Roswell.it - Fanfiction

LIBERO


Riassunto: Seguito di “Rinascita”. Questa volta non si tratta dell’interpretazione di quanto accaduto nella “realtà” degli episodi andati in onda, ma di uno dei tanti possibili sviluppi di una storia che ci ha affascinato. Naturalmente la parte del leone viene fatta dalla coppia Max/Liz, la mia preferita... Isabel svela al fratello quello che ha saputo della sua vita precedente. Liz fa una incredibile scoperta. Max organizza un nuovo summit a New York. Il destino sta per compiersi.

Data di stesura: dal 18 aprile al 4 maggio 2002

Valutazione: adatto a tutti.

Diritti: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

Indirizzo e-mail: ellis@roswellit.zzn.com


- Coraggio, Maria, mancano ormai solo pochi minuti! - Liz guardò comprensiva l’amica, che continuava a camminare su e giù per la piccola terrazza lanciando occhiate malevole al semplice dispositivo posto in bella vista sul tavolino.
- Facile a dirsi, per te! -
- Senti, ormai ci vuole davvero poco, quindi siediti e fai un bel respiro profondo, ok? -
La ragazza si lasciò andare sulla sedia a sdraio accanto a Liz. - Io odio aspettare, preferisco agire! -
- In questo caso non hai scelta... Ecco, ha finito! - La brunetta si tese in avanti per vedere meglio.  Guarda, Maria! Non sei incinta! -
A quelle parole Maria si passò lentamente le mani sul viso. - Signore ti ringrazio!... Sai, negli ultimi tempi mia madre ha imparato ad apprezzare Michael, ma non credo sia pronta ad accettare il fatto che siamo stati a letto insieme! Oddio, chissà se lo sarà mai... -
Liz si mise a ridere. - Se è per questo neppure mia madre sarà felice di sapere che mi sono rimessa con Max -
- Oh, e... quando sarebbe successo? - mormorò Maria chinandosi verso il tavolino per controllare di nuovo il meraviglioso risultato del test per la gravidanza, il volto illuminato da un sorriso di sollievo.
- Beh, ecco... - La ragazza si strinse le ginocchia al petto e vi si appoggiò con il mento. - Ieri, durante la pausa del pranzo, abbiamo parlato molto e... e poi, se oggi pomeriggio non ci fossimo fermati, o meglio, se lui non si fosse tirato indietro... ecco, domani avresti dovuto essere tu a fare compagnia a me in questa snervante attesa... -
Lentamente Maria si raddrizzò e la guardò con occhi spalancati per lo stupore. - Liz! Davvero?!? Sono... sono così felice per te! - Andò a sedersi vicino a lei e l’abbracciò forte poi si scostò per studiarla. - Sì, sei di nuovo... viva! Voglio dire, fra quello che è successo ad Alex e Tess ti eri ridotta ad un passo da un bell’esaurimento nervoso! Eri... eri sempre tesa, pallida, e invece adesso... Ah, Liz, avevi torto, sai: il destino non si può cambiare! Max e Liz... - Sospirò teatralmente. - Michael e Maria... -
- E il figlio di Max -
Il tono amaro dell’amica le fece imbronciare preoccupata le belle labbra piene. - Senti, Liz, è vero, quella... quel verme ha giocato un brutto tiro a tutti e due, però Max ama te, figlio o non figlio! Tu... - Sorrise all’immagine che le si era presentata d’improvviso alla mente, - pensa a lui come a un piccolo Max! Immagina, un altro affascinante e misterioso cecoslovacco bruno dagli intensi occhi nocciola... -
- Oh, dai, Maria, smettila!... - Con fare amichevole Liz prese il cuscino che aveva dietro la schiena e lo gettò contro di lei, poi tornò seria. - Lo so, però... -
- ...però hanno fatto l’amore insieme. Sì, posso capire come ti senti... Ma tu gli avevi fatto credere di essere stata con Kyle. Anche lui ha sofferto moltissimo, quindi... quindi adesso siete pari! - E davanti all’espressione oltraggiata di Liz si affrettò a precisare: - Ok, voi non vi siete neppure toccati, però questo Max non lo sapeva. Ormai è passata, mia cara, per cui cerca di non pensarci più, va bene? -
La ragazza si appoggiò allo schienale della sdraia e alzò il viso per guardare il cielo stellato.  Va bene... Oh, Maria, io... io lo amo così tanto... -
- Lo so. Si vede - Maria sorrise divertita, poi radunò tutto l’occorrente per il test e lo ripose nella borsetta.  Sarà bene che butti tutto quanto in un contenitore dei rifiuti lungo la strada - borbottò.
- Te ne vai? - Liz tornò a fissare l’amica. - Che ore sono? -
- E’ tardissimo. Domattina ho il test di chimica alla prima ora, quindi non devo assolutamente fare tardi, per cui buona notte! - Si protese verso di lei e la strinse in un rapido abbraccio. - Ci vediamo domattina, ok? -
- Ok... - Liz si alzò a sua volta e la seguì all’interno della stanza per accompagnarla fino alla porta del retro.
- Ciao, Liz, e... sogni d’oro! -
La ragazza sorrise alla smorfia ammiccante di Maria e richiuse piano l’uscio alle sue spalle.

- Allora? -
- Allora, cosa? - Maria guardò perplessa Michael, che l’aveva bloccata all’ingresso della scuola.
- Ieri mi eri sembrata un po’ nervosa. Come va, oggi? -
L’espressione della ragazza divenne sbalordita, poi compiaciuta. Finalmente Michael aveva cominciato a comportarsi come un vero e proprio boyfriend! Non era mai successo prima, infatti, che si accorgesse dei suoi stati d’animo... Sorrise e si alzò in punta di piedi per parlargli nell’orecchio. - Beh, sai, ero un po’ preoccupata per le eventuali conseguenze dell’altra notte, ma per fortuna non è successo niente! -
Michael serrò per un attimo le labbra. “Già, santo cielo... E dire che me l’ero presa tanto con Max!... Certo che fra tutti e due...” - Ah, bene, bene... Scusami, io... io non ci ho proprio pensato... -
- Nemmeno io, se è per questo, però la prossima volta procurati il necessario, ok? -
- Ok - Incantato dalla luce nei begli occhi di Maria Michael le sfiorò il volto con la punta delle dita prima di chinarsi a darle un rapido bacio sulle labbra. - In bocca al lupo per il test - disse poi.
- Crepi! - Maria gli batté una mano sul petto con fare divertito prima di dirigersi verso l’aula di chimica.
Rimasto solo il giovane andò davanti al suo armadietto e cominciò a prendere l’occorrente per le prime lezioni di quel giorno.
- Evans ci sa fare davvero, con le ragazze... -
Nell’udire quel commento ironico Michael si volse incuriosito. - Che vuoi dire? -
Lo studente accennò con il mento alla coppia che stava passando nel corridoio. - Qualche giorno fa teneva per mano Harding, adesso pare che se la faccia con Parker. Per un sacco di tempo l’ho visto solo con te oppure con la sorella e poi, tutto ad un tratto... Mi domando cosa ci trovino, in lui... -
- E che ne so? Non sono una ragazza! -
- Comunque sono due giorni che la bionda non si vede. Che dici, è perché l’ha mollata? -
- Ma cosa diavolo vuoi che ne sappia? - Seccato, Michael richiuse con forza l’armadietto e se ne andò. “Accidenti, dovremo inventarci qualcosa per spiegare la scomparsa di Tess!” Avrebbe voluto parlare subito con Max ma sapeva che John Melvin lo stava ancora guardando e non voleva solleticare ulteriormente la sua curiosità. Sorrise tra sé nel vedere l’amico fermarsi davanti all’aula di fisica e baciare Liz prima di proseguire per la sua strada. Decisamente a Max faceva bene stare con lei... Da quando Tess era sparita dalla circolazione lo aveva visto trasformarsi, tornare ad essere il compagno piacevole che era sempre stato, senza più l’aggressività e l’atteggiamento dittatoriale che aveva assunto negli ultimi tempi. Sembrava... cresciuto. Scrollò le spalle e affrettò il passo per raggiungerlo, dato che avevano la prima lezione in comune.
La professoressa di biologia stava spiegando già da una ventina di minuti quando s’interruppe e fece qualche passo verso le file dei banchi. - Max, ti sto annoiando? - chiese con finta sollecitudine.
Max si raddrizzò sulla sedia ed intrecciò le mani davanti a sé. - No. No, affatto -
- Ah, bene! Allora, per favore, evita di distrarti... -
Michael gettò un’occhiata verso di lui ma il giovane sembrava di nuovo totalmente concentrato sulle spiegazioni dell’insegnante. Rimase per un attimo perplesso a guardarlo, poi emise un sospiro e tornò a prestare ascolto alle parole della donna.
Due ore dopo, alla lezione di spagnolo, si ritrovò seduto accanto a Kyle.
- Stavolta niente viaggio a Las Vegas? - domandò quest’ultimo mentre tirava fuori dallo zaino i fogli del compito svolto a casa.
- No. Temo che dovremo aspettare qualche anno prima di poterci tornare. Tuo padre non ha apprezzato granché la nostra iniziativa... -
Kyle accennò un piccolo sorriso, ricordando perfettamente la ramanzina che sia lui che Tess avevano dovuto subire durante l’intero viaggio di ritorno dal Nevada. Tess... Non avrebbe mai immaginato che potesse essere così... così doppia! Aveva un viso angelico, ma l’anima nera come quella del diavolo... Scosse la testa e porse i fogli al compagno che li stava radunando per consegnarli alla professoressa.
Max, invece, era andato nell’aula di scienze ed aveva occupato il posto accanto al suo in attesa che arrivasse Liz. Non appena la vide entrare cercò i suoi occhi e le sorrise. La ragazza si affrettò allora a raggiungerlo e gli sedette vicino. - Tutto bene? - domandò sottovoce.
- Sì, grazie. E tu? - rispose lui, altrettanto piano.
- Benissimo - Era vero. Liz si sentiva splendidamente, le sembrava di poter volare. Era felice di aver ritrovato il suo Max, di poter stare di nuovo con lui. Le era mancato così tanto... Gli dedicò un sorriso radioso poi si schiarì la gola e tirò fuori il necessario per seguire la lezione.
Era così presa dallo sforzo di non distrarsi pensando a Max che le ci volle un bel po’ prima di comprendere che il sordo tamburellare proveniva dalla sua direzione. Si volse di scatto e vide le dita del giovane battere ritmicamente sul banco. - Max, smettila... - sussurrò.
Max la guardò con fare interrogativo e allo stesso tempo fermò la mano.
- Parker, Evans, volete stare attenti, per favore? -
Nell’udire il richiamo dell’insegnante i due ragazzi si girarono contemporaneamente verso di lui, un poco imbarazzati.
- Sì, certo, scusi. - Liz si scostò una ciocca di capelli dietro le spalle agitandosi sulla sedia.
- Bene. Allora, stavo dicendo... -
Più tardi, mentre si dirigevano verso la caffetteria, incontrarono Maria ed Isabel, che si unirono a loro.
- Com’è andato il tuo test? - chiese Liz fissando incuriosita Maria.
- Bene. Non vedo l’ora di finire! Odio questi test, e ne devo fare ancora cinque... Beata te, Isabel, che a maggio te ne andrai! -
- Non credo che al college le cose siano più semplici. - osservò Liz.
Maria sbuffò. - Niente è mai semplice. Però è bello sperare il contrario!... -
Con una punta d’ansia Liz diede un’occhiata a Max. “Peccato che la speranza non serva a cambiare le cose...” pensò, notando le piccole rughe che la tensione aveva scavato intorno alle labbra del giovane.
Anche ad Isabel non era sfuggita l’aria affaticata del fratello. “Ritroveremo il tuo bambino, te lo prometto!”
In quel momento sopraggiunse Michael, che si avvicinò ai banconi del self-service per sbirciarne il contenuto. - Sapete che vi dico? Io opto per la pizza... - borbottò allontanandosi.
Maria, sentendosi trascinare via, emise un gridolino sorpreso. - Michael! -
- Dai retta a me, oggi non ti conviene mangiare quella roba - disse il ragazzo continuando a tirarsela dietro senza neppure voltarsi a guardarla.
- Uffa! -
Ridendo Liz accennò a seguirli. - Max, Isabel, venite anche voi? -
- Sì, arriviamo... - Ma Isabel non si mosse. Tese invece una mano ed afferrò il fratello per il polso. - Cosa c’è, Max? -
- Niente - Il giovane abbassò lo sguardo sulle sue dita. - Sono solo un po’ stanco, ecco tutto... -
- Ah... - La ragazza lo lasciò andare quasi a malincuore. - Io... vorrei parlarti di una cosa che... che per me è molto importante... -
- Vuoi che ne parliamo adesso? -
- No, posso aspettare più tardi, dopo la scuola. Oppure hai un impegno con Liz? - chiese studiando il suo volto.
Max accennò un sorriso. - Oggi pomeriggio è di turno al Crashdown. Pensavamo di vederci stasera... -
- Bene. - Isabel lo prese affettuosamente sottobraccio e si affrettò a seguire gli amici.
Pochi minuti più tardi sedevano tutti insieme attorno a uno dei tavoli esterni gustando tranci di pizza fumante. Vedendoli, Kyle decise di unirsi a loro. Troppe cose erano successe, da quando aveva incontrato per la prima volta Max e gli altri, e che gli piacesse o meno si sentiva profondamente unito a tutto il gruppo. Sedette accanto a Liz e sospirò con fare esagerato.  Sapete che vi dico? Non mi aspettavo proprio di vedervi di nuovo a scuola! Cioè, pensavo che sareste partiti alla ricerca di... - fece un piccolo cenno col mento in direzione di Max - E invece, eccovi tutti qui! Allora? Avete già qualche piano in mente? -
- Kyle, non credo che questo sia il posto più opportuno per parlare di certe cose! - lo rimproverò Isabel prima di bere una lunga sorsata di coca cola.
Il ragazzo si strinse nelle spalle. - Beh, non è che sia facile, con voi, trovare un luogo adatto. O anche il momento... Sembra che attiriate i guai come una calamita -
- Non lo facciamo apposta. - Maria lo fissò puntando contro di lui la fetta di pizza che teneva in mano.  Comunque, se hai qualche brillante idea, ti consiglio di non dimenticarla. Alle sette ci vediamo tutti a casa di Michael, e sei invitato anche tu! -
- Oh, un consiglio di guerra! Emozionante!... -
Michael sbuffò e Isabel, che gli stava accanto, sorrise. - Il grande generale si sente preso in giro? -
- No, principessina - Il ragazzo le indirizzò uno sguardo ironico prima di tornare a dedicarsi a quello che aveva nel piatto.
Anche Liz sorrise. Per la prima volta, da quando Alex era morto, stavano di nuovo tutti insieme chiacchierando amichevolmente. C’era stato un momento in cui aveva temuto che non sarebbe più successo. Era stato terribile, quel giorno, vedere Max, Isabel e Michael uscire dalla stanza di Alex passandole vicino come se lei nemmeno ci fosse. Allora sembrava che ormai si trovassero su due fronti opposti e che mai più sarebbero tornati ad essere amici. Ma poi lei aveva scoperto la verità, ed ora erano di nuovo uniti, anche se il futuro si presentava difficile e incerto. Con Max al fianco, tuttavia, si sentiva in grado di sfidare il mondo intero. E probabilmente era quello che avrebbero dovuto fare...
Quando l’intervallo per il pranzo ebbe termine i ragazzi si diressero verso le aule dove avevano le rispettive lezioni.
All’uscita di scuola Max raggiunse Liz, che lo stava aspettando vicino all’ingresso, e con lui c’era anche Isabel. Quest’ultima s’irrigidì un poco nel vedere il fratello circondare il viso di Liz con entrambe le mani e baciarla a lungo, come se fossero soli, e per un attimo sentì il proprio cuore fermarsi. Alex le mancava, le mancava tantissimo... Se solo non avesse sprecato il poco tempo che il destino aveva messo a loro disposizione... Se solo... Volse lo sguardo altrove cercando di distrarsi. Non voleva piangere, non poteva permetterselo, perché sentiva che altrimenti non sarebbe riuscita a smettere mai più.
- Isabel, andiamo? -
Nel sentire la voce di Max la ragazza si scosse. - Sì, certo... - mormorò seguendolo fino al parcheggio.
- Ti dispiace accompagnare prima Liz a casa? - chiese il giovane mentre Isabel apriva lo sportello della sua auto.
- No, naturalmente - Sedette al posto di guida e attese che i due si fossero a loro volta accomodati, poi avviò il motore.
- Ti ringrazio, Isabel, ma non dovevi disturbarti. Max, davvero, potevo andare con l’autobus...  Liz, seduta dietro, guardò i due ragazzi con aria turbata. Aveva la sensazione che Isabel avrebbe preferito stare da sola con il fratello e le dispiaceva crearle dei problemi. Anche se qualche volta era stata molto dura con lei, sapeva che aveva amato davvero Alex e desiderava che potesse trovare un po’ di pace. Avevano tutti un gran bisogno di pace... avevano sofferto troppo, per la loro età, e non era ancora finita...
Max si girò a guardarla con un sorriso tenero. - Non preoccuparti, Liz... - Sollevò una mano posandola sullo schienale e lei vi mise sopra la sua ricambiando il sorriso.
Quando infine la vettura si arrestò davanti alla graziosa abitazione degli Evans Isabel emise un sospiro di sollievo. Non era facile quello che avrebbe dovuto dire a Max, e prima lo avesse fatto prima si sarebbe sentita meglio...
Il giovane la seguì in silenzio fino alla sua stanza, sedette sul bordo del letto mentre lei si accomodava sulla sedia davanti alla toeletta e attese che cominciasse a parlare.
Isabel si guardò lentamente intorno, sentendosi a disagio. - Io... io vorrei... che tu mi perdonassi... - disse battendo le palpebre per attenuare un improvviso e fastidioso bruciore agli occhi.
- Di che cosa, Isabel? Tu... non hai fatto niente che io debba perdonarti... - mormorò Max fissandola con affetto.
A quelle parole la ragazza emise uno strano verso, qualcosa tra la risata e il pianto. - Vedo che Tess ha risvegliato solo una piccolissima parte dei tuoi ricordi... - Si raddrizzò e si decise ad incontrare i suoi occhi. - Sai cos’ha fatto Vilandra, la tua adorata sorella? - chiese con voce spezzata. Davanti al suo cenno di diniego inspirò a fondo e deglutì. - Ti ha tradito. Io ero fidanzata con Michael, Rath... - si corresse subito dopo, - ma quando conobbi Kivar persi la testa per lui. Lui era... malvagio, assetato di potere, ma a me non importava... Ero... ero disposta a fare qualsiasi cosa mi avesse chiesto... Tu eri salito al trono già da un paio d’anni e... stavi facendo di tutto per aiutare la nostra gente a vivere meglio... Eri molto giovane eppure già così... così responsabile, serio... un vero leader... Ma Kivar voleva prendere il tuo posto, ed io lo aiutai. - Incapace di continuare a guardare in volto Max si alzò in piedi e cominciò a camminare per la stanza. - Ti ho venduto a Kivar. Per poter diventare la sua regina, perché lui continuasse ad amarmi, feci in modo che potesse arrivare fino a te ed ucciderti. Rath cercò di difenderti, ma morì al tuo fianco... Io... io credo che nostra madre non abbia mai capito che la colpa della tua morte fosse mia... Lei... ci voleva bene, e ti adorava... - Le lacrime presero a scenderle lungo le guance pallide.  Quando vidi il dolore con cui il popolo accolse la notizia... mi resi finalmente conto di quello che avevo fatto... Avevo fatto uccidere il mio re, mio fratello, per far salire sul trono un despota sanguinario... Decisi allora di fermarlo, di impedirgli in qualche modo di distruggere il nostro mondo e tutto quello che tu avevi fatto, e... - Si fermò davanti a Max e le labbra le s’incurvarono in un timido sorriso. - ...e feci in modo di sottrargli il simbolo più importante di tutto il pianeta: il Granilith. -
Il giovane la fissò senza capire. - Ma il Granilith adesso si trova su Antar. Ormai... ormai è nelle mani di Kivar... -
- Ma senza la chiave non serve a niente. Ed esiste una sola e unica chiave, che io ho registrato dentro di me - Premette le palme delle mani una contro l’altra poi, concentratasi, prese ad allontanarle lentamente e, avvolto in una forte luce bianca, apparve il sottile cristallo trasparente che Michael aveva trovato nella casa affittata da Leanna e che Max aveva inserito nel Granilith per attivarlo.
- Che cosa... che cosa significa? - domandò stupito il ragazzo prendendo l’oggetto che Isabel gli porgeva.
- Kivar ha il Granilith, ma senza la chiave non può usarlo. Io non sapevo che nostra madre avesse progettato di metterci in salvo duplicandoci e inviandoci sulla Terra, con l’incarico di custodire il Granilith e tornare su Antar per aiutarla quando fossimo stati abbastanza grandi per farlo... Quindi, all’epoca, in realtà non c’era bisogno che io sottraessi la chiave per rendere inutilizzabile il Granilith, perché era con noi. Ma adesso che non lo abbiamo più, richiamando a me il cristallo impedisco a Kivar di servirsene. -
- Questo non toglie il fatto che noi non abbiamo alcun modo di tornare su Antar -
- Io, invece, credo di sì. -
- E... tu pensi che nostra madre non sapesse che parte avevi avuto nella... nella mia morte? -
Isabel sembrò ritrarsi. - Sì... Come avrebbe potuto? -
- Non lo so. Ma, nonostante la tua relazione con Kivar, ha fatto duplicare anche te e ti ha mandato con noi sulla Terra. Forse lei aveva capito ed è per questo che ti ha salvato... Ricordi come sei stata uccisa? -
La ragazza corrugò la fronte perplessa. - Kivar mi sorprese nella sala del Granilith. Sul momento pensai che... che lui non sospettasse nulla ma poi... Quando fummo fuori, nel corridoio, mi pugnalò alla schiena. Io... rammento la sua risata, ironica, orribile, mentre scivolavo a terra... Lo guardai allontanarsi, indifferente, poi sentii avvolgermi dal buio, dal freddo... L’ultima cosa che provai fu il tocco di una mano... -
- Forse qualcuno che sapeva cos’avevi fatto e ti ha portata da nostra madre. Lei ti ha salvato, ti ha mandato con noi, perché ti amava... Lei sapeva, Isabel, e ti ha perdonato. Ne sono certo... - Max si alzò e le prese il volto tra le mani. - Vilandra, o Isabel, non importa quale sia il tuo nome, resti sempre mia sorella... Anche io ti ho fatto del male, eppure tu continui a volermi bene... -
- Ma io ti ho ucciso! - Isabel era sconvolta e tremava.
- Tu eri innamorata. E a volte, per amore, si fanno le cose più pazze... - Il ragazzo scosse lentamente la testa e se la strinse al petto. - Non c’è nulla da perdonare, Isabel... Ti voglio bene... -
- Anch’io, Max. Potrai sempre contare su di me, per qualsiasi cosa... - Sentì che anche lui tremava e lo abbracciò forte. Avrebbe dovuto sapere che, nonostante quello che aveva fatto, Max avrebbe continuato a volerle bene. Perché lui era così, tenero e... speciale... Sorrise fra le lacrime e lasciò che il dolore scivolasse lentamente via.

- Ecco qui! - Maria sistemò un vassoio pieno di bicchieri scompagnati sul tavolino e si accovacciò sul pavimento accanto a Michael mentre Kyle cominciava a tirar fuori da una capiente borsa di tela lattine di ogni genere.
Liz, da parte sua, depose accanto al vassoio scatole contenenti snack e dolcetti vari poi andò a rannicchiarsi contro la spalla di Max, seduto per terra con la schiena contro il divano.
- Bene, chi comincia? - esclamò Michael fissando uno dopo l’altro tutti i presenti.
- A mangiare? - chiese Kyle con espressione speranzosa.
- No, stupido! Piuttosto, dicci qual era la tua idea di stamane!... - disse Maria lanciandogli un cuscino.
Kyle si piegò di lato per evitarlo poi allungò una mano verso un pacchetto di patatine fritte. - A dire il vero avevo pensato a qualcosa del tipo... dirottamento di uno shuttle e rotta sul vostro pianeta! -
- Il problema è che non siamo in grado di programmare la strumentazione - osservò Max cominciando a tamburellare con le dita sul pavimento.
- Già, capisco... - Kyle, imbarazzato, si portò alla bocca una manciata di patatine.
All’improvviso Maria spalancò gli occhi e Liz la fissò preoccupata. - Maria, cosa c’è? Che ti prende? -
- Liz... - La ragazza chinò ulteriormente la testa e l’amica si protese in avanti per seguire il suo sguardo, sconcertata. - Oh mio Dio... - disse sbiancando.
- Che diavolo avete tutt’e due? - borbottò Kyle, che era seduto tra Max ed Isabel, poi sembrò rendersi conto di cos’avesse attirato la loro attenzione. - Oh oh... - mormorò allontanandosi impercettibilmente da Max, che si girò di scatto verso Liz. - Che c’è? -
- Tu... - Liz lo guardò con espressione sbigottita. - Credo che... che la tua mente sia stata deviata... - disse con un filo di voce.
- Come?!? - insorsero Michael ed Isabel insieme.
La ragazza si volse verso di loro. - E’ stato così che abbiamo capito quello che era successo ad Alex! La madre di Amy... lo stesso Alex... Kyle... muovevano le dita senza neppure accorgersene. E Tess aveva usato i suoi poteri su tutti loro! - Tornò a fissare spaventata Max.  Max, come ti senti? -
- Io... bene. Ma... perché Tess avrebbe dovuto deviarmi la mente? Che motivo c’era? -
- Non lo so. Solo tu puoi dirlo... Cerca di ricordare tutto... tutto quello che è successo quando stavi... con lei... -
L’espressione tormentata di Liz si rifletté negli occhi turbati del giovane, che si scostò un poco portandosi le ginocchia al petto e concentrandosi. Non era facile ripercorrere gli eventi di quegli ultimi giorni... Ripensare alle sue mani sul corpo di Tess, e a quelle di lei sul suo, lo faceva sentire in colpa, sporco... Ma intuiva che era lì che doveva indagare, perché in quel rapporto si celava tutto quello che aveva portato Tess a Roswell...
Isabel osservava preoccupata la scena. All’inizio aveva creduto di aver trovato un’amica, in Tess, e invece lei aveva tramato per distruggere tutti loro, e soprattutto Max... Come aveva fatto a decidere con fredda determinazione di vendere addirittura il proprio figlio? Lei aveva tradito suo fratello, ma Tess aveva fatto qualcosa di molto peggio!...
Lentamente Max si raddrizzò. Il suo viso era pallidissimo e aveva le mani tremanti. - Non... non esiste alcun bambino... - bisbigliò. - Quando... quando l’ho toccata... in realtà ho visto quello che lei ha voluto che io vedessi... Lei... non è rimasta incinta... ma me lo ha fatto credere perché... perché sapeva che quello era l’unico modo per portarmi su Antar... e voi con me... - aggiunse guardando smarrito la sorella e Michael.
Con un gemito Liz gli passò un braccio intorno alla vita e trattenne per un istante il fiato nel sentire la rigidità del suo corpo. In preda all’angoscia fece scivolare via la mano e si spostò per poterlo guardare in viso. - Max... - mormorò.
- Va tutto bene, Liz, va tutto bene - Il giovane si volse nella sua direzione ma lo sguardo era distante, perduto in chissà quali pensieri. Poi, quasi animata di vita propria, una mano di Max andò a coprire quella della ragazza.
Sentendosi il cuore oppresso dalla tristezza Liz guardò implorante i suoi amici, che compresero e si alzarono senza far rumore lasciandoli soli. Allora, mossa dall’irresistibile bisogno di aiutare Max, sollevò la mano libera e la portò alla sua guancia per costringerlo a metterla a fuoco. - Ti prego, dimmi qualcosa... Dimmi... dimmi come ti senti... -
Lui la osservò a lungo, in silenzio, poi le tolse la mano dal proprio viso e se la posò sul petto, reclinando la testa all’indietro e appoggiandosi completamente al divano, gli occhi chiusi. - Mi sento... strano. Vuoto... libero... confuso... triste... - Premette forte le dita di Liz contro di sé.  Ora... è cambiato tutto... -
La ragazza si morse le labbra. Sì, era vero. Tutto era diverso, adesso. Non ci sarebbe mai stato un bambino ad unire ancora e per sempre Max a Tess, e questo la rendeva immensamente felice. Ma al contempo avvertiva la profonda sofferenza di Max e avrebbe voluto poterla cancellare.
Dopo un po’ il giovane tornò a guardarla. - Come ho fatto a non rendermi conto della verità? Io non ti ho voluto credere quando dicevi che c’era qualcosa di strano, dietro la morte di Alex, né mi sono accorto che Kyle aveva dei falsi ricordi... Io... sono stato così cieco... -
- No, Max, questo non è vero - cercò di confortarlo Liz. - Il potere di controllo della mente di Tess era... è fortissimo... Non è possibile distinguere la realtà dalla mistificazione, neppure per te... Non puoi continuare ad incolparti di tutto, Max, è inutile... è distruttivo... -
Le labbra del ragazzo si tesero in un sorriso amaro. - Io ho sempre cercato di proteggere le persone che amo... Isabel, Michael... te... soprattutto te... - La voce gli si incrinò. - Alex... E invece... invece ho fallito. Non credo di essere tagliato per fare il leader... -
Liz scosse piano la testa. - Non si fa il leader, Max, lo si è... E tu lo sei. Tu, forse, non te ne rendi conto perché... perché è nella tua natura, ma... credimi, Max, lo sei!... Non perdere la fiducia in te stesso. Non ne hai motivo... -
Il giovane le scostò la mano dal petto e vi depose un bacio. - L’unica cosa buona - disse poi, a voce così bassa che lei dovette chinarsi un poco verso di lui per sentirlo, - è che non ho lasciato mio figlio nelle mani di Kivar... Questo... mi faceva impazzire... Adesso, invece... mi sento... meglio... - aggiunse, quasi con stupore. - Grazie, Liz... - Nei suoi occhi c’era tutto l’amore che provava per lei, poi cominciò a baciarla. Dapprima quasi con cautela, ma subito dopo le sue labbra si premettero con forza contro quelle di Liz e la ragazza gli passò le braccia intorno al collo stringendoglisi contro. Max la sollevò piano sistemandosela in grembo e le circondò la schiena con le braccia.
I loro respiri divennero affannosi. Liz continuava a muoversi cercando un contatto più intimo e lui sembrava volerla divorare coi suoi baci profondi e sensuali, poi il giovane le premette il viso contro il proprio collo ansimando con forza. Fece alcuni respiri lenti, nel tentativo di calmare i battiti furiosi del cuore, e rabbrividì nel sentire i gemiti convulsi di Liz. - La prossima volta non credo che riuscirò a fermarmi, amore... - le bisbigliò vicino all’orecchio.
La ragazza serrò le dita intorno al tessuto della maglietta. - E io... non te lo chiederò... - sussurrò lottando per riprendere il controllo. Si tirò un poco indietro e continuò a guardarlo negli occhi mentre lui le ravviava i capelli con tenerezza.
- Ehi, di là, va tutto bene? -
Liz volse di scatto la testa in direzione della voce argentina di Maria. - Oddio, Maria!... - Sentì il volto diventarle di porpora e si alzò in piedi, subito imitata da Max. - Sì, sì, certo... - rispose ad alta voce, imbarazzata, dopodiché tornò a guardare il giovane, gli sorrise e lo prese per mano. - Pronto? -
Lui le ricambiò il sorriso annuendo. - Pronto. -
- Ok - Alzò di nuovo il tono girandosi in direzione della stanza di Michael. - Potete venire! -
I tre amici tornarono nel soggiorno e fissarono con attenzione la coppia.
- Mm... Come diceva Buddha... - cominciò Kyle.
- Alto là, Kyle! - lo interruppe Isabel facendo un piccolo gesto col dito. - Ricordi, vero, quello che ti ho detto l’altro giorno? -
- Mi arrendo! - Il giovane alzò le mani in segno di resa poi si lasciò cadere sul divano. - Bene, possiamo riprendere da dove ci siamo interrotti? -
Isabel scrutò il fratello. La scoperta del crudele inganno di Tess lo aveva ferito profondamente, tutti loro lo avevano visto, tuttavia sembrava aver ripreso il controllo di sé, per quanto i suoi occhi tradissero una forte tensione interna. C’era però qualcosa, in lui, qualcosa di indefinibile che la disturbava e di cui avrebbe voluto parlargli, ma di certo non davanti agli altri. Forse si era aperto con Liz, dato che amava quella ragazza più della sua vita, e almeno per ora questo le doveva bastare. Decise quindi di soprassedere alla faccenda Tess, almeno per il momento, e rivolse per un attimo lo sguardo a Michael, che le fece un impercettibile cenno con la spalla. Tornò allora a fissare Max, quasi a chiedergli il permesso di parlare, dopodiché incrociò le braccia sul petto e fece un piccolo sospiro. - Noi... noi abbiamo di nuovo la chiave del Granilith. E’ possibile inserirla a distanza e, dato che il Granilith era stato programmato per collegare la Terra ad Antar, probabilmente sarà in grado di tornare qui -
Michael socchiuse gli occhi incuriosito. - Come avete fatto a riprendere la chiave? -
- Questo non è importante - intervenne Max. - Richiamando il Granilith potremo andare sul nostro pianeta d’origine e fermare la guerra che lo sta distruggendo. -
- Come? - domandò Maria, preoccupata. Non voleva perdere Michael, e sapeva che questa volta lui non avrebbe abbandonato l’amico.
- Ancora non lo so, ma troverò il modo... -
Kyle fissò Liz e fece un sorrisetto divertito. - Max, stai spaventando la tua signora -
Il giovane si volse a controllare Liz. - Non sono in cerca di vendetta, ma devo fermare Kivar. Lo capisci, vero? -
- Sì, naturalmente. - La ragazza annuì serrando le labbra. Sì, sapeva che Max non voleva tornare su Antar per vendicarsi di Tess, ma era comunque angosciata. Come Maria. Anche lei era terrorizzata, e come potevano non esserlo? Quelli che amavano stavano progettando di partire per un mondo distante anni luce dal loro, per combattere una guerra che li aveva già uccisi una volta... Avevano appena diciotto anni, avrebbero dovuto pensare solamente alla scuola e a divertirsi, e invece... Appoggiò la testa contro la spalla di Max. - Io... voglio solo che tu torni da me... - disse piano. - Sano e salvo - precisò cercando i suoi occhi.
- Farò l’impossibile... - Lui le diede un bacio sulla fronte prima di tornare a concentrarsi su Kyle. - In gioco ci sono milioni di vite, ed io non posso tirarmi indietro. -
Valenti reclinò la testa di lato sollevando una mano con fare pacificatore. - Ok, ho capito! Scusami! -
Isabel spostò il peso da un piede all’altro, in preda all’indecisione. - Max, Kivar vuole ucciderci. Non credi che sia rischioso presentarci così, senza... senza nient’altro che i nostri poteri? Poteri che, fra l’altro, non conosciamo neanche troppo bene... -
- Certo, ma ora non c’è più fretta. Possiamo prenderci tutto il tempo necessario per prepararci -
- Perfetto, grande capo. E adesso sloggiate, perché io devo andare al Crashdown! -
- Michael! - protestò Maria indignata.
- Scusa, mi sono dimenticato di dirti che ho promesso a George che stasera avrei fatto il turno al posto suo, dato che lui aveva i biglietti per il concerto... -
- Ah, bene! E io che faccio? -
- Perché non vieni a tenermi compagnia? -
La ragazza roteò gli occhi disgustata. - Avrei preferito andare al cinema... -
A quelle parole Michael sorrise. - Allora vieni con me? -
- Puoi contarci -
- Ok, noi ce ne andiamo! Ciao, Michael, ci vediamo domani a scuola - Isabel salutò con un cenno della mano e si diresse verso la porta, seguita da Max, Liz e Kyle.
Quando furono in strada Liz osservò con un po’ d’ansia il volto pallido di Max. - Max, forse... forse sarebbe meglio andare al cinema un’altra volta. Credo che dovresti tornare a casa e riposare. Mi sembri... molto stanco... -
- Sì, in effetti è stata una giornata faticosa... -
Nell’udire la risposta del fratello Isabel sospirò. - Questo è un eufemismo bello e buono! Comunque Liz ha ragione, hai bisogno di riposo -
Per un attimo il ragazzo pensò di obiettare ma poi ammise con se stesso che si sentiva stremato e scosse il capo. - Mi dispiace, Liz... -
- Non preoccuparti. -
- Bene, allora andiamo! Kyle, ti serve un passaggio? -
- Sì, grazie, Isabel -
Quando furono davanti all’abitazione del ragazzo videro la porta principale aprirsi e lo sceriffo venire loro incontro.
- Ciao, Kyle. Ragazzi... - L’uomo si portò due dita alla fronte in segno di saluto poi si frugò nel taschino della camicia e ne estrasse una cassetta, che diede ad Isabel. - Credo che questa vi appartenga... -
Isabel sorrise prendendola e serrandola nella mano. - Sì, grazie - Si girò a guardare il fratello e, sempre sorridendo, chiuse il pugno per poi riaprirlo e mostrare una piccola sfera dalla forma irregolare.
- Wow! - Kyle, che nel frattempo era sceso dall’auto, si chinò e l’afferrò con la punta delle dita. - Posso tenerla per ricordo? -
- Figurati... - La ragazza sollevò con disinvoltura una spalla. - Buona sera, sceriffo. Ciao, Kyle 
- Ciao... - Affascinato dal residuo di quella che appena pochi istanti prima era stata una videocassetta, Kyle seguì il padre in casa senza neppure guardare dove metteva i piedi.
Fu poi il turno di Liz. Max l’accompagnò fino all’ingresso del Crashdown e lei gli sorrise con un po’ di apprensione quando le aprì la porta. - Promettimi che sarai prudente - lo pregò.
Max le infilò una mano tra i capelli circondandole la guancia morbida. - Cosa vuoi che mi succeda, stasera? -
- Niente, io non voglio che ti succeda niente! - replicò Liz. - Ma ti conosco bene. Sei arrabbiato, anche se non lo dai a vedere, e ho paura che finirai col fare qualcosa di... di avventato! -
- Come partire per Antar per dare la caccia a Tess? - la prese gentilmente in giro lui.
- Sì - Liz era serissima. - Non mettere a repentaglio la tua vita, ti supplico! Lei mi ha già portato via Alex. Non voglio che mi porti via anche te... -
- Non succederà, Liz. Niente ci separerà, mai più... -
La ragazza annuì lentamente. - Ok... - sussurrò continuando a fissarlo negli occhi, poi dischiuse le labbra e accolse il suo bacio con un sospiro.
Rimase infine a guardarlo mentre tornava verso l’auto di Isabel e la memoria le riandò a qualche sera addietro, quando lui le aveva regalato il ciondolo alieno e poi l’aveva baciata prima di andare alla caverna nel deserto. Erano trascorsi solo quattro giorni, da allora, ma erano successe così tante cose che le sembrava fosse passata un’eternità... Decisamente, con Max non ci si annoiava mai!... Accennò un piccolo sorriso ed attese che la vettura sparisse alla vista prima di entrare nel locale dei suoi genitori.
Circa venti minuti più tardi anche Isabel e Max fecero ritorno a casa. La ragazza, preoccupata dall’eccessiva tranquillità del fratello, s’incamminò al suo fianco ciononostante fu colta di sorpresa quando, saliti i primi gradini della scala che conduceva al piano superiore, lui emise un suono soffocato e crollò a terra privo di sensi, rotolando giù. - Oddio, Max! - Tornò indietro e gli s’inginocchiò accanto. In preda all’agitazione gli sfiorò la testa alla ricerca di ferite ma non ne trovò. Gli diede allora degli schiaffetti leggeri nel tentativo di farlo rinvenire continuando a chiamarlo con voce sommessa, senza però ottenere alcun risultato. Sentendo dei passi avvicinarsi si raddrizzò e fissò i grandi occhi marroni sul padre, che la raggiunse in pochi istanti.
- Isabel! Che cosa è successo?!? -
- Non lo so! Stavamo salendo le scale quando, all’improvviso, è svenuto! Ti prego, aiutami a portarlo di sopra! -
- Tesoro, forse sarebbe meglio non muoverlo finché non arriva il medico... -
- No, papà, non occorre chiamare un medico! Per favore, aiutami! - Così dicendo sollevò un braccio di Max e se lo sistemò sopra la spalla poi guardò supplichevole l’uomo, che scuotendo la testa si abbassò e, con cautela, imitò la figlia. Insieme riuscirono a rialzarlo in piedi e lentamente si avviarono al piano superiore.
Quando ebbero deposto sul letto il corpo inerte del giovane Phillip Evans gli passò con affetto le dita tra i capelli. - E’ molto pallido... - mormorò senza voltarsi a guardare Isabel, che si morse le labbra a disagio.
- Sì, lo avevo notato anch’io -
L’uomo emise un profondo sospiro e si sedette sul bordo del letto alzando il capo per osservarla con attenzione. - Negli ultimi tempi ho notato un certo attrito, fra voi due. Come mai? Siete sempre stati molto uniti, a parte qualche piccola lite, poi, di recente, sia io che la mamma ci siamo resi conto che i vostri rapporti non erano più... molto buoni... -
Isabel si strinse nelle spalle. - E’ vero, abbiamo avuto dei momenti difficili, specie dopo la morte di Alex, quel nostro compagno di scuola, ma... ma ora è tutto passato... - La voce le tremò. - Io... non capisco cos’abbia... Lui... lui non si è mai ammalato, e... - Si mise una mano davanti alla bocca mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. - Non so come aiutarlo... - sussurrò sconsolata.
- Per questo ci sono i dottori, mia cara... - commentò il padre, prima di rialzarsi e andarle vicino. - Coraggio, vai ad avvertire la mamma, mentre io telefono a... -
- No - lo interruppe la ragazza con fare deciso. - No, papà, per favore, non farlo! Magari è solo stanco e domani mattina starà di nuovo bene! -
- Cara, Max ha soltanto diciotto anni: a quest’età non si sviene per la stanchezza, credimi! - la rimproverò con tono più duro di quel che avrebbe voluto.
- Tu non capisci! - Isabel si allontanò di un passo da lui agitando le mani per dare maggiore enfasi alle proprie parole. - Non voglio che un dottore visiti Max! Io... io ti ringrazio per avermi aiutato a portarlo fin qui, ma adesso ti prego: lascialo in pace! Deve... deve solo dormire! -
- Ti rendi conto di quello che stai dicendo? -
Attirata dal tono delle loro voci Diane Evans entrò nella piccola stanza e osservò la scena sbalordita.  Perché state gridando? Che cosa c’è? - Vide poi il figlio disteso immobile sul letto ed un’espressione ansiosa le si dipinse sul viso. - Cos’ha Max? - chiese accostandoglisi.
- E’ svenuto, e Isabel non vuole che chiami il dottore - fu la secca risposta del marito.
- Perché, cara? - La donna fissò stupita la figlia, che serrò i pugni esasperata.
- Perché non voglio. E non lo vorrebbe nemmeno lui! -
Un pensiero improvviso attraversò la mente del padre. - Ci nascondete forse qualcosa? - disse sentendo la furia montargli dentro, poi tornò accanto al figlio, gli afferrò il polso sinistro e con gesto brusco sollevò la manica della maglietta studiando con ostentata cura l’incavo del braccio.
- Max non si droga! - esclamò Isabel sconvolta. - Come puoi solo pensare che... che lui... - Scoppiò in un pianto dirotto e corse via, seguita dallo sguardo esterrefatto della madre.
- Io... non so... - Diane era sconcertata. - Sembra... in preda ad una crisi di nervi... Phillip, cosa sta succedendo ai nostri ragazzi? - domandò la donna sommessamente.
- Forse stanno soltanto crescendo. Comunque... sono davvero preoccupato, Diane. Sono sempre stati molto equilibrati e ora, tutto ad un tratto, questi scatti... Non so davvero cosa pensare... Lo psicologo della scuola ritiene che Max abbia superato le sue difficoltà, ma... Non so... - ripeté osservando i lineamenti del figlio rilassati nell’incoscienza, dietro cui tuttavia trasparivano una profonda stanchezza e, al contempo, una forza nuova che lo rendeva più adulto. - Sembra davvero un uomo, adesso... - disse piano.
Al sicuro nella propria camera Isabel si gettò sul letto e diede libero sfogo alle lacrime. Quanto avrebbe voluto avere vicino Alex, in quel momento! Sapeva che lui l’avrebbe capita, le avrebbe dato il suo sostegno, l’avrebbe fatta sentire meglio... Adesso, invece, non c’era nessuno con cui parlare... Michael, oramai, passava quasi tutto il suo tempo libero insieme a Maria. Era giusto così, in fin dei conti aveva il diritto di vivere la sua vita, ma questo voleva dire che lei era sola, disperatamente sola! Era convinta che lo svenimento di Max fosse dovuto al forte stress. Dalla morte di Alex era sempre stato sotto pressione, poi ci si era messa anche Tess con le sue falsità, e per finire lei stessa! A dire il vero aveva resistito fin troppo a lungo!... Come avrebbe voluto a sua volta abbandonarsi all’oblìo... Dimenticare il risentimento, il dolore, la paura... Perché non poteva tornare ad avere quindici anni, quando era tutto più semplice? L’impulsiva decisione di Max di salvare la vita a Liz aveva stravolto le loro esistenze e c’erano dei momenti in cui si scopriva a pensare alla ragazza e a domandarsi cosa sarebbe successo se, quel pomeriggio di settembre di due anni prima, il suo destino si fosse compiuto... Sospirò e chiuse gli occhi. Era inutile pensare a quello che avrebbe potuto essere: il passato non si cambia, si può soltanto cercare di migliorare il futuro. Non doveva dimenticarlo... Sentì di nuovo le voci sommesse dei suoi genitori e provò una stretta al cuore nel ricordare la profonda tristezza con cui aveva registrato insieme a Max il messaggio di addio per loro. Diane e Phillip Evans non conoscevano la verità eppure li avevano curati ed amati, e adesso lei non aveva alcun diritto di trattarli male solo perché desideravano aiutare Max... Lentamente si alzò e tornò nella stanza del fratello. - Scusatemi, - disse avvicinandosi al letto per sfiorare con la mano la fronte sudata del giovane. - io... io non volevo essere... sgarbata con voi... - Trattenne per un attimo il fiato nel vedere le palpebre di Max battere piano prima di sollevarsi mostrando i suoi bellissimi occhi nocciola. - Max! - esclamò sorridendo felice.
Lui la guardò intensamente per qualche secondo, poi si accorse della presenza dei genitori.  Cosa... cosa ci fate, tutti qui? - chiese con voce incerta.
- Sei svenuto mentre salivi le scale, poco fa, e ci hai fatto prendere un bello spavento! - fu la pronta risposta del padre mentre gli strofinava forte una mano tra le sue. - Sei ancora molto pallido... Come ti senti? -
Max accennò un debole sorriso. - Bene. Stanco, ma... bene... Mi spiace avervi fatto preoccupare... -
- Shh, adesso non pensarci! Forse Isabel ha ragione, una bella notte di riposo è tutto quel che ti serve... -
- Sì, certo... - Il ragazzo cercò lo sguardo della sorella, che si chinò a dargli una pacca affettuosa sulla spalla. - Cerca di dormire, ok? -
Lui annuì poi, quasi senza accorgersene, reclinò il capo da un lato e si addormentò.
Incerta sulle effettive condizioni del figlio, Diane uscì in punta di piedi dalla stanza facendo segno agli altri due di seguirla, poi condusse Isabel di sotto e la invitò a sedersi accanto a lei sul divano. - Per favore, vuoi dirci cosa sta succedendo? E’ da qualche mese, oramai, che Max mi sembra... diverso dal solito... L’ho visto teso, preoccupato... vi ho sentito spesso litigare... Perché non mi aiuti a capire? - Alzò gli occhi verso il marito, in cerca del suo sostegno, e l’uomo si accomodò su una poltrona vicino a loro. - Noi vogliamo aiutarvi, tesoro, ma abbiamo bisogno che ci diciate come... -
Isabel si asciugò col palmo della mano una lacrima e sorrise imbarazzata. - Io... vi ringrazio però... non c’è molto che... che possiate fare per noi... -
- Perché? - le domandò la madre, ferita.
Lei tirò su col naso e chinò la testa non sapendo come spiegarsi. Presa infine una decisione, si raddrizzò e trasse un respiro profondo. - Prima di tutto voglio che sappiate che nulla di tutto questo è a causa vostra. Voi siete stati dei genitori splendidi... i migliori che potessimo sperare di avere... Ma ci sono delle cose... delle cose che riguardano le nostre origini... che stiamo scoprendo e... di cui non possiamo parlarvi... Non perché non ci fidiamo di voi - si affrettò a precisare notando le loro espressioni dispiaciute, - ma perché... perché abbiamo deciso che è inutile coinvolgervi... -
- Lascia che siamo noi a deciderlo, cara, ti prego... -
- No, papà. Davvero, non è necessario che... che conosciate tutti i dettagli... del resto non li conosciamo neppure noi... Voglio dire... - Isabel si guardò intorno a disagio, le dita strettamente intrecciate in grembo. - Si tratta di... di ricordi che stanno riaffiorando... Il fatto è che... sono successe molte cose che... ci hanno costretto a... scegliere... e... e non è stato facile... - Tornò a guardare i volti seri degli Evans e cercò di sorridere. - Max ed io siamo stati sotto pressione molto a lungo... era tutto così... così complicato... ma era qualcosa che potevamo risolvere solo noi... da soli... Credo... credo che ci siamo riusciti, alla fine... -
- Quindi, in altre parole, vorresti dire che non c’è più nulla di cui preoccuparsi? Isabel, tesoro, hai diciotto anni, è vero, ma non credo che tu sia in grado di... -
- Mamma, ti prego! - La ragazza prese tra le sue una mano della madre. - Io vorrei che non ne parlassimo più... Ci saranno altri problemi, altre difficoltà, è inevitabile, lo so... Ma per il momento questi problemi, queste difficoltà, sono stati superati. Voglio che... che sappiate che sia io che Max vi vogliamo bene, vi amiamo come se foste i nostri veri genitori... Noi... abbiamo scelto di restare qui, con voi, e... e vi prego, questo vi deve bastare... - concluse guardandola con occhi imploranti.
- D’accordo, come desideri... - cedette la donna prima di stringersela al petto.
Con un sospiro rassegnato Phillip Evans si alzò e sfiorò la testa della figlia con una carezza gentile. - Sei una brava ragazza, Isabel, e sono fiero di te... - Si curvò a darle un bacio sui capelli, poi baciò la moglie sulla fronte e si ritirò in camera da letto.

L’indomani, dopo aver parcheggiato davanti alla scuola, Isabel raccontò in breve al fratello quello che aveva detto ai loro genitori per spiegare il motivo del suo malessere e Max dovette convenire che se l’era cavata perfettamente.
- Mi sento come... come se mi fossi tolta un peso dal cuore... - La ragazza gli sorrise. - Non è proprio la verità ma quasi, e... sono felice di essere rimasta qui sulla Terra, con te... -
Max le accarezzò gentilmente una guancia. - Anch’io - disse, poi si sciolse la cintura di sicurezza e scese dall’auto.
In quel momento vennero raggiunti da Michael, che scrutò per un attimo Max poi sorrise.  Ehi, ti vedo decisamente meglio, amico! Ieri avevi una faccia... - Nel notare l’imbarazzo dei due incrociò le braccia sul petto. - Ok, fuori la verità. Cos’è successo? -
Prima di rispondere Max controllò che non ci fosse nessuno nelle vicinanze. - Ieri sera sono svenuto. Isabel è riuscita a convincere i nostri genitori a non chiamare il medico -
Il giovane apparve preoccupato. - Sei sicuro di sentirti bene? In fin dei conti ti era successo solo una volta, e allora era stato perché avevi esaurito i tuoi poteri... -
Max scrollò le spalle. - Stavolta ero solo molto stanco, tutto qui. Del resto lo hai detto anche tu, che oggi sto meglio, no? -
Michael interpellò con lo sguardo Isabel, che annuì. - E’ così, stai tranquillo. E’ rimasto privo di sensi per una ventina di minuti, ma poi si è ripreso e dopo un po’ si è addormentato. Queste ultime settimane sono state dure per tutti... -
- Su questo non ci sono dubbi - Si volse a guardare l’ingresso della scuola. - Beh, volevo avvertirvi che sarà bene trovare al più presto una giustificazione per la sparizione di Tess. La gente comincia a chiedersi che fine abbia fatto. -
- Potrebbe farlo lo sceriffo. Lui aveva già avvertito la scuola del suo nuovo indirizzo, no? - suggerì Isabel.
- Ci penso io - Gli occhi di Max si fissarono per un attimo nel vuoto prima di tornare a posarsi su Michael. - Scriverò una lettera al preside come Ed Harding dicendo che ha richiamato Tess con sé -
- Ottimo! - Michael fece un cenno con la testa. - Andiamo, gli altri stanno arrivando... -
Camminando affiancati si diressero verso l’ingresso, dove vennero raggiunti dai loro amici. Non vedendo Liz, Max osservò attentamente gli studenti che cominciavano a sciamare all’interno poi sentì qualcuno appoggiarsi contro di lui da dietro ed un braccio scivolargli intorno alla vita. Avvertendo il delicato profumo della ragazza s’irrigidì voltando di scatto la testa di lato mentre Maria sorrideva divertita a Michael. - Liz ha deciso di partire all’attacco, a quanto pare... - gli sussurrò all’orecchio.
- Credi che dovrei avvertirlo? - domandò lui altrettanto piano.
- Assolutamente no! - Maria si godette l’espressione indescrivibile del giovane. “Brava, Liz, questo è il tuo momento!” pensò esultando dentro di sé. Dopo tutto quello che aveva patito per amore, finalmente l’amica aveva capito che non aveva senso rinunciare a qualcosa di così grande, di così forte, e aveva deciso di riprendersi quello che, in fin dei conti, era sempre stato suo! “Esattamente l’opposto di quello che è capitato a me...” rifletté stringendosi involontariamente al suo compagno. “Michael non mi aveva mai voluto, ma alla fine è stato lui a venire da me” Sorrise nel sentire la mano di Michael serrare la presa intorno ai suoi fianchi. - Dai, andiamocene. Abbiamo esattamente dodici minuti a nostra disposizione prima che suoni la campanella, e la stanza dei cancellini è là che ci attende! - mormorò, prima di allontanarsi a passo svelto insieme a lui.
Nel frattempo Max aveva preso dolcemente la mano di Liz e se l’era portata sul cuore. - Ti devo una serata... - le disse pianissimo.
Lei si sollevò in punta di piedi per parlargli all’orecchio. - Bravo, vedi di non dimenticarlo! -
- Mai - Il giovane sorrise, e Liz sentì i battiti del suo cuore aumentare rapidamente.
Desiderando con tutta se stessa baciarlo gli girò intorno e lasciò che l’abbracciasse per poi infilarle le dita tra i capelli, come amava tanto fare, e curvarsi a darle un bacio mozzafiato.
Isabel, volendo che almeno il fratello avesse un po’ di felicità, si schiarì la gola e disse: - Questo fine settimana papà e mamma vanno a Dallas. - Si strinse i libri al petto e con voce appena più forte aggiunse: - Partono domani dopo pranzo -
Lentamente Max si staccò da Liz e, dopo qualche secondo, si volse a guardare la sorella.  Cos’hai detto? - domandò, non troppo sicuro di aver capito bene.
La ragazza gli sorrise con affetto. - Credo che andrò a trovare un’amica a Phoenix. Hai casa tutta per te per un intero lunghissimo fine settimana... - Strizzò l’occhio a Liz poi si diresse verso l’aula di inglese.
- Io... penso che andrò con Isabel... - mormorò Liz fissando significativamente Max.
- Buona idea - Il giovane depose un bacio nel palmo della sua mano e sospirò. - Non vedo l’ora che venga domani... -
La giornata sembrò interminabile per la giovane coppia, e così la mattina successiva, ma finalmente giunse il momento tanto atteso ed Isabel li accompagnò a casa prima di andarsene.
Una volta entrati Max fece cenno a Liz di posare lo zaino accanto al divano poi andò in cucina per prendere qualcosa da bere. - Sicura che sia tutto a posto? - le chiese tanto per dire qualcosa.
- Sì, certo. Ho detto a mia madre che saremmo partite subito dopo la scuola, così non ci sono problemi. Devo soltanto essere di ritorno per le sette di domenica... - Liz, che lo aveva seguito, si avvicinò ad un pensile e ne tirò fuori un paio di bicchieri.
- Coca cola, limonata o tè? -
- Limonata, grazie. -
Il giovane si voltò con un contenitore di vetro in mano, riempì i bicchieri che Liz gli porgeva, poi depose il tutto sul tavolo e circondò il suo volto con entrambe le mani guardandola intensamente negli occhi. - Non ce la faccio più... Io... ho bisogno di te... ho bisogno di... di sentirti... di amarti... -
Liz gli sorrise con incredibile dolcezza. - Anch’io - rispose senza esitare.
Allora lui cominciò a baciarla finché sentì che sarebbe morto se non avesse potuto avere di più. La prese in braccio e la portò nella propria camera, dove la depose sul letto prima di cominciare a spogliarla sfiorando con la bocca ogni centimetro di pelle che andava man mano scoprendo. Aveva le mani sulla cerniera della minigonna jeans che Liz ancora indossava quando si fermò e fece un respiro profondo.
Sorpresa, la ragazza si sollevò su un gomito per accarezzargli il petto. - Cosa c’è? -
- Devo... devo proteggerti... - sussurrò Max toccandole lo stomaco con dita tremanti.
- Ah... ti riferisci al... - Incapace di continuare, Liz si morse le labbra imbarazzata ma lui scosse deciso la testa. - No, voglio essere sicuro che... Non voglio metterti nei guai -
- Ma allora...? -
Max si mise in ginocchio accanto a lei e chiuse gli occhi concentrandosi, poi lasciò andare il capo all’indietro ansimando appena.
- Max! -
Il giovane tornò a guardarla. Sorrideva. - Ho bloccato il mio sistema riproduttivo. Ora non c’è più alcun pericolo finché non ripristinerò le normali funzioni -
Liz si raddrizzò fino a sedersi sui talloni. - Oh, Max, io... io non... -
- Stai tranquilla, è tutto a posto. - ribadì carezzandole il volto, ma lei gli afferrò la mano con la propria.  No, Max, non hai capito! Certo non adesso, no... però un giorno io voglio avere dei figli tuoi e... -
Commosso, il ragazzo le sfiorò le labbra con la punta del pollice. - Li avrai. Quando saremo sposati, quando tu lo vorrai, riattiverò le mie funzioni e non ci sarà alcun problema, puoi credermi... -
Liz lo fissò a lungo negli occhi. - Ti credo - disse poi. Lasciò che lui la abbracciasse di nuovo e si perse nel suo amore.
Molto più tardi giacevano uno contro l’altro, gli sguardi incatenati e i respiri ancora troppo rapidi. Quello che avevano visto nelle rispettive anime era stato qualcosa di assolutamente incredibile, meraviglioso, ancora più profondo e forte della passione che li aveva uniti, ed era la conferma che le loro vite si appartenevano in maniera indissolubile.
Muovendosi in sintonia i due si strinsero in un tenero abbraccio finché i battiti dei loro cuori si placarono. Allora ricominciarono a sfiorarsi, a baciarsi, mentre scie luminose accendevano la loro pelle ad ogni contatto, e l’aria si riempì di nuovo di sospiri e gemiti.
Lasciarono il letto solo una volta, per mangiare e fare una doccia, poi, mentre Liz riposava tranquilla distesa sul suo corpo, Max sembrò realizzare qualcosa. - Oggi... è domenica, vero? -
- Credo... credo di sì... - La ragazza girò la testa verso la finestra, da cui entravano i primi raggi di sole.  Sì, è domenica - confermò.
Il giovane chiuse gli occhi circondandole le spalle con le braccia. - Allora devo andare all’Ufo Center. Stamattina sono di turno io... - disse con tono sconfortato.
- Oh... - Liz premette il viso contro il suo torace. - Devi proprio? -
- Sì. Ma tu rimani qui a dormire, tanto sarò di ritorno a mezzogiorno e mezzo. E, dopo, ti prometto che saprò farmi perdonare... -
A quelle parole lei sorrise divertita. - Lo so. Lo so... - Si raddrizzò un poco per poterlo guardare negli occhi. Ormai lo conosceva molto bene e sapeva che avrebbe mantenuto quella promessa in modo fantastico... Si sospinse in avanti e lo baciò a lungo prima di scostarsi permettendogli così di alzarsi.

Max non era troppo concentrato su quello che stava facendo. Il suo pensiero continuava a riandare a Liz e alle meravigliose sensazioni che aveva provato con lei. Aveva sempre saputo che il suo cuore le apparteneva, fin da quando l’aveva vista al parco giochi per la prima volta, ma adesso che avevano condiviso quella profonda intimità si sentiva finalmente libero. Libero di amarla e di essere riamato. Di vivere la sua vita accanto a lei. Di costruire qualcosa insieme a lei. Con un sospiro pensò ad Isabel e sperò con tutto se stesso che un giorno potesse trovare la felicità accanto a qualcuno che le volesse bene. Prima o poi avrebbe fatto la pace col ricordo di Alex e si sarebbe accorta che c’era un intero mondo attorno a lei, che aspettava soltanto di essere scoperto. Sorrise tra sé. Da quando Tess era andata via anche lui aveva ricominciato a guardarsi intorno e a vivere. A vivere davvero... Scosse piano la testa e finì di sistemare l’impianto di illuminazione del tavolo con l’alieno dissezionato proprio mentre cominciavano ad entrare i primi turisti. Controllò allora che tutto il resto fosse in ordine poi andò a prendere altri dépliants e li mise nell’apposito contenitore. All’improvviso sentì qualcuno applaudire lentamente. - Bravo! Ben fatto! -
Si volse e guardò Brody avvicinarsi sorridendo. Perplesso, sorrise a sua volta con fare interrogativo.
- Bel lavoro, complimenti! Adesso Kivar ha il Granilith... Hai combinato un vero disastro! -
Il viso di Max divenne di pietra. - Larek - disse con voce piatta.
- Esatto, mio giovane re... -
Senza aggiungere altro Max lo prese per un braccio e lo condusse con sé nell’ufficio sul retro.  Avanti, adesso dimmi tutto quello che sai! - esclamò affrontandolo duramente.
Niente affatto intimorito, Brody/Larek si sedette sulla poltroncina davanti al monitor gigante e ruotò fino a fronteggiare il ragazzo. - Sono stato contattato da Katana. Ha saputo da Sera che Ava è tornata su Antar con il Granilith. Che diavolo pensavi di fare, eh? Quella era l’unica cosa che avrebbe potuto permetterti di salvare la tua gente, forse, e tu l’hai consegnata nelle mani di Kivar! -
- Tess, non Ava -
- Che cos’hai detto? -
Max lo fissò impassibile. - E’ stata Tess, a tornare su Antar, non Ava. -
- Beh, non ha alcuna importanza chi sia tornato! Quello che conta è che lo abbia fatto col Granilith! Ed ora Kivar ne è entrato in possesso, e tu hai perso ogni possibilità di liberare il tuo pianeta! Maledizione, Zan, noi eravamo amici, un tempo, credevo di conoscerti, ti rispettavo, ma adesso... questo! Ti rendi conto di cos’hai fatto? -
- No. Dimmelo tu, Larek: cosa ho fatto? -
- Non giocare con me, ragazzo! Kivar si è dato subito da fare per diffondere la notizia! Che cosa credevi di fare rispedendo tua moglie su Antar con il Granilith? Eh? - Brody/Larek si rialzò in piedi e lo fronteggiò in preda all’ira. - Al summit mi eri piaciuto, sai? Davvero! Eri così... così deciso, sicuro di te... Avevi risposto proprio bene a Kivar... Avresti dovuto vederlo, dopo! Un vero spettacolo! Si può sapere cosa ti ha preso, adesso? Come mai ci hai ripensato e hai venduto il tuo mondo? Ora anche gli altri pianeti sono in pericolo! Credi che Kivar si accontenterà di Antar? - Fece un ampio gesto col braccio. - Con il Granilith può fare qualsiasi cosa, lo sai, vero? -
“No, non lo so. Io non so che cosa sia, esattamente, il Granilith...” Max serrò le labbra e fissò l’uomo dritto negli occhi. - Convoca un altro summit. Stesso posto dell’altra volta. Fra due giorni -
- Dubito che qualcuno accetterà l’invito. I reali di Antar hanno perso tutto, ormai... -
- Tu fai del tuo meglio. Ricorda, fra due giorni -
- Bene. Come vuoi, Zan... - Brody/Larek sorrise, poi si accasciò per terra e Max si chinò su di lui dandosi da fare per sistemarlo in una posizione comoda, prima di tornare nella sala principale del museo. Fortunatamente non c’erano molti visitatori, così due ore più tardi riuscì ad andarsene anche perché Brody, ancora sottosopra per il nuovo rapimento di cui era stato vittima, decise di chiudere l’Ufo Center prima del previsto. Impaziente di rivedere Liz, si mise a correre in mezzo alla strada quando vide arrivare l’autobus e rischiò di essere investito più di una volta. Sedutosi, poggiò la testa contro il finestrino e rimase a guardare le case scorrere veloci davanti ai suoi occhi. La sua mente era un groviglio di pensieri. New York, l’emissario, i cloni. Tess e Liz. Alex. Isabel e Michael. Liz nel suo letto... Si passò una mano tra i capelli e sospirò. Questa volta non avrebbe fallito. Aveva troppo da perdere...
Quando entrò in casa si accorse subito del silenzio che vi regnava. Incapace di trattenersi salì i gradini a due a due e si diresse nella propria stanza per scoprire che Liz era ancora profondamente addormentata. Piano, cercando di non svegliarla, si avvicinò al letto e sedette accanto a lei. Non appena le sfiorò i capelli, tuttavia, la ragazza aprì gli occhi e sorrise nel vederlo. - Ciao! - esclamò con voce insonnolita, poi si sollevò a sedere cingendogli il collo con le braccia. - Max... -
Lui la premette forte contro di sé e la baciò come se da quello dipendesse la sua vita.

Erano circa le sei del pomeriggio quando Isabel rincasò. Trovò Max e Liz seduti sul divano davanti alla televisione, intenti a seguire un vecchissimo film in bianco e nero, una enorme ciotola piena a metà di popcorn sul tavolino davanti a loro.
- Ehi, non mi direte che avete passato tutto il fine settimana a guardare la televisione! - esclamò lasciando cadere sul divano la sua borsetta e chinandosi a prendere una manciata di popcorn.
- No, infatti. E tu come sei stata? - le chiese il fratello sorridendo.
- Bene, grazie. Avevo davvero bisogno di starmene un po’ per conto mio... Liz, sei pronta? -
- Sì - A malincuore la ragazza si volse e posò una mano sulla spalla di Max prima di baciarlo.  Ci vediamo domani a scuola... - gli disse poi, guardandolo negli occhi.
Il giovane annuì in silenzio, non fidandosi della propria voce. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, ma non per questo gli riusciva più facile separarsi da lei. Le carezzò piano il viso, poi si alzò e l’aiutò a fare altrettanto dopodiché l’accompagnò fino alla porta di casa e rimase sulla soglia finché la vettura di Isabel scomparve alla vista. Allora tornò a sedersi sul divano ad aspettare il ritorno della sorella.
Ci volle quasi un’ora perché lei rientrasse, e Max non le lasciò il tempo di andare in camera a cambiarsi.  Dimmi in che modo hai scoperto quello che avevi fatto come... come Vilandra - le chiese con tono deciso.
Colta alla sprovvista, Isabel s’immobilizzò ed irrigidì le spalle. - Scusa? -
Rendendosi conto di averla praticamente aggredita il giovane si alzò e le si mise davanti.  L’altro giorno, quando mi hai detto cos’avevi fatto su Antar... come hai fatto a ricordare? Che altro sai di Kivar e del Granilith? -
- Niente. Niente più di quel che ti ho già detto! - Isabel lo fissò adirata. - Perché me lo chiedi? Credi che... che ti abbia nascosto qualcosa? -
- No, stai tranquilla, non è per questo... - Max scosse il capo e la invitò a sedersi. - Allora, come hai fatto a ricordare tutti quei dettagli? - domandò di nuovo, con voce più distesa ma ancora pressante.
La sorella distolse lo sguardo da lui. - Quando... quando andai in cerca di Tess, la sera del mio compleanno, la Whitaker mi parlò di Vilandra, di come ti avesse tradito per... Kivar... - Batté forte le palpebre per trattenere le lacrime. - Mi disse tutto quello che aveva fatto... che io avevo fatto... - si corresse deglutendo nervosamente. - Poi ho saputo altre cose da Lonnie... E’ stato come ricostruire un puzzle... E quando Alex è morto, e noi abbiamo litigato... piano piano qualcosa si è risvegliato, in me, ed io... ho cominciato a ricordare - Chinò la testa. - Ma ti ho detto tutto, Max, tutto quello che sapevo. Te lo giuro -
Il giovane le prese con dolcezza le mani. - Non volevo accusarti di niente, Isabel... Avevo solo bisogno di altre informazioni e speravo che tu potessi aiutarmi... Vedi, stamattina sono andato all’Ufo Center - Sorrise nel vedere l’espressione sorpresa di lei. - Sì, me n’ero scordato, altrimenti avrei chiesto un cambio di turno... - Tornò serio - Larek si è rifatto vivo. Mi ha detto che ora tutti sanno che il Granilith è di nuovo su Antar, e io gli ho chiesto di organizzare un nuovo summit. Dopodomani, a New York. E questa volta tu e Michael verrete con me -
Isabel lo fissò sconcertata. - Un altro summit? Con Kivar? -
- Sì. E’ la nostra unica possibilità di fermare la guerra... -
- Ok. Hai già avvertito Michael? -
- No. Volevo che fossi tu la prima a saperlo -
- Grazie. - La ragazza accennò un sorriso di gratitudine per il gesto cortese del fratello poi si protese verso la ciotola dei popcorn. - E’ andato tutto bene con Liz? -
Max si limitò ad annuire, e lei lo guardò divertita prima di appoggiarsi comodamente contro lo schienale del divano per seguire il resto del film. - Ne sono felice. Per tutti e due... -

Il martedì mattina, anziché andare a scuola, il gruppetto salì sull’aereo privato di Brody Davis, che si era offerto di accompagnarli, e partì per New York.
C’erano tutti, perfino Kyle, che aveva voluto seguire i suoi amici in quella nuova avventura, e Davis continuò a stuzzicarli per tutta la durata del volo ma nessuno si lasciò sfuggire il benché minimo accenno alle vere ragioni di quel brevissimo viaggio fuori programma. Non avendo alcuna idea del fatto che di lì a poco sarebbe stato di nuovo “rapito”, l’uomo li accompagnò fino a Manhattan con la limousine che aveva noleggiato per l’occasione, raccomandandogli di farsi trovare puntuali all’aeroporto per il ritorno a Roswell.
Max, Isabel ed i loro amici fecero un lungo giro turistico prima di dirigersi verso l’edificio nei cui sotterranei, ancora una volta, era stato organizzato un incontro fra entità aliene. L’ambiente, dalla fredda illuminazione e l’arredamento essenziale, era rimasto immutato dalla volta precedente. Non c’era alcun Emissario a controllare l’identità dei partecipanti, visto che la richiesta era pervenuta direttamente da Max, e al suo ingresso tutti i presenti si girarono a guardarlo.
- Vedo che hai portato rinforzi - lo prese in giro Nicholas, che parlava per Kivar.
Senza degnarsi di rispondere il giovane andò a sedersi all’unico posto rimasto libero, mentre Isabel, Michael e gli altri rimasero in disparte a guardare.
- Allora possiamo cominciare? Ho molti impegni e poco tempo, Max Evans... -
Il modo in cui Nicholas pronunciò il suo nome fece sorridere Brody/Larek, che scambiò uno sguardo significativo con Katana. Sì, ormai più nessuno considerava quello strano ibrido semialieno il legittimo sovrano di Antar, per quanto avesse impresso in sé il sigillo reale.
- Kivar ha il Granilith. Cos’altro c’è da dire? - intervenne Hanar.
Sera fissò intento Max. - Già, che altro c’è da dire? Tua moglie siede al fianco di Kivar, ed ha portato con sé il Granilith. L’antica dinastia di Antar non regna più -
- Non di fatto, no. Questo ve lo concedo. - La voce di Max era fredda, quasi irriconoscibile per Liz, che continuava a guardarlo sentendo una morsa stringerle il cuore. Il suo compagno sembrava così a proprio agio in quel momento, così... sicuro di sé... Era orgogliosa di lui, ma allo stesso tempo temeva di perderlo. Sulle sue spalle gravava la responsabilità di un intero pianeta e non aveva alcun diritto di impedirgli di fare l’impossibile per salvarlo, anche a costo della sua stessa felicità. Avrebbe dato tutto quello che possedeva per potergli stare accanto, ma sapeva che in quel momento lui aveva dentro di sé la forza necessaria per affrontare quella prova. Glielo leggeva negli occhi, nel modo in cui teneva erette le spalle. Max era di sangue reale, e niente poteva cancellare quella semplice verità. Una rapida occhiata a Michael ed Isabel le confermò che anche i due ragazzi fremevano per il desiderio di raggiungerlo e con un sorrisetto un po’ triste tornò a concentrarsi sullo svolgimento della riunione.
- Ma la dinastia di Antar non è solo il potere che sta al governo. E’ il potere di un mondo, della sua gente. Ava era la moglie di Zan, ma Zan è morto ed io non ho mai sposato Tess -
- Forse non l’hai fatto - lo interruppe Nicholas sornione, - però le hai dato un erede. Un erede che io metterò sul trono di Antar e per cui tramite regnerò su tutto il pianeta. E mi hai dato anche il Granilith. Sei una persona fin troppo generosa, Max Evans... -
Il giovane fremette. - Non esiste alcun erede, Kivar. Lo sai tu, e lo so io. E il Granilith... senza la chiave è come non averlo. Non ti serve a nulla. -
Nicholas scattò in piedi appoggiandosi con entrambe le mani sul tavolo. - Questo non è vero! - esclamò furioso, consapevole dei mormorii degli altri rappresentanti.
Calmissimo, Max lo fissò negli occhi. - Io ho la chiave. Tu non hai niente -
- Ho tua moglie! -
- Te lo ripeto ancora una volta. Io non ho sposato Tess, che quindi non appartiene ai reali di Antar più di quanto non vi appartenga tu. L’accordo che Kivar strinse con Nasedo non sarà mai rispettato, ed io sono ancora il re - Si alzò a sua volta in piedi sovrastando l’esile figura di Nicholas. - Ho fatto convocare questo summit perché tutti sapessero come stanno davvero le cose. Hai solo un pugno di cenere nelle tue mani, Kivar. Io ho il trono di Antar -
- Questo non servirà a fermare la guerra, Zan. - Brody/Larek guardò assorto il suo antico amico d’infanzia. - Come pensi di intervenire? O continuerai a startene tranquillo in questo... questo pianetucolo sperduto nello spazio mentre la tua gente muore per le strade? -
- Quando sarà il momento farò quello che va fatto. - e senza aggiungere altro raggiunse i suoi amici e lasciò la sala.
Avevano fatto pochi passi quando Max tese un braccio verso Liz e se la strinse al fianco senza smettere di camminare. Voleva andarsene da quel posto, voleva tornare fuori per respirare un po’ di aria pura.
Liz lo sentì tremare e si aggrappò forte alla cintura dei suoi pantaloni di tela. - Stai bene? - gli chiese con apprensione.
- Adesso sì - rispose lui, dopo qualche secondo.
- Te la sei cavata alla grande, là dentro - disse Michael guardandolo di sfuggita. - Ma dovrai davvero fare qualcosa, adesso, o sarà stato tutto solo un grande bluff! -
- Non c’è pericolo - intervenne Isabel sorridendo senza allegria. - Questa volta Kivar pagherà. Non gli daremo tregua finché non l’avremo distrutto. -
- Non si era parlato di tempo per prepararsi, per organizzarsi? - domandò Maria agitata.  Insomma, adesso lui sa che state per attaccarlo! -
- Maria ha ragione - disse Kyle. - Lo hai detto anche tu, Isabel, che avevate bisogno di esercitarvi con i vostri poteri per essere in grado di affrontare questo... questo Kivar con un minimo di possibilità di farcela! Questo è successo solo la settimana scorsa, me lo ricordo benissimo, e non mi pare che nel frattempo vi siate allenati... -
- A volte basta rafforzare la mente - fu la spiegazione sommessa di Max, poi intrecciò le proprie dita a quelle di Liz e le strinse con un dolce senso di possesso.
Il sorriso di Isabel si fece più aperto mentre si voltava appena per guardare il fratello.
Poco dopo erano di nuovo in strada e Michael cinse affettuosamente Maria alla vita. - Non posso permettermi di comperarti nulla, però se vuoi dare un’occhiata ai negozi ti accompagnerò ovunque tu voglia... - le mormorò all’orecchio.
- E questo cosa sarebbe? Il tuo sistema per rabbonirmi? - replicò la ragazza seccata.
- Ci sto riuscendo? - chiese lui per tutta risposta.
Maria finse di riflettere poi si mise a ridere elettrizzata. - Sì! -
- Ehi, vi ricordo che per le cinque dobbiamo essere di nuovo all’aeroporto. Mi raccomando, siate puntuali... - fece loro presente Max.
- Sta’ tranquillo, grande capo, ci saremo! - Con un cenno del braccio Michael li salutò e se ne andò insieme a Maria.
Kyle fece allora una strizzatina d’occhi ad Isabel. - Facciamo due passi insieme? -
- Perché no? Ciao, Max, Liz... -
- Ciao - Liz li guardò allontanarsi poi si appoggiò contro la spalla di Max ed emise un sospiro frustrato.  Non sopporto l’idea che tu parta per Antar. Mi avevi promesso che non ci saremmo separati mai più e invece... -
- Sarà solo per pochi giorni. Intendo... dare una dimostrazione di forza, tutto qui... Non dovrò combattere, se è questo che ti preoccupa. -
- Mi preoccupa dover aspettare senza... senza sapere... - disse Liz desolata.
- Io ritornerò da te, Liz. Sempre e comunque... - Le diede un bacio tenero e forte allo stesso tempo, desideroso di placare i suoi timori.
La ragazza lo abbracciò stretto e lui la cullò dolcemente contro di sé.
Durante il volo di ritorno Max sorprese spesso Brody a fissarlo. - Qualcosa non va? - gli chiese ad un certo punto, vagamente esasperato.
L’uomo si chinò in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia. - Nel primo pomeriggio mi sono ritrovato all’ingresso sud di Central Park senza avere la benché minima idea di come ci fossi arrivato... Credo di essere stato rapito un’altra volta dagli alieni, e sono quasi certo di... di averti visto... Non riesco a capire come, ma mi sembra proprio che tu fossi lì, con loro... -
- Si sbaglia, signor Davis, Max ed io siamo stati sempre insieme. - disse Liz sorridendo un po’ tesa.
Non convinto, Brody tornò ad appoggiarsi allo schienale del sedile e continuò a studiare il giovane. - Sei uno strano ragazzo, Max Evans. C’è qualcosa di te che mi sfugge... Non so... Ma credo che prima o poi lo scoprirò. Come sai... a me piacciono i misteri... -
La sua risatina fece drizzare i capelli sulla nuca di Liz che, attenta a non farsi vedere, fece scivolare un braccio dietro la schiena di Max e con le dita si aggrappò ai passanti della sua cintura.
Senza più degnare di uno sguardo il suo datore di lavoro il ragazzo girò un poco la testa per sfiorare la fronte di Liz con un bacio prima di stringerla dolcemente a sé. L’aveva sentita irrigidirsi per la paura e voleva tranquillizzarla. Non avrebbe permesso a nessuno di farle del male. Mai.
Maria, seduta dietro di loro, aveva ascoltato senza volerlo quella breve conversazione e strinse forte la mano di Michael, che le sorrise con la sua solita aria baldanzosa. - Stai calma, non gli consentiremo di scoprire un bel niente! -
- E come? Hai visto che razza di attrezzatura ha a sua disposizione? Vedrai che prima o poi capirà la verità... - obiettò con un filo di voce.
- Abbi fiducia, piccola. -
Lei scosse la testa e si mise a guardare fuori dell’oblò. - A volte sei troppo sicuro di te, per i miei gusti... -
Sbuffando Michael si volse dalla parte opposta, ma non liberò la mano dalla sua presa.
Circa un’ora più tardi Maria e Liz sedevano sulle sdraio nella terrazza di quest’ultima. Isabel le aveva accompagnate con la propria macchina fin davanti al Crashdown, mentre Jim Valenti si era occupato di riportare a casa Michael. Da quando aveva perso il lavoro come sceriffo l’uomo era stato ben contento di non trovarsi più coinvolto nelle vicende dei tre giovani alieni, ma non aveva mai saputo tirarsi indietro davanti alle necessità e così aveva accettato la richiesta di aiuto di suo figlio Kyle, che si era poi sentito in dovere di raccontargli per filo e per segno tutto quello che era successo fin dal loro arrivo a New York.
I pensieri dell’ex sceriffo erano dunque molto simili a quelli che attraversavano la mente delle due ragazze, terribilmente angosciate all’idea che potesse succedere qualcosa di male ai loro amici.
Maria continuava a fissare la fiamma della candela colorata che guizzava ad ogni alito di vento e Liz teneva gli occhi chiusi e la testa abbandonata sullo schienale della sedia.
- Tu e Max... avete fatto l’amore? - chiese Maria di punto in bianco.
La risposta fu una mossa appena percettibile del capo e la ragazza, che l’aveva colta con la coda dell’occhio, si girò per guardarla con attenzione. - Com’è stato? -
Liz riaprì gli occhi sospirando. - Non posso perderlo, Maria. Ora che...che non c’è più niente a dividerci... ora che conosco tutto di lui e... lui conosce tutto di me... morirei se dovesse succedergli qualcosa... -
- Michael sembra convinto di quello che fa - cercò di consolarla l’amica.
- Anche Isabel, se è per questo. Max è deciso ad intervenire di persona ed è sicuro di farcela, ma... saranno solo loro tre contro tutti... Sono terrorizzata... -
- A sentirti parlare adesso non si direbbe che tu sia la stessa persona che ha lottato senza fermarsi davanti a niente fino a scoprire la verità sulla morte di Alex! -
- Allora io credevo di aver perduto Max per sempre... - confessò Liz a disagio.
- Quindi vuoi dire che... non potevi cedere anche su quello... -
La ragazza scosse negativamente la testa e Maria andò a sedersi accanto a lei. - Beh, secondo me adesso sei nella stessa situazione! E io con te, se è per questo... Insomma, non ha senso stare qui a commiserarci quando nessuno può sapere come andrà a finire, quindi propongo di non pensarci più finché partiranno, dopodiché pianteremo la nostra tenda in mezzo al deserto e aspetteremo il loro ritorno piangendo e strappandoci i capelli, che ne dici? -
Liz annuì ridendo suo malgrado poi si chinò verso di lei per abbracciarla. - Oh, Maria... - sussurrò con voce tremante.
- Ce la faranno, vedrai! - Maria le batté affettuosamente una mano sulla schiena e la tenne a lungo stretta a sé.
L’indomani, a scuola, fu molto difficile per le due ragazze seguire le lezioni e immaginarono che per gli altri fosse la stessa cosa, ma ancor più difficile fu stare insieme ai loro compagni durante la pausa del pranzo, quando dovettero fare sforzi enormi per chiacchierare di cose frivole anziché affrontare l’argomento che le angustiava.
Max, tuttavia, era ben conscio della tensione di Liz, e nel pomeriggio passò a trovarla al Crashdown, durante il suo turno di lavoro.
Nel vederlo entrare la giovane si affrettò a deporre sul tavolo il vassoio con le ordinazioni per andare da lui, poi notò la splendida rosa dallo stelo lunghissimo che teneva in mano e un dolce sorriso le illuminò il volto.
- Ti amo, Liz - disse Max piano, prima di curvarsi a baciarla.
In quel momento sopraggiunse la signora Parker, che non gradì la vista della figlia abbracciata ad un uomo. Un’espressione burrascosa le accese lo sguardo quando si rese conto del modo in cui i loro fianchi si toccavano e, incurante della presenza di alcuni clienti lì vicino, si fermò accanto ai due. - Liz, torna subito al lavoro - ordinò con voce dura.
Liz trasalì spaventata e si scostò leggermente consentendo alla donna di riconoscere il suo compagno.  Max?!? - Nancy lo fissò incredula poi indietreggiò di un passo e tese il braccio indicando la porta.  Vattene, vattene subito! -
- Mamma, per favore... -
- Ho detto di andartene! - ripeté lei sempre rivolta a Max, il quale fece scivolare un braccio intorno alla vita di Liz. - Io devo parlare con sua figlia, signora. La prego, ci lasci solo qualche minuto, poi me ne andrò... -
- Neanche per sogno, ragazzo, tu te ne vai adesso, subito! E guai a te se ti sorprendo di nuovo con lei! -
- Mamma, smettila! Sono maggiorenne, posso fare quello che voglio! -
- Scòrdatelo! E tu fuori di qui! -
Non volendo creare ulteriori dissidi tra madre e figlia Max obbedì all’ingiunzione, limitandosi a scambiare un lungo sguardo con Liz.
La ragazza si portò alle labbra la rosa e accennò un sorriso mesto nel sentirne il profumo.  Max ed io stiamo insieme, mamma. Fattene una ragione... - Senza aggiungere altro girò sui tacchi e tornò ad occuparsi delle ordinazioni dei clienti.
Nel frattempo il giovane si era diretto verso il vicino parco. Sedutosi su una delle panchine di legno disseminate qua e là rimase a lungo a guardare le macchine che passavano per la strada. Avrebbe tanto voluto che Liz fosse lì, con lui. Desiderava sempre averla accanto, in realtà, perché vicino a lei si sentiva completo. Ricordò la sera del concerto, quando la trovò a letto con Kyle, e come allora avvertì un terribile dolore al cuore. Da quel giorno non era più stato lo stesso, aveva commesso un’infinità di errori ed aveva rischiato di perdere tutto. I suoi genitori, Isabel. La sua anima. Ma ancora una volta Liz lo aveva salvato. Quando l’aveva guarita, lei gli aveva aperto un mondo fatto di calore, amicizia, sentimenti. Scoprendo la verità su Tess, gli aveva restituito la vita. Con la sua semplicità, la sua forza, il suo coraggio, Liz era riuscita ad unire i loro destini e lui gliene sarebbe sempre stato grato.
All’improvviso le luci dei fari delle auto divennero sfocate, i rumori si fecero insopportabilmente forti e l’aria rarefatta. Ansimando il giovane si alzò in piedi ma quelle strane sensazioni non scomparvero, anzi sembrarono aggredirlo con maggiore violenza. Fece qualche passo in avanti, disorientato, poi una lancinante fitta alle tempie gli strappò un sordo gemito. Si portò le mani alla testa barcollando, e una seconda fitta gli tolse il respiro. Si ritrovò a terra senza neppure rendersene conto. Cercò di sollevarsi facendo forza sui gomiti ma perse conoscenza.

- Ciao, Isabel! Cosa posso offrirti? - Maria sorrise gentilmente alla bella ragazza che si era appena seduta sullo sgabello davanti a lei, dal lato opposto del bancone.
- Un frappè al cioccolato, e mettici dentro una montagna di tabasco, per favore. Ho bisogno di tirarmi un po’ su... -
- Oh! E... come mai? - chiese ancora Maria mentre si dava da fare per preparare quanto richiesto.
- Le solite cose - Isabel fece un piccolo gesto con la mano quasi a volerne sottolineare la futilità, poi si guardò intorno. - A dire il vero sono venuta a prendere Max. Dobbiamo tornare a casa presto: i miei hanno invitato dei loro amici a cena... -
Maria le mise davanti un bicchiere dalla strana foggia, colmo fino all’orlo di un denso liquido scuro variegato di rosso. - Panna? -
- Sì, grazie. -
- Beh, c’è un sacco di gente, stasera, ma sono piuttosto sicura di non averlo visto. Sei certa che sia venuto qui? -
- L’ho accompagnato io. - La ragazza corrugò la fronte poi bevve un’abbondante sorsata del suo frappè.  Forse è con Liz - disse posando il bicchiere sul ripiano prima di voltarsi per controllare di nuovo.
- Non credo, l’ho vista poco fa tra i tavoli laggiù in fondo. Aspetta, vado a chiamarla! -
- No, faccio da me... - Isabel finì il frappè, mise una manciata di monete sul bancone e si diresse nella direzione indicata da Maria.
Il volto di Liz si colorò leggermente quando la ragazza le chiese notizie del fratello. Cercando di apparire disinvolta terminò di riporre i piatti e i bicchieri sul vassoio e si girò verso di lei.  Se n’è andato via subito. Io... io avevo molto da fare e... - Davanti allo sguardo penetrante di Isabel sollevò il vassoio come a volersi proteggere. - Mia madre lo ha mandato via - cedette imbarazzata.
- Perché? -
Liz le volse le spalle dirigendosi verso la cucina.
- Perché, Liz? - insisté Isabel.
La ragazza si arrestò di colpo e si girò per affrontarla. - Scusa ma non sono affari tuoi! -
- Beh, mi dispiace contraddirti, Liz, ma lo sono quando lascio mio fratello davanti a questo locale e poi non lo trovo più! Ho provato a chiamarlo col cellulare, prima di venire qui, ma non risponde. E tu mi dici che è rimasto qui dentro solo pochi minuti! -
A quelle parole Liz si fece pallida. - Non... non ti ha risposto? -
- No! - Isabel inspirò profondamente per recuperare la calma. - No - ripeté abbassando la voce, - e comincio ad essere preoccupata... Ormai è passata più di un’ora... Hai idea di dove possa essere andato? -
Liz si morse le labbra scuotendo la testa. - Vengo a cercarlo con te. Aspettami qui, mi cambio e torno subito! - Raggiunta in fretta la cucina, depose il vassoio sull’apposito ripiano senza curarsi di mettere le stoviglie nella lavapiatti e andò nello spogliatoio. Nel passare davanti a Maria la pregò di avvertire sua madre che doveva uscire per una commissione urgente, poi tornò da Isabel ma mentre stava per seguirla fuori arrivò Nancy Parker.
- Dove stai andando? - l’apostrofò la donna guardandola severamente.
- Ho dimenticato di fare una cosa molto importante. Recupererò nell’altro turno, te lo prometto! -
- No, tu non vai da nessuna parte, Liz. Avanti, vai a cambiarti... -
- Mamma, ti prego! - Davanti alla sua espressione decisa dovette rassegnarsi, e a malincuore si rivolse all’amica. - Tienimi informata, per favore... -
- Certo. Ciao. Buonasera, signora Parker - Senza perdere altro tempo Isabel uscì e come prima cosa chiamò Michael.
Di lì a poco i due cominciarono ad esplorare i dintorni. Isabel era certa che Max non si fosse allontanato troppo dal Crashdown e da Liz, ma non aveva idea di dove potesse essere con esattezza. Nel passare vicino al parco sentì uno strano formicolìo lungo la schiena e si fermò a guardare la luce soffusa dei lampioni disseminati un po’ dovunque. - Proviamo qui... - mormorò.
- Ok - Michael si affrettò a seguirla e fu lui ad accorgersi per primo della sagoma accasciata a pochi metri da una panchina. - Max! - Si precipitò verso il corpo e si piegò ad esaminarlo. - Sì, è lui - Gli toccò il collo. - Respira, ma è gelido, maledizione! - Lo afferrò saldamente per il torace nel tentativo di sollevarlo.
- Aspetta, vado a prendere la macchina così possiamo portarlo a casa tua -
- E perché non da te? - domandò il giovane perplesso.
- Non voglio che i miei genitori lo vedano così. Temo che stavolta non riuscirei ad impedirgli di chiamare un medico... -
- Sì, forse hai ragione. Bene, sbrigati, allora! -
- Vado! - Isabel corse via, e di lì a poco aiutava Michael a trasportare in casa il corpo tuttora inerte di Max.
Non appena ebbero steso una coperta su di lui Isabel tirò fuori dalla borsa il cellulare e chiamò Liz, che promise di raggiungerli non appena terminato il turno di lavoro. Poi la ragazza telefonò ai suoi genitori e gli disse che avrebbe dovuto trattenersi in biblioteca a studiare perché si era dimenticata che l’indomani aveva un test di biologia.
- E’ vero? -
- Cosa? -
- Che hai il test di biologia -
- No - Isabel lanciò un’occhiata strana a Michael. - Perché me lo chiedi? -
- Sembravi così... convincente... -
- Sono brava ad ingannare la gente, vero? - disse con amarezza.
Il giovane la fissò senza capire. - Che diavolo stai dicendo? -
- Lascia stare, è una storia lunga - Si chinò sul fratello e gli scostò dalla fronte i capelli umidi.  E’ fradicio di sudore! - disse sorpresa.
Michael tirò via la coperta e vide la maglietta completamente bagnata. - Dannazione... -
Il suo tono brusco colpì Isabel, che alzò lo sguardo su di lui. - Che c’è? -
- Era in queste stesse condizioni quando è collassato all’ospedale di Phoenix, lo scorso inverno -
La ragazza corrugò le sopracciglia. - Allora... allora vuol dire che... sta usando i suoi poteri... Ma per quale motivo? -
- Non ne ho la più pallida idea. Però così rischia di esaurirsi e gli ci vorrà un sacco di tempo per recuperare le forze... Pensi... di poter entrare nella sua mente? -
- Ci provo subito! - Isabel si sdraiò accanto a Max e gli prese una mano, chiuse gli occhi e rallentò il respiro fino a scivolare in un leggero stato di dormiveglia.
Vedendo il corpo di Max scosso da violenti brividi Michael mormorò un’imprecazione e afferrò d’istinto la mano di Isabel, che riaprì di scatto gli occhi.
- E’ Kivar -
- Cosa?!? -
Senza lasciar andare le dita ora caldissime del fratello Isabel si sollevò a sedere, il respiro ansante. - Kivar sta cercando di invadere la sua mente, e lui... lui non ce la fa più a resistere! -
- Forse si è accorto che il Granilith è stato attivato... -
- E’ probabile, ma adesso dobbiamo aiutare Max! -
- E come? -
- Io... non lo so -
- Beh, cerchiamo di farci venire un’idea al più presto: credo che stia per cedere!... -
Quasi a voler confermare le sue parole d’improvviso Max s’inarcò lanciando un grido soffocato e quando ricadde sul letto aveva lo sguardo perso nel vuoto, sul viso un’espressione di intenso dolore ed il respiro affannoso. Isabel lo chiamò ad alta voce ma lui sembrò non udirla. Serrò le mascelle concentrandosi con le ultime energie che gli restavano poi si rilassò all’improvviso e batté più volte le palpebre finché mise a fuoco il volto angosciato della sorella.  Isabel... -
- Oddio, Max, come ti senti? -
- Stanco. Ma libero - Si appoggiò su un gomito per raddrizzarsi e lei gli sistemò subito un cuscino dietro la schiena per farlo stare più comodo.
- Ci hai fatto stare molto in pensiero. Ho sentito Kivar, stava quasi per sottometterti... -
- Già, ma non ci è riuscito -
- Bene. Possiamo restare qui ancora per un po’: ho detto alla mamma che andavo a studiare in biblioteca per un compito di biologia. -
Il giovane accennò un sorriso. - La cena... -
Isabel gli rispose annuendo leggermente. - Ho spento il tuo cellulare subito dopo averti trovato nel parco perché non si preoccupasse ma temo che sarà molto arrabbiata con te. Io, almeno, una scusa l’ho inventata... - Fece una risatina divertita e si alzò sentendo bussare alla porta.  Credo che sia arrivata Liz! -
In effetti si trattava proprio della ragazza che, dopo un rapido saluto ad Isabel, si precipitò verso la minuscola camera da letto e tirò un sospiro di sollievo nel vedere Max parlare con Michael. - Oh, Max, tutto bene? - esclamò avvicinandosi.
- Sì, va molto meglio, grazie. - Lui tese una mano a prendere la sua e l’attirò gentilmente accanto a sé.
- Che cos’è stato? - chiese Liz scrutandolo ansiosa.
- Prima di passare al Crashdown ero qui, con Michael ed Isabel. Abbiamo inserito la chiave nel Granilith e avviato la fase di attivazione. Io... ero venuto per dirtelo... -
Ricordando come la madre lo avesse mandato via senza dargli la possibilità di parlarle Liz si morse le labbra. - Mi dispiace... - mormorò.
Max le strinse piano le dita. - Non importa. Quello... quello che volevo che tu sapessi è che... noi partiremo venerdì, non appena il Granilith sarà di nuovo pronto per il viaggio di ritorno. -
Liz guardò le loro mani intrecciate. - Ah... capisco... - sussurrò, incapace di dire altro, poi crollò contro di lui e chiuse gli occhi per trattenere le lacrime.
Mentre sollevava le braccia per stringerla Max incontrò lo sguardo di Michael, che all’arrivo della ragazza si era alzato per farle posto sul letto.
- Io devo andare da Maria. Ci vediamo più tardi... - Il giovane li salutò con un cenno della mano prima di voltarsi e uscire. - Ciao, Isabel - disse all’amica, ferma sulla soglia della stanza.
- Ciao. - Sospirando, Isabel andò a sedersi per terra accanto al letto.
- Avete... avete già deciso cosa farete? - chiese Liz con voce soffocata.
- Sì -

- Cosa significa, questo? - domandò Michael alla vista di Maria che sistemava un grosso zaino nella sua macchina.
- Non lo immagini? - La ragazza richiuse con un gesto deciso il bagagliaio e vi si appoggiò contro. - Io e Liz veniamo con voi nel deserto. Abbiamo avvertito che andiamo in campeggio e resteremo fuori fino a domenica sera. -
- Da sole?!? - protestò lui.
- No. Sean ci aspetta all’incrocio con la statale -
- Questo a Max non piacerà... - Michael si volse a guardare Liz, ferma poco distante da loro in evidente attesa di qualcuno.
- Beh, io non so cosa farci! Se Max ha ancora dei dubbi su di lei... -
- Ah, se è per questo non ci sono problemi - la interruppe il giovane. - E’ disposto a farsi uccidere pur di proteggerla! Il fatto è: tuo cugino lo sa? -
- Sean sa che Liz vive per Max. Ti basta? -
Michael scrollò le spalle. - E tu? - Davanti all’espressione interrogativa di Maria aggiunse: - Tu vivi per me? -
La sua voce sommessa, dal tono incerto, fece sorridere la ragazza. - Certo, ragazzo dello spazio. Non lo avevi ancora capito? - Lo afferrò per il bavero della camicia costringendolo a chinarsi e gli diede un bacio appassionato.
Nel frattempo Isabel e Max erano usciti dall’edificio scolastico e si stavano dirigendo verso l’automobile grigio argento, parcheggiata ad una decina di metri da quella di Maria.
Mentre aspettava che la sorella facesse scattare l’apertura automatica delle portiere Max si accorse di Liz e la fissò intensamente. Stava per lasciarla... Oddio, non ce la faceva, gli mancava di già... Ma non poteva fare altrimenti. Se non avesse agito subito Kivar lo avrebbe attaccato di nuovo e lui non poteva permetterlo. Doveva... doveva pensare solo a questo, però... era così difficile guardare Liz e non ricordare quello che c’era stato fra di loro... non desiderare di rimanere con lei dimenticando ogni altra cosa... Non doveva toccarla, non doveva baciarla, non doveva... Si ritrovò a camminare nella sua direzione e, senza dire una parola, le sollevò con tenerezza il volto e la baciò fino a non poterne più.
Allora Liz riaprì lentamente gli occhi per guardarlo e accennò un sorriso che durò meno di una frazione di secondo. - Io... immagino che andiate subito via, vero? -
- Sì. -
- Già... E’ per questo che Maria ed io abbiamo preparato i nostri bagagli ieri sera... Temevamo che non ci avreste lasciato il tempo di passare da casa e sareste partiti senza darci la possibilità di seguirvi... -
Max, che non aveva smesso di accarezzarle il viso, emise un piccolo sospiro. - Può essere pericoloso, per voi... Non... non potrei sopportarlo, se ti accadesse qualcosa... -
La ragazza questa volta sorrise apertamente. - Allora sai cosa sto provando io... Max, voglio restare con te fino all’ultimo, e non potrai fare niente per impedirmelo! -
- Ok. D’accordo... - Le sfiorò le labbra con il pollice poi la baciò di nuovo e si perse nel suo abbraccio.
- Avanti, Max, adesso dobbiamo andare - lo sollecitò Isabel prima di allacciarsi la cintura di sicurezza.
Senza dire una parola il ragazzo si staccò da Liz e fece un cenno a Michael perché li raggiungesse, poi le due vetture uscirono dal parcheggio e s’immisero nel traffico cittadino.
Fu Isabel ad accorgersi della presenza di Sean, con un borsone a tracolla, fermo all’incrocio.  Cosa ci fa, qui? -
Un sospetto atroce attraversò la mente di Max, che si volse a guardare e vide il ragazzo salire in tutta fretta sull’auto di Maria.
Michael gli diede un colpetto sulla spalla. - Tranquillo, starà con loro per proteggerle. Non vorrai mica che restino da sole nel deserto per due notti? -
- No, no certo, ma... -
- Ma niente, Max. Lascia perdere, Liz non ha nessuna intenzione di flirtare con lui, se tu non gliene dai motivo... -
- Questo è un colpo basso - ribatté Max infastidito.
- Te lo sei meritato. Ricorda che tu ti sei spupazzato Tess ed eri convinto di averla messa incinta! -
- E come potrei dimenticarlo? - mormorò lui tornando a guardare fisso davanti a sé.
- Adesso piantatela, voi due! - s’intromise Isabel. - Abbiamo cose molto più importanti cui pensare! Se non riusciamo a portare a termine la nostra missione potrete dire addio per sempre a Liz e Maria! -
Michael si abbandonò imbronciato contro lo schienale. - Non contarci... - disse a voce talmente bassa che nessuno lo udì.
Quando arrivarono a destinazione i due piccoli gruppi si unirono. Max scrutò a lungo Sean, che ricambiò il suo sguardo senza battere ciglio.
- Per favore, Sean - disse Liz avvicinandosi al ragazzo, - non parlare mai con nessuno di quello che vedrai qui! E’ molto importante... -
- Sì, lo so, me lo hai già detto almeno dieci volte. - Sean appoggiò le mani sui fianchi. - Evans, spero che tu sappia quello che fai. Liz ha già sofferto abbastanza per colpa tua, e non resterò a guardare mentre si distrugge per te... -
Max s’irrigidì. - Io tornerò, Sean, e non lascerò Liz mai più. Puoi contarci -
- Bene! Allora le farò compagnia mentre ti aspetta. Questo posto non è sicuro per due ragazze sole... -
Suo malgrado Max annuì. - Grazie - I suoi occhi si posarono ancora una volta su Liz, che continuava a torcersi nervosamente le mani.
- A presto... -
- A presto. - Max fece un passo verso di lei, e Liz si precipitò tra le sue braccia.
Vicino a loro, Michael e Maria si tenevano stretti, riluttanti a separarsi, poi quest’ultima inspirò profondamente e si asciugò una guancia col palmo della mano. - State attenti, mi raccomando... - disse sforzandosi di trattenere le lacrime.
Michael le sorrise e si scostò lentamente da lei mentre Max faceva la stessa cosa con Liz. I due si avvicinarono allora ad Isabel ed insieme raggiunsero quello che restava della caverna che già una volta aveva contenuto il Granilith.
- E adesso cosa facciamo? - chiese Sean dopo che i tre ragazzi furono spariti dietro il costone roccioso.
- Aspettiamo - Liz tornò verso la macchina di Maria e aiutò l’amica a tirarne fuori gli zaini.
Il giovane scosse la testa, andò a prendere il suo borsone e l’occorrente per montare la tenda.
- No, quella la montiamo dopo, quando... quando loro saranno partiti. - Maria parlò con voce sorda, poi prese Liz per mano e con lei andò a sedersi all’ombra di un picco.
- Ok - Sean richiuse il bagagliaio e si mise al loro fianco. - Pensate ci vorrà molto? -
Liz scosse la testa, lo sguardo sempre fisso alla cima del costone, che si stagliava nitida contro l’orizzonte.
- Volete... volete avvicinarvi? -
- Non è possibile. Questa è la distanza minima di sicurezza -
- Ah... - Senza aggiungere altro il ragazzo cercò una posizione più comoda e si dispose all’attesa.
Quando il suolo cominciò a tremare sotto di loro, seguito da rombi assordanti, i tre si alzarono in piedi e di lì a poco videro un enorme oggetto metallico schizzare nel cielo.
- Sono loro?!? - chiese Sean sbalordito.
Liz non rispose ma si avvicinò maggiormente a Maria, che le prese con forza un braccio.  Buona fortuna... - sussurrò.
Il Granilith era scomparso alla vista già da un bel pezzo quando infine Maria si scosse.  Adesso possiamo montare la tenda. - disse tirando su col naso.
Le ore si trascinarono con estrema lentezza, il sole calò ed il buio sopraggiunse quasi all’improvviso, portando con sé il meraviglioso spettacolo di una miriade di stelle scintillanti.
L’indomani i tre ragazzi esplorarono i dintorni poi tornarono alla tenda per mangiare e riposare al riparo dal torrido sole del primo pomeriggio. Il giorno successivo Liz non volle allontanarsi dal costone, sperando contro ogni logica che Max e gli altri tornassero in tempo per rientrare a Roswell con loro, e quando il sole cominciò a calare all’orizzonte senza che fosse successo nulla sentì un grande freddo avvolgerle il cuore. In silenzio sollevò lo zaino da terra e andò verso l’automobile. Né Maria né Sean dissero nulla, limitandosi a seguirla.

- Come stai? -
Liz si guardò intorno. C’erano molti studenti sparpagliati fra i tavolini esterni della mensa, data la bellissima giornata, ma le loro voci allegre non arrivavano fino a lei. Niente arrivava fino a lei, da quando era tornata a Roswell con Maria e Sean. Si sentiva come avvolta in una nebbia ovattata. Le forme, i colori sembravano ferire i suoi occhi, ma dentro non provava niente. Non poteva. Era l’unico modo che aveva per andare avanti, per non impazzire nell’angoscia dell’attesa.
- Liz? -
- Scusami, Kyle. Sto bene, grazie... -
- Sicura? -
Lei annuì, e il ragazzo bevve un sorso di aranciata. - Mi spiace non essere potuto venire con te e Maria. -
- Non preoccuparti. Sean era libero... -
- Pensi che sia stato prudente? Voglio dire, lui non sa niente di... insomma, di loro... -
- No. Ma non ha fatto domande, e non dirà nulla. -
- Ne sei certa? -
La ragazza annuì di nuovo. Davanti a lei il sandwich era ancora avvolto nel cellophane.
- Non hai fame? - le chiese Kyle premuroso.
- No - Con un sospiro spinse il panino verso di lui. - Mangialo pure. Ti chiedo scusa, sono una pessima compagnia, oggi... -
- Veramente lo sei dall’inizio della settimana, ma non importa. Capisco quello che stai provando... -
Sì, Kyle la capiva davvero. Tess aveva lasciato una ferita molto profonda nel suo cuore, e non sarebbe stato facile guarirne. La morte di Alex pesava su di lui come un macigno, pur non essendone stato la causa. Con un sorriso un po’ triste gli coprì una mano con la propria. - Ce la faremo, Kyle... -
- Che cosa dicono gli Evans? - chiese il giovane dopo un po’.
- Credono che Max e Isabel siano andati a Santa Fe per vedere l’università. Non so come prendano il fatto che non gli abbiano mai telefonato, ma... - scosse il capo rassegnata  dovranno abituarsi al loro silenzio. -
- Se vuoi, stasera possiamo andare a controllare. Che ne dici? -
- Ok! - Liz gli sorrise con gratitudine.
- Bene, passo a prenderti alle cinque e mezza, d’accordo? -
- Fantastico! E ora perdonami ma devo lasciarti. Ho un test di storia contemporanea... -
- Certo, certo... - Rimasto solo Kyle finì di bere la sua bibita. - Odio questo periodo dell’anno, c’è una quantità incredibile di test da fare... -

- Che razza di posto è mai questo? -
Isabel avanzò di qualche passo. - Lo riconosco, è il luogo dove la nostra famiglia ha sempre conservato il Granilith! -
Max si girò a guardarla. - Dobbiamo trovare Kivar. Andiamo! -
Qualcosa nel suo inconscio lo guidò attraverso un labirinto di corridoi fino ad arrivare in un ampio atrio.
Avevano fatto attenzione a non farsi vedere da nessuno ma ormai non era più possibile tenere nascosta la loro presenza. L’atrio, vastissimo, era affollato di gente tra cui diversi militari, alcuni dei quali si avvicinarono per verificare la loro identità.
Senza rispondere alle loro domande il giovane studiò con attenzione quanto lo circondava, imitato dalla sorella e da Michael, poi fece per avanzare ma un uomo gli sbarrò il passo. Allora si fermò e lo fissò con espressione decisa. - Sono qui per vedere Kivar -
A quelle parole il militare spalancò gli occhi poi mormorò qualcosa ai suoi compagni, che si disposero in un piccolo drappello per scortare i ragazzi fino ad un salone, dove vennero accolti da altri militari.
Un improvviso aumento dell’attività intorno a loro fece sospettare a Max che si stava provvedendo ad informare chi di dovere della sua strana richiesta e si domandò se non avesse sbagliato a presentarsi così apertamente. Ormai, però, era troppo tardi per ripensarci e cercò di non mostrare alcuna incertezza quando venne invitato a seguire un ufficiale oltre una serie di archi, che li condusse fino ad un’anticamera dalle dimensioni sconcertanti.
- Max... -
Al suono di quella voce il giovane si volse di scatto. - Tess! -
La ragazza sembrava pallida, smarrita, ancor più di quando lui l’aveva mandata via. Evidentemente Kivar non era stato molto contento di vederla arrivare da sola... Comunque, quello non era un suo problema. Tess aveva fatto le sue scelte, ed ora ne stava pagando le conseguenze. Non provò alcuna compassione per lei.
- Max, perché sei venuto? Kivar ti ucciderà, ucciderà tutti voi... -
- Non contarci troppo - borbottò Michael fissandola con disprezzo.
- E poi, era quello che volevi, no? - rincarò la dose Isabel.
- No, io... io volevo solo tornare a casa! E’ stato Nasedo a fissare i termini del patto, non io... -
- Ma tu sei stata ben contenta di rispettarli. Hai tradito, per questo, hai ucciso! - Il tono di condanna di Max fece indietreggiare bruscamente la ragazza e l’attillata veste azzurra che indossava fluttuò leggera intorno alle sue caviglie. - Io... non potevo fare altro! Devi credermi, Max... -
- Oh sì, ti credo... - Il giovane si mosse verso di lei. - Mi dispiace solo che Alex... sia morto per niente! -
- Che vuoi dire? - chiese Tess preoccupata.
- Che noi impediremo a Kivar di continuare a spadroneggiare - Fu Isabel a rispondere, incapace di nascondere il proprio odio nei confronti di quella che aveva creduto un’amica e che invece le aveva strappato la persona che amava.
- Non ce la farete. Non potete farcela, lui è molto più forte di voi! -
- Ti preoccupi per noi, adesso? - le chiese con sarcasmo Max, prima di distogliere da lei lo sguardo e proseguire verso il salone che si apriva alle sue spalle.
- Benvenuti, reali! - Kivar li stava aspettando al centro esatto della vasta sala sobriamente decorata. - Sono davvero lieto che siate venuti. Ora, la mia vittoria sarà completa -
- Ti sbagli - Max si fermò davanti a lui, Isabel alla sua sinistra e Michael a destra. - Io sono qui per distruggere il tuo potere, non per consegnarmi a te. Ti avevo avvertito, non ho alcuna intenzione di permetterti di continuare ad usurpare un trono che non ti spetta -
- E come pensi di fare? - L’uomo, dall’aspetto imponente per quanto poco più alto di lui, lo fissò con occhi scurissimi e impenetrabili. - Sei solo un ragazzo, non c’è niente, in te, del vero Zan. Tu... sei solo un clone! -
- Sono un ibrido - lo corresse Max, poi accennò ai suoi compagni. - Tutti noi siamo degli ibridi. Possediamo la forza della nostra razza originaria e l’umanità della razza ospite. Qualcosa che tu non conosci, Kivar -
- Dunque, vuoi sfidarmi? Sei davvero coraggioso! O forse dovrei dire... stupido... - Senza alcun preavviso sferrò un attacco mentale che Max riuscì a parare, poi indietreggiò di qualche passo. - Bene, ora... ci divertiremo! -
Isabel e Michael si avvicinarono a Max, che sentì la loro presenza, il loro sostegno, e vi attinse a piene mani. Non doveva fallire, no! Quello era il momento per cui era stato mandato sulla Terra, per cui sua madre aveva dato la vita. Perché lei era morta, lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, fin da quando i duplicati lo avevano portato a New York. Avrebbe portato a termine il compito che gli aveva assegnato. Per liberare la sua gente. Per poter tornare da Liz. Sentì l’energia accrescersi nel suo corpo, il sudore imperlargli la fronte, e un vento leggero gli scompigliò i capelli.
Un bagliore luminoso sembrò sprigionarsi dalla sua testa, e cinque piccole sfere bluastre galleggiarono davanti a lui fino ad assumere una posizione a V, la forma del sistema stellare di cui faceva parte Antar. Il sigillo reale.
- Questo trucco non ti servirà a niente! - esclamò Kivar stringendo i denti per la rabbia.
- Questa è la mia eredità - Max parlò con tono deliberatamente sommesso, poi girò le mani con i palmi rivolti verso il suo avversario. Un alone di luce bianchissima colpì Kivar facendolo dissolvere nel nulla.
Incredula, Isabel afferrò il fratello per un braccio. - Max, che cosa gli hai fatto?! -
- Io... non lo so... - Il giovane si piegò leggermente in avanti, sfinito.
Michael riuscì a sostenerlo prima che crollasse e solo allora si accorse della presenza di alcune guardie che, una dopo l’altra, si misero sull’attenti. - Ehi, amico, non mollare proprio adesso! - mormorò preoccupato.
- Altezza? - disse quello che sembrava essere il comandante.
In quel mentre arrivò Tess, che aveva seguito, non vista, tutta la scena. - Sì, è Zan, con sua sorella Vilandra e il suo braccio destro, il generale Rath - disse sforzandosi di apparire serena.
L’uomo s’irrigidì nella posizione di saluto. - Signore! -
Serrando le mascelle Max si raddrizzò. “Io volevo solo fermarlo, non ucciderlo... E adesso cosa posso fare?” Guardò i suoi compagni e gemette dentro di sé. Doveva andare avanti, era l’unica soluzione possibile...
- Seguitemi - Tess fece un cenno verso di loro e li precedette fino all’estremità della sala, dove due soldati facevano la guardia davanti ad una grande porta a doppio battente. - Questo è l’ufficio privato di Kivar. Qui potremo parlare senza essere disturbati... -
- Non c’è niente di cui dobbiamo parlare -
- Non essere sciocco, Max. Hai appena eliminato Kivar, te ne rendi conto? Lui governava questo pianeta, ne aveva il controllo assoluto! E adesso non c’è più... Dobbiamo trovare il modo di evitare il caos che la sua morte rischia di scatenare! -
- Dobbiamo, Tess? - disse Max sottolineando la prima parola.
La ragazza lo fissò coi suoi grandi occhi azzurri. Il bel viso, circondato da morbidi riccioli biondi, sembrava quello di una bambina ma le labbra leggermente imbronciate tradivano una profonda sicurezza interiore. La durezza del tono del giovane sembrò non colpirla affatto. - Sì, dobbiamo. Tu non sai niente di Antar, di quello di cui ha bisogno... -
- ...e tu sì, vero? - la interruppe lui. - Tu sei cresciuta con Nasedo, giusto? Colui che avrebbe dovuto prendersi cura dei reali e invece, quando ha scoperto che nella stanza delle incubatrici eri rimasta solo tu, ti ha portata via e si è ben guardato dal cercarci. Perché, Tess? Perché doveva istruirti per quello che sarebbe stato il tuo futuro di... regina? -
- La mia non è stata una vita facile! Tu non hai idea di che cosa voglia dire dover scappare continuamente per sopravvivere! -
Max la guardò senza espressione. - No, hai ragione. Io non lo so. Perché noi non sapevamo nemmeno di doverci difendere... Nessuno ci ha detto che cosa eravamo... Noi abbiamo dovuto scoprire da soli che non eravamo come gli altri. Abbiamo dovuto scoprire da soli che la nostra salvezza dipendeva dal tenere segreta la nostra diversità. Sai cosa significhi non sapere... non capire? -
Tess non rispose. Che cosa avrebbe potuto dire? Lei non aveva mai avuto alcuna possibilità di scegliere. L’unica vita che conosceva era quella che le aveva mostrato Nasedo. E niente le avrebbe impedito di realizzarla. Perché era il suo destino.
- Io ti credevo un’amica... - disse Isabel rompendo l’improvviso silenzio. - E tu mi hai ripagato portandomi via Alex. Come hai potuto ucciderlo? Lo conoscevi, avevi parlato con lui, avevi riso con lui... Come hai potuto farlo? - La voce le si spezzò, ma l’attimo successivo riprese il controllo di sé. Si eresse in tutta la sua altezza, rigida, sprezzante. - Noi ti avevamo dato la nostra fiducia e tu l’hai tradita. Pagherai per quello che hai fatto -
- No, voi pagherete per quello che avete fatto! Voi avete ucciso mio padre! - C’era odio, nella sua voce. Un odio profondo. - Kivar era mio padre! Tu, Isabel... Vilandra... sei stata la prima a tradire! Dicevi di amarlo, ma poi gli hai sottratto la cosa più preziosa! - Si rivolse a Max - E Zan... il re buono... tu lo hai sempre ostacolato, e adesso lo hai ucciso! -
- Dimentichi che tu non sei Ava - Michael parlò con tono distaccato. - Ava, era la figlia di Kivar. Lei aveva, forse, il diritto di vendicarsi. Di cosa, poi, vorrei proprio saperlo... Non mi sembra che Kivar fosse questo grande esemplare d’uomo! -
- Perché vi ostinate a vedervi come persone diverse dai vostri progenitori? Voi, noi siamo loro. Non Max, Michael o Isabel, ma Zan, Rath e Vilandra! Noi siamo stati creati per ridare loro un corpo. Su Antar c’è posto solo per i reali, non per tre studenti della West Roswell High! -
- E chi ti ha detto che vogliamo restare qui? - disse ancora Michael.
Davanti alla sua espressione confusa Max abbozzò un sorriso gelido. - Noi siamo venuti solamente per porre fine ad una guerra che dura ormai da troppo tempo. Non era mia intenzione fare del male a Kivar, volevo solo fermarlo. Purtroppo, come ben sai, noi non conosciamo l’esatta portata dei nostri poteri. Dovevo difendermi, e la mia reazione è stata più forte di quanto potessi immaginare. Con questo non intendo giustificarmi, naturalmente. Togliere la vita ad un uomo... non può avere alcuna giustificazione, ma... ma se questo significa riportare la pace in un intero sistema stellare... allora ne pagherò volentieri le conseguenze. Tu sei padrona della tua coscienza, Tess, ma non osare intrometterti mai più nelle nostre vite. Mai più - Senza aggiungere altro le voltò le spalle e se ne andò, seguito dalla sorella e dall’amico.
Quando furono di nuovo nella sala operativa della sicurezza interna del palazzo Max si diresse senza alcuna esitazione verso l’ufficiale comandante e parlò brevemente con lui, poi lo seguì in una saletta adiacente e rimase ad aspettare che tutto fosse pronto.
Né Isabel né Michael gli chiesero spiegazioni. Sapevano già il risultato che volevano ottenere, ed avevano piena fiducia nelle sue capacità. Nei pochi giorni trascorsi dal momento in cui Tess aveva lasciato la Terra, Max sembrava aver recuperato tutte quelle qualità che lo avevano sempre caratterizzato e che, con la rottura del suo rapporto con Liz, erano andate man mano scomparendo sostituite da una rigidità ed un’arroganza che lo avevano portato all’isolamento, rendendolo facile preda dei sottili giochi mentali dell’aliena. Per quanto potesse sembrare assurdo, Liz era il catalizzatore della forza di Max. Ormai non avevano più dubbi su questo. Forse Max non se ne rendeva neppure conto. O forse sì. Osservando senza parere il fratello, Isabel ricordò come lui guardava Liz, come sembrava dissetarsi di lei. Era sempre stato così, fin dal giorno in cui le aveva salvato la vita al Crashdown, e da allora, realizzò, lui aveva smesso di muoversi nel buio. Costringendo anche Michael e lei stessa a fare altrettanto. Oh, sì, non era stato un processo indolore, ma aveva permesso loro di vivere, di vivere veramente... Con un sospiro cercò di rilassarsi. C’erano ancora molte cose da fare prima di poter tornare a casa. Casa... Che strana parola da dirsi, adesso che si trovavano su Antar... Per tanto tempo avevano fantasticato su quel posto, sul mondo sconosciuto da cui provenivano, e adesso che finalmente lo avevano raggiunto non vedevano l’ora di lasciarlo... Sì, il cuore sapeva creare dei legami più forti di qualsiasi cosa...

- Sapevo che vi avrei trovati qui... - Sean si accovacciò accanto ai tre ragazzi ancora mezzo addormentati e sorrise. - Buongiorno -
Maria si stropicciò gli occhi e lo fissò sorpresa. - Ehi! Ma... - Si guardò intorno, preoccupatissima. - Oddio... -
Il giovane annuì divertito. - Già. Zia Amy ha lanciato un urlo a dir poco raccapricciante quando è venuta a svegliarti per fare colazione e non ti ha trovata. Le ho detto che mi ero dimenticato di riferirle che saresti rimasta a dormire da Liz, dopodiché sono venuto direttamente qui. Ieri pomeriggio ti ho vista salire in macchina con loro - accennò ai due amici - e ho capito dove eravate diretti... -
- Accidenti... Non ci vogliono certo due ore per andare e tornare dal Crashdown! Mamma sarà furiosa... Ci siamo addormentati come... come dei polli, maledizione!... - Ormai completamente sveglia la ragazza si alzò. - Liz, ti prego, sbrigati! -
- L’accompagno io, Maria, tu vai pure con Sean... - le disse Kyle.
- Non servirà a molto. A quest’ora avrà chiamato a casa di Liz almeno tre volte e saprà che non ero lì! -
- Aspettate, ho un’idea! Liz, dammi il cellulare. - Preso l’apparecchio, Kyle chiamò suo padre, gli spiegò l’accaduto e lo pregò di avvertire i Parker che Liz e Maria erano rimaste a dormire da loro, poi si piegò a recuperare il plaid, lo scosse per pulirlo e lo ripiegò sommariamente. - E adesso possiamo andare! - disse soddisfatto.
- Oh, Kyle, sei stato grande! - Maria gli saltò al collo scoccandogli un bacio sulla guancia, poi abbracciò Liz. - Magari sarà domani... - le sussurrò all’orecchio.
La ragazza ricambiò l’abbraccio senza dire nulla, ma l’espressione del suo viso fu molto eloquente.
- Ehi, che aria da funerale! Credo che stasera dovrò portarti al bowling! - Sean diede a Liz un buffetto leggero sul mento, ottenendo come risposta un mezzo sorriso. - Così va meglio, piccola. A più tardi, allora... -
Senza perdere altro tempo le due coppie si diressero verso le rispettive macchine e fecero ritorno in città.
La severa sgridata che sia Liz che Maria dovettero subire per la loro dimenticanza non lasciò un gran segno. Erano entrambe troppo depresse per l’inutile veglia, e la punizione, consistente nel divieto di uscire per tutta la settimana seguente, venne accolta con stoicismo. Del resto, che senso aveva passare la notte sdraiate per terra nel deserto? Andare laggiù, in mezzo al nulla, non avrebbe certo avvicinato il momento del loro rientro...
Le due amiche cercarono di distrarsi buttandosi a capofitto nello studio e facendo molte ore di straordinario ma il protrarsi dell’attesa causò in loro una tale tensione che quando, infine, il venerdì sera la porta del Crashdown si aprì rivelando tre figure familiari, impiegarono diversi secondi per realizzare la verità.
Isabel sorrise dentro di sé nel vedere i loro volti fissarli impietriti per lo stupore, poi distendersi ed infine illuminarsi di gioia. “Sì, siamo tornati a casa...” pensò guardandole correre verso di loro.
Max afferrò Liz per la vita sollevandola da terra e lei gli gettò le braccia al collo chinandosi a baciarlo con foga. Michael, invece, sorrise a Maria prima di serrarla a sé talmente forte da toglierle il respiro.
- Ciao! -
Isabel si volse di scatto e vide Kyle. - Ciao... - lo salutò poi, sentendosi fremere per l’emozione, lasciò che lui l’abbracciasse.
- Sono felice di vedervi di nuovo, sani e salvi... Ci siete mancati... -
La ragazza chiuse gli occhi. - Anche a noi... - rispose altrettanto piano. - Tanto... tantissimo... -
Quando si separarono Isabel vide qualcosa luccicare a terra e si chinò scuotendo la testa. - Liz ha perso le sue antenne... - mormorò girandosi verso la coppia ancora immersa nel suo mondo privato. Poi si rese conto che avevano attirato l’attenzione di tutti i presenti. - Oh oh... stiamo dando spettacolo... -
- Già - Kyle si grattò pensieroso una guancia.
Nel frattempo Liz aveva rialzato la testa sorridendo felice mentre Max le baciava il collo, e un debole bagliore dorato stava cominciando ad illuminare la sua pelle.
- Santo cielo! - Isabel si avvicinò al fratello. - Max, smettila! Max! - lo incitò sottovoce prima di afferrarlo per un braccio. - Dammi retta, mettila giù! -
Liz la sentì e si girò verso di lei. - Ciao, Isabel... - disse sognante.
- Ciao, Liz, io... capisco il vostro entusiasmo ma... datemi retta, finitela qui o saremo tutti in un bel pasticcio!... -
- Come...? Scusa, non... non capisco... -
Per un momento il giovane staccò le labbra da lei e il suo sguardo fu attratto dalla soffusa luminosità della morbida pelle della gola di Liz. Con un gemito sommesso mise giù la ragazza facendola scivolare lungo il proprio corpo e se la premette contro il petto. Il cuore gli batteva fortissimo ed il respiro era leggermente affannato. Affondò le mani nei suoi soffici capelli scuri e chiuse gli occhi. - Sta’ ferma, Liz, ti prego... sta’ ferma così... - le bisbigliò all’orecchio.
- Cosa c’è? Max, dimmi... mi stai spaventando!... - Cercò di sollevare la testa per guardarlo ma lui la strinse più forte. Sentì allora i battiti impazziti del suo cuore, la pressione contro lo stomaco, e il debole luccichio intorno alle dita serrate sul suo braccio. Sgranò gli occhi. Ancora una volta la violenza dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro aveva dato il via a quella stranissima reazione che sembrava letteralmente accenderli di luce interna. Comprese che l’unico modo per venirne fuori era calmarsi, lasciare che la passione scivolasse via, permettendogli di riprendere il controllo dei loro corpi. Sperò che nessuno si fosse accorto di quell’insolito fenomeno e ringraziò mentalmente Isabel per averli avvertiti. Inspirò a fondo, cercando di trattenere il fiato più che poteva, e a poco a poco sentì che la tensione si stava allentando. Quando infine poté staccarsi da Max vide che li stavano guardando tutti. Perfino Maria e Michael, ancora abbracciati accanto a loro. - Cosa... cosa c’è da guardare? - chiese accennando un sorriso impacciato.
Alcuni clienti, tra cui dei ragazzi che frequentavano la West Roswell, distolsero ammiccando lo sguardo.
- Perché ti sorprendi, Liz? Siete stati... da Oscar! - Nancy Parker era sopraggiunta non vista alle sue spalle, e Kyle si volse di scatto. - Oops! - Si scostò per permetterle di avvicinarsi e diede una lunga occhiata ansiosa ad Isabel, che si morse le labbra prima di guardare a sua volta i due amici.
- Vieni di là, devo parlarti - La donna fece un gesto deciso col capo e la figlia la seguì in silenzio, non senza aver prima stretto in un ultimo saluto la mano di Max, abbandonata lungo il suo fianco.
- Allora, ragazza mia, cosa pensi di fare? Ti rendi conto dello spettacolo che hai dato davanti a tutta quella gente? Che bisogno c’era di saltargli addosso in quel modo? Hai fatto la figura della... della... - Si interruppe, incapace di continuare.
- Della donna perduta? - terminò Liz per lei, poi sbuffò. - Mamma, io non vedevo Max da quasi due settimane. Ero preoccupata per lui, e... e lo amo, lo amo da morire! Devi accettarlo, mamma! Io non sono più una bambina, e quello che provo nei suoi confronti è qualcosa di talmente forte che... che non potrei più vivere senza! -
- Dici cose assurde, Liz. Hai solo diciotto anni, quando andrai al college conoscerai un mucchio di gente nuova... Come puoi essere così certa che Max sia la persona con cui dividere il resto della tua vita? -
A quelle parole Liz si appoggiò sospirando alla parete. - Credimi, mamma, non c’è niente al mondo di cui sia più sicura... Max è parte di me, una parte vitale... -
- E... tu pensi di esserlo per lui? - le chiese scettica la donna.
Liz annuì guardandola dritto negli occhi. - Sì. Io... io credo di sì. -
Nancy Parker le si avvicinò con un’espressione implorante sul viso. - Tesoro, io... voglio solo la tua felicità, lo sai... Sei la mia unica bambina, e... e non voglio vederti soffrire... -
Lei sorrise con una tale dolcezza che la madre la fissò sgomenta. - Adesso che è di nuovo qui io non soffro più, mamma. Ti prego, consentimi di stare accanto a lui... Io... lo farei comunque, ma... mi piacerebbe che tu lo accettassi... -
- E’... difficile, per me... Tu... sei ancora una ragazzina... -
- No, mamma. Sono cresciuta -
Nancy Parker continuò a scrutarla a lungo, poi emise un profondo sospiro. - Sì, è vero... Sei... cresciuta... - La strinse un attimo fra le braccia e chiuse gli occhi. “Liz... piccola mia...”
Quando si staccò da lei si avvide della presenza di Max. Con rammarico si rese conto che ormai Liz non aveva più bisogno solo di una madre e sperò che quel ragazzo fosse davvero in grado di proteggere sua figlia dai rischi del mondo. Ne dubitava, però... Lui... sembrava forte, determinato, profondamente innamorato della sua bambina ma... sarebbe stato sempre così? Si morse le labbra. Nessuno era in grado di dirlo, e non c’era niente che lei potesse fare se non essere lì quando Liz avesse avuto bisogno di lei. A malincuore uscì dal piccolo spogliatoio affidando così, implicitamente, la sua Liz a quel giovane serio e dallo sguardo intenso.
Rimasti soli, Max tese una mano e la ragazza si affrettò a prenderla.
- E’ stata... dura? - le chiese piano.
- No... - Liz scosse la testa ed un piccolo sorriso le stirò le labbra. - Credo... credo che abbia accettato il fatto che sto diventando adulta... Non è stato facile ma... è un passo avanti... -
- Bene -
- E tu? Come stai? -
Max la prese affettuosamente tra le braccia seppellendo il viso nei suoi capelli. - E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Ti racconterò i particolari un’altra volta, se non ti dispiace. Adesso... adesso ho solo bisogno di stringerti... di sentirti contro di me... -
Liz gli circondò la vita e rimase tranquilla appoggiata al suo corpo solido e caldo. - Mi sei mancato... - sussurrò.
- Anche tu. Eri sempre nei miei pensieri... Ma non è la stessa cosa che averti vicina... come adesso... - Le diede un bacio sulla tempia. - Io... vorrei fare l’amore con te... -
- Il mio turno finisce fra mezz’ora. Dimmi solo dove vuoi che ci vediamo - La ragazza fece scivolare le mani sotto la sua maglietta e gli accarezzò la schiena.
- Dove vuoi tu... Ovunque, purché siamo soli... noi due... -
- D’accordo. Allora... passerò da te più tardi. - Liz sorrise e lui la strinse più forte. Come aveva potuto credere che fosse andata con un altro quando era così sensibile per tutto quello che lo riguardava? Aveva capito senza che lui le dicesse nulla che quello era il primo posto dove erano andati, non appena fatto ritorno da quell’incredibile viaggio, e voleva lasciargli il tempo di stare un po’ con i suoi genitori, di cercare di spiegargli il perché di quell’improvvisa partenza, della mancanza di notizie... Non era un compito semplice quello che lo attendeva, ma dopo avrebbe avuto Liz, e il solo pensiero lo riempì di energia. - Ti amo... - le mormorò prima di prenderle le labbra in un bacio sconvolgente.
Tornati nel locale vero e proprio trovarono Maria di nuovo al lavoro e Kyle seduto ad un tavolo insieme a Michael ed Isabel.
Nel vederli arrivare quest’ultima porse a Liz il cerchietto con le antenne. - Tieni, credo che questo ti appartenga... - disse divertita.
- Sì, grazie. -
- Max, ho saputo che siete arrivati fin qui con l’autostop. Se vuoi vi accompagno a casa con la mia macchina: è parcheggiata proprio dietro l’angolo. -
Il giovane accettò l’offerta con un piccolo cenno del capo, e Michael lo squadrò significativamente. - Io resto qui. Ci si vede domani -
- Certo. Ciao... -
- Ciao -
Isabel lo salutò con un luminoso sorriso e seguì il fratello e Kyle fuori del Crashdown.
Come previsto l’incontro con i genitori fu piuttosto difficile per i due ragazzi. Kyle era ripartito subito dopo averli visti entrare in casa, e Max aveva avuto la sensazione che la sua fosse una ritirata strategica.
I coniugi Evans accolsero i figli con molta severità. Li sgridarono per il loro comportamento irresponsabile, accusandoli di negligente trascuratezza per non aver mai pensato che quel prolungato silenzio li avrebbe fatti stare in ansia, ma poi li abbracciarono con forza ed Isabel non riuscì a trattenere un pianto di sollievo nel ritrovarsi di nuovo insieme ai suoi genitori.
Nel vedere gli occhi lucidi di Max Phillip Evans scosse esasperato la testa. - Io proprio non ti capisco, sai? Se sei così... così... insomma, perché questa fuga? Ho perfino contattato l’università di Santa Fe per avere vostre notizie e mi sono sentito rispondere che non eravate mai stati lì! -
Il giovane chinò il capo a disagio. - Scusami... scusateci... Noi... dovevamo fare... una cosa, e... sì, forse non avremmo dovuto sparire in questo modo... Il fatto è che... non sapevamo cosa dirvi... Mi dispiace avervi causato tanti problemi... Non volevo... Però adesso è tutto finito e... e non spariremo più così, senza avvertirvi... -
- Sarà meglio per voi, ragazzi! - disse burbero l’uomo, cercando di nascondere l’emozione. Ma poi cedette e abbracciò di nuovo il suo ragazzo. - Santo cielo, Max, tua madre ed io eravamo talmente preoccupati per voi... Pensavamo... pensavamo che foste andati a cercare la vostra vera famiglia e che... aveste deciso di non tornare... -
Max ricambiò la sua stretta. - In un certo senso... è quello che abbiamo fatto, ma... non abbiamo mai avuto l’intenzione di non tornare... Qui ci sono tutti quelli che amiamo... -
- Compresa una certa Liz Parker, vero? - chiese suo padre lasciandosi sfuggire un sorriso.
A quelle parole il giovane si raddrizzò e arrossì leggermente.
- E’ venuta a cercarti, nei giorni scorsi. Più di una volta. E’ molto carina... -
Suo malgrado Max si sentì annuire. - Sì, è bellissima. -
- Ma ora siete di nuovo qui, e questa è la cosa più importante! - Nancy carezzò con affetto una spalla della figlia. - Immagino che non ci direte nulla di quello che avete fatto, vero? -
- No, mamma, mi spiace. Ma è come ha detto Max, davvero... Ormai è tutto a posto... -
- Bene, vorrà dire che dovrò accontentarmi di questo! Ti va di venire a farmi compagnia in cucina mentre preparo la cena? -
- Sì, certo, mamma. - Isabel la seguì volentieri, e Max si mosse a disagio. - Io... più tardi esco... Non so a che ora tornerò... -
- Non ti preoccupare, capisco che tu abbia voglia di stare insieme alla tua ragazza... - Phillip gli sorrise pensieroso. - Ma vedi di non combinare guai, mi raccomando! -
- Certo... certo... -

Liz passò le dita tra i capelli che coprivano disordinatamente la fronte di Max, un’espressione intenta negli occhi. - E quindi... -
- ...e quindi abbiamo fatto una serie di incontri con i rappresentanti degli altri pianeti, quegli stessi le cui entità erano presenti al summit di New York. E’ stata una cosa lunga, faticosa... Sai, convincerli che quello era l’unico modo per mantenere la pace... -
- Beh, costringerli ad accettare che i loro mondi fossero governati da stranieri non poteva essere un gioco da ragazzi! Però hai avuto un’idea davvero geniale... Un consiglio composto di cinque persone, una per ogni pianeta, per ciascuno dei mondi del sistema... Sei stato grande! -
- Michael ed Isabel mi hanno aiutato moltissimo. Non è stato solo merito mio... -
- D’accordo. Però sei stato tu a pensarci, dunque non fare finta di niente. Che tu lo voglia o no, sei un leader! - Liz sorrise, e la brillante luce argentea della luna piena le rivelò lo sguardo appassionato del giovane. - E...? - chiese dopo qualche secondo, con voce incerta.
Max non ebbe alcuna difficoltà a comprendere il significato della sua domanda inespressa. Ho spiegato chiaramente a tutti quelli che dovevano sapere che lei non ha alcun legame con me, e dunque nessun potere. A questo punto non c’è più nulla che possa fare: per quanto siano grandi le sue capacità di manipolazione della mente, si tratta sempre di venticinque persone sparse su cinque mondi diversi... -
- Perciò è stata resa innocua... -
- Per quanto possibile senza eliminarla fisicamente, sì, credo proprio di sì. -
- Fantastico! - Si chinò a deporre un piccolo bacio sul suo zigomo sinistro poi tornò a distendersi al suo fianco e guardò la luna. - Ho detto a mia madre che avrei passato la notte con Maria a casa di Michael. Non so se mi abbia creduto, però non mi aspetta prima di domani mattina... -
- I miei, invece, non hanno detto niente ma quando siamo usciti ho visto l’espressione di mia madre. Lei... penso abbia capito... Spero non ti dia fastidio... -
- No. Mi darebbe fastidio se ci impedissero di stare insieme. Questa è la nostra vita... - Con un sospiro Liz tornò a voltarsi verso di lui e si sollevò su un gomito. - Mi piace stare qui... mi fa sentire... senza inibizioni... - Fece scivolare la mano lungo il suo torace, scendendo sempre più in basso finché non lo sentì reagire contro di lei. Si protese a baciarlo e gemette nella sua bocca quando le dita di Max le corsero lungo la schiena fino ad insinuarsi tra le gambe. Lasciò allora che lui la sospingesse indietro con il proprio corpo sul morbido plaid di lana e rispose con tutta se stessa alla sua passione.
Nel silenzio del deserto i loro sospiri spezzati viaggiarono lontano e le prime luci dell’alba li sorpresero strettamente abbracciati, i corpi ancora uniti.
Max pesava contro di lei, ma Liz non se ne accorgeva neppure. Sapeva perché lui preferisse stare così, ricordava quello che le aveva detto una volta, sembrava tanto tempo fa..., e ormai ci si era abituata. Poi, impercettibilmente, lo sentì muoversi e con un ansito si rese conto che le loro posizioni si erano invertite. Ora era lui a stare sotto, e d’istinto premette i fianchi contro i suoi. Max continuò a fissarla negli occhi mentre, dapprima esitando poi con sempre maggior decisione, lei cominciava l’antica danza dell’amore. Si sorrisero. Max era finalmente libero. Libero dell’amarezza per la strumentalizzazione di Tess. Libero del peso della sua rabbia, della sua sconfitta. Libero di amare Liz con tutto se stesso. E Liz seppe che, lasciandole prendere l’iniziativa, lui suggellava quella sua libertà. La loro libertà.

Scritta da Elisa


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