Riassunto: è
la terza parte di “Un solo attimo ancora…”
Data
di creazione: 30/04/2001 - 25/05/2001
Valutazione:
adatto a tutti
Disclaimer:
tutti i personaggi del racconto sono di proprietà della Warner Bros, tranne
Jim e Mark Willis, Sarah Dengih, Oseda, Serai, Eidens, il dottor Hedill, Jeremy
McCanzy che
sono frutto della fantasia dell’autore. Il racconto è di proprietà del sito
Roswell.it
La
mia e-mail è endrus@tin.it
scrivetemi se il racconto vi è piaciuto o non vi è piaciuto, e se avete da
fare delle critiche o dare dei suggerimenti…
“Ben
svegliato!” esclamò Isabel.
Mark non rispose, poggiò soltanto la testa sul cuscino, cercando di far
tornare normale il suo respiro.
Isabel vedendo che il ragazzo non le rispose, pensò che non volesse parlarle e
allontanandosi dal letto gli disse:
“Avviso gli altri che ti sei svegliato!”
“No aspetta! Vorrei parlare…un po’ con te!”
“Ok!” rispose la ragazza chiudendo la porta della camera e sedendosi di
fianco a lui.
“Da bambina eri molto carina…” disse lui sorridendo e cercando di rompere
l’imbarazzo di quella situazione mai vissuta prima.
“Grazie! Come stai?” rispose altrettanto imbarazzata Isabel.
“Confuso…ma bene! Mi fa solo un po’ male la spalla!”
“Ne sono sollevata! Quando sei scappato dall’ospedale ci hai fatto prendere
un bello spavento!”
“Mi piacciono i colpi di scena!” esclamò Mark sorridendo.
“Me ne sono accorta!”
“L’ho sempre pensato…”
“Cosa?”
“Che la tua bellezza…fosse di un altro pianeta!” esclamò con un grosso
sorriso Mark, tenendo leggermente socchiusi gli occhi, ma subito dopo quel
sorriso si trasformò in una smorfia di dolore dovuta alla spalla.
La ragazza non rispose, imbarazzata dalle parole di Mark, e prendendogli la
mano gli regalò un ennesimo affettuoso sorriso.
Mark prese tra le mani il ciondolo d’oro che portava al collo, e dopo averlo
guardato con tenerezza, se lo tolse, e racchiudendolo in un pugno la porse ad
Isabel. Il ciondolo era una piastrina rettangolare con un piccolo crocifisso
sopra, legata ad una catenina.
“Voglio che lo tenga tu!” disse il ragazzo.
“Perché?” chiese la ragazza.
“Perché mi è stata data da una persona molto speciale……e adesso voglio
che la tenga un’altra persona speciale!”
“Non posso accettarlo! Deve essere molto importante per te!”
“Sì è vero! È molto importante per me, non me ne sono mai separato,
neanche per un istante! Ma se la custodirai tu…sarò felice di
separarmene!”
“E cosa…ho fatto per essere considerata…così speciale?” chiese la
ragazza mentre osservava con sorpresa il ciondolo.
“Nulla! Le persone speciali lo sono di natura……non devono far nulla per
esserlo! Principessa…”
“Perché mi chiami così?”
“Perché sei una principessa!”
“Lo ero! Ora sono solo Isabel Evans…”
“Ed io? Chi sono io?”
“Tu…sei una persona molto speciale…per me!” gli rispose la ragazza
abbassando lo sguardo e mettendosi al collo il dono dell’amico.
“Non intendevo questo!” rispose il ragazzo rompendo quel momento di magia.
“So benissimo cosa intendi!” disse Isabel spegnendo un po’ alla volta il
suo sorriso
“Sono un vostro amico…o un vostro nemico? Qual’è lo scopo della mia vita
adesso? E soprattutto cosa sono adesso per tutti voi?”
“Mark! Sei sempre lo stesso di tre giorni fa…o di un anno fa! Il fatto che
tu abbia saputo di essere un alieno, non può cambiare il tuo essere!”
“Per te è semplice parlare così! Vorrei vederti nella mia situazione! Da un
momento all’altro tutte le mie poche certezze sono svanite…”
“Allora ti dico una cosa che tu hai detto a me…così capirai anche quello
che ho pensato io: Pensi che adesso che sappiamo tutto, apparirai in un modo
diverso ai nostri occhi? Tu sarai sempre lo stesso…nel bene e soprattutto nel
male! Con i tuoi pregi e con i tuoi difetti……così……come ti abbiamo
conosciuto! O credi che scoprire determinate cose, faccia cambiare l’opinione
che si è fatti di una persona?”
Mark restò per qualche istante a quelle che qualche tempo prima erano le
parole che lui aveva detto ad Isabel, poi volendo distogliersi da quei pensieri
così seri esclamò:
“E pensare che quasi non ci credevo all’esistenza degli alieni! Quali sono
i vostri poteri…o meglio…i nostri poteri?”
“Tutti noi abbiamo un potere base: tale potere, cioè quello che tutti noi
alieni possediamo e che poi si differenzia in maniera diversa in ciascuno di
noi, è modificare la struttura molecolare della materia; il potere risiede
nelle mani. In poche parole, imponendo le mani su un oggetto o una persona,
riusciamo a provocare dei cambiamenti alle molecole che formano quel corpo, sia
esso organico o inorganico.
Possiamo cambiare la temperatura di un corpo, guarire le irritazioni della
pelle, guarire le lesioni del corpo umano dovute a cause esterne, possiamo
accendere la corrente elettrica, modificare le serrature delle porte. Tuttavia
non possiamo modificare molecole costituite da atomi complessi, come l'uranio
impoverito. Il nostro potere non si evolve nel tempo, infatti il suo livello è
sempre lo stesso. Sta a noi saperlo sfruttare a pieno….anche se per te il
discorso è diverso.
Altre due conseguenze del potere base sono la telecinesi, che scaturisce dalle
mani, e il potere di avere delle visioni di eventi passati. Quando siamo in uno
stato di particolare tensione, possiamo avere delle visioni.” Disse la
ragazza rispondendo alla curiosità di Mark.
“Questo è il potere di fondo…e poi? Che altro potere abbiamo?”
“Poi ognuno di noi ha un potere specifico: ad esempio Michael può fare tutto
ciò che un cervello umano sa fare. Ad esempio è capace di mutare la propria
impronta digitale copiando il modello di un impronta digitale umana.
Io invece ho come potere la telepatia. Posso entrare in collegamento con le
menti delle persone. Quando ancora non sapeva usare bene il mio potere, mi
limitavo ad "entrare" nei sogni di qualcuno, mentre dormiva, per
sapere cosa pensava e cosa provava quella persona.”
“Come hai fatto con me!?” esclamò con curiosità misto a rimprovero Mark.
“Esattamente! Mi dispiace…di averlo fatto! Poi col tempo ho imparato a
comunicare in maniera vera e propria con qualcuno mentre entrambi siamo in
stato non cosciente e adesso so comunicare con qualcuno quando sia io che
l'altra persona siamo in stato cosciente.”
“Vuoi dire che con il passare del tempo i vostri poteri possono aumentare?”
“No! Come t’ho già detto, i nostri sono sempre gli stessi, sta a noi
saperli usare a fondo!”
“E come si fa ad usarli?” chiese incuriosito il ragazzo.
“Come posso spiegartelo?” disse la ragazza fermandosi a pensare come
spiegarglielo in modo semplice “…non so spiegartelo, per noi è sempre
stata una cosa naturale usarli…ma per te è un po’ diverso…”
“Capisco!…E Max e Tess?”
“Il potere specifico di Tess è far credere reale l'irreale. In stato
semi-cosciente, infatti, Tess riesce a collegarsi con la mente delle
persone e far credere loro di vedere qualcosa che, in effetti, non è reale.
Insomma, Tess costruisce nella mente delle persone situazioni completamente
immaginarie. Inizialmente riusciva ad usare il suo potere per pochi minuti,
mentre ora riesce a farlo per più tempo.
Max invece è molto esperto nel guarire le ferite da arma da fuoco, ma non solo
quelle, nell'uso della telecinesi e nei poteri che coinvolgono l'apparato
extra-sensoriale.”
“E’ lui che mi ha salvato?” chiese Mark interrompendo nuovamente Isabel.
“No! Anche se erano venuti in ospedale per farlo! Ma già se ne era occupato
tuo padre…”
“Mio padre!…c’era anche Michael vero?”
“Sì…ma come fai a saperlo?”
“L’ho visto uscire dalla mia stanza quando ho ripreso conoscenza! Cosa vuol
dire extra-sensoriale?”
“Vuol dire che Max è capace di invertire il collegamento ottico-telepatico…è
un po’ difficile da spiegare……casomai lo farà lui! Poi
c’è Nasedo e credo che anche i poteri di tuo padre siano gli stessi."
“Nasedo? Chi è?”
“Nasedo è…o meglio sarebbe dovuto essere, il nostro “osservatore”, è
una sorta di angelo custode. Mentre noi quattro ragazzi abbiamo una natura per
metà umana, cioè un corpo umano, e per metà aliena, con i poteri, Nasedo ha
una natura completamente aliena. Egli è un mutaforma, come lo è anche tuo
padre, essendo completamente alieno, deve nascondere la propria identità ed
assumere sembianze umane. Solo loro, quindi, hanno la capacità di cambiare
aspetto.”
“Ed io? Sono come voi?”
Isabel esitò un attimo prima di rispondere, nonostante Mark fosse uno di loro
provava comunque fastidio a dover raccontare della loro diversità.
“Non proprio! Grosso modo sei come noi, solo che tu sei un essere umano a
tutti gli effetti, nato realmente, cioè con un padre e una madre…mentre io,
Max, Michael e Tess, siamo il frutto di una clonazione…siamo stati ricreati!
Ecco perché tu hai sangue umano mentre il nostro è sangue alieno! Ma questo
credo che te lo spiegherà meglio tuo padre! Io ti ho raccontato quello che
loro hanno raccontato a me!”
“Tutto qui? Cioè voglio dire…non che sia poco…però io credevo che gli
alieni fossero piccoli e verdi, che avessero le antenne…che si potessero
rendere invisibili…e che fossero immortali…”disse Mark esponendo l’idea
che si era fatto degli alieni leggendo libri e guardando film e documentari.
Questo sembrò infastidire un po’ Isabel, anche perché era detto da uno come
lei, ma poi si rese conto che Mark ragionava ancora da essere umano, e cercò
di essere garbata nella risposta.
“Mark…scordati completamente dei film e dei libri che hai visto e
letto!…La realtà ce l’hai davanti agli occhi! Non siamo immortali! Né
tanto meno possiamo diventare invisibili…magari potessimo farlo!”
Detto questo, Isabel si avviò verso l’uscita della stanza, lasciando Mark in
un silenzio fatto di incertezze e di paure, prima di uscire gli disse però
un’ultima cosa:
“Comunque non me ne separerò mai! La custodirò con gelosia…come i miei più
segreti pensieri!” riferendosi al ciondolo che Mark le aveva donato.
Mark si portò un braccio sul volto a volersi quasi nascondere dal mondo, ed
esclamò:
“Dio che casino!” dopodiché si alzò ed anche se la spalla gli faceva
molto male, si rimise la maglietta e scese seguendo Isabel.
“Mark s’è svegliato!” disse Isabel rivolgendosi a tutti i presenti.
“Come sta?” gli chiese Oseda.
“Forse è meglio che tu lo veda di persona come sta!”
“Sto bene!” si sentì dall’alto delle scale.
“Mark! Non dovresti ancora alzarti!” esclamò con aria di rimprovero Isabel
che gli andò incontro per aiutarlo a scendere le scale.
Tutti si radunarono intorno a lui, e lui vedendo che tutti lo osservavano con
curiosità esclamò scherzosamente, quasi a volersi scrollare quegli sguardi di
dosso:
“Cosa c’è? Ho le antenne spettinate?”
Tutti sorrisero, non solo per la battuta, ma anche perché Mark sembrava avesse
preso bene la verità sulla sua “identità”.
Chi invece non sorrise era Tess che era rimasta in disparte, e quando Mark se
ne accorse la chiamò:
“Tess! Perché te ne stai in silenzio e in disparte? Ti faccio così
paura?”
Tess gli sorrise forzatamente, ma i suoi occhi mostravano un altro stato
d’animo!
Allora Mark si alzò e si avvicinò alla ragazza, che non appena gli fu
abbastanza vicino l’abbracciò stretto e scoppiò in un pianto liberatorio.
Mark lasciò sfogare Tess, nonostante la ragazza abbracciandolo così stretto,
gli causasse un forte dolore alla spalla.
“Ehi sorellina…se continui così, mi metto a piangere anch’io!”
Tess subito lo guardò con sorpresa, come tutti gli altri del resto, e con lo
sguardo gli stava chiedendo come avesse fatto a sapere che lei era sua sorella.
“Non chiedermi come faccio a saperlo! Dev’essere opera dei miei poteri! So
solo che adesso voglio tenerti stretta per tutte le volte che non ho potuto
farlo!”
La ragazza scoppiò nuovamente in un pianto liberatorio, ed anche Liz, Maria e
Isabel ebbero qualche attimo di commozione.
Oseda intanto osservava con soddisfazione e gioia i suoi due figli che
finalmente erano riuniti.
“Dobbiamo festeggiare!” esclamò Max, avvicinandosi alla sorella ed
abbracciandola affettuosamente.
“Sì, è vero dobbiamo festeggiare…un “nuovo arrivo”…ed una nuova
famiglia!” esclamò Liz.
“Stasera faremo una grande festa qui!” esclamò Isabel molto più
tranquilla.
“Ok! A lavoro allora!” disse Maria mentre si asciugava le lacrime agli
occhi.
E mentre Tess, Mark e Oseda erano uno di fianco all’altro come una vera
famiglia, Max prese in disparte Isabel per parlarle.
“Allora? Sei più serena? Mark sembra averla presa bene!”
“Sì, è vero!” rispose Isabel non staccando gli occhi da Mark neanche per
un secondo, a volergli trasmettere una continua protezione.
“Andiamo a dare una mano agli altri?” chiese Max rasserenato dallo stato
d’animo di Isabel.
“Ok!” gli rispose sorridendo Isabel, mentre dopo aver dato un ultimo
sguardo a Mark, a volersi rassicurare che tutto procedesse bene, uscì
spintonando dolcemente via Max.
Mentre tutti si erano messi all’opera per organizzare la festa per Mark, il
ragazzo insieme al padre ed alla sorella, erano rimasti da soli nella stanza
per poter parlare.
“Papà perché tutti questi segreti?” chiese subito Mark mentre Tess si
asciugava gli occhi.
“Perché erano necessari!” tagliò corto l’alieno.
“Erano necessari? Era necessario che io crescessi senza sapere di avere una
sorella? Era necessario che per scoprire la verità sulle mie origini dovevo
quasi rimetterci la pelle?”
“Era necessario che Tess portasse a termine la sua missione!”
“Quale missione?”
“Quella di salvare Antar! Il nostro pianeta!” rispose secco Oseda.
“Mark……il passato è passato! Pensiamo al presente…cercando di crearci
un futuro!” disse Tess cercando di placare i toni di una discussione che si
stava facendo un po’ troppo accesa.
“Hai ragione Tess! Pensiamo al presente!” disse Mark assecondando il
pensiero della sorella.
“E quale sarà adesso il mio presente? Ed il mio futuro?” chiese Mark
rivolgendosi al padre.
“Dovrai imparare a convivere con la tua parte aliena…prendendone il pieno
controllo! Da oggi dovrai difenderti dagli attacchi dei vostri nemici, come tua
sorella e gli altri, e dovrai saper valutare ogni minima situazione con la
freddezza di un vero uomo! È il momento di crescere!”
“Ok…Tess e gli altri avevano la loro missione…e la mia qual è?”
“Restare in vita!” rispose deciso Oseda.
“Prospettiva molto allettante!” disse ironicamente Mark.
“Mark non scherzare! La
CIA sarebbe disposta a tutto pur di metterti le mani addosso...”
“E come mai sono così ambito?”
“La CIA dal '47 ha iniziato un progetto lungo e difficile che avrebbe dovuto
portare a te!”
“E quale sarebbe questo progetto? E perché a me?”
“Clonazione!”
“Clonazione? E che c’entro io?”
“Mark…tu sei quello che gli uomini definiscono……la razza superiore! Un
essere umano con i poteri di un alieno!”
“Ma anche Tess, Isabel, Max e Michael sono degli esseri umani con poteri
alieni, perché io sarei così speciale?”
“Perché hanno già provato a clonare uno di loro…ma non ci sono
riusciti!”
“E chi?” chiese Tess.
“Max! Quando è stato catturato da Pierce, tra i tanti test che gli sono
stati fatti, gli sono state anche prelevate alcune cellule…”
“E cos’è successo? La CIA ne è a conoscenza?” chiese Tess.
“La CIA non ne è a conoscenza…o almeno non tutti! Siamo riusciti a mettere
le mani su quel clone appena prima che fosse inviato a Washington…”
“E…il clone che fine ha fatto?”
“Si è autodistrutto nel giro di pochi giorni!”
“Autodistrutto? Com’è possibile?” chiese un incredulo Mark.
“Max e gli altri hanno un sistema immunitario alieno…non terrestre, e
questo deve aver portato alla distruzione del clone…” spiegò Oseda.
“Ed ecco perché starebbero puntando su di me!”
“Già…ma sono comunque solo delle ipotesi…cerchiamo di non farle
diventare realtà! Siamo intesi?”
“E come faccio a difendermi?”
“Imparando ad usare appieno i tuoi poteri……e nascondendo la tua
natura!”
“Potresti evitare di parlarmi con quel tono di comando…tipo generale
dell’esercito?”
“Mark! Tu non ti sei ancora reso conto della serietà e della gravità della
situazione!
“Ok calma! Iniziamo da un problema alla volta!” esclamò Tess evitando
nuovamente che i due alieni entrassero in contrasto.
“Per prima cosa tu Mark devi imparare ad usare i tuoi poteri…….ti darò
una mano io! Mentre tu Oseda cerca di non pressarlo troppo…dagli il tempo di
abituarsi alle novità!”
“Oseda?” ripeté sorpreso l’alieno.
“Non ti aspetterai mica che ti chiami “papà”, fino ad ieri non sapeva
nemmeno che esistessi…” rispose contrariato Mark.
“Mark…io…” cercò d’intervenire Tess.
“No…Tess! Il nostro caro paparino crede che tutto gli sia dovuto…anche
quando non ha nessuno diritto di farlo…” disse con rabbia ed ironia Mark.
Oseda ascoltò in silenzio le dure parole del figlio, sapeva di essere nel
torto e di meritarsi quello che stava sentendo, ma sentirsele dire era
tutt’altra musica.
“Ok…basta così!” esclamò Tess trascinando via Mark e prima di uscire
dalla stanza, si voltò verso Oseda.
“…ho bisogno di un po’ di tempo…non pressare nemmeno me……devo
capire…e devo farlo da sola!” detto questo Tess uscì dalla stanza
lasciando Oseda da solo con i suoi pensieri.
“Devi capirli! Sono entrambi molto confusi!” disse una voce, anche se nella
stanza non c’era nessuno.
“Non l’hai persa la brutta abitudine di ascoltare le discussioni altrui!”
rispose Oseda non troppo sorpreso.
“No…” rispose la voce, mentre dalla parete si staccò Nasedo, prendendo
la sua naturale forma umana.
“Credo che andrò via subito! Entrambi devono pensare a quello che hanno
scoperto…e lo faranno meglio senza me intorno…” disse Oseda guardando la
porta da cui poco prima erano usciti i due ragazzi.
“Torni a Washington allora?”
“Sì…e tu che farai?”
“Io devo andare a recuperare la mia “unità speciale” in Alaska!”
“Faremo bene a lasciarli soli?”
“Non sono più soli! Ora sono davvero un gruppo…una famiglia! Si
difenderanno l’uno con l’altro e cresceranno molto più in fretta di quando
pensiamo!”
“Forse hai ragione! Ma vorrei tenere sotto controllo i poteri di Mark, vorrei
potergli insegnare ad usarli…”
“C’è Tess con lui! Si prenderà cura lei del fratello! L’ho addestrata
bene! Riguardo alla questione di Sarah…cerchiamo di non farla scoprire a
Mark! Non credo che la prenderebbe bene come le ultime scoperte! Lui sa già
chi sono?”
“No, ti ha solo sentito nominare…non sa che sei Harding! Ma non starei così
tranquillo…non è stupido e se ti vedesse e sapesse chi sei realmente…non
ci metterà molto a fare un rapido collegamento.”
“Ok…eviterò di farmi vedere! Partirò domattina! Parlerò con Max appena
posso…”
“Bene…”
Intanto Tess e Mark:
“Ma tu e Oseda vi comportate sempre così?”
“No…è solo che entrambi eravamo un po’…come dire? Nervosi!…Ci sono
state parecchie novità nelle nostre vite…e forse non siamo più abituati a
forti emozioni!”
“Ho visto!”
“Piuttosto tu…sei sicura di essere mia sorella?” disse scherzosamente
Mark.
“Così sembra…” rispose sorridendo Tess.
“Allora dovrai imparare i difetti della nostra famiglia molto in fretta!”
“E quali sarebbero…questi difetti?”
“Primo su tutti…non riuscire a nascondere i propri stati d’animo! Ad
esempio io quando sono nervoso sono intrattabile…invece tu sei calmissima!”
“E’ vero! Lì nascondo bene…è una delle tante cose che Nasedo mi ha
insegnato! Mi ha insegnato a non mostrar mai le mie debolezze al mondo…a non
piangere…ma come hai visto prima…non ci riesco proprio ad essere un pezzo
di ghiaccio!”
“Ehi Tess…di duro in famiglia già ce ne è uno, e sono io! Non vorrai mica
rubarmi il posto?”
Tess sorrise dimenticando per un attimo la sua “difficile” infanzia.
“Perciò ricorda una cosa sorellina…se hai voglia di piangere o di urlare o
di nasconderti al mondo…vieni da me! Lo faremo insieme! Come veri fratelli!
Chiaro?”
Tess fece cenno di sì con la testa, e subito lasciò che il fratello
l’avvolgesse in un caloroso abbraccio. Restarono così per un po’, a voler
recuperare tutti gli abbracci persi.
“Ok! E’ il momento di iniziare la nostra prima lezione!” esclamò Tess
asciugandosi le lacrime agli occhi.
“Veramente…ho ancora un forte dolore alla spalla…e non mi sento nemmeno
tanto bene…preferirei…”
“Stai cercando una scusa?” gli chiese Tess con sguardo indagatore.
“No...è solo…che…”
“Stai cercando una scusa!” esclamò convinta Tess.
“Ok…è vero! Non ho molta voglia d’imparare ad usare i miei
poteri……ho paura di farlo!” disse perplesso Mark.
“E perché?”
“Perché se lo farò…diventerò davvero un alieno…”
“Mark tu sei già un alieno! Come lo sono io, come lo è Isabel…” disse
la ragazza non cogliendo il senso del discorso del fratello
“Sì…ma non è la stessa cosa! Adesso sono davanti ad un bivio…rimanere
uno dei tanti…o diventare un alieno?”
“Non hai molta scelta ormai…”
“No! Invece posso ancora scegliere! Potrei chiedere a papà di ripristinare
il blocco dei miei poteri…e tornare alla mia solita vita…fatta di monotonia
e semplicità…di normalità!”
“E credi che adesso che sai…la tua vita potrà tornare normale?”
“Non lo so! Ma vorrei un po’ di tempo per pensarci…che ne dici?”
“Dico che entrambi avremo molto a cui pensare…e che…”
Tess si fermò, e si voltò di spalle poi facendo un profondo respiro sempre di
spalle disse:
“Mark…segui la tua strada!”
“Cosa? Che stai dicendo?”
“Sto dicendo che devi fare solo quello che senti! Se non vuoi essere un
alieno….non esserlo! Se qualcuno ti dirà che è il tuo destino…tu…tu
scappa! Scappa e non voltarti mai! Non lasciare che la tua vita diventi un
foglio bianco su cui qualcun altro scriverà! Non fare i miei stessi errori!”
disse Tess vedendo nel fratello la scelta che avrebbe voluto fare anche
lei……ma che non le fu concessa.
“Se questa strada non ti piace……cambiala! E se un giorno ti guarderai
ancora allo specchio con la stessa innocenza di adesso…allora avrai vissuto
in modo esemplare! Magari nel tuo lungo cammino…farai qualche errore…come
ne facciamo tutti…ma almeno vivrai!”
“Tess…”
“Ho bisogno di stare un po’ sola! Ci vediamo più tardi!” disse la
ragazza incamminandosi frettolosamente verso la sua auto.
“Tess! Hai già scordato quello che t’ho detto prima? Io sono qui! Sfogati
con me!”
“No Mark! Se mi sfogassi potrei influenzare la tua scelta…e non voglio!”
disse Tess salendo in macchina ed allontanandosi.
Il resto
della giornata trascorse via velocemente, tutti erano presi nei preparativi per
la festa e mentre Tess aveva deciso di starsene un po’ per conto suo, anche
Mark aveva deciso di starsene a riflettere su tutto quello che gli era e gli
sarebbe potuto succedere. Andò all’UFO Center, che essendo giorno di
chiusura, era completamente deserto.
Entrò nel centro con uno stato d’animo diverso dal solito, girò tutto il
centro, guardò ogni piccola cosa che era esposta, dalle foto ai manichini, dai
libri ai giornali…tutto gli sembrava inspiegabilmente nuovo anche se aveva
letto 100 volte i titoli di quei libri o quegli articoli o aveva spolverato
altrettante volte quei manichini di alieno.
Si sedette di fianco a delle foto di graffiti e segni simili a quelli che
spesso avevano fatto visita nei sogni a Max e gli altri.
Chiuse gli occhi cercando forse di ricordare qualcosa che gli spiegasse
quell’assurda situazione, ma fu tutto inutile.
Si ricordò di una vecchia frase letta in un vecchio libro che leggeva spesso
da bambino: “le risposte alla tue domande, anche le più difficili, sono
sempre e comunque dentro di te!”
Ma mai come in quel momento si accorse dell’inesattezza di quella dicitura.
Dentro di se non sentiva che uno sconfinato senso di vuoto, era come se tutti i
suoi ricordi fossero stati cancellati e ci fossero solo gli ultimi eventi
vissuti, quasi a volergli far capire che il suo passato non contava più nulla
e che da adesso in poi valeva solo il presente.
Avrebbe voluto sapere quali erano i suoi poteri, avrebbe voluto esplorare la
sua “parte aliena” ma capiva che se l’avesse fatto una volta, la
tentazione di rifarlo sarebbe stata troppo forte, sarebbe diventata come la
dipendenza per una droga, e perciò desistette!
Mentre era attraversato da questi pensieri riconobbe la voce di Max, che gli
diceva:
“Ti ho trovato finalmente! T’ho cercato dappertutto…ed onestamente questo
è l’ultimo posto dove credevo di trovarti!”
“Cosa vuoi farci…è l’attaccamento al lavoro!” rispose ironicamente
Mark mentre dopo aver lanciato un fugace sguardo a Max era tornato ad osservare
il pavimento.
“Come ti senti?” chiese premurosamente Max mentre si avvicinava a lui a
piccoli passi.
“Come uno che è stato appena investito da un camion!” rispose lui
toccandosi la spalla.
Max sorrise sedendosi al suo fianco.
“Max non è che potresti rimettermi a posto anche la spalla? Fa un male
cane…” disse Mark con una smorfia di dolore che si impossessò del suo
viso.
“Potrei…ma non è il caso! La tua guarigione dev’essere il più normale
possibile…”
“Se non posso nemmeno usare i miei poteri per guarire le mie ferite….che
senso ha essere un alieno!?”
Max non gli rispose facendogli capire che non aveva gradito l’ironia nelle
sue parole.
“Scusa…” disse lui accorgendosene.
“Non preoccuparti! Se vuoi ti accompagno in ospedale per farti dare
qualcosa!”
“No, grazie….preferisco sopportare il dolore!” esclamò lui quasi
terrorizzato dall’idea di tornare in ospedale.
“Mark…io volevo ringraziarti per quello che hai fatto per Isabel! Se non ci
fossi stato tu…a quest’ora chissà cosa sarebbe successo…”
“Non mi piacciono le frasi di circostanza……ma credo che chiunque al posto
mio avrebbe fatto lo stesso vedendo un amico in pericolo…...perciò non
ringraziarmi! Anzi dovrei farlo io, Isabel m’ha detto che tu e Michael
eravate venuti in ospedale per salvarmi…”
“Già…ma ci ha pensato…un altro “angelo custode”…” disse Max
Tra i due ci fu qualche istante di silenzio, poi Mark chiese a Max:
“Max……cosa hai provato quando hai saputo di essere un alieno? Voglio
dire…ti ha sconvolto…o che ne so…ti ci sei subito abituato?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché mi sento un fenomeno da baraccone! Mi sento tutti gli occhi della
gente addosso…anche se magari non mi stanno nemmeno guardando!”
“Non ti so rispondere! Io ho sempre saputo di essere un alieno…non mi ci
sono dovuto abituare! Ma sta tranquillo…tutti qui a Roswell ci sentiamo
“fenomeni da baraccone”, anche la persona più normale del mondo.”
“Che stai cercando di dirmi?”
“Nulla di complesso! Solo che se vivi a Roswell ti devi abituare agli occhi
di tutti addosso! Prima di tutto perché è una piccolissima cittadina……e
poi perché i turisti si aspettano che Roswell sia abitata da tanti esserini
verdi…e quindi vedono alieni dappertutto!”
Mark sorrise pensando all’ultimo pensiero di Max, si sentiva come un peso
sullo stomaco…e non sapeva come poter fare per mandarlo via.
“Max chi erano quei tre uomini? Perché volevano rapire Isabel?” chiese
Mark tornando all’episodio di due sere prima.
“Non lo sappiamo ancora di preciso! Sembrano essere un corpo speciale della
CIA per la caccia agli alieni! Non sappiamo se volevano davvero Isabel o se
volevano far uscire allo scoperto te!”
“Sono un pericolo per chi mi sta intorno…forse dovrei andare via!” disse
subitamente Mark sentendosi in colpa per quello che era successo ad Isabel.
“Non dire sciocchezze! Tu non c’entri…adesso devi solo riprenderti
completamente e poi dovrai imparare ad usare pienamente i tuoi poteri…in modo
che non avrai problemi a controllarli!”
“Sembri mio padre!” esclamò con un sorrisino amaro Mark.
“Mark sei sicuro di sentirti bene?” chiese con un improvvisa serietà Max.
“Ho bisogno di mettere un po’ ai raggi x tutto quello che è
successo……e solo allora potrò dirti se sto bene o no!”
“Capisco…”
“Max vorrei tornare alle capsule…ma con la spalla in queste condizioni non
penso che ce la farò a guidare fin là…mi accompagneresti?”
“Certo! Ma perché vuoi ritornarci?” chiese un sorpreso Max.
“Voglio un posto dove poter stare per un po’ nascosto……” disse lui
alzandosi e avviandosi verso l’uscita dell’UfoCenter.
Il resto del pomeriggio passò tranquillo, prima che facesse sera, Oseda decise
di partire per far ritorno a Washington.
Prima di partire però fece una lunga chiacchierata con Mark e con Tess, e
quando salì sul suo aereo i due fratelli si abbracciarono, dando forza al
pensiero di Oseda che era partito sicuro di aver lasciato i suoi figli, l’uno
nelle sapienti e protettive mani dell’altro.
Quando l’aereo scomparve nella grandezza del cielo, Tess chiese a Mark una
cosa:
“Perché non glielo hai detto?”
“Di bloccare di nuovo i miei poteri?”
Tess annuì, e Mark sorrise un po’ nervosamente, forse non ancora convinto
del tutto della decisione che aveva preso.
“Ci ho pensato molto oggi…e sono giunto alla conclusione…che quello che
aveva pensato era una grossa stupidaggine! Se avessi chiesto a papà di
vincolare nuovamente i miei poteri…...l’avrei rinnegato! Avrei rinnegato
lui, te…le miei origini……e i miei amici! Io sono un alieno……e tale
resterò! Perciò da domani inizieremo le prime lezioni…che ne dici?”
Lo sguardo triste di Tess sembrò illuminarsi d’improvviso, almeno Mark aveva
preso la sua decisione, e credeva che questo l’avrebbe aiutata a far
chiarezza anche nella sua vita.
Arrivarono
a casa Evans a sera inoltrata, e già erano tutti lì ad aspettarli.
Ad un punto della serata Isabel si accorse dell’assenza del festeggiato e
subito si mise alla sua ricerca.
“Ehi Tess….hai visto Mark?”
“Credo che sia fuori, in giardino!” rispose Tess dopo essersi guardata
intorno.
Isabel uscì e vide Mark sdraiato sul prato, gli si avvicinò, sedendosi al suo
fianco.
“Tutto ok?” chiese premurosamente la ragazza.
“Sì….credo di sì!”
“E’ una mia impressione o da quando tuo padre è partito sei diventato un
po’ troppo triste e silenzioso?”
“Ti ho già detto che hai un grande spirito d’osservazione?” le chiese
Mark
“…sì…mi sembra di sì….” rispose ridacchiando Isabel.
“Comunque…un po’ sì….è vero! Non lo so perché, ma è una cosa che mi
porto dietro da quand’ero bambino! Ogni volta che vedo mio padre allontanarsi
da me, non posso far a meno di notare la tristezza e la solitudine sul suo
volto….ed è una cosa che mi fa male! Quando va via sento quella solitudine
intorno a me! In special modo adesso che…so tutto!”
“Ma non sei solo! Adesso c’è Tess…e ci siamo tutti noi…”
“Hai ragione, io non sono più solo…ma mio padre lo è ancora…e adesso più
che mai…”
“Gli sei molto legato, eh?”
“Abbastanza….per quel po’ che riusciamo a vederci! Ricordo un periodo in
cui lo vedevo un’ora e mezzo ogni due settimane….e il peso di questa
lontananza si sentiva tantissimo, e lo sento ancora ora! Mi ricordo che in
quell’ora e mezzo gli dicevo un casino di cose, anche stupidaggini, tutto pur
di parlare e di non finire in quel silenzio assordante che la lontananza aveva
creato! Facevo di tutto per non farmi chiedere se ero sereno nonostante lui
fosse lontano. Mi diceva che era lontano per lavoro…ma in realtà cercava di
stare più lontano possibile da mia madre! Non sapevo mai cosa rispondergli, se
gli dicevo che stavo bene prendevo in giro lui e me, se invece gli dicevo che
stavo male, l’avrei solo fatto preoccupare inutilmente! Ora che ci penso non
mi sembra nemmeno di avergli mai detto che….gli voglio bene!”
“Credi che non lo sappia?”
“Non lo so….spero che lo sappia!….Ma vorrei in ogni caso poterglielo dire
tutte le volte che lo vedo!”
“Perché non lo fai?”
“Non lo so…...forse perché…intacca la mia immagine di duro!” disse
sorridendo ironicamente.
“E secondo te un duro se ne sta solo soletto a guardare le stelle?” gli
chiese dolcemente la ragazza.
“Guarda che anche ai duri piacciono le cose belle!” esclamò lui guardando
prima il cielo stellato di quella tranquilla notte d’agosto, e poi Isabel a
volerle far capire che di bello vicino a lui quella sera non c’era solo il
cielo stellato….
La ragazza gli sorrise abbassando subito lo sguardo in segno d’imbarazzo.
Mark si sdraiò di nuovo sul prato, usando la sua mano sinistra da cuscino, poi
sempre osservando le stelle disse:
“Quando guardi le stelle a cosa pensi? Io…a volte mi fermavo a fantasticare
che su qualcuna di quelle stelle c’era qualche essere vivente! Magari c’era
un mondo dove tutti vivevano in pace, dove non c’erano esseri che si
ritenevano superiori ad altri, che avessero manie di onnipotenza…e che
credessero di poter decidere quando volevano della vita delle persone! Ed
invece adesso so che ci sono altri come me…e il che…non è certo una bella
sensazione!” poi subito s’interruppe.
“Io invece ho sempre sognato di tornare sul mio pianeta…o almeno di trovare
qualcun altro come noi! E mi sforzavo di trovare una spiegazione a tutto.”
“Anche per me c’è stato un periodo della mia vita in cui tutto quello che
facevo o che succedeva intorno a me, doveva avere una spiegazione razionale! E
questo mi faceva sentire forte, sicuro di me!
Poi quand’è morta Sarah…tutto non ha avuto più un senso! Non sono nemmeno
andato al suo funerale, non volevo credere che fosse davvero morta! Non capivo,
e non capisco tuttora perché sia successo……ma pormi quest’interrogativi,
non mi aiuterà a capire! E adesso non so nemmeno cosa farò tra un ora…”
La ragazza volse il suo sguardo verso il cielo, non dicendo nulla, volendo
ascoltare solo cosa avesse da dirle Mark, poi vedendo che il ragazzo era
assorto nei suoi pensieri lo interruppe dolcemente, cercando di parlare di
qualcosa di meno triste.
“Mark….perché non hai voluto più suonare con Alex e gli altri?” fu una
domanda fatta così, non si aspettava una risposta, e se Mark gliel’avesse
data, se l’aspettava come al solito fugace e deviante su qualche altro
discorso. Almeno questo era quello che credeva, ma il Mark che aveva di fianco
in quell'afosa notte, era un Mark diverso.
“Non suonavo più da due anni! L’ultima volta che l’ho fatto fu la sera
prima….che Sarah morisse! Fu lei a regalarmi la mia chitarra…non si perdeva
un concerto, anche una semplice prova per lei era importante. Si metteva sulla
soglia della porta e da lì osservava tutto quello che facevo, sorrideva se un
accordo mi veniva da dio, e si rammaricava se invece lo sbagliavo….era come
se stesse suonando lei. Ma con lei se n’è andata anche la mia passione per
la musica!
Quando ho iniziato a suonare con Alex e gli altri, mi sono illuso che tutto
fosse passato…poi ho visto di nuovo Sarah su quella porta…...e l’ho
rivista in te! E con lei ho rivisto la paura di perdere nuovamente qualcosa a
cui tenevo!”
“E perché sei scappato via? È un modo per punirti di qualcosa?” gli
chiese Isabel sorpresa nel sentir dire quelle cose a Mark.
“Può darsi……ma può darsi anche che l’abbia fatto per esorcizzare
questa mia paura!” disse abbassando lo sguardo.
“Ok, basta con la tristezza! Stasera si festeggia!” disse con allegria
Isabel.
“Sì…ma tra un po’ vorrei andar via! Sono stanco…e in più la spalla
inizia un po’ a farmi male!”
“E dove vorresti andare?” chiese la ragazza poggiando le mani sui fianchi.
“A casa!”
“No, no, no!” disse Isabel scandendo ogni no con un gesto della mano,
“…rimarrai qui da noi fino a quando non ti sarai ristabilito completamente!
È il minimo che possa fare…per ringraziarti di avermi salvata! Ah…e non
voglio obbiezioni! Chiaro!?”
“Non vorrei dar fastidio! E poi i tuoi genitori chissà cosa penseranno…”
“Sono d’accordo! A dire il vero sono loro che me l’hanno proposto! E poi
c’è tanto di quel posto in casa!!!”
Mark sorrise e con un cenno della testa le fece capire che per lui andava bene.
Il mattino
seguente di buon ora Mark si alzò trovando già sveglia Tess.
“Ehilà! Buongiorno! Non ricordo che fossi così mattiniero!” gli disse la
sorella vedendolo arrivare in giardino strofinandosi gli occhi.
“Non è che abbia dormito molto!” disse lui sedendosi sul prato al suo
fianco.
“A dire il vero nemmeno io ho dormito molto…”
“Lo so, me ne sono accorto! T’ho visto sulla soglia della mia camera…”
“Volevo accertarmi che stavi bene e che non fosse solo un sogno! Non so se mi
credi….ma sono felicissima di aver saputo che tu sei mio fratello!”
“Anch’io sorellina!” esclamò lui avvolgendola con il braccio sinistro e
stringendolo in un forte abbraccio.
Dopo la colazione i due fratelli si sedettero nuovamente sul prato, e dopo aver
parlato per un po’ Tess con un grosso sorriso chiese al fratello:
“Sei pronto per la prima lezione?”
“Credo di sì…”
“Ok, sali in macchina!” esclamò la ragazza cercando di fargli coraggio.
“Dove andiamo?”
“In un vecchio magazzino fuori Roswell dove ci alleniamo io e gli altri! È
un posto tranquillo…”
Giunti al vecchio magazzino Mark si guardò intorno un po’ preoccupato,
osservando le pessime condizioni dell’edificio
“Non mi sembra in così buone condizioni! Siamo sicuri che regge?”
“Regge…regge…” rispose Tess indaffarata a chiudere il grosso cancello
d’ingresso.
Mark continuò a girare nel grosso magazzino, e non poté far a meno di notare
delle vistose bruciature sui muri e sul terreno.
“E queste?” chiese lui indicando le bruciature.
“Sono opera di Michael……i primi tempi non riusciva a controllare i suoi
poteri….e più volte ha rischiato di dar fuoco allo stabile! Allora sei
pronto?”
Mark annuì deciso.
“Cosa sai fare?”
“Solo questo!” esclamò Mark illuminando di una luce dorata la sua mano
sinistra.
“Bene! Già riesci a concentrare i tuoi poteri in un punto preciso! Direi di
iniziare con qualcosa di facile…” disse Tess prendendo un fazzolettino,
“…prova a cambiargli colore!”
Mark poggiò la sua mano dorata sul fazzoletto, ma il colore non mutò.
“Non ci riesco!” esclamò Mark.
“Svuota la mente da ogni pensiero! Pensa solo al fazzoletto e a quello che
devi fare!”
Mark provò nuovamente a farlo, ma nemmeno stavolta ci riuscì.
“Mark! Ascoltami! Libera la tua mente da ogni pensiero!”
“Ci provo!”
“Adesso guarda fisso il fazzoletto!”
“Sì ci sono…”
“E adesso pensa intensamente ad un colore!”
Mark fece un respiro profondo…dopodiché riprese a guardare fisso il
fazzoletto.
Rimase così per un minuto esatto quando all’improvviso il fazzoletto da
bianco divenne nero.
“Bravo! Perfetto! Ci sei riuscito!”
“Io veramente avevo pensato al rosso!” disse lui un po’ deluso.
“Siamo solo all’inizio……un po’ alla volta ti perfezionerai!”
“Oggi ci dedicheremo per lo più alla modifica della struttura molecolare
degli oggetti, ok? Mentre da domani cercheremo di capire qual è il tuo potere
specifico…Dai mettiamoci al lavoro…e ricorda…il procedimento è sempre lo
stesso!”
“Ho capito! Sgombro la mente da ogni pensiero, poi metto a fuoco solo
l’oggetto su cui usare il potere….e penso a quello che devo fare…è
facile!” disse lui ripetendo alla perfezione tutto quello che gli aveva detto
Tess.
Mark e Tess restarono tutta la giornata al vecchio magazzino ad esercitarsi, e
a metà del pomeriggio Mark faceva alla perfezione ciò che gli aveva insegnato
la sorella. D’improvviso la sua spalla iniziò a fargli male, tant’è che
dovette poggiarsi ad una parete per non cadere.
“Tutto bene? Ti sei sforzato troppo! Usare i nostri poteri ci indebolisce un
po’ alla volta…e specialmente a te che sei alle prime armi…e non in
perfette condizioni fisiche, sfianca di più! Per oggi va bene così…riprenderemo
domani!” disse Tess avvicinandosi al fratello ed aiutandolo a sedersi.
“Che giornata!” esclamò Mark mentre si sedeva su di uno scatolone.
“Se continui di questo passo…tra 2-3 giorni userai perfettamente i tuoi
poteri!”
“Tess…chi è Nasedo? Cioè voglio dire…l’ho mai incontrato?”
Tess, sorpresa da quell’inaspettata domanda, rimase in silenzio per qualche
rapido istante cercando qualcosa da dirgli per sostituire la scomoda verità.
“Non credo! Anche noi l’abbiamo visto poche volte!” disse lei tagliando
corto.
“Capisco! Torniamo a casa che ho fame?” disse lui, però notando un’aria
cupa sul volto della sorella.
Tess annuì aiutandolo ad alzarsi.
Chi non stava passando certo una bella giornata era Maria che era stata messa a
conoscenza dalla madre dell’intenzione di sposarsi con lo sceriffo Valenti,
cosa che non le aveva fatto piacere.
“Ma com’è possibile? Non puoi farmi questo!” esclamò Maria con rabbia
verso la madre.
“Maria…tu tra un po’ avrai una tua vita, ti sposerai ed avrai una tua
famiglia! Io non voglio restare da sola per il resto dei miei giorni!”
“Ma di tanta gente che esiste al mondo perché ti devi sposare proprio con lo
sceriffo Valenti?”
“Perché ci amiamo!”
“Non potete aspettare un altro po’….e pensarci meglio!”
“Maria non ho più 16 anni!”
“Appunto! Ragiona…è…è una pazzia!” disse Maria balbettando
nervosamente.
“Maria basta così! Tra due settimane io e Jim ci sposeremo! Chiusa la
discussione!”
“Due settimane? Perché così di fretta?”
Maria fece una faccia disgustata capendo di parlare invano, ed aprendo le
braccia diede segno di resa ed uscì di corsa per andarne a parlare con Liz.
Tutto avrebbe voluto tranne che avere Jim Valenti come padre.
Nel frattempo Mark e Tess erano tornati a casa Evans, dove subito Tess cercò
Max per parlargli.
“Isabel…Max?”
“Dev’essere andato da Liz! Perché? Com’è andata la prima lezione?” le
rispose Isabel.
“Tutto bene! Ma ho bisogno di parlargli con urgenza!”
“Che cos’è successo?” chiese Isabel preoccupata dallo stato
d’agitazione di Tess.
Tess prima di rispondere alla domanda di Isabel si guardò intorno a volersi
assicurare che nessuno, in special modo Mark, la sentisse.
“Mark mi ha chiesto di Nasedo! Mi ha chiesto se l’aveva mai incontrato!”
“E tu cosa gli hai detto?”
“Che non l’ha mai incontrato e che perfino noi l’abbiamo visto poche
volte! Ma credo che non l’abbia bevuta……e adesso come ci comportiamo?”
“Come facciamo a dirgli che Nasedo ha lasciato morire Sarah per salvare lui!?
Per lui sarebbe un dolore insopportabile! Non deve sapere nulla!” esclamò
decisa Isabel molto preoccupata dalla reazione che Mark poteva avere una volta
scoperta la verità.
Tutto il resto del pomeriggio, Mark non si vide in giro, e finito il suo turno
all’Ufo Center non era nemmeno tornato a casa Evans per cena.
Isabel sapeva, o meglio sentiva dov’era e che stava bene, ma lo stesso era in
pena per lui, perciò decise di uscire di nascosto a Max e Tess, per cercarlo.
Una volta nella sua auto, chiuse gli occhi e percepì la sua presenza sul
piccolo rialzo fuori Roswell dove lui la portò per guardare le stelle.
Dal momento in cui la ragazza era entrata nei sogni di Mark, entrambi
sapevano…e sentivano di essere diventati un tutt’uno. L’uno sapeva cosa
pensava l’altra e dove naturalmente si trovasse in ogni istante.
Una volta arrivata al rialzo riconobbe il fuoristrada di Mark, e dopo essersi
fermata un po’ distante, con la soddisfazione di chi va a colpo sicuro
scritta sul volto, si avvicinò a piccoli passi al ragazzo.
Scorse Mark sdraiato, come quella famosa sera, sulla parte anteriore
dell’auto.
Si avvicinò lentamente, e Mark senza parole, ma con un segno della mano la
invitò a sedersi al suo fianco, allo stesso modo di quando la portò la prima
volta in quel “magico luogo”, come Mark lo definiva nei suoi pensieri.
Isabel all’invito del ragazzo, abbassò lo sguardo sorridendo, sedendosi
sempre in silenzio al suo fianco.
“Sapevo che ti avrei trovato qui!” esclamò lei regalandogli uno splendido
sorriso.
“Ed io sapevo che saresti venuta!” rispose prontamente lui.
“Oramai entrambi siamo un libro aperto per l’altro! Il che è grave…”
disse lei finendo quest’ultima frase forzando scherzosamente un tono grave.
“Perché?” chiese incuriosito Mark.
“Perché come mi hai detto tu, tutti abbiamo dei segreti ma quando si sa
tutto di una persona, non c’è più gusto a conoscerla!” disse lei
guardando il viso di Mark, che però non tradì alcuna emozione.
“Ma ricordi sempre tutto quello che ti viene detto?” disse lui.
“No!…Solo le cose belle…dettemi da persone…“speciali”!” disse lei
sorridendo.
Il cuore di Mark ebbe un sussulto, quelle parole erano quelle che voleva
sentire….ma allo stesso tempo sperava che Isabel non le dicesse.
“Comunque non dar troppo peso alle parole! Lasciano il tempo che
trovano……e spesso sono dette tanto per dire!”
“Cosa stai cercando di dirmi?” chiese Isabel turbandosi non poco per quelle
parole.
“Nulla! È solo che non devi dar peso a tutto quello che dico!” rispose lui
risoluto.
Isabel rimase in silenzio, mentre Mark, seppur dentro di sé voleva dire
tutt’altre cose, lasciò uscire solo quello che invece non pensava.
D’improvviso Mark lanciò un grido di dolore, alzandosi di colpo e tenendosi
stretta la testa tra le mani a voler fermare il dolore che gli faceva quasi
scoppiare la testa.
Isabel si spaventò quando vide cadere Mark dal cofano dell’auto a causa
delle continue contorsioni causate dal forte dolore alla testa.
Per terra continuava a dimenarsi, urlava ed i suoi occhi castani si colorarono
di sottili linee di sangue.
Isabel cercava di calmarlo, non sapeva cosa fare…
D’improvviso una forte luce dorata si sprigionò dal corpo di Mark
avvolgendolo completamente. Isabel rimase accecata da quella luce, come quando
per molto tempo rimani al buio e poi d’improvviso esci alla luce del sole. La
luce dorata prima avvolse Mark e poi, un po’ alla volta, avvolse anche lei e
la limitata area in cui si trovavano.
La luce divenne più forte, e si allargò così tanto da avvolgere
completamente tutta Roswell.
Durò per qualche minuto, e quando la luce d’improvviso scomparve, allo
stesso modo di come era comparsa tutta Roswell era al buio. Nel buio totale,
rischiarato solo dallo spicchio di luce della luna che illuminava la notte,
tutte le auto si erano spente, tutte le luci erano saltate, tutti i vetri si
erano lesionati. Tutti erano per le strade per capire cosa fosse successo, tra
mille paure si stavano facendo altrettante ipotesi su cosa fosse successo.
C’era chi diceva che era stato un attacco alieno, chi che era stato un
meteorite…chi la sperimentazione di una nuova arma del governo.
Ma in quel momento solo due persone sapevano cosa era realmente accaduto…o
forse sarebbe meglio dire tre!
Già perché al piccolo rialzo non c’erano solo Isabel e Mark, ma anche un
terzo incomodo.
Nel buio non si riconosceva, l’unica cosa certa era che stava osservando i
due ragazzi ed aveva assistito a tutto quello che era successo e che stava per
succedere.
“Allora è tutto vero!” esclamò questa figura sconosciuta nascosta nel
buio, prima di continuare ad osservare ciò che succedeva.
Intanto Mark si era calmato, il dolore era passato ed era cosciente, anche se
restò ancora per qualche istante sdraiato per terra a voler recuperare le
forze. Isabel seduta al suo fianco gli teneva la mano e si chiedeva cosa fosse
successo, poi con un filo di voce gli chiese:
“Stai bene?”
Mark annuì con la testa, mentre il sudore continuava a scendere dalla sua
fronte.
“Ce la fai ad alzarti?”
“Sì…” rispose lui prima di accorgersi che la caduta gli aveva
riacutizzato il forte dolore alla spalla, lasciandolo capire ad Isabel non con
le parole, ma con una profonda smorfia di dolore.
“Aspetta! Alzati la maglia…” disse lei mentre lo aiutava a farlo.
Poggiò la sua mano sulla spalla, e la guarì, lasciando l’ormai abituale
impronta argentata.
“Ho sempre sognato di avere un tatuaggio!” esclamò ironicamente Mark
mentre osservava l’impronta e la copriva con la maglietta.
Isabel gli sorrise ed alzatasi vide che Roswell era completamente al buio,
prese il suo cellulare dalla tasca, ma si era spento…e non si riaccendeva.
“Torniamo a casa!” esclamò lei mentre salì in macchina di Mark cercando
invano di metterla in moto.
“Ma cosa diavolo mi è successo?” chiese Mark mentre guardava ciò che la
sua energia dorata aveva causato.
“Non lo so! Lo scopriremo una volta tornati a casa…” gli rispose mentre
ancora cercava di mettere in moto il fuoristrada.
Stanca, provò a mettere in moto la sua auto…ma il risultato fu desolatamente
lo stesso…niente!
“Mi sa che ci tocca tornare a piedi! Ce la fai a camminare?” chiese lei
premurosamente.
“Sì…tutto ok! Andiamo!” le rispose Mark, prima che provando a camminare
non sbandò paurosamente, quasi cadendo se non fosse stato per l’intervento
di Isabel.
“Non da solo…a quanto vedo! Beh ci metteremo un po’ di più…” disse
lei sorridendo.
Si allontanarono lentamente dal rialzo sempre sotto lo sguardo tenebroso e
sconosciuto del “terzo incomodo”.
Intanto Max e Tess si erano accorti dell’assenza di Isabel.
“Niente da fare!” esclamò Tess entrando nel garage dove Max dopo che si
era accorto che mancava l’auto di Isabel, cercava invano di rimettere in moto
la Jeep. Provò ad usare i suoi poteri, ma l’auto non ripartiva.
“Che facciamo?” chiese Tess.
“Andiamo da Valenti! Forse lui saprà cos’è successo!”
“Ed Isabel?”
“Starà con Mark! Non preoccuparti!”
Avviatisi a piedi verso l’ufficio di Valenti, videro ciò che quella forte
luce dorata aveva causato.
Le luci erano tutte spente, e Roswell era illuminata solo dai piccoli barlumi
delle candele che creavano un atmosfera magica…da altri tempi.
Molte auto si erano tamponate, e tante persone ancora scrutavano il cielo in
attesa chissà di cosa.
Giunti da Valenti, videro che non erano gli unici ad avere avuto quell’idea.
Infatti lo spiazzale davanti l’ufficio dello sceriffo era preso d’assedio
da centinaia di persone che impaurite speravano in una spiegazione che li
potesse tranquillizzare. Valenti dal canto suo, cercò di tranquillizzarli, e
dall’alto delle scale d’ingresso con un giornale usato come rudimentale
megafono cercò con la sua voce di coprire quella di tutti.
“State calmi! Ripeto state calmi! Non sappiamo cosa sia successo! Ma
sospettiamo che sia stato un pioggia magnetica dovuto al passaggio di una
cometa! I miei uomini sono già al lavoro per ripristinare la corrente! Tra un
po’…o al massimo domattina tutto sarà apposto!”
Tutti urlavano le proprie paure, i propri timori….e Valenti stanco di tutto
quel frastuono e vedendo Max e Tess…lasciò il “megafono” di carta al suo
vice e si allontanò, dicendo a tutti quelli che gli si avvicinavano che era
tutto sotto controllo.
“Ragazzi! Cosa diavolo è successo!” disse Valenti assicurandosi che
nessuno lo potesse sentire.
“Non lo sappiamo! Eravamo venuti qui…per chiederlo a lei!” gli rispose
Tess, mentre Max invano cercava di scorgere tra la folla Liz e gli altri.
Alle loro spalle arrivarono Liz, Maria, Michael ed Alex, che al momento del
piccolo incidente erano tutti al Crashdown.
“Tutto bene?” chiese Max appena vide Liz e gli altri che stavano tutti
bene.
“Sì tutto bene! Ma cos’è successo?” chiese Liz mentre si faceva
accogliere tra le braccia di Max.
“Non lo sappiamo!” rispose Valenti.
“Allora la storia della cometa?” chiese Maria.
“Ho dovuto improvvisare! Dovevo pur trovare qualcosa che li calmasse!”
rispose Valenti.
“Max? Isabel dov’è?” chiese Alex avvicinandosi con aria preoccupata a
Max e Liz.
“Credo sia con Mark!” rispose l’alieno, quasi mortificato di dirlo.
Alex accusò il colpo rimanendo in silenzio, ma dalla sua faccia si capiva cosa
potesse provare in quel momento.
“Ho sentito qualcuno che diceva…che hanno visto un disco volante lanciare
un raggio luminoso sulla città!” disse Michael a voler trovare più una
conferma che una smentita.
“Non diciamo sciocchezze! Sono stupidaggini che solo qui a Roswell possono
trovare fondo!” esclamò prontamente Max.
“Max…anche noi siamo stupidaggini?” chiese Michael guardandolo fisso.
“Che c’entra?” chiese Max un po’ in difficoltà.
“C’entra! Noi siamo alieni! E come ci siamo noi…c’è anche chi ci vuole
uccidere…e non è detto che non abbiano dischi volanti!”
“Ok calma calma!” esclamò Valenti frapponendosi tra i due
“contendenti”.
“Aspetta! Tu credi che questo sia stato…un attacco rivolto a noi?” chiese
Tess.
“Potrebbe essere! Come potrebbe essere solo un avvertimento!” rispose
deciso Michael.
“A quanto vedo ci sono stati danni solo alle cose…e non alle persone! Ne
tanto meno a noi! Quindi escluderei un attacco rivolto a noi!” rispose Max
prendendo di nuovo il controllo della situazione.
“E allora cosa diavolo era?” chiese impaurito più che spazientito Michael.
“Guardate!” esclamò Maria indicando con la mano un punto poco illuminato.
Da lontano si vedevano due persone che si avvicinavano lentamente, e si
distingueva chiaramente che uno dei due era aiutato a camminare dall’altro.
“Sono Mark ed Isabel!” esclamò Tess correndogli incontro.
“Forse loro sanno cos’è successo!” disse Max mentre la seguiva.
“Tutto bene?” chiese Isabel ritrovandosi tutti davanti.
“Noi sì! Voi?” chiese Max.
Isabel e Mark si lanciarono uno sguardo, dopodiché la ragazza rispose:
“Anche noi tutto ok!”
“Ma cosa vi è successo?” chiese Liz notando la polvere sui loro vestiti.
“E’ lungo da spiegare! Ma tutto questo è opera mia!” esclamò a sguardo
basso Mark.
“Ok ne riparleremo dopo! Adesso Mark ha bisogno di riposare!” esclamò
Isabel mentre si faceva largo tra i suoi amici.
Mentre gli altri andarono avanti, Max e Michael si attardarono rispetto al
gruppo.
“Ecco il tuo disco volante!” disse con ironia mista a rimprovero Max
“Max…qual è il problema?” rispose freddamente Michael.
“Qual è il problema? Il problema è che noi già siamo incasinati per conto
nostro! Non metterci nella testa altri sospetti e paure…stupide ed inutili!
Prima di sparare altre sciocchezze del genere…pensaci prima cento volte!
Chiaro?” disse Max alzando la voce e prendendolo minacciosamente per il
colletto della camicia.
Intanto una
volta giunti al Crashdown, Mark fu portato in camera di Liz dove si addormentò
non appena ebbe appoggiato la testa sul cuscino.
Giù nel locale, Isabel raccontò a tutti quello che era successo al rialzo,
dai forti dolori che Mark aveva alla testa alla luce che si era sprigionata dal
suo corpo ed aveva avvolta tutta Roswell portando il black-out totale della
città.
“Questa non ci voleva! Non farà altro che portare altro interesse di
visitatori intorno a Roswell!” esclamò Max.
“Il problema vero è che Mark non ha il pieno controllo dei suoi poteri!”
rispose duro Michael.
“E’ normale! Ha iniziato solo stamattina ad usarli! L’importante è che
non abbia fatto del male a nessuno!” esclamò Tess in difesa del fratello
“A cosa possono essere dovuti quei forti dolori alla testa?” chiese Liz.
“Qualcuno ha cercato di controllare la sua mente!” esclamò una voce
familiare ma che non apparteneva a nessuno dei presenti.
“Nasedo dove sei?” chiese Tess riconoscendo la voce.
“Eccomi! A vostra disposizione!” disse Nasedo arrivando dal retro del
locale.
“Da quando sei lì?” chiese Max.
“Sono appena arrivato!”
“E’ pericoloso stare qui! Se Mark ti vede potrebbe scoprire ciò che non
vogliamo!” gli disse Isabel con aria di rimprovero.
“Lo so! Ma sarebbe stato altrettanto pericoloso lasciarvi da soli!”
“Tu sai cosa gli è successo?” chiese Michael.
“Credo di saperlo! Qualcuno ha cercato di controllare la sua mente, e nel suo
inconscio lui ha “combattuto” portando a quello sfogo di energia!”
“E chi avrebbe interesse a farlo?” chiese Tess.
“Andando per esclusione dei presenti…ed escludendo anche Oseda…l’unico
che ha di questi poteri è Eidens!”
“Perché?” chiese Isabel
“Questo non lo so!”
“Può succedere ancora in futuro?” chiese Max
“Mi chiedi cose che non posso prevedere! Ma dovete fare in modo che Mark
assuma al più presto il pieno controllo dei suoi poteri! Adesso vado! Credo
che Mark si stia per svegliare! Ah un’altra cosa…” disse fermandosi sulla
porta che dava sul retro, “…questa storia porterà qui molti curiosi!
Allontanatevi per qualche giorno da Roswell…è più sicuro! Approfittatene
per distrarvi un po’ dagli ultimi eventi!”
Detto questo uscì da dove era venuto.
Sempre illuminati dalle candele, tutti aspettavano in religioso silenzio che la
luce tornasse….o forse più semplicemente che si facesse presto giorno.
Mentre qualcuno si addormentò, e qualcun altro parlava a bassa voce,
l’attenzione di Isabel fu attirata da un taciturno e solitario Alex che in
disparte da un po’ la osservava.
Gli si avvicinò per parlargli, per capire se andava tutto bene.
“Ehi Alex! Va tutto bene?” disse la ragazza a bassa voce.
“A meraviglia Isabel! Ora che ti sei accorta che esisto anch’io!” rispose
con ironia ed amarezza Alex, guardandola fissa negli occhi.
“Perché mi parli così?”
“Perché sono stanco di stare in panchina!” disse Alex alzando lievemente
la voce.
Isabel si guardò intorno a volersi sincerare che nessuno fosse stato svegliato
dalla voce di Alex, poi dolcemente lo invitò ad uscire con lei dal locale, per
poter parlare liberamente.
“Che cos’è questa storia della panchina?” chiese Isabel spalancando gli
occhi non capendo cosa passasse per la testa di Alex.
“Vuol dire che adesso che è arrivato il giocatore titolare…io torno in
panchina!” disse lui con ironia, usando questo strano modo di spiegare il suo
stato d’animo.
“Ti riferisci a Mark?” chiese lei.
“Esatto! Hai vinto brava!”
“La smetti?”
“Di fare cosa? Di pensarti? Di amarti? O di starti intorno!?” disse lui
nervosamente.
“Di dire queste sciocchezze! Lo sai che ti voglio bene…e che non sei la
riserva di nessuno!” sentenziò decisa Isabel.
“Hai detto bene! Mi vuoi bene…ma non mi ami! Per quello c’è Mark!”
disse lui scotendo la testa, e girandosi di spalle.
“Lo sai che quello che provo per te non è paragonabile con niente e
nessun’altro!”
“Isabel sono solo parole! Perché eri con Mark stasera e non con me?”
“Perché ero preoccupata per lui! E credevo che l’avessi capito!”
“Io ho capito solo quello che hanno capito tutti gli altri!”
“E sarebbe?” chiese Isabel, sapendo però già la risposta.
“Che tu sei innamorata di Mark!” rispose deciso Alex voltandosi altrettanto
deciso verso di lei.
Isabel rimase in silenzio, quello che aveva sentito da Alex era quello che
sapeva da tempo, ma che non aveva mai nemmeno avuto il coraggio di pensare.
Di fronte al silenzio della ragazza, Alex scotendo la testa si allontanò
sconsolato senza che Isabel gli dicesse nulla, se non allungargli un braccio a
volerlo fermare, ma poi desistette.
Isabel rimase da sola fuori al Crashdown, si sedette sul marciapiede a pensare,
finché non sentì una mano sulla sua spalla, si voltò e vide Mark che si era
accovacciato alle sue spalle.
“Non ti ho sentito arrivare!” esclamò Isabel sorridendo.
“Me ne sono accorto! A cosa stavi pensando?” chiese lui rispondendo con un
mezzo sorriso.
“A niente di speciale….come stai?”
“Benone! La spalla è tornata come nuova, la testa non mi fa più male…e
non ho sonno! E non sono il solo a quanto vedo!” disse lui mentre si sedeva
al fianco della ragazza.
“È vero! E che Roswell illuminata solo dalla luce della luna e delle
candele…ha un fascino particolare…di altri tempi e di altri luoghi!”
disse con occhi sognanti Isabel.
“Almeno il mio casino è servito a qualcosa!” ribatté subito Mark
guardandosi intorno.
“E già!” disse sorridendo Isabel dimenticando per un attimo la durezza
della discussione con Alex.
“Avete capito cosa possa essere successo?” chiese Mark.
“Non proprio! Ma sospettiamo che qualcuno abbia cercato di controllare la tua
mente!”
“La mia mente…e chi? Mio padre? O forse quel Nasedo?”
“Nessuno dei due! Noi pensiamo che sia stato Eidens…un terzo alieno come
Nasedo e tuo padre, che ci accompagnò al nostro arrivo sulla terra!”
“E perché lo avrebbe fatto?”
“Perché è un nostro nemico! Non abbiamo altre spiegazioni!”
Mark rimase in silenzio, forse un po’ spaventato, ma fuori non lasciava
trasparire nessuna emozione.
“Ti va di fare una passeggiata?” chiese Isabel.
“Pensi che sia il caso? Non vorrei che succedesse la stessa cosa di prima! E
soprattutto non vorrei farti del male!”
“Mark non succederà nulla! Ti starò vicino io!” disse Isabel
stringendogli la mano.
“Ah beh….allora le cose cambiano! Sono molto più tranquillo!” disse lui
scherzosamente.
“Scemo!” gli disse sorridendo Isabel dandogli uno schiaffettino sulla mano.
“Allora principessa! Mi concede di poter gioire della sua compagnia in una
romantica passeggiata in questa tranquilla notte d’estate?” disse lui
alzandosi in piedi e porgendole entrambe le braccia per aiutarla ad alzarsi.
“Sì mio cavaliere! Glielo concedo!” gli rispose Isabel divertita da quel
modo di fare di Mark.
Mentre si allontanavano lentamente dal Crashdown, e mentre Mark stava con il
naso in su a guardare il cielo stellato, nella mente di Isabel si affollavano
pensieri che le facevano rivedere Mark nei suoi lati peggiori e migliori. Dai
momenti di rabbia, a quelli di gioia e…di romanticismo che avevano condiviso
fino a quel momento. Quando poi lo vide fermarsi e guardare il cielo stellato
con l’innocenza e la meraviglia di un bambino che scopre qualcosa fino ad
allora sconosciuto, proprio in quel momento in cui il suo pensiero era preso ad
inseguire chissà quale sogno, lei si accorse di amarlo!
Adesso le parole di Alex non le facevano più male come qualche momento prima,
adesso sapeva…o meglio…sentiva quello che aspettava da tempo.
Dopo aver fatto un profondo respiro a voler buttar giù tutte quelle stupende
emozioni che le bloccavano dalla gioia il respiro, si avvicinò a Mark e
presogli la mano ed alzatasi sulle punte gli diede un bacio sulla guancia.
Mark rimase sorpreso dal gesto della ragazza, sentì il suo cuore accelerare,
avrebbe voluto dire qualcosa di bello ma gli uscì solo un:
“Perché?”
“Perché ti voglio bene! Ti sembra così strano?” disse lei sprizzando
gioia da tutti i pori.
Mark sorrise per la risposta di Isabel, non sapeva cosa dire, e lasciò che la
ragazza traesse libera interpretazione dal suo sorriso.
“Cos’è questo? Un….“grazie anch’io ti voglio bene!”….o
un…“questa è proprio matta!”?” disse Isabel sottolineando con un dito
il leggero sorriso di Mark.
“Secondo te?” chiese Mark.
“Spero per te la prima!” disse lei incattivendo simpaticamente lo sguardo e
portando le mani ai fianchi.
“Calma…calma! È la prima!”
“Come?” disse Isabel portando la mano all’orecchio facendo finta di non
sentire.
“Ho detto che è la prima ipotesi!”
“Non ho sentito bene!” disse Isabel insistendo.
Mark allora capì il gioco di Isabel e sorridendo abbassò lo sguardo e disse:
“Grazie...anch’io ti voglio bene!” disse lui arrossendo anche se nel buio
della notte non era visibile.
“Oh! Finalmente, che ci è voluto! Visto non è difficile!” disse Isabel
allargando le braccia.
“Ok...continuiamo la nostra passeggiata?” disse Mark facendo un leggero
colpo di tosse volendo cambiare subito discorso.
“Sì! Vieni con me!” disse lei prendendo la sua mano e trascinandolo via.
“Dove andiamo?” chiese Mark vedendo una strada che non aveva mai visto
prima.
“Ti fidi di me?”
“Ciecamente!”
“E allora zitto e cammina!” puntualizzò Isabel.
Dopo un bel po’ di cammino, giunsero in un ampio cortile ai cui bordi
s’intravedeva una struttura che anche al buio dava l’impressione di una
scuola.
“Che posto è?” chiese Mark guardandosi intorno.
“La Roswell High....certo non è come la Washington High, ma è comunque
carina!”
“Di tanti posti che esistono qui a Roswell...mi porti in una scuola!”
“Sbaglio o è uno dei pochi posti che ancora non avevi visto?”
“Non sbagli! Ma era anche l’ultimo che avrei voluto vedere!”
“Non fare sempre l’esagerato! Voglio solo farti vedere quella che tra un
mese sarà anche la tua scuola!”
“Non abbiamo nemmeno le chiavi! Come facciamo ad entrare?” disse Mark
cercando di far desistere Isabel.
“Abbiamo qualcosa di meglio delle chiavi!” esclamò lei avvicinando la mano
alla serratura ed aprendola con i suoi poteri.
“Se ci vede qualcuno finiamo nei guai!” disse lui guardandosi intorno.
“Chi vuoi che ci veda alle quattro del mattino! E poi quei pochi che sono
svegli sono troppo impegnati a fantasticare su quello che è successo!” disse
lei intrufolandosi furtivamente nella scuola.
Mark la seguì a ruota non prima però di essersi guardato intorno ancora una
volta per vedere se li avesse visti qualcuno.
“Eccoci qua! Questa è la Roswell High!” disse Isabel allungando un
braccio, con il palmo della mano aperto.
“Bella! Ma apprezzerei di più…se ci fosse un po’ di luce!” disse
ironicamente Mark mentre premeva più volte un interruttore delle luci.
“No problem!” esclamò Isabel avvicinandosi ad una parete che dopo il tocco
della sua mano si illuminò di una luce azzurrina, così come il resto delle
pareti della scuola.
“Però! Possiamo fare una marea di cose!” disse lui guardando quasi
affascinato lo spettacolo di luci che Isabel aveva creato.
“Dai! Vieni, inizia il giro turistico!” disse Isabel prendendolo per mano e
tirandolo dietro di se, mentre ancora lui osservava le pareti illuminate.
Isabel gli mostrò ogni singolo angolo della scuola, dagli armadietti alle aule
di lingue, dalla sua classe alla palestra, finché non giunsero all’aula
d’informatica.
“Questa invece è l’aula d’informatica! Qui facciamo Internet…e
soprattutto chattiamo!”
“Ti piace chattare?”
“Qualche volta…”
“E qual è il tuo nick?”
“E’ top secret! Non
si può sapere!”
“Immagino che sia qualcosa di sdolcinato!”
“Assolutamente no!” rispose la ragazza volendo fargli capire che non era da
lei.
“Dai forza! Non mi dire che è….Bubu?”
“Te ne ricordi ancora? Comunque non è Bubu…te lo dico, però non devi
ridere!”
“Prometto!” disse lui portando una mano sul cuore ed alzando l’altra.
“Cuore glaciale…” disse Isabel abbassando leggermente la voce e lo
sguardo.
“Cuore…cosa?” chiese Mark.
“Hai capito bene! Non ridere!” disse Isabel corrugando dolcemente la
fronte.
“Come mai proprio questo nick?” chiese Mark incuriosito.
“Perché…è la verità!” disse lei abbassando di nuovo lo sguardo.
“E tu avresti un cuore glaciale!?” disse Mark non essendo d’accordo con
lei.
“Questo è quello che dicono tutti! Ormai mi ci sono così abituata…che
anch’io me ne sto convincendo!”
“Sbagli invece!”
“Invece no! Mi piace che la gente pensi che io sia un pezzo di ghiaccio, che
non provo emozioni…mi fa sentire forte e sicura! Inattaccabile!”
Mark sorrise dell’ingenua descrizione che Isabel aveva fatto di lei, poi si
soffermò su di una finestra che dava sul retro della scuola dove gli sembrò
di vedere un’ombra allontanarsi.
“E tu che nick usi?” chiese Isabel.
“Io…non chatto! Non mi piace “parlare” con una macchina! Già odio il
telefonino figurati un computer!” rispose Mark mentre ancora guardava con
aria disinteressata ma attenta fuori la finestra, per non far preoccupare
Isabel.
Mark subito pensò che potessero essere di nuovo i tre uomini che già avevano
tentato di rapire Isabel, ma allo stesso tempo pensò che potesse essere anche
una sua fantasia…uno scherzo del buio.
“C’è ancora un posto che non hai visto!” disse lei trascinandolo con
se per l’ennesima volta.
“La stanza dei cancellini!?” esclamò Mark, una volta arrivati fuori ad una
porta chiusa.
“Che ne sai di cosa c’è dietro questa porta?” chiese sorpresa Isabel.
“Ecco……ti ho visto la dentro…con Alex…in uno dei tuoi ricordi!”
disse lui tossendo leggermente a voler schiarire la voce.
“Cos’altro hai visto di me?” disse leggermente seccata Isabel.
“Niente di più! È capitato…non è colpa mia! E poi l’hai detto tu che
ormai siamo due libri aperti l’uno per l’altro!” disse Mark a volersi
giustificare.
“Lo so, è vero, scusa! È solo che io non ho visto nulla del tuo
passato…”
“Invece hai visto tutto! Tutto il mio passato era Sarah!”
“Ho visto, purtroppo, solo la sua morte!”
“Ed è l’unica cosa del passato che c’è nella mia testa! Tutti i bei
ricordi sono stati cancellati…ed è rimasto solo il giorno della sua morte!
Ricordo perfettamente ogni minuto, ogni gesto e parola di quella maledettissima
giornata! Il mio passato è tutto lì!” disse Mark con gli occhi
improvvisamente lucidi.
“Mi dispiace…non volevo…” cercò di dire Isabel.
“Non volevi farmi ricordare? Non è colpa tua! Ci penso sempre e comunque!”
le disse Mark appoggiandole dolcemente le mani sulle spalle e guardandola
teneramente.
“Quindi sai anche a cosa serve questa stanza?” disse lei sorridendo
forzatamente cercando di cambiare discorso.
“Deduco che non ci si puliscono solo i cancellini!”
“Già!” sorrise lei.
“Tra un po’ è l’alba! Torniamo al Crashdown?” disse Mark.
“Sì” disse Isabel che poggiò la sua mano sulla parete “spegnendo” la
luce azzurrina.
Isabel rimase per un attimo soprappensiero, e quando Mark le poggiò la mano
sulla spalla a volerla invitare ad andare via, lei si girò di colpo, cogliendo
di sorpresa Mark….ed anche se stessa, baciandolo.
Le loro labbra si sfiorarono dolcemente, quasi fossero impauriti entrambi di
farlo! Finalmente erano un tutt’uno non solo nei pensieri ma anche nelle
emozioni…e per qualche istante anche fisicamente! Dopo qualche secondo, in
cui i loro respiri si fermarono, si “separarono” dolcemente come si erano
poco prima uniti.
Entrambi non dissero nulla, Mark l’abbracciò ed abbracciati uscirono dalla
Roswell High, mentre all’orizzonte il sole stava per mettere un velo su
quella lunga e indimenticabile notte.
Una cosa di cui non si accorsero i due ragazzi, fu che quando si baciarono, il
ciondolo che Mark aveva donato ad Isabel, nascosto sotto il maglione di Isabel,
si era illuminato di una forte luce rossa, e rimase così per tutto il tempo in
cui i due ragazzi erano rimasti uniti nel bacio.
Giunti al Crashdown prima di entrare Isabel si fermò davanti alla porta,
dicendo:
“Prima di entrare…ti vorrei chiedere una cosa!”
“Spero che non sia lunga…perché sto dormendo in piedi!” disse lui
sbadigliando.
“Stavo pensando a quello che è successo tra noi! Insomma…voglio dire…da
adesso in poi cambierà qualcosa?”
“Sarebbe meglio dormirci sopra! Domattina ne riparleremo!”
“Perché non adesso?”
“Perché non voglio rovinare quel dolce momento con tante parole inutili! Ne
parleremo domattina! Ok? Però ti prego adesso andiamo a dormire!”
“Ok!”
Entrarono in silenzio, e si sedettero ad uno dei tavolini dove gli altri erano
già avvolti in un sonno profondo. Rimasero uno stretto all’altro, con Isabel
appoggiata sulla spalla di Mark che dopo po’ si addormentò, cullata in
quello stato misto a gioia e confusione.
Il mattino
seguente tutti erano stati svegliati da caffè e brioche calde, tutti
sembravano più meno svegli tranne Isabel e Mark che sembravano due zombie
avendo dormito solo due ore.
“Ragazzi! Io e Liz stavamo pensando che magari tutti insieme potevamo andare
via per qualche giorno! Magari andare in campeggio o da qualche altra parte!
Che ne dite?” chiese Max mentre tutti erano seduti al tavolo.
“Io sono d’accordissima! Possibilmente stiamo lontani anche un mese
intero…così evito di dover recitare la parte della figlia felice al
matrimonio di mia madre!” disse leggermente contrariata Maria.
“Con chi si sposa?” chiese Tess incuriosita.
Qui rispose Liz vedendo l’aria disgustata sul volto di Maria.
“Con lo sceriffo Valenti! Tra due settimane…”
“Due settimane? Come mai così d’improvviso? E ci sarà anche Kile?”
chiese Tess sperando in una risposta positiva, dato che non vedeva Kile da
ormai quattro mesi, da quando cioè si era trasferito a Birningham.
“Perché sono stati travolti dal vento della passione! Che li ha
completamente rimbecilliti! Comunque non lo so se Kile ci sarà…non è certo
tra le mie principali preoccupazioni!” rispose con sarcasmo Maria.
“Spero che non dovrò vestirmi in smoking!?” disse scherzosamente Michael
mentre si versava del caffè.
“Non preoccuparti! Non avrò voglia di ridere in quel giorno!” disse fredda
e ironica Maria.
“Ok…Maria abbiamo capito che è d’accordo! E voi?” disse Max
rivolgendosi agli altri ragazzi.
“Per me va bene!” rispose Tess.
“Idem!” fece eco Isabel mentre stava dando un morso ad una brioche.
“Michael?” chiese Max rivolto all’amico.
“Mi sta bene!” rispose risoluto.
“E Alex?” chiese Maria.
“Non credo che avrà voglia di venire!” disse Isabel abbassando lo sguardo
quasi avesse un senso di colpa. Tutti rimasero per qualche istante in silenzio,
capendo che tra i due ragazzi le cose non andavano più bene come una volta.
“Mark?” disse Liz notando che tra i presenti era l’unico che ancora non
aveva aperto bocca.
“Io preferirei restare qui a Roswell!” disse lui freddamente senza nemmeno
alzare lo sguardo, soprattutto per non incrociare lo sguardo di Isabel che
l’aveva guardato sorpresa.
“E’ tornata la corrente!” esclamò Maria con voce allegra, vedendo che le
luci dello stereo si erano accese.
“Anche i telefonini…hanno ripreso a funzionare!” notò Isabel prendendo
il suo cellulare dalla tasca.
“Tutto è tornato alla normalità!” esclamò Max dirigendosi verso il
televisore per vedere se si parlasse dell’episodio della notte.
“E veniamo adesso al singolare caso che ha colpito questa notte la piccola
cittadina di Roswell, nel New Messico. Molti hanno giurato di aver visto un
immensa luce dorata avvolgere la città, cosa che ha portato all’interruzioni
delle comunicazioni e della corrente….la città è rimasta isolata per quasi
10 ore, in cui molte ipotesi hanno preso piede! Tra le più strane e
bizzarre…quella di un attacco alieno alla città! L’esercito ha voluto
comunque garantire un controllo accurato di tutta la zona circostante, inviando
alcune truppe di soccorso, che avranno il compito di indagare sull’accaduto.
Molti esperti hanno però già parlato di un campo magnetico sprigionato dal
passaggio di una cometa non visualizzata dai sofisticati mezzi della NASA, come
già dichiarato dalle autorità locali. Passiamo adesso alle notizie
sportive…” qui Max spense la TV andandosi nuovamente a sedere.
“E’ per questo che volevate andare via da Roswell?” chiese Mark capendo
il motivo di quell’improvvisa decisione.
“Anche!” esclamò Max.
“Mi dispiace di crearvi tutti questi casini! Va bene…ci penserò! Voi
organizzatevi…vi faccio sapere stasera!” disse Mark alzandosi ed avviandosi
verso l’uscita.
“Mark? Dove vai?“ chiese con apprensione Tess.
“A casa! Prima di andare all’Ufo Center ho bisogno di fare una doccia! A
dopo…” disse lui affrettandosi ad uscire.
Isabel rimase delusa dal fatto che Mark non le avesse detto nulla, o magari
dato un bacio sulla guancia o qualsiasi altra cosa che la facesse sentire
importante per lui.
Piano piano anche Max, Michael, Maria e Liz iniziarono la loro giornata
lavorativa, rimasero solo Tess ed Isabel.
“Avete fatto le ore piccole stanotte, eh?” disse Tess sorridendo.
“Sì…” rispose poco convinta Isabel.
“Sì!? Tutto qui?” esclamò un po’ delusa Tess.
“Non è successo nulla!” precisò subito Isabel.
“Eppure stamattina quando vi abbiamo svegliato non sembrava! Eravate così
appiccicati che sembravate un tutt’uno!” disse Tess unendo le sue mani a
voler mimare il suo pensiero.
“L’apparenza a volte inganna!” disse Isabel mentre si strofinava gli
occhi ancora un po’ assonnati.
“L’apparenza…sì! Ma non voi due!” insinuò ancora Tess.
“Tess! Non è successo nulla! Ficcatelo in quella testolina dura!” disse
Isabel scandendo ogni singola parola, poi alzandosi ed andando via.
“Che fai mi lasci anche tu sola?”
“Ho bisogno di dormire su di un letto decente! Vado a casa!” rispose Isabel
salutandola con la mano.
“Come no!” disse Tess a bassa voce mentre osservava Isabel andar via,
volendo insinuare che Isabel voleva andare a casa solo per parlare con Mark e
non certo per dormire.
Ed infatti giunta a casa Evans, Isabel cercò subito Mark in ogni angolo della
casa, ma non riuscì a trovarlo, e stesasi per un attimo sul letto, si
addormentò, svegliandosi solo a sera inoltrata.
“Isabel…Isabel! Svegliati! È ora di cena…dai!” disse Tess separando
bruscamente Isabel dai suoi sogni.
Appena aprì gli occhi chiese a Tess che ore fossero e la ragazza le rispose
che erano le 9 di sera, dopo qualche altro istante le chiese anche di Mark:
“Mark è già tornato?” disse strofinandosi gli occhi.
“Veramente Mark è tornato a casa sua!” rispose abbassando lo sguardo Tess.
“Che cosa? Perché? Quando?” chiese Isabel alzandosi dal letto.
“Sì…oggi pomeriggio prima di tornare al lavoro è passato ed ha preso le
sue cose….tranne l’auto che ancora non partiva! Ha ringraziato i tuoi
genitori per l’ospitalità ma ha detto che adesso che era guarito non voleva
dare oltremodo fastidio.”
“E perché non mi avete svegliata?” chiese Isabel leggermente adirata.
“Lo stavo facendo! Poi Mark ti ha visto addormentata, mi ha chiesto di non
svegliarti! È rimasto per una decina di minuti seduto affianco al tuo
letto…e poi è andato via!”
“Tess dovevi svegliarmi!” disse Isabel rimproverando l’amica.
“Ehi…calma! Non è mica partito per l’Europa! Domani mattina lo
rivedrai…è solo tornato a casa sua!” disse Tess ostentando calma
all’amica.
Isabel dal canto suo con lo sguardo perso fuori la finestra, sentendo le
ragionevoli parole di Tess, si rese conto di aver fatto una tragedia per nulla,
l’avrebbe rivisto il mattino seguente, non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Il mattino
seguente Isabel uscì di buon ora, passò al Crashdown prese delle brioche
calde ed un caffè ed andò all’Ufo Center.
Sapeva che avrebbe trovato solo Mark, era il suo turno.
“Buongiorno lavoratore!” disse la ragazza entrando in silenzio nel centro
ed avvicinandosi al ragazzo, che impegnato a mettere insieme uno dei tanti
manichini d’alieno, non si era accorto del suo arrivo.
“Buongiorno principessa!” rispose Mark incrociando per un breve attimo il
suo sguardo con quello di Isabel, per poi ritornare “all’autopsia del
manichino”.
“Hai già fatto colazione?”
“Non ancora…ma a quanto vedo, ci hai pensato tu!”
“E chi ti ha detto che sono per te!”
“Sesto senso!” rispose lui sorridendo.
“Non te li meriteresti! Visto che ieri te ne sei andato senza nemmeno
svegliarmi!”
“Eri così carina mentre dormivi…che ho preferito non svegliarti!”
“Che bisogno c’era di andarsene così in fretta? Non potevi restare ancora
qualche giorno?” chiese la ragazza con aria imbronciata.
“Che bisogno c’era di restare ancora? I patti erano che io sarei rimasto
fin quando la spalla non fosse guarita completamente….e come ben sai….è
guarita! Non volevo approfittare ancora della vostra ospitalità!”
“Ok…ho capito! A volte parlare con te è tempo perso!” disse la ragazza
appoggiando sul tavolo le brioche ed il caffè.
“Dai vieni a mangiarle finché sono ancora calde! Cosa hai deciso riguardo
alla “vacanza”?”
“Non partirò con voi! Preferisco restare qualche giorno chiuso in casa…a
riflettere!” rispose Mark smontando subito la domanda di Isabel.
D’improvviso squillò il suo telefonino, Mark osservò con sorpresa il numero
che comparve sul display e dopo essersi chiesto chi
mai potesse essere, rispose.
“Pronto!”
“Mark? Ti ricordi di me?” chiese la voce dall’altro lato.
“Non proprio!”
“Sono Jeremy…Jeremy McCanzy…”
“Ehi Jeremy! A cosa devo questa chiamata?” chiese un’ancora più sorpreso
Mark
“Avrei bisogno di parlarti! Sono qui a Roswell…e pensavo che magari
potevamo incontrarci…è importante!”
“Capisco! Conosci il Crashdown?”
“Certo!”
“Bene ci vediamo lì tra un ora…ok?”
“Va benissimo a tra poco!”
Mark rimase sorpreso da quella chiamata, prima di tutto perché nessuno sapeva,
a parte il padre, che lui era lì a Roswell, e poi anche perché questo Jeremy
era sì un suo amico, ma non certo di quelli che si facevano 1000 km per
incontrarti.
Giusto dopo un’ora Mark incontrò al Crashdown, Jeremy. Il locale nonostante
tutto era tornato alla normalità dopo l’episodio di due notti prima, era
quasi vuoto. C’era solo questo Jeremy McCanzy, un tipo dall’aria
trasandata, con dei capelli rasati e con dei grossi occhiali da sole che gli
coprivano gli occhi.
“Ciao Mark! Come te la passi?” disse lui scattando in piedi e porgendogli
la mano non appena vide Mark.
“Bene! Ma evitiamo i convenevoli…dimmi chi ti ha detto che ero qui…e
perché sei qui!” disse Mark con fare deciso, stando in piedi davanti al
tavolo con le mani in tasca.
“Siediti!”
“Vado di fretta!” rispose freddo Mark
“Mark ho bisogno del tuo aiuto! Per favore siediti.” disse lui sedendosi.
Mark prima di sedersi guardò verso il bancone dove Liz e Maria prese dalle
loro mansioni di tanto in tanto volgevano incuriosite lo sguardo verso il
tavolo dei due ragazzi.
“Ok! Ma fa in fretta!” disse Mark sedendosi.
“E’ parecchio che non ci vediamo!” disse lui volendo aprire un dialogo.
“Sono solo 5 mesi!” rispose seccamente Mark volendo tagliare corto.
“Senti Mark…mi è andato male un affare…ed ho bisogno di un prestito!”
disse lui tutto d’un fiato esponendo il motivo per cui l’aveva cercato.
“Un affare!? Li conosco i tuoi affari!” disse Mark ironicamente.
“Lo so che non ti sono mai andati giù! Ma ho bisogno di soldi…molti
soldi!”
“Quanti?”
“100.000 dollari!”
“100.000 dollari? E credi che io ti dia tutti questi soldi…tu sei un
pazzo!” disse Mark ridendo nervosamente davanti all’assurdità della
richiesta del suo interlocutore.
“Mark…ho bisogno di quei soldi! Ti prego! Ne va della mia vita!”
“Non faccio beneficenza!” gli rispose Mark movendosi per alzarsi.
“Fossi in te la inizierei a fare!” disse Jeremy prendendolo con violenza
per un braccio.
“Cos’è una minaccia?” chiese Mark guardandolo fisso negli occhi.
“Dipende solo da te! Ma credo che a qualcuno farà piacere sapere che quello
che è successo qui a Roswell due sere fa è opera tua!”
“Che cosa vuoi dire? Stai farneticando!” disse Mark mantenendo una
freddezza encomiabile.
“Credo invece che all’FBI non la penseranno così…quando gli racconterò
che sei un alieno!” disse lui con arroganza.
Mark rimase in silenzio ad osservarlo con decisione, poi rendendosi conto che
le minacce di Jeremy avevano un fondo di verità, decise la linea da seguire.
“Vuoi raccontarlo all’FBI? Fallo! Non te lo impedirò certo io! Se credi
che io abbia paura…ti sbagli di grosso! Sono pronto a scommettere che quello
a cui devi i soldi non ti farà nemmeno arrivare ad un telefono!” disse Mark
alzandosi e allontanandosi.
“Per te non hai paura? E per la biondina? Anche lei sa fare giochetti
interessanti!” esclamò ad alta voce Jeremy in preda alla disperazione
vedendo sfumare la sua ultima chance.
Mark che era quasi arrivato all’uscita si fermò di colpo, restò così per
qualche istante, di spalle con le mani sempre nelle tasche della giacca di
pelle, mentre ancora riecheggiavano le parole di Jeremy nelle sue orecchie.
Mark si voltò verso Liz e Maria che sorprese da quello che avevano sentito, e
capendone il senso, lo guardavano impaurite, alternandosi con gli sguardi a
Mark e ad altri clienti da poco entrati che avevano ascoltato le parole di
Jeremy.
Dopodiché ritorno al tavolo e dirigendosi direttamente al lato dove era seduto
Jeremy, lo prese con violenza facendolo alzare.
“Non so cosa ti hanno detto su di me, o cosa hai visto! Non so cosa hai in
mente! Non so chi ti ha mandato qui! Ma sta lontano da Isabel o quanto è vero
il Dio non avrai tempo di batter ciglio…che sarai al creatore!”
“Mark! Non è minacciandomi che risolverai il problema!”
I due restarono in silenzio ad osservarsi, poi Mark abbassando lo sguardo in
segno di resa, lasciò la presa lasciandolo cadere sulla panca.
“Perché dovrei fidarmi di te? Chi mi assicura che una volta che avrai i
soldi in tasca non andrai a spifferare tutto all’FBI?”
“Perché sono un tuo amico!”
“Bel modo di dimostrarlo!”
“Mark ti propongo uno scambio!”
“Cosa? Il tuo silenzio in cambio di soldi?”
“No! Come credi che abbia saputo chi sei in realtà?”
“Non ho la sfera di cristallo! E non mi piacciono gli indovinelli!”
“Vedi qualche mese fa un mio “collaboratore” è stato coinvolto in una
sparatoria, e casualmente ci ha rimesso le penne un agente della CIA!”
“E allora?”
“Una volta fatto sparire il corpo…sono entrato in possesso degli oggetti
che portava con se: un cellulare, il distintivo, una pistola…ed un computer
portatile!”
“Ti seguo e allora?” chiese Mark non capendo cosa volesse dirgli Jeremy.
“Il computer portatile contiene molte informazioni che per me sono
spazzatura…ma che a te potrebbero essere molto utili!”
“In che modo?”
“Quel computer contiene informazioni su tutta la tua vita…e grazie a quelle
informazioni che ho saputo che eri qui a Roswell! Sanno tutto di te……tranne
la cosa più importante…di cui sospettano solo…”
“Che sono un alieno?” disse Mark abbassando la voce.
“Esattamente! Ma ti stanno addosso…ad un tuo minimo errore loro saranno lì
a farti pagare le conseguenze. Pensa cosa sarebbe potuto succedere se due sere
fa al posto mio ci fosse stato qualcuno di loro! Non puoi immaginare lo stupore
che ho provato quando mi sono ritrovato la tua scheda personale davanti……e
quando ho visto di cosa sei capace…”
“Cos’altro c’è in quel computer?” disse Mark a non voler aprire il
discorso “alieni”.
“Oltre a te…ci sono informazioni sulla biondina…mi sembra che si chiami
Isabel, giusto? Sul fratello…e su altri due ragazzi di cui non ricordo il
nome….ma che sospettano che siano lo stesso alieni! Inoltre ci sono
informazioni anche su quelle due cameriere e su di un certo Whitman!” disse
Jeremy indicando Maria e Liz che erano prese nel servire i clienti.
“Mi stai dicendo tutte cose che già so!” disse freddamente Mark.
“Ma ci sono anche altre informazioni! Su un certo Nasedo….ed alcune
navicelle e su dove si trovano!”
“Nasedo?” chiese sorpreso Mark nel sentire quel nome
“Esattamente!” rispose lui con l’aria di chi sa di aver toccato un
argomento d’interesse.
“E fammi capire! Tu hai acceso quel computer e come per magia ti sono uscite
tutte queste informazioni? Niente password!? Niente misure di sicurezza!?”
“Magari! Ci sono volute tre settimane per decifrare la password d’accesso!
Inoltre c’era un dispositivo di auto-formattazione, che permetteva, dal
computer centrale della CIA, oltre che di identificare il luogo in cui si
trovava il computer, anche di formattare tutte le informazioni in esso
contenute! Ho dovuto fare un lavoraccio per disattivarlo e rimuoverlo!”
“Ok…mi hai convinto! Voglio quel computer…ma se è così “ricco di
informazioni” come dici…perché mi hai chiesto solo 100.000
dollari?…potevi chiedermene il doppio o il triplo!
“Te l’ho detto! Perché
sono tuo amico! A me servono solo quei 100.000 dollari……per te non sono
nulla……ma per me sono la vita!”
“Ed io ti ho detto che hai uno strano modo di dimostrarlo! Non ti vedo da
mesi, poi d’improvviso piombi qui a Roswell…mi chiedi 100.000 dollari…io
te li rifiuto e tu mi minacci! Secondo te è un comportamento da amico?”
“Tu non hai mai mandato giù il mio modo di fare soldi…non potevo chiederti
i soldi e basta….avevo bisogno di qualcosa che ti “costringesse” a
farlo!”
“Costringesse!?”
“Beh sì…insomma hai capito in che situazione sono, no?”
“Ok! Entro domani sera procurerò i soldi! Qualcun altro è a conoscenza di
quello che c’è in quel computer?”
“No! Solo io! Ci incontriamo qui?”
“No! Ti chiamerò io e ti dirò dove venire!” disse lui dopo aver guardato
verso Liz e Maria, che di tanto in tanto guardavano incuriosite verso i due
ragazzi.
“Ok aspetto una tua chiamata allora!?”
“Vai tranquillo!” rispose Mark sedendosi al tavolo mentre Jeremy usciva
furtivamente dal locale.
Preso chissà da quali pensieri Mark uscì poco dopo dal locale, senza nemmeno
rispondere al saluto di Liz e Maria che si guardarono sorprese e preoccupate
per l’atteggiamento del ragazzo. Ecco perché decisero di raccontare tutto a
Max ed Isabel che da lì a poco sarebbero arrivati al Crashdown.
“E adesso dov’è Mark?” chiese Max.
“Non lo sappiamo è uscito poco dopo il suo amico, aveva una faccia molto
preoccupata…non ha nemmeno risposto al nostro saluto!” disse Maria mentre
serviva un cliente al bancone.
“Chi altro sarà questo ragazzo?” chiese visibilmente preoccupata Isabel.
“Tranquilla! Dev’essere qualche suo amico…”
“Hai sentito quello che ha detto Maria, no? Il loro incontro tutto sembrava
tranne che amichevole! E poi ho una brutta sensazione!” disse Isabel
stringendo forte tra le mani un bicchiere d’acqua.
“Mark ha già dimostrato di sapersela cavare da solo! Non preoccuparti!”
“No, Max! Ho bisogno di parlargli!” e così dicendo Isabel uscì come una
furia dal Crashdown, mentre invano Max cercava di chiamarla a se.
Isabel giunse in pochissimo tempo a casa di Mark.
Bussò con forza più di una volta, finché Mark non le aprì.
“Che succede?” chiese Mark vedendo la faccia preoccupata di Isabel e la sua
fretta nel farsi aprire.
“Dimmelo tu!” rispose di getto Isabel.
“Cosa dovrei dirti?” rispose non capendo Mark.
“Chi era il tipo con cui hai parlato al Crashdown?”
“Un’amico!” rispose risoluto chiudendo la porta.
“Liz e Maria m’hanno detto che stavate quasi venendo alle mani…”
“Liz e Maria esagerano sempre!”
“Mark credi che sia una stupida?” disse mentre i suoi occhi cadevano su di
una borsa di pelle poggiata davanti al divano e da cui s’intravedeva
chiaramente un mazzetto di dollari.
“E questi?” disse lei indicando la borsa mentre si avvicinava al divano.
“Sono soldi!” rispose freddamente il ragazzo.
“Lo vedo! E sono anche un mucchio di soldi! Quanti sono? 80…100.000
dollari? Quanto?Che ci devi fare?” chiese preoccupata Isabel.
“Se permetti questi sono fatti miei!”
“Mark ti sei cacciato in qualche guaio?”
“Vedo che come tutti gli altri hai molta fiducia in me!” disse lui mentre
si abbassò a chiudere la borsa.
“Non cambiare discorso!”
“Non lo sto facendo! E solo che non capisco perché ogni cosa che faccio io
deve essere per forza una stronzata! Vuoi sapere a cosa servono questi soldi?
Bene…me li ha chiesti un amico, ed io ho deciso di prestarglieli….punto!
Nessun mistero…o complotto!”
“A questo punto sei tu che non ti fidi di me, se pensi queste cose!”
“Senti io non sto pensando nulla! Ti sto solo dicendo che un amico mi ha
chiesto un piccolo prestito, cosa che posso permettermi e che ho deciso di
fare! I soldi sono miei e ci faccio ciò che mi pare!”
“Credi che io sia qui, preoccupata per i tuoi stramaledettissimi soldi? Io me
ne frego dei tuoi soldi! Puoi farne quello che vuoi! Bruciarli o buttarli dalla
finestra….per me è la stessa cosa! Io mi preoccupo di te!” disse lei
poggiando una mano sulla fronte tenendo su i capelli che le coprivano il viso.
“Fammi capire una cosa! Secondo te uno che non vedi da una vita, si ricorda
d’improvviso che esisti…ti fa un po’ di ciance, ti chiede una marea di
soldi …per poi sparire di nuovo……perché succederà e tu dentro di te lo
sai meglio di me, lo sento! Uno del genere….per te è…un amico?! Mentre chi
ti sta vicino, si preoccupa per te…magari non ci dorme la notte per
capire…che cavolo ti passa per la testa…o perché non sa dove sei! Tu che
fai? Lo consideri un nemico…lo eviti!” continuò in preda alla rabbia
Isabel.
“Hai mai pensato che io non voglia che qualcuno mi capisca? Magari se tutti
la smetteste di voler capire per forza cosa mi passa per la testa…sarebbe più
facile farlo! Hai ragione quel tipo non è un mio amico! I miei amici mi hanno
voltato le spalle uno alla volta…non so se perché gli facevano schifo i miei
soldi…o perché ho fatto morire Sarah…o perché non mi ritenevano alla loro
altezza…e quei pochi che mi sono rimasti vicino…li ho allontanati io!”
“Allora non erano tuoi amici! Ma adesso c’è chi ha bisogno della tua
amicizia…come ne hai bisogno tu!”
“No…Isabel…io non ho bisogno di nessuno! Ho solo bisogno di dar tregua
alla mia coscienza!”
“E vuoi comprarla la tua tregua? Ed ogni volta che arriverà qualcuno dal tuo
passato che farai? Gli darai dei soldi? Sperando poi che non si ripresenti più?”
“Se potrò farlo….lo farò! Io non potrò mai cambiare il mondo…ma i
soldi lo potranno sempre fare!” disse lui molto amaramente.
“E’ assurdo! Non è possibile che quello che ho davanti in questo momento
sia lo stesso Mark di ieri sera! Come fai ad avere due personalità così
diverse!? Come fai ad essere così cinico…così…”
“Questo dimostra che non mi conosci! Che nessuno mi conosce!”
“No questo dimostra solo quanto sei stupido! Ed io che credevo……e mi sono
anche…ma lasciamo perdere…” farfugliava confusamente la ragazza in preda
ai nervi mentre stava uscendo dall’appartamento del ragazzo.
“Cosa……?” chiese Mark mentre guardava distaccatamente uscire Isabel da
casa sua
“Mi sono innamorata di te! Che stupida vero?” disse lei sbattendo con
violenza la porta.
Mark rimase in silenzio e corrugando la fronte guardò fuori dalla finestra.
Quella piccola ruga sulla fronte lo faceva sembrare vecchio di almeno dieci
anni.
Il giorno
seguente passò in fretta, e la sera Mark e Jeremy si incontrarono al solito
piccolo rialzo fuori Roswell, lontano da occhi indiscreti.
Jeremy nervosamente prese dalla tasca un accendino placcato in oro, che quando
si apriva emetteva una piccola melodia, per accendere una sigaretta.
“Bello quell’accendino!” esclamò Mark notando l’oggetto.
“Sì…è vero! È un regalo!” disse lui togliendosi per un attimo la
sigaretta appena accesa dalla bocca.
“Vuoi una sigaretta?” chiese Jeremy a Mark.
“No, grazie! Dovresti saperlo che il fumo t’uccide un po’ alla
volta…” disse Mark a volerlo far desistere dal fumo.
“Se non starò attento, non sarà certo il fumo a farmi morire!” esclamò
lui sorridendo nervosamente.
“Come posso darti torto!” esclamò con aria distaccata Mark.
“Li hai portati i soldi?” chiese Jeremy mentre faceva profonde boccate alla
sigaretta.
“Eccoli!” disse Mark prendendoli dall’auto di Liz, che la ragazza gli
aveva prestato, visto che la sua auto era a casa Evans, e Mark voleva evitare
di incontrare Isabel.
“Ed ecco il tuo computer!”
“Non ti offenderai mica se guardo il contenuto di questo computer!?” disse
Mark accendendo il piccolo portatile.
“No! È lo stesso con me per i soldi, no?” chiese Jeremy aprendo la borsa
con i soldi.
Mark fece un gesto con la faccia a voler dire che approvava senza problemi.
Appena acceso il computer, uscì lo stemma della CIA, che già Mark aveva visto
altre volte. Visionò velocemente il contenuto e resosi conto che tutto ciò
che aveva detto Jeremy su di lui e gli altri alieni era vero lo richiuse
velocemente portandolo in macchina.
“Ok! Credo che entrambi avremo da fare stasera….quindi ci salutiamo
Mark!” disse Jeremy porgendogli la mano.
“Jeremy……cerca di star lontano dai casini! È finito il tempo in cui ci
sentivamo invincibili…”
“Tranquillo Mark….ci tengo alla pelle! In bocca al lupo!” disse lui
saltando in macchina ed allontanandosi velocemente.
“Crepi……” disse stretto tra i denti Mark, sapendo che la “promessa”
fattagli dall’amico di stare lontano dai guai era fiato sprecato.
Mark non appena ebbe tra le mani il computer corse a casa sua per poterne
visionare in tranquillità il contenuto.
Come gli aveva detto Jeremy il computer conteneva una serie impressionante di
informazioni su di lui, e su Isabel, Max, Michael, Tess e gli altri. Tutte le
schede dei ragazzi erano accompagnate anche da una serie di foto, ed una su
tutte attirò la sua attenzione. Una foto in cui c’era lui da bambino con il
padre e la madre, e il volto della madre era cerchiata di una linea rossa. Non
gli diede peso più di tanto, preso com’era a leggere quante più
informazioni possibili.
L’archivio informazioni era tenuto in ordine cronologico, allo stesso modo di
un diario. Le prime informazioni che furono inquadrate furono quelle più
recenti.
Mark lesse quelle “pagine” con voracità, e capì che la CIA seguiva
realmente ogni suo minimo spostamento. C’era scritto tutto con date e orari,
c’era scritto del suo arrivo a Roswell, dell’affitto
dell’appartamento….praticamente tutto. Passò quasi due ore a leggere, ed
arrivò fino ad un punto in cui si accennava ad un possibile rapimento di
Isabel cosa che poi si stava avverando, se Mark non fosse intervenuto.
D’improvviso ebbe un intuizione, e dal menù cercò il 14 agosto di due anni
prima, ed una volta aperta la pagina, ed dopo aver letto per somme righe, trovò
conferma alla sua intuizione.
In quella pagina c’era scritto della morte di Sarah ed anche della strana
scomparsa dei tre agenti che avevano rapito la ragazza.
Lesse attentamente ogni riga, quei terribili momenti erano descritti con una
precisione quasi maniacale, in ogni piccolo particolare, come se chi l’avesse
scritto avesse registrato tutto ed avesse rivisto mille volte la scena. Un
po’ come quello che succedeva a Mark nei suoi sogni.
Mark si soffermò su di un analisi finale che l’agente aveva fatto: “il
soggetto non ha mostrato di possedere alcun potere, ne natura aliena. Anche
l’ultimo test ha dato esito negativo. La morte della ragazza non ha portato
nessun frutto. Abbiamo inoltre ripetuto più volte gli esami sui campioni di
sangue e tessuto del soggetto ma il risultato è sempre lo stesso: non positivo
al test di NAC (natura aliena confermata). Ci sentiamo quindi di escludere che
il soggetto possa essere un EBE (entità biologica extraterrestre)
C’è però da segnalare, che sul luogo dell’ultimo test è apparso anche il
tenente Ed Harding, capo dei reparti di sorveglianza dell’esercito.
Il suo arrivo ha influito in piccola parte al non riuscire del test.
Inoltre si segnala una forte luce dorata che ha avvolto la zona circostante, e
alla cui scomparsa è stata registrata l’inspiegabile sparizione dei tre
agenti inviati sul luogo. In virtù di questo episodio e in considerazione del
fatto che il soggetto (Mark Willis figlio del tenente colonnello Jim Willis,
direttore generale della zona Nord Est della CIA) è risultato negativo a tutti
i test NAC, si suppone, ma è molto di più di un sospetto, che Ed Harding,
possa essere un EBE e che sia stato la causa di quell’improvvisa luce dorata,
e che sia nello specifico Nasedo, l’alieno scappato dalla base di Forth Worth
nei mesi seguenti allo schianto del 3 luglio del ’47, di cui inoltre il
nostro “agente speciale” ci ha parlato.”
Mark rimase sorpreso da ciò che aveva letto, lo rilesse altre volte, mentre
con la mente ripercorreva quel tempo trascorso.
“Nasedo…è…Ed Harding! Colui che si è preso cura di Tess…” disse tra
se e se Mark.
Il volto di Mark divenne improvvisamente pallido, non appena lesse quel nome
ebbe come un flash che gli fece rivedere la scena in cui Harding gli impediva
di andare in aiuto di Sarah, e un'altra scena in cui sempre Harding scoteva la
testa a volergli dire che Sarah era morta.
“Poteva salvarla…” farfugliò Mark mentre i suoi occhi divennero di colpo
lucidi. Chiuse il computer ed uscì come una furia da casa per dirigersi a casa
Evans per parlare con Tess.
“Ciao Mark…” disse Tess aprendogli la porta.
“Harding è Nasedo?” chiese lui prendendola per le braccia e scotendola
violentemente.
“Ma cosa…mi fai male…” disse Tess spaventata.
“Rispondi! Ti ho chiesto se Harding……è Nasedo!?”
“Sì! Harding è Nasedo!” disse Isabel che era appena arrivata, ed aveva
capito che ormai Mark aveva scoperto la verità. Avrebbe potuto inventare
qualcosa….ma la rabbia che provava nei suoi confronti la portò a dirgli la
verità…quasi a volerlo punire.
A questo punto sentendo quello che voleva sapere, Mark lasciò andare dalla sua
presa Tess e si lasciò cadere appoggiandosi al muro.
“Poteva salvarla……e non lo ha fatto……perché?” diceva tra se e
se…mentre il mondo gli sembrava che stesse girando come un vortice intorno a
lui.
“Mark…non poteva farlo! Se l’avesse fatto….avrebbe messo in pericolo la
tua vita…” cercò di spiegargli Isabel.
“Allora è davvero colpa mia!” esclamò lui portandosi la mano al volto,
per poi passarla tra i capelli, che ricadendo gli coprirono gli occhi lucidi,
mentre ancora teneva lo sguardo basso.
“Mark…” esclamò Tess mentre cercò di avvicinarsi a lui.
“No! Stammi lontana!” esclamò con violenza portando il braccio in avanti,
quasi a volersi coprire.
Mark uscì di fretta e furia dalla stanza, per dirigersi nella stanza di Max in
cerca di qualcosa.
“Mark…dove vai?“ disse Tess seguendolo di corsa, seguita a sua volta da
Isabel.
Tess non ebbe il coraggio di entrare nella stanza, ed allora lo fece Isabel che
gli chiese cosa avesse in mente.
“Cosa vuoi fare?”
Mark non rispose, non degnandola nemmeno di uno sguardo.
“Dove sono le chiavi della mia auto?”
“Che cosa vuoi fare?”
“T’ho chiesto dove sono le chiavi? Me lo dici o devo rivoltare tutta la
casa?”
“Mark calmati!” disse al ragazzo, poi rivolgendosi a Tess disse:
“Tess…chiama Max e gli altri! Digli di venire subito qui! Muoviti!”
“Dove diavolo sono quelle maledettissime chiavi?” ripeté con più rabbia
Mark.
Isabel per evitare che Mark facesse qualche sciocchezza non voleva dirgli
dov’erano le chiavi e cercò di calmarlo, poggiandogli le mani sulle spalle.
“Non toccarmi!” disse lui scostandola violentemente.
“Mark…io ti capisco…” disse lei timidamente.
“Che cosa vuoi capire!? Tu che ne sai di quello che provo? Che ne sai di cosa
è giusto e cosa no? Tu non c’eri, non puoi capire
cosa si prova a veder morire la persona che ami tra le tue braccia senza
nemmeno avere il tempo di portarla in ospedale….senza avere una piccola
speranza di salvarla! Che ne sai? Che ne sai di quello che ho provato quando
l’ho vista uccidere sotto i miei occhi, senza poter intervenire. Che ne sai
di quello che si prova quando tutti ti vengono vicino, ti danno una pacca sulla
spalla e ti dicono che capiscono il tuo dolore….ma che la vita
continua….manco fosse morto un cane! Nasedo poteva salvarla! È morta per
colpa mia!” disse lui con rabbia.
“Tu non c’entri! Cosa vuoi fare adesso? Vuoi punirti? E di cosa vuoi
punirti? Vuoi punirti del fatto che la vita continui….nonostante tu stia
male? O vuoi punirti del fatto che Sarah è morta e invece tu sei ancora qui?
Non puoi continuare a darti la colpa per qualcosa di cui invece non hai
colpa!” disse Isabel cercando di farlo ragionare.
“Cosa vuoi capire tu di quello che voglio adesso! Io non voglio dimenticare
Sarah, come invece hanno fatto tutti….non voglio dimenticare quello che lei
è stata per me!” disse Mark accompagnando ogni sua parola con qualche gesto
delle braccia e delle mani, a voler esprimere ciò che non riusciva con le
parole.
“Ma che perdo a fare tempo con te!” esclamò con disprezzo Mark.
“Si può sapere perché ce l’hai con me adesso?” chiese Isabel nel
tentativo di capire e di fargli perdere un po’ di tempo nella speranza che
Max e gli altri arrivassero in tempo per fermarlo.
“Perché se non l’avessi saputo per pura combinazione ……non lo sarei
mai venuto a sapere….o sbaglio? Di te mi fidavo più degli altri……com’è
brutto sbagliarsi!”
Isabel rimase in silenzio di fronte all’intenso sguardo di Mark, poi cercò
di controbattere:
“Se prendertela con me ti farà sentire meglio…fallo pure! Ma non scappare
dove non potremo aiutarti.”
“Eccole!” esclamò tutto ad un tratto Mark avendo trovato le chiavi della
sua auto, e non mostrando alcun interesse per le parole di Isabel.
Mentre si avviava verso la porta, sentì un forte dolore alla testa, lo stesso
di due sere prima! Cercò di usare i suoi poteri per far passare il dolore alla
testa, chiuse gli occhi e cercò di mettere in pratica ciò che gli aveva
insegnato Tess, per guarirla. Non vi riuscì….era troppo nervoso.
“Al diavolo…questi poteri del cavolo!” esclamò lui con rabbia prendendo
la giacca di pelle ed uscendo come una furia dalla stanza.
“Lascia che ti guarisca io!” disse Isabel seguendolo lungo le scale,
cercando un estremo tentativo di fargli perdere altro tempo.
“Non permetterti di usare i tuoi poteri su di me! Né ora…né mai! Stammi
lontana!” esclamò lui puntandole il dito contro.
Tess intanto stava assistendo a tutta la scena e non ebbe il coraggio di
intervenire.
Mark salì in macchina e la mise in moto, perse però un po’ di tempo perché
gli si annebbiò leggermente la vista.
Isabel allora ne approfittò per salire in macchina.
“Vado con lui! Vi chiamo dopo per dirvi dove siamo!” disse a Tess mentre
correva verso il fuoristrada di Mark.
“Cosa vuoi? Scendi immediatamente!” esclamò con violenza Mark vedendola
salire.
“Non ti lascio solo! Vengo con te…dovunque tu vada!”
“Scendi!”
“NO! Se vuoi andare….dovrai portarmi con te!”
Mark vedendo lo sguardo deciso di Isabel, annuì nervosamente con la testa e
partì senza nemmeno rivolgerle lo sguardo.
Mark prese la statale est 234, che attraversava Dallas, Atlanta e Washington.
Per la prima mezz’ora di tragitto i due ragazzi non si scambiarono una
parola, né tanto meno Mark rivolse uno sguardo alla ragazza che invece lo
osservava attentamente con aria preoccupata vedendo la serietà, mai vista
prima, sul volto teso di Mark.
“Posso sapere almeno dove stiamo andando?” chiese la ragazza senza aver
risposta se non un rapido sguardo.
“Da cosa stai scappando?” chiese ancora lei insistentemente.
“Non sto scappando!” esclamò rabbiosamente lui.
“No? E allora cosa pensi che stai facendo? Prima scappi da Washington…e
vieni a Roswell e adesso che fai scappi anche da Roswell? Scapperai per tutta
la vita?” disse Isabel con l’aria di chi sa di sbattere in faccia un cruda
realtà.
“Ti ho già detto che non sto scappando!” ripeté lui senza togliere gli
occhi dalla strada deserta.
Non ebbe il tempo di finire di parlare che un forte dolore alla testa, gli fece
perdere per qualche istante la vista, e lo costrinse a frenare di colpo
lasciando con le ruote due linee nere lungo l’asfalto, dovuto all’attrito
per l’alta velocità.
“Mark! Che succede?” subito esclamò Isabel avvicinandosi al ragazzo che si
era accasciato sul volante tenendosi stretta la testa tra le mani .
Mark non le rispose cercando di non far trasparire l’insopportabile dolore.
“Lascia che ti aiuti!” disse nuovamente Isabel.
“Ho detto di no!” esclamò prontamente lui.
“Stupido cocciuto!” disse lei sedendosi di nuovo sul sedile ed incrociando
le braccia.
Mark aspettò ancora qualche istante, poi passandosi un braccio sulla fronte si
asciugò il sudore dovuto al dolore, e ripartì.
“Lascia almeno che guidi io!” disse Isabel cercando di raggiungere un
compromesso vedendo che comunque Mark adesso faceva più fatica a guidare e a
trattenere il dolore.
Nessuna risposta, finché dopo un altro centinaio di metri, Mark accostò e le
disse di prendere il posto di guida.
“Adesso puoi dirmi dove stiamo andando?”
“Quando arriveremo lo saprai!” esclamò Mark mentre stava con gli occhi
chiusi a voler esorcizzare il dolore.
“Posso almeno telefonare a Max e gli altri? Saranno preoccupati!”
“Non ti ho mica rapita!? Puoi fare quello che vuoi…basta che non mi sei
d’intralcio!”
“D’intralcio per cosa?”
“Isabel fai troppe domande!” disse freddamente lui.
Isabel fece un cenno di ira con gli occhi e con le mani a voler dire che non
sopportava più quel suo atteggiamento, e dopo aver accostato telefonò a Max.
“Max?”
“Dove siete? State bene? Cos’è successo?”
“Stiamo bene! Siamo sulla statale est 234…all’altezza del 93 km! Credo
che siamo diretti a Washington!” esclamò la ragazza mentre Mark aprì gli
occhi guardandola sorpreso del fatto che la ragazza avesse capito le sue
intenzioni.
“Vi raggiungiamo subito!” esclamò Max.
“Ok!”
“Sta arrivando la squadra di soccorso?” disse ironicamente Mark non appena
Isabel ebbe riposto il telefono in tasca.
Isabel non gli rispose, scotendo solo la testa in segno di disapprovazione al
suo atteggiamento.
Intanto a
Roswell.
“Dove sono?” chiese subito Tess.
“Sono sulla statale est 234 che porta a Washington!”
“Washington? Che va fare a Washington?” chiese Michael.
“Forse vorrà parlare con Oseda…” gli rispose Tess.
“Può darsi! Comunque io vado a Washington!” esclamò Max prendendo le
chiavi della jeep.
“Vengo anch’io!” esclamò Michael.
“No, meglio che resti qui! Starò più tranquillo sapendo che ci sei tu! Vado
da solo!”
“No, vengo io con te!” esclamò Liz guardandolo con l’aria indifesa di un
bambino.
“Ok…dai andiamo!”
I 4 ragazzi si incontrarono ad una stazione di servizio, e Mark non fece certo
i salti di gioia nel vederli.
“Si può sapere che cosa vuoi fare?” chiese Max con tono di rimprovero
verso Mark, appena furono uno di fronte all’altro.
“Quello che voglio fare io non vi riguarda! Non ho bisogno della scorta, né
della babysitter perciò prendete Isabel con voi…e tornatevene a Roswell!”
rispose Mark.
“Non sono un pacco!” puntualizzò con nervosismo Isabel.
“E noi non siamo la tua scorta! Siamo semplicemente tuoi amici…e siamo
preoccupati per te!” puntualizzò Max.
“Amici? Mi sembra una parola un po’ grossa! Se fossimo stati amici mi
avreste detto la verità! Invece ho dovuto saperla da un computer!”
“E adesso cosa vuoi fare?”
“Voglio fare una cosa…che non ho fatto a suo tempo! Se siete veramente miei
amici…lasciatemi da solo…almeno in questo momento! Non farò nessuna
sciocchezza!”
“Mark…siamo tuoi amici! Ma non puoi chiederci di lasciarti solo! Che tu lo
voglia o no…noi tre verremo con te!” disse Liz interpretando alla
perfezione il pensiero di Max ed Isabel.
“Mark…lo so che adesso è difficile farlo…ma fidati di noi! Lasciaci
venire con te!” gli disse Max facendo eco alle parole di Liz.
“Ok!” rispose Mark dopo averci pensato un po’ su.
Nel frattempo Nasedo fu messo a corrente da Tess e Michael di quello che era
successo, e l’alieno subito si mise in contatto con Oseda.
“Oseda! Mark ha scoperto tutto!”
“Che cosa? Com’è successo?”
“Deve essere venuto in possesso dell’ultimo terminale, quello dell’agente
scomparso……ed ha scoperto tutto!”
“Dov’è adesso?”
“Sta tornando lì a Washington, forse vuole parlare con te! Non è solo, ci
sono Max, Liz ed Isabel con lui! Ma è meglio che ci siamo anche noi due! Parto
subito!”
“T’avevo detto che non era una buona idea farlo andare a Roswell! Oltre
alla verità su Sarah ha scoperto qualche altra cosa?” chiese Oseda
preoccupato che Mark scoprisse qualcosa di più grave.
“Non credo! Comunque non dire sciocchezze! Era l’unica soluzione! Ci
vediamo a Washington!”
Intanto i ragazzi avevano intenzione di viaggiare tutta la notte per giungere
il mattino seguente a Washington. Mark aveva ripreso il posto di guida, ed
anche se di tanto in tanto la testa gli faceva male, segno che Eidens stava
cercando di controllare la sua volontà, strinse i denti.
Sia Liz che Isabel lungo il tragitto si addormentarono, e sia Max che Mark
mentre guidavano le rispettive auto, gli lanciavano qualche tenera occhiata, a
volerle accarezzare con lo sguardo.
Ma mentre per Max era naturale farlo, per Mark fu una novità, non perché non
l’avesse mai fatto prima, ma perché non credeva di essersi affezionato così
tanto a quella splendida creatura dai lunghi capelli biondi, dal carattere di
ferro e dagli occhi da bambina.
Questo era quello che attraversava i pensieri di Mark in quella lunga notte di
viaggio. Ogni volta che rivolgeva lo sguardo verso Isabel, vedendola immersa in
un sonno profondo, avvolta nella giacca di pelle che il ragazzo le aveva messo
addosso dopo che lei si era addormentata, riviveva ogni attimo passato con lei.
Dal primo incontro all’Ufo Center, all’episodio dell’aggressione,
dall’aver sfiorato la sua mano nel locale alla chiacchierata nella camera di
Max.
Il rivivere quelle situazioni con il senno di poi, gli fece vedere il loro
rapporto sotto una luce diversa….forse quella stessa luce, sotto cui da un
po’ lo vedeva Isabel.
Lungo il tragitto Mark notò un insegna che indicava un motel, e subito dopo
accostò per poter parlare con Max.
“Isabel è crollata come un sasso! E vedo che è lo stesso anche per Liz! A
500 metri da qui c’è un motel…..che ne dici? Ci fermiamo? Prendiamo due
stanze in una dormiranno Liz ed Isabel ed in un'altra noi due, così ci
riposiamo un po’ anche noi! Il viaggio è ancora lungo!”
“Va bene!…ma Washington?”
“Anche se arriviamo con 6 ore di ritardo, Washington non si muove da lì!”
Max annuì, ed una volta arrivati fecero come aveva detto Mark, presero due
stanze.
“Ok…portiamo dentro le ragazze!” esclamò Max prendendo in braccio Liz.
Mark prese Isabel, lasciandola comunque coperta dalla sua giacca di pelle.
Dopo aver adagiato Isabel sul letto, Mark la guardò con affetto, e con la mano
le spostò la ciocca bionda che copriva i suoi occhi chiusi, e dopo averla
coperta uscì senza far il minimo rumore.
“Vuoi un caffè?” chiese Max porgendogli il bicchiere di plastica.
“Sì…grazie!” rispose lui sedendosi sui due gradini che c’erano appena
fuori la porta della loro stanza.
“Hai voglia di parlare? Magari se non ti senti sicuro di qualcosa…”
“Max io non sono sicuro più di nulla…nemmeno del perché sto facendo
questo casino per tornare a Washington! Se non ti dispiace vorrei stare un
po’ solo!”
Max senza dir nulla entrò in camera lasciandolo da solo su quei gradini, perso
tra i suoi pensieri ed i suoi tanti dubbi.
Resto lì per un ora, continuava ad avere la testa tra le mani, quando
d’improvviso si alzò e si diresse verso la sua auto.
Intanto Isabel si era svegliata, aveva osservato per qualche secondo la
sconosciuta camera del motel, e dopo essersi resa conto che non era più in
macchina di Mark si alzò d’istinto. Osservò con tenerezza, riconoscendola,
la giacca di pelle di Mark che fine quel momento l’aveva tenuta calda.
Si accorse anche della presenza di Liz sul letto di fianco al suo, avrebbe
voluto svegliarla per chiederle perché si trovavano in quel posto, ma vedendo
il sonno profondo in cui era immersa l’amica preferì lasciarla dormire. Si
strofinò gli occhi a volersi svegliare del tutto e dopo aver indossato la
giacca di pelle di Mark uscì dalla stanza, sentiva che Mark era sveglio e lì
vicino.
Vide Mark che lentamente si stava avviando verso la sua auto ed esclamò:
“Stai scappando di nuovo?”
“Sapevo che ti saresti svegliata!” disse Mark fermandosi e senza voltarsi
avendo riconosciuto la voce di Isabel.
“Ed io sapevo che saresti scappato!”
“Insisti ancora con questa storia dello scappare!?”
“Insisto…perché è vero!”
“Isabel torna a dormire! Non mi va di discutere!” esclamò lui sempre di
spalle.
“Tornare a dormire!…Cosa credi che sia? Una bambina? Con cui quando non si
vuole parlare la si mette in punizione o la si manda nella sua camera!?”
“Tu sei la mia coscienza! Ecco perché non voglio parlarti! E poi credo che
sia giusto che io affronti il mio passato da solo! Così come l’ho
vissuto!”
“E cosa c’entra questo viaggio a Washington?”
Mark si voltò e si avvicinò sempre a piccoli passi, verso Isabel.
“Voglio andare sulla tomba di Sarah per poterle portare dei fiori…per
poterle parlare…per poter fare ciò che non ho fatto a suo tempo!”
“Perché non lo hai fatto allora? Perché non sei andato al suo funerale?”
“Perché se ci fossi andato avrei accettato l’idea che era morta! Mentre
invece fino ad adesso ho sempre vissuto con la speranza che quello era solo un
brutto sogno…che lei era partita per un viaggio…e che prima o poi sarebbe
tornata da me!”
“E adesso?”
“Adesso invece ho la consapevolezza che è morta….e che è morta per colpa
mia! Forse hai ragione tu! Sto scappando…e forse lo farò per tutta la vita!
Mi ero illuso che col tempo, e cambiando casa, vita e amicizie…avrei
dimenticato…ma mi ero giusto illuso!”
Isabel ascoltava in silenzio tutto ciò che le diceva Mark, guardandolo con
tenerezza e affetto.
“Dopo la morte di Sarah, cambiai casa e scuola…tagliai di colpo tutte le
amicizie…e cercai di non farmene altre…ma purtroppo non riuscivo proprio ad
essere un pezzo di ghiaccio. Alla Washington High iniziai una nuova
vita…della vecchia mi era rimasto solo il nome e la passione per la musica.
Il mio passato però ben presto rivenne a galla……“un giovane e brillante
musicista con un passato pulp…” questa divenne la mia etichetta. Venne
fuori la storia della morte di Sarah…e furono fatte mille ipotesi,
dicerie…sospetti! Non reggendo più quella situazione, ho deciso di andar via
dalla Washington High…ma la storia sarebbe cambiata per poco! Quando sono
scappato da Washington, non avevo una meta….ma qualcosa mi spingeva a venire
qui a Roswell!”
“Non devi più scappare! Tu non hai colpa…non devi scappare da nessuno e da
nulla!”
“Io scappo per non rivivere la morte di Sarah…per far infangare il ricordo
di una persona che tutti hanno scordato!”
“Mark…non so quanto possa servirti, ma sappi che io ti sto vicino e che
capisco quello che provi! Ma non devi sentirti in colpa per la morte di
Sarah……”
“Sai quello che provo!? Tu hai mai perso qualcuno a cui tenevi veramente? Hai
mai sentito il tuo cuore come stretto in una morsa, che quasi scoppiava dal
dolore?”
“No! Ma stavo per perderla! Ed ho provato anch’io queste
emozioni……quando eri in ospedale sospeso tra la vita e la morte!”
Mark restò sorpreso dalle inaspettate parole di Isabel, potendo solo abbassare
lo sguardo.
“In fondo…hai ragione! Non l’ho uccisa io…...ma non l’ho nemmeno
salvata!” disse lui voltandosi di spalle.
Isabel in silenzio gli si avvicinò e dolcemente lo abbracciò da dietro e
stringendolo forte a se.
Il mattino
seguente di buon ora, i quattro ragazzi ripartirono alla volta di Washington
dove sarebbero arrivati 6 ore dopo.
Arrivarono in una delle tante zone residenziali di Washington, si diressero
verso una zona un po’ fuori mano, e solo quando scesero dalle auto, Liz, Max
ed Isabel si resero conto che era un cimitero.
Si guardarono non certo sorpresi, e seguirono senza fare domande Mark
all’interno del cimitero.
Girarono per vialetti alberati, tutti uguali agli altri, con foto, nomi e date,
e dappertutto regnava una sconfinata desolazione.
Girarono fino a quando non giunsero davanti ad una tomba, dove Mark si fermò.
Rispetto alle altre era una tomba molto più recente e curata, c’erano fiori
freschi e sulla lapide non c’era nemmeno un filo di polvere, segno di una
pulizia giornaliera.
Mark rimase ad osservare per qualche istante la tomba, e lo stesso fecero gli
altri osservando lui da qualche metro di distanza.
Mark poggiò i fiori sulla lapide, restò col capo chino per tutto il tempo,
sembrava che quasi non avesse il coraggio di guardare la foto.
“Mi dispiace! Non ho saputo proteggerti…non ho saputo salvarti! Ma farò
giustizia!” esclamò Mark mentre qualche lacrima gli scendeva lungo il viso.
Dopo queste poche parole si lasciò andare in un profondo pianto coprendosi gli
occhi con la mano, per poi riprendere subito il controllo di se.
Isabel si avvicinò alla tomba, e lesse il nome: Sarah Dengih.
Abbassò lo sguardo e si affiancò a Mark poggiandogli dolcemente una mano
sulla spalla. Il pianto di Mark si fece piano piano più intenso, fino a che
non scoppiò rifugiandosi tra le braccia di Isabel. Pianse come un bambino, ed
Isabel, che lo stringeva forte a se, con lui.
Anche per Liz ci fu qualche momento di commozione, ma quando Max le strinse con
più forza la mano, a volerle far capire che era li al suo fianco e che ci
sarebbe stato per il resto della sua vita, si fece forza per non piangere.
Restarono così per un po’, finché non furono distolti dal rumore di una
campanella, che annunciava la chiusura del cimitero.
Una volta fuori nessuno aveva il coraggio di parlare.
“Torniamo a casa?” chiese Liz.
“Se voi volete andare…andate pure! Io ho una cosa da fare…” disse Mark
“Possiamo venire anche noi?” chiese Max temendo che Mark si potesse
cacciare in qualche guaio.
“Fate come volete…per me non fa nessuna differenza!” rispose il ragazzo
avviandosi lungo una strada semibuia.
Max, Isabel e Liz si scambiarono uno sguardo di intesa e preoccupazione e si
incamminarono seguendo Mark.
Giunsero poco dopo, nel silenzio più totale, fuori ad un disco-pub.
Mark si fermò ed iniziò a guardarsi intorno, mentre Isabel vedendo la zona un
po’ malfamata si affiancò a lui.
“Perché siamo venuti qua?” chiese la ragazza.
“Perché volevo rivedere questo posto! Ci ho passato la mia
adolescenza……ed in due anni è cambiato tantissimo….” rispose Mark
mentre cercava di notare qualche somiglianza con il luogo che aveva lasciato
due anni prima.
“Entriamo?” chiese Max avvicinandosi con Liz ai due ragazzi.
Mark fece cenno di sì con la testa andando avanti.
Una volta dentro presero posto in uno dei tanti tavoli liberi, e mentre Liz ed
Isabel scrutavano il menù cercando qualcosa di decente da mettere sotto i
denti, Mark era assorto in chissà quali pensieri, mentre Max lo osservava con
crescente preoccupazione.
L’attenzione dei quattro ragazzi fu attirata da un violento rumore dovuto
alla rottura di un tavolo su cui cadde un ragazzo, che non appena si rialzò fu
colpito nuovamente da un altro ragazzo che indossava una giubba di pelle, e che
aveva tutta l’aria di un cercabrighe.
Mark scattò in piedi esclamando un nome, e dirigendosi verso di lui.
“Andy!”
“Mark aspetta….” disse Isabel cercando di trattenerlo per un braccio, ma
Mark era già andato.
Max lo seguì subito a ruota, incurante del richiamo di Liz e della sorella,
che si erano alzate in piedi e che con apprensione osservavano gli sviluppi
della situazione.
“Ti avevo avvisato e adesso voglio i miei soldi!” disse l’uomo ad Andy,
mentre lo teneva per il colletto della camicia.
“Mi serve solo qualche altro giorno….”
“Lì voglio subito…o farai una brutta fine tu e il tuo locale!” disse lui
colpendolo nuovamente al volto.
“Ok basta così!” esclamò con fermezza Mark arrivato alle spalle del tipo
con la giubba di pelle, spingendolo via.
“Mark…” disse sorpreso Andy mentre si rialzava da terra.
“Willis! Ci si rivede!” esclamò altrettanto sorpreso l’uomo dalla giubba
di pelle.
“Qual è il problema?” chiese senza dargli importanza Mark.
“Il tuo amichetto mi deve 30.000 dollari! E fino ad oggi ancora non li ho
visti…ed ho pensato di venirgli a fare un visita di cortesia per
ricordarglielo!” disse lui mentre si osservava con aria disinteressata le
mani.
Mark si voltò verso Andy a volerne avere la conferma, il quale subito abbassò
lo sguardo, forse per la vergogna.
“Ti va bene un assegno?” chiese subito Mark.
“Willis…Willis…mi deludi! Dovresti
saperlo che qui gli assegni non sono altro che carta igienica! Io voglio
contanti!” disse lui con sguardo intimidatorio.
“Non penserai mica che vado giro con 30.000 dollari in tasca!?” rispose
Mark ricambiando lo stesso sguardo.
“Vorresti farmi credere che vuoi pagarmi i debiti del tuo amichetto!”
“Dove e quando devo portarti i soldi?” chiese subito Mark a voler tagliar
corto.
“Verrò a prenderli io! Qui! Domattina alle 10 esatte!”
“A domani allora! Se non ti dispiace…adesso abbiamo da fare!” disse Mark
indicandogli la porta.
“Uh…che paura! Non fare scherzi!” disse lui ironicamente.
“Non è nel mio stile! Dovresti conoscermi!” esclamò Mark.
“A dire il vero…qui l’abbiamo scordato qual è il tuo stile…” disse
lui avviandosi verso l’uscita.
“Sei fortunato…hai più di un santo in paradiso…” continuò poi
rivolgendosi ad Andy spingendolo nuovamente a terra.
Una volta che fu uscito dal locale, Mark si diresse verso Andy porgendogli la
mano per aiutarlo ad alzarsi, ma lui la rifiutò bruscamente.
“Che diavolo ci fai qui?” chiese Andy con una certa rabbia.
“Anch’io sono contento di vederti!” esclamò ironicamente Mark.
“Fai poco lo spiritoso! Non ho bisogno di te e della tua elemosina! Quindi
alza i tacchi e torna da dove sei venuto!”
“Si può sapere cosa t’ho fatto?” chiese un non tanto sorpreso Mark.
“Hai anche il coraggio di chiedermelo? Due anni fa sei sparito! Non sei
nemmeno venuto al funerale di Sarah!…Ti abbiamo cercato inutilmente…ci hai
lasciato nella merda a me e agli altri del gruppo e adesso ritorni come se
nulla fosse successo! Certo che hai una bella faccia tosta!”
“Hai ragione…”
“Sai cosa me ne faccio della tua ragione? Il principino è tornato! E adesso
cosa vuoi? Rivuoi la tua vita? I tuoi amici? Il tuo trono? Beh…scordateli! Li
hai persi due anni fa…insieme alla stima che avevo per te!”
“E’ inutile che ti chieda scusa allora?”
“Non ti stancare a farlo! Non devi chiedere scusa a me…ma alla tua
coscienza…se ne hai una!”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che tutti sappiamo che Sarah è morta per colpa tua! Per pararti
il culo…prima che il caro paparino ti portasse via! Fuori di qui! Non è
posto per te!”
Mark rimase sorpreso da quelle parole, da tutti se le sarebbe aspettate tranne
che da quello che una volta era il suo migliore amico…il suo fratello!
“Tutto bene?” chiese Liz, che con Isabel si era avvicinata a lui e Max
quando la discussione fu terminata.
“Mi ha guardato allo stesso modo di come mi sono guardato io allo specchio
ogni fottutissima mattina della mia vita da quando lei è morta! Ho rivisto lo
stesso odio…e se anche io non……”
“Non le pensava quelle cose! Le ha dette in un momento di rabbia…”disse
Liz cercando di consolarlo.
“No! Invece le pensava…perché le ho pensate anch’io! Sto solo
raccogliendo ciò che ho seminato! Ho fatto di tutto per crearmi questa
solitudine intorno…e adesso…ne soffro!” disse lui volgendo un ultimo
sguardo verso il bancone dove Andy stava mettendo del ghiaccio sul suo occhio,
prima di uscire allo stesso modo di un cane bastonato, con la coda tra le
gambe.
Isabel lo seguì fuori dal locale, guardandolo con aria turbata, tanto che il
ragazzo se ne accorse.
“Cosa c’è?” disse lui con aria seccata.
“Lo stai facendo di nuovo!” rispose con rabbia Isabel.
“Cosa?”
“Stai di nuovo cercando, con i soldi, di dar tregua alla tua coscienza!”
“Senti! Se non ti sta bene quello che faccio…o come mi comporto….o quello
che penso! Allora stammi lontana! Come io non sono indispensabile per
nessuno…nessuno lo è per me!” disse lui rabbiosamente andandosene.
Data la tarda ora, i quattro ragazzi decisero di passare la notte a casa di
Mark a Washington e di ripartire il mattino seguente.
Quando arrivarono a casa Willis, trovarono ad aspettarli Oseda.
“Ciao ragazzi…”
I tre ragazzi risposero al saluto, mentre Mark rimase in silenzio.
“Che ci fai qui? Non dovevi essere a New York?” gli chiese Mark con tono
molto freddo.
“Dovevo…ma non appena ho saputo che eri arrivato qui a Washington, sono
tornato subito! Devo dirti una cosa!”
“E da chi l’hai saputo? Continui a farmi seguire dai tuoi uomini? Comunque
non voglio parlare con te! Se tu sei qui…io me ne vado in albergo!” disse
Mark con tono alterato, e dirigendosi verso la porta.
“Io e te dobbiamo parlare! Da uomo ad uomo! Comportati da persona adulta una
volta tanto!” esclamò con durezza il padre prendendolo con violenza per un
braccio.
“Da uomo ad uomo? Da persona adulta? Bella questa! E dimmi un po’…anche
quando hai mandato a morire tua moglie….mia madre, e Sarah, che dicevi sempre
che era come una figlia per te…ti sei comportato da uomo? Eh? O ti sei
comportato da alieno?”
“Come fai a sapere della morte di tua madre?
“L’ho letto su quel dannato computer……e nella tua mente!”
“Io…l’ho fatto…l’ho fatto per proteggerti!” disse sconvolto Oseda.
“Ma che bravo papà! L’hai fatto per proteggermi! Forse hai ragione! Avevo
bisogno di essere protetto….ma non da un nemico…ma da te!”
Detto questo si liberò con violenza dalla presa del padre, facendo cadere un
vaso poggiato su di un piedistallo nell’ingresso, che si frantumò in mille
pezzi, così come il rapporto tra padre e figlio.
Max, Liz ed Isabel osservavano ed ascoltavano tutto in silenzio.
“So di aver sbagliato! I sensi di colpa mi stanno facendo impazzire, ma non
avevo altra scelta!”
“Tu sei un pazzo! Parli di sensi di colpa…ma una coscienza non ce l’hai!
Quando quel giorno hai visto uscire tua moglie sapendo che andava incontro alla
sua morte…tu cosa hai fatto? Hai stappato una birra? Sei solo un vigliacco e
un assassino! E lo sono anch’io! Ma ti giurò sulla mia vita…che io farò
di tutto….di tutto…per non assomigliarti! Io non sono più tuo figlio! Io
non sarò mai come te!” e detto questo dopo avergli rivolto uno sguardo da
cui sprizzava odio da tutti i pori, uscì dall’appartamento.
“Mark…aspetta!” lo chiamò Isabel cercando di seguirlo, prima che Max la
fermasse dicendole di non farlo, scotendo la testa.
Mark vagò perso tra una moltitudine di pensieri e domande che gli tramortivano
la mente e che non gli lasciavano capire il perché di quella nuova realtà!
Si fermò sul retro di un parco giochi dove andava sempre da bambino con la
madre, si sedette su una panchina, e nonostante piovesse a dirotto, restò lì
fermo! Impassibile! Con il volto verso l’alto che veniva bagnata dalla
pioggia incessante….quasi avesse voluto che quella fosse stata una pioggia
purificatrice che gli togliesse ogni dolore o delusione dal cuore……e magari
anche qualche peccato.
Mentre ancora stava con gli occhi chiusi, avvertì il rumore dei passi nelle
pozzanghere, ed una volta aperti gli occhi, riconobbe davanti a se…Nasedo….o
meglio Harding!
I due si scrutarono per qualche istante, Nasedo con uno sguardo quasi paterno
ma allo stesso tempo severo, e Mark con sguardo minaccioso e sorpreso.
Ancora qualche attimo di silenzio, e Mark scattò dalla panchine per travolgere
Nasedo cadendo con lui al suolo.
“Maledetto assassino…hai anche il coraggio di farti vedere!” esclamò
urlando tutta la sua rabbia Mark.
“Lascia che ti spieghi…” cercò di dire Nasedo.
“Taci! Tu hai lasciato morire Sarah……e adesso io farò morire te!”
disse Mark illuminando la sua mano della solita luce dorata, puntandolo contro
il viso dell’alieno.
Nasedo vedendo l’odio e la pazzia negli occhi di Mark, usò i suoi poteri per
allontanarlo bruscamente da lui, ma mentre Mark era scaraventato via, dalla sua
mano partì lo stesso la luce dorata che colpì alle gambe Nasedo.
Mentre Mark si alzava da terra dopo esservi stato scaraventato da Nasedo,
quest’ultimo tendendosi le gambe con le mani, si dimenava ed urlava dal
dolore.
Mark gli si avvicinò minacciosamente illuminando nuovamente le sue mani, a
volergli dare probabilmente il colpo di grazia.
Mentre stava per colpire nuovamente Nasedo, una mano da dietro fermò il suo
braccio.
“Non farlo!” disse la voce alle sue spalle.
“Max…lasciami immediatamente!” esclamò Mark senza muoversi di un
millimetro.
“Vuoi diventare come lui?” gli chiese Isabel, che insieme ad Oseda stava
arrivando in quel momento, sottolineando il poco gradito comportamento tenuto
da Nasedo.
“Sai quanto m’importa!?” disse Mark senza mai voltarsi.
“Credi che tua madre e Sarah, sarebbero contente di quello che stai per
fare?” disse Isabel cercando di portare alla ragione Mark.
“Avrei preferito chiederglielo di persona! Ma per colpa di questi due
assassini……”
“Mark…” disse Oseda avvicinandosi con il braccio teso verso il ragazzo.
“Stammi lontano! O dimenticherò chi eri per me…e farai anche tu la stessa
fine!” disse freddo Mark.
“Mark ragiona! Uccidendolo, Sarah non tornerà in vita……non diventare ciò
che non sei per un momento di rabbia!”
“Sta zitto Max!” disse lui mentre puntò nuovamente la sua mano dorata
contro Nasedo che steso a terra non riusciva a muoversi.
“No Mark!” “Fermati! Non farlo!” gridarono insieme Oseda ed Isabel,
mentre dalla mano di Mark si staccò una sfera dorata che colpì in pieno
Nasedo accecando gli altri.
Quando la luce si dissolse, Nasedo era ancora in vita, con le ferite causate
dal precedente colpo guarite, e con Mark che era letteralmente sparito dal
parco.
“Tutto bene!” Oseda chiese a Nasedo mentre lo aiutava ad alzarsi.
“Ma Mark dov’è?” chiese Isabel guardandosi intorno e non vedendo più
l’alieno.
“Credo che vorrà stare solo! Ha fatto un enorme sacrificio nel lasciar
vivere colui che ha lasciato morire la persona che amava……vorrà
riflettere!” disse Nasedo mentre con la mano si copriva la testa dalla
pioggia che improvvisamente era diventata più intensa.
Scritta
da Maurizio |