Le lezioni trascorsero tranquillamente e alla fine della mattinata il gruppo si diresse verso il Crashdown per pranzare. In seguito, Michael, Maria e Liz avrebbero dovuto cominciato il loro turno, ma nel frattempo si sarebbero goduti la pausa insieme.
In quel momento entrò Aura. Il primo ad accorgersene fu Max che intuì che c’era qualcosa di strano nella ragazza. Gli altri la salutarono tranquillamente e lei rispose, dissimulando il proprio stato d’animo. Poi si rivolse a Max:-“Posso parlarti privatamente?”. “Certo Aura. C’è qualcosa che non va?”. “Ti aspetto fra dieci minuti nel mio ufficio”- e, voltatasi, uscì. I ragazzi si guardarono stupiti. “Che cosa aveva?”- chiese Liz un po’ allarmata. “Non lo so”- rispose Max –“Spero solo che non sia nulla di grave”.

“Perché hai voluto parlare solo con me?”- Max era entrato nella stanza segreta nel retro dell’ufficio di Aura. La ragazza sedeva alla sua scrivania e fissava lo schermo del computer portatile
“Max, è arrivato un messaggio”- fece –“Ma voglio che al momento ne venga a conoscenza solo tu. Sei il capo e devi prendere una decisione molto importante. Gli altri ne rimarrebbero sconvolti al punto tale da confonderti e non deve accadere. Cerca di mantenere il tuo equilibrio”.
“Di che si tratta?”
Aura girò lo schermo verso il ragazzo che vide sbalordito il volto del capo dei nemici.
“Stai attento, ora lo faccio partire”.
“Sono certo che ti ricordi di me, Aura. Mi dispiace che ci siamo dovuti rivedere in simili circostanze, ma cosa vuoi, è la vita. Non la farò lunga, voglio una cosa sola: Max. Gli altri non mi interessano. Se Max non mi verrà consegnato entro la mezzanotte di oggi, diffonderò a Roswell un virus mortale che si spargerà al resto del pianeta in poco tempo. E ti avverto: non esiste una cura, non ce l’ho neanche io. Se Max non vuole essere responsabile di una sicura strage è meglio che non opponga resistenza. Dovrà venire da solo, nel deserto, dove ci siamo incontrati l’ultima volta. E gli raccomando di essere puntuale”. La videata si oscurò.

Max era rimasto come incantato. Quel messaggio aveva paralizzato tutte le sue facoltà mentali e non riusciva a pensare, né a provare nulla.
Aura gli appoggiò una mano sulla spalla:-“Max...”.
Lui la guardò sconvolto:-“Cosa...cosa devo fare?”.
“Cerca di stare calmo. Non gli permetteremo di portarti via senza combattere. Troveremo una soluzione”.
“Dobbiamo dirlo agli altri”. “Ne sei sicuro?”. “Sì, se non troveremo un modo per...Michael dovrà prendere il mio posto”.
“Max, non sono discorsi da fare. Non hanno ancora vinto”.
“Io...devo parlare a Liz e agli altri”.

I ragazzi non avevano detto una sola parola mentre Max e Aura riferivano loro il contenuto del messaggio.
Gli occhi di Liz e Isabel diventarono lucidi, ma entrambe combattevano per mantenere l’auto-controllo. Michael, invece, scattò:-“Non è possibile, ci deve essere qualcosa da fare, non possiamo dargliela vinta!”.
“Aura, avevi detto che potevi aiutarci. Adesso ci aspettiamo che tu ci dia questo aiuto”. “Lo so Tess. Il problema è che neanche la sfera potrebbe contenere un’epidemia di proporzioni planetarie. Dobbiamo inventarci qualcosa. Nel frattempo, tu devi avvertire Valenti e Nasedo. Io avrò bisogno Di Max, Isabel e Michael”.
“Noi cosa possiamo fare?”- chiese Liz. “Dovrete darci il vostro sostegno”.
“Hai già in mente un’idea?”. “Sì Michael, anche se è rischiosa”.

“Cosa dobbiamo fare?”- Max, Isabel, Aura e Michael si erano riuniti nell’appartamento di quest’ultimo.
“Dobbiamo scoprire dov’è tenuta la scorta del virus. Isabel si collegherà alla mente di questo qui”- e indicò un’immagine stampata.
“E’ quello del messaggio?”. “Esatto Michael”- poi si rivolse ad Isabel –“Non sarà facile. Non si tratta di un cervello umano e dovrai impegnarti molto”.
“Sei sicura che sono in grado di farlo?”.
“Sì, se Max e Michael ti aiuteranno con la loro energia. La incanaleremo attraverso la sfera che la potenzierà e te la trasmetterà. Se tutto va bene, riuscirai ad infrangere le sue barriere mentali”.
“Cosa rischia?”- chiese Max.
“Il rischio è che potrebbe non essere in grado di gestire tutta questa energia; riporterebbe danni al cervello”.
“Isabel non lo fare se non te la senti”.
“No Ma x, io lo voglio fare”. I due fratelli si abbracciarono, poi Isabel si stese sul letto, toccò l’immagine che Aura gli porgeva e lentamente si addormentò.
“Ora, Max, Michael concentratevi. Mettete una mano accanto alla sfera ma non toccatela”.
La sfera si era posizionata a circa mezzo metro sopra la fronte di Isabel e i ragazzi seguirono le istruzioni date loro. All’interno delle loro mani apparve un bagliore al quale la sfera reagì, diventando ancora più luminosa.
“Sfera, trasferisci energia”- comandò Aura e immediatamente un intenso raggio di luce bianca partì da essa verso Isabel.
“Ok Izzie, ora tocca te”.

Ad Isabel pareva di stare in immenso oceano di nebbia. Non riusciva a vedere nulla intorno a sé , non c’erano strade, direzioni da prendere, nessun riferimento.
“Adesso dove vado?”- si chiese disorientata.
All’improvviso, avvertì che si stava alzando il vento dietro di lei. All’inizio, non era che una leggera brezza ma poi divenne sempre più impetuoso, tanto che minacciava di farle perdere l’equilibrio.
“Max, Michael, Aura, dove siete? Io non so cosa fare!”- gridò –“Aiuto!”- e cadde a terra.
Tentando di rialzarsi si rese conto che la superficie dove si trovava era liscia e lucida. “Forse sono in una stanza, forse c’è un’uscita!”. Alzò lo sguardo e vide che il vento aveva diradato la foschia, lasciandole intravedere un’apertura luminosa.
Tornata in piedi Isabel si mise a correre verso di essa; una volta raggiunta, rimase per qualche istante accecata, poi i suoi occhi si abituarono alla luce e riuscì a scorgere delle figure umanoidi.
Alcune di esse le riconosceva, avevano attaccato lei e i suoi amici poco tempo prima vicino alla stanza delle capsule. “Devo cercare il comandante”- si disse e cominciò ad osservare da vicino quegli strani esseri che, immobili, sembravano non accorgersi della sua presenza.
Finalmente riuscì a trovarlo. Il suo aspetto, all’apparenza, era del tutto umano, ma la ragazza sapeva quale pericolo rappresentasse.
“Ha gli occhi chiusi, forse vuol dire che non mi percepisce. Bene così, forza Isabel concentrati”.Pose un dito sulla tempia dell’uomo, come Aura le aveva insegnato, e tentò di forzarne le barriere mentali. “Dimmi quello che voglio sapere...”.

“Maledizione!”- pensò Aura –“Ci sta mettendo troppo. Isabel non abbiamo molto tempo!”. La ragazza girava nervosamente nella stanza, mentre osservava preoccupata i tre alieni uniti in quel terribile sforzo.
“Adesso basta!”- disse –“Devo entrare anch’io”. Si avvicinò al letto inginocchiandosi accanto a Max e avvicinò la mano alla sfera.
“Sfera, nuova connessione parallela”.

“Non ci riesco!”- Isabel era stremata. Aveva tentato e ritentato, ma non c’era stato niente da fare. “Isabel dove sei?”. “Aura! Sono qui dentro, fai presto!”.
“Eccomi. Cosa è successo?”. “Non riesco ad entrare, è tutto inutile”. “Non è possibile...Isabel, lo so che è pericoloso, ma devi lasciare che l’energia fluisca liberamente dentro di te. Non opporle resistenza, rilassati”.
“Ok, ci proverò”.
Insieme si riavvicinarono al comandante. “Proviamo insieme”.
Misero ciascuna l’indice su una tempia dell’essere e chiusero gli occhi.
Un momento dopo li riaprirono sussultando entrambe violentemente. “L’hai visto, vero?”. “Sì Aura, è...”. “Dobbiamo sbrigarci o...accidenti!”. La porta della stanza si stava richiudendo scorrendo su se stessa. “Muoviamoci o resteremo intrappolate!”. Le ragazze corsero più velocemente che potevano e per un soffio riuscirono a passare.
“Voglio andarmene via di qui!”. “Anch’io. Sfera, interrompi le connessioni!”.

In un lampo Isabel, Max, Michael ed Aura tornarono in sé stessi. Isabel era particolarmente provata, ma anche gli altri apparivano stanchi.
“Ce l’hai fatta Izzie?”- Max era in apprensione per la sorella.
“Ce l’abbiamo fatta”- rispose Isabel sorridendo e facendo cenno ad Aura.
“Dove si trova il virus?”- chiese Michael.
“Non ci crederesti mai. E’ nel nostro liceo, in un vecchio scantinato”.
“Credo che l’abbiano messo lì”- intervenne Aura –“per poter contagiare gli studenti che poi...”.
“...avrebbero trasmesso il virus a macchio d’olio”- concluse Max. Poi aggiunse:-“E adesso?”.

I quattro si erano riuniti al resto del gruppo, al quale si erano aggiunti Valenti e Nasedo.
“Che ore sono?”- domandò Aura. “Sono le 18:15”- rispose lo sceriffo.
“Bene, abbiamo il tempo per fare tutto”- dopo aver riflettuto un momento disse -“Sentite cosa ho in mente...”.

“E’ una fortuna che lo sceriffo abbia le chiavi della scuola”- osservò Michael.
“Tanto non te le darò per copiare i compiti in classe”- Valenti guidava il gruppetto attraverso i corridoi. “Perché dobbiamo fare noi il lavoro ‘sporco’?”- si lamentò Tess.
“Perché io sono l’unico che può neutralizzare il virus modificando al sua struttura molecolare, ma dovete aiutarmi perché sono sicuro che troveremo qualcuno ad aspettarci”- osservò laconico Nasedo.
Ormai erano vicini all’entrata per lo scantinato e fecero attenzione a non fare rumore. Valenti sbirciò da dietro la porta le scale che conducevano al seminterrato e riuscì a scorgere due uomini, o così almeno sembravano, vicino ad un fusto circolare di metallo color grigio-titanio e, lentamente, ritornò dagli altri. “Va bene, sono solo in due. Tess sai cosa devi fare”.

All’interno dello scantinato, i due alieni nemici erano silenziosi. Avevano l’ordine di eliminare chiunque cercasse di entrare e stavano all’erta.
“Ho bisogno di voi”- fece una voce maschile alle loro spalle. Gli esseri si girarono di scatto, ma rimasero di sasso riconoscendo l’intruso.
“Comandante Kivar!”. “Muovetevi! Sono giunte voci che stanno per attaccare l’edificio. Voglio che perlustriate il perimetro esterno”.
“Ma signore abbiamo l’ordine di...”. “Niente ‘ma’! Gli ordini qui li do io! Svelti!”. “Sì, signore!”- e uscirono in tutta fretta.
Fuori Valenti, Michael e Nasedo si tenevano pronti. Appena videro il campo libero si mossero. “Fate presto!”- si raccomandò Tess –“Potrebbero tornare da un momento all’altro”.
I tre corsero giù per le scale e Nasedo appoggiò immediatamente le mani sul contenitore.
Dalle sue mani si sprigionò una luce bianca che avvolse l’intero fusto.
“Nasedo cosa ti succede?”- Michael soccorse l’alieno che si era accasciato a terra. “Non ho più forze”. “Deve essere stato l’ultima trasformazione”- disse Michael –“Ora che si fa?”. “Figliolo, devi farlo tu e devi farlo in fretta”- lo spronò Valenti.
“Io?!”- Michael fu colto dal panico –“Non so se ne sono capace”.”Devi tentare”.
Il ragazzo rimase per un po’ immobile con lo sguardo smarrito, ma si decise. “D’accordo”- e balzò in piedi.
Si avvicinò al contenitore e con tutte le sue energie si concentrò. Pensò a cosa sarebbe successo se avesse fallito, alle morti e al dolore che ci sarebbero stati, a Maria e capì che l’unica cosa che desiderava era mutare quella sostanza in qualcosa di innocuo, di buono.
“Cambiare il male in bene”- mormorò fra sé e percepì che la sua energia agiva al di fuori di lui.
“Bravo Michael! Ce l’hai fatta!”.
Uscirono immediatamente dal seminterrato, avvertiti tramite una visione di Tess, che i due guardiani stavano ritornando e insieme li osservarono rientrare. Tess provocò loro un’ulteriore visione nella quale il comandante ordinava di restare al proprio posto e se ne andava.
“E’ tutto a posto”- informò gli altri –“Sono convinti che il loro capo sia davvero stato qui”.

“Sei pronto Max?”. “Sì Aura”- poi si rivolse agli amici –“Se qualcosa dovesse andare storto, voglio che sappiate che vi sono grato per tutto quello che avete fatto per me”. Liz corse ad abbracciarlo. “Non ti preoccupare, sono sicuro che Aura farà di tutto per riportarmi a casa”.
“Io non capisco. Se Michael ha neutralizzato il virus perché Max deve andare?”.
“Perché non è sufficiente Isabel”- fu lo stesso Max a rispondere –“Li dobbiamo fermare o almeno indebolire, altrimenti saranno sempre una minaccia”.
“E’ ora Max, dobbiamo andare”. “Andiamo”- guardò il suo migliore amico –“Se io non dovessi tornare, sarai tu a prendere il mio posto”. “Io sono sicuro che non ce ne sarà bisogno”.
Max scambiò uno sguardo con tutti, poi si voltò e si diresse verso la jeep. A metà strada, però, si fermò e tornò indietro. Liz comprese e gli si diresse incontro. Dopo averla baciata con passione le sussurrò:-“Ti amo Liz”. “Anch’io ti amo”.
Max montò sulla jeep che partì e scomparve nella notte.

Il cielo era limpido e pieno di stelle. Sembrava essere una notte tranquilla, che non poteva riservare nulla di brutto, ma sia Aura che Max sapevano che non era così. Durante il tragitto, Max ripensò a tutto quello che era successo dal giorno in cui aveva salvato Liz al Crashdown. “A cosa pensi?”.
“A quello che ci ha portato fin qui...non me lo sarei mai immaginato”. “Sei pentito?”. Max ci pensò su, poi, sorridendo, rispose:-“No, non lo cambierei neanche di una virgola. E’ così che sono diventato...umano”. “Sono sicura che continuerai ad esserlo”.
Poco più tardi arrivarono alla caverna delle capsule. “Prepariamoci, far poco saranno qui”.
D’un tratto la terra cominciò a tremare e i ragazzi assisterono nuovamente all’atterraggio di un oggetto volante circolare. Anche questa volta apparvero come dal nulla figure che sembravano umane. Tra di esse una avanzò verso Max e Aura.
“Avevo detto che Max sarebbe dovuto venire da solo”. “Non ti preoccupare, sono qui solo per assicurarmi che non gli accada niente”- il tono di Aura era serio e il suo sguardo gelido nei confronti di Kivar.
“Ti fa male la sconfitta, Aura?”. Lei non rispose, allora disse a Max:-“Di’ addio alla Terra perché non la rivedrai più. Segui le persone dietro di me, ti riporteranno su Antar. Non sei contento di tornare a casa?”.
“Non temere, Max”- lo incoraggiò Aura –“Andrà tutto bene”. Il ragazzo si diresse verso l’astronave e, una volta raggiunti quelli che lo aspettavano, fu afferrato strettamente e scomparve con loro.
“Perché sei ancora qui Kivar?”. “Perché ho un conto da regolare con te, cara la mia terrestre”.
“Accidenti!”- pensò Aura –“Non doveva andare così”.
L’astronave si preparò al decollo. Aura la vide alzarsi da terra e cominciare ad allontanarsi. “Max stai attento”. “Veniamo a noi, Aura. Preparati perché questa volta...”- ma le sue parole furono interrotte da un forte boato. Immediatamente si girò e vide la nave danneggiata da un’esplosione e precipitare al suolo. “Bravo Max!”- esclamò Aura. “No! Tu, tu sei la causa di tutto!”- Kivar rivolse i suoi poteri contro di lei e la scaraventò al suolo. “Bene, questo conferma i miei sospetti: la sfera non può proteggerti. Avrò perso la mia astronave e il mio equipaggio,”- minacciò Kivar avvicinandosi –“ma almeno avrò fatto fuori il capo dei ribelli e Aura”.
La ragazza tentò di rialzarsi ma Kivar la atterrò con un calcio. “Sei finita!”. Aura si sentì soffocare. Mani invisibile le stringevano il collo e non riusciva a respingerle. Kivar era davanti a lei e la fissava crudele. All’improvviso una forza lo sollevò e gettò lontano, impedendogli di uccidere Aura.
“Maledetto!”- Kivar si era rialzato –“Tu hai distrutto la mia nave!”. “Già e devo ringraziare la sfera di Aura”- Max teneva l’oggetto luminoso poco al di sopra del palmo della mano. Una volta vicino ad Aura, l’aiutò a tornare in piedi e le restituì il congegno. “Non posso affrontarvi ora, ma vi giuro che ve la farò pagare. Domani migliaia di persone moriranno per colpa tua”- e Kivar sparì.
“Sei stato in gamba con la sfera, Max”. “Grazie. Perché ridi?”. “Perché penso alla faccia di Kivar quando domani diffonderà tra gli studenti di Roswell...vero succo di mirtilli!”. “Già!”- anche Max si era messo a ridere –“Torniamocene a casa”. “Agli ordini!”.

“Si può sapere come ti è venuto in mente il succo di mirtilli?”. “Ho fatto quello che mi hai detto tu, Aura”- scherzò Michael –“Ho pensato che dovevo cambiare una cosa cattiva in una cosa buona e cosa c’è di meglio del mirtillo?”.
“Logica inattaccabile!”- rise Aura –“Comunque oggi è davvero un gran giorno: avete vinto la vostra prima battaglia. Perché non festeggiamo con il succo di mirtilli?”. Tutti furono d’accordo. “Ok, allora vado a prenderne un bel po’!”- Aura si alzò per andare nel retro del Crashdown. “sei sicura che non vuoi una mano?”. “No Liz. Me la caverò da sola”.
Aura armeggiava da un po’ tra gli scaffali:-“Ma dove l’hanno messo?”. Improvvisamente fece un balzo indietro. “Sfera, cosa succede? Perché ti sei attivata?”.
“Perché è arrivata la resa dei conti. E’ arrivato il giorno della mia vendetta!”- una voce femminile che Aura era sicura di riconoscere riecheggiava nella stanza. “La signora in nero!”- mormorò Aura, poi ad alta voce –“Dove sei? Fatti vedere!”.
“E’ ancora presto. Ma non temere: io verrò da te”.
“Aura con chi parlavi?”- i ragazzi l’avevano sentita ed erano accorsi.
“La signora in nero è tornata”- la sua voce era piatta.
“Oh no! Adesso dovremo combattere anche contro di lei!”. “No Isabel. Solo io dovrò affrontarla. Ma prima devo tornare al Clone Centrale”. “Perché?”- le chiese Max.
“Perché se LEI è qui vuol dire che Demetrius, il mio maestro, è morto”.
“Come puoi esserne certa?”. “Perché LEI sarebbe tornata solo quando il tuo maestro non avrebbe più potuto proteggerti, vero Aura?”. “Hai ragione Alex”.
“Mi dispiace molto”- Liz le si era avvicinata, mentre Aura, sotto shock, sembrava non essersene neanche accorta. “Devo chiederne conferma e comunque fare i preparativi per la partenza. Scusatemi”- e uscì senza guardare nessuno.
“Cosa faremo adesso se Aura se ne va?”- Tess lo domandò a Nasedo. “Cercheremo di arrangiarci da soli”- rifletté lui –“Quello che è successo ci ha dato un po’ di tregua”.
“Già, ma per quanto?”- Michael era visibilmente preoccupato, ma nessuno era in grado di rispondergli.

Scritta da Aura


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