Riassunto:
dopo una disastrosa guerra interstellare gli otto personaggi che si erano
dispersi in giro per il mondo e per lo spazio si ritrovano. Insieme parlano di
quello che era loro successo durante quei lunghissimi anni di dura guerra.
Data creazione: 8/8/2001 - 16/10/2001
Valutazione contenuto: per tutti.
Disclaimer: tutti i diritti dei personaggi
appartengono alla WB esclusi Christa, la donna che si è presa cura di Christa,
l’uomo che era andato nei sotterranei di Atlanta, Diego, gli alieni con gli
artigli e le sembianze vagamente umane, gli alieni bellissimi, la compagna di
scuola di Liz, il sindaco temporaneo.
La mia e-mail:
acquachiara84@hotmail.com
Nota dell’autrice: scusatemi per il finale.
Provvederò in un secondo tempo a completarlo con l’introduzione di una nuova
avventura (non è detto però che lo faccia). Vi ricordo anche che sono il
seguito di “Viaggio nel Tempo” e
“Holy”
PERSONAGGI PRINCIPALI
Liz
Parker: terrestre che ha perso la memoria in seguito a una caduta nel primo
giorno della guerra interstellare. Si è rifugiata ad Atlanta. Anni: 25.
Maria
DeLuca: terrestre scappata da Roswell il primo giorno della guerra
interstellare e rifugiatasi a Kingsville. Anni: 25.
Kyle
Valenti: terrestre rimasto a Roswell per tutti gli otto per cercare di
respingere gli attacchi alieni. Anni: 26(compiuti da poco).
Alex
Whitman: terrestre che dopo essere stato in vacanza durante il terzo anno
della guerra è tornato a Roswell per restarci. Anni: quasi 26.
Max Evans:
alieno con poteri non molto chiari che è tornato insieme agli altri quattro su
Antar. Re originario del pianeta guida la fazione ribelle. Anni: 26.
Michael
Guerin: alieno con poteri offensivi, reincarnazione del fidanzato di
Isabel, è andato su Antar per poi comandare la fazione ribelle spaziale. Anni:
25.
Isabel
Evans: aliena, sorella di Max, principessa di Antar, ha il potere della
telepatia. Rimane nella base ribelle su Antar per collegare gli altri tre
alieni. Anni: 25.
Tess Harding:
aliena, reincarnazione della moglie del re di Antar, è capace di entrare nella
mente altrui e di creare delle illusioni. E’ stata mandata sulla Terra lontano
da Roswell con la fazione ribelle. Anni: 25.
Racconto di due sopravvissute
20 Settembre 2009. Sono Liz Parker e ho deciso
di tornare a casa. O almeno a quella che io credo la mia casa. Sulla carta
d’identità c’è scritto così, ma io non ricordo più. E’ da otto anni che non
ricordo più la mia vita precedente. Ricordo solo una giornata lontana, quello
che mi sembra il mio primo giorno di vita, e me, sdraiata in mezzo a una strada
con un gran mal di testa. Rottami in ogni angolo, astronavi che volavano in un
cielo che era diventato rosso come il tramonto. Quel giorno di otto anni fa
faceva caldo quando mi sono rialzata da quella strada. Non ricordavo chi ero,
ne cosa ci facessi lì in quel momento. Tutto quello che avevo con me erano un
paio di jeans, una maglietta nera e una felpa allacciata attorno alla vita
nella cui tasca c’erano un portafoglio e un cellulare frantumato probabilmente
a causa della caduta.
Quel giorno mi rialzai e camminai in mezzo a una strada deserta con auto
sfondate da strani oggetti. Vicino a dove ero caduta io mi accorsi di un buco
profondo nell’asfalto della strada. Probabilmente era quello che mi aveva fatto
cadere e piombare in un sonno senza sogni.
Il rumore attorno a me era assordante e sentivo fischiare. Non capivo che cosa
stava succedendo e nel frattempo cercavo di ricordare chi fossi. Finalmente
vidi della gente. Scappava e si rifugiava nelle case. Ma c’era qualcosa
d’altro. Una bambina era inginocchiata di fianco a due figure inerti al suolo
in una posizione innaturale. Quella bambina doveva avere tre o quattro anni,
pensai. Mi avvicinai e la vidi piangere. Chiamava la sua mamma e il papà.
Stringeva la mano di quei due corpi abbandonati sul marciapiede.
Non molto lontano da lì cadde qualcosa d’altro dal cielo. Per poco non persi
l’equilibrio. Mi costrinsi a proseguire fino a quella figurina e
inginocchiandomi vicino a lei la strinsi a me. Lasciai che sfogasse il suo
dolore contro il mio petto prima di rialzarmi con lei in braccio e portarla via
con me.
Trovai un auto lungo un marciapiede. Era aperta e notai che nel cruscotto
c’erano le chiavi. Non sapevo di conoscere alcune cose. Non ricordavo nulla
eppure capii che quella era l’unica mia via di uscita. In lontananza sentii
echeggiare un nome, poi un altro, un altro ancora e infine un altro. Misi la
bimba stanca e addormentata sul sedile, avviai il motore mentre l’eco dei colpi
infuriava sopra di noi.
Non sentivo la paura anche se capivo che qualcosa avrebbe potuto colpirci da un
momento all’altro. Inserii la prima marcia, schiacciai l’acceleratore e partii
a tutto gas lungo una strada piena di vittime, di pezzi di case, di vite ormai
spente. Lacrime che non sapevano da dove arrivavano mi rigarono il volto.
Dentro di me sentivo ancora quei nomi echeggiare, ma dovevo andarmene da lì.
Quei nomi ancora adesso li sento dentro di me: Max, Michael, Isabel e Tess.
La ragazza che non doveva avere più di 25 anni
chiuse il diario e lo depose in un cassetto. Era da qualche settimana che la
guerra interstellare era finita. Non sentiva più suonare le sirene della grande
città di Atlanta, in Georgia. Il telegiornale aveva detto che una luce azzurra
aveva fatto sì che tutto finisse. Non si capiva che fosse stato ma le autorità
stavano indagando sulla causa.
Liz quel giorno di tanti anni fa, quando era iniziata, aveva viaggiato per ore
e dopo un tratto devastato era riuscita ad arrivare in posti dove le astronavi
non erano ancora giunte. Insieme alla bambina che aveva trovato aveva raggiunto
una grande città. C’era una gran confusione, gente che partiva. Ma lei aveva
deciso che sarebbe stato più sicuro lì, dove c’erano rifugi antiatomici per
proteggere se stessa e la piccola che aveva con sé.
Aveva vissuto otto anni insieme ad altre migliaia di persone cento metri sotto
terra con a sua disposizione solo una piccola stanza per sé e la bambina. A
volte si sentiva soffocare, ma appena accendeva la televisione si diceva che
era fortunata ad avere trovato un posto. Migliaia di morti ovunque, vittime.
Un medico curò Liz per le ferite posteriori alla caduta e studiò la sua perdita
di memoria. Le spiegò che avrebbe dovuto aspettare. Forse la memoria non
sarebbe più ritornata o magari il giorno dopo avrebbe ricordato tutto. Doveva
solo aspettare e sperare.
Ogni giorno lei e Christa viaggiavano per le vie sotterranee della città e
andavano a procurarsi il cibo e l’acqua. Scarseggiava tutto anche lì sotto e
loro due in due anni erano dimagrite molto.
Il terzo anno Christa si ammalò a causa del poco cibo. La bambina aveva bisogno
di mangiare e Liz cercava di darle persino il suo a volte sperando di salvarla.
Finalmente, grazie a un’invenzione rivoluzionaria, riuscirono a costruire delle
lampade solari che avrebbero aiutato a far fiorire colture nei campi
sotterranei. Tutto funzionò benissimo e Christa si riprese. La bambina cominciò
ad andare a scuola e Liz invece a lavorare nei cosiddetti campi insieme a tutti
gli altri che vivevano nei sotterranei.
Ci furono altre invenzioni e lei cambiò lavoro diventando un’informatrice per
quanto riguardava i sotterranei e tutto quello che succedeva. Poi cominciarono
a raggiungerla informazioni dettagliate riguardo alla guerra. Un giorno del
quinto anno un uomo venne a cercarla. Era entrato da una delle tante entrate di
Atlanta. Aveva chiesto di lei e mentre Liz stava scrivendo sul diario di
Atlanta su compact disc che poi avrebbe dovuto spedire a Washington lui le fu
presentato. La informò che c’era bisogno di qualcuno coraggioso che avrebbe
potuto far parte di spie sparse per tutto il continente. In Europa, in Asia, in
Africa e in Oceania già molti erano riusciti a portare informazioni utili
riguardo alle basi aliene che si erano installate.
Liz gli diede dei nomi e lei stessa si offerse di far parte
dell’organizzazione. Affidò Christa ad una donna che si era fatta amica e
salutò la bambina promettendole che sarebbe tornata. La piccola pianse
disperatamente e inutilmente gridò il suo nome che echeggiò in molti corridoi
della città sotterranea.
Liz passò due anni sulla superficie terrestre. I primi tempi furono difficili
per lei, soprattutto perché non sapeva nulla in fatto di armi, ma poi dopo un
adeguato addestramento riuscì insieme ad altri a giungere a delle basi ben
nascoste all’interno dei palazzi ormai disabitati della città. Erano stati in
grado di ucciderne molti insieme, ma un giorno anche lei rimase vittima di una
delle loro armi laser e dei loro artigli.
Cadde a terra e per una settimana intera rimase in coma. Le sembrò di sentire
alcune voci, qualcuno la chiamò e all’interno di quell’oscurità riuscì a
trovare la porta che la riportò alla vita. Ci sarebbero voluti molti mesi prima
che riuscisse a riacquistare la funzione delle gambe e la riportarono nella
città sotterranea di Atlanta. Christa l’abbracciò e Liz si accorse di quanto
fosse cresciuta. Ormai aveva dieci anni e i suoi capelli neri erano cresciuti
fino a raggiungere le ginocchia. I suoi occhioni verdi le ricordarono quelli di
un’altra ragazza che in tempo di pace era probabilmente stata sua amica.
L’ultimo mese della guerra, quando Liz riuscì a muovere i primi passi con
l’aiuto della bambina che ormai la chiamava mamma, alcuni alieni riuscirono a
penetrare nei sotterranei e uccisero molti della resistenza. Liz si rifugiò
nella sua stanza e abbracciò la bambina sperando che non giungessero fino a
loro.
Quando la loro porta si spalancò Liz, senza accorgersene, strinse la pietra che
aveva al collo e una luce intensa si sprigionò dalle sue mani. Sentì strani
rumori metallizzati echeggiare in tutta la costruzione che ormai si estendeva
per miglia. La luce si spense e si accorse che l’uniforme dell’alieno ancora
erano lì ma lui non c’era più.
Non c’erano più urla di terrore che provenivano da fuori. Facendosi aiutare da
Christa, Liz uscì nei corridoi e notò i resti delle divise degli alieni che
erano penetrati all’interno e a fianco a lei altre persone meravigliate si
guardarono attorno. Christa e lei si fissarono complici e dopo molto tempo
sorrisero come se la pace fosse ormai giunta.
Un mese dopo arrivò la notizia che gli alieni erano stati sconfitti grazie a
una luce blu che dallo spazio si era irradiata in ogni parte del mondo. C’erano
i resti delle astronavi e delle basi, ma ormai i corpi degli alieni giacevano
carbonizzati ovunque.
21 Settembre 2009. Sono Maria DeLuca e ancora
non riesco a spiegarmi perché ho preso questo pezzetto di carta e una penna e
ho deciso di scrivere ciò che mi è successo. La mia vita… è stata un inferno ma
finalmente adesso torno a casa. Forse sarà ancora peggio, ma… chi lo sa?
Esisterà ancora il Crashdown? Ci sarà ancora la mia casa con mia madre dentro
che mi farà la predica quando tornerò? Oppure sarà ancora vivo Jim Valenti che
con la sua auto fa i giri di pattuglia lungo le strade di Roswell? Oppure sarà
tutto come Kingsville, una cittadina del Texas che si affaccia sul Golfo del
Messico. Tutto distrutto, pochi rifugi in piedi e noi poveri diavoli rimasti
ancora in vita che camminiamo nelle strade e cerchiamo di recuperare quello che
è rimasto. Mi chiedo… se mi fossi rifugiata in una grande città forse sarei
vissuta un po’ meglio… forse avrei potuto avere notizie di Liz
Ma quel giorno di otto anni fa è stato difficile scappare ed era ormai troppo
tardi per giungere in città. Nonostante fossero le più colpite c’erano quei
benedetti rifugi antiatomici.
Ricordo ancora il mio urlo disperato quando una palla infuocata cadde a pochi
metri da me che mi trovavo al parco e stavo aspettando l’arrivo di Michael. Un
ragazzo era stato colpito ed era rimasto inerte al suolo. Non si era più mosso
nemmeno quando io lo raggiunsi e lo scossi disperata. Non lo conoscevo e forse
era solo un turista… alzai gli occhi al cielo e notai che si stava
imporporando. Non riuscivo a capire cosa stava avvenendo e improvvisamente
notai qualcosa che volava.
- Un Ufo! - urlai.
Mi sentii afferrare e portare via da qualcuno. In quel momento l’unica cosa che
sentivo era una paura tremenda crescere dentro di me e che stava divampando in
ogni fibra del mio corpo fino a paralizzare ogni muscolo.
Mi sentii appoggiare a terra al riparo di un capannone e alzando gli occhi
incontrai quelli di Michael. Mi sono rimasti impressi da allora come un segno
indelebile nella memoria e soprattutto quella sua aria spaventata.
- Maria! Devi andartene di qui con tua madre! - esclamò lui afferrandomi per le
spalle.
Non parlai. La testa mi doleva.
- Alzati e vattene! Sei in pericolo qui!
Scossi la testa spaventata - Michael! Dimmi che cosa sta' succedendo!
- Un attacco! Non lo so ancora nemmeno io con certezza, ma non è importante
questo… tu sei importante ora. Corri a casa e con tua madre parti, vai via!
- Non voglio lasciarti Michael! Ti prego non lasciarmi! - piansi mettendomi le
mani sul viso.
Mi sentii stringere e gentilmente lui mi scostò le mani e mi diede un bacio
tenero sulle labbra - Maria, devi essere forte!
- Ma non lo sono senza di te! - mormorai a fior di labbra.
- Invece lo sei! Lo so, lo sento! Ci rivedremo Maria. Io te lo prometto! -
Michael mi strinse a sé un’ultima volta e poi mi sentii fredda. Quando lo
cercai con gli occhi non lo trovai. Era scomparso.
Mi alzai in piedi e ad un tratto sentii i miei pugni stringersi forte, le
unghie si conficcarono nel palmo. Presi il cellulare e chiamai mia madre. A
casa non rispondeva nessuno. Provai allora a casa di Valenti e nemmeno lì non
ci fu risposta. Il cellulare di Liz invece era irraggiungibile.
Mi preoccupai e cominciai a correre. A casa preparai poche cose, scesi e salii
in macchina. Accesi il motore e non partì. Riprovai, ma ancora niente.
Appoggiai la testa pesantemente sconfitta quando qualcuno bussò al finestrino.
Era lo sceriffo.
- Maria, finalmente ti ho trovata! - non mi ricordo più esattamente cosa mi
disse, quegli istanti che passai più tardi li volli cancellare dalla memoria.
Mi disse che la casa di Liz era andata distrutta e che suo padre e alcuni
ragazzi erano rimasti coinvolti, ma né Liz né la madre si trovavano tra le
macerie. Amy invece era già scappata. Valenti era riuscito a convincerla che
anch’io lo avessi fatto. Era partita con la Jeep di Valenti verso Houston e lo
sceriffo mi diede una cartina e dei soldi per arrivarci. Ma non ci arrivai mai.
Maria sorrise. Quanto tempo che non le
succedeva. Prese il foglio di carta e lo infilò nella borsa, l’ultima cosa
rimastagli da quando era partita da Roswell. Lungo la strada per giungere a
Houston, una palla infuocata aveva interrotto la strada e Maria non era
riuscita a procedere. Si era bloccata lì dove si trovava, a Kingsville e aveva
deciso che l’unico modo di sopravvivere era quello di nascondersi come facevano
gli altri. I suoi pensieri spesso tornavano alla sua vita passata, al suo
Michael, a Liz e ad Alex e a tutti gli altri che aveva lasciato. Si era
ritrovata a soli 17 anni completamente sola.
Per il primo anno e il secondo la guerra non era mai stata cruenta lì.
Dopotutto il paese in cui si trovavano era piccolo e insignificante. La gente
da uccidere era poca. Per qualche tempo sarebbero rimasti in pace. A volte
giungevano loro notizie delle guerre nelle altre città e in particolare di
quelle grandi come Washington, New York, Filadelfia, Atlanta, Parigi, Roma e
così via. Sembrava che gli alieni sapessero dove colpire. Poi però gli attacchi
giunsero fino a dove si trovava lei e si scoprì una brava crocerossina.
Molti erano morti, ma insieme anche molti erano sopravvissuti. Il terzo e il
quarto anno alcuni cominciarono a costruire dei rifugi sotterranei che
ovviamente non sarebbero stati come quelli nelle città, ma dopotutto era sempre
meglio che rimanersene lì all’aperto e rischiare che qualche bomba arrivasse
dal cielo.
Il quinto si diffuse una strana malattia che uccideva la gente in una sola
settimana. Maria ebbe paura e non sapeva cosa fare per fermarla. Nemmeno gli
altri e un terzo dei sopravvissuti morì. Il sesto anno cominciarono a giungere
aerei da guerra militari e qualcuno cadde giù dal cielo insieme a volte anche a
delle astronavi. Poi arrivarono finalmente gli aiuti dagli ospedali che
giravano praticamente tutti gli Stati Uniti e diedero un antidoto alla malattia
che già in altre parti del globo si era diffusa causata da alcune radiazioni
delle bombe degli alieni. Insieme a loro arrivarono anche rifornimenti
alimentari e sanitari.
Il settimo Maria fu traumatizzata dalla vista di un alieno che si fermò davanti
a lei. Stava tornando da una sorgente dove era riuscita a recuperare un po’
d’acqua quando questo le camminò incontro. Era umano, sembrava umano. Gli occhi
però erano verdi fosforescenti e pensandoci bene quegli artigli che aveva alle
mani erano poco raccomandabili.
Maria alzò le mani per difendersi, ma come attratta fissò quegli occhi e sembrò
che il tempo si fermasse ma in realtà non era così. Lei stessa scorreva più
veloce di tutto il resto e l’alieno sembrò contorcersi e alla fine cadde e la
sua pelle appariva leggermente carbonizzata. Maria non capì che cosa avesse
fatto e si dovette sedere.
Da quel giorno si sentì debole fino che alla fine non arrivò qualcuno a farle
compagnia. Era a dormire in uno dei piccoli rifugi quando qualcosa le si
strusciò addosso. La ragazza aprì gli occhi spaventata e accese una pila. Si
ritrovò a fissare due occhi scintillanti color azzurro. Era un bellissimo gatto
tigrato dal pelo lungo. Maria sorrise e sembrò che tutto il suo corpo
attingesse energia vitale da quel sorriso. Lo tirò a sé e il micio non
protestò. Lo chiamò Freedom,
perché per lei era come una preghiera.
Il Ritorno a casa
22 Settembre 2009
- Mamma! Quanto manca a Roswell? - domandò
Christa a Liz.
Lei sorrise - Non preoccuparti. Tra poco saremo arrivati. Abbi pazienza ancora
un poco.
Liz era riuscita a recuperare un Pick Up grazie a quelle che erano nel
sotterraneo e aveva preso le poche cose che aveva con sé. Ora era dal
pomeriggio prima che viaggiavano e avevano fatto solo una breve sosta. Liz però
non si sentiva affatto stanca. Sentiva sempre più una forza dentro di sé più si
avvicinava a Roswell, la città da cui lei e Christa erano scappate otto anni
prima.
Sentiva che si celava qualcosa in quel paese e sapeva che era l’unico modo per
ritrovare il suo passato perduto. Si sentiva più giovane di Christa in un certo
senso. Aveva solo otto anni di ricordi e non erano nemmeno ricordi di pace.
Si chiedeva se avrebbe rivisto ancora quel cielo rosso e quelle navi svolazzare
dappertutto. No! Niente poteva più turbare la pace che era tornata ovunque.
Di fianco a loro si stendeva il deserto. E anche lì c’erano i resti delle
astronavi e degli aerei che avevano tentato di abbatterli. Liz accese la radio.
Ora non sapevano nemmeno più cosa fosse la musica e lei meno degli altri. Le
avevano parlato che era una melodia e nei sotterranei qualcuno che aveva con sé
una chitarra si era messo a suonare. A volte una donna o un uomo si erano messi
a cantare, ma era veramente quella? Ora, alla radio, si sentivano soltanto
notizie di quanti erano i sopravvissuti. O di cosa avesse causato la decaduta
degli alieni.
- Possibile che non fanno altro che parlare di questo? Sembrano quasi
dispiaciuti che tutto sia finito - esclamò rabbiosa.
Christa la fissò stupita - Credo sia normale… dopotutto non si sa ancora che
cosa sia veramente successo.
- Ma è davvero così importante saperlo? Io credo che invece sia giusto pregare
perché tutto ritorni come prima, che i bambini sorridano e che la gente viva la
loro vita.
Christa annuì. Liz la fissò un instante e guardò la strada. Un cartello con
scritto “Tre miglia a Roswell” stava mezzo dritto lungo la strada piena di
buchi. Era tutto deserto.
Ad un tratto la macchina si fermò e Liz e Christa rimasero sorprese. La ragazza
sbatté una mano irritata sul cruscotto. La benzina era a posto. Cos’era
successo?
Scese dall’auto seguita dalla bambina e alzò il cofano - E’ tutto fuso!
Christa scosse la testa - E adesso che facciamo? Non credo che prima che scenda
il buio riusciremo a giungere a Roswell…
Liz si accorse del tono preoccupato di Christa. La bambina aveva paura del buio
da quando una notte era saltata una luce a causa di un’esplosione sulla
superficie. Poi gli alieni erano penetrati all’interno.
- Non devi più aver paura, ora loro non ci sono! Inoltre - si sfiorò un fianco
e sentì che la pistola si trovava ancora lì - Sono armata. Finché ci sarò io a
proteggerti non c’è niente di cui preoccuparsi.
Liz si avvicinò alla macchina, prese il borsone che aveva con sé e insieme alla
bambina s’incamminarono lungo la strada.
Maria inserì nel mangianastri una cassetta. Era
riuscita a recuperarne una da un rifugio. Una volta avrebbe detto che quel
cantante era stonato, ma adesso era tutto un’altra storia! Insomma, non sapeva
nemmeno chi fosse ma il ritmo era buono. Si trovava vicino alla sua città, a
tutto quello che era stato. La macchina l’aveva trovata quando aveva raggiunto
Houston per cercare la madre ma le comunicarono che non ci era mai arrivata in
città. Maria si sentì perduta ma si disse che era ora di tornare a Roswell.
Michael le aveva promesso che si sarebbero rivisti e dove se non lì? Forse ci
sarebbero state anche Liz e Isabel. Oppure Alex e Max, o Tess e Kyle, o sua
madre e tutte le sue compagne di scuola! Perché no? Anche i suoi professori.
- Magari è stato tutto un brutto sogno - esclamò ad alta voce. Ma sapeva che
non era così. Si vedevano i relitti nel deserto e gli anni passati le pesavano
ancora addosso. Ora aveva una paura tremenda che non ci fosse più nessuno…
nessuno…
Ecco il cartello che indicava tre miglia da Roswell. Ci era quasi arrivata
proprio mentre gli ultimi raggi di sole illuminavano la strada e il deserto
dorato. Com’era bello rivederlo…
- Una macchina?! - esclamò sorpresa frenando quasi di colpo - Vuol dire che
qualcuno ancora c’è.
Fermò il motore e scese. Andò a curiosare se ci fosse qualcuno all’interno ma
scoprì che invece era disabitata. Scosse la testa delusa.
Ritornò in auto, salì e ripartì. Neanche cinque minuti che aveva lasciato la
macchina scorse due persone a piedi che camminavano lungo la strada. Una era
una figura bionda che zoppicava leggermente con i capelli lunghi legati in una
treccia che teneva un cappello calcato in testa e un borsone sulle spalle.
Indossava una giacca e dei bluejeans. Per mano aveva una ragazzina che aveva
dei capelli neri ancora più lunghi lasciati sciolti sulle spalle e indossava
una gonna scozzese e un golfino rosso.
Maria sorrise. Si stavano sicuramente dirigendo da qualche parte,
presumibilmente a Roswell e la macchina disabitata poteva essere la loro. Che
male c’era a dare un passaggio? Anche se fossero stati malintenzionati non
aveva niente di cui potessero derubarla se non pochi soldi. Solo quelli che si
era portata via otto anni prima da Roswell e ormai niente aveva più valore.
Bloccò l’auto poco più avanti a loro e tirò giù con la manovella il finestrino
del passeggero. Notò che la figura alta era una donna con un grosso paio di
occhiali da sole e la bocca che aveva una piega dura.
- Serve un passaggio fino a Roswell? Mi sto dirigendo là! - domandò con voce
amichevole.
La donna bionda la osservò attraverso gli occhiali da sole mentre la ragazzina
le stava a fianco e aveva un aria innocente. Doveva avere sui quindici o sedici
anni, ma poteva averne anche di meno. Durante la guerra molti giovani avevano
dovuto crescere più grandi di quello che fossero in realtà.
La donna bionda sorrise - Anche noi! Ci farebbe un grosso favore.
- Entrate pure - Maria aveva notato un tono familiare in quella voce ma
riuscire a capire chi fosse con quegli occhiali da sole e quel cappello era
alquanto dura.
La donna aprì la portiera e fece salire prima la ragazzina, poi saltò su lei
con agilità. Maria trattenne il respiro quando si accorse che portava una
pistola.
- Grazie - mormorò la giovane.
Maria annuì - Non c’è di che. Era vostra la macchina abbandonata lungo la
strada?
- Sì. Veniamo da Atlanta. Stavo riportando mia cugina a casa - spiegò la donna.
- Davvero? E’ di Roswell? - Maria osservò l’adolescente al suo fianco - Non
riesco a ricordare… anch’io sono di Roswell sai?
La ragazza annuì - Otto anni fa mia cugina si trovava qui e siamo scappate
insieme quando è iniziata la guerra interstellare. I miei genitori sono morti
ma non ricordo molto. Allora avevo tre anni.
Maria fece il conto… doveva perciò avere undici anni adesso. Era ancora più
giovane di quanto pensasse.
- Il mio nome è Maria DeLuca. Sono andata via anch’io da Roswell quel giorno e
mi sono rifugiata a Kingsville… non so se lo conoscete. E’ un piccolo paese che
si affaccia sul Golfo del Messico, in Texas. E’ tra il Rio Grande e Houston. E’
stata dura là.
La giovane al suo fianco sorrise - Mi chiamo Christa… Horne.
Lei e Liz si erano messe d’accordo sul fatto che fossero cugine e che lei
portasse quel cognome. Liz invece si sarebbe dovuta fingere un’altra per
chiedere notizie su stessa.
- Daphne Gable. Io e mia cugina ci siamo rifugiate ad Atlanta e siamo rimaste
praticamente otto anni sottoterra. Le cose là non erano il massimo ma si poteva
sopravvivere. Buona tecnologia, buone armi e tantissime informazioni. Per un
po’ ho fatto parte del servizio spia.
Maria annuì - Diciamo invece che io ho fatto l’infermiera per tutti questi anni
ma i rifugi erano fatti a mano.
- Deve essere stato terribile… - affermò Christa.
Maria dondolò la testa a destra e a sinistra - Non sempre. Dappertutto ci sono
stati i guai.
Calò il silenzio quando comparve davanti ai loro occhi la città. Le case non
erano particolarmente distrutte. Un distributore di benzina era abbandonato e
doveva essere scoppiato durante la guerra. Si poteva vedere un po’ di movimento
e Liz scrutò l’espressione di Maria.
Quella donna e quel nome non le erano per niente nuovi solo che non riusciva a
ricordare. Ma perché doveva avere quella porta chiusa?
Liz e Christa scesero dall’auto insieme a
Maria. La ragazza le aveva invitate ad andare fino a casa sua solo che nemmeno
lei riusciva a capire molto di quelle strade. I ricordi erano confusi…
Liz prese la ragazzina per mano e seguì l’altra che camminava incerta. Alcune
persone le guardarono e apparve un ragazzo che doveva avere si e no la sua età.
- M… Maria! - esclamò quello.
- Kyle! - la ragazza lo abbracciò - Per fortuna sei vivo!
- Sono anch’io contento di rivederti. Certo che sei cambiata non poco… i
capelli lunghi, quello sguardo triste! Maria, non sembri nemmeno tu! - sorrise.
Anche Liz abbozzò un sorriso accorgendosi che nonostante la guerra un uomo
poteva riuscire ad avere la pace nel cuore.
- Kyle, ti presento due ragazze che ho portato con me. Le ho trovate lungo la
strada e dicono di venire da Atlanta.
Maria fece le presentazioni e Kyle scrutò Liz con uno strano sguardo.
- Ci siamo già visti o è solo una mia impressione? - domandò.
Liz scosse la testa - Può anche darsi… dopotutto mia cugina è di Roswell e io
sono venuta a trovarla qualche volta.
- Cercate qualcuno? - chiese ancora lui perplesso.
Liz rispose a disagio - Sì… cerco la casa di Liz Parker.
Sia Maria che Kyle la fissarono, poi la loro accompagnatrice mormorò - Liz è
ancora viva? Dimmi di sì, ti prego!
- Non lo so. Per questo la sto cercando. Voi la conoscete?
Maria stava per lasciarsi andare a una crisi nervosa mentre Kyle la dovette
sostenere. Diede risposta lui - Sì. Liz è stata la migliore amica di Maria e
otto anni fa non si sono avute più sue notizie. Tutti la stavano cercando
mentre la guerra infuriava.
Liz inspirò e guardò Christa che con un cenno del capo annuì. Parker si tolse
gli occhiali e il cappello e fissò i due che rimasero sbigottiti.
Maria si rialzò e si avvicinò per osservarla meglio - Liz - la sua voce era un
sussurro strozzato - Non ci posso credere… sei veramente tu? Ma - e guardò i
suoi capelli - I tuoi bellissimi capelli castani.
L’altra alzò le spalle - Avevo voglia di cambiare. Sai… la tecnologia fa
progressi da gigante ed è bastato stare cinque minuti sotto i raggi M che i
miei capelli saranno permanentemente biondi.
Maria la abbracciò stretta, ma Liz ricambiò senza molto entusiasmo. Non
riusciva affatto a ricordare chi fosse, che cosa le era successo.
- Mamma! Hai ritrovato la tua identità! - esclamò Christa felice.
Maria si staccò da lei - Cosa? Mamma?! Identità?!
Liz annuì - Ho perso la memoria, Maria. I miei primi flashback risalgono al
giorno in cui è iniziata la guerra interstellare. Mi ricordo che ero sdraiata
su una strada e poi ho trovato Christa. Io e lei siamo andate via e siamo
finite ad Atlanta ma la mia memoria non è mai tornata. E ancora adesso non
riesco a capire! Mi è familiare ma è come se vedessi dal buco della serratura
tutto il mio passato!
Maria sorrise - Bentornata a casa comunque. Ti aiuterò io e se non ti tornerà
probabilmente sarà meglio.
Liz non capì e nemmeno Christa, ma Kyle annuì e le accompagnò.
- Stiamo già ricostruendo la città come potete ben vedere.
Ma a Maria non interessava quello - Kyle. Gli altri?
Kyle curvò le spalle - Alex è tornato a Roswell il terzo anno della guerra
interstellare. Probabilmente voleva rivederci. E’ venuto a farci visita ma
ormai è da qualche mese, prima che la guerra finisse, che non si vede più in
giro. Mentre… mentre Max, Isabel Tess e Michael… devono essere stati loro a
sprigionare quella forza. Ciò che le forze militari non hanno voluto dire è che
è proprio da qui che la luce è partita per poi irradiarsi dappertutto. Non lo
so esattamente dove siano ma non è che a me piacesse molto viaggiare per la
città e loro non si sono preoccupati di venire a farmi visita.
Maria annuì.
- Cosa?! Chi sono questi ragazzi? - domandò Liz.
- I tuoi amici, Liz, e i miei - esclamò Maria con la voce rotta - Kyle… c’è
ancora la mia casa?
Kyle scosse la testa - Non saprei… mi sembra che però è una delle poche rimaste
in piedi. Seguimi!
Il ragazzo le condusse fino a una casa che non sembrava essere stata toccata
molto dalla guerra tranne che qualche grosso buco nel tetto e sulle pareti e
delle case intorno semidistrutte. Maria si avvicinò e con mano tremante abbassò
la maniglia della porta. Non l’aveva chiusa a chiave quella volta di tanti anni
fa e sua madre era già partita. Ma dov’era sua madre?
La porta si spalancò e Maria fece il gesto di entrare. Fu fermata dal tono di
Liz.
- Aspetta. Lascia che entri io per prima - e tirò fuori la pistola rimettendosi
il cappello in testa e gli occhiali che schiacciando un pulsante diventavano
infrarossi.
- Non credi di esagerare? - esclamò Kyle sorpreso.
- La mamma sa sempre quello che fa! - Christa la seguì mentre Maria e Kyle
rimasero a fissarsi confusi.
Liz osservò tutti gli angoli e alla fine arrivò a quella che doveva essere
stata una camera da letto. Però lì vide che c’era qualcosa. Sia il suo sesto
senso sia il sensore del calore la avvertivano che c’era qualcuno. Lei si
trovava sulla porta seminascosta, il respiro controllato.
Saltò fuori all’improvviso - Esci fuori o sparo fino a che non avrai nemmeno
più un briciolo di sangue nelle vene.
Una sagoma si affrettò ad alzarsi goffamente in piedi e ad alzare le braccia -
Calmati… calmati. Non voglio fare del male a nessuno.
- Liz! E’ Alex - esclamò dietro a lei Maria udendo la voce.
Maria lo raggiunse e lo abbracciò per rassicurarlo.
- Ma che diavolo succede? - esclamò l’altro.
- Niente - Maria si osservò attorno. Era tutto impolverato ma in fin dei conti
in buone condizioni - Cosa ci fai a casa mia?
- Da me è tutto distrutto… non c’è più niente. Una bomba mi ha ridotta a niente
la casa qualche mese fa. Chi è quella pazza? - esclamò Alex.
- E’ Liz… come stai Alex?
- Bene… bene. Liz?! - Alex osservò Liz da lontano che nel frattempo si era
avvicinata e aveva tentato di accendere la luce. Non riuscendoci si chinò e
prese qualcosa dal suo zaino. Era una lampada a batteria.
- Ha perso la memoria, Alex. Inoltre ha fatto parte del corpo spie e perciò è
armata e… diffidente. Meglio non farla arrabbiare - spiegò ancora Maria a bassa
voce.
- Ha perso la memoria?! Oh mio Dio. Liz!
La ragazza alzò la testa - Cosa vuoi?
Alex la fissò strabiliato e alla fine si decise a chiedere a Maria come stava e
cosa le era successo. Maria le raccontò in breve dov’era stata e cosa aveva
fatto. Poi si decise a chiedere quello che le stava a cuore - Michael? E gli
altri?
- Credo che se sono tornati sono alla vecchia casa degli Evans. Ma è meglio che
vi riposiate prima di dirigervi là. Avete già subito abbastanza emozioni.
- Christa! - gridò Liz per richiamare la ragazza dal piano superiore - Vuoi
qualcosa da mangiare?
- Sì, mamma. Arrivo subito. Sono letteralmente affamata - subito dopo apparve
con gli occhi luccicanti.
Liz estrasse dal borsone una strana scatola e da essa prese un sacchetto di
palline di diversi colori. Maria pensò che fossero caramelle.
- Pollo? - domandò Liz.
- Sì… e anche patatine fritte - rispose l’altra.
Liz annuì e così si rivolse agli altri tre che rimasero a fissarli - Volete
qualcosa anche voi prima che scaldi tutto? Ci sono bistecche, prosciutto,
diversi tipi di frutta, dolci, pane,… un’ampia scelta.
- Per me lo stesso di Christa - rispose Kyle uscendo un momento di casa per
rinfrescarsi le idee.
- Anche per noi due! - Maria prevenne Alex.
Liz annuì e insieme alla bambina scomparve all’uscita.
- Quella Liz è molto strana! - esclamò Alex seguendola con lo sguardo.
Maria annui - Hai notizie di mia madre? E lo sceriffo Valenti come sta?
- Non so niente di tua madre, ma Jim Valenti è morto due anni fa. Un raggio
laser l’ ha colpito proprio mentre Kyle con una squadra lo stava andando a
recuperare - la voce di Alex si era abbassata.
Maria annuì - La guerra ha fatto molte vittime e tra loro potrebbe esserci
anche… Ma perché non sei ancora andato a vedere se sono là?
- Perché ho paura Maria. Ho paura di sapere che Isabel sia morta o che qualcuno
di loro non esista più. Non credere che sia insensibile.
- Scusa Alex. Mi sono lasciata prendere la mano… - lo abbracciò stretto a sé e
lui la ricambiò. Si staccarono solo quando Christa venne a chiamarli
informandoli che la cena era pronta.
La paura del Passato
23 Settembre 2009
Liz aprì gli occhi e osservò il rosso che si
stendeva nel cielo. Il cuore cominciò a batterle forte. Aveva paura, ora
avrebbe visto di nuovo quello che le era accaduto anni fa. Invece no. Si
accorse che era solo il colore dell’alba e fu consapevole del calore del corpo
di Christa. Erano rimaste all’aperto a dormire per paura che la casa cascasse
da un momento all’altro e a loro si erano aggiunti Maria ed Alex.
La ragazza si alzò facendo scivolare dolcemente la Christa giù dal suo petto
fino al cuscino. Le rimboccò le coperte e decise di fare una camminata. Non
sapeva dove si sarebbe diretta, ma ne aveva bisogno.
Prese la sua pistola, si pettinò i capelli e con il cappello calcato sulla
testa e gli occhiali nella tasca posteriore dei pantaloni camminò lungo una
strada familiare. Giunse davanti a un cumulo di macerie e senza rendersene
conto ci salì sopra e andò a recuperare un libro che miracolosamente sembrava
sano.
Lo aprì delicatamente e lesse: “23 Settembre, è la prima volta che tengo un
diario. Sono Liz Parker, e 5 giorni fa sono morta... da allora mi sono successe
delle cose molto strane...”
Liz chiuse il Diario e lo strinse. Sentiva che era suo in tutto il suo
essere… e aveva deciso di leggerlo. Ma non ora, non era ancora giunto il
momento opportuno. Proseguì per la sua strada tenendo il diario stretto a sé.
Arrivò di fronte a una casa con un giardino ormai incolto e che sembrava non
essere stata sfiorata. Oltrepassò il cancelletto aperto spalancato e si guardò
attorno. Tutto ciò le sembrava familiare e si accorse che la porta era
socchiusa. Prese il diario e lo depose a terra in un punto nascosto nel
terreno. Poi impugnò la pistola e proseguì lungo il vialetto d’ingresso. Entrò
silenziosamente sospingendo la porta in modo che non facesse rumore.
Ad un tratto sentì delle voci provenire dal piano superiore e sempre più cauta
salì le scale fino a giungere alla sommità. Da una porta chiusa distinse la
voce di un ragazzo.
- Cosa dicono riguardo alla situazione sul nostro pianeta?
Liz strinse i denti. Che fossero alieni? Indossò i suoi occhiali e si avvicinò
un po’ di più.
Una ragazza rispose - Sembrerebbe che la resistenza abbia vinto gli ultimi
rimasti. Finalmente gli aiuti che abbiamo mandato sono serviti. La guerra è
finita e noi siamo ancora qui… - sembrava triste - Perché? Perché siamo così
attaccati a questo pianeta?
- Forse perché ci sono ancora dei terrestri a cui teniamo - rispose la voce di
un altro ragazzo.
Liz non resistette e guardò all’interno attraverso il buco della serratura.
Poteva intravedere una ragazza bionda che senza toccarlo teneva sospeso in aria
un oggetto strano.
Liz si alzò in tutta la sua statura e con un calcio ben assestato aprì la
porta. Si ritrovò quattro paia d’occhi fissarla e sentiva nel profondo di sé
che erano alieni. Sollevò la pistola. Loro non avrebbero dovuto vivere. Tirò il
grilletto e sparò colpendo un ragazzo coi capelli castani alla spalla. “Non è
possibile! Non ho mai mancato un bersaglio! Qualcuno di loro deve aver deviata
la pallottola!”.
- Michael! - gridò la stessa ragazza bionda di prima.
- Michael… - quel nome non le era nuovo. Nonostante tutto alzò di nuovo la
pisola e questa volta puntò al cuore dell’altro ragazzo che la scrutava con
intensità. Non capiva perché ma aveva paura, in fondo a sé le sembrava che non
fosse giusto. Ma erano alieni!
Il ragazzo che aveva colpito però alzò una mano e sprigionò una forte luce. Liz
si sentì sollevare da terra e lasciò cadere di riflesso la pistola.
Stava per sbattere contro la parete e chiuse gli occhi quando si accorse che si
era fermata a mezz’aria. Con aria perplessa alzò lo sguardo verso di loro
fissando le loro immagini rosse attraverso gli occhiali. Il ragazzo che stava
per colpire aveva la mano tesa verso di lei.
- Max, cosa stai facendo? - esclamò una ragazzina bionda e fragile, con i
capelli ricci legati in una crocchia sulla testa.
- Max… - quel nome suscitò in lei qualcosa. Sembrò che la porta della memoria
si era aperta di uno spiraglio, ma ancora niente. Solamente un’immagine… lui
chinato su di lei con la mano sul suo stomaco mentre una luce si sprigionò. Liz
fu lasciata cadere per terra, la sua pistola fu presa in mano dal ragazzo con i
capelli scuri corti. Il viso era lo stesso che aveva visto nella sua memoria… -
Max… - Liz si tolse gli occhiali sperando di riuscire a capirci qualcosa
vedendo le persone con i suoi stessi occhi.
Max si avvicinò a Michael mentre Liz rimase lì, inginocchiata con il viso
chinato in avanti. Lo vide fare lo stesso gesto che aveva visto allora e notò
che la ferita stava guarendo.
- Grazie Max, ma perchè… - Michael si interruppe guardando la ragazza che lo
aveva colpito.
Anche Max lo fece e lo stesso le due ragazze.
Liz si sollevò la canottiera nera che indossava fino a lasciare scoperto lo
stomaco. Ci appoggiò sopra una mano e come per magia un’impronta verde brillò
luminosa. Quell’alieno le aveva salvato la vita… 23 Settembre, è la prima
volta che tengo un diario. Sono Liz Parker, e 5 giorni fa sono morta... da
allora mi sono successe delle cose molto strane...”
- Esattamente otto anni fa in questo stesso giorno… - mormorò a fior di
labbra.
- Che… cosa… succede? - domandò Isabel alzandosi in piedi.
- Voi siete alieni buoni! Voi siete… quelli che Maria, Kyle e Alex chiamano
Michael, Max, Isabel e Tess? - domandò Liz sorpresa.
- Maria?! Hai visto Maria? Dimmi dov’è, se è viva!
- Sì, ma tu chi sei? - domandò Tess avvicinandosi cautamente.
- Io lo so! - affermò Max. Le si avvicinò e prese il ciondolo tra le mani - Lo
ricordate questo? Ricordate a chi apparteneva?
- Non può essere… - Michael gli si affiancò e gli prese la pietra (vd
Viaggio nel Tempo).
- Perché ha tentato di ucciderci? - domandò Isabel - Non può essere lei.
- Lasciatemi! - urlò Liz terrorizzata e si alzò in piedi. Le spalle contro la
parete della casa - Non mi toccate. Mi avete già fatto troppo male voi e quelli
della vostra razza. A causa vostra io avrò queste per tutta la vita. Liz indicò
le gambe. Gli alieni la guardarono senza capire - Non potrò più correre come
una volta. Mi avete rovinato le gambe e non sopporto che mi procuriate altre
cicatrici con le vostre mani acuminate!
Liz aveva rivisto davanti a sé l’alieno nel momento in cui Max le aveva
sfiorato la pietra. Aveva avuto paura di rivivere quel momento terribile.
- Liz! - echeggiò il suo nome da qualche parte della casa - Liz! Dove sei?
Maria era preoccupata. L’aveva sentita gridare. Dietro a lui c’erano Alex,
Christa e Kyle.
Maria apparve e corse verso l’amica abbracciandola - Va tutto bene ora. Ci sono
qua io.
- Mamma! - urlò Christa e la abbracciò. Liz sembrò tornare in sé e si tolse il
cappello. Ricambiò Maria e dopo tirò su in braccio Christa con l’altro braccio.
- Ma che cosa ti è successo? Ti abbiamo sentita urlare e…
- Maria! - quella voce. Maria riuscì a riconoscerla immediatamente e per un
istante ebbe paura di voltarsi. Non poteva essere… Michael aveva mantenuto la
sua promessa.
- Michael… - pronunciò il suo nome in un mormorio e Maria si voltò incrociando
i suoi occhi - Michael! - urlò.
Gli corse incontro dimentica di tutto e di tutti mentre anche Alex si accorse
della presenza di Isabel e la fissò dolcemente. Lei gli si avvicinò e lo
strinse a sé con intensità. Tess invece sorrise a Kyle. Liz e Christa rimasero
a guardare quelle scene e si accorse che l’unico rimasto solo era Max… il suo
cognome le balenò nel cervello: Evans.
- Tu… tu
sei
Max Evans. Più di otto anni fa, in
questo stesso giorno tu mi hai salvato la vita!
- Liz. Che bello rivederti viva! - Max si mosse verso di lei e fece il gesto di
abbracciarla.
Liz si rintanò su se stessa stringendo Christa - Ti prego! Non ti avvicinare a
me o a lei - Liz cercò con lo sguardo la pistola che Max aveva ancora in mano.
- Liz, non mi riconosci? - il suo sguardo per un istante divenne vago.
Possibile che la sua Liz non si ricordasse di lui?
La voce di Maria li riscosse entrambi - Max, Liz ha perso la memoria. Otto anni
fa, il primo giorno della guerra. Quel maledetto giorno in cui tutto è
iniziato.
Liz la interruppe - Maria… io devo andare.
Maria la fissò con sguardo perplesso - Liz, dove devi andare? Questa è la tua
casa e adesso è con noi che devi restare. Vedrai che riacquisterai i tuoi
ricordi… tutti insieme ti aiuteremo.
Liz sorrise - Non hai capito. Devo stare un po’ da sola. Fare una passeggiata,
sedermi in mezzo a un prato e riflettere. Tutto questo per me è terribile…
- Mamma! Posso venire con te?
Liz si chinò e la guardò negli occhi - No, Christa. Come quel giorno di tanti
anni fa io devo andare da sola. Tu resterai qui con loro. Maria e Alex ti
proteggeranno, vedrai.
- Ma tu tornerai sana e salva, vero? Camminerai come adesso, non avrai più quei
dolori alle tue gambe…
- No, questo pomeriggio io tornerò qui e tu sarai qui ad aspettarmi - le diede
un bacio sulla fronte e poi si rivolse a Maria - Abbi cura di lei. Ha passato
duri anni a causa di questa guerra e ha bisogno solo di affetto e di cure.
Liz si rialzò e senza voltarsi indietro scese le scale.
Christa la seguì con lo sguardo e quando si voltò verso Maria notò che al suo
posto c’era Max… quell’alieno che aveva fatto scappare la sua mamma. Eppure non
riusciva a provare odio per lui. Lo guardò negli occhi e scoprì che lui li
teneva fissi sulla sommità delle scale dove Liz era sparita. Il suo sguardo era
perso e sembrava ricordare un tempo ormai finito.
Memorie che tornano e affetti che rinascono
Liz aveva ripreso il diario e così raggiunse la
casa di Maria dov’era il suo borsone. Recuperò una nuova fodera per le pistole
che conteneva due Uzi automatici. Sorrise nel ricordare che una volta erano
proibiti dalla legge. Adesso anche la legge si sarebbe dovuta rifare daccapo.
Ripartì alla volta di una strada e raggiunse una strana costruzione
semidistrutta. Le ricordava qualcosa e lentamente si avvicinò. Si poteva
scorgere una scritta: Rosw l Hig Sch l. Rimase un momento pensierosa a
ragionarci su, dopo di ché si sedette sui gradini e aprì la prima pagina.
Non seppe per quanto tempo rimase lì persa tra le righe. Capì che lei sapeva
che quel Max era un alieno… lui glielo aveva detto. Poi rimase sorpresa quando
lesse quel momento magico…:
“- Non ci ho mai provato prima, ma...
forse posso invertire il collegamento, e così tu vedrai me... sentirai i miei
pensieri. Ora devo toccarti... Rilassati, e cerca di liberare la mente -
mormorò lui sulla mia porta di casa.”
Riuscivo a sentire tutto quello che lui stava provando... riuscivo a percepire
la sua solitudine...per la prima volta vedevo chi era realmente Max Evans, e
vedevo me stessa come lui mi vedeva... e la cosa più sorprendente era che ai
suoi occhi io ero... bellissima.
Liz rimase pensierosa alzando per un
momento lo sguardo davanti a sé e poi al cielo. Le sembrava che quei ricordi
stessero per tornarle alla mente. Lo vide quando lui le disse che era un
alieno, quando alzò il dito al cielo e di lei che in quel momento non sentì e
non vide più nulla all’infuori di lui. Della paura che aveva provato nel
venirne a conoscenza, nell’essere sola con lui chiusa in un laboratorio di
chimica.
Riprese in mano il diario:
“- Max, io non ti ho ancora
ringraziato per avermi salvato la vita... - gli dissi”.
“- Grazie a te... - mi rispose”
"Max Evans mi ha dato una tale forza. E’ come se tutta la mia vita fosse
cambiata in un solo istante, ma la cosa più assurda è che questa cosa
stupenda... mi è capitata con un alieno!"
Liz girò pagina e inspirò. Un
pensiero le stava rimbombando nella testa, un’idea che forse avrebbe potuto
aiutarla.
"Oggi 24 settembre, io sono Liz
Parker e sei giorni fa sono morta, ma poi mi é accaduta una cosa
meravigliosa... ed ho incominciato a vivere!"
Proseguì nella sua lettura, ma in
realtà quei ricordi le sembravano di un’altra. Ma a volte invece sentiva per
davvero quello che aveva provato in quel momento. Era tutta confusa fino a
quando non arrivò al momento in cui diede il primo bacio a quell’alieno che le
aveva salvato la vita.
Lasciò cadere il diario a terra e chiuse gli occhi. Respirò profondamente e non
seppe per quanto tempo rimase lì.
Max arrivò esattamente nel momento in cui Liz
aveva appena chiuso gli occhi. Vide un libro per terra e capì che lo stava
leggendo proprio nell’istante in cui era caduto. Si avvicinò silenziosamente e
lo prese tra le mani. Sperava che lei non lo vedesse. Si accorse della
scrittura e lesse la pagina in cui era arrivata. “Il… suo… Diario!”. Non lo
aveva mai letto, era giusto che Liz avesse i suoi segreti.
Senza rendersene conto lesse le sue stesse parole di poco meno di dieci anni
prima:
“- Allora vado... - mi disse Max
seduto a fianco a me”
” - Perché?- gli risposi io”
”- Perché se non andassi prenderei un’altra direzione... - mi guardava dritto
negli occhi. Sembrava volesse penetrarmi nell’anima in quel momento”
”- Quale direzione... - mormorai a bassa voce mentre le nostre labbra si
avvicinavano”
”- Dovrei toccarti i capelli che sono cosi morbidi. Dovrei dirti che non mi
importa dove andremo a finire perché sarò con te...”
”...nient'altro?- la mia voce non era che un soffio”
”- Dovrei fare questo.... - sentii le sue labbra sfiorare le mie e il bacio
divenne intenso. Non dimenticherò mai quella sensazione di gioia immensa che
provai. Mi sentivo bene in tutto il mio essere. In quell’istante sentii che
niente e nessuno avrebbe potuto dividerci”
Max stava per continuare a leggere
quando la ragazza bionda pronunciò a bassa voce - Perché a me? Perché? Lo sento
ancora… sento ancora quella sensazione che provai quel giorno eppure… non
riesco a ricordare tutto. Non ce la faccio!
Max si chinò davanti a lei e la baciò.
Liz non capì assolutamente quello che le stava succedendo. Tutti i suoi
pensieri su quel momento sembrarono diventare reali eppure tutto quello era
un’illusione. Senza capire quello che stava facendo reagì istintivamente e con
le braccia circondò il collo immaginario. Ma in realtà non lo era. Aprì gli
occhi nel momento in cui la sollevò in piedi tra le sue braccia.
Liz si staccò - Oh mio Dio! Tu… cosa stai facendo qui? Come sapevi? Perché lo
hai fatto?
Max sentì una nota terrorizzata nella sua voce e con la testa indicò il diario
- Non sapevo che lo avessi portato con te.
- L’ ho… l’ ho trovato oggi pomeriggio tra le macerie di quello che una volta
era il Crashdown probabilmente.
Max sorrise e tentò di avvicinarsi - Liz, non devi avere paura di me. Io posso
aiutarti.
Liz lo fissò negli occhi. Gli stessi occhi di quel giorno… di dieci anni fa -
Sono passati così tanti anni?
Lui annuì - Sì, ma questo non vuol dire che tu devi aver paura. Adesso e per
sempre io starò con te!
- Perché mi vuoi far così male? Che cosa ti ho fatto? - Liz sentì salirle le
lacrime agli occhi. Quanto tempo era che non le succedeva? Un’infinità… erano
più di otto anni che i suoi occhi non sprigionavano una sola lacrima.
Max la abbracciò e Liz si lasciò avvolgere dal suo calore. Sentiva che era
giusto così, che respingerlo non sarebbe servito a nulla. La Liz del passato lo
aveva amato con intensità e lei stessa sembrò provare quei sentimenti che le
stavano riscaldando il cuore.
- Max… aiutami. Ti prego! Ho paura di non ricordare più nulla. E se tu
stabilissi quel contatto di tanti anni fa? Quel giorno quando sulla soglia
della mia porta tu mi hai fatto vedere te stesso…
Lui la strinse a sé e pensò che forse sarebbe stata una via di uscita.
- Andiamo in un posto sicuro - la prese per mano e la condusse all’interno
della costruzione - Ti ricordi questo posto? Che cos’è?
Liz scosse la testa - No… o almeno non nel modo in cui pensi tu. Vedo delle
immagini ma non riesco a ricollegarle.
- E’ la Roswell High
School. Qui dentro è stata la prima
volta che ti dissi chi ero - le rispose lui quando aprì una porta e si
ritrovarono in un’aula piena di strani aggeggi alcuni rotti e altri ancora in
buono stato.
Liz annuì - Che cosa devo fare?
Lui scosse la testa - Sii te stessa Liz. Aprimi il tuo cuore, il resto lo farò
io.
Liz chiuse gli occhi e in quell’istante sentì solamente il suo respiro. Sentì
che lui le sollevò la canottiera che indossava e le appoggiò una mano sullo
stomaco, nello stesso punto di dieci anni fa.
Liz si sentì trasportare in un altro mondo, sentiva il tocco e il respiro di
lui, vedeva se stessa attraverso i suoi ricordi e le sue sensazioni e riprovò
le stesse emozioni di tanti anni fa. Vedeva un mare rosa e poi azzurro, poi
immagini di se stessa che sorrideva, di Maria infuriata con Michael e poi
sempre dei loro amici che si baciavano. Vedeva il mesto sorriso di Max quando
la fissava e il suo sguardo dolce quando rimanevano da soli. La tristezza di
Alex quando vedeva che lei e Maria non volevano confidargli il segreto, di
quando Max le disse che doveva riaggiustare il suo equilibrio, quella volta che
era venuta a salvarla in quel Luna Park, di quando si erano riuniti, della
preoccupazione di Maria per Michael, del viaggio nel passato (vedi primo
racconto della serie: Viaggio nel Passato) e della loro bambina che non
sarebbe mai nata perché il tempo addietro era stato modificato (vd Holy).
Liz sentiva sempre più la consapevolezza di sé e per un istante provò un dolore
intenso in tutta la sua anima quando i suoi ricordi tornarono prepotenti in
lei. Si accasciò nelle braccia di lui e riaprì gli occhi consapevole di tutto
ciò che era successo.
- Max! - chiamò.
- Sono qui Liz. Tutto ok? - domandò lui.
Liz annuì poi alzò i suoi occhi su di lui e sorridendo lo abbracciò perdendosi
in quelle sue forti braccia chiedendosi quanto lui avesse sofferto nel non
sapere che cosa le fosse successo. Le loro labbra trovarono una strada che
tanto tempo prima avevano percorso.
Maria stava abbracciata al suo ragazzo seduta
sul divano mentre Michael le accarezzava i capelli. Nessuno dei due voleva
parlare. Bastava sentirsi vicini e tutto sarebbe tornato normale. Gli anni
sarebbero magari tornati indietro e loro avrebbero dimenticato la sofferenza.
Christa era rimasta con Alex ed Isabel e i due erano d’accordo di non parlarle
riguardo all’origine di Evans. Avevano deciso di accompagnarla in giro per la
città per farle dimenticare che in quel posto lei aveva perso i genitori, in un
giorno dal cielo rosso come il fuoco.
Maria alzò il suo sguardo verde sul ragazzo e gli accarezzò una guancia. Ancora
non credeva di essere lì, pensava che fosse tutto un sogno e aveva paura che
quando si sarebbe risvegliata la guerra infuriasse ancora attorno a lei.
Ma il respiro caldo di Michael, il suo profumo, la sua pelle e le sue labbra
potevano bastare per farle credere che tutto fosse reale. Maria aveva paura a
domandare che cosa gli fosse successo perciò rimaneva in silenzio a godersi
quegli attimi.
- Mi sembra tutto troppo bello per essere vero - bisbigliò poi alla fine.
Michael le prese una ciocca di capelli - Se davvero non credi che tutto ciò è
reale guarda questo - le appoggiò una mano sulla sua.
Maria si sentì tutto ad un tratto strana. Si abbandonò alle sensazioni e alle
immagini dello spazio infinito che vide. Vedeva astronavi, stelle che venivano
loro incontro a una grande velocità. Le sembrava di viaggiare nello spazio,
sentiva strane presenze attorno a sé e per un istante sentì di essere a casa.
Non capì quella impressione iniziale. Poi un’immagine anche fin troppo nitida
le tornò alla mente.
<<Stava tornando indietro dal fiume ancora pulito nonostante la guerra che
infuriava. Tra le mani aveva un secchio ancora in buone condizioni. Ad un
tratto sentì uno strano rumore, come di una porta che si apriva e si voltò per
guardare che cosa era successo.
Non c’era nessuno. Respirò tesa e impaurita. Forse non sarebbe dovuta andare da
sola, avrebbe dovuto dare retta a Diego, un amico che si era fatta e con cui
divideva il rifugio insieme ad altre persone. Inoltre durante il giorno c’erano
molti alieni che scendevano a terra. A Kingsville erano attrezzati per
difendersi almeno un poco, ma non potevano darle un’arma a lei. Non ce ne erano
abbastanza. Maria invece aveva voluto andare lo stesso.
Si girò per tornare al paese quando i suoi occhi incontrarono quelli freddi
dell’alieno e lasciò cadere il secchio. Ai suoi piedi sentì penetrare nelle
scarpe l’acqua. L’alieno sembrò sorriderle maligno e lasciò scivolare a terra
la sua arma. Maria lo fissò sempre più terrorizzata abbassando poi lo sguardo
sull’oggetto.
La creatura che aveva sembianze umane alzò una mano artigliata su di lei e
cominciò ad avvicinarsi. Maria alzò le braccia per proteggersi. Una vocina
dentro però le sussurrò che doveva guardarlo negli occhi e Maria alzò il suo
sguardo su di lui. Con le braccia alzate formava una specie di croce da cui
vide uscire una strana luce. Chiuse gli occhi e si sentì trasportare eppure si
trovava sempre lì e lo sapeva. Non riusciva a capire nulla. Si sentiva più
vecchia e così nuovamente più giovane e infine riaprì gli occhi. L’alieno fece
una smorfia e si accasciò a terra. Maria, tremante, raccolse il secchio e corse
via>>.
Michael la scosse - Maria! Tutto a posto?
Maria riaprì gli occhi e si toccò la testa. Sentiva il sangue corrergli
velocemente nelle vene e il cuore batterle all’impazzata nel petto pulsandogli
nella testa. Quella luce che lei stessa aveva creato le rimaneva nella mente
come un’immagine indelebile. Guardò gli occhi di Michael e annuì poco convinta.
- Maria… che cos’è successo? - domandò Michael - Era un tuo ricordo di questi
otto anni?
La ragazza lo fissò sorpresa e impallidì - Era il settimo anno della guerra.
Fui sorpresa da un alieno mentre tornavo al mio paese e questo voleva
trucidarmi con i suoi artigli, ma…
- Ho visto! - Michael le accarezzò la guancia e dopo la strinse a sé - Stai
tranquilla.
Maria scosse la testa nel suo abbraccio - Quello che non capisco Michael è cosa
sia successo… Perché con quella luce ho quasi carbonizzato un alieno?
Michael ci rifletté e una risposta già gli venne in mente però preferiva
parlarne prima con Max o Isabel. Non voleva mettere Maria in allarme senza
prima esserne sicuro - Non lo so, Maria. L’importante è che tu adesso sia qui
con me e per sempre rimarrà così.
Maria alzò lo sguardo su di lui maliziosamente - Già. E avremo anche un bambino
che assomiglierà a Tairon (vedi Viaggio nel Tempo)?
- Maria! Non ti sembra di correre un po’ troppo? - esclamò Michael attirandola
a sé per baciarla.
Il cielo era azzurro sopra di loro e il caldo
dell’estate ancora aleggiava per le strade semidistrutte dalle bombe. Eppure
Roswell manteneva sempre un certo fascino. La gente già stava ricostruendo le
sue case utilizzando come base i pezzi che erano rimasti in piedi. La loro
intenzione era quella di far risorgere nuovamente la vecchia Roswell… con
magari qualcosa ancora di alieno.
Christa ascoltava i ricordi di Isabel e Alex che si accavallavano. Sentiva
parlare di qualcosa come il Crashdown e non capiva cos’era oppure l’Ufo Center
e di quando quel Max, che ad un tratto era sparito come del resto Kyle e Tess,
si era travestito da alieno e aveva detto che era rimasto intrappolato in quel
corpo.
La bambina non riusciva a capire i discorsi e si perse nei ricordi della
guerra. Non riusciva a ricordare nemmeno i primi anni che aveva passato nella
città sotterranea perché era troppo piccola e soprattutto le sofferenze che
aveva passato non erano poche. I primi tre anni di vita, quando la civiltà
terrestre era ancora integra e quando lei si trovava ancora a Roswell con i
suoi veri genitori non riusciva proprio a rammentarseli. Si ricordava solo un
cielo rosso.
- Christa… che ne dici se andiamo a vedere ciò che una volta era la biblioteca?
- le chiese Isabel.
La ragazzina la guardò diffidente. Finalmente si erano accorti che c’era anche
lei. Poi sorrise e annuì. Dopotutto non la conoscevano nemmeno e loro due erano
anni che non si rivedevano. Eppure non avevano neanche accennato agli anni di
guerra. Entrambi sembravano rifuggire l’argomento.
Alex tentò di prenderla per mano, ma Christa si scostò. Ancora non era del
tutto convinta che potesse fidarsi di loro, soprattutto dopo che la sua madre
adottiva se ne era andata con negli occhi una nota strana - Dov’è la
biblioteca?
- Lungo questa strada - rispose Alex indicando una lunga via.
Christa alzò lo sguardo e per un istante ebbe paura. Le sembrò di viaggiare
indietro, sempre più indietro.
<<Si sentì perdere nei ricordi di un giorno che da azzurro divenne rosso, di
una bambina che camminava insieme ai suoi genitori lungo una strada.
Si ricordava delle due figure che tanto amava cadere a terra e lei con loro.
Sua madre la protesse con il suo corpo nella caduta e non si mossero più. Vide
se stessa chinata a piangere disperatamente. Nonostante fosse molto piccola
riusciva a comprendere che quelle persone che l’avevano amata tanto
intensamente non c’erano più.
Una donna l’abbracciò, una ragazza che aveva i capelli castani che insieme a
lei si mise a piangere. La sollevò poi tra le braccia e la trasportò via>>.
Christa si lasciò cadere in ginocchio quando si accorse che in quello stesso
punto, otto anni fa, si era chinata e aveva pianto, pianto disperatamente e poi
Liz l’aveva portata via e l’aveva salvata, la stessa ragazza che una volta era
fragile e con dei bellissimi e dolci capelli castani.
Si sentì cingere dalle braccia morbide di qualcuno e tra di esse si abbandonò.
Quei ricordi le straziarono l’anima e si sentì morire e poi rinascere.
Alieni contro Alieni
Isabel diede Christa ad Alex e insieme
tornarono verso la vecchia casa degli Evans. Isabel era preoccupata. Non
riusciva a capire quello che era successo. Di fronte al giardino si fermarono
un momento e guardarono su una strada laterale riconoscendo due figure
abbracciate. Isabel, nonostante la situazione, sorrise mentre Alex si mostrò
preoccupato per quello che la Liz del momento avrebbe potuto fargli nel trovare
la bambina svenuta. Era un poco spaventato da quella ragazza da quando era
entrata nella vecchia casa di Maria e gli aveva puntato contro una pistola.
Isabel ad un tratto si accorse dei capelli di Liz, erano tornati castani (che
fosse stato Max?).
Liz, in quello stesso momento, alzò lo sguardo davanti a sé e scorse la testa
bionda e quella bruna. Salutò Alex con la mano e solo allora si accorse che
teneva qualcosa tra le braccia. Riconobbe all’istante la chioma corvina e i
vestiti e senza nemmeno pensarci corse verso la bambina.
- Christa - urlò.
Quando le fu vicino la prese senza esitazioni fra le sue braccia e la strinse a
sé - Che cosa ti è successo? Parla piccola mia!
- Ecco… vedi… è svenuta mentre la stavamo portando alla biblioteca. Ha perso i
sensi all’improvviso cadendo tra le braccia di Isabel. Sembrava avere uno
sguardo terrorizzato prima di perdere conoscenza - tentò di spiegare Alex con
imbarazzo.
Liz annuì e senza guardare nessuno entrò nel giardino e arrivò fino alla porta
di casa che in quello stesso istante si spalancò e sulla soglia trovarono
Michael e Maria che probabilmente avevano sentito il suo urlo.
- Liz, ma… - tentò di chiedere Maria, ma fu zittita da un’occhiata di Isabel
alle spalle dell’amica.
Liz portò la figlia sul divano ormai mezzo rotto e la appoggiò sopra. Gli si
inginocchiò a fianco e mormorò alcune strane parole.
- Hai ricordato? E’ per questo che adesso sei caduta nello stesso sonno di otto
anni fa, quando eri ancora piccolina? Allora eri riuscita a ridestarti perché
in un certo modo eri piccina e quando si è così giovani a volte i ricordi
sfumavano in fretta - Aveva paura che questa volta però non si sarebbe più
risvegliata e guardò Max supplichevole - Max, ti prego! Devi fare qualcosa…
- Stai tranquilla, Liz. E’ solamente svenuta, magari ha solo fame.
Liz scosse la testa convinta - No, Max. Sulla strada che conduce alla
biblioteca i suoi genitori sono morti. E’ lì che l’ ho trovata a tre anni. Da
allora è cresciuta e mi ha considerato come una madre. Però io non ho avuto il
coraggio di dirle che lo ero veramente e le ho detto che i suoi genitori erano
di Roswell. Lei in fondo sapeva che erano morti e non mi sembrava il caso di
ricordarglielo in continuazione. Però… quando siamo fuggite da qui, lei si è
abbandonata in un sonno e sembrava quasi priva di vita. Per due giorni interi
ho creduto che stesse per morire eppure poi si è ripresa. Allora era piccola,
ma adesso…
Max si avvicinò a loro e si chinò di fianco a Liz - Non posso farci niente, Liz.
Ti ricordi di tua nonna? Anche per Christa è la stessa cosa… è una cosa che è
accaduta dentro di lei e non un intervento esterno. Tua figlia deve guarire da
sola. So che può essere dura da accettare, Liz. Christa è forte come te e
riuscirà a resistere, ci posso scommettere.
Liz fece un sorriso tirato al ragazzo e tornò a rivolgersi alla bambina.
Maria guardò Max e lo stesso fecero gli altri rimasti. Il ragazzo annuì ai loro
sguardi perplessi rispondendo alla loro muta domanda. Liz ricordava adesso.
Erano passate due ore e Christa non si
riprendeva. Liz non si era mossa e gli altri ragazzi erano rimasti seduti
intorno a lei in muto silenzio. Qualche volta alcuni ricordi tornavano a galla
e per sollevare l’atmosfera che si era formata cercavano di ricordare le scene
divertenti.
La porta di casa si aprì ed entrarono Tess e Kyle sorridendo e abbracciandosi.
Solo poi si accorsero che c’era qualcosa che non andava e guardarono la bambina
con la pelle bianca come il latte e Liz accanto con i lunghi capelli ormai
castani che toccavano terra. Maria aveva chiesto a Max come fosse stato
possibile e lui le rispose che Liz aveva voluto un ritocchino.
- Christa è svenuta e Liz ha paura che non si riprenderà - spiegò Max per
prevenire domande.
Liz si voltò finalmente rivolgendo la sua attenzione agli amici che aveva
finalmente ricordato - Forse rimanere qui tutto il tempo a guardarla non
servirà a niente… - non trovava le parole - …voi - indicò i quattro alieni -
Che cosa avete fatto nel frattempo? Siete stati voi a fermare la guerra
interstellare?
Max guardò Michael, Isabel guardò Tess.
- Sì, siamo stati noi. Ma è meglio cominciare dall’inizio - Michael si bloccò e
guardò Max supplichevole.
- Una volta che Michael mandò via Maria da Roswell ci siamo ritrovammo tutti
nell’antro da dove siamo usciti. Ci eravamo diretti là convinti di trovare una
risposta. Sopra di noi la guerra infuriava ed eravamo soprattutto preoccupati
per voi. L’unica che siamo riusciti ad avvisare è stata proprio Maria. Di te
Liz non si sono avute più notizie, di Alex invece si pensava che fosse partito
per quella vacanza studio che tanto agognava e invece Kyle era uscito con suo
padre per aiutare le vittime e riuscire a uccidere qualche alieno.
- Una luce una volta entrati ci apparve all’improvviso - continuò Isabel -
Alcune strane forme ci raggiunsero. Erano diversi da noi e avevano una vaga
forma umana. E’ difficile però riuscire a descriverle realmente. Le loro mani
erano più magre ma più lunghe delle nostre, i loro occhi più brillanti e
meravigliosi… erano più belli, ecco tutto. Ci fecero uno strano gesto con la
mano e non capimmo.
- Dopo di ché apparve una mano argentata su una parete a fianco della grotta.
Max, indeciso, ci appoggiò sopra la mano e davanti a noi apparve un corridoio
lunghissimo che terminava con una porta luminosa - continuò Tess.
<<Max camminò lungo il corridoio tenendo Isabel
per mano. Non voleva ammetterlo ma era terrorizzato. Strane luci verdi e
azzurre si alternavano a fianco, sopra e sotto di loro. Michael e Tess erano
subito dietro ai due ragazzi. Max chiuse gli occhi, respirò profondamente ed
entrò all’interno, nel campo di luce. Si ritrovarono nello spazio aperto e
videro le stelle viaggiare a una velocità impressionante. Si sentirono
improvvisamente gli stomaci sottosopra. Era come se qualcuno glieli stesse
schiacciando.
All’istante tutto terminò in un alone di luce e si ritrovarono nuovamente in un
corridoio identico a quello precedente. Luci azzurre e verdi ancora si
alternavano e sentì che la mano di Isabel stringeva convulsamente la sua.
Attraversarono il vano della porta convinti di tornare nel punto in cui erano
arrivati, ma in realtà si ritrovarono su un altro mondo fatto di cristalli.
Assomigliava a quello in cui erano stati quando tra loro quattro, grazie ad
Holy, si era formato il collegamento.
Quelli della resistenza li condussero fuori da quella che sembrava la città e
fecero loro indossare dei mantelli che avrebbero permesso di passare
inosservati. I quattro, dopo parecchie ore di viaggio a bordo di uno strano
mezzo, arrivarono in una foresta che sembrava quella amatoriale e furono
condotti all’interno di un’altra grotta. Una parete si aprì all’improvviso e
raggiunsero un’intera folla di ribelli.
Tutti si voltarono a fissarli come se fossero la loro unica speranza e Max si
sentì imbarazzato. Michael invece quasi divenne orgoglioso, mentre Isabel
appariva perplessa. Tess al contrario sorrise come se fosse una cosa che da
tempo aveva previsto.
Un alieno più bello degli altri con la pelle dai diversi colori li condusse
attraverso la gente che al loro passaggio mormorava: “la famiglia reale”,
“aiutateci”, “finalmente sono tornati da noi”, “adesso andrà tutto per il
meglio”. Max però non si sentiva del tutto sicuro di quello che avrebbero
potuto fare.
Furono messi al corrente di quello che stava succedendo e delle guerre che si
svolgevano in quegli istanti. Ce n’era una sulla Terra causata dalla sconfitta
dei nemici da parte loro, un’altra su Antar che durava ormai da quando il
sovrano di adesso era arrivato al potere e infine una nello spazio poco lontano
dallo stesso pianeta. I ribelli esposero il loro piano soprattutto per ottenere
la loro approvazione. Max ascoltò attentamente. Servivano dei comandanti e dei
generali da mandare sulla Terra, qualcuno in grado di progettare astronavi
capaci di sopportare gli attacchi nemici e una mano ferma capace di progettare
attacchi strategici sulla terra ferma e nello spazio.
Quella stessa sera i quattro terrestri tennero
una riunione nella camera che Tess e Max furono obbligati a dividere.
- Detesto che siano convinti che io e Tess siamo sposati! - esclamò Max.
Tess lo fissò sbalordita - Guarda che non ho nessuna intenzione di
comprometterti - poi aggiunse maliziosamente - Anche se lo farei volentieri.
Tess rise dello sguardo che Max le rivolse e tentò di cambiare argomento - Voi
cosa proponete per quanto riguarda la situazione?
Michael guardò Max - Io dico che dovremmo dividerci. Per esempio uno sulla
Terra, uno nell’iperspazio e uno su Antar.
- Dimentichi che siamo in quattro e non in tre - gli fece presente Tess
stizzita.
- Il quarto potrebbe rimanere qui alla base dei ribelli e fare da collegamento
per gli altri tre - propose ancora Michael.
Max fissò gli altri e sembrò convinto che Michael avesse ragione - Sembrerebbe
una buona idea.
- Ragazzi! - Isabel cercò di attrarre la loro attenzione prima di parlare -
Dimenticate che noi non sappiamo niente di astronavi, né di truppe da
comandare, né di armi spaziali. Sappiamo solo chi siamo ma non riusciamo
realmente a ricordare.
Tess la guardò - Magari Isabel riusciresti a entrare nelle nostri menti e
otterresti di svegliare le nostre memorie…
- Impossibile. Non sono in grado di fare questo attraverso il mio potere. So
solo entrare nei sogni o a comunicare telepaticamente - si ricordò
dell’episodio di quando Max era stato imprigionato da Pierce - e già faccio
fatica ancora a utilizzarlo!
Michael scosse la testa - Se davvero fossimo così inutili perché ci avrebbero
creato nuovamente? Perché ci hanno chiamato fin quassù?
- E’ tutto così complicato - affermò Isabel.
- Domani chiederò maggiori informazioni a quello che mi è sembrato il capo -
assicurò Max.
- Sei tu il capo, Max! - dichiarò Michael.
La loro discussione terminò così. Si sentivano improvvisamente stanchi e
pesanti. Probabilmente non erano abituati alla gravità di quel pianeta>>.
<<La mattina dopo appena si svegliarono si
diressero nella sala gigantesca dove la sera prima c’erano tutte quelle
persone. Inoltre avevano bisogno di mangiare qualcosa perché erano affamati.
Diedero loro una brodaglia che ingoiarono a fatica e infine furono condotti
senza spiegazioni in uno strano laboratorio. Era una stanza tutta blu e c’erano
esattamente quattro cilindri a grandezza d’uomo. Max credette di capire le loro
intenzioni e per un istante si sentì terrorizzato. La mano calda di Isabel si
insinuò nella sua e gliela strinse per rassicurarlo.
- Credo che sia un marchingegno che ci sarà utile per ritrovare ciò che abbiamo
perduto - spiegò lei.
Furono condotti ognuno all’interno dei cilindri e tutta la struttura sembrava
essere elettrizzata. Max sentì come sgomberare la sua mente da tutti i suoi
ricordi che furono messi in un angolino della ragione. L’unica immagine che
però gli rimase in testa fu quella di Liz. Si chiedeva dove fosse adesso, che
cosa stava pensando, se Maria era riuscita in qualche modo ad avvisarla, se era
ancora viva. Aveva paura anche se non voleva ammetterlo. Chissà se l’avrebbe
mai rivista, chissà se avrebbe mai risentito la sua voce o se lui fosse vissuto
fino al tempo in cui la guerra sarebbe finita.
Poi sentì altri ricordi entrargli nella testa e diventare i suoi e capì che
erano quelli del re di Antar, di lui stesso prima di morire. Vide se stesso
bambino, il castello, le forze armate che suo padre comandava, il dolce sorriso
della sua vera madre, sua sorella Isabel, la sua fidanzata e il suo matrimonio
in uno scintillare di luci, il fidanzato di sua sorella, i primi attacchi dei
nemici e infine l’ultima immagine che ebbe fu quella di un alieno che puntava
una pistola laser su di lui e sparava.
Max uscì distrutto e in ginocchio dal cilindro quando si aprì. Sentiva la testa
ronzargli e girare e soltanto dopo un sonno profondo riuscì a riprendersi. Lo
stesso valse per gli altri. Una volta in possesso dei precedenti ricordi sembrò
che la loro sicurezza aumentò.
Fu difficile però decidere la separazione e si pensò che sarebbe stato utile
mandare Tess sulla Terra, Michael nello spazio e Max in Antar, nella città.
Isabel sarebbe invece rimasta lì a fare da collegamento per gli altri tre.
Infatti si scoprì che Michael era bravo nell’ingegneria spaziale e progettò
numerosissime nuove tecniche e armi tecnologiche. Ideò persino una macchina che
sarebbe riuscita ad ampliare il potere di Isabel permettendole di comunicare
fin sulla Terra. Max invece era un ottimo comandante e possedeva un’autorità
innata e una capacita di studiare strategie incredibili. Tess invece, grazie al
suo potere, sarebbe stata in grado di ingannare i nemici sulla Terra e avrebbe
permesso così ai suoi alleati di vincere la battaglia>>.
<<Il giorno della partenza si abbracciarono
tutti sperando che andasse per il meglio. Isabel fece molta fatica a staccarsi
da Michael e Max, consapevole del fatto che sarebbero potuti non tornare. Tess
rimase in disparte e si sentì anche un po’ esclusa… ma adesso aveva una
missione da portare a compimento.
Infatti arrivò sulla Terra con un intero esercito di alieni al suo comando. Max
le aveva consigliato alcune strategie di guerra utilissime e le aveva applicate
immediatamente. Era appena arrivata sulla Terra e già avevano sconfitto due
basi nell’Asia Minore. Gli altri tre alieni-terrestri le avevano consigliato di
lasciare Roswell come ultima città da ripulire e lei pensò che avessero
ragione. In sette anni e mezzo riuscirono a disinfestare dalla minaccia quasi
tutta l’Asia, l’Oceania e una parte dell’Africa. Le dure battaglie però ci
furono nei territori europei, anche perché si rischiava di essere colpiti da
uomini e da nemici. I primi infatti erano convinti in quella occasione che
qualsiasi cosa non umana o animale appartenente al loro pianeta fosse
pericolosa e quindi da eliminare. Ebbero molte perdite e Tess un giorno si
rifugiò in una biblioteca a comunicare l’andamento della guerra a Isabel. Aveva
bisogno di buoni consigli su come attaccare senza essere colpiti e doveva
chiedere a Max. Mentre camminava lungo i corridoi con alcuni pezzi di muro
crollati dal soffitto intravide una strana fosforescenza e avvicinandosi scoprì
che si trattava di un libro. Lo aprì e la sua sorpresa fu grande. Doveva
immediatamente tornare su Antar e valutarlo con gli altri.
Michael invece si era rifugiato un anno nei laboratori della foresta
equatoriale per progettare veloci, resistenti, con schermi protettivi ad alto
livello e armi le navi spaziali. Alla fine, salito su quella più grossa, partì
alla volta dello spazio, nella zona tra i due pianeti coinvolti nella guerra.
Trovarono immediatamente una base e si prepararono ad attaccare. Era protetta e
bisognava trovare una soluzione velocemente, perlopiù stavano arrivando le
navicelle spaziali ad attaccarli. Michael decise di usare l’arma al plasma
contro cui loro stessi erano vulnerabili e fecero grossi danni.
La guerra fu lunga e difficile. Per tre anni sembrava che le navicelle fossero
infinite e continuavano a uscire dalla base. Una volta distrutta la base già ne
arrivava un’altra munita di motori a propulsione. La flotta di Michael a poco a
poco fu sterminata e furono costretti a fuggire nell’iperspazio. Trovarono due
pianeti gemelli uno a fianco all’altro. Sbarcarono con l’intenzione di
elaborare un piano, ma si accorsero che le forme di vita presenti erano
alquanto intelligenti e attraverso alcuni computer a bordo delle astronavi
riuscirono a comunicare.
Proposero un patto commerciale in cambio di aiuti nello spazio e su Antar (Max
era in serie difficoltà). Gli altri accettarono. Una parte della flotta fu
quindi ricostituita con nuovissime armi che Michael studiò attentamente in modo
che potessero adattarsi anche alle loro navi, l’altra parte fu mandata invece
su Antar dopo che Michael aveva contattato Isabel. Gli altri tre anni e mezzo
passarono velocemente mentre infuriava una dura battaglia. Persino la nave di
Michael fu colpita, per fortuna però solo di striscio.
Però da Antar gli arrivò una comunicazione da parte di Isabel. Tess aveva
trovato sulla Terra qualcosa di interessante riguardo alla guerra
interstellare. Doveva immediatamente tornare indietro perché bisognava
analizzare i dati contenuti al suo interno.
Max, nascosto per lo più nei bassifondi della capitale dove sorgeva il palazzo
reale, progettava piani e strategie di attacco. Aveva un misero esercito anche
perché non molti si erano offerti di andare in città sapendo a cosa andavano
incontro. Max, attraverso alcuni infiltrati a palazzo tra le guardie, era
venuto a sapere di una nuova e potente arma che stavano costruendo all’interno.
Sapeva che doveva assolutamente rubarla altrimenti avrebbero potuto sterminarli
perciò studiò le possibili entrate e uscite.
Trovò un passaggio segreto sotterraneo da cui usciva l’acqua dalla reggia. Più
a monte del palazzo c’era un ruscello, il cui corso veniva deviato per la sede
del potere e serviva per i bisogni quotidiani. L’acqua non utilizzata passava
per il passaggio segreto e ciò avrebbe permesso l’entrata. Riuscirono a entrare
abbastanza facilmente ma il vero problema era all’interno. Fu alquanto
difficile riuscire a evitare tutte le guardie e riuscirono a giungere al
laboratorio in piena notte. Eludendo la sorveglianza e l’allarme riuscirono a
prendere l’apparecchio che sembrava insignificante date le dimensioni (grosso
come un normalissimo quaderno). Il problema fu però tornare indietro. Non si
seppe come ma l’allarme scattò e di conseguenza furono costretti a fuggire.
Peccato che alcune guardie catturarono e massacrarono alcuni tra i ribelli e
Max fu colpito da un raggio laser alla spalla. Raggiunsero nuovamente i
sotterranei della città e per qualche tempo rimasero nascosti. Già due anni
erano passati da quando non vedeva più Michael, Isabel e Tess. Il terzo anno,
dopo battaglie di poco conto, uscirono nuovamente allo scoperto. Avevano
terminato di studiare l’arma che avevano rubato a palazzo scoprendo che in
realtà non avrebbe mai potuto funzionare perché mancavano alcuni componenti non
recepibili e moltissimi calcoli erano impossibili.
Arrivarono i rinforzi mandati da Michael nella metà del quarto anno. Ci fu un
aspra battaglia subito dopo dove le forze ribelli ne uscirono vittoriose. Max
aveva contratto una ferita non guaribile sul torace a causa di un’arma
innovativa. Le forze armate tentavano di colpire lui, ormai diventato
l’obiettivo primario. Ci furono altre battaglie tra cui una che durò tre mesi
consecutivi. Max era sempre più a rischio fino a quando finalmente non gli
arrivò un messaggio da parte di Isabel. Tess aveva trovato qualcosa sulla
Terra, un libro che sarebbe potuto essere loro utile. Max lasciò il comando al
suo secondo raccomandandogli di stare attento e lasciando detto che doveva
partire per una faccenda urgente>>
<<Tess partì immediatamente per Roswell e
rimase impressionata per la desolazione che c’era nel paese. Astronavi che
viaggiavano e sembravano essersi impossessate dell’intero luogo. Un cielo rosso
come il fuoco, qualche urlo lontano e i suoi ricordi sbiaditi dal tempo. Sapeva
che ormai erano più di sette anni e mezzo che era partita da lì e che la guerra
era iniziata. Quante volte si era domandata che cosa sarebbe rimasto una volta
che tutto fosse svanito, se ancora i loro amici sarebbero stati lì, se tutti
avrebbero vissuto in pace, se lei sarebbe tornata sulla Terra.
Entrò nella grotta tenendosi stretta a sé il libro come se fosse il suo stesso
cuore ed entrò nel teletrasporto molecolare. Riprovò le stesse sensazioni che
aveva provato nel tornare con l’esercito ma questa volta sapeva benissimo a
cosa andava incontro. Forse ad aspettarla non c’era nessuno e avrebbe dovuto
cavarsela da sola oppure c’era Max che aveva deciso di partire insieme a lei
trovandosi in città. Quando finalmente uscì dal corridoio pieno di lucette
trovò uno degli alieni nemici ad aspettarla. Credette che fosse la fine>>.
<<Michael atterrò con una delle astronavi degli
alleati nella foresta equatoriale e andò immediatamente a cercare Isabel dentro
alla base. La trovò deserta. La percorse tutta cercando in tutte le stanze ma
fu tutto inutile. Improvvisamente una voce strana e rimbombante pronunciò
strane parole. Probabilmente il dialetto dell’imperatore. Michael si nascose
sotto a una scrivania.
All’improvviso nella sua testa si diffuse una sensazione familiare. Isabel
tentava di comunicare con lui da qualche altro posto con l’apparecchiatura che
aveva progettato prima di partire sette anni e mezzo prima. Chiuse gli occhi e
inspirò.
(- Michael… sei alla base?
Michael si nascose un po’ meglio sotto la scrivania - Sì. Dove diavolo siete
finiti!
- Non scaldarti Michael. Non ho fatto a tempo ad avvisarti… siamo scappati
lontano perché sono arrivati degli alieni nemici. Sei al sicuro?
- No! - per un attimo ebbe paura di aver gridato ad alta voce - Sono rinchiuso
nella base! E non ho la più pallida idea di come uscire di qui! Ce ne saranno
centinaia qui di fuori.
- Stai calmo… Guta ha inventato un nuovo teletrasporto. In un attimo ti troverà
attraverso le linee telepatiche e ti tirerà fuori di lì - spiegò Isabel.
Michael annuì - Menomale. Temevo di rimanerci secco adesso che finalmente ero
tornato su Antar e che avevo avuto la buona notizia che la guerra poteva
finire. Hai notizie di Max o Tess?
- Non sono ancora riuscita a mettermi in contatto con loro. Ho provato prima a
parlare con Max ma rifiuta la comunicazione. Deve essere in una situazione
critica. Poi ti ho interpellato. Tess la chiamerò appena avrò finito con te.
Michael… Michael! Ci sei ancora? - Isabel non ottenne risposta - Michael. Non
interrompere la comunicazione altrimenti non riusciremo a rintracciarti!
- Isabel… mi hanno trovato. Non credo resisterò per molto! - esclamò Michael
sentendosi sollevare e bloccare le mani, il suo centro di potere.
- Un paio di secondi… resisti. Ti prego! - Isabel aveva un che di disperato.
- Ci proverò! - Michael tentò di scalciare e riuscì a cadere giù. Faceva fatica
a focalizzare ciò che faceva perché la mente era per metà nella dimensione
telepatica. Improvvisamente sentì scomporsi il suo corpo in tanti pezzettini e
sentì informicarsi ogni suo arto. Il teletrasporto cominciava a funzionare. Già
non vedeva più in contorni della stanza, poi fu buio).
- Bentornato Michael. Mi sei mancato! - sorrise Isabel emozionata>>.
<<Max percorse le vie sotterranee della città
passando anche a volte dalle fogne. Quando riuscì a raggiungere la grotta da
cui erano arrivati all’inizio si accorse che c’era un valido motivo del perché
si era diretto lì nonostante Isabel gli aveva detto di dirigersi alla base.
Entrò prendendo tra le mani una pistola laser dal raggio disintegratore e si
guardò attorno circospetto. Notò molti circuiti ancora in funzione come se
fossero appena stati usati e immaginò che probabilmente Tess era già passata di
lì. Decise comunque di entrare dentro la camera di passaggio e si ritrovò a
fissare la schiena di un alieno nemico. Nello stesso istante Isabel tentò di
comunicare con lui. Max rifiutò categoricamente la trasmissione telepatica e
pensò a premere invece il grilletto. L’alieno si disintegrò quasi senza
accorgersi di quello che gli era successo.
Alzando gli occhi Max si ritrovò a fissare quelli di Tess spalancati dall’altra
parte.
- Tutto a posto? - domandò l’alieno.
- Se dicessi di sì credo che mentirei. Giuro che ho visto la morte in faccia.
Non pensavo fossero giunti fino a qui e non ho pensato a portarmi dietro
un’arma. Isabel ti ha già chiamato?
Max annuì - Ha provato a farlo anche qualche istante fa ma dovevo pensare a
disintegrare l’alieno. Potrebbe richiamare da un momento all’altro oppure
tenterà con te. Forse adesso sta parlando con Michael… nel frattempo noi…
- Non conviene rimanercene qui. Incamminiamoci verso la base. Prima arriviamo
nella foresta e prima potremo essere al sicuro - affermò Tess afferrandolo per
un polso e tirandolo fuori di lì.
- Aspetta! Potrebbero essercene altri fuori di qui! Conviene che vada a
controllare mentre tu resti qui! - esclamò Max.
- No! Vengo anch’io.
- L’ultima volta che ti ho detto di rimanertene a casa e di non venire hai
fatto esattamente il contrario e sai benissimo che sarebbe stato meglio per
tutti che faceste quello che avevo detto! Non credo che tu voglia ripetere
l’esperienza della biblioteca… - attaccò Max sempre più irritato (vd Viaggio
nel Tempo).
- E’ stato otto anni e mezzo fa. Adesso sono grande e vaccinata! - ricominciò
Tess.
- No. Sei diventata solamente più insistente! - Max le puntò un dito contro -
Ora farai come ti dico. Stai qui! Mi saresti solamente d’intralcio.
Tess sbuffò cercando altri argomenti ma quando finalmente li aveva trovati lui
era già sparito. Camminò avanti e indietro nervosamente rivolgendo in
continuazione lo sguardo verso la porta elettrica. Ma quanto ci metteva? Oh,
eccolo che ritorna!
- Allora? Cattive o buone notizie? - domandò sarcastica.
Max non le diede retta - Cattive! Diciamo che c’è un intero esercito qua di
fuori! Stanno aspettando solo che noi usciamo. Mi sa che questa volta siamo
fregati!
Tess si morsicò le labbra e improvvisamente sentì che Isabel tentava di
collegarsi con lei. Guardò Max poi i suoi occhi assunsero l’espressione vacua
di quando non vedi più nulla attorno.
Max, capendo immediatamente che cosa succedeva, tenne puntata la pistola sulla
porta elettrica sperando che non entrasse nessuno. Di tanto in tanto guardava
Tess come per assicurarsi che funzionasse tutto a meraviglia. La quarta volta
che girò lo sguardo verso di lei era già da cinque minuti buoni che era in
comunicazione. Ma che cosa le stava dicendo Isabel? Forse aveva brutte notizie
di Michael? Sperava che non fosse così! Lo sperava con tutto il cuore perché
altrimenti avrebbe trovato il modo di raggiungere l’imperatore autoproclamato e
di ucciderlo a costo di giocare la propria vita.
Tess sparì sotto ai suoi occhi. Max abbassò la pistola giusto il tempo di
chiedersi cosa fosse successo e pensò che fosse stata rapita dagli alieni con
un nuovo tipo di teletrasporto. Ma perché proprio mentre comunicava con Izzy?
Pochi secondi dopo ecco che Isabel si mise in contatto con lui e capì la
situazione. Cinque minuti e fu teletrasportato nella base temporanea>>.
- Lì Tess ci spiegò quello che aveva trovato
nel libro - continuò a raccontare Max - C’era scritto che per sconfiggere le
forze del male ovunque c’era bisogno di equilibrare i quattro elementi: fuoco,
terra, acqua e aria. All’inizio né Isabel, né Michael, né io capimmo a cosa ci
servisse. Tess spiegò che anche loro erano quattro e potevano rappresentare i
quattro elementi. La cosa sembrava strana ma mi ricordai di quando abbiamo
equilibrato i poteri grazie a… - Max si fermò non riuscendo a continuare
sapendo che la bambina ormai non sarebbe più esistita. Non l’avrebbe mai più
rivista perché lui e Liz non si erano sposati e non avevano fatto una figlia
tre anni prima (vd Holy e/o
Piramide di Luce).
Isabel, capendo lo stato d’animo del fratello, proseguì per lui - …Holy. Quando
noi quattro siamo entrati in quello strano posto fatto di cristalli di cui vi
abbiamo parlato otto anni fa e ci siamo messi davanti alla sfera eravamo di
quattro colori diversi. Max era azzurro e ciò significava l’acqua, Michael era
verde e perciò era la terra, Tess era gialla o bianca (in realtà non si capiva
molto bene) e di conseguenza l’aria e infine io ero rossa: il fuoco (vd sempre
Piramide di Luce). La cosa più sensata da fare era
quella di andare nello spazio, a metà del raggio che divideva la Terra da Antar
e dove purtroppo infuriava ancora la tremenda battaglia che aveva abbandonato
Michael.
- Perciò decisi di costruire una astronave piccola e che attirasse poca
attenzione ma che al suo interno potesse avere tutti i comfort perché forse
avevamo deciso di tornare sulla Terra subito dopo per vedere come andavano le
cose… - Michael aggrottò la fronte come per ricordare che cosa successe dopo -
Siamo partiti. Ci furono diversi problemi a bordo a causa della fretta con cui
avevo dovuto assemblare tutti i pezzi e diverse volte ci siamo dovuti fermare
per riparare.
- Il solito pasticcione! - sorrise Maria stringendosi a lui.
Michael ricambiò e riprese a parlare - Una volta giunti a destinazione
lasciammo la navicella in disparte e prendemmo delle tute apposite con motori a
propulsione… sapete cosa sono giusto?
- Non siamo così retrogradi! Michael… ti sei dimenticato della tecnologia
terrestre? - esclamò Alex.
Michael alzò le spalle - Insomma! Siamo arrivati nello spazio…
- L’ hai già detto… - rise Maria - Avete preso le tute spaziali e poi?
- Siamo arrivati nel punto esatto che il computer di bordo aveva segnalato come
la metà del raggio. Non sapevamo ancora esattamente come tutto sarebbe potuto
funzionare ma avremmo dovuto attivare i nostri poteri…
- Cosa significa? - domandò Liz sgranando gli occhi e aggiustandosi un ciuffo
castano - Utilizzando i vostri poteri nello spazio avreste rischiato di
annientarvi l’uno con l’altro… o sbaglio?
Tess scosse la testa - Nel senso… E’ difficile da spiegare. Bastava che… come
dire… dovevamo attivarli senza usarli. Come se dovessimo solamente concentrarci
e essere pronti a usarli in caso di pericolo, solo in quel caso. Capito?
- Più o meno… - Kyle si sistemò meglio sul divano allungando le gambe davanti a
sé - E’ come stare per tirare nel canestro ma senza lanciare la palla.
- Bel paragone! Comunque sì… - Tess si piegò in avanti e appoggiò il mento su
una mano - Ci siamo collegati con la mente e c’è stata la luce… prima ci siamo
illuminati noi, poi lo spazio intorno e come un’onda luminosa si è sparsa
ovunque. Sulla Terra non l’ hanno capito ma… è andata fin oltre il vost… nostro
pianeta. La spiegazione di questo fenomeno che abbiamo generato potrebbe essere
che il vuoto, considerato come il quinto elemento, si sia saturato degli altri
quattro e sia scoppiato nocendo solamente a chi non era in grado di
affrontarlo… difatti, sul pianeta di origine dei nostri nemici si è scoperta la
non esistenza degli elementi… non c’è aria, né acqua, né fuoco e nemmeno la
Terra. Il pianeta vero e proprio è fatto di metallo e…
- … gli alieni vivono con zolfo e oro. Per questo hanno deciso di venire su
Antar e attaccarci. Da noi c’erano ancora molte miniere d’oro che si
ricostituivano molto in fretta. Molto più in fretta che qui sulla Terra di
conseguenza sarebbe stato comodo vivere lì e poter nutrirsi senza più problemi
- spiegò Max.
- Quindi l’ hanno fatto per sopravvivere? - domandò Alex.
- Sì. Il problema è che hanno ucciso migliaia di persone prima di riuscire a
raggiungere il loro scopo. Saremmo stati disposti ad accogliere scambi
commerciali utilizzando il metallo del loro pianeta come moneta. Era
indistruttibile e adatto ai viaggi nello spazio inoltre era leggerissimo e
avrebbe risparmiato un mucchio di carburante. Ma loro non ne hanno voluto
sapere e quasi non hanno ascoltato i nostri ambasciatori - spiegò Michael.
- Perciò sono stati distrutti perché il loro corpo non conosceva gli elementi…
ma come è possibile allora che sono riusciti a sopravvivere su Antar o sulla
Terra per tutto quel tempo? - chiese Liz abbracciandosi le ginocchia.
- Non lo sappiamo per certo. Esistono diverse supposizioni come ad esempio dei
filtri in grado di far rimbalzare le radiazioni della materia. Oppure usavano
delle pozioni o roba simile. Però non funzionavano mai al cento per cento e
infatti è stato provato che la mortalità media tra gli alieni era diminuita del
venti per cento.
- Morivano prima? - Maria si alzò in piedi per andare a prendere un bicchiere
d’acqua - Cambiando discorso… poi siete venuti subito sulla Terra?
Michael guardò Max nervoso - No. Dovevamo tornare sul nostro pianeta. E’ solo
da ieri che siamo tornati qui.
Sembrava che stessero per annunciare a tutti qualcosa di terribile - Forza,
sputate il rospo! Cosa sono quelle facce? - domandò Liz stiracchiandosi.
- Siamo tornati per sapere se eravate ancora vivi e per dirvi addio - mormorò
Max.
Liz spalancò gli occhi, Kyle si sedette teso osservando tutti gli altri ad uno
ad uno.
Maria urlò - Cosa?!
Alex esclamò - State scherzando, vero?
Isabel scosse la testa - E’ giusto che torniamo al nostro pianeta. Siamo stati
creati per dirigerlo, per portarlo alla prosperità. Se lo abbandonassimo è come
se rinnegassimo le nostre origini.
Maria si prese la testa tra le mani - Ma perché… perché! Ho perso mio padre, ho
perso mia madre e ora dovrò perdere anche te, Michael! Dovrò perdere tutti voi…
- Nemmeno noi siamo contenti di questa situazione - rispose Max.
Liz si alzò furiosa e lo fissò dritto negli occhi - Allora perché mi hai fatto
riacquistare la memoria? Se non mi fossi ricordata niente non avrei avuto modo
di soffrire! E inoltre, avrei aiutato Alex, Maria e Kyle a dimenticarvi
mediante un lavaggio del cervello. Ho delle conoscenze ad Atlanta che
l’avrebbero potuto rendere possibile.
- Calmati Liz. Non potevo non rivedere i tuoi occhi per l’ultima volta. Senza
aver visto quello sguardo ancora una volta non avrei potuto continuare ad
andare avanti… e l’unico modo perché mi guardassi in quel modo era far sì che
riacquistassi la memoria…
- E non ci pensi a lei, Max? - esclamò Maria - Hai pensato solamente che avevi
bisogno della sua memoria, ma i suoi sentimenti? E lo stesso tu, Michael. Avrei
preferito sapere che fossi morto piuttosto che essere a conoscenza che sei vivo
a milioni di anni luce da qui… - la ragazza quasi scoppiò in un pianto
convulso.
Liz la raggiunse e la abbracciò - Vedrai Maria, supereremo anche questo.
- Io sono vissuta solamente per Michael, solo per lui. Ho resistito solamente
per poter rivederlo e vivere insieme con lui. Fino a poco prima sul divano mi
aveva detto che saremmo stati insieme per sempre e adesso vengo a sapere che è
si appresta a dirmi addio.
- Liz, adesso ascoltami! - Max la prese per le spalle e la girò verso di lui -
Perché non avresti voluto ricordarti del passato? Credi di aver passato dei
brutti momenti? Non siamo stati bene tutti e otto insieme?
Liz lo spinse via - Dipende se quei ricordi si fossero ripetuti nel tempo.
- Tutti e otto assieme… per tutta la vita saremmo potuti rimanere un gruppo.
Voi quattro avete intenzione di andarvene… di distruggere tutto ciò che abbiamo
costruito! - Kyle si alzò in piedi e si diresse verso la porta di uscita - E’
stato bello finché è durata… Addio Tess, addio ragazzi.
Liz fissò Kyle andarsene e scomparire. I suoi lineamenti assunsero
un’espressione decisa e si diresse verso il divano. Prese Christa tra le
braccia e con un segno della testa fece segno agli altri due terrestri.
- Aspetta Liz… - bisbigliò Max.
- Ci vediamo Max - Liz accennò un sorriso enigmatico come se stesse rimuginando
qualcosa.
- Ma Liz… - replicarono Maria e Alex insieme.
Liz, di nascosto, fece loro l’occhiolino. Gli altri due uscirono sorpresi nel
cortile seguiti immediatamente da Liz.
- Ciao Michael - gridò Maria dall’esterno.
- A dopo Isabel - urlò invece Alex.
I quattro alieni rimasero a guardarsi l’uno con l’altro increduli del loro
strano comportamento.
- Perché non ci hanno detto addio come ha fatto Kyle? Hanno ancora intenzione
di rivederci? Dobbiamo partire alla svelta adesso! - sostenne Tess.
Max guardò dalla finestra le tre sagome allontanarsi - Mi sembra molto strano.
- Anche secondo me c’è qualcosa sotto - confermò Michael avvicinandosi
all’amico.
- Aspettate ragazzi. Che cosa dovremmo sospettare? Non possono sicuramente
impedirci di partire… e se avessero solamente voluto in quel modo fare finta
che ci saremmo visti ancora? Può darsi che lo facciano per soffrire meno. Credo
che farò anch’io così. Devo ammetterlo che abbiamo passato dei bei tempi qui
sulla Terra assieme a loro… assieme ad Alex - teorizzò Isabel.
Il piano di Liz
Il cielo si tinse nuovamente dei colori caldi
del primo pomeriggio mentre l’aria tiepida d’autunno si spargeva ovunque sulla
città di Roswell in costruzione.
Liz Parker era chinata su Christa con una delle piccole mani nelle sue. Sperava
che si riprendesse. Aveva contratto un po’ di febbre ma non era grave. Sarebbe
guarita in fretta.
La lasciò insieme a una donna che riconobbe essere una delle sue compagne di
classe. Avevano chiacchierato sui tempi andati insieme a Maria e ad Alex. Poi
decise di raggiungere Kyle che si diceva stava nei pressi del vecchio Comune in
via di ricostruzione completa.
Lo individuò mentre stava questionando con un uomo sui quarant’anni.
- Kyle! - chiamò Liz.
Kyle si interruppe un momento e li fissò, dopo riprese la discussione che
tagliò immediatamente per raggiungerli.
- Ciao ragazzi. Avete deciso di darmi una mano qui? - sorrise Kyle.
Maria scosse la testa - Che cosa stava succedendo? Ci sono problemi riguardo
alla restaurazione?
Kyle aggrottò la fronte - Siamo indecisi sul fatto di ricostruire il Crashdown
e l’Ufo Center. Vi ricordate che comunque la nostra città è stata la prima ad
avere testimonianze dirette. Probabilmente la gente non vorrà più sentire
parlare di alieni!
- Ma non è giusto! Non tutti gli alieni sono così… - replicò Alex scaldandosi.
- Tranquillizzati Alex. Stavo appunto dicendo che forse sarebbero potuti ancora
essere attrazioni per turisti. Sarà difficile però convincere il sindaco
temporaneo… - rispose Kyle.
- Sindaco temporaneo? Da quando in qua un uomo che non ho mai visto a Roswell è
diventato sindaco? - domandò Maria.
- Ragazzi. Siamo qui per altre questioni se ben ricordo - interruppe Liz
spazientendosi.
- Ops, scusa - rise Maria - Mi sono lasciata prendere…
Liz alzò le spalle ricambiandola con il suo vecchio sorriso.
- Allora? Che cosa succede? - domandò Kyle pulendosi le mani sui calzoni.
- Liz ha avuto un piano folle ma credo che possa essere una soluzione
accettabile per tutti e quattro - spiegò Alex.
- Partiamo assieme a loro! - chiarì Liz semplicemente.
- Cosa intendi dire? - esclamò Kyle appoggiandosi dubbioso le mani sui fianchi.
- Intende dire che grazie alla sua pietra ci intrufoleremo dentro l’astronave e
partiremo per Antar assieme a loro senza che lo sappiano! - interpretò Maria.
Kyle sorrise nervoso - Siete pazzi! Credete che una cosa del genere possa
funzionare? Inoltre lascereste tutto qua in questo modo?
- Non abbiamo più nessuno Kyle. Che senso ha rimanere quando tutto ciò che
amiamo non ci sarà più accanto? - strillò Liz.
- Abbassa la voce. Qualcuno potrebbe sentirci - bisbigliò Alex.
Kyle indurì lo sguardo - Chi lo ha detto? Amy e tua madre Liz sono fuggite quel
benedetto giorno di tanti anni fa. Non credi che potrebbero tornare se sono
vive? Avrei tanto voluto che anche mio padre avesse seguito il loro esempio ma
ormai non c’è più. Non per questo abbandonerò la mia Terra… può darsi che loro
non ci vogliano e ci spediscano indietro e quindi sarà stato comunque inutile.
- Kyle… e Tess? - domandò Maria.
Kyle voltò il viso dall’altra parte - Non credo che ormai valga più la pena di
pensare a lei. Io servo qui, la città senza di me sarebbe perduta. Voi andate
se volete.
Liz sorrise dolcemente e gli si avvicinò - Va bene Kyle. Pensaci su comunque…
noi ti aspetteremo fino alla fine - lo strinse in un forte abbraccio
amichevole.
- Sì. Fino a che ci sarà possibile noi ti aspetteremo, Kyle. Metticela tutta! -
sorrise Maria e anche lei lo abbracciò.
Fu il turno di Alex - E’ ora di salutarci campione. Spero di rivederti un
giorno.
- Anch’io - i due ragazzi si strinsero la mano.
- Siamo arrivati. E adesso che facciamo? -
domandò Maria.
I tre ragazzi osservavano la grotta perplessi - Non sono più così sicura di
fare la cosa giusta. Ho abbandonato Christa per seguire un sogno momentaneo…
forse Max svanirà, mi dimenticherò nuovamente tutto e mi risveglierò nei
sotterranei di Atlanta spaventata perché c’è stato un nuovo attacco nemico.
Alex mise un braccio sulle spalle di Liz e la strinse a sé - Coraggio. Un
giorno torneremo.
- Lo spero. Volesse il cielo che Kyle abbia ragione per quanto riguarda mia
madre… magari adesso mi sta cercando. E non mi troverà, non troverà più nessuno
di noi. Noi non ci saremo più - bisbigliò Maria.
Liz sorrise e prese la sua mano - La rivedrai se è viva perché anch’io tornerò
qui. Lo so per certo. Tu e Alex verrete con me quando sarà il momento. Forza
ragazzi, è ora di partire per un nuovo viaggio.
Liz tenne stretta la mano di Maria che a sua volta prese quella di Alex. La
prima ragazza strinse la pietra e una luce intensa li coprì e quando sparì non
c’era più nessuno. Erano entrati nell’astronave senza bisogno di mettere la
mano sull’impronta verde calcata sulla roccia all’interno.
- Avete visto? - domandò Michael - Cosa sarà stato?
Max socchiuse gli occhi - Forse la Terra che ci dà l’addio.
I quattro ragazzi, tristemente, entrarono nell’astronave. Non avevano più
rivisto né Liz, né Alex, né Maria. L’unico che erano riusciti a rintracciare
era stato Kyle che aveva spiegato loro che i tre ragazzi terrestri erano
partiti per un lungo viaggio per località ignota.
DIRETTAMENTE DAL RADIO GIORNALE. Vi informiamo
che ovunque sulla Terra sono in atto operazioni di ricostruzione e
ristrutturazione. Il nostro pianeta continua il suo ciclo vitale nonostante le
grandi perdite subite. Il giorno in cui la guerra interstellare è finita sarà
ricordato come il giorno in cui gli esseri umani hanno ritrovato la pace, il
giorno in cui nessuno subirà più violenze, dove le armi non esisteranno più e
dove molte conoscenze saranno andate perdute. Per questo dobbiamo ringraziare
tutti i cittadini che hanno perduto la vita in questi lunghissimi otto anni di
guerra e dedicheremo loro tutte le nostre preghiere e soprattutto la nostra
vita. Inoltre auguro a tutte le famiglie di riunirsi e spero che un giorno
ricorderete questi anni come un piccolo angolo buio della vostra vita, perché è
impossibile dimenticare ma si può sempre serbar ricordo senza dolore. Sarà
difficile ma tutto è possibile. Grazie. E’ tutto da Amy DeLuca.
Scritta
da Acqua
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