Riassunto: è
la seconda parte di “Un solo attimo ancora…”
Data
di creazione: 10/03/2001 - 26/04/2001
Valutazione:
adatto a tutti
Disclaimer:
tutti i personaggi del racconto sono di proprietà della Warner Bros, tranne
Jim e Mark Willis, Sarah Dengih, Oseda, Serai, Eidens, il dottor Hedill che
sono frutto della fantasia dell’autore. Il racconto è di proprietà del sito
Roswell.it
La
mia e-mail è endrus@tin.it
scrivetemi se il racconto vi è piaciuto o non vi è piaciuto, e se avete da
fare delle critiche o dare dei suggerimenti… ne approfitto per ringraziare
tutti coloro che mi hanno già scritto.
D’improvviso
si vide in un posto che non aveva mai visto prima. Era un piccolo boschetto,
che si affacciava su una strada larghissima e lunghissima ai cui lati non
c’era che sabbia. Era buio…il tempo era scuro e di tanto in tanto qualche
lampo di luce squarciava il cielo, ed il frastuono del tuono faceva sobbalzare
il cuore. Il tempo minacciava tempesta, ed Isabel accorgendosi delle prime
gocce di pioggia si mosse nel buio del boschetto senza sapere dove andare, ma
era come guidata da una strana forza che le indicava la via. Avrebbe potuto
camminare anche ad occhi chiusi, le sembrava di conoscere quel posto a
memoria… d’improvviso si trovò quasi alla fine del boschetto, si mosse
per uscirne, e la sua attenzione fu attirata da due figure che si agitavano nel
buio della notte. Le due sagome non erano ben visibili, ma si capiva bene che
uno dei due stesse trattenendo con la forza l’altro che porgeva il braccio
verso la strada. Allora Isabel guardò verso la strada, e vide, poco distante
dall’asfalto dello stradone, altre quattro figure, tre erano in piedi mentre
la quarta era inginocchiata. I tre in piedi si muovevano con la testa, come per
cercare qualcosa o qualcuno. Ad un certo punto uno dei tre urlò qualcosa, ma
Isabel non riuscì a capirlo, cercava di capire chi fossero, e l’aiutò la
luce di un lampo che per una frazione di secondo le premise di mettere a fuoco
la scena. La persona in ginocchio era una ragazza, mentre i tre in piedi erano
tre uomini, d’improvviso uno dei tre mettendo una mano in tasca prese
qualcosa puntandolo contro la testa della ragazza in ginocchio. Un altro lampo
illuminò nuovamente la scena, e Isabel vide che quell’oggetto era una
pistola, poi ci fu di nuovo il fragore del tuono che come sempre accompagna il
lampo, ed Isabel coprendo le orecchie dalla paura, distolse per un attimo lo
sguardo dalla strada. Subito dopo che il rumore fu affievolito, volse di nuovo
la sua attenzione verso lo stradone, e vide che la ragazza era stesa per terra
e l’uomo che aveva preso dalla tasca la pistola la stava riponendo. Isabel
allora sgranò gli occhi e sentì come fermare il suo cuore, per un attimo le
si fermò il respiro……sentiva come un battito di cuore che man a mano
diventava sempre più debole, sempre di più, fino a fermarsi. Lì capì che la
ragazza era morta…freddata da uno dei tre uomini che le stava intorno.
Subito
rivolse lo sguardo verso le altre due persone che era appena fuori il boschetto
e che fino a qualche istante prima stavano cercando di vincere l’uno la
resistenza dell’altro. Subito vide che uno dei due si era lasciato cadere in
ginocchio al suolo tenendo il volto rivolto verso lo stradone, mentre l’altro
davanti a lui, con le spalle rivolte alla strada, non accennava a muoversi
tenendo il capo chino. Un nuovo lampo illuminò nuovamente la zona, e Isabel
con sua enorme sorpresa riconobbe nell’uomo in ginocchio, il suo amico Mark,
mentre non riuscì a cogliere bene i lineamenti dell’uomo in piedi, che
comunque le diede l’impressione di conoscere. Nello stesso istante in cui il
lampo li illuminò, Mark scattò in piedi ed accennò ad una corsa verso lo
stradone urlando un nome, l’altro uomo subito lo bloccò, e di nuovo
iniziarono a “duellare”……poi d’improvviso una forte luce di color oro
accecò Isabel e quando riaprì gli occhi, non vide più i due uomini dove li
aveva lasciati quando li aveva chiusi. Rivolse la sua attenzione verso la
strada, e vide che non c’erano nemmeno più gli altri tre uomini. Al loro
posto adesso c’era Mark che in ginocchio stringeva il corpo della ragazza al
suo petto, e l’altro uomo che cercava qualcosa per terra. Cercò di
avvicinarsi a loro, ma si fermò quando Mark, guardando al cielo urlò di nuovo
lo stesso nome, ma nemmeno stavolta Isabel riuscì a cogliere il suono
dell’urlo.
“Isabel……Isabel……Isabel!
Mi senti?”
Lei
alzò la testa e vide Mark che le sorrideva.
“Mark…”
esclamò lei con il cuore colmo di gioia.
“Tesoro
svegliati, come ti senti?”
La
ragazza non appena la luce portò via dagli occhi gli ultimi veli del sonno,
vide la madre e non Mark come aveva invece pensato.
“Mamma…papà!
Perché siete qui?” chiese sorpresa la ragazza alzandosi e sedendosi sul
letto cercando di svegliarsi completamente.
“Perché
ci hai fatto prendere una bella paura!” esclamò dolcemente la madre
accarezzandole la fronte e spostandole i suoi lunghi capelli biondi dal viso.
“Perché
cos’è successo?”
“Ieri
sera dopo che il dottore ci ha detto delle condizioni di Mark, sei
svenuta……e ti sei svegliata solo adesso!” disse Max entrando dalla porta
della camera appena si accorse che Isabel si fosse svegliata.
“Ah
sì ora ricordo……ma perché hai telefonato a mamma e papà?” chiese con
aria di rimproverò al fratello.
“Perché?
Diamo fastidio?” chiese scherzosamente il padre.
“No
papà, che dici! E solo che vi avrà fatto preoccupare inutilmente!”
“Guarda
che non li ho telefonati io……sono venuti da soli! Anch’io sono stato
sorpreso di trovarmeli davanti stanotte!”.
“Come
ti senti adesso tesoro?” chiese premurosamente la signora Evans.
“Sto
bene……ma che ore sono?” chiese strofinandosi gli occhi.
“Sono
le 8,00……avrei voluto farti dormire ancora un po’, ma la mamma non
riusciva a stare lontana dalla tua stanza!” le rispose il padre.
“Non
fa niente papà……” poi volgendo uno sguardo al fratello, “…Max……Mark?”
disse facendosi una gran forza temendo la risposta del fratello.
“…niente
di nuovo! Ha passato una notte tranquilla…ma non ci sono novità! Gli hanno
fatto nuovi esami…e tra un po’ sapremo i risultati! È arrivato anche lo
specialista di cui ci ha parlato il dottor Hedill e adesso lo sta visitando!”
La
ragazza rimase per un attimo in silenzio, finché la madre non la distolse
chiedendole se avesse fame, lei rispose di sì, in modo di rimanere da solo con
Max, per potergli parlare liberamente. Ed infatti non appena i suoi genitori
uscirono dalla stanza per andare al bar dell’ospedale, Isabel subito si
rivolse a Max:
“Max
chiudi la porta e vieni a sederti qui…dobbiamo parlare!” esclamò la
ragazza indicando con la mano il suo letto.
“Cosa
c’è?” chiese il fratello dopo aver fatto quello che le aveva detto Isabel.
“Max…noi
possiamo……e dobbiamo salvarlo!”
Per
un attimo ricordò il suo sogno e fu preoccupata per la risposta del fratello,
tensione che era palpabile sul suo viso.
“Lo
so Isabel……e lo faremo! Io e Michael stavamo appunto pensando questo
stanotte!”
“Stanotte?
Tu e Michael?”
“Sì…Michael
m’ha fatto compagnia per tutta la notte……e non è stato il solo! Nella
sala d’attesa stanno ancora dormendo tutti gli altri! Tu e Mark eravate
qui……e non vi potevamo certo lasciare soli!”
“Anche
Michael?” chiese incredula Isabel.
“Soprattutto
lui! Ed è proprio stato lui a dire per primo che dovevamo aiutare Mark!
Certo……ha fatto un grosso sforzo……ma sembra che inizi a fidarsi di Mark!
Ed anche se lui non fosse stato d’accordo, avrei agito lo stesso……io non
ho bisogno di nessun altra prova per potermi fidare di Mark……e gli altri la
pensano come me!”
“Cosa
avete deciso di fare?”
“Abbiamo
deciso di intervenire questa notte! E meglio muoverci di notte…così non ci
vedrà nessuno! Anche se……” e qui il ragazzo s’interruppe.
“Anche
se?”
“……anche
se……abbiamo paura di non farcela!”
“Cosa
vuoi dire?” chiese preoccupandosi di nuovo la ragazza, dopo che invece si era
calmata sentendo le prime parole del fratello.
“Purtroppo
non sappiamo dove possono arrivare i nostri poteri……e se quelli che abbiamo
non ce la facessero a salvarlo?”
“Max,
ce l’hai sempre fatta…con Liz, con Kyle……perché non dovresti farcela
proprio adesso?”
“Non
lo so! Ma ho una strana sensazione……ho paura che succeda come con la nonna
di Liz……ho paura di non farcela!”
“Max…devi
solo stare calmo! E poi ci saremo tutti a darti una mano!”
“No
Isabel……tutti voi resterete a casa, mentre io e Michael verremo qui in
ospedale da Mark……e più sicuro! Così non attireremo l’attenzione di
nessuno!”
“Stanno
arrivando mamma e papà!” esclamò Isabel guardando attraverso i vetri della
porta.
“Ecco
tesoro!”
“Grazie
mamma……”
“Isabel
io vado a svegliare gli altri!” esclamò Max alzandosi dal letto.
“Aspetta!
Vengo anch’io…voglio passare da Mark.”
Usciti
dalla stanza i due ragazzi attraversarono in silenzio il lungo corridoio che
separava le stanze dalla sala d’attesa. Un paio di stanze prima della sala
d’attesa c’era quella di Mark, e fuori la porta, con lo sguardo fisso
all’interno della stanza del ragazzo, c’era un uomo.
“Chi
è quell’uomo fuori la stanza di Mark?” chiese Isabel fermandosi e tirando
con paura il braccio di Max verso di lei.
“…Calma!
…è il padre di Mark! E’ arrivato stamattina alle quattro da Washington, e
da allora non si è mai mosso dalla stanza di Mark!” esclamò Max con un
accento di tenerezza verso quell’uomo capendone il dolore, “…papà, poco
fa è riuscito a distrarlo un po’ portandolo a prendere un caffè, ma poi è
subito tornato da Mark, e solo adesso è uscito perché il dottore lo sta
visitando.”
“…Meno
male!” disse la ragazza tirando un sospiro di sollievo, “…credevo che
fosse uno di quegli uomini che ci hanno aggredito ieri sera…”.
“Ah…a
proposito, di là ci sarebbe Valenti che vorrebbe farti qualche domanda……ti
va di parlargli?”
“Veramente
non mi va di farlo Max! Sono ancora un po’ spaventata!”
“Ok,
non preoccuparti ho capito!” poi guardandosi intorno, le disse di seguirlo,
ed insieme si diressero verso la sala d’attesa dove gli altri ancora
dormivano.
Appena
entrati nella sala, Isabel si soffermò sulla soglia della porta ad osservare
tutto il gruppo che ancora era avvolto tra le braccia di Morfeo.
Vide
Liz, appoggiata con la testa sulla spalla di Alex che a sua volta si copriva
gli occhi con la mano destra. Vide Tess avvolta nella giacca di pelle di Max,
Maria avvolta invece, tutta imbronciata, nelle braccia di Michael che a sua
volta appoggiava la sua testa contro la parete.
Tutti
dormivano pesantemente, frutto di una notte passata insonne a causa della
preoccupazione per le condizioni di Mark, e anche di Isabel, apparsa sconvolta
la sera prima.
Max
tenendo sempre la mano di Isabel, la accompagnò a sedersi in un angolo della
sala, e le disse di parlare a bassa voce.
“Isabel,
parla a bassa voce…tutti si sono addormentati da poco! Non hanno fatto altro
che andare avanti e indietro per il corridoio, dalla tua stanza a quella di
Mark per tutta la notte. Lasciamoli dormire ancora un po’.”
“Va
bene……”
“Lascia
fare a me, ok? Chiudi gli occhi…e pensa a quello che è successo ieri
sera!”
La
ragazza gli fece cenno di sì con la testa, e chiudendo gli occhi ripenso agli
eventi della sera precedente.
Max
poggiò dolcemente la sua mano destra sul capo di Isabel ed anche lui chiuse
gli occhi, e così rimasero per un paio di minuti. Grazie ai suoi poteri, Max,
poté vedere tutto quello che era successo, entrando nei pensieri di Isabel e
senza che lei dovesse parlare, dalla discussione tra i due ragazzi fino a
quando Mark aveva salvato la sorella dall’auto in corsa.
“Ok,
va bene così Isabel!” esclamò Max riaprendo gli occhi e togliendo la mano
dalla testa di Isabel.
“Che
ne pensi?” chiese Isabel con aria indifesa ed impaurita.
“Non
lo so……è tutto così strano! Non penso che fossero dell’FBI, se fossero
stati loro non avrebbero esitato a sparare sia a te che a Mark e poi comunque
Nasedo ne sarebbe venuto a conoscenza e ci avrebbe avvisato di sicuro! Non
penso nemmeno che fossero altri alieni perché se avrebbero voluto ucciderti
l’avrebbero fatto subito!”
“E
secondo te perché hanno cercato prima di rapirmi e poi di investirmi?”
“Credo
che fosse un piano alternativo…nel caso in cui non fossero riusciti a
rapirti…avevano l’ordine di ucciderti…ma comunque non mi quadra…”
affermò Max perdendosi nei suoi pensieri, mentre Michael e Maria si stavano
svegliando.
“Più
tardi andremo al lago……ne parleremo anche con gli altri…” disse Max
sempre a bassa voce, mentre un po’ tutti si stavano svegliando.
“Ehi…Isabel
tutto ok?” chiese Michael ancora mezzo assonnato.
“Sì…grazie
Michael……e grazie per essere qui!” gli rispose sorridendo.
“Ho
bisogno di un caffè……” esclamò Maria, “…queste poltrone sono
proprio scomode!”
“Già
hai ragione…” le fece eco Liz mentre si toccava il collo un po’
indolenzito, e subito andò vicino a Max, per chiedergli se ci fossero novità.
“…io
ho fame…andiamo al bar…” esclamò Alex, molto su di giri, vedendo che
Isabel era molto più tranquilla, e dopo averle dato un bacio sulla guancia,
seguì Maria, Liz e Max, verso il bar.
Anche
Michael si stava movendo per andare con gli altri, quando Isabel lo fermò.
“Michael……”
“Che
c’è?”
“Max
mi ha detto quello che avete intenzione di fare
stanotte……e……volevo……dirti grazie! Capisco che Mark……non ti
stia proprio simpatico……e so che sforzo stai facendo……perciò……”
“Non
dire più nulla……non voglio abituarmi a troppi grazie! Conservane qualcuno
per Mark……se li è meritati!”
“Ehi
che succede? Dove sono gli altri?” chiese Tess, che fra tutti era l’unica
che stava ancora dormendo.
“Sono
al bar……ti va di venire con me? Io sto andando lì…”
“No,
Michael inizia ad andare……devo dire una cosa ad Isabel!”
Michael
annuendo con la testa, le lasciò sole.
“Ben
svegliata……”
“Grazie
Isabel……anche se avrei preferito un letto! Allora ti hanno detto quello che
vogliono fare stanotte?”
“Sì…e
devo dire che da Max me l’aspettavo……Michael invece mi ha sorpreso! Cosa
si sono detti stanotte lui e Max?”
“Non
ne ho la più pallida idea……però so che è stato proprio Michael a dire a
Max che avrebbero dovuto fare qualcosa per Mark…”
“Sì…me
l’ha detto Max…”
“…inoltre
ha anche chiesto scusa a tutti!”
“Andiamo
da Mark?”
“Isabel……perché
ieri sera sei andata a casa sua?”
“Nulla……volevo…parlargli…”
“Isabel……sta
attenta…di Mark è facile innamorarsi…ma è anche altrettanto facile
soffrire per lui!”
“Ma
che dici? Io volevo solo…parlargli…e basta…” rispose la ragazza
arrossendo.
Uscite
dalla sala d’attesa si diressero verso la stanza di Mark.
Fuori
c’era sempre ad aspettare il padre del ragazzo, un uomo sulla cinquantina,
con capelli brizzolati corti, sguardo però ancora giovanile, i lineamenti del
viso erano molto simili a quelli di Mark. Indossava un vestito classico nero, e
sul braccio destro aveva appoggiato un cappotto nero e lungo.
Proprio
mentre loro due si avvicinavano alla camera, sopraggiunse anche il signor Evans,
per chiedere informazioni sulle condizioni di Mark, mentre alle sue spalle, con
la signora Evans, c’erano ora anche i Parker.
“Novità
Jim?” chiese il padre di Max ed Isabel
“Niente
di nuovo, Phillip!” esclamò il signor Willis, accompagnando con un cenno
della testa la risposta.
“Vedrai
che tutto si risolverà per il meglio!”
“Lo
spero!”
“Signor
Willis?” li interruppe la voce di una donna.
“Sì…”
“Salve,
noi siamo Nancy e Jeffrey Parker…i genitori di Liz…volevamo dirle che le
siamo vicino in questo momento difficile!”, “Conosciamo, Mark, è un bravo
ragazzo…e ci dispiace che è in queste condizioni!” continuò il signor
Parker quando la moglie si fermò.
“Grazie!
Grazie a tutti! Mark è fortunato ad avere tanti amici!” esclamò il signor
Willis con un filo di commozione nella voce.
“Lei
invece è mia figlia Isabel, è l’unica che mancava all’appello
quando…hai conosciuto gli altri ragazzi.” disse il signor Evans non appena
la vide, ponendosi alle spalle della figlia e appoggiandole con dolcezza le
mani sulle spalle.
“Piacere
di conoscerti Isabel! Stai bene?” esclamò l’uomo porgendo la sua mano
destra alla ragazza.
Isabel
farfugliando rispose al saluto dell’uomo, e riuscì a dire solo:
“Mi
dispiace signor Willis! È solo colpa mia se Mark è in quelle condizioni!”
prima che scoppiasse a piangere.
“No…ma
cosa dici! Non è colpa tua!” e l’abbracciò commovendosi anche lui.
Nel
frattempo tutti erano tornati dal bar e si erano uniti agli altri davanti alla
stanza di Mark.
“Mamma…papà!
Anche voi qui!” esclamò Liz sorpresa di vedere i genitori.
“Sì,
tesoro! Non potevamo restare a casa!……Anche noi vogliamo bene a Mark e
siamo preoccupati per lui!” ed abbracciarono la figlia.
Tutti
rimasero in silenzio quando uscì il dottor Hedill, con lo specialista che
aveva visitato Mark.
“Allora
dottore? Cosa mi dice?” chiese con apprensione il signor Willis.
“Mi
dispiace dirlo, ma la mia diagnosi è la stessa formulata dal qui presente
dottor Hedill, inoltre va registrato un piccolo peggioramento…l’ematoma
durante la notte si è esteso! E questo non è certo un bene!”
“Cosa
pensate di fare? Volete operare?” chiese il signor Evans.
“Allo
stato attuale non è il caso! Dobbiamo aspettare che le condizioni si
stabilizzino un po’! Se operassimo adesso……probabilmente il paziente non
supererebbe l’intervento! Non posso fare oltre! Passerò a visitarlo di nuovo
nel pomeriggio!” e detto questo si allontanò con il dottor Hedill.
Il
padre di Mark, si spostò dalla porta della stanza e si sedette mettendosi le
mani in faccia, i genitori di Liz, Max ed Isabel gli si strinsero intorno, le
parole del dottore se non erano state una condanna poco mancava. I ragazzi
invece, anche se scossi dal fatto che le condizioni di Mark durante la notte
fossero peggiorate, non si allarmarono più di tanto! Tutti sapevano che con
l’intervento di Max e Michael tutto si sarebbe risolto, ma nonostante ciò un
profondo silenzio li avvolse. Max prese in disparte Michael:
“Michael,
dobbiamo parlare…tutti! Ho visto quello che è successo ieri sera a Isabel e
Mark, ed inoltre dobbiamo decidere su come muoverci stasera!”
Michael
gli fece di sì con un cenno della testa, capì che sarebbero dovuti andare al
lago, e cercò di avvisare tutti.
Mentre
Michael avvisava tutti sul da farsi, Max osservava il padre di Mark, non poteva
non provare tenerezza, e se prima aveva qualche piccola incertezza sulla loro
idea di salvare Mark, ora vedendo le lacrime sul volto dell’uomo tutte furono
spazzate via.
Ma
mentre continuava ad osservarlo con aria intristita, Max ebbe come
l’impressione che tutto intorno a lui stesse rallentando: i rumori, i
movimenti delle persone, le parole. E vide lo sguardo fisso del padre di Mark
su di lui, fu una frazione di secondo, poi tutto torno normale. Lui non ci fece
caso più di tanto, pensò che fosse stata la stanchezza dovuta ad una notte
passata insonne a percorrere su è giù quel corridoio.
“Max?
Andiamo?” le chiese Liz distogliendolo dai suoi pensieri.
“Sì……andiamo…”
e prima di andare via volse un ultima volta lo sguardo verso Jim Willis, che
continuava a tenere le mani in faccia, cercando forse di nascondere il suo
dolore.
Giunti
al lago, tutti furono messi al corrente su quello che era successo la sera
prima a Mark e Isabel.
“Allora
cosa ne pensate?” chiese Max non appena ebbe finito il suo racconto, mentre
Isabel si asciugava le lacrime rivivendo in ogni singola parola del racconto
del fratello, quegli interminabili momenti di paura.
“Io
credo che sia qualcuno dell’FBI!” esclamò con decisione Alex.
“Anche
noi la pensiamo così!” dissero Liz e Maria lanciandosi uno sguardo di
intesa.
“Voi
due?” chiese Max a Tess e Michael.
“Se
fosse invece qualche alieno?” rispose Michael porgendo un'altra domanda.
“Anch’io
non credo che siano dell’FBI……Nasedo……o meglio…l’agente Pierce ci
avrebbe avvertito! È lui che è al capo dell’unità speciale, e senza il suo
consenso non si possono muovere!”asserì Tess.
“E’
quello che ho pensato anch’io! Ma ho pensato anche all’ipotesi degli alieni
nemici……ma tutto non mi da un senso compiuto!”
“Io
credo che Mark……sappia molto di questa storia!” disse con aria in sinuosa
Michael.
“Perché
dici?” chiese Max.
“Valenti,
m’ha detto che il padre di Mark è un pezzo grosso della CIA! E secondo lui
non era da escludere che l’aggressione era diretta a Mark, e che Isabel vi
sia capitata per sbaglio!”
“La
CIA?” esclamarono tutti, mentre Max continuava a stare in silenzio pensando
alla strana sensazione che aveva provato in ospedale.
“Ma
tu non sei di questa opinione vero?” gli chiese Max.
“Esattamente!
Come mi hai raccontato, quando Isabel è stata aggredita Mark, era in casa,
giusto?”
“Sì…e
allora?”
“Bene!
Come ha fatto allora ad accorgersi che Isabel fosse in pericolo? Visto che casa
sua non si affaccia su quel lato della strada, e che comunque era abbastanza
lontano per sentire le grida di Isabel?”
“Non
penserai che……?” gli stava chiedendo Isabel prima che Michael la
interrompesse per concludere il suo pensiero.
“…dietro
a tutto c’è Mark……e suo padre! Poi casomai si è pentito di averti
buttato direttamente tra le braccia della CIA, ed è intervenuto!”.
“È
assurdo! Non ha senso quello che dici!” gli rispose Isabel infastidita non
poco dalla insinuazioni dell’amico.
“È
assurdo? E allora dimmi come ha fatto a sapere che ti stavano aggredendo?”
“Beh……sarà
sceso…e non vedendo Isabel vicino la sua auto si è…insospettito!”
suppose Maria cercando di calmare un atmosfera diventata improvvisamente
bollente.
“Tutti
state cercando di negare l’evidenza! Anche di fronte ad un fatto
compiuto…volete volgere la realtà a vostro piacimento! Eppure è tutto così
chiaro! Un pezzo grosso della CIA, sta indagando sul caso degli alieni a
Roswell…….legge i rapporti dell’unità speciale dell’FBI, scopre le
nostre identità…ed invia il figlio qui a Roswell per entrare in contatto con
i “sospetti”. Una volta che le indagini del figlio gli hanno dato più di
un semplice sospetto, interviene per rapire Isabel……ed il gioco è fatto!
Quindi si spigherebbe anche l’ostinato silenzio di Mark riguardo la sua
famiglia ed il suo passato! Il fatto che sia venuto a cercare lavoro proprio
all’Ufo Center dove lavora Max! La “coincidenza” del ritrovarsi con Tess!
Un piano perfetto!”
“E
si sarebbe fatto quasi ammazzare? Non credo proprio!” asserì Tess.
“E
se fosse invece tutto un trucco, per farci uscire allo scoperto? Per coglierci
sul fatto?”
“Michael…non
è il caso di continuare con i tuoi sospetti!” esclamò deciso Max, anche
perché non voleva farsi influenzare dalle ipotesi dell’amico, visto che un
piccolo dubbio si stava infondendo nella sua mente.
“Più
che altro, adesso dobbiamo pensare a come salvare Mark! Le sue condizioni sono
peggiorate ulteriormente! E non possiamo aspettare oltre!” asserì in modo
deciso Isabel, “Che cosa hai intenzione di fare, Michael? Vuoi tirarti
indietro adesso?” chiese poi a Michael con aria di sfida.
Michael
esitò per un attimo, poi sentendosi gli occhi di tutti addosso rispose:
“No!
Certo che no! Ho dato la mia parola che vi avrei aiutato a salvarlo……e lo
farò!” disse a sguardo basso, “…però, lo faccio solo per scoprire la
verità su questa storia! Una volta guarito dovrà dirmi tutto……con le
buone……o con le cattive!”
“Per
ora pensiamo a salvarlo!” gli rispose Max.
“Allora……io
e Michael stasera andremo in ospedale! Andremo verso le 2……a quell’ora
non c’è nessuno, ho controllato questa notte, faremo il nostro “lavoro”
e poi andremo subito a casa di Michael. Tutti voi altri cercate di essere in
casa il prima possibile! Inoltre cercate di non essere mai da soli…e di stare
in luoghi affollati! Chiaro? Finché non sappiamo chi è il nostro nemico, non
potremo combatterlo, e quindi possiamo solo nasconderci……per ora!"
“Va
bene! E cosa faremo oltre a nasconderci?” chiese Tess con un filo di
preoccupazione.
“Beh…da
domani riprenderemo il nostro “addestramento”!” disse Max guardando Tess,
Michael e Isabel, che gli risposero di sì con un cenno della testa.
“Di
che addestramento state parlando?” chiese Liz incuriosita
dall’atteggiamento di Max e gli altri.
“Di
nulla……” esclamò Michael cercando di tagliare corto.
Max
gli lanciò un occhiataccia, e poi rispose alla ragazza:
“Ecco
Liz….noi quattro, da quando Nasedo è partito….ci siamo riuniti ogni volta
che avevamo un po’ di tempo, per imparare ad usare meglio i nostri poteri!”
“E
perché non ci avete detto nulla?” chiese Maria.
“Non
c’era mica nulla di cui vergognarsi!” la assecondò Alex
“Perché
dicendovelo……vi avremmo solo fatto preoccupare inutilmente! Non c’era un
nemico da cui difendersi……e quindi sarebbe stato stupido farvi preoccupare
per nulla! Lo dimostra anche il fatto che fino ad oggi non abbiamo più usato i
nostri poteri…”
“Sì,
ma adesso c’è! E come ci comportiamo?”
“Te
l’ho detto Isabel, non dobbiamo mai stare da soli…...più siamo meglio è!
Soprattutto tu Isabel, cerca di stare sempre in compagnia…per ora sei tu il
loro obiettivo…” le rispose Max appoggiandole le mani sulle spalle.
“Ok…ora
torniamo tutti ai nostri lavori…voi tre andate al Crashdown, giusto?”
chiese Max a Maria, Liz e Michael, che gli risposero di sì.
“E
tu Tess?”
“Io
e Alex abbiamo da studiare, staremo a casa di Alex…”
“Bene!
Isabel? Tu stai con loro due, ok?”
“Veramente…io
vorrei…tornare in ospedale da Mark…”
“No
Isabel, non è il caso!”
“Ma
dai ci sono mamma e papà……c’è lo sceriffo Valenti…non mi succederà
nulla!”
“No!
Isabel è meglio che resti a casa con loro due!” rispose deciso Max.
La
ragazza, abbassando lo sguardo, accettò “l’ordine” del fratello.
“Io
starò all’Ufo Center! Inoltre, da questo momento in poi tenete sempre accesi
i cellulari…possibilmente anche di notte! Ed ogni volta che vi spostate
comunicatelo a qualcuno del gruppo…a qualsiasi ora, di giorno e di notte!
Intesi? Lo so…è fastidioso, ma per ora non possiamo fare altrimenti…ci
rivedremo stasera per gli ultimi dettagli!”
Date
e ricevute le disposizioni, tutti ritornarono ai loro impegni.
Verso
le due del pomeriggio, Michael andò a buttare i rifiuti del locale nel bidone
della spazzatura sul retro del Crashdown, e mentre lo faceva, si sentì una
mano sulla spalla, il ragazzo si girò di scatto, e stava quasi per usare il
suo potere, quando riconobbe l’uomo.
“Che
ci fai qui? Mi hai fatto prendere un colpo…”
“Michael…Michael…stavi
per usare il tuo potere vero?” gli disse con tono di rimprovero l’uomo.
“Sì…lo
stavo usando! Se sapessi quello che è successo ieri sera ad Isabel…capiresti
il mio comportamento…”
“Lo
so…è per questo che sono qui!”
L’uomo
era Nasedo, o meglio in quel momento era ritornato ad essere il signor Harding,
lasciando per un po’ i panni dell’agente Pierce.
“Erano
tuoi uomini?”
“No!
Non erano dell’FBI! A Washington, si sono “improvvisamente” perse prove e
tracce di voi. L’unità speciale ora sta indagando su presunti avvistamenti
verificatesi in Alaska!”
“E
allora chi erano?”
“Questo
non lo so! E sono qui per scoprirlo! Quella di ieri sera è stata la prima
“visita” che avete ricevuto, vero?”
“Sì….”
“Bene
vuol dire che avete nascosto bene le vostre identità…bravi!”
Nasedo
si guardò intorno con aria sospettosa, non voleva che qualcuno lo vedesse o
riconoscesse.
“Adesso
io vado! Mi raccomando non dire agli altri di avermi incontrato, mi farò
vedere io al momento opportuno!”
“Aspetta…come
dobbiamo comportarci adesso?” gli chiese Michael allungando il braccio nella
direzione di Nasedo che piano si stava allontanando.
“Fate
quello che vi ha detto Max….però state lontano dall’ospedale! Non dovete
usare i vostri poteri su Mark!” esclamò Nasedo fermatosi, ma senza girarsi
verso Michael.
“Tu…tu…come
fai a sapere quello che ci ha detto Max?” chiese sorpreso.
“Io
so tutto…” disse allontanandosi.
“Ehi…tutto
bene? Dai che c’è gente!” esclamò Maria uscendo di colpo dalla porta sul
retro del locale.
“Credevo
che fossi caduto nella spazzatura……e sono venuta a salvarti!” asserì
scherzosamente Maria con il suo solito tono.
“Spiritosa!
Entra dentro…dai!” gli rispose ancora Michael smorzando un mezzo sorriso e
seguendola a ruota.
Intanto
a casa Whitman, mentre Tess e Alex erano impegnati nelle ripetizioni di
matematica, Isabel era completamente assorta nei suoi pensieri e per una buona
ora non proferì parola. Ripensava ad ogni singolo particolare del suo sogno,
in cui aveva visto Mark, quel boschetto, quella larga e lunga strada avvolta
nel deserto. Andata in un’altra stanza si sedette e cercò di entrare di
nuovo nei sogni di Mark, voleva capire se quello che aveva sognato era frutto
della sua immaginazione oppure era riuscita davvero, inconsciamente ad entrare
nei sogni di Mark. sperava di riuscirci, non ci provava più da quando per una
settimana intera, provò a farlo, ma si trovava sempre quel muro davanti. Fece
un profondo respiro e concentrando il suo pensiero su Mark, cadde in uno stato
di trans.
Si
ritrovò di nuovo nella solita stanza blu, con la solita porta chiusa in fondo.
Si
avvicinò lentamente, e poggiando la mano sulla maniglia della porta, sperò
con tutto il cuore che non comparisse di nuovo quel muro che le ostacolava la
via. Chiuse gli occhi e girò di colpo la maniglia! Li riaprì lentamente…e
al posto delle pareti blu della stanza, stavolta non vide il muro, ma il
boschetto dove era stato nel suo sogno.
Riconobbe
la strada larghissima e lunghissima ai cui lati non c’era che sabbia.
Riconobbe il frastuono del tuono che fece sobbalzare nuovamente il suo cuore.
Riconobbe la fine del boschetto. Anche stavolta si mosse per uscirne, e la sua
attenzione fu attirata nuovamente dalle due figure che si agitavano nel buio
della notte.
Tutto
era perfettamente uguale al sogno, rivide tutte le scene, allo stesso modo di
chi rivede per la seconda volta un film, in cui si cerca di cogliere anche i più
piccoli particolari. Rivide il duellare tra Mark e l’altro uomo, rivide la
scena sulla strada….e rivide nuovamente quella luce dorata che l’accecò e
quando riaprì gli occhi li volse direttamente verso la strada e vide Mark che
in ginocchio stringeva il corpo della ragazza al suo petto, e l’altro uomo
che cercava qualcosa per terra. Cercò di avvicinarsi a loro, ma si fermò
quando Mark, guardando al cielo urlò di nuovo lo stesso nome…e stavolta
riuscì a capirlo: Sarah!
Poi
un improvviso rumore, un beep lunghissimo, uno scossone…un altro ancora….
Isabel
si risvegliò di colpo, gridando il nome di Mark.
Subito
Alex e Tess corsero nell’altra stanza, e videro Isabel che respirava
affannosamente, sulla sua fronte c’era un velo di sudore.
“Isabel?
Che succede?” le chiese subito Alex sedendosi vicino a lei cercando di
calmarla.
“Hai
usato il tuo potere? Su chi?” chiese Tess.
“Mark…...sta
morendo!” disse senza rispondere alle altre domande.
“Che
cosa stai dicendo? Come fai a saperlo?” le chiese Tess avvicinandosi a lei
con un po’ di preoccupazione e cercando di capire quel qualcosa che le
scappava.
“Non
lo so! Me lo sento…sta morendo! Dobbiamo andare subito in ospedale…” e
detto questo scattò come una saetta uscendo dalla stanza e dirigendosi verso
la sua macchina, lasciando Alex e Tess nella stanza che si guardavano a vicenda
cercando di capire cosa stesse succedendo.
I
due ragazzi la raggiunsero e senza farle domande vedendola sconvolta, si
diressero all’ospedale.
In
effetti Isabel aveva ragione, le condizioni di Mark erano improvvisamente
peggiorate, quegli scossoni che Isabel aveva avvertito quando ancora era tra i
sogni di Mark, erano dovuti al defibrillatore che i medici stavano usando per
salvarlo. Aveva avuto un arresto cardiaco!
Giunsero
in ospedale dopo una decina di minuti, quando la situazione si era ormai
stabilita
Isabel,
lasciando Tess e Alex indietro, non guardò in faccia nessuno dirigendosi verso
la stanza di Mark, dove trovò il signor Willis che seduto vicino al letto del
figlio gli teneva la mano destra.
“Isabel!
Che fai qui?” chiese l’uomo distolto dal rumore della porta.
“Come
sta?” gli chiese Isabel guardando fisso Mark e la mascherina per l’ossigeno
che gli copriva la bocca.
“Adesso
sta meglio ma…ha avuto un improvviso arresto cardiaco! L’hanno salvato per
un pelo….e i dottori…non escludono che possa avere…qualche altra
crisi!” disse l’uomo volgendo il suo sguardo verso il figlio.
Isabel
con le lacrime agli occhi, senza dire una parola, si avvicinò al letto ed
accarezzò la fronte dell’amico, le sembrava così sereno che non poteva
credere che stava per morire.
Nel
frattempo anche Tess ed Alex erano stati messi al corrente, dal dottor Hedill,
della crisi di Mark. Entrambi rimasero sorpresi nell’apprendere che quello
che aveva immaginato Isabel si stesse realizzando. Rimasero ad aspettarla fuori
dalla stanza, da dove uscì dopo una mezz’oretta.
“Come
sta?” le chiese subito Tess alzandosi di colpo dalla sedia.
“Meglio…”
rispose accompagnando le parole con un movimento della testa.
“E
tu?” gli chiese Alex.
“Sto
meglio anch’io…”
“Isabel…come
hai fatto a sapere…che aveva avuto…quella crisi?” le chiese Tess cercando
di capire.
“Non
lo so…è come se avessi avuto una premonizione…ma non te lo so spiegare!
Non mi è mai successo prima…ero nei suoi sogni quando è successo!”
rispose confusamente Isabel, nemmeno lei si spiegava come le fosse successo,
figurarsi spiegarlo agli altri.
“Ma
sei entrata davvero nei suoi sogni?” le chiese a bassa voce Tess.
La
ragazza annuì con la testa.
“Cos’hai
visto? Di nuovo il muro?”
“No…stavolta
ci sono riuscita…”
“Muro?
Di cosa state parlando?” chiese Alex che era stato escluso dal discorso delle
due ragazze.
“Niente!
Ti spieghiamo tutto dopo!” gli rispose seccamente Tess, poi volgendosi verso
Isabel “…torniamo a casa?”
“No!
Tess voglio stare qui! Nel caso in cui succeda qualcosa…interverrò! Non
possiamo aspettare fino a stanotte! Potrebbe…non farcela!”
“Lo
so! Isabel ti capisco…ma è inutile stare qui! Non possiamo fare
nulla….almeno non noi tre! Ti prego Isabel…per una volta tanto…fidati
anche di me! Mark è forte…ce la farà a resistere!”
Isabel
ascoltò Tess guardando Mark, attraverso i vetri della porta, e vedendolo così
sereno si convinse, ma man a mano che si allontanava dalla stanza di Mark
cresceva in lei la paura che quella premonizione si potesse avverare.
Dopo
essersi allontanati dall’ospedale, una macchina nera tagliò la strada ad
Alex, costringendolo a fermarsi. La macchina nera aveva la parte anteriore semi
schiacciata verso l’interno, Isabel allora la riconobbe! Era la stessa
macchina che la sera prima aveva cercato di investirla…
“Alex
fa marcia indietro! Sono gli stessi che ieri sera hanno cercato di investirmi!
Presto!”
“O
dio!” disse Alex che si affrettò a fare marcia indietro, mentre tre uomini
scesero dalla macchina nera cercando di avvicinarsi all’auto dei ragazzi.
Tess
in quello stesso istante usò il suo potere, facendo credere ai tre balordi che
alle loro spalle stesse arrivando a sirene spiegate, lo sceriffo Valenti, in
modo da avere tutto il tempo necessario per allontanarsi da quel luogo.
“Che
facciamo?” chiese Alex, a cui per poco il cuore non scoppiava.
“Andiamo
da Max!” esclamò decisa Isabel mentre si girava di spalle per vedere se
qualcuno li stesse seguendo.
Nel
frattempo all’Ufo Center, Liz approfittando di un momento di relax al
Crashdown era andata a far compagnia a Max.
“A
cosa stai pensando?”
“A
nulla Liz!”
“Non
è vero! Sei preoccupato per qualcosa…te lo si legge in faccia!”
Max
lasciò per un attimo i nuovi volumi da etichettare, e si andò a sedere di
fianco a Liz.
“Hai
ragione! Sono un po’ preoccupato per stanotte! E se non ce la facessi a
salvarlo?”
“Max…devi
stare calmo! Con me non hai avuto problemi a farlo…e lo stesso con
Kile…perché adesso ti stai facendo tutti questi problemi? C’è
qualcos’altro che ti spaventa?” gli disse Liz accarezzandogli il capo
cercando di tranquillizzarlo.
“E
se avesse ragione Michael? Se questo fosse tutto un trucco per farci uscire
allo scoperto, per farci usare i nostri poteri!? Stamattina all’ospedale ho
avuto come l’impressione che il tempo stesse rallentando, e il padre di Mark
mi stesse fissando, come se sapesse tutto di me!”.
“Max…non
devi pensare a quello che ha detto Michael! Fidati del tuo cuore! Mark è un
tuo amico…non ti tradirebbe mai! Non posso crederlo…”
“Perché
ne sei così sicura?”
“L’hai
mai guardati i suoi occhi?”
“Cosa?”
“Sì…li
hai mai guardati i suoi occhi? Se li avessi guardati, avresti visto la
tenerezza, la tristezza….l’innocenza! Mark non potrebbe mai farti del male,
come non ne farebbe a nessuno di noi!”
Max,
le sorrise e stava per dire qualcosa quando Liz lo baciò.
In
quel momento arrivarono Tess, Isabel ed Alex come tre furie.
“Ehi
che è successo?” chiese subito Max.
“Abbiamo
incontrato gli stessi uomini che hanno aggredito Isabel e Mark ieri sera!”
rispose frettolosamente Tess.
“Ci
hanno tagliato la strada…e non credo che volessero invitarci a prendere un
caffè…” le fece eco Alex.
“Dove
li avete incontrati?”
“Vicino
all’ospedale…” rispose Isabel con tono mortificato.
“Vicino
all’ospedale!? Isabel! Vi avevo detto di non andarci o mi sbaglio? E poi vi
avevo detto anche di comunicare ogni vostro minimo spostamento!”
“Hai
ragione Max! Ma Isabel ha avuto una premonizione su Mark…l’aveva visto
morire, e siamo corsi di fretta e furia in ospedale!” disse Tess a voler
difendere l’amica dalla rabbia di Max.
“Una
premonizione? E come sta Mark?”
“Sta
meglio…ma i medici non escludono che le crisi si possono ripetere…” gli
rispose Isabel.
“E
quei tre tipi?”
“Ci
hanno tagliato la strada, e Tess ha usato il suo potere per fargli credere che
stesse arrivando Valenti, così abbiamo avuto tutto il tempo per scappare e
venire qui!” disse Alex.
Nel
frattempo anche Maria e Michael, avendo visto la macchina di Alex arrivare come
una furia, erano andati all’Ufo Center.
“Che
cos’è successo?” chiese Michael entrando di corsa nell’Ufo Center
seguito da Maria.
“Alex,
Tess ed Isabel sono tornati in ospedale, perché Isabel ha avuto una
premonizione su Mark, e nei pressi dell’ospedale hanno incontrato i tre
uomini che hanno cercato di rapirla ieri sera.”
“E
cosa vi hanno fatto?”
“Nulla!
Ho usato il mio potere per fargli credere che stava arrivando Valenti…e ce
la siamo svignata!”
“Adesso
le cose cambiano! Ci stanno addosso! Magari controllano ognuno di noi…”
disse Max guardando fuori dal centro attraverso una finestra.
“Cosa
facciamo?” chiese Michael avvicinandosi a Max.
“Abbiamo
bisogno di un posto sicuro dove poter stare!” qui rimase per un attimo in
silenzio poi riprese di nuovo la parola:
“Andremo
alla vecchia miniera! Resteremo lì fino a che non sapremo chi sono questi tre
uomini. Chiamate Valenti e ditegli di raggiungerci alla miniera…”
“Ok….ci
penso io…” esclamò Tess che andando in un’altra stanza del centro chiamò
lo sceriffo.
“E
noi?”
“Noi
andiamo alla miniera, lo aspetteremo lì!”
“Max?
E con Mark? Dobbiamo muoverci in fretta…...ho un bruttissimo
presentimento!”
“Isabel
sta tranquilla! Ci penseremo stanotte!”
“E
se non dovesse farcela?”
“Isabel
hai avuto qualche altra premonizione?”
“No…ma…ho
paura…”
“Non
preoccuparti….Mark ha la pelle dura!” disse Max alla sorella, cercando
attraverso lo sguardo di trasmetterle tranquillità.
Il
gruppo si trasferì alla vecchia miniera con due auto, quella di Isabel e
quella di Maria, partendo dal retro dell’Ufo center, mentre la jeep di Max e
l’auto di Alex rimasero parcheggiate davanti all’Ufo Center per far credere
a tutti che erano all’interno del centro..
Giunti
lì tutti insieme decisero di restare lì anche per la notte, e che Max e
Michael dopo aver fatto il proprio “lavoro” all’ospedale sarebbero
tornati alla miniera. Di lì a poco arrivò anche lo sceriffo Valenti che fu
messo a conoscenza di tutto quello che era accaduto, dal rapimento fallito di
Isabel all’ultimo episodio che aveva suggerito loro di ripararsi alla vecchia
miniera. Inoltre misero al corrente lo sceriffo anche dell’intenzione di
salvare Mark, e soprattutto dei loro dubbi circa Mark, il padre e la CIA.
“Capisco…la
situazione non è delle migliori! Però conoscendo i mezzi che usa la CIA non
mi meraviglierebbe se tutto questo fosse stato studiato ad un tavolo. Ragazzi
sta a voi decidere cosa fare! Voi quattro siete quelli che rischiano di più,
noi comunque accetteremo ogni vostra decisione…..perché sarà comunque
giusta!” disse Valenti, dimostrando un affetto ed una stima verso i quattro
alieni, che mai si sarebbero aspettati.
Anche
Valenti dopo che il figlio era stato colpito durante la sparatoria con Pierce,
era molto cambiato. Nello stesso istante in cui Max poggiò la sua mano sulla
ferita di Kile e la fece guarire, Valenti…giurò a se stesso che avrebbe
trattato quei quattro ragazzi come se fossero stati sui figli….e che li
avrebbe protetti anche a costo della sua stessa vita! Allora come in
quell’istante guardando Max, ricordò le parole che gli disse Max, dopo che
lui ebbe ucciso Hubble che a sua volta stava per uccidere il ragazzo:
"Perché
ce l'ha tanto con me? Lei é lo sceriffo é pagato per proteggermi, invece non
fa altro che tormentarmi! Crede davvero a quelle idiozie sugli alieni? Allora
é come Hubble! Mi vuole morto! Beh, eccomi qua, su... mi uccida!"
"...Figliolo..."
"Lei
tratterebbe così suo figlio?"
Fu
come un flash…poi subito il ritorno alla realtà e mettendosi il cappello in
testa, con la visiera che gli copriva gli occhi lucidi, disse:
“Ragazzi!
Vi chiedo una sola cosa…non fate nulla che possa mettere in pericolo la
vostra vita! Io adesso devo andare, ma tornerò stasera verso le nove e vi
porterò qualcosa da mangiare. Nel frattempo metterò qualche mio agente qui
intorno.” Detto questo si avviò verso l’uscita della miniera, ma prima di
uscirne si voltò e disse:
“Mi
raccomando! Prudenza!”
Lo
disse mentre la luce del sole, in pieno contrasto con il buio della caverna, lo
circondò di un alone color oro prima che si allontanasse e che la luce del
sole ripiombasse sul terreno della miniera.
“Ok…allora
faremo così! Lo sceriffo Valenti rimarrà con voi, mentre io e Michael andremo
in ospedale. Una volta fatto quello che dobbiamo fare c'incontreremo qui e
vedremo come comportarci con i nostri “amici”!”
“Ma
che bello! Si ricomincia da capo!” esclamò molto ironicamente Maria che nel
frattempo s’era seduta su di un sacchetto di terra.
“Risparmiaci
il tuo sarcasmo!” esclamò molto nervosamente Isabel.
“Isabel!”
la richiamò Max.
Isabel
seccata dal richiamo del fratello, a braccia incrociate si andò a sedere
appena fuori la miniera.
Vedendola
tesa come una corda di chitarra, Tess cercò di parlarle per sapere cosa le
stesse succedendo.
“Ehi….tutto
bene?”
“Non
lo so! È tutto così assurdo! Dovevo esserci io al posto di Mark, ed
invece….”
“La
smetti di sentirti in colpa!”
“Non
ce la faccio! E poi mi rode il fatto che tutti inizino a pensare che Mark
sappia qualcosa di questa storia….che sia una “spia”!”
“Ti
capisco! Anche a me fa lo stesso effetto!” disse Tess mentre con un
bastoncino stava lasciando dei segni sul terreno morbido dovuto alla pioggia
del mattino.
“Senti
Isabel! Tu hai detto che oggi sei riuscita ad entrare nei sogni di Mark,
vero?”
“Sì…Ci
sono riuscita due volte…una stanotte, però inconsciamente, ed una volta
stamattina quando ho avuto la premonizione!”
“E…cosa
hai visto?”
“Ho
visto tutte e due le volte la stessa cosa….”
“Sarebbe?”
chiese molto incuriosita Tess, che aveva repentinamente smesso di giocherellare
con il bastoncino.
Isabel
fece un respiro profondo e poi diede quiete alla curiosità dell’amica:
“…Credo
di aver…di aver assistito alla morte…della ragazza di Mark!”
“Che
cosa? E com’è morta?”
“…Le
hanno…sparato…davanti agli occhi di Mark…”
“Che
vuol dire davanti agli occhi di Mark?”
“…vuol
dire che Mark non è potuto intervenire, c’era qualcuno che glielo
impediva….e non so perché ma mi sembra di aver riconosciuto quel
qualcuno….ma non mi ricordo chi è!”
“Oh
mio dio…ecco perché non ne voleva parlare! Hai visto chi è stato a….”
“No!
Ero lontana da loro….so solo che erano tre uomini…e che hanno sparato senza
pietà!”
“Isabel?”
le disse Tess, sgranando gli occhi.
“Che
c’è?”
“Hai
detto che quelli che hanno sparato alla ragazza di Mark, erano in tre…”
“Sì…perché?”
“Erano
tre anche quelli di ieri sera!”
“Sì…e
allora?” disse Isabel non capendo il senso di quello che stava cercando di
dire Tess, poi all’improvviso capì, “…aspetta! Non penserai che siano le
stesse persone!?”
Tess
annuì con la testa, e la guardò fissa con i suoi occhi azzurri.
“No…è
assurdo!” poi dopo una piccola riflessione disse: “Però potresti anche
aver ragione…”
“Ti
ricordi i volti di quelli di ieri sera?”
“Sì…confusamente…ma
solo uno l’ho visto bene in faccia…”
“Bene!
Riprova a rientrare nei sogni di Mark, e cerca di avvicinarti per vedere se
quei tre sono le stesse persone!”
“Ok…e
se poi sono le stesse persone?”
“Non
ci pensare adesso! Vedremo poi cosa fare dai vieni, entriamo dentro…” le
disse porgendole la mano.
Entrati
nella miniera si appartarono in un angolo, Isabel cercò di rilassarsi ma le
risultò molto difficile, i brutti pensieri le si affollavano uno dietro
l’altro, e non le lasciavano spazio per altri pensieri.
Ci
provò un paio di volte, ma non ci riuscì era troppo nervosa!
“Che
succede?” chiese Max avvicinandosi a Tess ed Isabel.
“Isabel
sta cercando di entrare nei pensieri di Mark…per cercare di scoprire
qualcosa…”
“Di
scoprire cosa? E che centra Mark?”
“E’
lungo da spiegare! Però forse c’è un nesso tra i tre uomini che hanno
cercato di rapirla, ed altri tre uomini che lei ha visto in un sogno di
Mark….”
“Un
nesso?”
“Te
l’ho detto! È lungo da spiegare….lasciamola concentrare in pace, poi vi
spiegheremo tutto!”
Max
annuì con la testa, tornando da Liz e gli altri, e lasciando da sole Tess ed
Isabel.
Isabel
compieva profondi respiri cercando di liberare la mente da ogni pensiero, ma
proprio non riusciva a scrollarsi di dosso quella paura che l’aveva invasa
quando aveva sentito che Mark stava morendo.
Dopo
alcuni tentativi, circondata nel silenzio più assoluto, riuscì ad entrare tra
i pensieri di Mark.
Rivisse
ogni singola scena del sogno, questa volta però, si diresse direttamente verso
lo stradone, dove cercò di avvicinarsi il più possibile ai tre uomini, ma con
lei sembrò accelerarsi anche il sogno. Mentre si avvicinava allo stradone, si
sentì avvolta da un improvviso calore, poi una luce fortissima che la
costrinse a chiudere gli occhi. Quando li riaprì, si ritrovò vicinissimo alla
strada, i tre uomini già non c’erano più, mentre il loro posto era stato
preso da Mark che teneva tra le sue braccia il corpo senza vita di Sarah, e
dall’altro uomo, che cercava per terra qualcosa. Quando quest’ultimo si
mosse verso Mark, Isabel lo riconobbe, poi subito si risvegliò.
“Allora?”
le chiese impazientemente Tess, senza nemmeno lasciare che Isabel riprendesse
la sua normale respirazione.
“Non
li ho visti i tre uomini!” esclamò tutto d’un fiato la ragazza.
Intanto
tutti gli altri si avvicinarono alle due ragazze.
“Però…ho
visto….Nasedo!”
“Che
cosa?” esclamò Max sorpreso da quello che aveva detto la sorella.
“Che
cosa ci fa Nasedo nei sogni di Mark?” chiese Tess cercando di capire
quell’assurdità.
“Nasedo,
era l’uomo che tratteneva Mark!”
“Tratteneva
Mark?” ripeté Michael cercando di cogliere quel qualcosa che gli sfuggiva, e
non solo a lui, nel discorso delle due ragazze.
“Nasedo
conosceva Mark? Quindi se era lì con lui….vuol dire che stava cercando di
salvarlo!” dedusse Tess.
“Potreste
spiegarci che succede? Cos’è questa storia di Nasedo?” chiese Max.
“La
ragazza di Mark due anni fa è stata uccisa da tre uomini, davanti agli occhi
di Mark, che non è potuto intervenire perché qualcuno….Nasedo…glielo
impediva!” rispose Tess, cercando di essere più sintetica e chiara
possibile.
“E
voi che ne sapete?” chiese Max.
“Io
sono inconsciamente entrata nei suoi sogni…. stanotte quando ero in ospedale
…ed ho visto tutto…” gli rispose Isabel.
“Sei
sicura che fosse Nasedo?” le chiese Michael.
“Sì!
Ne sono certa! Era lui”
“Ma
se Nasedo era con lui….vuol dire che…Mark è un nostro amico e che non
c’entra nulla con quello che è successo!” esclamò Liz guardando prima Max
e poi Michael.
“E
come spiegate allora il fatto che sapesse dell’aggressione ad Isabel?”
chiese Michael non ancora libero da tutti i suoi sospetti.
“Magari…è
un alieno come voi!” disse all’improvviso Maria, cogliendo tutti di
sorpresa.
I
quattro alieni si guardarono reciprocamente cercando forse di convincersene.
“No!
Non è possibile! Nasedo ce l’avrebbe detto!” esclamò subito Tess.
“Però
non è nemmeno un ipotesi da scartare!” replicò risolutamente Max.
“Non
è nemmeno da scartare che possa essere un nostro nemico!” affermò Michael
stonando nel coro di ipotesi che si stavano facendo.
“E
se fosse stato un nostro nemico, secondo te Nasedo l’avrebbe salvato da una
morte sicura?” gli chiese Isabel.
“Potrebbe
essere…se anche…Nasedo fosse un nostro nemico!”
“Adesso
stai esagerando Michael!” gli rispose bruscamente Tess.
“Ho
detto….se!” rispose freddamente Michael con il suo solito tono sicuro.
“Comunque
non ci resta che salvare Mark e farci dire tutto da lui…” suggerì Liz.
“Sono
d’accordo!” rispose Max.
“Anch’io!”
le fece eco Isabel.
Presi
dalla discussione i ragazzi non si accorsero della venuta della sera, di lì a
poco sarebbe tornato anche Valenti.
Infatti
passò poco più di mezz’ora, e Valenti si presentò alla miniera con tanta
roba da mangiare e soprattutto molto caffè.
“Ok,
è quasi ora di andare Michael!” esclamò Max mentre finiva di sorseggiare il
suo caffè.
“Vi
accompagno!” disse Valenti alzandosi dalla pietra su cui era seduto.
“No
sceriffo! È meglio che lei resti qui con loro! Saremo più tranquilli così!”
gli rispose di getto Max.
“Ma
potrei esservi d’aiuto…” cercò di ribattere Valenti.
“Ci
sarà più d’aiuto qui!” esclamò Michael appoggiando la tesi di Max.
“Ok…ma
se non tornerete entro due ore…” e qui prese qualche istante di pausa a
voler scongiurare che tale ipotesi si verificasse, “…verrò a cercarvi!”.
Max
e Michael gli risposero di sì con un cenno della testa.
“Ok…ragazzi!
Mi raccomando, cerchiamo di mantenere la calma…ci aspetta una lunga notte!”
esclamò Tess.
Max
e Michael si avviarono, non prima però di controllare che in giro non ci fosse
anima viva che li potesse vedere allontanarsi dalla miniera. Erano le due.
Giunsero
in quindici minuti all’ospedale, entrarono e come aveva previsto Max, in giro
non c’era che di tanto in tanto qualche infermiera.
Giunsero
senza troppi patemi nei pressi della stanza di Mark, si assicurarono che non ci
fossero medici o infermieri in giro, e soprattutto che non ci fosse il padre di
Mark.
Mentre
s’incamminavano lungo il corridoio, poco illuminato in modo che le luci
troppo forti non potessero disturbare il sonno dei pazienti, videro
un’improvvisa luce biancastra mista a sfumature di blu, uscire dalla stanza
di Mark.
Si
guardarono intorno spaesati, avrebbero voluto vedere quale fosse la causa di
quella improvvisa luce, ma le loro gambe furono come bloccate. Appena la luce
si spense improvvisamente così come era apparsa, Max si nascose in una stanza
vuota trascinando con se Michael tirandolo per un braccio. Guardando attraverso
i vetri della porta, nascosti nell’oscurità della stanza, aspettarono che
qualcuno uscisse dalla stanza di Mark.
Aspettarono
una decina di minuti, poi Michael stanco di aspettare esclamò:
“Ok!
basta così! Vado a vedere cosa diavolo succede in quella stanza…”
“Aspetta!”
bisbigliò Max facendogli segno con un dito di stare zitto.
“Sta
uscendo qualcuno!” esclamò Michael nervosamente.
“Ehi…ma
quello è…”
“Sì!
È il padre di Mark!” esclamò con preoccupazione Max.
“Sta
guardando qua! Abbassati!”
“Secondo
te ci ha visti?” chiese Max con un filo di terrore che gli attraverso il
volto.
“Speriamo
di no!” gli rispose altrettanto impaurito Michael.
Non
ne capivano il motivo, ma avevano entrambi paura di quell’uomo, forse come si
ha paura di qualsiasi cosa di cui non si conosce l’esistenza e che ti viene
sbattuto in faccia come un pugno.
Per
30 lunghissimi secondi trattennero il respiro, forse per evitare anche il
minimo rumore, o forse sperando che con il loro respiro si fermasse anche il
tempo intorno a loro.
Sentirono
un rumore di passi che si avvicinavano alla loro stanza, un passo dopo
l’altro e poi il nulla…i passi si fermarono davanti alla loro porta. Una
lastra di sudore si posò sul volto dei due ragazzi, poi i passi si rimisero in
moto e si allontanarono piano piano da loro.
Max
e Michael aspettarono ancora qualche secondo prima di affacciarsi per vedere se
ci fosse qualcuno, e quando videro il corridoio vuoto, tirarono un sospiro di
sollievo.
“C’è
mancato un pelo!” esclamò Max passandosi la mano lungo la fronte.
“Chi
sarà realmente quell’uomo?” chiese Michael.
“Non
lo so! Ma voglio vedere cosa è successo in quella stanza!” disse deciso Max
alzandosi ed uscendo dalla stanza.
Entrambi
si diressero verso la stanza di Mark, mentre si guardavano di continuo alle
spalle.
Giunti
davanti alla stanza di Mark, dopo aver dato un ennesimo sguardo alle loro
spalle, entrarono furtivamente.
“Che
facciamo?” chiese Michael.
“Guarda!”
gli rispose Max indicando il monitor dell’elettroencefalogramma.
“Che
vuol dire?”
“I
valori sono tornati normali! Ed anche la respirazione è tornata stabile! Non
c’è più bisogno del nostro intervento!” disse Max guardando con sorpresa
Michael.
“Guardiamo
se ha un’impronta argentata da qualche parte!” disse Max
“Ok…”
ed anche lui iniziò ad osservare il corpo di Mark, poi d’improvviso si fermò
un attimo a pensare ed esclamò:
“...anzi…aspetta!”
disse Michael uscendo di fretta e furia dalla stanza.
“Michael…dove
vai? Michael?” chiese a bassa voce Max non capendo il comportamento
dell’amico.
Vedendo
però che l’amico non gli dava retta essendo già uscito dalla stanza, si
mise a controllare il corpo di Mark cercando la famosa impronta d’argento. Ma
la ricerca fu vana, sul corpo di Mark non esisteva nessuna impronta.
Vedendo
che Mark si stava svegliando, uscì frettolosamente dalla stanza dirigendosi
verso l’uscita, dove aspettò che Michael arrivasse.
“Metti
in moto ed andiamo via prima che qualcuno ci veda!” esclamò Michael entrando
frettolosamente in macchina.
“Dove
sei stato?” chiese Max mentre si allontanavano dall’ospedale.
“Ho
fatto una passeggiata in laboratorio…”
“A
fare che?”
“A
controllare le sue analisi del sangue e le sue radiografie!”
“E
allora?”
“E’
pulito! È un essere umano!”
“Ma
chi è uscito da quella stanza non lo è!” rispose deciso Max.
“Secondo
te quell’uomo è realmente il padre di Mark…o è un alieno come Nasedo che
è capace di cambiare forma?”
“Non
lo so! Ma sta di fatto che se fosse il vero padre, Mark non avrebbe certo corpo
e sangue umano!”
“Lo
diremo agli altri?”
“Dovremo
farlo, ormai siamo tutti in pericolo, nascondere una cosa del genere non ci
proteggerà di certo!”
Intanto
alla vecchia miniera il tempo sembrava non passare mai, da quando i due ragazzi
erano andati via era passata a mal’appena un’ora. Il silenzio scandiva ogni
movimento, ogni sguardo……ogni pensiero.
Alex
e Maria erano intenti ad accendere un fuoco che scaldasse il gelido ambiente,
Liz era seduta di fianco a Tess ed Isabel che intanto continuava ad avere lo
sguardo perso nel vuoto buio di una buca. Valenti guardava il suo orologio ogni
due minuti, e dopo averlo fatto, ogni volta guardava uno ad uno tutti i
ragazzi, quasi a volersi sincerare che stessero tutti bene.
Non
appena sentirono il rumore della macchina di Maria, tutti si diressero fuori
della miniera per andare incontro a Max e Michael.
“Perché
ci avete messo tanto?” chiese Valenti.
“Abbiamo
fatto un giro più lungo, per essere sicuri che nessuno ci seguisse!” rispose
Max con la sua solita calma.
“Com’è
andata?” chiese immediatamente Isabel.
“Meglio
che entriamo dentro!” propose Michael indicando con la mano l’entrata della
miniera.
Una
volta dentro tutti si sedettero intorno al fuoco, e tutti erano in attesa di
notizie…possibilmente buone.
“Allora?”
chiese ancora impazientemente Isabel.
“Mark
sta bene! È fuori pericolo! Quando sono andato via dalla sua stanza si stava
per svegliare…”
Isabel
non trovò le parole per esprimere la sua gioia, poté solo lasciare che il suo
pianto e un suo abbraccio forte al fratello, spiegassero quello che provava in
quel momento.
Tutti
tirarono un sospiro di sollievo, ed il sorriso tornò sul viso di molti dei
presenti, tranne su quello di Max e Michael.
Liz
fu la prima ad accorgersi che qualcosa turbava i pensieri dei due ragazzi, ed
avvicinatasi a Max, che teneva ancora tra le sue braccia Isabel, gli chiese:
“Cosa
c’è che non va?”
A
questa domanda tutti concentrarono la loro attenzione su Max e Michael,
abbandonando repentinamente quel momento di sincera felicità dovuta alla bella
notizia ricevuta.
“Che
succede?” chiese Isabel mentre lasciando dalla sua morsa d’affetto il
fratello, si asciugava gli occhi dalle candide lacrime.
“Qualcuno
vi ha visto?” chiese subito Valenti avanzando di qualche passo.
“Avete
incontrato i tre uomini?” chiese Tess.
“Mi
avrete mica distrutto la macchina?” chiese Maria, non capendo subito la
serietà degli sguardi dei due ragazzi.
Max
si scambiò uno sguardo con Michael prima di parlare.
“No!
Niente di tutto questo! Mark sta bene….ma…non siamo stati noi a
salvarlo!”
“Che
vuoi dire?” chiese subito Tess.
“Vuol
dire che quando siamo arrivati noi, c’era già qualcuno nella stanza di Mark.
Dal corridoio si distingueva chiaramente una luce bianca molto forte…e dopo
una decina di minuti è uscito un uomo…”
“Chi
era?” chiese Isabel.
“Il
padre di Mark!” rispose deciso Michael, con un atteggiamento, quasi a voler
dimostrare che una delle sue ipotesi potesse essere la realtà.
“….o
qualcuno che ha preso le sue sembianze!” proseguì Max, lanciando
un’occhiataccia di rimprovero a Michael.
“Qualcuno
che ha preso le sue sembianze!?” ripeté Tess.
“Un
altro alieno?” chiese Valenti.
“Potrebbe
essere!” asserì Max.
“E
se il padre di Mark fosse davvero un alieno?”
“E’
alquanto improbabile! Ho controllato le cartelle cliniche di Mark, e risulta a
tutti gli effetti un essere umano….se invece fosse stato figlio di un alieno
avrebbe come minimo sangue alieno come il nostro!” disse Michael esponendo ciò
che pensava.
“E
se avessero sostituito le analisi, come abbiamo fatto noi con Max?” ipotizzò
Alex.
“E’
vero, per un’agente della CIA non sarebbe dovuto essere un problema
farlo…” gli fece eco Maria.
“Potrebbe
anche essere…ma solo per il sangue! Per le radiografie non credo che sia
possibile farlo!” spiegò Tess.
“Ti
sbagli! Comunque ho qui un campione del sangue di Mark!” disse Michael
tirando fuori dalla tasca una piccola boccettina, basterà farlo analizzare e
ci toglieremo ogni dubbio.
“Dove
l’hai preso?” chiese subito Max sorpreso per ciò che vedeva.
“Di
ritorno dal laboratorio ho fatto un’ultima visitina a Mark ed ho fatto questo
prelievo!”
“Sei
un pazzo! E se qualcuno ti avesse visto o se Mark si fosse svegliato?” lo
ammonì Maria.
“Non
è successo, questo è l’importante! Sceriffo può farlo analizzare da
qualcuno di fiducia?”
“Sì,
dai qua! Andrò subito a farlo analizzare ad un laboratorio fuori Roswell, sono
miei amici, ed anche se mi presento a quest’ora, mi faranno questo favore!”
e prendendo la boccettina uscì dalla miniera.
“Tra
poco sapremo se Mark è un uomo!” disse ironicamente Michael.
“E
se quell’uomo fosse Nasedo? Come avete detto voi due, l’ha già salvato una
volta, perché non avrebbe dovuto farlo anche stavolta?” suppose Liz,
attirando l’attenzione di tutti.
“No,
non è possibile, Nasedo ci avrebbe avvertito del suo ritorno a Roswell!”
esclamò subito Tess
“Io
non ne sarei così sicuro!” esclamò Michael che nel frattempo si era
accomodato davanti al fuoco.
“Che
vuoi dire?” chiese subito Tess.
“Voglio
dire…che Nasedo è qui! L’ho incontrato stamattina sul retro del Crashdown!
Sa tutto, e mi ha detto di non usare i nostri poteri su Mark.”
“E
perché non ci hai detto niente?” gli chiese stizzito Max, stanco forse di
tutti i segreti di Michael.
“Perché
mi ha chiesto lui di non dirvi nulla! Ha detto che si sarebbe fatto vivo lui al
momento giusto!” rispose con aria indifferente.
“Quindi
può essere stato lui!” esclamò Isabel.
“No!
Non è stato lui!” rispose seccamente Max.
“Perché
ne sei così convinto?” chiese Tess.
“Perché
sul corpo di Mark, non c’era nessuna impronta argentata!” tagliò corto
Max.
Tutti
rimasero in silenzio.
“E
se Mark fosse davvero un alieno? Cosa succederebbe?” chiese Liz preoccupata
delle conseguenze di quella scoperta.
“Dovremo
capire se è o meno un nostro nemico….e se lo è….eliminarlo! Prima che lui
elimini noi!” disse distaccatamente e spietatamente Michael.
“Non
corriamo subito a conclusioni affrettate!” rispose subito Max a placare gli
animi.
“Giusto!
E poi se Nasedo l’ha difeso già una volta vuol dire che non è un nostro
nemico!” gli fece subito eco Tess.
Isabel
invece restò in silenzio, per lei in quel momento importava solo che Mark
fosse salvo, al resto ci avrebbe pensato poi.
Intanto
in mezzo al mare d’ipotesi che si stavano facendo, il tempo trascorse
velocemente, e presto Valenti tornò con una busta da lettere in mano.Tutti
scattarono in piedi ad aspettare l’esito degli esami del sangue.
Valenti
non disse nulla, porse solo la busta ancora sigillata con dentro il risultato a
Max, che guardandolo iniziò ad aprire la busta.
Tutti
rimasero in una silenziosa attesa e scrutarono con tensione ogni minimo
movimento di Max, mentre l’apriva e leggeva il contenuto.
“Mark
è un essere umano!” esclamò piegando il foglio e riponendolo nella busta.
“Non
ci credo!” esclamò Michael strappandogli letteralmente la busta di mano per
visionarne personalmente il contenuto. Lo lesse rapidamente la prima volta, per
poi rileggerlo con più calma e attenzione la seconda volta non credendo a
quello che aveva letto.
“Beh…non
è un alieno! Ma non vuol dire che non è un nostro nemico!” esclamò Michael
con arroganza.
“Bene…mentre
prima avevamo due ipotesi su quell’uomo…adesso ce né resta una! Un alieno
ha sostituito il padre di Mark così come noi abbiamo sostituito Pierce con
Nasedo!”
“E
adesso?” chiese Isabel.
“Non
lo so! Non possiamo ancora tornare a casa…siamo ancora in
pericolo…tutti!” le rispose Max.
“E
invece potete farlo!” esclamò una voce dall’esterno della miniera.
Tutti
si voltarono d’istinto cercando di capire a chi appartenesse quella voce,
Alex, Michael e Max si poserò davanti alle ragazze a volerle proteggere,
mentre Valenti tirò subito fuori la sua pistola puntandola verso l’ingresso
della miniera.
Sul
muro grazie al fuoco che illuminava la miniera s’intravedevano due ombre che
si ingrandivano man a mano che i due avanzavano verso l’interno.
Tutti
ascoltavano i passi che si avvicinavano, ed ognuno sperava che fosse qualcuno
che conoscessero.
Le
due ombre sulla parete, presero forma davanti a loro, erano Nasedo ed il padre
di Mark.
“Salve
ragazzi! State tutti bene?” chiese Nasedo guardandoli uno ad uno mentre
Valenti riponeva la sua pistola.
“Nasedo
che ci fai qui? E chi è quell’uomo in realtà?” chiese Max sorpreso
dall’improvvisa visita di Nasedo, ed altrettanto sorpreso di vederlo insieme
al padre di Mark.
“Siamo
venuti a darvi una mano!”
“Siete?”
chiese sospettosamente Michael guardando fisso il signor Willis.
“Tranquillo
Michael….Oseda è uno dei nostri!”
“Oseda?”
“Sì…Max!
Oseda! Lui è uno dei quattro alieni che vi accompagnarono al vostro arrivo
sulla terra….ma è una storia lunga da spiegare….lo faremo domani! Adesso
dovete tornare tutti alle vostre case….non c’è più pericolo! Ci abbiamo
pensato noi a sistemare quei tre uomini!”
“Quattro
alieni? Non ci avevi mai detto che eravate in quattro quando siete arrivati
sulla Terra!” osservò Max.
“Hai
ragione! Ma domani verrete messi al corrente di tutto!”
“E
perché non adesso? E se è uno dei nostri….perché sul corpo di Mark non
c’è nessuna impronta argentata?” chiese molto sospettosamente Michael.
“Allora
eravate voi in ospedale prima? Mi ero accorto della presenza di qualcuno!”
esclamò Oseda, che avvicinandosi al muro, poggiò la sua mano, e quando la
tolse comparve magicamente la famosa impronta d’argento.
“Ecco
l’impronta! Mi credete adesso?”
“Com’è
possibile che su Mark non vi fosse?” chiese Max.
Oseda
ripassò la mano sull’impronta argentata e questa scomparve.
“Questo
è uno dei tanti trucchi che imparerete quando avrete pieno controllo dei
vostri poteri!” esclamò Nasedo a voler dare una rapida e significativa
spiegazione.
“Ma
lei è veramente il padre di Mark?” chiese Tess interpretando il pensiero di
tutti.
“Sì!
Io sono il vero padre di Mark! Ma Mark……non è a conoscenza del fatto che
è un alieno, né tanto meno che lo siamo io e voi….e vorrei che tutto
restasse così! Almeno per ora!”
“Mark
possiede dei poteri no? Come fa a non sapere di essere un alieno?” chiese
Isabel.
“Vi
spiegherò tutto domani….”
“Esattamente!
Domani notte ci ritroveremo tutti alla navicella della capsule e vi sarà
spiegato tutto! Sceriffo…naturalmente è invitato anche lei! Adesso però
tornate tutti a casa!”
“Cos’è
tutta questa fretta?” chiese Michael sempre più sospettoso.
“Sarete
più sicuri nelle vostre case, piuttosto che spersi nel deserto!” ribadì
paternamente Nasedo.
“Ma
non avete detto di aver sistemato quei tre?” chiese Alex
“Sì!
Ma non è detto che non ce ne siano altri! E finché non ne avremo la
certezza…dovremo tenere gli occhi aperti….ma è inutile restare qui!”
affermò Oseda, poi rivolgendosi allo sceriffo:
“Sceriffo,
assicuratevi che tutti arrivino sani e salvi a casa!”
“Va
bene!” esclamò Valenti.
“Invece
noi non ci muoviamo da qui! Almeno finché non ci spiegherete tutto! Tutto
dall’inizio!” esclamò Michael sedendosi per terra davanti al fuoco.
“Michael,
vi abbiamo detto che vi spiegheremo tutto domani notte…”
“Invece
è meglio farlo subito! Ha ragione Michael!” esclamò Max.
“Giusto!
È inutile aspettare fino a domani notte!” disse Tess appoggiando le
richieste dei due amici.
Nasedo
e Oseda si scambiarono uno sguardo, poi Nasedo prese la parola:
“Ok….è
giusto che voi sappiate tutto subito! Mettetevi comodi…la storia è
lunga…molto lunga!”
Tutti
si scambiarono uno sguardo di incoraggiamento, stavano finalmente per sapere
tutto quello che era successo nel 47 e nel 59, anno in cui loro sapevano di
essere arrivati sulla terra.
“Ascoltate
bene quello che vi diremo, e solo dopo farete delle domande! Chiaro?” disse
Nasedo lasciando la parola a Oseda.
Tutti
risposero di sì, chi con le parole chi invece con un cenno della testa…chi
più semplicemente stando in silenzio.
Il
signor Willis, o meglio, Oseda iniziò con l’esporre la cartina di Roswell
del ’47 che era esposta nell’ufo center.
“Avevamo
in precedenza…in tempi non sospetti, visitato la terra e prese tutte le
informazioni di cui avevamo bisogno per poter organizzare il vostro
trasferimento da Antar alla Terra. La vostra clonazione fu programmata già su
Antar, e dopo la nostra partenza, il vostro sviluppo fu seguito dal computer
centrale, che era in costante contatto con il computer della nave capsula.
Partimmo con tre navicelle, in una c’eravate voi quattro, in un’altra
c’erano Nasedo e Serai, che dovevano essere i vostri “osservatori” sulla
terra, e nell’ultima c’eravamo io e Eidens che dovevamo farvi da scorta
fino al vostro arrivo sulla Terra per poi ritornare su Antar.
Voi
siete arrivati nel 47, e non nel 59 come invece credete, il viaggio si svolse
tranquillamente, ma avemmo dei problemi al nostro arrivo sulla Terra. Il punto
previsto per l’atterraggio, il deserto di Roswell, era interessato da una
violenta tempesta di sabbia che mandò in tilt i tanto perfetti quanto delicati
circuiti delle nostre navicelle. La nave capsula non ebbe problemi
nell’atterraggio…o almeno così credevamo, ed una volta poggiata al suolo,
il computer come previsto, creò la montagna intorno alla navicella come
barriera, ed è quella da cui poi voi siete usciti sani e salvi. La mia nave
invece entrò in collisione con quella di Nasedo, ed entrambe subirono notevoli
danni. La nave di Nasedo precipitò quasi subito, finendo in un ranch fuori
Roswell, nell’impatto Nasedo e Serai furono scaraventati fuori dalla
navicella, e rimasero lì privi di sensi. Inoltre Serai era anche ferito
gravemente, aveva un profondo squarcio alla gamba destra. La mia navicella
invece, si andò a schiantare nella
Piana di San Agustin. Erano l’una e mezzo di notte del 2 luglio 1947.
Due delle tre navicelle si erano schiantate al suolo…e qui entrò in gioco la
CIA.
Io
e Eidens seppur feriti riuscimmo ad allontanarci da quel che rimaneva della
navicella, ci nascondemmo in un deposito abbandonato appena fuori Sant
Augustin, grazie anche ai favori della notte. Non potevamo usare i nostri
poteri…”
“Perché?”
chiese Michael.
“…perché
non sapevamo ancora usarli sulla terra! Noi siamo diversi da voi, voi avete un
corpo umano vero e proprio e quindi non avete avuto problemi ad ambientarvi, ma
per noi era diverso! L’atmosfera terrestre e la forza di gravità, dieci
volte superiore a quella di Antar, pesavano come un macigno su di noi, e non
riuscivamo ad usare i nostri poteri. Fu come una sorta di fuso orario…ci
mettemmo un po’ ad abituarci! Le ferite dovute allo schianto, ci costrinsero
a restar nascosti per una settimana in quel vecchio magazzino, fino a quando
non imparammo un po’ alla volta come usare i nostri poteri, anche sulla
terra. Una volta guariti, cercammo di metterci in contatto con Nasedo e Serai
attraverso uno dei due comunicatori…ma tutto fu inutile. Restammo ancora
qualche giorno nel magazzino, cercando di riuscire a cambiare la nostra
fisionomia in quella terrestre. Ed una volta riusciti a farlo, io ed Eidens
decidemmo di separarci per cercare Nasedo e Serai e per sapere dove fosse
finita la navicella con le vostre quattro capsule. Ma di li a poco…persi
anche i contatti con Eidens…” qui lo interruppe Nasedo che continuò il
racconto dicendo invece cosa fosse successo a lui e all’altro
“osservatore”.
“Invece
io e Serai non fummo così fortunati! Una volta scaraventati fuori dalla
navicella, restammo per non so quanto tempo privi di sensi. Al sorgere del
sole, mi risvegliai…da lontano potevo scorgere un gruppo di esseri umani che
stavano guardando nella nostra direzione…doveva essere una scolaresca
capitata lì per caso. Sempre da terra cercai di fianco a me Serai, e non lo
vidi subito…era sotto una lamiera della navicella! Mi avvicinai trascinandomi
per terra, la sua ferita era molto estesa, la lamiera gli aveva completamente
tranciato parte della gamba destra! Cercai di guarirlo con i nostri poteri, ma
tutto fu inutile. Persi nuovamente conoscenza, e quando ripresi i sensi ero su
di una barella, con un velo trasparente che copriva il mio corpo e grazie al
quale respiravo senza più problemi. Degli uomini armati mi trasportarono su di
un’ambulanza. Giungemmo ad una stazione ferroviaria e fui caricato su di un
treno, ma non era un treno qualunque……all’interno c’era una sala
operatoria e tutti i macchinari che si potevano trovare in un ospedale. Mi
chiusero in una sorta d’incubatrice, lì dentro potevo respirare senza
problemi, e piano piano iniziai a recuperare le forze. Nel frattempo da uno
schermo della stanza, potevo vedere la sala operatoria, dove fu portato Serai,
ormai in fin di vita. Purtroppo Serai, non ce la fece e morì poco dopo essere
entrato in sala operatoria. Iniziarono allora un’autopsia, filmarono ogni
passo dell’intervento! Non appena ebbero finito con Serai, iniziarono a fare
dei test anche su di me! Dopo i primi test, fui trasferito alla base di Fort
Worth, vicino la zona dell’impatto. Lì erano stai portati anche i corpi
centrali delle due navicelle, ma di Oseda e Eidens non c’erano tracce. Rimasi
per più di un mese nella base di Fort Worth, finché non ebbi la possibilità
di scappare assumendo le sembianze di uno dei soldati che erano di guardia alla
mia cella! Cercai il comunicatore che avevo addosso al momento dell’impatto,
ma in tutta la base non lo trovai, molto dopo venni a sapere che era stato
spedito al Distretto generale delle CIA a Washington.La mia fuga dalla base,
portò ad un vera e propria caccia alle streghe. La CIA, mi si mise alle
calcagna, ed in quel periodo nacque oltre al “Majestic 12”, un corpo
speciale che stava addirittura sopra la CIA, anche l’Unità Speciale
dell’FBI per la caccia agli alieni. Non appena fui sicuro di aver fatto
perdere le mie tracce mi misi alla vostra ricerca, ci misi un po’ per
trovarvi…ma alla fine ci riuscì! Il computer era notevolmente danneggiato,
la maggior parte dei dati sulla vostra creazione erano andati persi, e per
questo il vostro sviluppo all’interno delle capsule si era interrotto
lasciandovi allo stato embrionale. Ci misi ben 16 anni per riparare il computer
e per inserire tutti i dati che si erano persi, ed anche quando il computer
riprese il suo normale funzionamento, procedeva notevolmente a rilento. Il
computer diede come tempo massimo per la vostra completa creazione, 25 anni!
Voi sareste usciti dalle capsule nel mese di luglio del 1989, all’età di sei
anni! Ma qualcosa non andò come previsto, e quando ritornai nel 1989 alle
capsule, voi tre non c’eravate più, trovai solo Tess e mi presi cura di lei,
sperando un giorno di ricongiungervi.”
“Avete
detto che in tempi non sospetti siete venuti sulla terra per raccogliere
informazioni! Su cosa di preciso?” chiese Tess.
“Abbiamo
raccolto informazioni sulla struttura molecolare della Terra, sull’atmosfera,
sulla forza di gravità, e tutto è risultato molto simile ad Antar. Ma la cosa
più importante era sapere com’erano fatti gli essere umani! Era una cosa
indispensabile per la vostra clonazione!”
“E
come avete……fatto per raccogliere…...queste ultime informazioni?”
chiese Alex deglutendo.
“Fummo
costretti a rapire degli esemplari di voi terrestri! Gli esperimenti furono
lunghi e difficili, non potevamo non avere un modello su cui lavorare!”
“Ma
se non siamo arrivati nel 59, gli avvistamenti di quel periodo erano solo una
bufala?” chiese Max
“No!
Ci furono realmente degli avvistamenti, erano delle truppe inviate da Antar per
cercarci, visto che avevano perso ogni contatto con noi! Purtroppo non avendo i
comunicatori, non riuscimmo a metterci in contatto né con quelle navicelle né
con Antar!” rispose Oseda.
“E
in quei 25 anni prima della nostra uscita dalle capsule, voi cosa avete
fatto?” chiese Max.
“Abbiamo
cercato di far perdere le nostre tracce….la CIA non ha mai rinunciato alla
nostra ricerca! La mia fuga rischiava di rovinare il loro perfetto piano, e per
questo dovevo essere riportato in quella base……vivo o morto! Anche perché
avendo trovato una seconda navicella senza gli occupanti, il dubbio…e forse
anche la paura che ce ne potessero essere altri, diede via libera alla paura di
un’invasione aliena. Ma la mia fuga non fu facile, anche perché dietro di me
ingenuamente lasciai una lunga scia di vittime…ma avevo paura, avevo visto
quello che avevano fatto a Serai, e non volevo che succedesse lo stesso a me!
“Di
che piano stai parlando?” gli chiese Tess.
A
questo punto riprese la parola Oseda, cercando di illustrare quali erano le
intenzioni della CIA.
“Qui
il discorso è un po’ lungo! Comunque, nei comunicati ufficiali, si leggeva
che lo schianto era avvenuto durante la notte tra il due e il tre luglio…cosa
non vera visto che lo schianto avvenne invece un giorno prima, cioè nella
notte tra l’1 e il 2 luglio! Un giorno intero che bastò alla CIA per poter
portar via i due UFO e i suoi occupanti e far credere che invece fosse stata
semplicemente una sonda meteorologica. Fu un caso che i due agenti della CIA si
trovassero quella notte sul luogo dell’impatto, e non appena si resero conto
di cosa avessero per le mani, misero al corrente i loro superiori che
intervennero nel giro di un’ora, quindi verso le 2,30 - 3,00.
Per
portar via tutte le prove dello schianto: quindi il corpo centrale dell’UFO,
i due alieni ed una parte dei frammenti causati dallo schianto, la CIA usò la
linea ferroviaria, che poi sarebbe diventata “privata”, ed è questa
indicata dalle linee bianche. Il tutto avvenne nel giro di cinque ore! Il
mattino seguente, quindi il 2 luglio, fu intimato a tutti coloro che avevano
assistito agli eventi, di mantenere il più stretto riserbo sull’accaduto,
per questioni di sicurezza nazionale. Popolo americano e FBI vennero a
conoscenza dell’impatto solo la mattina del 3 luglio, avvisati dal padre
dello sceriffo Valenti! Però ci fu un piccolo cambiamento di programma nei
piani della CIA. Infatti durante la notte tra il 2 e il 3 luglio, alcuni
maggiori dell’esercito ebbero l’ordine di riportare una delle due navicelle
sul luogo dell’impatto. Fu portata la navicella più danneggiata…e i corpi
di Nasedo e Serai, furono sostituiti da dei manichini…”
“E
a che scopo?” chiese Valenti, interpretando il pensiero un po’ di tutti.
“Semplice!
La CIA si rese conto che difficilmente sarebbe riuscita a far sgomberare in
poco tempo tutti i residui dello schianto, l’aria interessata era troppo
vasta…e perciò decise di sfruttare quella situazione a suo favore! Di comune
accordo con la Casa Bianca, si decise di usare lo schianto dell’Ufo come
diversivo…”
“Come
diversivo per cosa?” chiese Michael che fino a quel momento aveva ascoltato
in silenzio.
“Gli
Stati Uniti erano da poco entrati nel secondo conflitto mondiale, e già si era
sparsa la voce della minaccia della bomba atomica, che avrebbe portato al
lancio della bomba su Hiroshima e
Nagasaki. In previsione di questo si pensò che ciò avrebbe portato ancora più
scalpore e polemica, anche tra gli stessi americani Gli Stati Uniti avevano
bisogno di un buon diversivo su cui far concentrare l’attenzione del popolo
americano e del resto del mondo, in modo da poter continuare indisturbati i
propri esperimenti atomici! E quale altro diversivo se non far credere
all’intera umanità, che ci fosse la possibilità di una minaccia aliena!?
Ormai le prove più evidenti erano state rimosse, rimanevano solo i frammenti
che non potevano certo dimostrare nulla…e poi la navicella ritrovata per
“caso” da alcuni abitanti del posto, poteva in un secondo momento essere
sostituito senza problemi dai rottami di un aereo, o come avvenne in
seguito…con un pallone meteorologico. Bastò solo dare l’impulso….poi la
fantasia umana avrebbe fatto il resto! E così è stato!”
“Quindi
anche quella banale fuga di notizie era prevista?”chiese un Jim Valenti molto
interessato, che durante tutto il racconto di Willis, non aveva fatto altro che
tenere lo sguardo basso sul suo cappello.
“Certo!
L’ordine al tenente Walter Haut di dare quel comunicato stampa in cui
annunciava il ritrovamento di un ufo, venne dall’alto…da uno dei segretari
della “camera ovale”, un uomo molto vicino al presidente Truman…nonché
membro della CIA. Naturalmente l’aeronautica non sapeva nulla…”
“Di
comune accordo con la Casa Bianca? Vuol dire che anche il presidente Truman era
a conoscenza dello schianto?” chiese Alex, che vide realizzare una delle
mille ipotesi che erano state formulate da giornalisti, studiosi, ufologi e così
continuando.
“Certo!
Era il presidente degli Stati Uniti…l’uomo più potente del mondo…oltre
che membro del “Majestic 12”…e naturalmente della CIA! Guarda che solo
nei film, i presidenti degli Stati Uniti non sono mai a conoscenza di quello
che succede nel proprio paese!” disse Oseda smorzando i toni della
discussione che stavano diventando un po’ troppo seri, “…da Truman in
poi, ogni nuovo presidente, al primo giorno da presidente, viene chiuso nella
Camera Ovale, e viene messo al corrente su due punti fondamentali! Il Caso
Roswell ed eventuali sviluppi…e dell’esistenza dell’S342b, un satellite
segreto che controlla tutte le testate nucleari che esistono sulla faccia della
terra! Americane….e non…”
“Il
presidente Truman…era un membro della CIA?” chiese sbalordito Valenti.
“Sì…e
non solo lui!” gli rispose Nasedo, “…fino ad oggi, si sono già alternati
10 membri della CIA alla presidenza degli Stati Uniti…e gli altri anche se
non facenti parte dell’Organizzazione, era comunque dei subalterni. Per
assurdo possiamo dire….che il presidente degli Stati Uniti…non è altro che
un semplice dipendente della CIA…una sorta di prestanome! Inoltre ogni
presidente è stato sempre affiancato da due agenti della CIA che ricoprivano
le cariche di Ministro della Difesa, e di Ministro del Tesoro…”
“Questo
vuol dire che è la CIA a decidere chi dev’essere il presidente degli Stati
Uniti!?”
“Esattamente
sceriffo! Le elezioni sono solo una pagliacciata…che permettono però di
guadagnare molto bene! Il nuovo presidente si sceglie al tavolino…come è
avvenuto con le ultime elezioni…naturalmente colui che viene a conoscenza
dello schianto di Roswell e dell’esistenza del satellite nucleare, stringe
una sorta di patto di sangue con la CIA….e chi non lo rispetta…paga con la
vita!”
“Ed
è mai successo che qualcuno non rispettasse….” farfugliò Maria attonita
da quello che sentiva.
“….il
patto? Certo! Ed è stato proprio un presidente degli Stati Uniti a farlo!”
“Chi?”
chiese Valenti.
“Kennedy!
E si è visto che fine ha fatto!” esclamò con freddezza Oseda.
“In
che modo Kennedy è andato contro la CIA?” chiese Alex molto interessato a
quel racconto, aveva letto anche di un complotto alieno contro Kennedy, e
adesso poteva sapere il vero motivo per cui Kennedy fu ucciso.
“Kennedy
al secondo anno del suo mandato da presidente venne a conoscenza dal consiglio
generale della CIA, che le successive elezioni non le avrebbe vinte, come
invece gli era stato assicurato in precedenza, e che avrebbe quindi dovuto
lasciare la Casa Bianca e la bella vita a cui si era abituato. Pensò allora di
guadagnarsi una sostanziosa buona uscita, vendendo ad un giornalista inglese la
verità sul caso Roswell…e vendendogli anche una parte delle riprese, o
meglio gli scarti, dell’autopsia di Serai che furono poi trasmessi in tutto
il mondo, con l’impegno che alla fine del suo mandato gli avrebbe venduto il
filmato originale e il comunicatore in possesso della CIA. Ma i suoi più
stretti collaboratori gli voltarono le spalle, e la CIA venne a conoscenza di
tutto…e Kennedy fu ucciso! La sua morte servì da esempio per chiunque avesse
voluto rivelare i segreti della CIA.”
“Hai
detto che Nasedo e Serai dovevano essere i nostri osservatori! In che senso?”
chiese Max.
“Loro
avrebbero dovuto occuparsi di voi, avrebbero dovuto insegnarvi ad usare i
vostri poteri ed indicarvi il cammino da percorrere!”
“Praticamente
ciò che ha fatto Nasedo con me!” esclamò decisa Tess.
“Esattamente,
solo che quando Nasedo ritornò alle capsule trovò solo te, e degli altri tre
non c’era traccia!”
“E
Mark?” chiese Isabel.
“Come
vi ho già detto, anche lui è un alieno…o forse è meglio dire…un mezzo
alieno!” rispose prontamente Oseda, “Vedete quando non ebbi più notizia
degli altri, non riuscendo a trovare la vostra navicella capsula, non potendo
mettermi in contatto con Antar avendo un solo comunicatore, e non potendo
quindi tornare indietro, mi rassegnai a vivere da semplice essere umano. Mi
sposai e da quel matrimonio nacque Mark….”
“E
come mai non ha poteri e sangue alieno come noi?” chiese un incredula Tess.
“I
poteri li ha anche Mark, anche se però non so quale sono i limiti dei suoi
poteri….e se ne ha di limiti! Per il sangue…il discorso è un po’
particolare! Il sangue di Mark è umano in condizioni normali…mentre diventa
alieno quando usa i suoi poteri! Questo perché Mark è nato da un essere
umano, mentre voi siete frutto di una manipolazione genetica aliena!”
“Cosa
vuol dire che non ha limiti?” chiese Michael.
“Vuol dire che i
poteri di Mark non sono come i vostri! Il vostro potere non si evolve nel
tempo, infatti il livello è sempre lo stesso. Sta a voi saperlo sfruttare a
pieno, questo perché è stato deciso al momento della vostra clonazione quali
e quanti dovevano essere i vostri poteri….in Mark invece è diverso! I poteri
possono aumentare, non ha limiti…se non quelli della sua volontà! È un
essere umano, non è stato programmato!”
“Cosa può fare Mark
con i suoi poteri?” chiese Isabel.
“Non lo so! Non ho
mai avuto modo di vederlo all’opera!”
“Io invece sì!”
esclamò Nasedo con un filo di paura nella voce, “…quando Sarah morì, Mark
emanò una luce dorata che colpì quei tre uomini riducendoli in polvere! E
questo con la sola forza del pensiero! Visto che le mani gliele tenevo bloccate
io!”
“Che cosa? Perché
non me l’hai mai detto?” chiese Oseda.
“Perché non ci
credevo nemmeno io! In un attimo aveva superato il vincolo che aveva bloccato i
suoi poteri per 11 anni, ed aveva polverizzato quegli uomini….ne rimasi
sconvolto, la sua forza sembrò immensa! E poi cosa avresti potuto fare?”
“Vincolo?”
chiese Tess.
“Sì…i
suoi poteri sono “vincolati” momentaneamente, cosa che sarebbe dovuta
succedere anche a voi!”
“Vincolati?”
“Sì…quando
aveva cinque anni Mark già controllava perfettamente i suoi poteri, ma era
comunque un bambino, e sarebbe stato molto pericoloso per lui se li avesse
usati senza volerlo davanti a qualcuno! Per questo decisi di cancellarli….o
sarebbe meglio dire nasconderli, nella sua memoria.”
“Avrei
potuto parlargli e spiegargli tutto!” disse poi a Nasedo a volersi dare una
ragione.
“Cosa volevi dirgli?
Che Sarah era morta per colpa sua!? Non era ancora il momento di farlo!”
disse Nasedo con aria di rimprovero.
“Che cosa? Che vuol
dire che Sarah è morta al suo posto?” chiese Isabel.
“Sarah fu un’esca!
Quei tre uomini volevano che Mark usasse i suoi poteri in modo da poter essere
certi che lui fosse un alieno! Avevano fatto già dei test su di lui,
approfittando di una sua piccola operazione…ma non trovarono nulla! Ma non si
convinsero del tutto!” rispose Oseda, poi continuò Nasedo:
“Sarah fu rapita da
quei tre uomini, che si suppone fossero agenti della CIA, sotto gli occhi di
Mark, si fecero seguire e giunsero in una strada fuori mano, dove aspettarono
l’arrivo di Mark. Avevano l’ordine di ucciderlo se necessario, ma
fortunatamente riuscì a bloccarlo prima che uscisse dal boschetto in cui si
era infiltrato per osservarli. I tre minacciarono più volte di uccidere la
ragazza se lui non fosse uscito allo scoperto….finché non le spararono. Mark
cercò in tutti i modi di fuggire dalla mia morsa, provai a calmarlo usando i
miei poteri, ma fu tutto inutile non avevano effetto su di lui. I tre uomini
credevano che sparandole lui fosse uscito allo scoperto per salvarla, ma furono
travolti dalla rabbia di Mark che li ridusse in polvere!”
“Perché non l’hai
salvata tu, allora?” le chiese Tess con aria arcigna
“Perché
se l’avessi fatto….avrei dato la conferma ai loro sospetti, e avrei dato di
nuovo il via alla caccia agli alieni, mettendo in pericolo tutti voi, Mark per
primo! La morte di Sarah era già decisa come estrema soluzione nel caso Mark
non avesse usato i suoi poteri!”
“Ma
se i poteri di Mark erano bloccati da quando aveva cinque anni, e dal suo
sangue non era possibile capire che era un alieno….come hanno fatto a sapere
chi fosse in realtà?” chiese Max.
“Questo
è uno dei tanti motivi per cui sospettiamo che Eidens si sia alleato con la
CIA!” rispose subito Oseda.
“Vedete
Mark…è quello che la CIA sta cercando di creare da anni! Una razza
superiore…un uomo con i poteri di un alieno!”
“Ma
se quelli che hanno ucciso Sarah, erano uomini della CIA, dovevano prendere
ordini da te! giusto?” chiese Max
“Avrebbero
dovuto! Ma negli ultimi dieci anni la CIA è spaccata in tre blocchi! C’è
chi vorrebbe un alleanza con gli alieni, chi invece è contro tale alleanza…e
chi non ha preso parte! Io sono tra quest’ultimi! C’è una guerra
diplomatica che ha portato solo alla morte di tante persone innocenti!”
“Anche
i nostri poteri dovevano essere vincolati?”
“Sì
Max, anche i vostri! Era un modo per evitarvi problemi….ma fortunatamente ce
l’avete fatta anche da soli!”
“E
chi l’avrebbe deciso?” chiese Michael.
“Non
era una cosa prevista in origine, io e Oseda decidemmo di farlo solo qualche
tempo prima della vostra uscita dalle capsule…”
“E
perché?” chiese Isabel interrompendolo.
“Perché
non volevamo che correste dei rischi! Dovevate imparare a controllare a pieno i
vostri poteri! Oltretutto non
avendo avuto più nessuna notizia di Eidens, temevamo che potesse essere stato
catturato dagli uomini e torturato per sapere se ci fossero altri come lui
sulla Terra. Questo all’inizio….poi la nostra paura è diventata
un’agghiacciante sospetto…”
“E
cioè?” chiese Max.
“Ve
l’ho detto! Noi sospettiamo che Eidens si sia alleato con alcuni
agenti della CIA…rivelando la vostra esistenza, e molti altri segreti!”
“Tipo?”
“Tipo
le avanzate conoscenze aliene, come il modo di creare lo schermo protettivo
intorno alle nostre navicelle per renderle invisibili ai radar, che poi è
stato applicato ai V2 e U2, che sono gli unici aerei al mondo che sono
invisibili ai radar, e che guarda caso sono proprio americani. Oltre a questo
anche la creazione dei congegni d’identificazione delle impronte digitali, e
la creazione dei primi satelliti spaziali, dei primi circuiti e così via.”
“È
un sospetto o è una realtà?” chiese Michael.
“Guardate
qui!” esclamò Oseda prendendo dalla sua valigetta alcune foto e
distribuendole ai ragazzi. Ve ne erano di vecchie in bianco e nero e di nuove a
colori, tutte raffiguranti importanti personaggi storici.
“E
allora?”
“Guardate
attentamente tutte le foto, in special modo quelle con Truman, Hitler, Saddam
Hussain, Milosevic! C’è sempre lo stesso uomo alle loro spalle!” disse
indicando su ogni foto l’uomo in questione. Era un uomo sulla quarantina,
alto e abbastanza robusto, barba, capelli neri corti.
“È
vero! Guarda!” esclamò Tess verso Isabel indicando con il dito l’uomo.
“E
allora cosa significa?”
“Beh…le
soluzioni sono due! O quest’uomo nell’ultima foto con Milosevic ha 105
anni….e se li porta molto bene…...o è un alieno!”
“Eidens?”
chiese Max.
“Esattamente!“
gli rispose Oseda.
“Sì,
ma questo cosa centra con questi personaggi?” chiese Valenti che non capiva
dove poteva portare il ragionamento di Oseda.
“Centra
molto! Cosa credete che abbia spinto Truman ad intervenire in Vietnam, o Hitler
a continuare ostinatamente la sua guerra contro gli ebrei, o ancora Saddam
Hussain ad invadere il Kuwait con la minaccia di una terza guerra mondiale?
Dietro a tutte le più grandi guerre che ci sono state nel mondo, c’è sempre
stato quell’uomo….o sarebbe meglio dire….Eidens!”
“E
a che scopo?” chiese Max.
“Annientare
tutta la razza umana! Dopodiché ci sarebbe stato il trasferimento totale da
Antar alla Terra, senza problemi!”
“E
mio padre era d’accordo con questa folle idea?” chiese Max scioccato da
quella rivelazione.
“No
assolutamente! Tuo padre voleva solo mettere in salvo voi quattro per poter dar
seguito alla nostra specie che rischiava di essere sterminata da una guerra che
ormai aveva già ridotto ai minimi termini la popolazione di Antar…”
“Ripeto
la mia domanda: è un sospetto o una realtà?” ripeté Michael.
“Per
ora è un sospetto…ma potrebbe diventare una realtà in qualsiasi
momento…”
“Cos’è?
Un misto tra Independence Day e X-Files?” chiese ironicamente Maria.
“Non
è il caso di fare dell’ironia, se dietro a tutto questo c’è
Eidens…dobbiamo fermarlo! Costi quel che costi! Oltretutto il governo ha
affrettato i tempi per la creazione dello scudo spaziale…è questo non è un
buon segno!” esclamò un po’ infastidito Oseda.
“Sì,
ma non è il caso di parlarne ora! Lo faremo in un altro momento!” aggiunse
Nasedo invitando tutti a tornare alle rispettive abitazioni.
“Che
cos’è e cosa c’entra lo scudo spaziale in tutto questo” chiese Max
sorpreso dalle parole di Oseda
“L’America
da qualche anno ha in cantiere il progetto di uno scudo spaziale che avvolga
tutto il pianeta…ufficialmente verrà costruito per difendere la superficie
terrestre da eventuali piogge di meteoriti, ma in realtà servirà solo a
difendere il pianeta dall’invasione aliena!”
“E’
assurdo!” esclamò deciso Michael.
“Non
ne essere così sicuro! Quest’idea dello scudo spaziale non fa altro che
confermare i nostri sospetti sulla presunta alleanza tra la CIA e Eidens! Ho
avuto modo di vedere alcuni schizzi dei progetti di base dello scudo……e
somigliano come struttura e funzionamento in modo impressionante allo scudo che
circonda Antar!”
“Oseda!
Non ora! Vi spiegheremo tutto in un altro momento…Sceriffo…accompagni tutti
a casa! Noi torneremo immediatamente in ospedale…” gli disse Nasedo.
Tutti
bene o male accettarono, non senza qualche perplessità e paura, la richiesta
di Oseda e Nasedo.
Una
volta che i due alieni furono soli all’interno della miniera, si scambiarono
uno sguardo d’intesa ed iniziarono a scrutare ogni piccola parte della
miniera, in cerca probabilmente di un uscita secondaria. Cercarono per una
buona mezz’ora e quando furono sicuri che ci fosse un solo ingresso e quindi
anche una sola uscita, se ne andarono.
Il
mattino seguente a svegliare Max non fu la solita sveglia, ma il suo cellulare.
“…pronto…”
rispose ancora ad occhi chiusi.
“…”
Max accompagnò con un mugolio la voce dall’altra parte del telefono, a voler
far capire che lo stava ascoltando.
“Che
cosa?” esclamò aprendo di colpo gli occhi e sedendosi sul letto.
“Ok….calmati!
Arriviamo subito….” Disse alzandosi di fretta e furia dal letto prendendo i
pantaloni riposti sulla sedia.
“Ma
che ore sono? Che succede? Ho sentito suonare il tuo cellulare…” chiese
Isabel mentre si stropicciava gli occhi.
“Era
Tess…Mark è sparito dall’ospedale!”
“Che
cosa? E gli agenti che erano con lui?”
“Isabel
non lo so! Io sto andando in ospedale che fai vieni?” disse mentre si
abbottonava la camicia.
“Sì
andiamo!” poi fermatasi fuori la porta esclamò, “…ti muovi?”
“Isabel?
Vuoi venire in pigiama?” rispose guardandole gli indumenti che indossava.
Isabel
si guardò e subito esclamò:
“Dammi
due minuti!” schizzando nella sua camera.
“Ok….io
chiamo gli altri…” ma Isabel era già sparita nella sua stanza.
Una
decina di minuti dopo, tutti erano in ospedale dove li stavano aspettando Oseda
e Tess.
“Allora
che è successo?” chiese Max a Tess che gli andava incontro.
“Quando
Oseda è tornato in ospedale stanotte, Mark già non c’era più. I due agenti
che lo tenevano d’occhio non si sono accorti di nulla, e adesso non sappiamo
dove cercarlo!” asserì Tess indicando con la mano Oseda che stava parlando
ai suoi due agenti.
“Non
l’avranno mica rapito?” chiese subito Isabel.
“No!
Non credo!” rispose Oseda che dopo aver congedato i suoi agenti si era
avvicinato al gruppo, “…se fosse entrato qualcuno, i miei agenti li
avrebbero visti! Mark è uscito da solo dall’ospedale! Ho un brutto
presentimento…..cerchiamo di trovarlo prima che lo faccia qualcun
altro!….Oltretutto bisogna anche spiegare ai medici come è possibile che una
persona che poche ore prima era in coma….sia scappato dall’ospedale senza
che nessuno lo vedesse!”
“Ok,
io, Liz ed Isabel andremo a casa sua. Tu Michael con Maria ed Alex cercatelo
all’Ufo Center, al Crashdown e nei dintorni….”
“Io
vado con Oseda!” esclamò Tess interrompendo Max e seguendo Oseda.
“Ok…il
primo che sa qualcosa avvisi subito gli altri!”
Tess
appena salita in macchina non poté non notare il velo di terrore più che di
preoccupazione che era calato sul volto di Oseda.
“Dove
lo cerchiamo?” chiese subito Tess.
“Non
lo so! Spero solo che non sia successo l’inevitabile!”
“Di
cosa parli?”
“Spero
che Mark non abbia recuperato i suoi poteri…”
“E
come sarebbe potuto succedere?”
“Quando
ho usato i miei poteri per ricomporre la frattura al cranio, c’era il rischio
di risvegliare i suoi poteri! Ecco perché non volevamo che voi usaste i vostri
poteri su di lui!”
“E
se succedesse?” chiese timorosa Tess.
“Se
succedesse Mark sarebbe in grave pericolo! Prima di tutto perché il suo sangue
diventerebbe immediatamente alieno….e poi perché tuo fratello non riuscirà
a controllare i suoi poteri che in questi 13 anni saranno cresciuti
notevolmente!”
“Mio…cosa?”
chiese deglutendo Tess.
Oseda
si rese conto di aver detto senza volerlo una parola di troppo, e in quei pochi
attimi di confusione che colpirono Tess, cercò di trovare una spiegazione
adatta alla situazione.
“Sì
Tess, Mark è tuo fratello!” disse rendendosi ormai conto che non poteva
cancellare ciò che aveva detto in precedenza.
“…mio
fratello!…Quindi tu sei…” disse la ragazza mentre i suoi occhi si
illuminarono di colpo.
Oseda
fece cenno di sì con la testa capendo cosa stava per dire Tess.
Tess
vedendo la risposta di Oseda, non ebbe parole da dire e si voltò guardando
fisso la strada cercando di mettere ordine nella sua testa.
“Perché
non sei venuto tu alle capsule al posto di Nasedo?” chiese Tess cercando di
trattenere il pianto.
“Lo
so avrei dovuto…”
“Già
avresti dovuto! Sei tu mio padre…non Nasedo!” rispose con aria di accusa.
“Tess…io
non dovevo nemmeno esserci sulla Terra al momento della vostra uscita dalle
capsule!”.
“È
vero ma dato che c’eri, potevi prenderti tu cura di me al posto di
Nasedo!….E poi con Mark…perché ci avete tenuto lontani per tutti questi
anni?”
“Questo
è stato un grave errore…ma….” non ebbe il tempo di finire che il
telefonino di Tess squillò.
“Pronto?”
“L’avete
trovato?”
“No,
Isabel! Voi?”
“Niente!
A casa non è tornato…però la sua macchina non è più al suo posto!”
“Cosa
dice?” chiese Oseda.
“Dice
che a casa non c’è, e non c’è nemmeno la sua macchina…” gli rispose
Tess con freddezza non volgendogli nemmeno lo sguardo.
“Capisco!
Digli che faremo un giro per Roswell…”
“Isabel…noi
continuiamo a girare per Roswell, cercate da qualche altra parte…” e senza
dire altro attaccò.
“Tess…Tess?”
Isabel chiamò vanamente l’amica, mentre dall’altra parte si sentiva solo
il classico rumore del telefono quando viene messo giù.
“Ha
messo giù!” esclamò sorpresa Isabel.
“E
allora?” chiese Max non sorprendendosi più di tanto.
“Mi
sembrava particolarmente nervosa!”
“Non
mi sembra che tu sia troppo calma…”
Isabel
gli lanciò un’occhiataccia, poi ebbe come una visione. Rivide le capsule da
cui erano usciti, vide la montagna all’esterno e vide alcune tracce di
pneumatici..
“È
alle capsule!” esclamò improvvisamente Isabel.
“Chi?”
rispose di getto Max.
“Mark!
E’alle capsule! Muoviti andiamo subito lì!”
“Ma
cosa ci fa alle capsule? Come fa a sapere dove sono?” chiese sorpresa Liz.
“Non
lo so!” rispose Max mentre si avviavano fuori città.
“Avviso
gli altri!”
“No,
Isabel!” esclamò subito Max osservandola dallo specchietto retrovisore.
“Perché
no?”
“Dobbiamo
essere sicuri che sia lì! È inutile farli precipitare tutti lì…senza che
Mark ci sia…”
“Giusto…”
Arrivarono
dopo un po’ vicino alla montagna, e da lontano intravidero il fuoristrada di
Mark.
Scesi
dalla jeep si guardarono intorno in cerca di Mark, ma il loro sguardo non
riusciva a scrutare in nessuna direzione l’amico.
“Non
è nemmeno qui!” esclamò Max mentre ancora si guardava intorno.
“No…invece
è qui! Lo sento!” gli rispose Isabel che chiudendo gli occhi, fece un
profondo respiro, trattenendo per qualche secondo il fiato.
“Deve
essersi allontanato a piedi…” disse Liz.
“Già!”
rispose Max cercando di scorgere delle impronte sul terreno.
“A
meno che…” disse Isabel aprendo gli occhi e dirigendosi di corsa verso
l’entrata segreta della montagna.
“Isabel!”
la chiamò inutilmente Max che la seguì, seguito a sua volta da Liz.
Giunti
all’entrata la videro chiusa, e Max poggiò subito la sua mano sulla nuda
roccia capendo che la sorella credeva che Mark fosse all’interno. L’entrata
subito si spalancò illuminando tutto l’interno e subito Isabel entrò e vide
seduto di fianco alle capsule Mark.
“Mark!
Tutto bene?” chiese preoccupata la ragazza.
Mark
alzò la testa, aveva gli occhi gonfi e rossi….forse aveva pianto, ma non
rispose, abbozzò solo un sorriso.
Subito
Max avvertì gli altri.
“Ti
ho sognata Isabel!” disse improvvisamente il ragazzo.
Max
e Liz si guardarono reciprocamente per poi guardare insieme Isabel che gli
chiese di lasciarla sola con Mark.
Una
volta rimasti soli, Isabel si avvicinò a Mark e s’inginocchiò davanti a
lui.
“Stai
bene?” chiese premurosamente la ragazza.
“Certo…”
rispose il ragazzo sorridendo forzatamente.
“Perché
sei scappato dall’ospedale? E perché…sei…venuto qui?”
“Non
mi piacciono gli ospedali…non mi piace l’odore che c’è…”
“Ci
hai fatto prendere un bello spavento, lo sai?” gli disse accarezzandogli la
fronte.
“Isabel
chi sei? Perché ti ho vista nei miei sogni?”
La
domanda di Mark fu diretta e colse di sorpresa Isabel che non sapeva cosa
rispondere.
“Mark
sei confuso, ti sarai sbagliato!” esclamò Isabel cercando di trovare una
scusa.
Mark
sorrise nervosamente prima di rispondere.
“Quando
per due anni fai lo stesso sogno ogni volta che chiudi gli occhi, ti accorgi di
ogni piccolo cambiamento…anche di un semplice ramo spezzato!”
“Cos’altro
hai visto nei tuoi sogni?”
“Ho
visto questo posto! Te, Max e Michael che ne stavate uscendo…ho visto quando
sei entrata nei sogni di Alex e quando con il semplice passaggio della mano hai
cambiato colore ad un tuo maglione…”
Isabel
restò in silenzio, non si spiegava come fosse possibile che Mark avesse visto
tutti i suoi pensieri e i suoi ricordi.
“Mark…è
un po’ lungo…da spiegare! Forse è meglio che torniamo in ospedale…”
“No…vorrei
restare un po’ qui! Mi sento al sicuro…è per questo che sono venuto!”
disse lui con l’aria di un bambino impaurito.
Isabel
gli fece cenno di sì con la testa, e gli disse:
“Ok…vado
ad avvisare Max che restiamo un po’ qui…” poi dopo avergli accarezzato la
mano uscì dalla montagna e si avvicinò a Max e Liz che li stavano aspettando
poco lontani dall’entrata.
“Allora?”
chiese Liz.
“È
molto confuso! Dev’essere sotto effetto di qualche medicinale! Però credo
che abbia capito chi siamo…ha visto i miei pensieri come io ho visto i
suoi…ecco perché è qui!”
“Ma
come è possibile?” chiese incredulo Max.
“Non
lo so! Il blocco deve essere svanito e deve aver recuperato i suoi poteri,
altrimenti non mi spiego nemmeno come abbia fatto ad aprire l’entrata della
montagna…”
“Cosa
facciamo?” chiese Liz
“Dobbiamo
dirgli chi siamo!” esclamò subitamente Isabel.
“Aspettiamo
che arrivino tutti! Dovrebbero essere qui a momenti…” asserì Max.
“E
poi?”
“Poi
lasceremo che sia Oseda a parlare con Mark!”
Improvvisamente
sul volto di Isabel calò un velo di tristezza misto a terrore, non ne capiva
il motivo, ma sentiva che qualcosa stava per cambiare.
“Cosa
c’è, Isabel?” chiese con affettuosità Max, vedendo l’improvviso cambio
d’umore della sorella.
“Nulla!…torno
dentro da Mark…”
Liz
e Max osservarono Isabel mentre tornava nella montagna.
“Max?
Pensi quello che penso io?”
“Mark
e Isabel?”
“Sì!”
disse sorridendo Liz.
“Io
vado dentro da Mark…” esclamò Max dirigendosi verso l’entrata.
“Aspetta…guarda!”
disse Liz indicando alcune auto che si avvicinavano.
“Sono
arrivati!” esclamò Max.
Dalle
auto scesero uno ad uno Oseda, Tess, Valenti e gli altri.
“Dov’è?
Come sta?” chiese subito Tess.
“È
dentro…e sta bene…è solo un po’…confuso!” le rispose Max.
“E’
sotto effetti di sedativi! Glieli ho iniettati io per fargli sopportare il
dolore alla spalla e per farlo stare tranquillo! Ha recuperato i suoi
poteri?” chiese Oseda.
“Non
lo sappiamo…però può darsi …è riuscito ad aprire l’entrata da
solo…”
“Ho
capito! È arrivato il momento di parlargli…” disse guardando con affetto
Tess che ricambiò il suo sguardo dimenticando per un momento la tensione che
si era creata tra loro.
“Oseda?”
lo chiamò Liz attirando la sua attenzione.
“Cosa
c’è?”
“Io
credo…che non sia il caso…di dirgli che è un alieno…almeno non adesso!
Diciamogli solo quello che già sospetta…”
“Cosa
sospetta?” chiese Michael interrompendoli.
“Mark
ha visto i ricordi di Isabel! Ha visto quando siamo usciti dalle capsule, ha
visto quando ha usato i suoi poteri…insomma non so come…ma quando Isabel è
entrata nei suoi sogni…Mark ha visto quelli di Isabel! E adesso credo
sappia…chi siamo…” gli rispose Max.
“Come
cavolo ha fatto?” chiese Maria.
“L’unica
spiegazione è che quando Isabel è entrata nell’inconscio di Mark, ha
prelevato i ricordi di Mark “depositando” i suoi…”
“Uno
scambio di ricordi?” esclamò Tess.
“Esattamente!
Solo che differentemente da quello che succede di solito quando Isabel esce dai
sogni di qualcuno…stavolta i ricordi che si sono scambiati, sono rimasti
nella testa di entrambi!”
“Ma
se è vero quello che dici…perché io non ho nessun ricordo di Mark?” disse
Isabel che dall’entrata della montagna, tenendo d’occhio di tanto in tanto
Mark, aveva ascoltato tutto quello che avevano detto gli altri.
“Basta
solo che ti concentri…e vedrai tutta la sua vita! Adesso devo parlare con
lui!”
“Cosa
gli dirai?” chiese Max
“Dirò
la verità…”
“E
se è tornato in possesso dei suoi poteri?” gli chiese Tess
“Gli
dirò che è una cosa momentanea dovuta al fatto che Max ha usato i suoi poteri
per salvarlo….sperando che ci creda!”
“Voglio
venire con te!” esclamò subito Tess.
“Anch’io…”
l’assecondò Isabel.
“Non
è il caso! Gli parlerete dopo!” rispose Oseda avviandosi verso l’entrata
della montagna.
Mark
intanto continuava a stare seduto di fianco alle capsule, e da lì osservava la
struttura della montagna. Il tempo trascorso lì dentro passava alternandosi a
ricordi mischiati tra i suoi e quelli di Isabel.
“Mark!”
esclamò con decisione Oseda.
“Papà!”
rispose lui strizzando gli occhi per riabituarli alla luce, e poter vedere il
padre.
“Come
stai figlio mio?” gli chiese avvicinandosi e abbracciandolo.
Mark
restò fermo, non alzò nemmeno un braccio, restò passivo nella affettuosa
morsa del padre.
“Papà
chi sono loro? Sono alieni?”
Oseda
sciolse il suo abbraccio e tenendogli le mani sulle spalle lo osservò per
qualche istante, notando l’aria spenta sul volto del ragazzo dovuta ai
sedativi.
“Sì…sono
alieni! Sono arrivati…”
“Lo
so quando sono arrivati! L’ho visto nei sogni di Isabel!” esclamò deciso
Mark, voltandosi di spalle e dirigendosi verso le capsule.
“Sono…anch’io…un
alieno?”
“No…Mark!
Tu sei un essere umano!”
“E
questo come me lo spieghi?” chiese lui illuminando la sua mano destra di una
luce dorata e girandosi verso il padre con il palmo della mano verso l’alto.
“È…dovuto
al fatto che Max, ha usato i suoi poteri per salvarti! Usando i suoi poteri ha
modificato la tua struttura molecolare, ed è per questo che hai questi
poteri…ma è una cosa momentanea!” disse Oseda con aria sicura, dovuta ad
una vita basata sulla menzogna.
Mark
sorrise nervosamente rendendosi conto che il padre gli stava mentendo.
“E
dimmi una cosa! Anche quando fusi il tuo computer…era una cosa momentanea?”
“Che
cosa?”
“Quando
avevo 5 anni! Poggiai questa stessa mano…sul case del tuo computer….e lo
sciolsi! Te lo sei scordato? Fu allora che decidesti di vincolare i miei
poteri! Perché anche tu sei un alieno, vero?”
Oseda
rimase stupito dal fatto che Mark in quel momento ricordasse tutto, anche del
blocco dei suoi poteri, cercò d’inventare qualcosa per uscire da quella
situazione
“Cosa
c’è? Non riesci a trovare nessuna palla da sparare?” disse con nervosismo
Mark, facendo sparire la luce dorata dalla sua mano.
Oseda
gli stava per rispondere, cercando di mettere insieme una scusa convincente, ma
in quell’occasione la fortuna fu dalla sua, infatti Mark svenne a causa dei
sedativi, rinviando ad un altro momento la loro discussione.
“Mark!”
esclamò il padre avvicinandosi al corpo inerme del ragazzo. Prendendolo in
braccio uscì dalla montagna e dirigendosi verso la sua auto.
“Cos’è
successo?” chiese subito Tess.
“Nulla!
È solo svenuto a causa dei sedativi! Lo riporto in ospedale…”
“Forse
sarebbe meglio portarlo a casa nostra! In ospedale scapperebbe di nuovo appena
sveglio!” esclamò Isabel avvicinandosi ad Oseda e guardando fisso Mark privo
di sensi.
“Mi
sembra una buona idea!” l’assecondò Max.
“Va
bene andiamo allora!” asserì Oseda accompagnando le sue parole con un cenno
della testa.
Durante
il tragitto Tess, che si era seduta dietro con Mark, non aveva fatto altro che
guardare con affetto e commozione il fratello. Da quando era uscita dalle
capsule era sempre stata convinta di essere sola, ed invece tutto ad un tratto
aveva ritrovato suo padre…ed un fratello. Di fronte a quei pensieri, i
sentimenti di rancore verso il padre che aveva preferito lasciarla alle cure di
Nasedo, svanirono.
“Che
cosa gli hai detto?” chiese Tess.
“Non
gli ho detto nulla! Ricordava già tutto da solo!” rispose Oseda senza
togliere gli occhi dalla strada.
“E
quando si sveglierà cosa gli diremo?”
“Non
lo so! Gli dirò quello che vorrà sapere…”
“Come
credi che la prenderà?”
“Credo
bene!”
“E
gli dirai anche il perché della morte di Sarah?”
“Preferirei
non farlo…gli creerei solo ulteriore confusione!”
“E
di…me, gli dirai?”
“Certo!
Magari sapere che ha una sorella lo aiuterà ad accettare la sua nuova
vita…”
“Perché
lo dici con questo tono?” chiese la ragazza notando un sorta di rassegnazione
nella voce del padre.
“Perché
ho fatto di tutto…per evitare che si giungesse a questo momento! Non volevo
che lui sapesse di essere un alieno…volevo proteggerlo! Ma non ci sono
riuscito…”
“Proteggerlo
da cosa?”
“Proteggerlo…da
quello che è stata la mia vita! Proteggerlo da una vita di continua fuga,
dalla paura costante di essere catturato ed usato come una cavia…dalla
crudeltà degli uomini!”
“E
perché non lo hai fatto anche con me?”
“Tess…”
“No…aspetta,
non voglio fare la parte della figlia abbandonata! Non voglio nemmeno che tu
pensi che sia gelosa di Mark, anche se forse un po’ lo sono! Vorrei solo
capire perché non mi hai voluto con te…”
“Tess…tu,
Isabel, Max e Michael avevate una missione da portare a termine…e qualsiasi
cosa che vi avesse legato al vostro passato su Antar, sarebbe stato
d’intralcio! È per questo motivo che tutti i vostri ricordi sono stati
cancellati! Sono stato costretto a lasciarti alle cure del tuo
osservatore…”
Tess
rimase in silenzio.
“Ma
mi sono anche reso conto…che eri solo una ragazzina e che avevi sulle spalle
un destino troppo grande! Ed è per questo che due anni fa ho cercato di
avvicinarmi a te! Ti ho fatto incontrare prima Mark…e poi sarei entrato
anch’io nella tua vita…ma non ce l’ho fatta! Il tuo destino era già
segnato!”
“Destino…destino!
Una parola che da bambina ho odiato…e invece crescendo ne ho dovuto fare la
mia ragione di vita! Ogni volta che chiedevo a Nasedo dove fossero mia madre e
mio padre, e perché non erano con me! Ogni volta che gli chiedevo perché io
non potevo uscire con le mie amiche o non potevo avere un ragazzo….lui mi
rispondeva sempre la stessa cosa: è il destino! Sono cresciuta con la
convinzione che il destino fosse per me solo una condanna ad una non vita! Poi
ho incontrato Max e gli altri…ed il loro destino l’hanno cambiato! Perché
solo il mio non può essere cambiato?” disse Tess sfogando tutta la sua
rabbia con queste parole ed infine con un pianto liberatorio.
“Figlia
mia!” Oseda riuscì a dire solo questo per tutto il resto del tragitto.
Giunti
a casa Evans, tutti attesero con impazienza il risveglio di Mark! Chi per un
motivo chi per un altro, nessuno riusciva a stare fermo in un posto, e più che
una casa sembrava una stazione nelle ore di punta.
Isabel
invece si era seduta sulle scale e da lì non si era mai mossa, tanto da
attirare la preoccupazione di Max e Liz che andandole vicino le chiesero cosa
avesse
“Ho
paura…” rispose con voce tremula la ragazza.
“Di
cosa?”
“Non
lo so……sento un brivido che mi percorre tutto il corpo…ho paura che Mark
non la prenda così bene…come noi tutti pensiamo!”
Liz
le si avvicinò e l’abbracciò teneramente, a volerle quasi trasmettere del
calore, mentre Max la guardava ancora preoccupato.
Chi
invece tra i presenti era di pessimo umore era Alex, che da quando Mark aveva
avuto l’incidente, era stato completamente “dimenticato” da Isabel.
“Cosa
c’è Alex?” gli chiese Maria avvicinandosi ad Alex che guardavo con il suo
solito sguardo innamorato Isabel.
“Sono
preoccupato per Isabel!” rispose non togliendo neanche per un secondo gli
occhi da lei.
“Perché
non le stai vicino allora?”
“Perché
non si accorgerebbe neanche che le sono vicino!” rispose con scherno.
“Devi
capirla! Si sente in colpa per quello che è successo a Mark!” poi
soffermandosi su quello che aveva appena detto, “…oh Dio! La sto
giustificando…devo aver mangiato qualcosa che m’ha fatto male!” disse
sorprendendosi del fatto che stesse prendendo le sue difese.
“Non
è solo per il senso di colpa! Ormai credo di conoscerla troppo bene…”
“Non
penserai mica che……lei e Mark…cioè insomma…”
“Lo
stai dicendo tu!” esclamò Alex uscendo dalla casa, infastidito da quel
pensiero.
“Alex…”
lo chiamò Maria, ma lui era già andato.
Tess
che fino a quel momento era rimasta in disparte ad osservare tutti, si avvicinò
a Max, Liz ed Isabel, avrebbe voluto dire a tutti che Oseda era suo padre e che
Mark fosse suo fratello, ma qualcosa glielo impediva. In quel momento,
d’improvviso, si sentì un estranea come la prima volta che arrivò a
Roswell…e non ne capiva il motivo. Ascoltò quello che dicevano Max e gli
altri, ma seppur vedeva muovere le labbra……non percepiva i suoni!
Isabel
si allontanò da tutti gli altri, per salire nella camera di Mark, e vegliare
sul suo sonno. Un sonno molto travagliato, infatti Mark stava rivivendo per
l’ennesima volta il medesimo sogno.
Mark
era alla guida della sua macchina, e da lontano inseguiva un’auto che a forte
velocità si dirigeva fuori città. D’improvviso si ritrovò nel piccolo
boschetto, che si affacciava sulla solita strada larghissima e lunghissima ai
cui lati non c’era che sabbia. Mark si muoveva velocemente tra gli alberi,
favorito dal buio di una notte che minacciava tempesta. Quando si trovò quasi
alla fine del boschetto, si mosse per uscirne, ma davanti a lui si frappose
Nasedo ad ostacolargli il cammino!
“Signor
Harding! Che ci fa qui?” esclamò il ragazzo, riprendendosi dallo spavento di
ritrovarsi d’improvviso qualcuno davanti quando invece pensi di essere solo.
“Ti
ho visto passare come un fulmine con la tua auto ed ho pensato che fosse
successo qualcosa. Ed ho preferito seguirti! Cos’è successo?”
“Tre
uomini hanno rapito Sarah fuori casa sua e sono fuggiti via! Ed io li ho
seguiti fino a qui!”
“Ok
chiamiamo la polizia!”
“Non
c’è tempo! Se aspettiamo la polizia…quelli avranno tutto il tempo di
scappare!”
D’improvviso
qualcuno urlo ad alta voce il nome di Mark, attirando l’attenzione del
ragazzo verso lo stradone, ai cui lati c’erano i tre uomini con Sarah che era
inginocchiata.
“Eccoli!”
disse Mark indicandoli con la mano.
“MARK!
LA TUA RAGAZZA E’ MOLTO SPAVENTATA! PERCHE’ NON LA VIENI A PRENDERE?” urlò
uno dei tre uomini, mentre gli altri due muovevano le loro teste da una punto
all’altro per scorgere il ragazzo.
“Arrivo!”
rispose con decisione tra se e se Mark prendendo da terra un grosso ramo,
simile ad una mazza di baseball.
“Fermati!”
esclamò con durezza Nasedo prendendolo per un braccio e strappandogli il ramo
di mano.
“Che
cosa vuole!? Lei aspetti pure la polizia…io faccio a modo mio!”
“Vuoi
farti ammazzare?”
“Vogliamo
far ammazzare Sarah!?” rispose con rabbia Mark spingendo via Nasedo ed
incamminandosi verso l’uscita del boschetto.
“MARK!
TI DO 30 SECONDI! DOPODICHE’ LEI MORIRA’!” esclamò ancora l’uomo in
lontananza.
“Si
tolga dai piedi!”
“NO!”
ribadì con fermezza Nasedo ponendosi di nuovo come ostacolo.
Mark
diede l’impressione di desistere dal suo intento, si voltò di spalle, e
Nasedo abbassò la guardia, e non appena lo fece Mark si voltò di scatto e lo
colpì con violenza al volto. Dopo essere stato colpito Nasedo cadde al suolo,
mentre Mark iniziò a correre verso lo stradone, ancora nascosto dalle tenebre.
Nasedo
da terra con un gesto della mano, uso i suoi poteri e lo fece inciampare e
cadere, per poter quindi recuperar il terreno perduto.
Mark
si alzò e cercò di scappare da Nasedo, il quale lo bloccò in una morsa,
entrambi cercarono di sopraffare la resistenza dell’altro, finché il loro
duellare non fu spezzato dal rumore di uno sparo.
Mark
guardò subito verso la strada, e vide Sarah distesa al suolo. Lanciò un urlo
per poi cadere in ginocchio, Nasedo non ebbe il coraggio di guardare e rimase
di spalle.
Mark
accecato dal dolore e dall’ira corse verso lo stradone per trovare sfogo alla
sua collera ma Nasedo lo bloccò nuovamente.
“Sarah!”
urlò il ragazzo, “Lasciami! Lasciami!” esclamò più di una volta verso
Nasedo.
D’improvviso
una luce dorata si sprigionò dal suo corpo ed avvolse se stesso e Nasedo, la
luce si diresse verso i tre uomini, lasciando una scia lungo il suo percorso,
come una coda di cometa. Dove passava la luce dorata, rimase un segno di
bruciatura, sui tronchi degli alberi e sul terreno. I tre uomini la videro
arrivare, ma non capendo cosa fosse, ne furono completamente travolti, e quando
la luce si dissolse lasciando di nuovo spazio al buio della notte, di loro non
c’era altro che semplice polvere.
Nasedo
capendo cosa fosse successo, lasciò la presa, e Mark poté correre finalmente
verso Sarah. Sul volto di Nasedo si leggeva un sentimento di meraviglia, misto
a paura ed incredulità.
Avanzò
piano piano verso la strada osservando il frutto di quell’impressionante
forza sprigionata da Mark, e giunto sulla strada osservò i tre cumuli di
polvere…tutto ciò che era rimasto dei tre uomini.
Mark
invece non si era reso conto di quello che era successo, non aveva capito che a
sprigionare quella luce dorata era stato lui, l’unica cosa che capiva in quel
momento era che Sarah era tra le sue braccia priva di vita.
“Sarah…ti
prego…rispondimi! Ti scongiuro…non lasciarmi!” le diceva accarezzandole
la fronte e scotendola dolcemente a volerla svegliare da un sonno profondo.
“Signor
Harding chiami un ambulanza!” gridò a Nasedo che ancora sconvolto da quello
che aveva visto stava osservandolo mentre invano cercava di salvare la ragazza.
Nasedo
gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla, lui si voltò a
guardarlo, e Nasedo scosse la testa a volergli dire che non c’era più nulla
da fare.
Sarah
era stata colpita alla testa, la morte fu immediata e crudele, non ebbe il
tempo di soffrire, e nello stesso istante in cui Mark si rese conto che la vita
di Sarah si era spenta così crudelmente, iniziarono a scendere le prime gocce
di pioggia, che si confondevano sul volto di Mark con le sue lacrime di
disperazione.
Mark
gridò con tutta la forza che aveva in corpo il nome della ragazza, per
rinchiudersi in un ultimo forte abbraccio.
La
guardò nuovamente e il volto spento di ogni vita, non era più quello di
Sarah……ma quello di Isabel!
Su quest’ultima
scena del sogno, Mark spalancò gli occhi, alzò la testa dal cuscino e con il
respiro molto affannato si guardò intorno, riconoscendo la stanza di Max e
vedendo al suo fianco Isabel, che accolse il suo risveglio con un grosso,
seppur forzato, sorriso.
Scritta
da Maurizio |