Streghe Italia Fan Fiction

LOOKING FOR HERSELF (1)


Trama: Il trio non esiste più, e il male vanta una nuova sorgente. Ma non tutto è perduto. Una giovane vaga sperduta e senza memoria tra le vie di Birmingham. Demoni e Streghe sono sulle sue tracce. Lei è la chiave, la risposta, forse l’ultima speranza per le streghe.. forse..

Scritto tra il 15 e il 20 Maggio 2002

Adatto a chiunque sopra i dieci anni

Disclaimer:
Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito “Streghe Italia”, e che tutti i personaggi di “Streghe \Charmed” utilizzati sono di proprietà della Warner Bros Television\ Spelling Entertainmen, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.

Nota: Birmingham e' una città inglese, che dista qualcosa come 150 Km da Londra.
Worwick, capoluogo del Worwickshire (che fantasia gli inglesi!) e' una cittadella residenziale nella provincia di Birmingham, ed e' qui che si ambienta parte del racconto.


Birmingham, Sat. h 21:35

Era molto confusa.
Nella sua mente vorticavano immagini distorte, e frasi senza senso si contorcevano nei suoi pensieri.
Il marciapiede era gelido sotto i suoi piedi e le sue gambe stavano diventando dolorosamente rigide. Tanto che cominciò a temere che potessero andare in frantumi da un momento all’altro. Vagabondava ormai da molte ore.
Strana. Si sentiva strana, come se quelle sensazione non le appartenessero.
Improvvisamente si rese conto di come il suo corpo fosse preda di istinti e sensazioni sopiti da .. no … non riusciva proprio a ricordare.
Si sforzò.. ma si maledisse per aver tentato. Il dolore stava tornando.
Come fuoco freddo si insinuò nei suoi ricordi frammentati. Le immagini indecifrabili che da ore l’assillavano si fecero più vivide, accecanti, e improvvisamente tutto divenne rosso.
Quando smise di urlare le sembrò di aver gridato per secoli.
La sua gola ardeva, non solo per la sete. Una spossatezza sconosciuta prima di allora si impossessò di lei. Si abbandonò contro un cassonetto dell’immondizia, approfittando dell’intimità che un vicolo buio e sudicio poteva garantirle.
Non poté che addormentarsi, nella mente ancora le ultime immagini, il fuoco, il dolore, e infine -si, ti prego- pensò stremata, venne il buio.

Worwick, Sat h 13:45

Annabelle stava rinunciando, era troppo forte, persino per lei.
Possibile?
Aveva distrutto decine di demoni, eppure questa volta non c’era niente da fare. Il nemico era più astuto di qualunque stregone, più tenace di qualsiasi maledizione, quasi più ostico della sorgente stessa.
-Bah! Al diavolo!- mugugnò fra sé. Era vissuta abbastanza da sapere quando fosse il momento di arrendersi; rimise il vasetto nel frigorifero e si sedette a tavola per la cena.
-Per oggi niente maionese, si vede che qualcuno lassù si preoccupa della mia dieta- pensò divertita, ma quel lieve sorriso non indugiò a lungo sulle sue labbra.
“Sto pranzando! Scommetto che non arriverò nemmeno alla frutta” bofonchiò, rivolta alla luce azzurrognola che stava prendendo forma accanto ala porta della cucina.
“Ti fai battere da un vasetto di maionese e pretendi anche di fare la spiritosa? Non ci siamo proprio piccola mia” la donna le prese il piatto, lo coprì, e lo rimise nel frigo, poi la guardò con un sorrisino condiscendente “e comunque bastava scuoterlo, il barattolo”.
“Grazie Cassie” ghignò la giovane strega, un sorriso finto sul volto
“Cassandra! Sai quanto odio quei nomignoli che mi affibbi!”
“Nomignoli? Quali nomignoli…Sissy?” Il sorriso della giovane strega era di solito una panacea per le preoccupazioni della sua protettrice, ma la situazione era delicata. Dal canto suo Annabelle non riusciva davvero a restare seria quando era con il suo Angelo Bianco. Le voleva molto bene. Cassandra aveva una struttura tonda, dei riccioli castani le ricadevano sulla fronte, e delle adorabili fossette le decoravano l’ampio sorriso. Nel complesso aveva l’aria di una bonaria zia, o di una nonna troppo giovane. Per questo forse non riusciva mai a prenderla troppo sul serio.
“Abbey mi stai ascoltando?” Cassandra la riportò bruscamente alla realtà.
“Ma si certo! Allora, un demone vuole diventare buono, beh! Mi sembra stupendo!”
“Immaginavo” scosse la testa.
“Immaginavi cosa?”
“Che non eri attenta! Mi tocca ricominciare, per favore, ora non farmi perdere tempo e ascoltami!” L’esasperazione era dipinta sul volto preoccupato della sua guida, e ciò bastò a convincere Annabelle che forse la situazione non andava presa sottogamba. Lasciò da parte i suoi pensieri, e si concentrò sulle rivelazioni dell’amica.

Birmingham, Sun h 4:50

Non sapeva dire quanto avesse dormito. La prima cosa che vide fu il sorriso del giovane.
Per qualche attimo uno strano calore si impossessò di lei, ma un allarme nella sua testa cominciò a trillare, fino ad assordarla.
“Che cosa vuoi?!” Scattò, alzandosi del marciapiede umido e mettendosi in posizione difensiva. Una diffusa sensazione di gelo le fece notare che aveva piovuto. Era fradicia, proprio come il marciapiede su cui aveva dormito. Ma qualcos’altro in quel momento assimilava la sua concentrazione, sconcertandola. Da dove veniva quella tensione dei muscoli? Quella posa? Sentiva che la sua posizione era solida, ma elastica. Sapeva difendersi. Si sarebbe dovuta difendere da quel ragazzo?
“Lasciami in pace!”
“Non vuoi sapere chi sei?”
Fu come uno schiaffo in pieno viso, la ragazza indietreggiò fino a sbattere contro il cassonetto. Maledizione, era in trappola! Quel ragazzo dal sorriso misterioso la conosceva, almeno a quanto diceva. Sicuramente sapeva quanto fosse sperduta, lui sapeva che lei non ricordava nulla!
“Io so molte cose”
E sapeva quello che pensava!
“Telepatia” disse il giovane interrompendo i suoi pensieri.
“Smettila!”
”So che non ricordi chi sei, né da dove vieni. Mentre io lo so da dove vieni, perché è da li che vengo anch’io. Mi hanno mandato a cercarti. Ti riporteremo a casa, e presto sarai come nuova. Hai fame non e’ vero?”
La ragazza annuì, ancora tremante e sulla difensiva. Il giovane era incredibilmente gentile, e le sue parole erano come una musica. Le offrì la mano. Sentì che non poteva resistergli. Era calda e gentile, dopo tanto tempo si sentiva quasi al sicuro. Ma qualcosa non andava. Perché quel trillo non smetteva nella sua testa? Perché non riusciva ad abbandonare il suo sguardo?
“Non preoccuparti” continuava a ripeterle “Ecco, questo è per te, dopo ti sentirai molto meglio”.
Con immenso orrore la ragazza vide un bimbo, comparire tra le braccia del giovane; non poteva avere più d’un paio d’anni.
Non riusciva a credere ai suoi occhi! Glielo stava offrendo! Ma ciò che davvero la terrorizzava, era l’attrazione che suscitava in lei. Doveva nutrirsi di lui? Si! Lo voleva. L’avrebbe fatto? Mai!
Tutto si fece luce.

Worwick, Sat h 17:00

“Ciao Kay, io sono Catherine” la donna sorrise, e la giovane ospite sentì un insolito calore avvolgerla. Quell’attempata signora le comunicava un senso di calore - Proprio come la zia Maryl - pensò, e pensò anche che le sarebbe piaciuto vivere lì.
“Sì lo so. Sono felice di conoscerti, non mi capita spesso di conoscere altre streghe” rispose educatamente.
Una cascata di capelli rossi incorniciava un visino allegro e dalla carnagione chiara, impreziosito da un paio di vispi occhi verdi, che non smettevano un secondo di esplorare la grande casa in cui era appena entrata.
“Come ti senti? Hai paura?” chiese la padrona di casa.
“Beh! Quella ce l’ ho sempre, ma e’ divertente quando saltano per aria”
Catherine riconobbe nella giovane una sé stessa di tanti e tanti anni prima, ed ebbe un moto di simpatia per la piccola strega.
Guardò con severità Cassandra, la spalla appoggiata allo stipite dell’ingresso del piccolo salotto, pensando al proprio passato, alle battaglie, alle rinunce. Aveva cinquantasei anni, e combatteva le forze del male ormai da più di trent’anni. La piccola Kay aveva soltanto diciassette anni.
Cercò di non pensare che forse non avrebbe visto i diciotto, ma il ricordo di sua madre era sempre con lei.
Sfoderò uno smagliante sorriso sentendosi fortunata che fra i doni della piccola peldicarota non ci fosse la lettura del pensiero.
“Vieni Kay” le disse con fare materno “ci prendiamo una tazza di the mentre aspettiamo la terza?
La ragazzina sorrise, e si sorprese sedendosi con grande naturalezza in quella veranda.
Si. Si sentiva a casa.

Worwick, Sun h 5:00

Il ragazzo era scomparso.
E con lui, il bimbo, il cassonetto, tutta la strada. No. La strada non proprio, ma era diversa.
Quando la luce si dissolse si accorse di non essere più in un vicolo. Era in uno spiazzo, piuttosto ampio.
Sulla destra un mastodontico edificio era reclamizzato da grandi cartelloni pubblicitari.
Davanti a lei una strada ampia ma poco trafficata. Doveva essere mattino presto, probabilmente poco prima dell’alba.
Riconobbe il comunissimo parcheggio di un centro commerciale.
Come era arrivata lì? Era stato il ragazzo?
-No, lui voleva trattenermi, mi aveva offerto quel bambino- sentì una leggera fitta di colpa per il desiderio che aveva provato, ma un altro pensiero le si affacciò alla mente - Sono stata io? Posso spostarmi così?-
Fissò una fila di macchine davanti a lei, si concentrò.
Il paesaggio cambiò di nuovo. Ma non troppo. Il centro commerciale sulla destra, davanti a lei c’era ora una grossa berlina, alle sue spalle la strada.
L’aveva fatto di nuovo.Questa volta solo qualche metro.
“Forte!” Girandosi di scatto vide un figuro sulla quarantina avvicinarsi barcollando. Aveva l’aria di non godere di un perfetto controllo di sé, il suo sguardo vuoto e la parlata biascicata tradivano l’ebbrezza quasi più del dell’andatura. Ma era massiccio, e si avvicinava con un fare ambiguo, una birra ormai semivuota nella mano sinistra..
“Bel trucco bambola! Ehi, ma come sei ridotta? Non ce li hai due soldi per un paio di scarpe?”
La giovane si esaminò, per la prima volta da che potesse ricordare. Una maglietta rossa appena scollata all’altezza della clavicole. Doveva essere stata elegante, una volta. Anche la gonna nera che la arrivava al ginocchio aveva conosciuto tempi migliori.
Per di più, era scalza, le tornò in mente il marciapiede, il freddo.
“Allora tesoro? Se non hai i soldi, dovrai trovare un altro modo per farmi felice” un sogghigno piuttosto eloquente si stava disegnando su un volto ormai tutt’altro che inespressivo.
Si era avvicinato mentre lei si guardava i vestiti.
La mano dell’uomo corse a serrarle le mascelle. Cercò di baciarla.
E invece gridò.
Lei gli aveva bloccato la mano dietro la schiena, e l’aveva spinto contro una macchina poco lontano. Un leggero scricchiolio annunciava una leggera frattura. Forse il polso. O una costola.
La giovane non riuscì a trattenere un sorriso.
Era vero. Sapeva difendersi.
“Maledetta schifosa, te lo faccio vedere io!” urlò l’uomo, rialzandosi e scalciando da tutte le parti i vetri della bottiglia, infranti sul cemento del parcheggio.
Si rimise in piedi e si diresse verso di lei, la mano sinistra sul fianco, nella destra un tremolante serramanico. Se non fosse stato per quello, sarebbe apparso piuttosto goffo e ridicolo.
Il sorriso le si congelò. La frustrazione si impadronì di lei.
Come si permetteva quell’omuncolo? Come osava solo pensare di toccarla? Credeva davvero di poterla trattare come una ragazzina qualunque?
Improvvisamente la frustrazione divenne rabbia, e furia.
E il mondo divenne rosso.

Worwick, Sun h 5:15

Dovevano sbrigarsi. Aveva già ucciso una volta. Dovevano arrivare prima dei loro avversari, ed impedire un secondo omicidio. La prossima volta sarebbe potuto essere un innocente. Le loro fatiche sarebbero state vane.
L’acceleratore sembrava dover esplodere da un momento all’altro.
“Kay senti qualcosa? E’ il posto giusto?”
“Si, sento il suo potere qui, ma non solo. Anche loro lo sentono. La sua confusione, il suo dolore, possiamo ancora farcela, non e’ tutto perduto. Ma dobbiamo sbrigarci!”
Catherine si fidava ciecamente della piccola alleata. I suoi doni telepatici erano incredibili. Cassandra le aveva descritto la ragazzina prima di presentargliela, ma non si sarebbe mai aspettata che un tale potere si celasse dietro quel sorriso ingenuo.
“Voi tre siete le mie protette più potenti” le aveva detto entusiasta il suo angelo “ma lei è forse la telepate più potente che abbia mai conosciuto”.
E c’era da crederci.
L’aveva svegliata in piena notte, dicendo di sapere dove cercare, e solo concentrandosi aveva trovato il posto. Non aveva nemmeno usato un pendolo, o un quadrante.
“Allora” esordì Abbey per la terza volta “Kay ha il potere di influenzare la mente e lo spirito, oltre a una cinquantina di altri poteri” sul sedile di dietro la piccola si lasciò sfuggire un risolino compiaciuto “e in teoria dovrebbe usarlo per far tornare buono il demone, giusto?” chiese guardando di sfuggita Catherine, seduta accanto a lei nell’abitacolo.
“Sbagliato! E il libero arbitrio dove lo metti? Nel suo spirito esiste già il dubbio. Io e te dovremo proteggere Kay mentre il suo compito sarà solo quello di inibire l’influenza del male, permettendo alla strega” Cat marcò intenzionalmente quell’ultima parola “di fare la sua scelta”.
Alla guida del veicolo, Abbey aveva un’espressione piuttosto perplessa.
"Vedi, quando tu scegli il male, solo tu puoi tornare sui tuoi passi. Se però il male ti seduce con l’inganno, ti e’ concesso un aiuto, ma devi essere tu a fare il primo passo. A quanto pare siamo stati fortunati. Ha affrontato una strega con doti telepatiche simili a quelle di Kay, ma lei aveva il potere di insinuare il conflitto nell’animo, costringendo i demoni a scontrarsi con sé stessi.
Ha perso lo scontro, e il suo spirito ne è rimasto lacerato. Sconvolto al punto che l’umanità è riaffiorata in lei. Se Kay riuscirà a far riemergere la strega, e a farla prevalere sul demone, le forze del male subiranno una perdita incalcolabile!”
“E se la strega scegliesse il male? Di nuovo…?
Il sorriso di Kay si spense.
Catherine non rispose, lo sguardo fisso sull’asfalto davanti a lei.

Worwick, Sun h 5:15

Si girò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con il giovane che l’aveva svegliata sul marciapiede. “Davvero un ottimo lavoro, sapevo che non avresti resistito a lungo” la voce melodiosa del ragazzo era adesso distorta dalla derisone e dall’arroganza.
Lei non riusciva a crederci. Aveva ancora il braccio teso verso l’ubriacone, ma ormai lui non esisteva più. Un mucchio di stracci inceneriti testimoniava il suo passaggio in questo mondo.
“Beh, immagino che tu ti sia fatta qualche idea sulla tua natura, non è vero?”
La giovane non sapeva cosa pensare. Abbassò il braccio, e spostò lo sguardo sul giovane.
“Beh! se non lo sai ancora te lo dico io. Vuoi?”
“Io …non lo so” l’espressione sul volto della ragazza era sconcertata. In poche ore aveva scoperto di essere una specie di fenomeno da baraccone. In compenso questo giovane sconosciuto sembrava sapere tutto, e per di più si comportava come se avesse semplicemente schiacciato una mosca.
La faceva sentire una bambina che aspettasse una punizione per una marachella, non una feroce assassina.
“E non è fantastico?” cominciava a detestare quelle intrusioni “Quell’uomo ti ha aggredita senza motivo, non meritava di essere punito?”
“Ho agito solo d’istinto” rispose lei. Cercava di convincere lui o sé stessa?
“Ma certo! Era solo un ubriacone, non significava nulla per nessuno. E comunque tu ti sei solo difesa. Non ti e’ piaciuto. Non l’ hai fatto per il tuo piacere” il ragazzo esitò “non e’ vero?”.
“Io …” di nuovo non sapeva cosa dire.
La domanda del giovane era volutamente ambigua, eppure.. quella sensazione era stata inebriante.
“Già, inebriante. E’ il tuo potere. E’ così, tu sei potente, sei un essere infinitamente superiore a tutta la razza di quell’idiota. Tu sei Lilitu, e sei una regina!” lo sguardo del giovane era sognante ed entusiasta, come se stesse parlando della sua dea.
“Ma è così” esclamò lui tutto a un tratto, avvicinandosi “tu sei Lilitu! Signora degli inferi, e consorte di…”
“NOOO!” un fulmine colpì il ragazzo in pieno petto, scaraventandolo due file di auto più indietro.
“Non credergli! Tu non sei un demone! Sei umana!” Una ragazza sui vent’anni comparve di corsa da dietro un grosso fuoristrada, ma si fermò. E le si avvicinò con cautela. Aveva dei lunghi capelli biondi stretti in una lunga treccia.
Era stata lei a colpire il giovane? Lilitu - era davvero questo il suo nome?- non ne era sicura.
Eppure, quelle parole avevano smosso qualcosa dentro di lei. Le immagini tornarono a vorticarle nella mente, e davanti ai suoi occhi cominciarono a prendere forma : il confronto, il conflitto, il combattimento. Era stata sconfitta, eppure…era sopravvissuta.
“Tu non sei un demone! Sei umana, come me!” questa volta fu la ragazza ad interrompere i suoi pensieri. Sembrava disperata, e sinceramente preoccupata.
“Vieni con me, ti aiuterò, non voglio farti del male!”
“Non crederle!! E’ pericolosa! E’ solo una bugiarda che trama per avere il tuo potere!”
Il ragazzo si era rialzato, e la incitava contro la nuova venuta.
“No, non è vero! Fidati di me! Ti aiuteremo! Allontanati da lui!”
Guardandola sentiva di potersi fidare, eppure ultimamente aveva imparato ad aspettarsi di tutto.
Quasi.
“Zitta maledetta strega!!” urlò il giovane, il volto deformato dalla rabbia “non ruberei il nostro potere! Muori!” allungò il braccio verso la donna, e una sfera d’energia sfrecciò verso di lei.
Ma lei era preparata, e deviò la sfera colpendola a sua volta.
Il volto del giovane si contorse per la rabbia, mentre preparava un secondo colpo.
Con immenso orrore, Lilitu si accorse che stava mirando a lei!
La sfera crepitò fra le mani del demone e partì dritta verso la sua testa! Ma anche questa volta Abbey colpì la sfera, facendola esplodere poco lontano.
Troppo tardi si rese conto di essersi scoperta agli attacchi del nemico.
“Troppo facile!” il ragazzo sorrise in modo bestiale, colpendo la strega con un rapido gesto. Il colpo la scaraventò contro una cinque porte a diversi metri di distanza.
“Finiscila mia regina! È tuo l’onore della sua morte!”
Era la fine.
Lilitu guardò la ragazza semisvenuta. Sentì un irrefrenabile istinto distruttivo. Uno strano desiderio cresceva dentro di lei.
La sfera d’energia era gia formata nella sua mano, ma non arrivò mai a destinazione.
Il corpo del demone giaceva semi carbonizzato nel mezzo del parcheggio, per la seconda volta la giovane (regina?) abbassò la mano, ancora fumante.
Qualcuno le afferrò la spalla, ma lei era pronta.
“Aahh!” gridò Annabelle mentre Lilitu la scaraventava sul cofano di una macchina e si preparava a colpirla.
“Chi sei? Ti avverto stai lontana, posso ucciderti! Sono un demone!”
“O certo, puoi ucciderla” disse allora un’altra voce “ma non sei un demone. Tu sei umana, proprio come noi”.
Girandosi la giovane vide una seconda donna, più anziana di quella che aveva scaraventato sull’auto. Le parlava con un tono dolce, e non sembrava minimamente turbata.
“Chi siete, che cosa volete!!!” la sua voce era rotta dal pianto “Che cosa sono! E chi era quel tipo! Ho ucciso un uomo, e ho fatto delle cose assurde!! La tua amica spara fulmini dalle mani!”
Le domande cominciavano a susseguirsi senza sosta, intervallate solo da qualche frase isterica riguardo l’assurdità di tutta quella catena di eventi.
Poi fu di nuovo il buio.

Birmingham, Sun h 7:00

Kay non sapeva bene come comportarsi. Quella donna le faceva paura. Aveva visto il suo potere in azione, e per quanto si fidasse di Cat, e sapeva che lei e Abbey l’avrebbero protetta fino alla morte, non poteva impedirsi di tremare.
Era stesa sul sofà, i vestiti sudici ancora indosso. Stava sognando; sogni convulsi, sofferenti.
“Chi sei?” chiese seccamente, alzandosi di scatto “dove sono?” si era svegliata così di colpo che nemmeno i suoi poteri avevano fatto in tempo ad avvertirla.
“Non devi preoccuparti, va tutto bene. Sei al sicuro qui!” cercò di calmarla.
“Tu chi sei?” ripeté l’ospite, con aria guardinga, preoccupata.
“Io mi chiamo Kay, e sono una strega.. Ma la cosa che tu vuoi davvero sapere è chi sei tu non è vero?” si bloccò e la fissò, ammirando il coraggio di quella ragazzina, tuttavia gustandosi la paura che, ne era certa, le incuteva.
“Perché mi avete salvato? Io sono un demone!”
“E tu perché hai salvato Abbey se sei davvero un demone?”
Lilitu non sapeva rispondere. Era successo tutto troppo in fretta.
"Molto bene” cominciò la ragazza con voce tremolante “Te lo dico io perché. Tanto per cominciare non sei affatto un demone. Non proprio comunque. Se non altro non sei nata demone!”
“Tu sei umana, nata da padre e madre umani. Tua madre era una strega, ed è per questo che sei una strega tu stessa!”
Il tuo nome è Phoebe! Phoebe Haliwell!”

CONTINUA...

Scritto da Resh


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