Riassunto: è
la quarta parte di “Un solo attimo ancora…”
Data
di creazione: 05/06/2001 - 06/08/2001
Valutazione:
adatto a tutti
Disclaimer:
tutti i personaggi del racconto sono di proprietà della Warner Bros, tranne
Jim e Mark Willis, Sarah Dengih, Oseda, Serai, Eidens, il dottor Hedill, Jeremy
McCanzy che sono frutto della fantasia dell’autore. Il racconto è di
proprietà del sito Roswell.it
La
mia e-mail è endrus@tin.it
scrivetemi se il racconto vi è piaciuto o non vi è piaciuto, e se avete da
fare delle critiche o dare dei suggerimenti…
Il
gruppo di alieni insieme a Liz tornarono a casa Willis, aspettando fino al
tardo mattino il ritorno di Mark….ma l’attesa fu poco felice.
Mark non tornò a casa, ed Isabel riusciva a fatica a percepire la sua
presenza…molto a fatica.
“Max dove credi che possa essere?” chiese Isabel mentre seduta su un divano
poggiava delicatamente la sua testa sulla spalla del fratello.
“Non ne ho la più pallida idea! A Roswell avremmo anche potuto
cercarlo……ma qui a Washington è come cercare un ago in un pagliaio! Non
conosciamo la città…e i posti che ha frequentato in passato!”
Isabel alzò di colpo la testa guardando Max con sguardo soprappensiero.
“Che c’è?” chiese sorpreso il ragazzo.
“Alle dieci aveva appuntamento al locale di quel suo amico!” esclamò
Isabel alzandosi di colpo.
Max guardò l’orologio che segnava quasi le dieci.
“Non faremo mai in tempo ad arrivare!” esclamò Max con aria rassegnata.
“Proviamoci lo stesso! È l’unico posto che conosciamo…” disse Isabel
porgendogli la giacca.
Max, Liz ed Isabel arrivarono dopo poco al locale in questione, ma quando
entrarono videro solo Andy che era impegnato a pulire il bancone del bar.
“Se cercate il vostro amico…perdete tempo! È andato via una ventina di
minuti fa!” esclamò Andy fulminandoli con lo sguardo.
“E dove può essere andato?” chiese Isabel avvicinandosi un po’ alla
volta verso Andy.
“Perché dovrei saperlo?” rispose freddo lui senza mai togliere lo sguardo
dal bancone.
“Magari perché…è un tuo amico!” rispose risoluta Isabel.
“Era! Molto tempo fa!” disse lui smettendo di pulire e guardando fisso
Isabel quasi a volerla rimproverare di
quello che aveva appena detto.
“Credi che la vera amicizia possa finire?” chiese Liz dando forza al
pensiero di Isabel.
“Io credo solo che i veri amici non tradirebbero mai la tua fiducia!”
rispose lui freddo.
“Gli amici sono esseri umani come altri……possono sbagliare! E se sei o
eri davvero suo amico…avresti dovuto capire anche quello che ha passato
lui!” gli disse Max che ancora non aveva detto la sua.
“Sentite! Io e Mark eravamo amici…ma come tutte le cose del mondo anche
l’amicizia è destinata a finire! Ora per me non è che un semplice
conoscente……certo avrei dovuto ringraziarlo perché stamattina ha salvato
il mio fondoschiena ed il mio locale……ma non è stato lui……sono stati i
suoi soldi a farlo! Ed appena avrò la somma che mi ha prestato contro la mia
volontà, glieli restituirò subito anche con gli interessi! Non sono uno di
quelli che si fa comprare! Ora se non vi dispiace ho un locale da mandare
avanti…quindi l’uscita la conoscete!” disse lui guardando un po’ tutti
e tre i ragazzi.
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo perplesso prima di uscire dal locale.
“Ma che razza di amici che ha!” disse infuriata Isabel appena fuori dal
locale.
“Dai non ci pensare! Pensiamo piuttosto a trovarlo!” disse Max.
“Ma come? Non sappiamo dove possa essere!” disse Liz guardando spaesata la
zona poco familiare.
“Io credo di sapere dov’è! Sento la sua presenza qui vicino!” disse
Isabel dopo aver tenuto per qualche istante gli occhi chiusi.
“E cosa aspettiamo? Andiamo, no?” disse Max incamminandosi verso la jeep.
“No Max aspetta! Sarà meglio che lo cerchi e ci parli da sola!” disse
Isabel fermando il fratello appena prima che salisse sulla jeep.
“Perché non possiamo venire anche noi due?” chiese Liz sorpresa dalle
parole di Isabel.
“Perché credo che sia meglio che gli parli da sola! Voi due tornate pure a
Roswell…appena gli parlo…torneremo anche noi!” disse la ragazza mentre
invano provava a chiamare Mark con il cellulare.
“Isabel…io non credo che…” cercò di dire Max prima che la sorella lo
fermasse.
“Max! Fidati di me! Andrà tutto bene!” esclamò decisa Isabel dandogli un
bacio affettuoso sulla guancia.
Max sorpreso dalla richiesta di Isabel, dopo essersi scambiato uno dei soliti
sguardi con Liz, decise di accettare la richiesta della sorella.
Isabel si mise alla guida del fuoristrada di Mark, e dopo aver osservato
allontanarsi con la sua jeep Max e Liz, ebbe come un attimo di sconforto. O
meglio non era proprio sconforto…era più solitudine….forse quella stessa
solitudine che provava Mark.
Girò per Washington, fino ad arrivare in uno dei tanti centri residenziali
della città. Si fermò davanti ad una
villetta, dal giardino poco curato e dalle erbacce molto alte, si capiva che
era disabitata da parecchio. Scesa
dall’auto si guardò intorno, e prima di addentrarsi nel giardino restò per
qualche istante a
guardarlo da fuori, osservando poi di tanto in tanto le finestre chiuse chissà
da quando.
Mark era dentro quella villetta, lo sentiva e capì anche il perché quando
sulla cassetta della posta lesse “Famiglia Willis”.
Entrata scrutò la casa in ogni suo angolo, dappertutto regnava solo tanta
polvere e molte ragnatele.
Dopo aver visionato il grosso salone, la cucina e la biblioteca, salì al
secondo piano dove c’erano tre camere da
letto ed altrettanti bagni. Entrando in una delle stanze da letto, vide
rannicchiato in un angolo Mark con affianco
una bottiglia ancora piena di whisky.
Mark era in quell’angolo in alto alla stanza, e da lì con occhi gonfi e
rossi, guardava fisso fuori dalla finestra,
e vicino la finestra, poggiata sulla scrivania c’era una lampada accesa verso
la finestra.
Isabel si sedette sul letto aspettando che Mark le dicesse qualcosa, le
facevano ancora troppo male le parole che il
ragazzo le aveva detto la sera prima.
Ma Mark era come avvolto in un sonno ad occhi aperti, ed allora messo da parte
l’orgoglio e la “rabbia” nei suoi
confronti, gli parlò dolcemente.
“Continuano a piacerti i colpi di scena, eh?” disse Isabel scherzosamente
riferendosi alla scomparsa del ragazzo la
sera prima.
Mark non rispose, non movendosi di un millimetro, se non fosse stato per il
fatto che di tanto in tanto chiudeva gli
occhi, e respirava……sembrava morto!
“Sono orgogliosa di te! Ieri sera hai dimostrato una gran maturità!” disse
lei alternando sguardi sorridenti a sguardi
un po’ più seri.
Da Mark ancora nessuna risposta.
“E questa?” chiese Isabel prendendo la bottiglia sigillata vicino al corpo
del ragazzo.
“Volevo affogarmi nell’alcool!” rispose finalmente Mark con aria in ogni
caso sempre distaccata.
“Finalmente sento la tua voce! Volevi…ma non l’hai fatto!
Fortunatamente!” disse sorridendo la ragazza.
“Se l’avessi fatto…dopo sarei stato peggio di adesso, rendendomi conto
che nemmeno l’alcool mi aiuta
a dimenticare quel che sono! E poi non sapevo che reazione poteva avere un
alieno ad una sbronza!”
“Effettivamente quando Max si prese una sbronza…non reagì molto bene!”
disse lei sorridendo sperando che anche Mark
lo facesse.
Ed in effetti un piccolo sorriso accarezzò le labbra del ragazzo.
“Bella casa! È molto grande! Ma posso chiederti perché sei venuto qui?”
disse Isabel guardando quella che
presumibilmente era la stanza di Mark.
“Vedi quella villetta di fronte? E quella finestra chiusa?” chiese Mark
indicando con il dito una villetta che da
quell’angolo della sua stanza si vedeva interamente, anche se era pochissimo distante.
"Quella era casa di Sarah! E quella era la finestra della sua stanza! Da
piccoli ci lanciavamo messaggi con le
torce…ci davamo il buongiorno e la buonanotte dalle finestre. Tenevamo sempre
accesa, giorno e notte, una luce vicino la finestra…come adesso! Era un segnale……se
era accesa voleva dire che tutto andava bene…viceversa se era
spenta….c’era un problema.
“E perché adesso l’hai accesa?”
“In ricordo dei vecchi tempi!……e magari perché in fondo a me…spero che
si accenda anche di là una luce!”
“Mark posso chiederti un’altra cosa? Però voglio che tu sia sincero con
me!”
Mark rimase in silenzio ed osservò la ragazza.
“Perché dal momento in cui ti ho sentito più vicino a me…hai iniziato ad
allontanarti sempre di più? Perché?”
“Isabel ma che diavolo vuoi da me!? Che
diavolo volete tutti da me?” rispose Mark poggiando la testa contro il muro.
Isabel notò una paurosa rassegnazione nelle parole e nel volto di Mark,
e capì di dover dirgli o fare qualcosa per scuoterlo da quello stato di
indifferenza e stanchezza.
“Io voglio solo che tu riprenda a vivere…che metti una volta per tutte una
pietra sul passato e guardi avanti con più fiducia!”
“Ed io voglio solo essere lasciato in pace! Non mi sembra di chiedere
molto!”
“Mark facendo così stai toccando il fondo! E poi che farai? Inizierai a
scavare?”
“E se anche fosse? Devo dar conto a te?” disse lui con rabbia alzandosi e
dirigendosi verso la finestra.
“No! Non devi darmi conto! Vuoi scavare? Bene…fallo! Ma non trascinare con
te anche chi ti sta intorno e ti vuol bene!” esclamò con rabbia Isabel.
“Non vi ho chiesto io di venire a fondo con me!” rispose senza guardarla
Mark
“Parli come Michael…” asserì Isabel con una palpabile delusione.
“Non ti capisco! La sera prima sembri un angelo…ed il mattino seguente
sembri un demonio!” continuò poi Isabel.
“Forse la mia parte aliena sta prendendo il sopravvento! Un po’ come Dottor
Jeckill e Mr. Hyde!”
“Cosa vuoi dire?” chiese Isabel, sentendo una linea velenosa nelle sue
parole.
D’improvviso dal piano inferiore si sentì sbattere una porta, con qualcuno
che stava gridando il nome di Mark.
Isabel e Mark si guardarono sorpresi.
“Ma questa è la voce di Andy!” esclamò ancora più sorpreso Mark nel
sentire la voce dell’amico, soprattutto dopo gli ultimi incontri-scontri tra
loro.
I due alieni si affrettarono a scendere al pian terreno dove Andy li stava
cercando.
“Mark!” esclamò il ragazzo andandogli incontro e prendendo fiato.
“Andy che ci fai qui?” chiese sorpreso all’amico.
“Mark…devi andare subito…via da qui! Subito!” disse Andy mentre ancora
respirava a fatica.
“Perché? Che succede?” chiese ancora Mark non capendo.
Nel frattempo Isabel aveva preso un bicchiere d’acqua ad Andy.
“Alcuni uomini sono venuti al locale….hanno fatto un sacco di domande su di
te! E non avevano certo intenzioni amichevoli!”
“Quali uomini?” chiese Mark sgranando gli occhi e scambiandosi qualche
sguardo con Isabel.
“Non li ho mai visti prima! Erano tutti vestiti di nero…ed erano
armati….”
“Ma perché mi cercavano? Cosa ti hanno chiesto?”
“Mark sei in pericolo! Devi andartene da qui subito…li ho mandati a tre
isolati da qui…ma non ci metteranno molto a capire che li ho fregati!
Muoviti…saranno qui in un batter d’occhio!” disse nervosamente Andy
mentre guardava attraverso la finestra la strada.
“Forse è meglio che andiamo via!” esclamò Isabel prendendolo per un
braccio.
“Ok! Ma tu che farai adesso?” chiese ad Andy, capendo che per lo scherzetto
fatto a quei tipi adesso anche lui era in pericolo.
“Non preoccuparti per me!”
“Mark andiamo!” disse Isabel porgendogli le chiavi della sua auto.
Mark restò per qualche istante a scrutare l’amico ritrovato, poi si precipitò
di nuovo al secondo piano, nella sua stanza, andando a spegnere la luce vicino
la finestra. Dopo averlo fatto restò qualche altro istante a scrutare la
finestra della stanza di Sarah, a voler mettere davvero una pietra sul passato,
ed uscì a sguardo basso dalla stanza.
Proprio mentre uscì dalla sua stanza però, alla finestra di Sarah si accese
una luce simile a quella che Mark aveva appena spento, senza che lui se
n’accorgesse.
Sceso al piano di sotto, si fermò davanti ad Andy che lo osservava con aria
leggermente turbata ma felice anche lui di aver ritrovato un amico.
Si guardarono per qualche istante, forse perché entrambi non sapevano cosa
dirsi, ed allora si scambiarono un forte abbraccio fraterno, lasciando che
fosse quello ad esprimere i sentimenti e le paure di quel momento.
Entrambi si davano delle pacche sulle spalle in segno di affetto e dopo qualche
minuto, durante il quale Isabel li guardò felice, si separarono uscendo dalla
casa.
Mark schizzò via con il suo fuoristrada, scappò come un fuorilegge braccato
dalla polizia…ed era così che si sentiva in quel momento.
“Mark perché sei voluto tornare?”
“Forse perché volevo riprendermi quella vita da cui due anni fa sono
scappato! Ma quella vita non mi appartiene più!”
“Dove stiamo andando adesso?” chiese Isabel.
“Ti riaccompagno a Roswell!” rispose Mark con tono pacato.
“Mi riaccompagni? Che vuoi dire? Tu non rimani a Roswell?” disse lei
corrugando la fronte.
“No! Ripartirò subito! Ho qualcosa da fare!” rispose lui senza dare troppi
spiegazioni.
“Vengo con te!” disse decisa la ragazza.
“No! Stavolta no!” disse lui con dolcezza.
“Perché?”
“Perché stando con me sei in pericolo! Come prima!” disse guardandola con
affetto.
“E tu non sei in pericolo?”
Mark non rispose, sapendo che lui più degli altri lo era, ma comunque doveva
affrontare questo pericolo se voleva realizzare il suo piano.
“Abbiamo finito di parlare!?” disse Isabel mostrando una certa alterazione
dovuta all’inspiegabile atteggiamento del ragazzo.
Mark non le rispose, e lei ormai rassegnata a quel comportamento, non poté far
altro che starsene zitta per tutto il tragitto.
Verso le 10 di sera, i due ragazzi avevano già superato metà del loro
tragitto, e nonostante l’ora decisero di non fermarsi e di continuare il loro
viaggio verso Roswell.
Lungo la statale est 234, che come la maggior parte delle strade che collegano
le varie città d’America era avvolta da luoghi praticamente desolati,
giunsero dietro ad un grosso tir che manteneva una velocità sostenuta.
Quando Mark si mosse per superarlo, tre auto nere entrarono dal deserto sulla
strada disponendosi alla destra alla sinistra e dietro al fuoristrada dei
ragazzi.
Con il grosso tir davanti, l’auto di Mark era completamente circondata.
Mark cercò di intravedere i guidatori delle tre vetture, ma fu inutile perché
le tre auto oltre ad avere i fari abbaglianti accesi, ad ostacolare la vista,
avevano anche dei vetri neri.
Gli abbaglianti ostacolavano la vista di Mark, soprattutto quelli dell’auto
che seguiva dietro, che faceva riflesso nello specchietto retrovisore, che
subito Mark buttò verso l’alto eliminando il problema.
Le tre auto iniziarono a stringersi intorno al fuoristrada di Mark mentre il
tir aprì il lungo portellone sul retro in modo che le tre vetture spingessero
il fuoristrada all’interno del tir.
Le tre auto iniziarono ad urtare il fuoristrada, e proprio causa di uno di
questi urti, Isabel, che fino a quel momento era caduta in un sonno profondo,
si svegliò.
“Che succede?” disse Isabel scattando dal sedile.
“Stanno cercando di farci entrare in quel tir!” rispose Mark mentre era
impegnato a cercare di evitare i colpi delle tre auto con rapide sterzate e
leggeri colpi di freno.
“Che facciamo? Usiamo i nostri poteri?” chiese Isabel riferendosi più ai
poteri di Mark, visto che i suoi erano per lo più di telecinesi e quindi di
difesa piuttosto che d’attacco.
“No, è inutile! Sono auto blindate! Anche se le colpissi non le graffierei
nemmeno…e poi non so usare i miei poteri così bene!” disse Mark mentre
l’auto dietro la tamponò violentemente cercando di spingerlo verso il tir
che era sempre più vicino.
“E allora?” chiese nervosamente Isabel mentre guardava impaurita le tre
auto ed il tir che si avvicinavano.
“Ecco perché non ti volevo con me!” disse Mark rifacendosi al discorso
lasciato in sospeso con la ragazza.
“Adesso abbiamo altro a cui pensare!” rispose Isabel infastidita dal fatto
che Mark avesse ragione.
“Allacciati la cintura di sicurezza! E reggiti forte al sedile!” disse lui
senza mai togliere lo sguardo dalla strada.
“Che vuoi fare?” chiese lei mentre si allacciava la cintura.
“Adesso lo vedrai!” disse lui accelerando d’improvviso.
Quando con le ruote quasi toccarono il bordo del portellone che da un po’ era
appoggiato al terreno a far da trampolino, frenò bruscamente premendo sul
pedale e tirando il freno a mano, e con tutta la forza che aveva, dovette fare
da contrappeso sul volante per non perdere il controllo dell’auto.
L’auto dietro si schianto contro il retro del fuoristrada, venendo
“catapultata” leggermente all’indietro! Il retro del fuoristrada
resistette molto bene rispetto ad altre auto essendo robusto, ma inutile dirlo
era lo stesso quasi completamente distrutto dopo l’urto.
Subito dopo l’urto, che gli lasciò un piccolo lasso di tempo per poter
effettuare una seconda manovra, riabbassò il freno a mano e rapidamente inserì
la prima ripartendo contro la vettura alla sua destra colpendola con violenza
nella fiancata, aprendo un piccolo spiraglio tra l’auto ed il tir, in cui
Mark sterzando violentemente ed accelerando fino a fondo, facendo strusciare la
sua fiancata contro quella dell’auto colpita, vi s’infilò uscendo fuori
strada ed allontanandosi dal tir e dalle tre auto, che subito si misero al suo
inseguimento.
“Ma sei un pazzo!” esclamò Isabel che fino a quel momento aveva trattenuto
il respiro.
“…Ma efficace!” disse sorridendo Mark vedendo il terrore sul viso della
ragazza.
Il suo sorriso fu presto spento da un colpo di pistola che colpì il tettuccio
dell’auto.
“Non ci mollano!” esclamò Mark riabbassando lo specchietto retrovisore e
guardandovi dentro.
Partirono altri colpi, che colpirono varie parti della carrozzeria, ed una
ruota posteriore, che portò l’auto a sbandare paurosamente.
“Mi sa che la nostra corsa finisce qui!” disse Mark con aria tesa.
Un altro colpo, e l’altra ruota posteriore fu colpita.
Mark continuò a correre, ma il fuoristrada vuoi per le botte prese, vuoi per
le due ruote posteriori bucate, iniziò a perdere velocità e fu superato da
due auto che gli tagliarono la strada.
Mark incurante dell’ostacolo, accelerò e colpì le due auto spostandole
leggermente.
La sua auto si era spenta e subito Mark scese con Isabel dal lato della
ragazza, si misero a correre quando la terza auto gli si pose davanti,
impedendo la loro fuga.
“Ok! Ci abbiamo provato!” disse Mark con aria spavalda che però nascondeva
oscure preoccupazioni, prendendo Isabel per un braccio e portandola dietro di
se.
Dalle auto scesero sei uomini che circondarono i due ragazzi, nessuno di loro
parlò……tutti stavano attendendo, tenendo sotto tiro i due alieni,
l’arrivo di qualcuno…o qualcosa.
Mark li guardò uno ad uno mentre Isabel stringeva più forte la sua mano.
D’improvviso si sentirono due colpi di pistola alle spalle di Mark ed Isabel,
e due dei sei uomini caddero al suolo con un colpo sparato al cranio.
Mark ed Isabel si girarono di colpo e videro Nasedo, che con una pistola colpì
un altro agente mentre con la mano sinistra travolse gli altri tre con il suo
potere scaraventandoli al suolo privi di vita.
“Cosa sei? Il mio angelo custode o il mio incubo peggiore?” disse Mark
guardandosi intorno e vedendo i corpi di quegli uomini senza vita.
“Sono solo uno che ci tiene che tu rimanga tutto d’un pezzo!” disse
Nasedo buttando via la pistola e indicandogli di seguirlo.
Isabel si mosse per seguirlo, mentre Mark restò fermo.
“Muoviti Mark!” esclamò Isabel.
“Perché dovrei seguirlo? Perché dovrei fidarmi di lui?” disse Mark senza
staccare gli occhi da Nasedo che si fermò di spalle.
“Perché ti ha appena salvato la vita! E non è la prima volta!”
“sentenziò” Isabel.
Mark rivolse il suo sguardo verso un'altra parte, poi abbassandolo e sorridendo
nervosamente decise di seguire Isabel ed il poco fidato Nasedo.
Le sorprese però non erano finite, infatti giunto a casa sua, Mark trovò la
porta sfondata e tutto il resto sottosopra.
Si diresse immediatamente nella sua stanza da letto per andare a controllare
dietro lo scaffale dei libri se ci fosse ancora il portatile che aveva
imprudentemente lì nascosto.
Lo scaffale era per terra e dietro non c’era più nulla!
“Idiota che sono! Dovevo portarlo con me!” disse lui con rabbia dandosi un
colpo alla fronte.
Si guardò intorno a vedere il macello che c’era, e dopo essersi dannato
oltremodo per l’ingenuità commessa nel lasciare il computer in casa, lasciò
il suo appartamento per andare a casa di Michael.
Michael fu svegliato da due colpi alla porta, e ancora in dormiveglia, cercò
di far finta di non aver sentito nulla.
Ancora due colpi alla sua porta, ed allora si voltò e si coprì la testa con
il cuscino a voler scacciare lo scocciatore allo stesso modo di quando una
zanzara ti ronza intorno all’orecchio e con fastidiosa insistenza disturba il
sonno.
Ma nemmeno il cuscino servì a far sparire i colpi alla porta, ed allora si alzò
ad occhi chiusi e si diresse alla porta, inciampando in tutto quello che le sue
gambe incontravano.
Aprì la porta e rimase sorpreso nel vedersi davanti Mark avvolto nella sua
solita giacca di pelle, con le mani in tasca e con sguardo corrugato e
sconfortato.
Nessuno dei due disse nulla.
Michael dopo aver realmente realizzato che quello davanti a lui fosse Mark, si
girò verso l’orologio e strizzando gli occhi vide che erano le tre del
mattino. Si voltò di nuovo verso di lui ed evidenziando la stranezza della
situazione disse solo con imbarazzo:
“Mark!?”
“Michael!” rispose con altrettanto imbarazzo Mark allargando le mani dalle
tasche e di conseguenza aprendo la giacca a mantello.
“Non mi sembra l’orario adatto per le visite!” disse Michael
ironicamente.
“Effettivamente!” disse Mark ancora più mortificato.
“Come mai da queste parti?”
“Non sapevo dove andare! A casa ho ricevuto “visite” inaspettate….forse
qualcuno della CIA…e non è proprio ospitale! Avrei dormito in macchina…ma
la mia auto e semidistrutta….spersa da qualche parte nel deserto del New
Mexico…e…”
“Sei venuto qui!” disse Michael anticipandolo.
“…sì!”
“Prego…” disse Michael invitandolo ad entrare mentre si strofinava gli
occhi.
Mark lo ringraziò con un mezzo sorriso mentre entrava.
“L’Hotel Guerin è sempre aperto! 24 ore su 24!” disse ironicamente
Michael richiudendo la porta.
“Mi dispiace di esserti venuto a svegliare….ma non sapevo proprio dove
andare!” disse Mark mortificato mentre toglieva la giacca e si sedeva sul
divano.
“Non preoccuparti! Non che siano fatti miei……ma perché non sei andato da
Isabel? C’è anche tua sorella lì…”
“Hai ragione……ma non potevo presentarmi alle tre del mattino a casa Evans!
Ai genitori di Max sarebbe preso un colpo!” disse lui giustificandosi.
“E’ solo questo il motivo?” chiese Michael mentre sedutosi sul divano
aveva appoggiato la testa sullo schienale stringendo a se un cuscino.
“No…non è solo questo il motivo…”
“Isabel, vero?” chiese Michael tenendo gli occhi chiusi.
“Sì…” rispose abbassando lo sguardo e strofinandosi lentamente e
nervosamente le mani.
“Ma le cose tra voi non andavano bene?” chiese Michael guardandolo con
curiosità.
“Sì…”
“Ed allora?”
Mark non rispose tenendo lo sguardo basso.
“Mark…ti ripeto…non sono fatti miei…e forse queste sono cose che
dovrebbe dirti Max! Ma Isabel per me è come una sorella…e non mi va di
pensare che soffra per colpa di qualcuno….”
“Hai ragione…”
“Non ho finito!” lo richiamò violentemente Michael mentre ormai si era
svegliato del tutto e si era seduto composto sul divano.
“Isabel doveva essere la mia sposa……ma abbiamo deciso di seguire strade
diverse da quelle che c’erano state imposte! Ed io ho accettato questa cosa
anche perché sapevo che al suo fianco c’era Alex che la ama più di se
stesso! Adesso però sembra che le cose stiano cambiando……e come ti ho già
detto io non voglio che soffra!”
“Non ho intenzione di farla soffrire!” cercò di giustificarsi Mark.
“Purtroppo io e te siamo uguali…molto uguali…e purtroppo quelli come noi
sono destinati a far soffrire le persone a cui vogliono bene…anche e
soprattutto senza volerlo! Non so se potremo mai cambiare…ma sforzarci di
farlo…non ci costa nulla!” disse lui con una serietà che quasi includeva
paura.
“E’ quello che stai facendo con Maria?”
“Sì! E voglio che lo faccia anche tu con Isabel…vedi…ho capito sulla mia
pelle che si può cambiare! Prendi ad esempio noi due…qualche mese fa se
avessimo avuto la possibilità ci saremmo massacrati a vicenda…mentre adesso
siamo qui su questo divano…a casa mia…a parlare come due vecchi amici! È
questa la stranezza dei terrestri……si può mettere una pietra su
tutto…girare pagina ed andare avanti!”
“Ma ti senti così alieno?” chiese Mark notando in Michael un tono
distaccato mentre parlava dei terrestri.
“No! Assolutamente…forse è perché non mi sento proprio un alieno che
parlo così…”
“Sai Mark…mi da un po’ fastidio dirlo, ma da quando Isabel ti ha
conosciuto è molto cambiata. Tu sei riuscita in quello in cui io e Max abbiamo
fallito!”
“Sarebbe?”
“Vedi…non che io sia un maestro di socialità…ma lei è sempre stata
fredda…distaccata ed ironica con il mondo intero! Lei era il classico tipo da
stare sempre al centro dell’attenzione proprio per non attirare
l’attenzione su di se! È sempre stata nella massa…mai fuori! Quasi avesse
avuto paura che qualcuno le avesse puntato il dito contro! Mark si vede lontano
un miglio che siete innamoratissimi l’uno dell’altra….perfino io che di
queste cose non ci capisco niente…me ne sono accorto!”
La discussione tra i due si affievolì piano piano vuoi per gli argomenti che
andavano scemando vuoi anche per la tarda ora che favoriva il sopraggiungere
del sonno.
Il
mattino seguente Michael uscì di buon ora, lasciando dormire Mark anche se
aveva il turno all’Ufo Center.
Anche Mark, come Michael durante la notte appena trascorsa, fu svegliato da
alcuni colpi alla porta. Lì sentì subito, il suo sonno era molto leggero, ma
aspettò sperando che aprisse Michael, poi resosi conto di essere solo in casa,
alla seconda battitura si alzò.
“Buongiorno! Bentornato!” disse una voce squillante che quasi trapanava le
orecchie di Mark.
“Tess…che ci fai qui!” chiese sorpreso Mark ritrovandosi davanti la
sorella.
“Ho qualcosa per te!” disse lei prendendo dal suo zaino un computer
portatile mostrandoglielo.
Mark riconobbe subito che quello era il computer scomparso da casa sua…e
subito si “svegliò”! Lo prese dalle mani della sorella e la invitò ad
entrare.
“Come fai ad averlo tu? Credevo che l’avessero…” e qui si fermò
“Che l’avessero rubato da casa tua?” chiese Tess finendo ciò che non
aveva detto il fratello.
“Sì…”
“E invece ce l’ho io!”
“Come facevi a sapere che qualcuno sarebbe entrato in casa mia?”
“Non lo sapevo! Ho avuto quel computer stanotte!”
“Hai avuto? Da chi?”
“Non lo so! Un tipo che ha quasi rischiato di farmi prendere un infarto
quando me lo sono ritrovato davanti nella mia stanza! Mi ha detto di portartelo
con urgenza….ed eccomi qui!”
“Che tipo? L’hai mai visto?” chiese Mark con una certa
preoccupazione…anche se sembrava più curiosità.
“Non l’ho visto in faccia! Non ne ho avuto modo……”
“Come hai saputo che ero qui? Te l’ha detto Michael?” disse mentre accese
il computer per vedere se fosse tutto come l’aveva lasciato.
“No…veramente me l’ha detto quel tipo!” disse lei avvicinandosi e
vedendo il contenuto del computer.
“Quando te l’ha detto?” chiese Mark distogliendo l’attenzione dal
computer.
“Sempre ieri sera…che domande!” disse Tess con l’aria di chi ribadiva
un concetto ovvio.
“Ma a che ora è venuto da te?”
“Mah…se non ricordo male…era mezzanotte o poco più…perché?” chiese
Tess notando la stranezza sul volto del fratello.
“Perché io sono venuto da Michael alle tre di stamattina…e non ne ho
parlato con nessuno! Perciò come faceva quel tipo a sapere che sarei venuto
qui!?”
“Non chiederlo a me! Piuttosto che roba è?” disse lei indicando il
computer.
“Nulla di che…stupidaggini!” disse lui con aria superficiale.
“Nulla di che…vero?” disse lei premendo un tasto sulla tastiera e facendo
uscire lo stemma della CIA.
“Allora?” chiese ancora Tess, incrociando le braccia, in cerca di
spiegazioni.
“Allora che?” chiese Mark cercando tempo.
“Perché hai un computer della CIA? È di Oseda? Chi erano quelli che sono
andati a casa tua? Perché sono così interessati a questo computer? Che sta
succedendo?” chiese Tess sparando una domanda dietro l’altra.
“Non è di Oseda…ma è comunque di un agente della CIA!” disse Mark
mentre lo richiudeva.
“E perché ce l’hai tu?”
Mark la guardò con aria corrugata, poi volgendo lo sguardo fuori la finestra
da cui s’intravedevano grossi nuvoloni all’orizzonte, decise di rispondere:
“Tanto vale che te lo dica……lo verrai a sapere comunque!” disse con
aria rassegnata ma sicura il ragazzo.
“In questo computer c’è tutta la nostra vita! Mia...tua…di Max, Michael,
Isabel…e in parte di Nasedo! Sanno della nostra esistenza…o meglio credono
di sapere! Sembra che ci sia un agente speciale che ha fatto tutte queste
ricerche su di noi….c’è segnato tutto…da dove abbiamo vissuto a chi
abbiamo conosciuto….insomma tutto!”
“Come hai fatto ad averlo? E perché ce l’hai?”
“Come l’ho avuto non è importante……perché ce l’ho forse lo è!”
“E sarebbe?” chiese ancora più incuriosita Tess.
“Oltre a noi…si parla anche di alcune navicelle e di dove sono
situate…”
“Navicelle? E a cosa servono a te queste informazioni?”
“Delle navicelle a me non interessa……ma di questa sì!” disse Mark
riaprendo il portatile e girandolo verso Tess.
“Macchina del tempo?” chiese interdetta Tess.
Mark annuì.
“Perché?”
“Voglio tornare nel passato!”
“Per Sarah?”
“E per mia madre!”
“Cosa?”
“Oseda……ha lasciato morire mia madre come ha fatto con Sarah! Anche la
sua vita è stato uno dei tanti prezzi da pagare per la salvezza di Antar…”
“Mark…non lo sapevo….” disse Tess cercando goffamente di far sentire il
suo affetto ed il suo appoggio al fratello.
“Nemmeno io! Se non fosse stato per questo computer non sarei nemmeno mai
venuto a saperlo…come di Nasedo…e di tutti gli altri misteri di Roswell!”
disse Mark con aria cupa.
“Isabel e Max…cosa dicono di questa tua decisione?” chiese Tess non
sapendo cosa dire lei.
“Nessuno sa nulla…a parte te! E preferirei che le cose restassero così!
Non capirebbero!”
“Nemmeno io capisco?” chiese la ragazza.
“Dimmelo tu!”
“Dove sarebbe questa…“macchina del tempo”?” a non voler deviare il
discorso su altri binari.
“Da qualche parte…ma non so ancora dove…e se esiste realmente! Qui si
parla solo di prototipi…”
“Per questo Nasedo potrebbe esserci d’aiuto!”
“No…non potrebbe!”
“Cocciuto come al solito! Cosa vuoi fare allora?” chiese Tess ansiosamente.
“Domani ripartirò…ho un aereo per Seattle che parte domattina!”
“E che vai a fare a Seattle?”
“A cercare informazioni! Secondo questo computer, lì c’è stato per anni
una sede secondaria del Majestic 12…ed anche se adesso è stata abbandonata,
l’archivio informazioni non è stato recuperato…ed è ancora lì!”
“Ma cosa cerchi?”
“Magari il posto dov’è la macchina del tempo…o altre informazioni che mi
aiutino a trovarla!”
“Vengo
con te!”
Mark non rispose, non prestando
nemmeno attenzione alle parole della sorella.
“Vengo con te a Seattle…e nel passato quando troveremo la macchina del
tempo…” disse lei rafforzando la sua decisione.
Mark era indaffarato a far scorrere velocemente le mani sulla tastiera e
sembrava che ancora una volta non avesse dato retta alle parole della sorella.
“Allora? Non mi dici nulla?” chiese Tess incrociando le braccia e guardando
un po’ indispettita il fratello.
“Va bene…” disse lui fugacemente senza staccare gli occhi dalla tastiera.
“Va bene!? Davvero? Posso venire con te?” disse Tess illuminando i suoi
occhi di gioia, come un bambino quando riceve un giocattolo a lungo ambito.
“Certo! È quello che volevi no?” rispose Mark.
“No…cioè sì…però non mi aspettavo che avresti accettato senza
obbiettare!”
“Sarebbe servito? Sei mia sorella…e se hai il mio carattere o quello di papà…sarebbe
stato fiato perso! E poi è una specie di compromesso…”
“Che vuoi dire?” chiese subito la sorella.
“Io ti porto con me……e tu tieni la bocca chiusa con Max e gli altri! Non
mi sembra di chiederti la fine del mondo…no?”
“Perché non dirglielo?”
“Perché è giusto così!” tagliò corto lui.
“Va bene…l’importante che almeno io ti potrò tenere d’occhio!” disse
la sorella accompagnando con un sorriso le sue parole, nascondendo una gran
parte di verità.
Mark la guardò sorridendo, tornando subito al suo lavoro.
“Cosa stai facendo?”
“Una cosa che non ho fatto prima….sto creando due copie di backup del
computer! Non voglio rischiare di perdere di nuovo tutto, come credevo che
fosse successo!”
“Scusa la mia ignoranza!….In termini più semplici?” chiese Tess che di
computer non ne capiva molto.
“Sto facendo due copie delle informazioni contenute qua dentro!” disse lui
alternando lo sguardo tra il monitor e la tastiera.
“Perché due?”
“Per sicurezza!”
“Tess…sei sicura di voler venire con me? Seattle potrebbe essere solo
l’inizio del viaggio…non so dove ci porteranno le mie ricerche e non so
quando e se potremo ritornare a Roswell!”
“Stare qui a Roswell per me non ha senso! Non ho nulla che mi leghi qui!
Mentre ho qualcosa di indissolubile che mi lega a te……non voglio
perderti…ti ho appena trovato! Ti prego! Non lasciarmi sola!”
“Ok…volevo solo che lo sapessi! Domani mattina partiremo!”
“E tu invece sei sicuro di non volerne parlare con nessuno? Nemmeno con
Isabel?” chiese la ragazza notando una certa tristezza in lui……un po’
come quella che provava lei…e che aveva visto riflessa negli occhi di Oseda
quando andò via da Roswell…una caratteristica di famiglia forse….
“Con Isabel…parlerò! Ma non di questo viaggio…” disse lui uscendo di
casa e lasciando Tess lì un po’ spaesata.
Mark giunse dopo poco alla sala prove, sapeva che ci avrebbe trovato solo Alex
ma quando entrò non c’era nessuno.
Vedendo la sala prove vuota e vedendo una chitarra, gli venne il desiderio di
suonarla.
Dopo poco entrò in silenzio Liz, e dalla vetrata della sala mixer vide e sentì
Mark suonare la chitarra, rimase ad ascoltare per un po’ poi bussò
leggermente al vetro e quando Mark si voltò, gli indicò con la mano la porta,
chiedendogli se poteva entrare.
Mark le fece cenno di sì con la testa riponendo la chitarra.
“Ciao Mark…” disse lei mentre richiudeva la porta alle sue spalle.
“Ciao…” rispose un po’ imbarazzato Mark
“Come va?” chiese Mark con imbarazzo mettendo le mani nelle tasche dietro
del jeans.
“Non mi lamento…tu?” rispose Liz con il suo solito gentile sorriso che
trasmetteva una tranquillità indescrivibile.
“Bene grazie! Come mai da queste parti?” chiese il ragazzo.
“Stavo cercando Alex…ma vedo che non c’è!” disse lei sempre
sorridendo.
“Anch’io ero venuto per parlare con lui ed invece…” disse lui finendo
il suo pensiero allargando le braccia e buttando le spalle avanti.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi subito Liz indicando la chitarra che poco
prima Mark stava strimpellando, riprese la parola.
“Bella quella melodia! È tua?”
“Sì…era la base di una vecchia canzone che non ho mai finito!”
“Peccato sarebbe stato un successo!”
“Non credo proprio! Non l’avrei mai suonata in pubblico…era una cosa solo
mia, e tale sarebbe dovuta restare!”
“Perché non la finisci ora allora?” chiese Liz avvicinandosi alla
chitarra.
“Perché non è più tempo! Pensai a quella canzone in un particolare stato
d’animo, volevo scriverla per poter dire cose che non riuscivo ad esprimere
con le semplici parole! Se dovessi finirla adesso non riuscirei a dire quello
che volevo dire invece allora…e non mi piacerebbe più! Una canzone come un
libro…o come una poesia, una volta passato il suo tempo deve essere riposta
nell’angolo più buio di un cassetto e lasciata lì…nascosta! Ogni tanto la
riprendi per vedere se ti da ancora le stesse emozioni…per poi nasconderla di
nuovo. Guardarla con il senno di poi ti fa capire se è bella o brutta, se
parla di stronzate o di cose serie……e se sono valse o meno le notti in
bianco passate per scriverla!”
“Hai scritto altre canzoni?” chiese Liz.
“No…o almeno nulla di che! Non è il mio mestiere scrivere canzoni…anche
se mi piacerebbe farlo! Ma sarei troppo egoista…perché scriverei solo cose
che piacciono a me, incurante magari di chi le ascolterebbe!”
“Beh…questo è un bene! Se scrivi per voler piacere per forza…le cose ti
riescono male….ne diventi ossessionato! Se invece lo fai perché vuoi dire
qualcosa di tuo, che ti piace……e che ti da emozione allora scrivi senza
preoccuparti del giudizio degli altri! Quello che scrivi su quel foglio sei te
stesso…” disse Liz mostrando di gradire la discussione con Mark.
“E’ vero!”
In quel momento nella sala prove arrivò Isabel, che osservò senza farsi
vedere i due ragazzi. Poi vedendo i due ragazzi discutere serenamente e
volendone ascoltare i contenuti aprì l’audio della sala prove.
“Di cosa volevi parlare con Alex? Se posso chiedertelo…”
“Volevo scusarmi per il mio comportamento di qualche tempo fa….non abbiamo
più avuto modo di parlare!… Per colpa mia…non hanno più partecipato al
concorso…ed allora…”
“Capisco…”
“Tu invece?” chiese Max a voler uscire da un certo imbarazzo…non gli
piaceva ammettere i suoi errori.
“Ero venuta per fargli una tiratina d’orecchie! È da qualche giorno che
non si fa più né vedere né sentire…e non ci si comporta così con gli
amici! Ci fa preoccupare…”
“E come mai?” chiese sorpreso Mark all’oscuro di tutto quello che era
successo tra Alex ed Isabel.
“Ecco……ha avuto una…discussione…se così si può dire…con
Isabel…”
“Non ne sapevo nulla! Il motivo?” chiese ancora più sorpreso Mark.
“Ecco…” Liz esitò prima di rispondere e quindi ci pensò Alex che dal
retro della sala prove era entrato ed aveva ascoltato la discussione tra i due
ragazzi non accorgendosi però anche della presenza di Isabel.
“Sei tu il motivo!” disse dalla soglia della porta.
“Che cosa?” chiese sorpreso Mark.
“Non hai capito! Uh…vediamo un po’……come spiegartelo in termini più
elementari?…mi hai fregato la ragazza!” disse Alex con aria cupa e con tono
nervoso e sarcastico, mantenendo sulle labbra un sorriso nervoso.
“Ma cosa stai dicendo!?” rispose Mark deglutendo a fatica, sapendo di
essere nel torto per aver baciato Isabel.
“Senti…da quando sei arrivato qui con quell’aria misteriosa…da divo
maledetto…non hai fatto altro che prenderti tutto quello che mi
apparteneva……la band prima…gli amici poi……ed infine come ciliegina
sulla torta……Isabel! Cos’altro vuoi? Anche questa fottutissima chitarra?
Prendila!” disse lui scaraventando a terra la sua chitarra che cadendo uscì
dalla custodia.
“Vuoi anche la mia auto? Tieni…ecco le chiavi!” disse lanciandogliele sul
petto.
“Alex calmati! Stai esagerando!” gridò Liz avvicinandosi all’amico
infuriato.
Tutto ciò avveniva mentre da fuori Isabel osservava, senza intervenire, tutto
quello che succedeva.
Mark si accovacciò per riporre la chitarra, che Alex aveva scaraventato a
terra, nella custodia.
“Non toccare quella chitarra!” disse Alex mentre appoggiando un piede con
violenza sulla base dello strumento, impedì a Mark di prenderla.
“Alex…non credevo che provassi…tanto odio nei miei confronti! Credevo che
fossimo amici!” disse Mark che ancora accovacciato alzò lo sguardo verso
l’amico che Liz cercava di calmare.
Liz rivide quell’aria spaesata e indifesa di un bambino negli occhi di Mark,
e provò un immensa pena per lui, ma capiva, e si sforzava di farlo, anche
Alex.
“Credevi male!”
“Me ne sono reso conto! Ma vorrei dirti una cosa! Fino ad ora hai parlato
della band, degli amici…di Isabel…come…oggetti di tua proprietà…ma non
lo sono! Non sono oggetti! Le persone hanno una propria testa…e decidono da
sole cosa fare! Con questo io non sto dicendo di essere migliore di te….e che
quindi hanno scelto me invece che te…che sia chiaro…sarebbe assurdo il solo
pensarlo! Io non impongo la mia amicizia e la mia presenza a nessuno……perciò
posso lasciare la band se ti fa piacere…posso allontanarmi dagli amici che
abbiamo in comune….se questo ti può rendere una parte di ciò che ti avrei
tolto……ti potrei anche dire che ti lascerei Isabel…….ma lei non è un
oggetto di mia o di tua proprietà…..e poi forse egoisticamente la amo troppo
per poterla vedere al fianco di qualcun altro!” disse Mark con un tono molto
sereno.
Isabel sentì il suo cuore esplodere alle parole di Mark, ma decise di non
entrare nella sala prove.
“Hai finito con la tua lezioncina?” disse molto infastidito Alex
“Sì…” rispose storcendo il muso Mark.
“Allora adesso t’insegno io una cosa!” disse lui spingendo via Liz e
dando un pugno in pieno viso a Mark che cadde contro la batteria alle sue
spalle.
Isabel non appena vide ciò, si precipitò nella sala prove, e mentre Liz
tratteneva a stento Alex, lei corse subito da Mark preoccupata dalla reazione
che il ragazzo poteva avere.
Ma Mark non reagì! Incassò il colpo ed alzandosi andò via…mentre Isabel lo
guardò prima inerme per poi decidere di seguirlo.
“Mark…Mark…aspetta!” lo chiamo più volte Isabel.
“Che vuoi? disse lui senza nemmeno girarsi.
“Pensavi davvero quello che hai detto di me…cioè di noi…” disse
confusamente.
“Io dico sempre e solo quello che penso!” rispose girandosi per un attimo.
“E’ pietà quella che sto leggendo adesso nei tuoi occhi? Beh risparmiala
per qualcun altro! Vai da Alex…lui sta peggio di me! Io non ti ho mai avuta e
perciò non so cosa si possa provare a perderti! Ma so quello che si prova a
dover far finta di non amarti…” continuò poi Mark
“E allora perché non possiamo stare insieme?” urlò Isabel mentre Mark si
stava allontanando.
“Lo vuoi sapere?” chiese indispettito Mark mentre tornava indietro a passo
veloce.
“Sì! Lo voglio sapere!” rispose altrettanto indispettita lei.
“Non possiamo stare insieme…perché hai un effetto devastante su di me! Da
quando ti ho conosciuto ho camminato lungo quella sottile linea di confine che
c’è tra l’amicizia e l’amore! Ed ho fatto di tutto per non oltrepassarla
mai……poi tu mi hai travolto come un fiume in piena con quel bacio, e per
quanti sforzi abbia fatto…io…io non sono riuscito più a tornare aldilà di
quella linea!”
“E non è un bene?” chiese ingenuamente la ragazza.
“Un bene?” disse Mark sorridendo ironicamente, “Forse sì…perché mi
sono reso conto di poter provare ancora delle emozioni del genere per
qualcuno…cosa che non credevo più possibile! Ma per il resto non ci vedo
nient’altro di positivo! E nemmeno tu dovresti farlo!”
Isabel restò per qualche istante a guardarlo
Ancora una volta Isabel lo chiamò invano, era lì da sola, ma adesso aveva
delle certezze e non solo dubbi e mezze verità.
Quella sera stessa, invece che il mattino seguente, Mark e Tess partirono alla
volta di Seattle.
Durante le prime ore di viaggio, i due fratelli ebbero molto di cui parlare
quando ad un certo punto in un momento morto della discussione.
“Mark…” disse Tess fermandosi quasi avesse paura di parlare.
“Che c’è?”
“Com’è…Oseda? Come padre intendo?” disse farfugliando timidamente la
domanda.
“Intendi dire se è un buon padre?” chiese Mark guardandola con tenerezza.
“Si…insomma…cosa mi sono persa?” disse sorridendo nervosamente.
“Mah…credo che con te sarebbe stato un padre esemplare, come tutti i padri
con le figlie femmine! Ti avrebbe fatto uscire solo a sedici anni, con amiche
selezionate e di cui conosceva bene le famiglie…fino alle otto di sera…guai
a te se poi ritardavi di un minuto! Ti avrebbe aspettato senza mai muoversi
dalla finestra…inventando qualsiasi scusa pur di non ammettere che era
attaccato a quella finestra ad aspettare il tuo ritorno! Guai se qualche
ragazzo avesse osato importunarti….e si sarebbe sentito male se gli avessi
detto che ne avevi uno! Sai com’è…la storia della gelosia ed il discorso
di vederti sempre, anche a 40 anni, come la sua bambina….figurarsi a 16 anni!
Sarebbe stato un vero dittatore formato famiglia!” disse Mark con tono
divertito, facendo una descrizione un po’ troppo umana di Oseda.
“Sì…sarebbe stato proprio così! Ma ti avrebbe voluto un mondo di
bene…” disse ancora Mark convincendosi o cercando di convincersene del
tutto.
Tess abbassò lo sguardo sorridente vedendo davanti agli occhi le immagini di
Oseda impegnato a fare quello che stava raccontando Mark.
“…e te ne vorrebbe molto anche adesso! Se solo gli dessi la possibilità di
farlo!” finendo la frase che aveva lasciato in sospeso poco prima.
Il sorriso di Tess…si spense d’improvviso, poi disse:
“Cos’è? Complicità tra padre e figlio?”
“Io complice di papà? Non mi ci vedo proprio!” disse sorridendo, poi
diventato serio continuò: “E’ solo che io non gli ho dato la possibilità
di essere padre…e di essere un buon padre…e vorrei che tu non facessi lo
stesso mio errore! In fondo i fratelli maggiori servono anche a questo…non
sono sempre solo una rottura di scatole!”
“Ho voglia di dormire! Buonanotte!” disse scura in volto voltandosi verso
il finestrino e coprendosi con la giacca.
“Ok…però pensa a quello che ti ho detto…non ti chiedo molto…solo due
minuti prima di addormentarti…”
Tess fece un cenno con la testa nascosta dalla giacca, e Mark lo interpretò
come un sì…molto forzato.
Il
mattino seguente a Roswell…
“Max…Max…svegliati! Abbiamo un problema…”
“Che problema?” farfugliò Max ancora ad occhi chiusi.
“Tess!”
“Che ha combinato stavolta?” chiese sempre assonnato.
“Non è tornata a dormire! E mancano alcuni suoi vestiti…credo stia con
Mark!”
“Bene…e allora qual è il problema?”
“Che sta con il fratello….ma non più qui a Roswell!” disse con aria
rassegnata e preoccupata.
Max sempre ad occhi chiusi in segno di desolata rassegnazione, lasciò cadere
il braccio lungo la fiancata del letto, a toccare il pavimento, a voler
sottolineare che non c’era un attimo di pace
“Dove possono essere andati?” chiese poi non ancora del tutto sveglio.
“Non lo so! Mark è appena tornato da Washington e già riparte così
d’improvviso!”
“Ok...dammi il tempo di una doccia….ed andiamo al Crashdown!”
“Perché non ci avranno detto nulla?” chiese Isabel.
“O perché non si fidano o perché non vogliono coinvolgerci!”
“Max…qualche notte fa io ho sentito delle voci provenire dalla camera di
Tess! Era pressappoco la mezzanotte…e c’era un uomo seminascosto dal buio
che ha dato un computer portatile a Tess, dicendole di portarlo con urgenza a
Mark…”
“Credi che c’entri qualcosa quel computer?”
“Credo di sì! E poi quel tipo…aveva un aria familiare…ma non sono
riuscita a riconoscerlo…”
“Ok…non ci pensiamo adesso….”
Una
volta al Crashdown…
“Lo strano comportamento di Mark è incominciato da quando è arrivato quel
suo amico…Jeremy! Prima tutti quei soldi…poi la “fuga” a Washington…e
adesso sono scomparsi lui e Tess senza nessun motivo!” illustrò Isabel.
“E se stessero complottando contro di noi?” chiese Michael con aria da
cospiratore.
“Ma che stai dicendo? Ricominci con i tuoi stupidi sospetti! Ti ricordo che
hai già avuto risposta alle tue stupidi insinuazioni!” rispose molto
infastidita Isabel…
“Ehi…calma! Era tanto per parlare…e poi è comunque un ipotesi da non
scartare! Ti ricordo che Eidens stava cercando di controllare la mente di
Mark…e se ci fosse riuscito…” cercò di spiegare il suo pensiero Michael.
“Non ci è riuscito!” rispose lei seccamente.
“Sì…ma se ci fosse…” Michael cercava nuovamente di concludere il
pensiero precedentemente lasciato in sospeso.
“T’ho detto che non c’è riuscito! Punto e basta!” disse Isabel con una
decisione che quasi incuteva timore in chi l’ascoltava.
“Pensa quello che vuoi!” disse Michael molto contrariato, e lanciando un
panno contro il muro, ritornò in cucina.
“Non credi di aver esagerato?” chiese Max con tono pacato.
“Sì…forse sì! Ma non mi va che ogni volta si sospetti subito di Mark!”
“Effettivamente…ha ragione! Perché non possono essere partiti per stare un
po’ insieme! In fondo devono pur recuperare il tempo perduto!” cercò di
rasserenare tutti Liz.
“Sì…ma perché non dirci nulla…e partire in gran segreto!?” disse
Maria facendo ripiombare tutti nei dubbi.
“Dovremo avvertire Nasedo?” chiese Liz.
“Non ancora…magari hai ragione tu! Vogliono solo recuperare il tempo
perduto…” disse Max.
“Sta succedendo quello di cui avevo paura!”
“Di che parli?” chiese Liz.
“Il gruppo si sta sgretolando!”
“Non esagerare…in fondo siamo amici, ed è normale che tra amici ci siano
delle discussioni e delle liti…” cercò di rasserenarla Maria.
“Io credo che anche lo scontro con Alex lo abbia portato ad allontanarsi!”
disse ancora Isabel.
“Comunque non ci resta che aspettare il loro ritorno!” suggerì Max.
“Isabel…scusa…ma…tu…cioè i vostri pensieri non erano uniti?”
chiese Liz.
“Sì…e dovrebbero esserlo ancora……ma in questo momento, forse perché
sono nervosa non riesco a percepire nulla di lui…”
“E’ per questo che sei così preoccupata?” chiese ancora Liz.
“Può darsi…” rispose sconfortata Isabel mentre si teneva la fronte.
“Isabel…non sono fatti miei, ma vedo che questa situazione fa star male sia
te che Alex e Mark…ecco…perciò approfitta di questo periodo di assenza di
Mark per far chiarezza…in modo da evitare spiacevoli episodi come quello di
ieri!” le suggerì dolcemente, come il suo solito, Liz.
“Mi stai dando la colpa di quello che è successo?” disse molto adirata
l’aliena.
“Isabel calmati! Non ti stiamo facendo un processo…né tanto meno ti stiamo
accusando di qualcosa! Liz sta cercando di dirti che sei fai chiarezza…è
meglio per te…non certo per noi!” disse Max rafforzando la tesi di Liz e
rimproverando Isabel per il suo atteggiamento.
“Avete ragione…scusate!” disse lei alzandosi ed andando via.
Qualche
giorno dopo…
“E’
a Detroit!” disse Isabel entrando come una furia nella stanza di Max
sbattendo un giornale sulla sua scrivania.
“Chi?” chiese Max mentre teneva gli occhi chiusi e cercava con le dita alla
testa di farsi passare il mal di testa.
“Mark! E’ a Detroit! Leggi qui!” disse lei mettendogli il giornale
davanti al viso.
“Il presidente Bush incontra gli alunni dell’Accademia Swarzckoff….”
“Non qui! Ma qui!” disse lei indicando un altro articolo nella pagina in
basso a destra.
“Bambina di quattro anni con il corpo devastato da tumori miracolosamente
salva! I tumori sono rapidamente regrediti…dalla sera al mattino, così come
per magia! I medici non se ne spiegano il motivo dato che la piccola Sarah da
tempo non era più sottoposta a cure o terapie visto che il suo organismo non
sopportava più le pesanti cure prestate. Non si capisce a cosa sia dovuta
questa miracolosa guarigione, la bambina poteva già essere dimessa in
giornata, ma i medici l’hanno voluta tenere ancora qualche giorno sotto
osservazione oltre per accertarsi che non ci siano più macchie
tumorali…anche con la speranza di trovare una spiegazione nel suo DNA che
possa guarire altri malati di cancro.”
Max lesse tutto d’un fiato l’articolo con interesse e sorpresa.
“Ed allora? Che c’entra Mark?” chiese Max alla sorella.
“Finisci di leggere!” disse Isabel che a braccia incrociate si era
appoggiata allo scaffale dei libri ed osservava Max leggere l’articolo.
Max rilesse velocemente con gli occhi la parte già letta per vedere il punto
in cui si era fermato e riprese da quel punto a rileggere ad alta voce.
“Sul corpo della bimba e precisamente sul petto è stata ritrovata
l’impronta argentata di una mano, si è provata a lavarla via, ma
l’impronta è rimasta intaccata come se fosse un tatuaggio….”
Max qui alzò gli occhi verso Isabel che si era avvicinato verso di lui.
“E allora? Chi ti dice che è stato Mark?” chiese Max cercando di smontare
subito le illusioni della sorella.
“E’ stato lui! Noi non siamo stati…Nasedo e Oseda nemmeno…i nostri
nemici non credo proprio che rischierebbero la loro copertura per salvare una
bambina…quindi è stato Mark!”
“Perché ne sei così convinta?”
“Perché lo so! E poi quella bimba si chiama Sarah……e non è un caso!”
disse lei guardando l’articolo.
“E adesso?”
“Voglio andare a Detroit!” disse Isabel.
“Sapeva che avresti detto questa sciocchezza!” disse Max alzandosi di colpo
dalla sedia.
“Perché è una sciocchezza?”
“Perché non stai ragionando! Sei preoccupata per lui…come lo siamo tutti!
Ma corrergli dietro per mezza America sperando di trovare tracce di lui su un
giornale non è certo intelligente! Se non vorrà farsi trovare avrà i suoi
motivi!”
Max si rese conto di essere stato troppo duro con la sorella, che sicuramente
non stava attraversando un periodo facile, perciò avvicinatosi a lei e
poggiatele le mani sulle spalle le disse a bassa voce:
“Non posso dirti di seguire il tuo cuore…perché il cuore spesso ti porta a
fare delle stupidaggini! Perciò fa solo ciò che in questo momento ti rende
serena e felice…non preoccuparti ora del futuro!”
“Max ho…paura di perderlo per sempre!” disse voltandosi verso il fratello
con gli occhi lucidi.
“Isabel…non l’hai mai avuto!” disse lui con un certo distacco, dovuto
forse al mal di testa.
“Ti ringrazio! Scusa se il mio amore non è nemmeno minimamente paragonabile
a quello tuo con Liz!” disse con rabbia ed ironia
“Non dire sciocchezze…” la richiamò lui.
“Sciocchezze? No…questo è la realtà! Ma non è questo quello che conta
adesso! Quello che conta è che prima riuscivo a sentire e comunicare con
lui…ma lo facevo con la sua parte umana….adesso invece sento che la sua
parte aliena lo sta sopraffando…Mark non è più lui….o non vuole più
esserlo….” e scoppiò in un pianto liberatorio tra le braccia del fratello.
I
giorni passarono, alcuni lenti altri in fretta, e si giunse al giorno del
matrimonio dello sceriffo Valenti con Amy De Luca.
Qualche
giorno prima del matrimonio, tornarono a Roswell anche Mark e Tess….
Il Crashdown era pieno in ogni posto, e chi stava in piedi affollava il grosso
bancone.
Liz era impegnata a passare le ordinazioni a Michael, finché non vide entrare
Tess con un grosso borsone dalla porta.
“Tess!?”
“Che?” chiese Michael che credeva di non aver capito il nome di un
ordinazione, poi vedendo Liz guardare verso l’ingresso, guardò anche lui
attraverso la piccola finestra da cui si prendevano le ordinazioni.
Appena riconobbe Tess, scattò fuori dalla cucina, lasciando andare a fuoco un
hamburger.
“Michael? Ma che diamine combini?” esclamò Maria precipitandosi ai
fornelli per tirar via l’hamburger ormai carbonizzato.
“Ciao ragazzi!” disse Tess con aria sorridente.
“Ciao? È tutto quello che sai dire? Si può sapere che fine avete fatto?”
l’attacco subito Michael.
“Michael non né il momento né il luogo adatto!” disse Liz invitandolo a
calmarsi dato che tutti nel locale si erano girati verso di loro.
Michael si rese conto di aver attirato l’attenzione di tutti e prima di
tornare in cucina disse solo:
“Stasera dobbiamo parlare…e parecchio!”
“Di cattivo umore, eh?” chiese Tess a Liz.
“E’ normale! Eravamo tutti preoccupatissimi! Ma dov’è Mark?”
“Aveva un impegno…” disse lei vagamente, poi continuò dicendo
“…posso avere un caffè?”
“Certo! Te lo porto subito!” le rispose Liz.
Quella sera tutti si radunarono a casa di Michael…tutti tranne Alex, che
ormai per via di Isabel si era allontanato dal gruppo, e Mark che anche quella
sera aveva un impegno, come spiegò sempre vaga Tess.
“Allora?” chiese Michael in cerca di spiegazioni convincenti.
“Allora che?” chiese Tess come se il fatto non fosse il suo.
“Perché siete spariti? Dove siete spariti? E perché non ci avete detto
nulla?” chiese subito Michael che non riusciva a controllare i suoi bollenti
spiriti, mentre Max lo invitava con lo sguardo alla calma.
“Volevamo recuperare il tempo perduto! Volevamo sentirci davvero fratello e
sorella! Siamo tornati in Alaska come l’estate di due anni fa quando ci
incontrammo la prima volta……” fino a questo momento le spiegazioni della
ragazza erano state chiare e coincise quasi fossero state studiate a tavolino,
ed era questo quello che pensava Isabel, che pensava e ripensava all’articolo
di quella bimba, di sicuro loro c’entravano!
“E perché non ci avete detto nulla?” chiese Max
“Perché…perché non ci avreste lasciati andare!” spiegò senza pensare
Tess.
“Non vi avremmo certo costretti con una pistola a stare qui! Non siamo in
regime dittatoriale!” spiegò sarcastica Maria.
“Avete ragione! Ma Mark voleva stare per conto suo…completamente isolato!
Voleva riflettere…”
“Avete riflettuto poco quando siete scomparsi però!?” disse Michael
“Ecco..noi…” cercò di spiegare innervosita dal continuo processo a cui
era stata sottoposta fino a quel momento poi reagì
“Non abbiamo fatto nulla di male!” disse solo, mettendo però tutti di
fronte alla realtà.
“Tess…non ti stiamo dando la colpa di nulla! È solo che quando siete
scomparsi abbiamo avuto paura che vi fosse successo qualcosa…non sapevamo
cosa pensare! Capisci?” spiegò Max con tono pacato.
“Hai ragione! Scusa! Scusate tutti!” disse Tess.
Isabel si alzò di colpo e si avviò all’uscita.
“Isabel? Dove vai?” chiese Max con apprensione.
“Voglio fare due passi…da sola!” e detto questo uscì
“Cos’ha?” chiese Tess vedendo Isabel in modo strano.
“Magari lo sapessimo!” rispose subito Michael.
Poco dopo a casa di Mark.
Mark arrivò correndo davanti alla porta di casa sua, e mentre cercava nelle
sue tasche le chiavi, avvertì la presenza di qualcuno.
“Ehi…come mai qui? Potevi entrare no?” disse volgendosi alla sua destra
dove seduta sulle scale in semioscurità c’era Isabel.
“Non avevo le chiavi!”
“Non mi sembra che tu abbia bisogno di chiavi dove vuoi entrare o ricordo
male?”
Isabel sorrise senza troppa voglia.
“Non mi hai risposto! Come mai qui a quest’ora?”
“Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto!” disse
Isabel alzandosi dalle scale ed avvicinandosi al ragazzo.
“Grazie per avermi accostato a Maometto…” disse mentre aprì la porta e
si fece da parte per far entrare Isabel per prima.
“Non montarti la testa! Piuttosto come mai conciato così?” disse Isabel
notando l’insolito abbigliamento di Mark fatto di una tuta nera e scarpe da
ginnastica.
“Ho fatto un po’ di corsa…” rispose evasivo Mark.
“E l’hai fatta in una discarica?” chiese ancora ironicamente Isabel,
vedendo che gli indumenti del ragazzo erano molto sporchi di fango e di strisce
verdi.
“Sono caduto!” disse frettolosamente Mark guardandosi, non accorgendosi
prima delle condizioni in cui era.
“E i guanti ed il cappellino?” chiese ancora allusiva la ragazza, notando i
due indumenti uscire dalla tasca della tuta.
“Hai un’accusa precisa da fare o vuoi una spiegazione su ogni attimo della
mia giornata?” rispose Mark non più calmo, messo sotto pressione dalle
continue domande allusive di Isabel.
“Io vorrei solo capire perché non appena le cose tra noi cominciano a
funzionare, e non devo quindi continuamente arrampicarmi sugli specchi…arriva
sempre qualcosa che mi spinge via lontano da te! Scompari d’improvviso…né
una telefonata…né uno straccio di biglietto…nulla! Non sapevamo se stavi
bene…se era normale la tua scomparsa…se eri vivo! Perché tutti questi
misteri?”
“Forse perché è il destino a volerlo?”
“O sei tu? Per te cos’è il destino?”
“Il destino è solo una serie interminabile di coincidenze! Coincidenze che
mi hanno reso consapevole del fatto che mi devi stare il più lontano
possibile! Fa conto che sia un appestato…o quello che ti pare…ma stammi
lontana!” disse lui senza nemmeno guardarla, tenendo lo sguardo basso,
sapendo che se avesse guardato nei suoi occhi non sarebbe riuscito a dirle
quelle cose.
“È questo che vuoi?” chiese Isabel mentre una lacrima le scendeva veloce
lungo il viso.
“Io voglio solo che la mia vita non sia più legata
a nessuno! In special modo a te!”
“Così da oggi quando mi vedrai farai finta di non provare nulla per
me…farai finta che sia un’appestata?”
“Non mi sarà difficile farlo!”
“Bravo…adesso ti sto iniziando a conoscere!”
“Credi? Bene! Meglio tardi che mai!”
“Perché vuoi essere per forza quello che non sei?”
“Io sono così! Sei tu che hai voluto vedere solo quello che volevi! Tu credi
che io abbia rischiato la mai vita per salvarti….ma invece stavo solo
cercando di farmi uccidere da quegli uomini…visto che non avevo il coraggio
di farlo da solo! E ci sono quasi riusciti! Tu credi che io sia innamorato di
te….ma invece io in te vedo solo Sarah….ed è quello che mi fa provare
qualcosa per te.”
“Perché mi stai dicendo queste cose?” chiese Isabel scotendo la testa.
“Perché è la verità…ed è quello che penso!” rispose con freddezza
Mark.
“Va bene! Mi hai reso più facile la scelta…” disse strappandosi dal
collo il ciondolo che lui le aveva regalato buttandolo per terra con tutta la
rabbia che aveva in corpo, quasi a voler scacciare insieme al ciondolo anche il
ricordo di Mark dai suoi pensieri.
“Ne sono contento!” rispose lui senza attenzione, “..ora se non ti
dispiace ho una festa di addio al celibato a cui partecipare…” disse
poi senza cura.
“Buon divertimento!” disse lei sbattendo la porta e andando via.
Tutti quel mattino erano stravolti dal sonno! Le feste di addio al celibato e
al nubilato avevano lasciato vittime da entrambi le parti! Quella più
stravolta era sicuramente Maria, che la sera prima aveva bevuto come una spugna
per dimenticare ciò per cui si stava festeggiando! Non era certo facile per
lei accettare che nel cuore della madre, nel posto che era una volta occupata
da suo padre, adesso ci fosse lo sceriffo Valenti.
Erano
pressappoco le 11 quando i ragazzi uscirono dalle rispettive case per
ritrovarsi nel luogo della cerimonia tutti in ghingheri.
Il luogo della cerimonia fu scelto dalla sposa, era una vecchia villa fatta
tutta di antico marmo bianco con grandi colonnati di stile classico, con ampi
viali alberati, fiancheggiati da prati e giardini.
Max, Michael ed Alex erano “rinchiusi” in eleganti smoking neri, che per
affittarli erano costati un occhio della testa. Camminavano impacciati come tre
robot sia perché non abituati a vestire così, sia perché cercavano di
evitare movimenti bruschi che avessero potuto causare danni a quel
“patrimonio”.
Isabel, Liz e Maria indossavano lunghi vestiti color grigio perla, e da
damigelle portavano un piccolo bouquet di fiori come bracciale. Anche Mark e
Tess avrebbero dovuto indossare gli stessi vestiti degli altri, ma fino a quel
momento non si erano ancora presentati.
Al matrimonio erano presenti oltre ai Parker e gli Evans, anche i genitori di
Alex e Nasedo (in alta uniforme dell’esercito)…mentre era evidente
l’assenza di Kile, assenza annunciata poiché impegnato negli esami e come
detto di Mark e Tess, ma tutti speravano che i due fratelli almeno prima della
fine della cerimonia si fossero fatti vivi.
Oseda invece arrivò a cerimonia iniziata, e rimase in piedi all’ingresso del
vialetto, per non disturbare la cerimonia.
Nell’attesa che la sposa arrivasse tutti i ragazzi si guardavano a vicenda
sorpresi nel vedere quanto quei vestiti così eleganti li rendessero così
diversi dalla vita di tutti i giorni…per loro sembrava di essere in una
fiaba.
Inutile stare a raccontare gli sguardi che Max e Michael si scambiavano con Liz
e Maria, mentre Isabel cercava in tutti i modi di evitare lo sguardo duro e
severo di Alex.
La madre di Maria arrivò con un completo bianco, un grosso bouquet ed un
piccolo velo che le copriva il viso. Lo sceriffo Valenti, che indossava la
divisa da sceriffo nuova di zecca, rimase con un aria inebetita di fronte alla
bellezza della donna, che sembrava aumentare man a mano che si avvicinava al
piccolo altare creato apposta per l’occasione…
La cerimonia fu rapida e non noiosa, e nel momento in cui arrivo il momento
dello scambio delle promesse e degli anelli, Isabel sentì qualcuno che la
osservava, e voltatasi di colpo vide Mark e Tess che appena arrivati erano
rimasti dietro, con aria quasi cospiratrice, a fianco ad Oseda. Dopo Isabel, un
po’ tutti si erano accorti dell’arrivo dei due fratelli, e tutti
aspettavano con impazienza che la cerimonia finisse per poter sapere dove erano
stati, e perché erano arrivati così in ritardo! Il dubbio che i due fratelli
stessero nascondendo qualcosa, cresceva di momento in momento.
Mentre i due sposi si scambiavano gli anelli, Isabel si voltò ancora una volta
verso Mark, che dal canto suo non aveva smesso un attimo di osservarla.
Isabel solo adesso notò, visto che la sera prima era troppo presa dalla rabbia
che Mark aveva tagliato i capelli, non li portava più lunghi come prima, ma
solo poco più dell’orecchio…gli sembrava anche più magro, e per qualche
istante entrambi rimasero a guardarsi fisso, persi in chissà quali pensieri!
Poi furono portati alla realtà dall’applauso che incorniciò il bacio alla
sposa.
Più tardi,
durante il rinfresco…
“Figliolo!” esclamò Oseda con gli occhi colmi di gioia, appena ebbe la
possibilità di parlargli.
“Papà!” rispose Mark mostrando un’aria sicura ma comunque commossa.
“Vorrei parlarti!” disse Oseda.
“Va bene!” rispose Mark seguendo il padre fuori lungo il grosso terrazzo
del ristorante.
“Mark…hai qualche problema? Se ne hai…ti prego parlane con me!” chiese
con tono preoccupato l’alieno.
“Papà io non…”
“Aspetta! Non pensare che io non abbia fiducia in te! E’ solo
che…io…non ti conosco come dovrei! Purtroppo siamo stai lontani tanto
tempo……ed io non so come sei veramente! Non so se sei estroverso….o
chiuso in te…non so che musica ascolti……non so chi erano i tuoi
amici……”
“Papà…credi che sia colpa mia!?” disse freddamente Mark guardando la
piscina su cui la terrazza si affacciava.
“No! Non è colpa tua! Ecco perché te ne sto parlando……” disse
mortificato Oseda.
“Io credo che ormai sia tardi……per fare le “presentazioni”! E’
vero! Io sto male……soprattutto quanto te ne vai! Non abbiamo mai giocato
insieme……non sei mai venuto ad un incontro con i miei professori……non
c’eri quando avevo la febbre….o quando ho fatto la prima volta la barba!
Non c’eri quando ho imparato a portare la macchina! Non c’eri il giorno
della mia prima comunione……e probabilmente non ci sarai nemmeno il giorno
remoto in cui deciderò di sposarmi! Nei miei momenti più importanti, più
belli e più brutti…tu non c’eri! Non ho mai dato due calci ad un pallone
insieme a te…come facevano tutti i bambini della mia età! E adesso mi chiedi
di dirti quello che sono e quello che sento……ma forse…non ti rispondo
perché non lo so nemmeno io! Io so solo che ti voglio bene……che quando
siamo uno di fronte all’altro come in questo momento…quel desolato vuoto
che c’è nel mio cuore….si riempie……però fa male…molto male…quando
si svuota!”
“Mark……mi dispiace! Non sono certo stato un buon padre……ma a volte la
vita ti porta a fare scelte egoistiche e senza ritorno…e spesso chi ne paga
le conseguenze sono le persone a cui vuoi bene…….e che ti vogliono bene!
Tua madre…”
“Non nominarla! Non voglio che tu lo faccia!” disse violentemente lanciando
un'occhiataccia al padre.
“Hai ragione scusa! Volevo solo darti questa…” disse porgendogli una
lettera presa dalla tasca interna della giacca nera, “…vado da tua
sorella…” disse poi voltandosi e lasciandolo solo con quella busta
sigillata.
Mark…la guardò per qualche istante, riconobbe la scrittura della madre, poi
mentre si era deciso ad aprirla…si fermò! La guardò ancora e dopo averla
avvicinata al cuore, decise di tenerla così…sigillata senza sapere cosa ci
fosse scritto! Il perché? Non lo sapeva nemmeno lui!
Poco dopo Nasedo chiamò a se l’attenzione di Oseda, che subito accorse al
richiamo dell’altro alieno.
“È il momento!” esclamò freddamente Nasedo.
“Ok andiamo! Ma sei sicuro di non voler dire nulla a Max e gli altri?”
“Certo! Si opporrebbero…e noi non abbiamo tempo per discutere!” disse
incamminandosi verso l’uscita.
Presa la macchina i due alieni si diressero alla vecchia miniera, e quando
furono sicuri d’essere soli, uscirono dalla miniera per poi ritornarvi
portando con loro una grossa cassa.
Si lanciarono uno sguardo d’intesa, dopodiché ognuno dei due iniziò a fare
qualcosa. Nasedo iniziò a creare tante buche con un solo gesto della mano, sul
terreno e lungo le pareti della miniera. Oseda invece iniziò ad aprire la
cassa, in cui si trovava dell’esplosivo C4, inserendone nelle buche aperte da
Nasedo e con la mano le richiudeva man a mano.
“Ok abbiamo finito!” esclamò Oseda
“Tra un po’ qui dentro farà parecchio caldo!” esclamò sorridendo Nasedo.
Dopo di che stendendo la mano davanti al suo volto, si trasformò in Max! Anche
Oseda fece lo stesso, ma trasformandosi in Michael. Fatto questo salirono in
macchina e si allontanarono dalla miniera. Passò mezz’ora e la loro auto
fece ritorno alla miniera. Continuavano ad avere le sembianze dei due ragazzi,
entrarono nella miniera, e dopo mezz’ora ben sedici uomini armati fino ai
denti si piazzarono all’ingresso della miniera.
Entrarono tutti insieme gridando e puntando luci in tutti gli angoli della
miniera in cerca molto probabilmente dei ragazzi.
Appena furono tutti dentro, i due alieni uscirono allo scoperto.
“Fermi dove siete! Mani in alto!” gridarono alcuni degli uomini che erano
davanti agli altri.
Nasedo e Oseda si scambiarono un sorriso di compiacimento, avevano previsto
tutto ed ecco perché avevano preso le sembianze di Max e Michael.
Nasedo con un gesto della mano fece saltare la bomba sistemata all’ingresso,
bloccando l’ingresso della miniera e travolgendo gli uomini che erano più
indietro.
I due alieni fecero saltare uno ad uno tutte le bombe, e gli uomini non avendo
il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo, furono travolti uno ad
uno dalla furia delle esplosioni. Quando tutti i corpi furono senza vita,
Nasedo ed Oseda, completarono l’opera facendo bruciare tutti i corpi
rendendoli irriconoscibili, e riprendendo le loro sembianze.
Uscirono dalla miniera causando altre due esplosioni, una per liberare
l’ingresso ed una seconda per richiuderlo definitivamente.
“Credi che qualcuno abbia visto o sentito qualcosa?” chiese Oseda un po’
preoccupato.
“Tranquillo! Tutta Roswell è al matrimonio, nessuno si è accorto di nulla!
È andato tutto come previsto!” esclamò Nasedo soddisfatto del suo operato.
“I ragazzi adesso sono al sicuro! Oltre ai loro uomini migliori, hanno perso
anche tutte le informazioni riguardo ai ragazzi! Tutti potremo tornare ad una
vita normale!” rispose sorridendo Oseda guardando verso l’ingresso della
miniera da cui si distinguevano ancora chiaramente i bagliori delle fiamme.
Nel frattempo il matrimonio era finito e tutti stavano andando via.
Max accompagnò Liz a casa mentre Isabel tornò con i suoi genitori.
“Durerà ancora molto questa situazione?” chiese Liz poggiando la testa su
sedile.
“A che ti riferisci?” chiese Max che una volta messo in moto la jeep aveva
rivolto la sua attenzione a Liz.
“A Mark ed Isabel!”
“Te ne sei accorta?”
“Anche un cieco vedrebbe che fanno di tutto per ignorarsi….entrambi fanno
finta che l’altro non esista……ma non riescono a staccare gli occhi
l’uno dall’altro…quando sono nel raggio di dieci metri l’uno
dall’altro il resto del mondo non esiste…”
“Sì l’ho notato anch’io! Non appena Mark smetteva di guadare
Isabel…iniziava Isabel……”
“Dovremmo fare qualcosa…”
“Credi?” chiese Max corrugando la fronte.
“Credo proprio di sì…” rispose lei con un piccolo sorriso
Il mattino
seguente sia Max che Liz avevano deciso di parlare rispettivamente con Mark ed
Isabel, ma il loro piano fu presto vano, visto che non riuscirono a trovare
nessuno dei due ne al Crashdown né all’Ufo Center.
Pensarono allora che i due ragazzi potessero essere insieme, e che quindi il
loro intervento non era più necessario.
In effetti Mark ed Isabel erano insieme, ma non nel modo che pensavano Max e
Liz.
Isabel stava pedinando dalla mattina Mark in ogni suo spostamento, fino ad
arrivare alla base di Forth Worth dove Max fu portato dopo che fu catturato da
Pierce.
Isabel non capiva il motivo per cui Mark fosse andato alla base, anche perché
non fece altro che stare a guardare, da debita distanza, con un binocolo
l’intera base, e scrivere su di un block notes di tanto in tanto qualcosa.
Vi ritornò anche il pomeriggio e quella notte…e sempre con Isabel, che senza
farsene accorgere, lo seguiva.
Ormai era chiaro che Mark stesse cercando qualcosa nella base, ma cosa? Questo
era il dubbio che attanagliava Isabel, e per questo decise di parlarne con Max
e Michael, senza che altri lo venissero a sapere.
Il giorno
seguente i tre alieni seguirono Mark, e gli spostamenti furono gli stessi che
aveva indicato Isabel per il giorno prima…decisero allora di farsi dire da
Tess che cosa stava succedendo!
Quella
stessa sera pressappoco intorno alle nove e mezzo, i tre alieni presero in
disparte Tess e le parlarono.
“Che state combinando?” chiese subito Michael.
“Di che parli?” chiese Tess, che realmente non capiva a cosa si riferisse
l’amico.
“Tu e Mark! Che cosa ci nascondete? Perché continua ad appostarsi
puntualmente giorno e notte davanti alla base di Forth Worth? Cosa sta
cercando? Cosa vuol fare?” chiese Michael stringendola per un braccio.
“Mi fai male! Lasciami!” disse lei liberandosi della dolorosa stretta.
“Tess…Mark vuole entrare in quella base! Perché?” intervenne allora con
più pacatezza Max.
“….” Tess rimase in silenzio.
“Tess…se Mark entra in quella base…non ne uscirà vivo! Vuoi che gli
succeda quello che è successo a Max?” sottolineò Isabel.
Di fronte a queste parole…Tess si sciolse e decise di parlare.
Raccontò tutto, dal loro viaggio a Seattle prima e Detroit poi in cerca di
informazioni sulla macchina del tempo e su dove potesse trovarsi, sul loro
ritorno e sulla decisione di Mark di infiltrarsi all’interno della base per
cercarla. Non fece però nessun cenno alla piccola bimba che si presupponeva
fosse stata salvata da Mark a Detroit…forse non né era a conoscenza.
“Quando ha deciso di entrare?” chiese Michael.
“Fino ad oggi si è solo appostato per studiare i movimenti della base, i
cambi di guardia e roba del genere….credo che voglia entrare domani notte!”
disse Tess.
“Lo farà stasera stesso! È troppo impaziente! E lo farà da un momento
all’altro!” esclamò Isabel smentendo subito Tess.
“Tess…ti rendi conto del pericolo che avete corso ad entrare nelle sedi
della Majestic 12? E del pericolo che sta correndo adesso?”
“Me ne rendo conto! Ma non sarei riuscito a farlo desistere! È troppo
cocciuto…e se vi avessi detto qualcosa non si sarebbe fidato nemmeno più di
me…e non avrei potuto controllare che non si ficcasse in qualche guaio!”
rispose Tess ammettendo la sua incoscienza fatta però in buona fede.
“Non perdiamo altro tempo! Andiamo subito alla base…o sarà troppo
tardi!” suggerì Isabel.
“Tess…tu rimani qui ed avverti lo sceriffo Valenti di venire subito alla
base! Noi se vorrà entrare cercheremo di fermarlo!” diede subito
disposizioni Max.
In men che non si dica furono alla base, all’interno della zona protetta. La
jeep di Max non aveva mai corso tanto come quella notte, e lo dimostrava il
fatto che il cofano fosse bollente e che di tanto in tanto si sentisse qualche
piccolo rumoreggiamento del motore molto surriscaldato.
La base di Forth Worth al suo esterno, nel grosso piazzale adiacente al grosso
portale d’ingresso, era illuminata solo da due grossi fari.
Movendosi alternativamente, le due luci s’incrociavano nel centro del
piazzale, illuminando un grosso stemma del governo americano dipinto sul suolo.
Ai cancelli c’erano due soldati, ed altri due stavano sulle torri dei due
fari.
L’auto di Mark, una vecchia carcassa usata in attesa che il suo fuoristrada
fosse in condizioni decenti per ritornare in strada, era mimetizzata oltre che
dal buio della notte anche da un piccolo boschetto sul lato destro della base.
Dal lato opposto c’erano Max, Michael ed Isabel, che con binocolo alla mano
osservavano ogni minimo spostamento di Mark.
“Ehi guardate!” disse Michael ai due fratelli che stavano scrutando gli
ingressi della base.
“Sta entrando! Ma da dove?” disse Max notando il movimento dell’amico,
rivolto però non verso l’ingresso ma verso la fiancata destra della base.
“Sembra stia cercando……qualcosa…” suggerì Isabel, notando il
movimento indeciso di Mark.
“Avviciniamoci!” disse Michael.
I due fratelli gli fecero cenno di sì con la testa seguendolo.
Quando furono vicini all’auto di Mark osservarono il ragazzo strappare
dell’erba dal muro, strappo dopo strappo, prese forma un passaggio.
Era un condotto d’aria a livello del pavimento.
Mark forzò la rete di protezione e dopo vi si infilò velocemente
nascondendosi agli occhi degli altri tre alieni.
I tre alieni decisero di seguirlo, ma una volta entrati ebbero un inaspettato
imprevisto.
Max non appena fu all’interno e rivide quei lunghi corridoi e soprattutto lo
stemma del governo americano sul pavimento ebbe un flashback che lo riportò
con violenza alle torture patite ad opera di Pierce…fu un attimo…ma dopo
quell’attimo Max iniziò a respirare a fatica. Il panico prese possesso di
lui, sgranò gli occhi, sentì la stanza girare come un vortice intorno a se,
sempre più veloce! Le voci di Michael ed Isabel gli arrivarono lente e
mostruosamente deformate! Come un pazzo cadde a terra strisciando e tirandosi
indietro non appena Michael o Isabel cercassero di avvicinarsi a lui.
“Max che succede?” chiese Isabel preoccupatissima per il fratello.
“E’ meglio uscire da qui prima che qualcuno si accorga di noi! Rivedere
questo posto non gli ha fatto bene!” disse Michael guardando Max che in un
angolo si era rannicchiato come un bambino, movendosi a dondolo molto
nervosamente.
“Ok! Portiamolo fuori…” disse Isabel avvicinandosi al fratello.
Max vedendo avvicinare i due alieni a se, e vedendo sul loro volto la faccia di
Pierce, iniziò ad urlare frasi senza senso.
Il panico prese anche Michael ed Isabel, che temevano che qualcuno potesse
sentire le urla del ragazzo.
Michael lo prese di peso con l’aiuto di Isabel cercando di tenerlo fermo
mentre la sorella gli copriva la bocca.
Isabel quando Michael e Max furono già fuori, si voltò verso il lungo e
silenzioso corridoio, dopodiché aggiunse solo:
“Andate avanti! Non posso lasciare Mark da solo qui dentro!”
E così sparì nel lungo corridoio mentre Michael invano cercava di chiamarla.
Mentre la ragazza camminava silenziosamente nei lunghi e già conosciuti
corridoi della base, pensava a cosa sarebbe potuto succedere se Mark fosse
stato catturato dai soldati.
Ripercorse con la mente ciò che era capitato a Max, e nel momento in cui
chiuse gli occhi per scacciare quei brutti pensieri, una mano da dietro le si
pose sulla bocca impedendole di urlare, e l’altra la bloccò trascinandola in
una stanza adiacente il corridoio.
“Che diavolo ci fai qui? Non dovevi starmi lontana!?”
Isabel appena fu libera di parlare e di muoversi, e riconoscendo la voce
nervosa di Mark, si voltò d’istinto cercandogli di dare uno schiaffo, prima
però che il ragazzo le bloccasse il braccio.
“Mi hai fatto prendere un colpo! Che ci fai tu qui? Vuoi farti ammazzare?”
“Abbassa la voce!” disse lui a denti stretti, mentre si assicurava che
nessuno si fosse accorto della loro presenza.
“Si può sapere cosa stai cercando di fare? E Tess che ti da anche corda!”
“Isabel…torna indietro! Stando qui mi sei solo d’intralcio!”
“Che cosa vuoi fare?”
“Non è il momento per le spiegazioni…esci subito da qui dentro!”
D’improvviso la loro discussione fu interrotta dal suono di una sirena.
Si erano accorti della loro presenza!
“Maledizione! Usciamo di qui!” disse Mark prendendo per il braccio Isabel e
trascinandola con se verso la porta della stanza.
Prima di uscire, dette un’occhiata fuori nel corridoio, e vide quattro
soldati che armati stavano controllando le stanze vicine.
Richiuse in fretta la porta e cercò velocemente con lo sguardo un’altra
uscita…ma non c’era altro che mura.
Guardò Isabel fugacemente, ma abbastanza per leggere sul suo volto
un’agghiacciante terrore.
Guardò con crescente preoccupazione la porta, si avvicinò e fuse con il suo
potere la serratura, in modo da avere più tempo per pensare ad una via di
fuga. Ma man a mano che i minuti passavano, Mark si rese conto solo di aver
allungato la loro agonia! Vie di fuga non ce ne erano…
Quando i soldati furono giunti fuori alla loro porta ed iniziarono a girare
invano la maniglia, dal soffitto cadde un pannello che copriva il condotto
dell’aria.
L’urto del pannello con il pavimento fece sobbalzare Isabel, che si lasciò
andare ad un involontario urlo di paura, soffocato sul nascere dalla mano di
Mark.
Dal condotto uscì una mano, ed una voce sconosciuta.
“Di qua!”
Isabel guardò Mark in cerca di una conferma “all’invito”, ed il ragazzo,
guardando ancora la porta e pensando ai soldati che da lì a poco sarebbero
piombati all’interno della stanza, fece cenno di sì alla ragazza.
La aiutò ad arrampicarsi, sperando di non finire dalla padella nella brace.
Dopo Isabel salì anche lui e mentre in silenzio seguirono il loro
soccorritore, i soldati erano riusciti ad entrare nella stanza illuminando con
le torce il condotto d’aria aperto.
“Proseguite per questo condotto e vi troverete all’esterno della recinzione
della base!” disse lo sconosciuto soccorritore.
“Perché ci hai aiutato? Chi sei?” chiese Mark cercando nella penombra di
vedere il volto dell’uomo.
“Questo non t’interessa! Muovetevi! Fra poco saranno qui!” disse lui
sparendo nel condotto opposto a quello indicato ai due alieni.
I due ragazzi si mossero velocemente lungo il condotto indicatogli dal
misterioso soccorritore, non certo senza qualche dubbio che sia chiaro, ma
ormai erano in ballo…e dovevano finire di ballare.
Attraversarono velocemente e senza mai voltarsi il lungo condotto, finché
giunsero all’ultima parte del condotto.
Isabel si fermò sotto una botola da cui si vedeva l’esterno e la indicò
senza parlare a Mark.
Mark annuì e le fece cenno di aspettare, e poi si diresse verso il fondo del
condotto per vedere se ci fossero altre botole che davano all’esterno. Tornò
rapidamente alla botola.
“Ok…siamo arrivati all’uscita! Fuori da questa botola non sappiamo cosa
ci aspetta…perciò appena sei fuori…corri a più non posso!”
Isabel si mosse per arrampicarsi alla botola prima che Mark la fermasse
nuovamente per un braccio.
“Corri e non voltarti! Qualsiasi cosa succeda!” disse lui rafforzando
nuovamente il pensiero già espresso.
Isabel rispose di sì con la testa, captando nelle parole di Mark più
preoccupazione che imposizione.
Subito dopo la ragazza, s’arrampicò anche Mark e mettendo la mano sul
terreno all’esterno per darsi lo slancio necessario…incontrò un piede!
Si fermò abbassando il capo e scotendolo, e rendendosi conto di non poter
tornare indietro si rassegnò ad uscire dicendo a bassa voce:
“Dalla padella…nella brace!” vedendo diventare realtà la sua precedente
preoccupazione
Grande fu la sorpresa, come d’altronde il sollievo, nel riconoscere
nell’uomo davanti a se…Nasedo!
Nasedo lo aiutò ad uscire, e lo guardava con aria dura e da rimprovero, simile
ad un padre che contento di rivedere, dopo tanto penare, il proprio figlio
nasconde la proprio gioia dietro ad un aria dura per fargli imparare la
lezione.
Quando tutto il gruppo fu riunito Nasedo fece una bella lavata di testa a tutti
tranne a Max a cui erano stai somministrati dei calmanti per farlo riposare, la
crisi che aveva avuto era stata molto violenta, e tutti si erano resi conto, un
po’ tardi, che nonostante Max fosse molto forte, non aveva superato del tutto
lo shock delle torture di Pierce.
“Ma cosa diavolo vi passa per la testa? Vi avevamo reputati maturi da gestire
questa situazione da soli….ma evidentemente non lo siete abbastanza!”
“Noi veramente volevamo…” cercò di giustificarsi Michael.
“Loro volevano solo che io non mi ficcassi in qualche casino! Ero andato da
solo alla base….e loro hanno solo cercato di aiutarmi!”
“Tra tutti, quello che mi sta deludendo di più sei proprio tu!” disse
Nasedo puntando il dito contro Mark che era seduta sul davanzale della finestra
della camera di Max.
Proprio mentre iniziò la “ramanzina” iniziò a cadere una scrosciante
pioggia su Roswell, mai come in quell’ultimo periodo aveva piovuto così
tanto, segno forse che lo sfogo energetico di Mark aveva portato a qualche
mutazione del sistema ambientale della zona.
“Senti! Io non so chi tu sia…ne come fai a sapere ogni nostro minimo
spostamento! Non so perché continui a girarmi intorno e ne tanto meno che cosa
vuoi da me! Ma ficcati in testa che non sono un burattino nelle tue mani! Io
faccio quello che la mia testa mi dice….che sia pericoloso o no…io mi
comporto così e non sarai certo tu o mio padre a cambiare questo mio modo di
essere!” disse lui alterandosi non poco.
“Si può sapere cosa stai cercando? Vendetta?” chiese Nasedo.
“Giustizia! Ecco cosa sto cercando!” rispose lui deciso
“L’hai già avuta! Quei tre uomini sono morti…e per giunta per mano
tua!”
“Credi che macchiando le mie mani del loro sangue…abbia fatto giustizia!?
Li ho solo soddisfatto la mia sete di vendetta……occhio per occhio e dente
per dente…mai sentito? Ma quella non è giustizia! Per me giustizia è
rendere a Sarah quello che le è stato…tolto! Ed io ho i mezzi per farlo!”
“Di che stai parlando?”
“Voglio restituirle la vita!” disse mostrando una decisione nello sguardo
che quasi faceva rabbrividire.
“E come pensi di fare! Non hai la bacchetta magica…ed i tuoi poteri non
arrivano a tanto!” rispose Nasedo quasi a deriderlo.
“I miei poteri…no! Ma i mezzi che possediamo sì!” disse Mark aprendo il
computer portatile e mostrandolo a Nasedo che incuriosito lesse il contenuto.
Il computer parlava della macchina del tempo….e conteneva anche un immagine
ricostruita a computer di quella che si supponeva fosse il prototipo portato
sulla terra dagli alieni.
“E cosa speravi di trovare nella base? Speravi di trovarla bella impachettata
per te?”
“Sì…speravo di trovarla impachettata!” disse lui con ironica calma.
“Tu sei solo uno stupido incosciente! Non hai capito che questo computer è
finito nelle tue mani solo perché l’ha voluto Eidens? Era una trappola e tu
ci stavi cadendo come una foglia secca!”
“Vuoi dirmi che tutte le informazioni che ci sono qua dentro sono inventate?
È questo quello che vuoi dire?”
“No! È tutto vero! Ma è stato tutto programmato da Eidens…”
“Ed allora?”
“Ti rendi conto che è una pazzia?” chiese Nasedo scrollandolo
violentemente per un braccio.
“Sì…me ne rendo conto! Ma non ho scelta!”
“Ne sei convinto?”
“Allora rispondi a una mia domanda! Se le capsule da cui sono usciti Max e
gli altri….funzionassero ancora…e potessimo recuperare qualche cellula…di
Sarah…sarebbe possibile clonare Sarah come avete fatto con loro quattro?”
Nasedo abbassò gli occhi a voler evitare lo sguardo deciso di Mark, poi
rispose:
“No…tutte le informazioni riguardanti la clonazione di alieni in essere
umani o viceversa…sono state distrutte, per evitare che potessero essere
usate dai nostri nemici….e anche le capsule non possono essere
riutilizzate….sono state costruite per poter sostenere un solo processo di
clonazione!”
“Ti sei dato la risposta da solo! La macchina del tempo è l’unica
soluzione…che tu mi aiuti o meno…io la troverò!” disse staccandosi dalla
morsa di Nasedo.
“La macchina del tempo!?” ripeté tra se e se Nasedo, “…immagini cosa
potrebbe succedere se l’uomo potesse controllare le dimensioni temporali? La
storia verrebbe stravolta…come le nostre vite!” cercò poi di dissuaderlo
Nasedo.
“Cosa ti fa pensare che la macchina del tempo sia in quella base? Forse ha
ragione Nasedo, potrebbe essere una trappola per portarti direttamente tra le
mani di Eidens!” disse Tess appoggiando la tesi di Nasedo
“E perché?” chiese Mark
“Perché sei una potenziale arma non solo per i terrestri ma soprattutto per
gli alieni!” rispose risoluta e freddamente Isabel.
“Esattamente! Questo è un piano ben congeniato per potervi dividere…per
potervi rendere abbastanza fragili da essere sconfitti una ad uno!” rispose
Nasedo
“Arma o non arma….trappola o non trappola…io entrerò di nuovo in quella
base a prendere quello che ci appartiene!”
“In quella base non troverai nulla!” rispose subito Nasedo.
“Vuol dire che tu sai dov’è la macchina del tempo! Giusto?” chiese Mark
intuendo nelle parole dell’alieno conoscenze che lui nemmeno immaginava.
“In quella base c’è solo uno dei tre cristalli che permette il
funzionamento della macchina del tempo!” spiegò ancora Nasedo.
“E la macchina del tempo dov’è?” chiese Mark deciso ad arrivare subito
al dunque.
“La macchina del tempo…è la navicella delle capsule stessa!” rispose
Nasedo mettendo fine alla sete di verità di Mark…e degli altri.
“La navicella delle capsule! Come abbiamo fatto a non pensarci prima!” si
rammaricò Tess guardando Mark, che dal canto suo si precipitò fuori casa
Evans per andare lì.
“E’ inutile che tu ci vada…la macchina del tempo allo stato attuale è
inutilizzabile!” disse Nasedo smontando i sogni di Mark.
“Che vuol dire allo stato attuale?” chiese Mark precipitandosi con aria
minacciosa verso Nasedo.
“Vuol dire che per usarla…c’è bisogno di tre cristalli provenienti da
Antar…e di programmare il computer centrale della navicella…”
“E allora? Qual è il problema? Facciamolo!”
“Non è così semplice! Dei tre cristalli…solo uno è in nostro
possesso…e per quanto riguarda il programma per la macchina del tempo da
inserire nel computer centrale…non ho la minima idea di dove possa essere!”
Mark ebbe qualche istante di sconforto, scotendo la testa e sospirando.
“Vuol dire che però sai dove sono gli altri due cristalli…giusto?” disse
Tess.
“Io no…ma quel computer sì!” disse l’alieno indicando il portatile.
“Non c’è niente che parli di cristalli…o di roba del genere…” disse
subito seccato Mark.
“Vedi Mark…nel mondo ci sono 15 persone che sono riuscite a superare i
sistemi di protezione delle informazioni del governo……ed il caso ha voluto
che uno di questi fosse chi ti ha dato il computer……ma solo cinque di loro
sanno tutti i trucchi! Vedi…questo computer è come una scatola
cinese…basta inserire determinate parole chiavi, che vengono cambiate ogni
tre ore, in determinati punti per accedere ad altre informazioni……”
“E tu conosci queste password?”
“No…sarebbe impossibile conoscerle tutte! Io conosco una password
universale!”
“E allora che aspetti ad usarla!?” disse deciso Michael.
“Siete sicuri di voler andare fino in fondo?” chiese Nasedo con tono
misterioso.
Tutti si guardarono tra di loro, uno ad uno tutti i presenti e per ultimo Mark
sul cui volto si era riaccesa vivida la speranza…fecero cenno di sì! Tutti
erano consapevoli che, nel caso avessero rifiutato, Mark avrebbe proseguito da
solo.
“Va bene! Ma ci vorrà un po’ di tempo per individuare gli spazi in cui
inserire la password!” disse Nasedo sedendosi davanti al portatile.
“Aspettate un attimo! Non stiamo dimenticando l’opinione di qualcuno?”
sottolineò Michael riferendosi a Max che in quel momento non era presente.
“Max sarebbe d’accordo con noi!” disse Liz.
“E’ vero!” le fece eco Isabel.
“A proposito di Max! Io credo che abbia bisogno di un aiuto!” disse Nasedo
lasciando per un attimo il portatile.
“Lo aiuteremo a superare questa crisi!” disse subito Michael.
“Non metto in dubbio le vostre buone intenzioni! Ma Max ha bisogno di un
aiuto di tutt’altro tipo! Ha bisogno di essere seguito e curato da personale
specializzato!” asserì Nasedo.
“Sembra che stai parlando di un pazzo serial killer! Max non ha fatto del
male a nessuno!” disse molto alterata Isabel.
“No…però queste crisi lo possono colpire in qualsiasi momento! Pensate se
ciò accadesse quando state affrontando un vostro nemico! Metterebbe a rischio
la sua stessa vita e voi! Questo non è un problema che si risolve
ignorandolo!” disse Nasedo parlando con l’affetto di un padre.
“Cosa suggerisci?” chiese Michael.
“Nell’Ohio c’è una clinica specializzata per situazioni del genere!
L’anonimato e la riservatezza sono garantiti! Solo le persone presenti in
questa stanza sarebbero a conoscenza di questa decisione…e comunque Max in
due settimane tornerebbe come nuovo!”
“Due sole settimane?” chiese Isabel non del tutto convinta.
“Solo due settimane! Ma bisogna prendere questa decisione subito! Prima che
la situazione si aggravi!” ribadì Nasedo.
Tutti guardarono Isabel, quella che sembrava meno o per nulla convinta di
questa decisione.
“Tu cosa dici Liz?” chiese la ragazza.
“Se è per il suo bene…perché non farlo! Sono solo due settimane ed io gli
sarò comunque vicino…o qui o nell’Ohio…io sarò con lui! Come tutti gli
altri del resto!” le disse Liz.
“Vorrei parlarne con lui…e con i miei genitori!”
“Assolutamente no! Né con lui né con gli Evans!”
“Cosa? Perché no!” chiese Isabel sentendosi improvvisamente scagliare un
macigno addosso.
“Max è convinto di stare bene…e fino ad ora lo è stato! Non accetterebbe
mai una cosa del genere…dovremo portarlo lì con l’inganno! Vedi nella sua
testa…ormai lui ha paura di tutto e di tutti…vede nemici anche in noi! Per
i tuoi genitori il discorso è diverso! Non gli puoi dire che porti Max in una
clinica psichiatrica senza rivelargli la verità e i motivi delle sue
condizioni! Non capirebbero…e li esporresti ad altri inutili pericoli!”
“E come giustifico la scomparsa di Max per due intere settimane?”
“Diremo che è nell’Ohio per una visita ai college della zona!” spiegò
Nasedo.
“Sembra che hai già deciso tutto! E voi? Siete d’accordo a far rinchiudere
Max in un manicomio? Liz anche tu?” chiese Isabel con un groppo in gola.
“Prima di tutto non è un manicomio…ma è una clinica specializzata! In
secondo luogo è solo per il suo bene…tra due settimane ritornerà il Max di
sempre!” disse Michael spiegando il pensiero di tutti…anche di Liz.
“E come ce lo portiamo? Di peso? E perché non con una camicia di forza?”
disse lei uscendo come una furia dalla casa, andando via con la jeep di Max.
“Meglio lasciarla sola a riflettere!” suggerì Michael.
“Io credo di no! Forza cammina! Valle dietro!” disse Tess scotendo con il
gomito Mark che in tutto questo tempo non era mai intervenuto.
“Io? E che le dico? Lei non vuole parlare con me!” si giustificò Mark
sorpreso dalla richiesta della sorella.
“Muoviti! Lo sai benissimo che le farà piacere! Ora come ora si fida solo di
te!” disse lei tirandolo letteralmente fuori casa.
“Non so nemmeno dove può essere andata!” disse lui cercando una scusa
mentre Tess lo trascinava verso l’auto di Maria.
“Mark Willis! Smettila di cercare scuse! Porta il tuo sedere in quella
macchina e valle dietro! Roswell non è come Washington…quindi usa un po’
di fantasia! E poi non è tranquillo lasciare andare Isabel da sola in giro la
notte!” disse con tono fermo e deciso la sorella.
Mark sembrò convincersi, e dopo aver preso a volo le chiavi dell’auto che
Maria gli aveva lanciato salì in macchina senza fare altre storie.
Mark si diresse subito fuori Roswell, al piccolo e ormai “famoso” rialzo,
sapeva che Isabel ci andava da un po’ per riflettere e per starsene un po’
per conto suo.
“Staremo facendo la cosa giusta a farli riavvicinare? Non faranno
scintille?” chiese Maria con un pizzico di ironia vedendo allontanare Mark.
“Le faranno…ma non nel modo che pensi tu!” esclamò Tess con aria
sorridente e soddisfatta…ed anche un po’ allusiva.
Maria restò per qualche istante soprappensiero riflettendo su quello che aveva
detto Tess…poi collegando il cervello…sgranò gli occhi ed esclamò:
“Intendi dire… “quel tipo di scintille”? Spero non nella mia
macchina…o sì? E se mia madre se ne accorge?” disse suscitando l’ilarità
generale.
Giunto al rialzo, Isabel era lì, e quando lei lo vide fece una smorfia di
disapprovazione scotendo la testa.
“Mi aspettavo di trovarti qui!” disse Mark con le mani in tasca e
camminando timidamente verso di lei.
“Di tanto in tanto potremmo aggiornare il nostro repertorio! Tra di noi ci
sono sempre le stesse frasi… “mi aspettavo…” “lo sapevo….”
“credevo….” “non devi”! Che situazione assurda!” disse lei con aria
cinica e pungente.
“Hai ragione! Manco di originalità!” disse lui assecondandola.
“Se è per questo anch’io! Giro e rigiro vengo sempre qui quando voglio
starmene per i cavoli miei! Manco questo posto avesse il potere di cancellare
in un batter d’occhio tutti i problemi!” disse lei guardandosi intorno con
aria intristita, senza però mai guardare in volto, Mark.
“Se non lo ritieni così magico…perché ci vieni allora?” disse Mark
cercando di non farla smettere di parlare.
“Perché in fondo è il luogo del nostro primo appuntamento…no? Ed è uno
dei pochi momenti felici che ho vissuto ultimamente!” disse lei guardando
intensamente Mark che fino a quel momento aveva cercato di ignorare.
“Ci vuole coraggio…e molta fantasia per chiamarlo “appuntamento”!”
disse Mark, che come al solito quando si trattava di questioni che lo
riguardavano da vicino, diventava impacciato.
“Perché dici così?” chiese lei quasi a rimproverarlo.
“Perché quella sera io ero nascosto nel buio di un locale con l’intenzione
di riempirmi di alcool…tu eri in compagnia del club delle snob di
Roswell……e nella disperazione ci siamo ritrovati a trascorrerla insieme!”
“Certo che a distruggere le cose belle hai un talento innaturale…” lo
rimproverò molto duramente Isabel. Stava riuscendo a distruggere uno dei pochi
momenti belli che li aveva uniti.
“Comunque non stai tenendo fede al patto!” continuò poi lei diventando di
nuovo cupa.
“Patto?” chiese lui sorpreso.
“Sì…il patto di non curanza reciproca…o come vuoi chiamarlo? Di pestilità!”
disse lei sempre più fredda.
“Più che un patto sembrava una guerra visto come ci siamo comportati negli
ultimi giorni!” disse lui sedendosi al suo fianco sull’arido terreno.
“Non l’ho voluto certo io!?”
“No! Ma il “patto” non l’hai rispettato tu per prima venendo alla
base!” sembrò rimproverarla Mark.
Isabel rimase in silenzio ed allora Mark finì il suo pensiero.
“Ma ti ringrazio di non averlo rispettato! Se non fossi arrivata tu…a
quest’ora non so che fine avrei fatto!” disse lui a sguardo basso, come lo
era anche Isabel.
“Non devi ringraziare me! Ma il nostro soccorritore misterioso…”
“Già! Chissà chi era?”
“Forse era lo stesso tipo che ha portato il portatile a Tess nel cuore della
notte!”
“Tu che ne sai?” chiese Mark sorpreso nel sentir quelle cose.
“Vedi…Mark...questo è il problema! Più tu cerchi di tenermi fuori dalla
tua vita…più ne rimango coinvolta! E ora ti prego! Lasciami sola!” disse
lei alzandosi da terra.
“Perché? Perché non posso starti affianco?” chiese lui guardandola da
seduto con gli occhi un po’ lucidi.
“Perché abbiamo rotto il muro del silenzio che c’era tra noi…ma le
parole che mi hai detto…fanno troppo male per poterle dimenticare!”
Mark ebbe come un pugnalata alla schiena, poi cercò di metterci una pietra
sopra.
“E’ una mia impressione o stai iniziando ad avere la memoria corta?”
“Perché?”
“Perché una volta ti ho detto di non dar troppo peso alle parole! Perché
spesso sono dette tanto per dire…”
“No Mark! Sai benissimo che non è vero! Sai benissimo che tu le hai dette
perché le pensavi! E poi non puoi comportarti sempre come un bambino che
quando fa qualcosa di male, dice che non voleva e tutto ritorna come prima! Non
è così semplice! È come se uccidi una persona per poi dire che non volevi
farlo…ma intanto l’hai uccisa!”
“Ok…hai reso l’idea!” rispose lui con aria di chi non aveva digerito la
ramanzina.
Si alzò per andar via con aria afflitta, la decisione ed il carattere di
Isabel lo avevano sconfitto, ma prima che salisse in macchina, cercando in
tasca le chiavi, si ritrovò invece il ciondolo che qualche sera prima Isabel
gli aveva “restituito”!
Lo guardò per un po’, lo lasciò passare lentamente per un paio di volte da
una mano all’altra, poi guardando verso Isabel, vedendola sempre di spalle,
decise di ritornar da lei.
Isabel sentì il leggero freddo del ciondolo sul suo collo, e giratasi di colpo
vide Mark che glielo stava rimettendo.
Voleva obbiettare…ma non lo fece.
“Isabel…permettimi di starti vicino!” chiese lui con tono quasi
implorante.
“Perché?” chiese lei girandosi di scatto e rimanendo sorpresa quando vide
gli occhi lucidi di Mark.
“Perché credo che per stare bene con una persona non devi per forza starci
insieme……e perché ho bisogno di te….come non ne ho mai avuto di nessuno!
Ho bisogno dei tuoi sorrisi…e se tu me li neghi è come se mi togliessi
l’aria!”
“Non puoi cambiare idea a tuo piacimento!” disse lei con voce molto più
addolcita.
“Io ti chiedo di starti vicino come un amico sincero…come un fratello!”
“Di fratello già ne ho uno! Anche se tutti lo reputano un pazzo e lo
vogliono rinchiudere in un manicomio!” disse lei voltandosi nuovamente di
spalle.
“Sai bene che non è vero!”
“No! So solo che Max in questo momento è molto fragile…ed i suoi amici
invece di aiutarlo…lo vogliono abbandonare! E se qualcuno approfittasse di
questo suo momento di fragilità per attaccarlo? Ci hai pensato a cosa potrebbe
succedere?” disse lei chiudendo gli occhi poco prima che una lacrima le
scendesse dagli occhi.
“Non succederà nulla!” disse Mark.
“No! Max resterà con me! Non voglio separarmi da lui…né ora né mai! Lo
aiuterò io a superare questo momento!”
“Ed io ti starò vicino……se me lo permetterai!” disse lui prima che
Isabel di colpo si facesse avvolgere in un caldo abbraccio.
“Mark?”
“Cosa?”
“Sei stato tu a salvare quella bimba vero?” chiese Isabel guardandolo
fisso.
Mark non rispose.
“Sapevo che eri stato tu! Me lo sentivo!” disse con un sorriso di
compiacimento la ragazza.
“Sei stato un incosciente…ma ti capisco! E sono orgogliosa di te!”
“Non esserlo! Forse più che per salvare quella bambina…l’ho fatto per
salvare me stesso! Finalmente i miei poteri sono serviti a fare del bene…e
non a portare dolore e morte! Mi sono sentito di nuovo un essere umano e non un
mostro alla Frankestein di cui la gente deve aver paura…”
“E’ mai possibile che devi sempre mettere al primo posto la tua parte
cattiva? È un caso che si chiamasse…Sarah?”
“No! Non è un caso! Vedi quella bimba non ha solo lo stesso nome della mia
Sarah……ma ha anche lo stesso cognome…e lo stesso sangue!” disse lui
lasciando andare Isabel dal suo abbraccio
“E’ la cugina di Sarah?” chiese Isabel con ingenuità.
“Era sua sorella! Suo padre ebbe una relazione con un'altra donna….da cui
nacque una bambina…che Sarah non volle mai conoscere! Ancor di più quando
venne a sapere che il padre l’aveva chiamata come lei! Pensava che il padre
l’avesse voluta sostituire…e da allora non volle vedere più non solo la
piccola…ma anche il padre!”
“Era malata da molto?”
“No…era un mese che il cancro aveva iniziato a devastare il suo
organismo…ed entro pochi giorni sarebbe morta!”
“Ma tu come hai fatto a sapere…”
“Che stava male? L’ho sognata! Sognai tutto quello che poi è avvenuto
realmente!” si affrettò a spiegare Mark.
“L’importante è che tutto sia andato bene!”
Mark rimase un po’ interdetto ed Isabel capì che non tutto era andato bene.
“Cosa c’è?”
“Nulla! Stavo pensando…che dovresti conoscerla! È una bambina
adorabile…”
“Ok…appena tutto finirà…mi porterai a conoscerla!”
“Brrr…” sospirò Isabel contorcendo il corpo, dato che un piccolo
venticello gelido le accarezzò la schiena.
“Torniamo a casa! Prendi questa! Avresti dovuto imparare che qui a
quest’ora fa un po’ freschino!” disse poggiandole sulle spalle la sua
giacca.
“Vecchie abitudini!” rispose lei sorridendo.
“Prendo io la jeep…tu prendi l’auto di Maria! È meno scoperta!” disse
lui vedendo che l’aria si era fatta improvvisamente gelida.
Intanto a casa Evans tutti aspettavano con impazienza il ritorno dei due
ragazzi. E dal lì a poco tornarono…
Quando Mark ed Isabel arrivarono videro l’auto di Nasedo con i fari accesi,
ed il portabagagli semiaperto.
“Guarda!” disse Isabel, indicando con un movimento del capo, l’auto.
“Nasedo starà per andar via!” disse lui anticipandola nel cammino.
“Mark…” lo chiamò lei tirandolo dolcemente per un braccio.
Mark si girò e senza dir nulla aspettò quello che aveva da dirle la ragazza.
“Grazie anche a te per non aver rispettato il “patto”…”
“Non dire altro! Non c’è bisogno!” disse lui abbracciandola stretta.
I due ragazzi non si accorsero che il resto del gruppo uscito di casa, compresi
Nasedo e Max, li osservavano compiaciuti del loro operato…
Fu un colpo di tosse di Maria a far separare i due ragazzi che fino ad allora
non si erano accorti di avere “spettatori”!
“Max! Come stai? Perché hai quella valigia?” disse Isabel avvicinandosi al
fratello, appena si accorse della sua presenza e di una valigia ai suoi piedi.
“Sto bene Isabel…non preoccuparti!”
“Perché questa valigia? Dove vai?”
“Nell’Ohio…in quella clinica…” disse lui accarezzandole con la mano
dolcemente la guancia.
“No Max! Non andare…non devi andarci! Ti aiuteremo noi…senza bisogno di
medici o altri!” disse Isabel con tono allarmato.
“No! È la cosa giusta! E poi due settimane passano in fretta! E poi non vado
in guerra…mi prendo una piccola vacanza…tutto qui!” disse Max, che
durante l’assenza della sorella aveva parlato con Nasedo ed il resto del
gruppo.
“Non voglio che tu vada!”
“Isabel! Tranquilla….ci sentiremo tutti i giorni!” la rassicurò Max.
“No! Se tu vai vengo con te! Non ti lascio solo! Né ora né mai!” disse
Isabel con sguardo di chi ha già deciso.
“Non ce n’è bisogno! Con me ci sarà Nasedo…mi terrà compagnia…e mi
difenderà nel caso qualcuno mi attaccherà!”
“Non m’interessa! Verrò comunque con te! Non perdiamo altro tempo, ormai
ho deciso! Vado a preparare la valigia!” disse lei andando verso la casa.
“Non ce n’è bisogno!” disse Max con sguardo serio, “…è già in
macchina! Te l’ha preparata Tess…sapevo che sarebbe stato inutile cercare
di convincerti!” disse poi sorridendo.
“Allora non ci resta che partire!” disse Nasedo riponendo l’altra valigia
di Max nel portabagagli e salendo in macchina.
“Max…ma mamma e papà?” chiese Isabel sapendo che i suoi genitori erano
fuori.
“Tranquilla! Ci ha parlato Nasedo…” spiegò brevemente Max.
“Bene ragazzi! È arrivato il momento dei saluti...” disse poi Max agli
altri, con gli occhi leggermente lucidi.
Il primo a salutarlo fu Michael…
“Mi raccomando…non divertirti troppo senza di me!” disse lui con aria da
duro che nascondeva però commozione per quella momentanea separazione
“Va bene! Tutto è nelle tue mani…” rispose Max porgendogli la mano.
“Torna presto…fratello!” disse Michael che invece di dargli la mano lo
strinse in un forte abbraccio, che lasciò sorpreso sia Max che tutti gli
altri…non era certo nel carattere di Michael essere così affettuoso.
Poi fu la volta di Tess…
“Mi raccomando stai attento!” disse con tono dolce e rassicurante la
ragazza.
“Anche tu! E sta attenta a quel testone di tuo fratello…” rispose lui
sorridendo ed abbracciandola con affetto fraterno.
Poi toccò a Maria…
“Ciao Maria…”
“Ciao Max! Fammi sapere com’è questa clinica…casomai ci rinchiudiamo
Michael e buttiamo la chiave!” disse lei ad un orecchio strappandogli un
grosso sorriso.
Poi toccò a Mark…
“Max…mi dispiace….è colpa mia!” disse lui mortificato.
“Non dire stupidaggini!” lo richiamò Max
“Se non fossi venuto i quella base per…”
“Se non ci fossi venuto…avrei sempre creduto di aver superato tutto quando
invece era solo nascosto in me! Meglio che sia successo adesso….che poi!”
disse Max.
“Grazie…”
“Non metterti nei casini mentre sono lontano!” disse Max dandogli una pacca
sulla spalla.
“Ci proverò…” disse lui sorridendo.
Mentre Max salutava Liz, anche Isabel salutava gli altri, soffermandosi come
Max con Liz, per ultima con Mark.
“Se ti telefonassi in questi giorni?” chiese lei molto dubbiosa.
“Mi farebbe piacere…molto piacere!” rispose Mark
Isabel gli sorrise e gli diede un bacio sulla guancia prima di salire in
macchina.
Liz e Max intanto stavano uniti fronte e fronte ad occhi chiusi, quasi avessero
voluto scambiarsi con quel gesto il turbinio di emozioni di quel momento.
Il clacson dell’auto di Valenti li “disturbo”.
Dall’auto scese di corsa Valenti con il suo inseparabile cappello
“Credevo di non fare in tempo! Allora ragazzo come va?” chiese lo sceriffo.
“Bene! Ma non doveva prendersi tanto fastidio per venir fin qui!”
“Nessun fastidio figliolo!”
“Sceriffo….vegli su tutti loro! Come farebbe con i suoi figli!” chiese
Max mentre guardava i suoi amici uno ad uno.
“Lo sto già facendo!” gli rispose Valenti.
“Dobbiamo andare!” disse Nasedo mentre guardava l’orologio sul cruscotto.
“Ciao a tutti!” disse Max dando un fugace bacio a Liz e salendo in
macchina.
Liz e Mark uno vicino all’altra sembravano darsi forza a vicenda.
“Torneranno presto!” disse Mark a Liz vedendola piangere.
“Sì…ma intanto sono via!” rispose la ragazza prima che tutti
rientrassero in casa.
Passò qualche giorno…Mark ed Isabel, come Liz e Max si erano sentiti per
telefono, e di tanto in tanto aggiornavano gli altri sulle terapie di Max e
suoi risultati che queste producevano.
Una mattina
capitò un episodio abbastanza inusuale…
Tess entrò in casa cercando il fratello nella sua stanza, e non trovandolo si
diresse direttamente verso il bagno.
Trovò la porta socchiusa e da dentro proveniva la voce di Mark che ripeteva
una, due…tre volte sempre la stessa cosa:
“Voglio bene ad Isabel solo e soltanto come ad una sorella!”
Mark ripeté questa filastrocca più volte guardandosi allo specchio, e senza
che lui se n’accorgesse, Tess entrò in bagno ed appoggiatasi al muro lo
scrutava perplessa e divertita. Non credeva che Mark fosse…come dire?…così
ingenuo….
Il fratello intanto continuava la sua “chiacchierata” con lo specchio, ed
ogni volta che ripeteva la filastrocca cercava, e sembrava esserlo, di essere
più convincente, quasi nello specchio la sua immagine riflessa gli dicesse che
non era vero!
Ad un certo punto si fermò, e dopo essersi guardato con aria disgustata,
capendo che stava facendo una stupidaggine senza nessun effetto, abbassò la
testa scotendola con muta rassegnazione.
Tess tossì apposta per attirare la sua attenzione, e quando Mark si accorse di
lei attraverso lo specchio, sembrò un po’ infastidito…anche se forse era
più imbarazzato che altro…
“Non si usa bussare?”disse riabbassando lo sguardo e bagnandolo con
l’acqua.
“Sì…si usa! Quello che non si usa…è parlare con uno
specchio...ripetendo sempre le stesse cose!” disse con un pizzico di pepata
ironia.
“Era un operazione di auto-convincimento…una scemenza che ho visto in
TV!” disse lui giustificandosi.
“I programmi in TV non sono più quelli di una volta…” disse Tess sempre
con la stessa ironia.
“E sentiamo un po’! Di cosa dovevi auto-convincerti?
Ah…aspetta…com’era? “Voglio bene ad Isabel solo e soltanto come ad una
sorella…” disse lei cercando di imitare la voce del fratello.
“Sfotti! Sfotti! Invece di fare la spiritosa……non potresti aiutarmi?”
disse lui con tono molto infastidito. Lo sapeva benissimo che stava facendo una
scemenza…
“A far che? A convincerti di questa sciocchezza? Mai! Fino ad oggi ti ho
sempre appoggiato in tutto…ma questa buffonata è davvero troppo…anche per
me!”
“Una buffonata, eh?”
“Sì! Hai capito bene! Una buffonata! Anche con Sarah hai fatto così? Anche
con lei ti sei “auto-convinto” di volerle bene come una sorella?” disse
lei sottolineando l’assurdità di quell’ “auto-convincersi”.
“Che c’entra Sarah adesso? E’ mai possibile che ogni cosa che faccio
debba sempre riguardare Sarah?” disse lui stizzito.
“Sì…perché è per questo che lo fai! Continui ad avere dei rimorsi perché
credi che sia morta per colpa tua…”
“Non lo credo! Lei è morta per colpa mia!” disse lui interrompendola e
rafforzando col tono grave della voce il suo pensiero.
“Ok…può anche darsi…anche se ho i miei dubbi! Ma adesso hai un altro
rimorso che ti impedisce di vivere la tua vita!”
“E sarebbe?”
“Sarebbe che tu provi per Isabel quelle stesse emozioni che provavi per
Sarah…se non anche più forti…è questo ti fa sentire in colpa! Nemmeno se
il fatto che lei sia morta di dovesse impedire a tutti i costi di provare
simili sentimenti per altre persone! Tu non sei morto con lei quella notte…lo
capisci? Tu sei vivo…ed essere vivo vuol dire amare come odiare…gioire come
soffrire…ridere come piangere…urlare come stare zitto! Non vuol dire solo
il peggio delle cose! La tua vita non è come un libro, che se non ti piace
dopo le prime dieci pagine lo lasci invecchiare e prendere polvere da qualche
parte su uno scaffale!” disse Tess attaccandolo duramente.
“Ok! Adesso che mi hai sbattuto in faccia le tue teorie…potresti
abbandonare per un attimo i tuoi panni da psicologa ed aiutarmi a soffocare
quello che provo?” le chiese Mark che fino a quel momento aveva tenuto lo
sguardo basso.
“Perché vuoi dimenticare quello che provi in questo momento? Perché vuoi
dimenticare di nuovo la bellezza di queste emozioni?”
“Perché mi fanno male!E perché Isabel merita qualcuno migliore di me!”
“La partenza di Isabel non ti ha fatto bene! Ti sei completamente
rimbecillito! Devo dar ragione a chi dice che l’amore rimbecillisce!”
“Perché dici così?”
“Perché il giorno dopo la sua partenza non hai proferito una parola…a
malapena respiravi…altro che weekend con il morto! Il secondo non hai fatto
altro che startene chiuso in casa, steso sul letto ad ascoltare musica a tutto
volume…e se non ricordo male era la tua “cura” contro i momenti bui…o
sbaglio? Ieri a malapena hai toccato cibo…ed oggi fai questi discorsi da far
piangere! Vedi un po’ tu!” asserì Tess agitandosi oltre che con la voce,
anche con le braccia.
“Te l’ho detto …hai un futuro da psicologa…”
“Ha ragione Isabel…a volte parlare con te è tempo perso!” disse con aria
cupa prima di uscire.
Quella sera
Mark, dopo la “chiacchierata” con lo specchio…e poi con la sorella si era
addormentato sul computer, con cui aveva lavorato fino a tardi!
Il computer liberato da Nasedo delle password di sicurezza, dava libero accesso
ad una marea di nuove informazioni, sulle quali Mark era crollato!
A svegliarlo fu un voce familiare…quella di Isabel…
“Mark ti amo…” e lo baciò.
La scena fu rapida quanto inaspettata e assurda, poi capì che stava baciando
l’aria e che tutto era stato opera dei poteri di Tess.
“Potevi risparmiartela questa!” disse scagliandosi contro la sorella non
appena capì cosa era successo.
“Io ti ho solo fatto vedere quello che c’era nella tua testa!” cercò di
spiegare Tess.
“Un altro scherzo del genere…e giurò che ti strozzo!”
“Siamo di cattivo umore?”
“No! Di pessimo!” disse Mark uscendo e sbattendo con foga la porta.
Passarono
altri giorni, e Tess era riuscita a farsi perdonare dal fratello per lo
scherzetto che gli aveva combinato.
Ma quasi avessero addosso una maledizione, i ragazzi non riuscivano mai a stare
sereni e tranquilli…
Mark sentì bussare alla porta di casa sua, appena riparata, aprì la porta
senza staccare gli occhi dal computer, rimanendo sorpreso dalla voce che lo
salutò quando aprì.
“Salve figliolo!” disse Valenti
“Sceriffo! Come mai da queste parti? È successo qualcosa a qualcuno dei
nostri? A Max?” chiese sorpreso Mark.
“No! Tranquillo! Ma avrei bisogno del tuo aiuto…….per riconoscere un
cadavere!” disse lo sceriffo togliendosi il capello e rimanendo a sguardo
basso.
“Un cadavere? E perché ha bisogno proprio del mio aiuto?”
“Perché è stato ritrovato vicino la tua auto! Qui sotto……e non è in
condizioni….tanto…normali!”
“Dov’è?” chiese Mark capendo che Valenti voleva dire che non era morto
per mano terrestre.
“All’obitorio!…Se vuoi seguirmi…” disse lo sceriffo rimettendosi il
cappello e spostandosi dalla porta per lasciarlo passare.
Mark spense in fretta il computer, e dopo aver preso la sua solita giacca di
pelle compagna di tante avventure, uscì seguendo Valenti.
L’obitorio era un 4 km fuori Roswell, dall’esterno sembrava più un
supermercato che un obitorio. L’atmosfera all’interno era fredda, ed anche
se non c’era il minimo odore, sembrava di sentire l’odore della morte, come
nei cimiteri.
La porta d’entrata dava su un lungo corridoio, alla cui sinistra c’erano
sei celle frigorifere dove si conservavano i corpi senza vita in attesa
dell’autopsia o del riconoscimento, sulla destra invece c’era una porta a
doppia anda che permetteva di entrare nella sala autopsie. In fondo invece
c’era il piccolo ufficio del medico legale, dove Mark e Valenti erano attesi
per il riconoscimento.
Mark seguì senza dire una parola Valenti.
Una volta arrivati nell’ufficio del medico, furono mostrati gli oggetti che
il cadavere portava addosso. Un orologio, un cellulare, un portafoglio con i
documenti della vittima…ed un accendino.
Mark subito prese la bustina con l’accendino e riconoscendolo esclamò:
“Jeremy! Jeremy McCanzy! E’ lui il morto?” chiese Mark sgranando gli
occhi.
“Così sembrerebbe…dai documenti!” disse Valenti facendogli vedere la
patente del ragazzo.
“Perché sembrerebbe?” chiese Mark prendendo il documento.
“Perché il corpo è carbonizzato! Ed è impossibile capire se è lui o
meno!” rispose il medico legale.
“Vogliamo procedere?” chiese Valenti.
“Sì…” rispose poco convinto Mark seguendo lo sceriffo ed il medico nella
sala autopsie.
Il cadavere era già chiuso in una sorta di sacco che il medico si affrettò ad
aprire e da cui uscì un corpo che, per la maggior parte della sua superficie,
era carbonizzato.
Il neon della sala era rotto ed illuminava la stanza con
intermittenza, rendendo il tutto ancora più macabro e agghiacciante.
Mark lo osservò per qualche istante, poi guardò fisso sul braccio destro
riconobbe a fatica, sia per il neon sia per le pessime condizioni del corpo, il
tatuaggio che Jeremy si era fatto qualche anno prima.
Dopo aver riconosciuto il tatuaggio guardò nuovamente l’accendino nella
busta, ed ebbe un flash rivedendo la scena in cui per la prima volta vide
quello stesso accendino:
“Bello
quell’accendino!” esclamò Mark notando l’oggetto.
“Sì…è vero! È un regalo!” disse lui togliendosi per un attimo la
sigaretta appena accesa dalla bocca.
“Vuoi una sigaretta?” chiese Jeremy a Mark.
“No, grazie! Dovresti saperlo che il fumo ti uccide un po’ alla
volta…”.
“Se non starò attento, non sarà certo il fumo a farmi morire!”.
Dopo
quest’ultima parola, Mark ritornò alla realtà.
“E’ Jeremy McCanzy!”
“Ne sei sicuro?” chiese Valenti.
“Sì!…Guardi! Questo è un tatuaggio che io stesso gli accompagnai a fare!
È il nome della sua ragazza scritto nell’alfabeto cinese!” disse Mark
indicando allo sceriffo e al medico il tatuaggio sul braccio destro.
Poi la sua attenzione fu attirata da dei vestiti riposti su di un tavolo di
metallo.
“E questi?” chiese il ragazzo indicando gli indumenti.
“Sono i suoi vestiti!” esclamò il medico.
“Ma com’è possibile?” chiese Valenti.
“Com’è possibile che non abbiano nemmeno una bruciatura? Non lo so!
All’inizio ho pensato che l’assassino lo avesse prima bruciato…e poi
rivestito! Ma era troppo macabro! Poi facendo l’autopsia mi sono accorto che
gli organi interni sono assolutamente carbonizzati, molto di più del corpo
esterno!” disse il medico tirandosi su gli occhiali che gli erano scesi sul
naso.
“Che cosa sta cercando di dire?” chiese sempre Valenti.
“Che il corpo è stato bruciato dall’interno verso l’esterno! Ed ecco
perché i vestiti non sono bruciati!”
“Che morte orrenda! Cosa può aver causato una cosa del genere?” chiese
Mark mentre osservava scioccato il corpo dell’amico.
“Non lo so se è perché sono a Roswell e mi sono quindi fatto condizionare
dalle dicerie del luogo…….ma niente di terrestre può aver fatto una cosa
del genere! Niente e nessuno!” esclamò sarcasticamente e seriamente allo
stesso tempo, il medico.
Valenti e Mark si scambiarono uno sguardo interrogativo, poi decisero di andar
via.
“Chi pensi che sia stato?” chiese Valenti vedendo Mark non poco turbato.
“Nasedo! Solo un pazzo come lui può aver fatto una cosa del genere!”
“E perché l’avrebbe fatto?”
“Non lo so! Ma è una cosa che scoprirò presto!”
…CONTINUA?
Scritta
da Maurizio |