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AMORI PERICOLOSI


Riassunto: Seguito di “Alieni”. Per i nostri amici i guai sembrano non aver mai fine, ma cosa ci si può aspettare quando le proprie origini sono dall’altra parte della galassia?

Data di stesura: dal 12 al 19 agosto 2001.

Valutazione: adatto a tutti, o quasi…

Diritti: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

La mia e-mail è  ellis@roswellit.zzn.com


Sospirò agitandosi senza riaprire gli occhi, poi sentì il lento battito del cuore e si tranquillizzò. Dalla finestra socchiusa giungeva attutito il rumore delle auto che correvano lungo la strada sottostante. Forse fu questo a svegliarla, o forse fu il sommesso respiro che le sfiorò la fronte. Batté lentamente le palpebre finché riuscì a mettere a fuoco il volto vicino al suo. Sentì la gola serrarlesi per l’emozione. In realtà quella era la seconda volta che dormiva accanto a lui, ma quel giorno sua madre li aveva risvegliati bruscamente e non c’era stato il tempo di prendere coscienza del calore del corpo sdraiato contro di sé. Ora, invece, poteva sentire il suo fiducioso abbandono nel sonno e sorrise intenerita. Ad un tratto si accorse che anche lui aveva aperto gli occhi ed il sorriso le si accentuò. - Ciao… - disse piano.
Michael la guardò a lungo, soffermandosi sulle sue labbra. - Ciao - rispose, poi si allungò verso di lei per darle un piccolo bacio. - Come ti senti? -
- Molto meglio, grazie -
- Quando sei scomparsa dal mio fianco mi sono sentito morire - Il giovane parlò con voce sorda, ancora incapace di venire a patti con l’orrore di quei momenti, e la sua mano, come animata di vita propria, scivolò verso la guancia di Maria. - Ma ora sei di nuovo qui… -
La ragazza lo fissò in silenzio per qualche secondo poi, muovendosi lentamente, si mise a sedere e, senza lasciarlo con lo sguardo, si sfilò la maglietta ed il reggiseno.
Trattenendo quasi il respiro Michael si raddrizzò a sua volta e si sbottonò la camicia.
Rimasero a guardarsi a lungo, seri in volto, consapevoli di quello che provavano l’uno per l’altra e, per la prima volta, decisi ad accettarlo fino in fondo.
Non più paralizzato dai suoi timori e dalle sue insicurezze, Michael accennò un sorriso. - Ti amo - bisbigliò prima di stringerla fra le braccia e riadagiarsi sul cuscino.
Fecero l’amore con struggente dolcezza, timorosi di frantumare quel sogno delicato come il cristallo, e dopo giacquero strettamente allacciati.
- Non lasciarmi mai più, Michael, ti prego! Non potrei sopportarlo… - Maria era distesa contro di lui, gli occhi chiusi e una mano sul suo cuore per meglio assaporare quel momento di pace.
- Mi dispiace per tutto il male che ti ho fatto… Io… non sapevo cosa fare… Non avevo niente da darti… non ho niente… -
- Shh! - Maria raddrizzò bruscamente la testa e lo guardò negli occhi. - Non devi dire così! - lo rimproverò mettendogli un dito sulle labbra. - Tu non sei “niente”! Sei un dolcissimo alieno che ha smesso di aver paura di una povera ragazza terrestre!… - aggiunse sorridendo, poi gli passò un braccio sul torace e gli diede un bacio mozzafiato che annullò in un istante qualsiasi pensiero, mentre i loro corpi tornavano a cercarsi con rinnovato ardore.
Era ormai l’ora del tramonto quando si alzarono, e Michael seguì la ragazza in cucina. - Come mai tua madre non è ancora rientrata? - chiese incuriosito. - Non che abbia sentito la sua mancanza, sia chiaro… -
A quelle parole Maria si mise a ridere. - Merito dello sceriffo, credo. Probabilmente sarà corsa da lui per avere la conferma di quello che le ho detto, e poi saranno finiti a cena da qualche parte! - Aprì il frigorifero per controllarne il contenuto. - Qui c’è un po’ di tutto, oppure preferisci andare al Crashdown? -
- Forse è meglio uscire. Non mi va l’idea che tua madre possa tornare da un momento all’altro e magari scoprirci mentre stiamo facendo questo… - e si avvicinò a lei prendendola per i fianchi e attirandosela contro per poi baciarla con foga.
Quando riuscì di nuovo a respirare la ragazza gli mise una mano sulla spalla per scostarsi da lui. - Sì, forse è meglio… - mormorò, poi si volse a chiudere lo sportello del frigo rimasto aperto e gli indicò una porta. - Lì c’è il bagno, io intanto vado a cambiarmi -
- Ok - Michael la guardò allontanarsi mentre il cuore gli batteva ancora forte per l’eccitazione. “Adesso capisco perché Max non riesce a smettere di pensare a Liz…”
Più tardi, mentre varcavano la soglia del Crashdown Café, quasi si scontrarono con Amy, la madre di Maria.
- Mamma! Pensavo fossi con lo sceriffo! -
La donna sorrise suo malgrado. - Sì, in effetti… Ma poi lo hanno chiamato dall’ufficio, tanto per cambiare, e così ho finito di cenare da sola, poi sono rimasta a dare una mano alla signora Parker: stasera ci sono molti clienti! -
Maria si rabbuiò. - Oh, questo vuol dire che Liz non potrà unirsi a noi… -
- Beh, direi proprio di no. Non c’è! -
- Come, non c’è!?! -
Amy si strinse nelle spalle. - Non so dirti se sia rimasta in camera sua o sia uscita, so solo che non è nel locale -
A quel punto intervenne Michael. - Forse, visto che domani deve tornare all’università, ha preferito passare la serata fuori… -
Maria fece per osservare qualcosa ma una rapida occhiata dell’amico la fece tacere.
- Mah, sì, può essere. Stavate venendo qui a cena? - E al cenno affermativo della figlia aggiunse: - Allora ci vediamo dopo, ma non fare troppo tardi, mi raccomando! -
- Va bene. Ciao -
- Ciao - Diede uno sguardo diffidente a Michael, poi si aggiustò i capelli dietro l’orecchio e se ne andò.
Rimasti soli i due giovani si volsero verso la porta a vetri del locale.
- Pensi davvero che Liz sia uscita con Max? - domandò titubante Maria.
- No. Dopo quello che è successo ieri notte non credo che Max abbia voglia di farsi vedere in giro rischiando di incontrare Milton… Quell’uomo è davvero incredibile: se si mette qualcosa in testa non lo ferma più nessuno, e se è convinto di aver riconosciuto Max… -
- Allora forse Liz è andata a casa sua! -
- Senza dirti niente? - Michael la guardò significativamente. Liz e Maria erano amiche fin da bambine e, dato che quella era l’ultima sera che la ragazza trascorreva in città, gli sembrava molto difficile che non si fosse messa in contatto con lei.
- Oh, ma insomma! Pensi che sia stata di nuovo rapita dagli alieni? - chiese Maria sbuffando.
- Forse, ma non da uno qualsiasi… -
I due si scambiarono un’occhiata ammiccante, poi Michael spinse la porta. - Dai, entriamo! -
Stavano ancora mangiando quando videro Liz passare a testa bassa fra i tavoli.
Maria si affrettò a chiamarla. - Ehi, Liz! Liz! -
La ragazza quasi sobbalzò nel sentire il suo nome, poi si guardò intorno e vide i due amici. Accennando un sorriso si avvicinò loro ma scosse la testa quando la invitarono a sedersi. - No, sto uscendo - disse semplicemente.
- Ti vedi con Max? - Maria era molto perplessa. Liz sembrava triste, stanca. Che cosa le era successo? Forse non si era ancora ripresa dalla brutta avventura della notte precedente?
- Sì, sto andando da lui -
- Ehi, ma ti senti bene? Hai una faccia… -
- Vuoi che ti accompagniamo? - si offrì Michael, che non riusciva a capire il motivo del suo evidente disagio.
- No, grazie. - Qualcosa, nel tono di voce di Michael, dovette tuttavia colpirla perché guardò meglio la coppia e per un attimo il volto le si schiarì. - Cos’è successo? Sembrate… diversi… - disse incuriosita.
- Si vede? - esclamò Maria preoccupata.
- Sì. Allora? -
- Meglio non parlarne qui - La ragazza prese una manciata di dollari e la depose sul tavolo. - Andiamo! -
Mentre camminavano diretti alla jeep Maria prese l’amica sottobraccio. - Michael si è dichiarato! - bisbigliò sorridendo tutta contenta.
Liz spalancò gli occhi sorpresa. - Davvero? Beh, era ora! - Poi si rese conto del luccichio dei suoi occhi e all’improvviso capì. - Oh, Maria! Sono così felice per te! - e l’abbracciò mentre una lacrima importuna le scivolava lungo la guancia.
Sentendola tirare su col naso Maria la scostò da sé. - Ehi, non c’è mica bisogno di commuoversi così! - disse ridendo.
A quelle parole la ragazza scoppiò in lacrime e tornò ad abbracciarla.
Perplessa, Maria cercò di calmarla accarezzandole affettuosamente i capelli. - Shh, tranquilla… Va tutto bene… Va tutto bene… - e lanciò un’occhiata perplessa a Michael, che si strinse nelle spalle.
Mentre la jeep procedeva verso la casa degli Evans Maria si girò a guardare Liz, seduta dietro e assorta nella contemplazione della strada. - E’ successo qualcosa con Max? Preferisci che andiamo a casa mia? -
Dopo un breve silenzio Liz sembrò scuotersi. - No, va bene così. Solo non ho voglia di parlarne, scusami… -
- Figurati! - Sempre più perplessa la ragazza guardò Michael mordicchiandosi il labbro inferiore. Liz era davvero strana, quella sera…
Quando finalmente giunsero davanti all’abitazione degli Evans fu Max ad aprire, e nel vedere Liz tese le braccia verso di lei e se la strinse al petto poggiando la guancia contro la sua testa, il cuore stretto dall’angoscia nel sentirla piangere silenziosamente.
- Ciao, Max - lo salutò Maria sommessa, mentre Michael si limitò a fare un cenno di saluto con la mano.
Il giovane diede a Liz un bacio sui capelli poi le accarezzò il viso asciugandole le lacrime con la punta delle dita. - Andiamo in camera mia - disse piano guardando di sfuggita i suoi amici.
Mentre si avviavano al piano superiore incontrarono Isabel, che li guardò sorpresa. - Ehi, ciao! Dove state andando? -
- Di sopra. Vieni anche tu? -
- Certo! - Isabel si affrettò a seguirli. Qualsiasi scusa era buona per distrarsi e non pensare più all’espressione di Alex quando se n’era andato quella mattina, dopo averla salutata sulla porta di casa.
Non appena si furono accomodati dove trovarono posto, Maria cominciò a parlare. - Michael ed io siamo andati a cena al Crashdown, pensando che vi avremmo trovati lì - disse come a chiedere spiegazioni.
- Abbiamo preferito restare a casa, visto che domani ritorniamo all’università. Ormai i nostri genitori ci vedono così di rado… -
A quelle parole Michael sbuffò alzando gli occhi al cielo, poi cambiò posto mettendosi a sedere in terra e attirò a sé Maria divaricando le gambe per farla accoccolare contro di lui. - Noi, invece, siamo usciti proprio per evitare di incontrare sua madre! - disse con un sogghigno divertito.
Max lo guardò impassibile, mentre Liz si strinse nervosamente le mani. - Avete fatto bene… - mormorò con un filo di voce.
- Cosa vuoi dire? - intervenne Maria, che ad un tratto credette di capire. - Oh, no! Vuoi dire che… - poi s’interruppe imbarazzata.
- No, non eravamo a letto insieme. Almeno non in quel momento - precisò Liz, decisa una volta per tutte a parlare chiaro e tondo. Sentiva accanto a sé la presenza rassicurante di Max e aveva bisogno di sfogarsi, nonostante il disagio che le derivava dal dire certe cose ai suoi amici. - Ma naturalmente vederci fare colazione insieme non gli è andato giù, così abbiamo litigato e sono stata tutto il giorno chiusa in camera mia. Io non ce la faccio più, vorrei che la smettessero di prendersela con Max, che accettassero il fatto che stiamo insieme, e invece ogni volta minacciano di separarci! -
- Vuoi dire che non ti mandano più ad Albuquerque? - esclamò ansiosa Maria.
Il viso di Liz divenne di pietra. - Se osassero provarci non mi vedrebbero più! -
- Liz, cerca di capirli, per loro sei sempre una bambina… - intervenne Isabel con tono conciliante. - Anche i nostri genitori hanno faticato ad accettare l’idea di te e Max insieme! -
La ragazza non rispose ma si appoggiò al fianco del giovane abbracciandolo alla vita, e lui le posò una mano sulla spalla stringendola a sé. - Non è così semplice, Isabel… - La voce di Max era sommessa, quasi riluttante.
- In fin dei conti noi abbiamo l’esperienza di una vita precedente, e i nostri genitori lo sanno. Invece Liz ha davvero solo diciott’anni, e a quest’età non sempre si è in grado di fare le scelte giuste. E questo è quello che i suoi temono… -
- Beh, considerando il fatto che tuo padre è un noto avvocato, mentre il mio era un ubriacone quasi sempre disoccupato, non oso pensare alla reazione della madre di Maria quando saprà che stiamo insieme! - borbottò Michael guardando pensoso la ragazza.
- Vuoi dire…? - Max sorrise e tese un braccio verso l’amico per stringergli la mano. - Congratulazioni! Finalmente ti sei deciso! -
Anche Isabel sorrise contenta e si inginocchiò accanto a Michael per abbracciarlo. - Trattala bene, mi raccomando! - disse allegramente.
- Già, altrimenti immagino cosa mi fareste tutti quanti, se appena appena la maltrattassi un po’! - disse lui, facendo subito dopo una smorfia di dolore per la gomitata che Maria gli diede nello stomaco. - Ma perché nessuno dice a lei di trattare bene me? -
A quelle parole Liz sembrò rasserenarsi un poco. - Tu non darle motivo di farlo… - mormorò accennando un sorriso che tuttavia non le raggiunse gli occhi.
- Vado a prendere qualcosa da bere per festeggiare! - disse Isabel alzandosi in piedi.
Quando tornò portava un vassoio colmo di stuzzichini e lattine, e dopo averlo deposto sulla scrivania accese lo stereo del fratello. - Adesso basta parlare di cose serie! - Distribuì in fretta i bicchieri di carta e le bevande, poi alzò il braccio per fare un brindisi. - A Michael e Maria! - esclamò.
Erano circa le dieci e mezza quando un discreto bussare alla porta attirò l’attenzione del gruppo.
- Ragazzi, scusate se vi disturbo, ma si è fatto tardi… - disse la signora Evans affacciandosi timidamente.
- Oddio, è vero! Devo rientrare subito! - Maria scattò in piedi, subito imitata da Michael, mentre Max si girò verso Liz. - Vuoi rimanere a dormire qui? -
Lei lo guardò negli occhi, desiderando con tutta se stessa di passare quell’ultima notte tra le sue braccia. Non era possibile, naturalmente, ma restare in quella casa, così vicina a lui, era meglio di niente così sorrise ed accettò. - Però sarà meglio che telefoni ai miei, anche se l’idea non mi attira molto… - Poi si alzò e seguì gli altri in soggiorno.
Dopo lo scambio di saluti Liz estrasse il proprio cellulare e chiamò per avvertire che non sarebbe rientrata poi, sentendo la reazione alterata della madre, sospirò rassegnata e tolse il contatto.
Senza dire nulla la signora Evans le porse un asciugamano pulito.
Commossa, la ragazza lo prese e se lo strinse al petto. - Grazie… - disse piano.
Mentre Max accompagnava Maria e Michael alla porta quest’ultimo lo guardò con la coda dell’occhio. - Tu come fai, con Liz, a…? - chiese a voce bassissima.
Il giovane lo fissò un attimo senza capire, poi annuì. - Oh, intendi dire… La controllo -
- Già, lo immaginavo. Beh, io non ho le tue capacità, come diamine posso fare? -
- Verifica lo stato molecolare. Questo puoi farlo, no? -
- Sì, giusto! Grazie, sei un vero amico! -
Max sorrise scuotendo la testa. - Buonanotte… -
- Buonanotte! - Facendo un gesto di saluto col braccio Michael allungò il passo e raggiunse Maria, che lo aveva preceduto verso la jeep. - Di cosa stavate parlando? - gli chiese mentre saliva sulla vettura.
- Oh, niente d’importante. Mi ha detto come fare per verificare se ti ho messa incinta -
- E come?!? -
Invece di rispondere Michael le mise una mano sullo stomaco e chiuse gli occhi per concentrarsi. - Mi sembra tutto in ordine… -
- Come fai a dirlo? - domandò lei sorpresa.
- Non so. Non mi è sembrato di avvertire nulla di strano… -
- Oddio, Michael! - Esasperata Maria si allacciò la cintura di sicurezza. - Andiamo, dai, che si è fatto tardi! -
Nel cuore della notte Max si svegliò d’improvviso. Aveva faticato ad addormentarsi e il suo era stato un sonno agitato, poi d’un tratto aveva spalancato gli occhi completamente desto. Per un attimo rimase ad ascoltare il silenzio che regnava in casa, poi si alzò e senza far rumore scese in salotto, dove Liz dormiva tranquilla sul divano. Lentamente si accovacciò con la schiena contro il muro, a pochi passi da lei, si strinse le ginocchia al petto poggiandovi sopra il mento e rimase a guardarla.
Non si accorse della sorella che, ad un certo punto, scese a sua volta e, nel vederlo in assorta contemplazione della ragazza, si morse le labbra e si ritirò silenziosamente per non farsi scoprire.
Appena le prime luci dell’alba filtrarono attraverso le tende ricamate Liz si svegliò e spalancò gli occhi nel rendersi conto della presenza di Max. Gettando da un lato il lenzuolo che la copriva si alzò per andare da lui.
Il giovane la strinse per un attimo a sé assaporando il calore del suo corpo a malapena coperto dalla maglietta di cotone con cui aveva dormito, poi la baciò con tenerezza. - Vado a vestirmi, così ti riaccompagno a casa - disse piano.
- Ok - Liz lo lasciò andare a malincuore, poi tornò verso il divano e s’infilò i jeans e le scarpe da ginnastica, l’espressione tesa al pensiero dei suoi genitori.
Consapevole dei suoi timori, Max avrebbe voluto rimanerle accanto mentre li affrontava ma la ragazza riuscì a dissuaderlo. - Devo farcela da sola, anche questo è un modo per fargli capire che ormai so badare a me stessa, comunque ti ringrazio per l’offerta… - Liz lo guardò per un attimo negli occhi, poi gli buttò le braccia al collo. - Cosa farei senza di te? - bisbigliò stringendolo forte.
Max ricambiò l’abbraccio e la baciò come se non volesse lasciarla andare.
- Oh, Max, perché non riescono a capire? - chiese Liz, quando infine si separarono.
- Non lo so - Il giovane le sfiorò il volto in un’ultima carezza prima di scendere dalla macchina per andare ad aprirle lo sportello. - Resterò qui finché non sarai dentro casa, ma se dovessi avere problemi non esitare a chiamarmi, va bene? -
- Sì, grazie - la ragazza gli sorrise riconoscente poi si aggiustò la cinghia della borsa sulla spalla ed attraversò la strada. Aveva appena raggiunto il marciapiede davanti all’ingresso secondario del Crashdown quando vide suo padre aprire la porta. Trattenne per un attimo il respiro, evidentemente aveva sentito il rumore dell’auto e l’aveva vista scendere, poi si fece coraggio ed entrò.
- Beh, non dici niente? - disse l’uomo con voce dura.
- Avevo avvertito mamma, ieri sera. Non te l’ha spiegato? - Liz si diresse spedita verso la sua stanza e radunò le ultime cose che aveva lasciato sulla scrivania e che doveva ancora infilare nella valigia, rimasta aperta sul letto dal giorno prima.
- Liz, ma cosa ti è successo? Non ti eri mai comportata così, prima! Ti rendi conto dei rischi che corri? -
- Quali rischi? - Si voltò per guardarlo in faccia. - Papà, Max è un ragazzo meraviglioso, te l’ho già detto un’altra volta, ricordi? Io ho fiducia in lui, e vorrei che tu avessi fiducia in me! E ti prego di non tirar fuori la storia dell’età! -
- Sei proprio decisa… -
- Sì, papà, e ti assicuro che non c’è niente che possa farmi cambiare idea! -
- E gli Evans? -
- Sono di mentalità molto aperta, credimi… - mormorò Liz finendo di riempire il beauty case.
- Cosa vuoi dire? -
La ragazza serrò le labbra arrabbiata con se stessa. Se non faceva attenzione rischiava di dire qualcosa di avventato! Inspirò a fondo per prendere tempo poi tornò a fissare il padre. - Loro hanno accettato la nostra relazione e ci trattano come due adulti responsabili, ecco tutto! E’ troppo chiedere la stessa cosa da voi? -
- Non essere impertinente! -
In quel momento sopraggiunse anche sua madre, che aveva sentito le ultime frasi scambiate con voce sempre più alterata. - Per favore, non litigate così! - disse intrecciandosi nervosamente le mani. - Liz, tuo padre ed io eravamo disperati quando ci dissero che eri stata investita e che ti trovavi in ospedale… Abbiamo temuto di perderti, ma poi è arrivato Max… Cara, gli dobbiamo la tua vita, non l’ho dimenticato, credimi! Però sapere che voi due… Mi dispiace ma è più forte di noi… -
A quelle parole Liz si sedette sul letto e guardò entrambi i suoi genitori. - Io non voglio che voi accettiate Max solo per gratitudine… - disse con voce spezzata. - Io voglio che lo accettiate per quello che è, e perché io lo amo. Non mi sembra di chiedere troppo!… -
La madre si portò una mano stretta a pugno contro la bocca. “Tu hai ragione, piccola, ma come posso accettare il fatto che non sia più la mia bambina? Io non riesco a vederti come una donna…”
- Chiedo troppo? - insisté Liz senza più riuscire a trattenere il pianto.
D’impulso la signora Parker corse verso di lei e se la strinse al petto. - No, tesoro, no… - mormorò desolata.
Con un senso di amara impotenza il marito osservò per un poco la scena poi s’incamminò verso la porta. - Devo andare ad aprire il locale - disse, ma mentre passava accanto alla figlia tese un braccio e, dopo una breve esitazione, le fece una leggera carezza sulla testa.
Una volta rimaste sole, la donna si scostò da Liz e la guardò con un misto di affetto e rimpianto. Ormai la sua bambina era cresciuta, e doveva farsene una ragione. Sospirando tese una mano per aiutarla ad alzarsi. - Vieni, ti aiuto a finire di preparare i bagagli… - mormorò.
Dopo una sostanziosa colazione caricarono tutto quanto sulla macchina e Liz abbracciò il padre per un ultimo saluto. - Non devi preoccuparti per me, papà, credimi! - ripetè ancora una volta, prima di sparire all’interno della vettura.
Max ed Isabel, invece, lasciarono Roswell subito dopo pranzo con l’auto della ragazza.
- Non sarebbe ora che ti comprassi un’altra macchina? - disse Isabel con tono discorsivo mentre il fratello s’immetteva sull’interstatale.
- Cosa c’è, hai paura che te la rovini? - chiese lui senza distogliere lo sguardo dalla strada.
- No, stupido! Solo che, forse, sarebbe più comodo per te, no? -
Il giovane si strinse nelle spalle e continuò a scherzare con lei anche durante il volo per Albuquerque.
Arrivati al campus impiegarono pochissimo tempo a sbrigare tutte le formalità ed in breve si ritrovarono davanti alla mensa.
- Chi è il tuo compagno di stanza? - chiese Isabel incuriosita mentre si serviva da bere.
- Tony Warner, è quello seduto al tavolo vicino alla finestra laggiù - Max fece un cenno con il capo e la sorella si girò nella direzione indicata. - Oh, sì, ho capito. Che tipo è? -
- Maniacalmente ordinato, da quel poco che ho visto! -
- Senti chi parla… - commentò lei ridendo, poi aggiunse: - Io sto con una certa MaryJo Harris. A dire il vero non l’ho ancora vista, in segreteria mi hanno detto che arriverà solo domani, però ho incontrato Patricia, la compagna di stanza di Liz, te la ricordi? -
- Sì, certo - Max si guardò intorno come cercando qualcuno, e la sorella gli diede una piccola spinta invitandolo a muoversi. - Liz è seduta al tavolo dietro di te. Se ti spicci potrai sederti vicino a lei, altrimenti non troverai più posto! -
- Oh! Grazie! -
Scuotendo il capo divertita la ragazza continuò a riempire il vassoio poi seguì il fratello fino al tavolo dove Liz, che si era accorta della loro presenza, li stava aspettando con visibile ansia.
Pat, la sua amica, riconobbe subito Max e gli strinse la mano. - Ehi, ciao, piacere di rivederti! - esclamò allegra, prima di fare un cenno di saluto anche ad Isabel. - Allora, com’è andato il viaggio? Tutto sommato Roswell non è molto lontana, vero? -
- No, infatti - Max rispose distrattamente e sorrise a Liz, poi tese una mano sul tavolo fino ad intrecciare le dita con le sue. - Ciao… - disse piano.
- Ciao… - Liz ricambiò il sorriso e la stretta prima di girarsi verso Isabel per salutarla.
- Ehi, lo sapete che dopodomani ci sono le selezioni per le cheerleaders: che ne dite di partecipare tutte e tre? -
- Cosa?!? Oh no, non contate su di me! - esclamò Isabel scuotendo la testa.
- Dai, Isabel, sarà divertente! - disse Liz cercando subito dopo lo sguardo di Max. - Tu che ne pensi? -
- Beh, se mi prendessero nella squadra di basket mi farebbe molto piacere vederti saltellare tutto il tempo! -
- Spiritoso! - ridendo lei gli diede uno scappellotto affettuoso, poi si misero a chiacchierare di piani di corsi e di attività collaterali e in breve giunse l’ora di chiusura della mensa.
Max salutò la sorella e Patricia prima di dare un bacio veloce a Liz. - Buonanotte… -
- Buonanotte - La ragazza rimase a guardarlo allontanarsi in direzione dei dormitori maschili e sospirò. - Mi dispiace vederlo andarsene così, da solo… -
- Non preoccuparti, vedrai che si farà presto degli amici e rientrerà con loro! - mormorò Isabel seguendo a sua volta il fratello con lo sguardo.
- Del resto, Liz, - intervenne Patricia - non puoi pensare di portarlo da noi. Se dovessero scoprirlo succederebbe il finimondo, te lo assicuro! Non sai quanta fortuna tu abbia avuto l’altra volta!… -
A quelle parole Isabel corrugò la fronte poi seguì le due ragazze, che si erano incamminate verso la palazzina che ospitava il settore femminile del campus.
Nei giorni che seguirono al piccolo gruppo si unì anche Tony, che si era rivelato un ragazzo molto simpatico e vivace e faceva una corte esagerata a Patricia, mentre MaryJo, la compagna di Isabel, era una studentessa del secondo anno proveniente da una famiglia molto benestante e che tendeva a trattare con sufficienza chiunque non considerasse del suo stesso livello. Quando poi aveva saputo da quale città provenisse Isabel aveva fatto una smorfia. - Uh, Roswell, quel buco nel deserto! Laggiù ci sono solo sabbia e alieni! - l’aveva schernita, e da allora Isabel non le aveva più rivolto la parola. A dire il vero aveva cercato di cambiare sistemazione ma purtroppo non era stato possibile così si era rassegnata e si limitava a tornare in stanza solo per dormire.
A parte quell’incidente, tuttavia, si era inserita abbastanza bene e aveva preso a frequentare con una certa regolarità la piscina, essendosi categoricamente rifiutata di seguire Liz e Patricia, entrambe accettate nella squadra delle cheerleaders dell’università.
I corsi erano molto interessanti e studiare in biblioteca con gli altri ragazzi stimolante, così i due fratelli Evans, forse per la prima volta nella loro vita, si sentirono liberi di comportarsi come adolescenti qualsiasi.
Nei fine settimana, poi, alcuni insegnanti organizzavano delle uscite culturali per gli studenti che rimanevano al campus e spesso vi partecipavano anche Liz ed i suoi amici.
Max a volte si sorprendeva a sognare ad occhi aperti nel guardare la ragazza china su un libro, in biblioteca, dato che non era più riuscito a trascorrere del tempo da solo con lei, ma tutto sommato si sentiva bene perché era consapevole di stare costruendo il loro futuro.
Isabel, come già era successo alla West Roswell High, si era fatta un piccolo cerchio di amiche con le quali passava quasi tutto il suo tempo libero ed aveva accuratamente evitato di attirare l’attenzione dei ragazzi, poiché la storia con Alex le bruciava ancora.
Liz, dal canto suo, viveva in una nuvola rosa. Non più costretta a controllarsi di continuo davanti ai genitori, viveva con maggiore serenità il tempo che trascorreva accanto a Max, nonostante non avessero più avuto la possibilità di appartarsi in un angolino tutto loro.

- Al nostro primo mese! - esclamò Patricia alzando il bicchiere per fare un brindisi.
Liz si affrettò ad imitarla. - Al primo mese! -
- Voi non bevete? - chiese stupito Tony rivolto agli Evans.
- No, siamo astemi - Max prese la bottiglia d’acqua che aveva davanti e se ne versò un poco. - Completamente astemi! - ribadì.
- Ok, come non detto. Patti, hai visto che dolci ci sono? -
- Mah, un po’ di tutto. Sapete che vi dico? Quest’anno la mensa sta facendo scintille! - e con un allegro sorriso la ragazza si alzò per andare a scegliere qualcosa di ghiotto da mangiare, subito imitata dai suoi compagni di tavola.
Max ed Isabel avevano scelto la stessa cosa, anche se nessuno era stato in grado di capire di che si trattasse, ma dopo il primo boccone scoprirono che aveva un ottimo sapore e continuarono di gusto, finché il giovane ebbe l’idea di aggiungervi un po’ di zucchero.
Patricia spalancò gli occhi disgustata nel vedere la cascata di cristalli bianchi sulla fetta di dolce. - Ehi, ma ti si spaccheranno i denti! -
- Adesso è ancora meglio! - obiettò lui masticando con vigore, poi tese il piatto alla sorella. - Vuoi assaggiare? -
- No, grazie, io voglio provare con questo… - Isabel estrasse dall’apposito contenitore la bottiglietta della salsa tabasco e ne versò in abbondanza sulla torta. - Mm, è squisito! - disse leccandosi le labbra per raccogliere alcune briciole.
- Ragazzi, fate schifo! - esclamò convinto Tony, mentre Liz continuava a mangiare tranquillamente il suo dessert. - Sono sicura che lo troviate ottimo, ma io preferisco questo… - disse rifiutando con un sorriso il boccone che Max le stava porgendo.
Il giovane scoppiò in un’improvvisa risata. - Non sai che cosa ti perdi! -
- No, e non ci tengo a saperlo, grazie -
Anche Isabel si mise a ridere. - Sì, in effetti non penso che ti piacerebbe… -
Liz la fissò perplessa, non capendo cos’avessero tutti e due da sghignazzare a quel modo. Ad un tratto le venne un dubbio. - Max, che dolce avete preso? - chiese preoccupata.
- Ah, non lo so! So solo che è davvero squisito! - Il giovane si alzò per andare a prenderne un’altra porzione ma lei gli corse dietro e lo costrinse a riposare il piatto, poi prese una forchetta e ne assaggiò un pezzo. - Accidenti, ma è un dolce al liquore! Vi siete ubriacati tutti e due! - Vedendolo vacillare lo sostenne con entrambe le braccia. - Vieni, torna a sederti… -
Dopo averlo fatto accomodare di nuovo al suo posto la ragazza guardò esasperata i suoi amici. - Ragazzi, vi comunico che questi due sono completamente andati! Il liquore che era nel loro dolce è stato sufficiente a mandarli in tilt, e vi sarei davvero grata se mi deste una mano a portarli fuori di qui… -
- Come? - Tony fissò sbalordito Isabel, che si era portata il tovagliolo davanti alla bocca per soffocare un’altra risata.
- Ok, andiamo! - Pratica come sempre, Patricia si alzò in piedi e aiutò Isabel ad alzarsi. - Dai, coraggio, vedrai che fuori, con l’aria fresca, ti sentirai meglio! -
Non fu facile condurre fuori i due fratelli, che faticavano a camminare senza vacillare, e alla fine Max si appoggiò pesantemente contro Liz, implorandola di lasciarlo lì. - Ti prego, non ce la faccio… - mormorò portandosi una mano alla testa.
- E tu, Isabel? Vuoi restare qui con lui? - chiese Tony.
- Oh, sì, ve ne prego… Se faccio ancora un passo rischio di cadere per terra… - La ragazza scoppiò nell’ennesima risatina e si volse a guardare il giovane, senza tuttavia riuscire a metterlo a fuoco. - Per favore, aiutami a sedermi… - disse cercando di soffocare i singulti.
- Qui sull’erba? - protestò Liz.
- Amore mio, o qui, o qui! - replicò Max cominciando a scivolare verso il basso.
Per evitare di cadergli addosso Liz lo assecondò e poi aiutò Tony a far sdraiare anche Isabel. - Siete davvero sicuri di voler rimanere qui? - chiese ancora.
- Sì, certo. Buonanotte… -
I tre amici rimasero per un minuto intero a guardare la coppia ormai profondamente addormentata.
- Ma davvero è bastata una fetta di dolce al liquore a stenderli così? - sussurrò incredula Patricia.
- Già - Rassegnata Liz si chinò a deporre un bacio sulla fronte di Max. - Buonanotte… - disse sottovoce, poi si volse e si allontanò continuando tuttavia a gettare ogni tanto uno sguardo dietro di sé.
- Dai, non preoccuparti! Fa ancora molto caldo, e domattina si sveglieranno solo con un notevole mal di testa! - commentò Tony per rassicurarla prima di avviarsi verso il suo dormitorio.
Non del tutto convinta Liz non poté fare altro che seguire Patricia, che le passò un braccio intorno alle spalle con fare consolatorio. - Coraggio, in fin dei conti aveva ragione lui: non ce l’avrebbero mai fatta ad arrivare fino alle loro stanze, quindi è stato meglio lasciarli lì, credimi! -
Era notte fonda quando Isabel si mosse per la prima volta da quando si era addormentata. Girò piano la testa avvertendo un leggero fastidio alle tempie. - Mm… Dove mi trovo?… - Aprì gli occhi e si ritrovò con il volto vicinissimo a quello del fratello. - Max? - sussurrò stupita, poi riabbassò le palpebre e sprofondò di nuovo nel sonno.
Di lì a poco, tuttavia, fu svegliata dall’umidità notturna. Cercando un po’ di calore si volse sul fianco e finì addosso a Max. Le sue labbra sfiorarono senza volerlo quelle del giovane e l’improvviso contatto le fece passare ogni residuo di sbornia. Con il cuore che le batteva violentemente alzò una mano per toccargli la bocca in una carezza leggerissima poi si tese verso di lui e lo baciò.
- Liz… - Il giovane sospirò senza aprire gli occhi sospingendosi contro di lei e ricambiò il bacio.
- Max, non sono Liz - disse Isabel accarezzandogli il volto.
Ormai completamente sveglio Max emise un gemito e si sollevò su un gomito. - Isabel?!? -
Annuendo lei gli fece scivolare la mano dietro la nuca prima di baciarlo di nuovo, poi lo sospinse gentilmente con il proprio corpo e cominciò a spogliarlo.
Incapace di pensare il giovane approfondì il bacio mentre le tirava i lembi della camicetta strappandogliela di dosso e poi le sollevava la minigonna per serrarla contro di sé.
Isabel si perse nella passione e dovette mordersi le labbra per non gridare. Ora capiva perché si era sentita così a disagio quando pensava di aspettare un figlio da Michael, e il motivo per cui non riusciva a provare vero amore per Alex. Lei amava Max, questa era la verità! Lo amava con tutta se stessa, come mai avrebbe potuto amare qualcun altro, ed aveva sempre provato gelosia per Liz che lo aveva avuto prima di lei! Ma adesso Max era suo, tutto e solo suo!

Con un lamento soffocato Isabel spalancò gli occhi balzando a sedere sul letto. Era fradicia di sudore e tremava incontrollatamente. “Oh mio dio… No… No…” Si portò entrambe le mani ai capelli tirandoli fino a farsi male. “Max… No, non è possibile!…” Ricordò in un attimo le sensazioni che aveva provato in sogno, così reali da lasciarle il corpo indolenzito. - No, no! - Senza vedere a causa delle lacrime che le velavano gli occhi si alzò e si vestì prendendo quello che le capitava sottomano, poi uscì senza far rumore e corse via nella notte.
Camminò senza guardarsi intorno fino ad arrivare nel centro di Albuquerque. La città era immersa nel silenzio data l’ora, e solo qualche camion della raccolta dei rifiuti passava di tanto in tanto. Continuò a camminare senza meta con la mente paralizzata dall’angoscia di quel sogno, i cui dettagli la facevano tremare per la vergogna.
- Che cosa posso fare? Cosa? - si tormentava, mentre piano piano il cielo si schiariva e l’aria diventava più tiepida. Rabbrividendo all’idea di affrontare Max e Liz vagò da una strada all’altra senza avvertire la stanchezza, né la fame e la sete.
Quando MaryJo scoprì di essere sola pensò semplicemente che Isabel si fosse alzata molto presto e, dato che non avevano corsi in comune, non si rese conto della sua assenza.
Fu Max il primo a scoprire che la sorella non si era presentata a nessuna lezione della mattina, e inutilmente la cercò a mensa durante la pausa per il pranzo. Preoccupato cominciò a chiedere a tutti i suoi amici ma sembrava che nessuno l’avesse vista.
Liz comprendeva la sua ansia. Anche se sembrava tutto tranquillo sapevano di dover stare sempre attenti, specie dopo che Milton aveva rilasciato ai giornali una serie di interviste assolutamente pazzesche che però potevano attirare un’indesiderata attenzione su Roswell. Lo aiutò a cercarla per tutto il giorno ma poi, quando arrivò la sera e della ragazza non si era ancora trovata traccia, Max decise di chiamare Michael e lo pregò di raggiungerlo ad Albuquerque. - Isabel è scomparsa, e non ho idea di dove possa essere finita! -
L’amico lo rassicurò che sarebbe partito l’indomani mattina.
Anche Tony aveva fatto del suo meglio per aiutarlo, ben sapendo che sarebbe stato del tutto inutile rivolgersi alla polizia finché non fossero passate ventiquattr’ore, ma quando il giorno dopo Max si rifiutò categoricamente di chiamare le forze dell’ordine lo fissò sbalordito. - Ma insomma, ti disperi per tua sorella e poi non vuoi che la polizia ti aiuti? -
- No. Tony, per favore, non insistere! -
- Ma almeno lascia che chiami gli ospedali! Magari le è successo un incidente… -
- No, lo avrei saputo -
- Cosa intendi dire? -
Max si morse le labbra. Le parole gli erano sfuggite senza volerlo, ma era così. Aveva cercato di contattare la sorella ed aveva percepito la sua chiusura. Sentiva che stava bene ma lo teneva fuori escludendolo dai suoi pensieri, e non riusciva a capirne il motivo. Ora la sua unica speranza era riposta in Michael. Col suo aiuto avrebbe potuto monitorare tutta la zona e scoprire dove fosse finita. Per il momento non poteva fare altro che vegliare per controllare che quel tenue legame non si spezzasse definitivamente.
Quando arrivò al campus Michael trovò l’amico pallido e sfinito. - Hai passato la notte in bianco - disse a mo’ di saluto.
Il giovane si strinse nelle spalle. - Vieni, andiamo in camera mia. Tony è a lezione e abbiamo campo libero fino alle due -
- Bene. E Liz? Come sta? -
- E’ preoccupata anche lei. Non è da Isabel sparire in questo modo, e teme le sia successo qualcosa -
- Ma tu non sei dello stesso parere, giusto? -
- Già. - Giunti nella stanza di Max e Tony si sedettero per terra a gambe incrociate, schiena contro schiena, e si concentrarono.

- Ehi, principessa! -
L’uomo rallentò fin quasi a fermare la macchina e si sporse dal finestrino, ma Isabel non gli diede retta e continuò a camminare. Si sentiva la mente ovattata e le gambe di piombo eppure provava il bisogno di continuare a muoversi.
- Principessa! - insistè l’uomo e lei si appoggiò con una spalla contro il muro voltando appena il viso nella sua direzione, i capelli disordinatamente sparsi davanti agli occhi. - Cosa vuoi? - borbottò con voce roca.
Preoccupato lui accostò e scese dall’auto. - Ehi, ti senti bene? - Le mise una mano sotto il mento per guardarla in volto. - Ti sei fatta? -
Lei lo fissò senza capire poi mosse la testa per liberarsi. - Lasciami in pace -
- Sei scappata di casa? - insisté l’uomo.
- Lasciami, vattene! - Isabel sentì la furia montarle dentro. Perché non se ne andava? Che diavolo voleva da lei? Ma proprio in quel momento le venne un sudore freddo e cominciò a scivolare. “Mi sento male… Oddio, vorrei morire!”
Vedendo che stava per svenire l’uomo la prese in braccio nonostante le sue proteste e la depose nella sua automobile. - Vieni, ti porto a casa mia. Credo che tu stia morendo di fame… -
Senza forza sufficiente per protestare la ragazza lo lasciò fare e appoggiò sfinita la testa contro lo schienale. Stava per chiudere gli occhi ma con un grido strozzato si sollevò di colpo. - No, non devo addormentarmi! - esclamò in maniera quasi inintelligibile, attirando l’attenzione del suo compagno.
- Ehi, tranquilla, non voglio farti del male! - disse lui fraintendendo.
Ma Isabel non diede segno di averlo sentito e si portò le mani al viso in un gesto di disperazione.
Ci volle quasi mezz’ora per arrivare davanti ad una villetta in una zona periferica della città, e dopo aver infilato la macchina in garage l’uomo aprì lo sportello dal lato di Isabel e l’aiutò a scendere. - Vieni, ti preparo subito qualcosa da mangiare, vedrai che dopo ti sentirai meglio! -
Cullata dal tono suadente della sua voce la ragazza si lasciò condurre in casa. Giunti in cucina, quasi cadde a sedere sulla sedia che lui le indicò e seguì con espressione assorta i suoi movimenti mentre si dava da fare tra il frigo ed i fornelli.
- C’è qualcosa di particolare che vorresti, oppure ti fidi dei miei gusti? - cercò di scherzare l’uomo ma lei non rispose.
In preda alla curiosità lui insisté. - Io mi chiamo Morgan, e tu? - e davanti al suo ostinato silenzio si strinse nelle spalle. - Ok, me lo dirai quando ne avrai voglia! -
In pochi minuti poté servirle un piatto con uova strapazzate e una montagna di bacon, poi del succo d’arancia fresco e pane tostato con marmellata. - Non è che sia esattamente ora di colazione ma io ho lavorato tutta la notte e la mattina non riesco a mangiare altro… - disse prendendo in mano la forchetta.
- Hai del tabasco? -
Sorpreso per la richiesta lui si alzò di nuovo e rovistò su un ripiano. - Sì, ce n’è ancora un po’. Tieni… - Poi sgranò gli occhi nel vederla versare tutto il contenuto sulle uova. - Ehi, vacci piano, quella è roba piccante! -
- Lo so - Isabel parlò quasi tra sé e per un istante fissò il piatto senza vederlo. - Grazie - disse con voce appena più alta, prima di cominciare a mangiare.
In effetti dopo si sentì decisamente meglio e guardò il suo ospite rigovernare in modo rapido e sicuro la cucina. Era molto più grande di lei, doveva essere sulla trentina, alto e con un viso piacevole, i capelli scuri e gli occhi azzurri. Stranamente si sentì al sicuro e sorrise suo malgrado. - Sei stato molto gentile - mormorò.
- Figurati. Mi è sembrato che fossi in difficoltà e mi è venuto naturale aiutarti. Senza contare che sei una bellissima ragazza e non potevo certo lasciarmi sfuggire l’occasione! - disse Morgan ridendo.
A quelle parole Isabel si rabbuiò ma lui non diede a vedere di essersene accorto e, avendo terminato, la prese per mano costringendola ad alzarsi. - Vieni, ora ti ci vuole una doccia e una fantastica dormita, dopodiché sarai come nuova! - La sospinse verso il bagno, dove le indicò una pila di asciugamani. - Quelli sono puliti. Fai con comodo, intanto vado a prenderti qualcosa per cambiarti… -
La ragazza stava per protestare ma poi ci ripensò e fece come le era stato suggerito. L’acqua calda la rilassò piacevolmente e per qualche minuto chiuse gli occhi lasciando che i muscoli si distendessero. Sentiva ogni tanto i tentativi di Max e di Michael di contattarla ma ogni volta si barricava e si tendeva aspettando che la sensazione sparisse. Quella strana lotta l’aveva tuttavia sfinita psicologicamente e Morgan si accorse subito del suo pallore. - Aspetta, forse è meglio che tu prenda un paio di aspirine! - disse passandole accanto per entrare a sua volta in bagno. - Sono qui, nell’armadietto… -
- No, non ne ho bisogno, grazie - Isabel fece un passo indietro per scostarsi da lui. - Ora mi rivesto e me ne vado -
- Non ci pensare proprio! Guardati, sei sfinita! Non crederai che un paio di uova siano sufficienti a farti andare avanti tutto il giorno! Resta qui a dormire, poi te ne andrai domani, che ne dici? -
- Io non voglio dormire, non posso! - esclamò Isabel portandosi le mani alle tempie. Sentiva di nuovo quell’intrusione mentale e aveva voglia di gridare e nascondersi dove nessuno potesse più trovarla.
- Oh… - Morgan la guardò attentamente. - Quanti anni hai? - chiese cauto, e davanti al suo silenzio insisté. - Sei maggiorenne? -
Isabel si girò dandogli le spalle. - Sì, perché? Che differenza fa? - borbottò premendosi le tempie con più forza.
- Perché allora, se non vuoi dormire, possiamo fare qualcos’altro… - disse lui avvicinandolesi e sfiorandole le spalle lasciate nude dall’asciugamano.
A quelle parole inattese la ragazza tornò a fissarlo, un’espressione dura negli occhi. - Non pensarci proprio! -
- Beh, io adesso vado a farmi una doccia: tu riflettici e poi fammi sapere, ok? -
Quando tornò in soggiorno Morgan sorrise fra sé nel vedere Isabel accoccolata sul divano, la testa sul bracciolo e lo sguardo perso nel vuoto. Strofinandosi i capelli con un asciugamano andò verso di lei e le si sedette accanto. - Allora? Sempre decisa a restartene tutta sola? -
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui. - Per favore, lasciami in pace -
- Ma guarda, hai ancora indosso quell’asciugamano fradicio! Almeno vieni a prendere una maglietta asciutta! -
- No, sto bene così -
- Sai che ti dico? Sei una principessa viziata! Ma sei talmente carina che ti perdono tutto… - le disse con voce gentile, poi le sfiorò il volto con la punta delle dita. - Sei sicura di non voler dormire con me? -
- Io non posso dormire - ripeté lei ostinata.
- Va bene, ho capito! - Poi le passò le braccia sotto il corpo e la sollevò.
- Ehi, mettimi giù! Cosa vuoi fare? Mettimi giù! -
Nonostante le sue proteste l’uomo la trasportò fino in camera da letto e la depose al centro del materasso. - Non sia mai che una mia ospite debba riposare su un divano umido e scomodo! -
Isabel lo fissò sconcertata. Era coperto soltanto da un asciugamano annodato in vita, e attorno al collo gli ciondolava il piccolo panno con cui si era strofinato poco prima i capelli, folti e tendenti ad arricciarsi, mentre il torace liscio e muscoloso brillava per le goccioline d’acqua rimaste qua e là. Decisamente era un bell’uomo ma lei in quel momento non se ne accorgeva neppure. Al suo posto riusciva solo a vedere Max e con un gemito si rannicchiò nascondendo la faccia contro le ginocchia.
Sorpreso Morgan le posò una mano sulla spalla. - Ehi, piccola, cosa c’è? -
Lei cercò di sottrarsi al suo tocco. - Non posso dormire… non posso dormire… - ripeté sconvolta.
- Ok, ok… Ci penso io… -
Isabel alzò su di lui uno sguardo interrogativo e non si mosse quando sentì la sua mano scivolarle lungo il braccio e poi sul seno, dove si soffermò per slacciare il nodo dell’asciugamano.
- Ti terrò sveglia tutto il tempo che vorrai… - le sussurrò all’orecchio sdraiandosi accanto a lei e cominciando a baciarla sulle labbra, poi sul viso e sul petto. - Sei splendida… - bisbigliò stringendola fra le braccia. Rise piano nel sentire che lei non si sottraeva ma non collaborava neppure. - Sei così tenera… - Si liberò dell’asciugamano intorno ai fianchi e si premette contro il suo corpo. - Lascia fare a me -
Nel sentirlo entrare Isabel ansimò e s’irrigidì un istante, e i loro sguardi s’incontrarono.
- Sei vergine! - esclamò lui stupito poi le cercò le labbra e l’amò con tenera passione, contento di essere il suo primo uomo.
Sconvolta la ragazza si lasciò andare e rispose con tutta se stessa, mentre col pensiero riandava al sogno della notte precedente. “Max… Mio dio, Max, se solo ci fossi tu…” Si strinse disperata al corpo sudato e forte di Morgan e una lenta lacrima le scivolò lungo il viso.
Quando poi l’uomo la tenne dolcemente contro di sé continuando a carezzarle la schiena con gesti lenti ed affettuosi, si sentì sprofondare in un abisso di confusione. Pensieri di Max, Michael ed Alex continuavano a rincorrersi come un’altalena impazzita ma in quel momento lì, sotto le sue dita, c’era la pelle di un altro. Il suo cuore piangeva per Max ma il suo corpo tremava per il tocco di quell’altro. Non voleva addormentarsi per il terrore di sognare di nuovo suo fratello, eppure avrebbe voluto lasciarsi andare al sonno tra le braccia di quello sconosciuto. Il rapporto con Michael era stato imposto dalle visioni di Tess e Alex era stato l’amico d’infanzia tenero e paziente. Max era il desiderio nascosto, nato dal forte legame che li univa da quando avevano preso coscienza della loro diversità. Morgan, invece, era… Dio, non lo sapeva neppure lei! Gemendo per la frustrazione si mosse contro l’uomo, che ridendo sottovoce se la fece rotolare sopra e giocherellò con le sue ciocche dorate. - Mi piaci da morire, sai? - disse in un bisbiglio prima di amarla di nuovo.
L’intensità di quel rapporto sconvolse la ragazza che, non appena vide il suo compagno chiudere gli occhi, scivolò piano giù dal letto e si rivestì più in fretta che poté poi si diresse verso la porta d’ingresso. Era chiusa dall’interno e, colta dal panico, non fece caso alla piccola serie di catenacci che la bloccavano ma pose freneticamente una mano sulla serratura modificando la struttura molecolare del metallo. Spalancò allora la porta con un senso di libertà e corse via senza guardarsi indietro neppure una volta.
Era il primo pomeriggio quando Morgan si svegliò e scoprì di essere solo. Con un sospiro distese un braccio a sfiorare il lenzuolo al suo fianco poi si allungò per nascondere il volto nel cuscino che ancora conservava il profumo di Isabel. - Oh, principessa… - mormorò con rimpianto.

- Trovata! - Max si girò bruscamente verso Michael. - Andiamo! -
- E dove? L’hai solo sentita! Come fai a sapere dove dobbiamo andare? - protestò l’amico senza accennare ad alzarsi.
- Deve aver usato i suoi poteri, oppure è in pericolo, ma riesco a sentire ancora adesso la sua energia: possiamo seguirla senza alcuna difficoltà se ci sbrighiamo! - Prese le chiavi della macchina. - Guido io! - e si fiondò fuori della stanza.
Liz, che stava tornando dall’ultimo corso di quella mattina, li vide correre verso l’auto e si strinse i libri al petto. “Devono averla trovata… Spero che non le sia successo niente di male…” Accanto a lei Patricia aveva continuato a camminare. - …e allora gli ho detto… ehi, Liz, cosa c’è? Perché ti sei fermata? -
- Scusa, mi era sembrato di vedere un amico. Stavi dicendo?… - e tornò al fianco dell’amica sforzandosi di prestarle attenzione.
Intanto Max guidava alla massima velocità consentita verso il centro di Albuquerque.
- Dove stiamo andando? - chiese incuriosito Michael.
- Non ne ho idea, ma la sento vicina, molto vicina… - fu la risposta quasi distratta del giovane. - Ecco, ci siamo! - Si affrettò a parcheggiare poi gli fece cenno di seguirlo. - Vieni, dev’essere qui intorno! -
Affrettarono il passo e si guardarono attentamente intorno finché Max si fermò in mezzo al marciapiede, incurante della gente che gli passava accanto urtandolo. - Isabel! -
Nell’udire il richiamo la ragazza trasalì e rimase per un istante indecisa sul da farsi, poi fece un passo indietro portandosi una mano alla bocca. “Max…”
Michael osservò sconcertato i due fratelli gettarsi l’una nelle braccia dell’altro. Isabel era visibilmente sconvolta, eppure non sembrava ferita o in pericolo. A dire il vero stava camminando tranquilla finché non si era accorta di loro, e allora aveva avuto quella strana reazione. Che cosa diamine le era successo? Perché se n’era andata senza dire niente?
- Oh, Isabel, mi hai spaventato a morte… Per un attimo ho temuto che ti avessero presa i cacciatori… -
Isabel lo guardò intensamente negli occhi e comprese che lui sapeva. Divenne pallida come un lenzuolo poi cercò di divincolarsi. - Mi dispiace… mi dispiace… - mormorò disperata.
- Non scappare di nuovo, ti prego! - Max tornò a stringersela al petto. - Ho sentito la tua sofferenza, la tua angoscia, e ho avuto paura che potessi fare qualcosa di folle… Ma noi siamo troppo uniti per lasciarti da sola in questo momento… Permettimi di aiutarti! -
A quelle parole la ragazza si mise a piangere sommessamente e lasciò che lui la cullasse tra le sue braccia.
Intanto Michael si era avvicinato e li fissava interrogativo poi, ad un’occhiata che gli lanciò Max, andò a prendere la jeep. Ci vollero solo pochi minuti perché arrivassero fuori città, in un posto isolato, allora Max aiutò la sorella a scendere e la condusse all’ombra di un grande albero. Michael li seguì senza dire nulla poi rimase per qualche secondo a guardare Isabel, come cercando di capire. Alla fine disse soltanto: - Sei fuggita da Max -
Trattenendo a fatica un singhiozzo la ragazza chinò il capo ed il fratello la prese per mano con fare protettivo.
- Non importa quello che è successo - disse a voce bassa. - Importa che il nostro legame non si spezzi mai, perché allora saremmo veramente in pericolo… Noi siamo quello che siamo e a volte il prezzo da pagare è molto alto, ma non possiamo fare altro che accettarlo. Anche Liz e Maria lo hanno capito, e per questo si fidano di noi e continuano a restarci accanto nonostante tutto. Isabel, non aver paura di vivere la tua vita… - Volse il capo in direzione di Michael. - Ce la puoi fare, ci è riuscito perfino lui!… -
Senza quasi osare respirare Isabel gli strinse la mano e tese lentamente l’altra per unirsi a Michael completando il cerchio. Un flusso di energia passò fra di loro e tutti e tre si sentirono rigenerati. Max, tuttavia, diede un’occhiata strana alla sorella. - Sei incinta - disse semplicemente.
La ragazza sgranò gli occhi spaventata. - No! No, ti prego, fermalo! - esclamò con forza.
- Sei sicura di volerlo? -
- Sì, io… io… - Lasciò andare le loro mani e si coprì lo stomaco. - Non posso avere un bambino, non adesso! -
Michael la guardò sospettoso. - Ti hanno fatto del male? -
- No! - Isabel scosse piano la testa. - No, ma non sono pronta per questo. Per favore, Max… -
- Puoi farlo da te - disse ancora Michael.
- Io… no, non posso… Ti prego… - ripetè rivolta al fratello che, impassibile, tese una mano a sfiorarle le dita intrecciate in grembo, e per un istante si sprigionò una tenue luminosità dorata.
- Fatto -
Il tono della sua voce fece tremare internamente Isabel. - Mi dispiace, Max, ma credimi, è stato meglio così… -
- Lo so - Il giovane l’abbracciò comprendendo il suo dolore, e Michael si avvicinò fino a posarle una mano sulla spalla. - Prima o poi arriverà il momento giusto… - disse sommessamente.
Poco dopo risalirono sulla vettura e tornarono verso la città. Il viaggio si svolse nel più assoluto silenzio perché l’intensità delle emozioni che avevano condiviso era stata tale da rendere inutili le parole.
Isabel era consapevole del caos che regnava dentro di lei, ma sapeva anche che avrebbe potuto sempre contare sull’aiuto di Max e di Michael, perché loro erano tutto il suo mondo e le volevano bene nonostante i suoi difetti. E intuiva che Liz, per l’amore che la legava a suo fratello, l’avrebbe perdonata, e questo era un pensiero che le scaldava il cuore.
Dopo averli lasciati davanti all’ingresso del campus, Michael salutò i suoi amici e ripartì subito per Roswell.
Quando vide Liz, che la stava aspettando seduta sui gradini di pietra del dormitorio femminile, Isabel diede uno sguardo preoccupato a Max poi, quasi a malincuore, s’incamminò verso di lei.
Sorpresa per l’evidente riluttanza dell’amica Liz si alzò in piedi e le andò incontro. - Ciao, Isabel, eravamo così in ansia per te! - disse sorridendole.
La ragazza si mordicchiò le labbra nervosamente. Si sentiva in imbarazzo eppure sapeva che Liz avrebbe capito. Così, dopo una breve esitazione, avanzò di qualche passo e l’abbracciò. - Mi dispiace… - sussurrò, poi fremette al ricordo del bambino fermato e la strinse più forte. Cosa dovevano provare Liz e Max ogni volta che si sottoponevano a quell’esame… Comprese allora come Liz, con tutta la sua semplicità, fosse molto più forte di lei, e per un attimo la invidiò.
Liz ricambiò l’abbraccio ma guardò perplessa Max rimasto indietro. Lui scosse il capo accennando un sorriso di scusa poi si volse e s’incamminò verso l’edificio dove si trovavano le aule dei corsi.
La giornata trascorse senza incidenti e in serata si ritrovarono tutti insieme allo stesso tavolo della mensa. Dando prova di notevole tatto sia Patricia sia Tony non chiesero nulla ad Isabel e chiacchierarono piacevolmente del più e del meno dissipando la tensione che si era venuta a creare non appena si erano seduti.
Il giorno successivo, mentre studiava appoggiata ad un albero, Liz vide un’ombra disegnarsi sul libro che teneva in grembo ed alzò lo sguardo incuriosita. - Isabel! -

Liz mordicchiò pensosamente l’estremità della matita mentre rileggeva l’ultimo paragrafo cercando di estrapolarne i punti di maggiore interesse poi scrisse in fretta qualcosa sul blocco che aveva accanto e chiuse il libro con un sospiro di sollievo. Alzando lo sguardo si rese conto che Max continuava a fissare la pagina davanti a sé. - Max? - chiamò sottovoce per non disturbare gli altri studenti che, come loro, avevano scelto la sala di lettura della biblioteca universitaria per studiare.
Il giovane alzò lentamente la testa. - Sì? -
La ragazza accennò un sorriso. - Allora sei tornato sulla Terra!… - Tornò seria e tese una mano per sfiorargli la sua in una carezza gentile. - Isabel mi ha raccontato tutto - disse piano.
A quelle parole Max chinò lo sguardo sulle loro dita intrecciate. - Tutto? -
- Sì - Liz serrò la stretta ed abbassò ulteriormente la voce. - Perché continui a tormentarti? Non è stata colpa tua! -
- Io ho percepito le sue emozioni, quella notte, ma non le ho capite finché è stato troppo tardi… E poi ho dovuto fermare il suo bambino… - Il giovane la fissò con gli occhi colmi di angoscia. - Io non credo di poterlo fare di nuovo… Non potrò mai fermare un figlio nostro… Mai… -
Liz ricambiò il suo sguardo condividendo quel dolore. - Ed io non te lo chiederò, qualsiasi cosa succeda! - gli promise con fermezza. - Né dovrai più controllarmi. E’ una cosa che fa male anche a me, credimi! -
- Un bambino è una responsabilità enorme. Te la senti di dividerla con me? -
Davanti all’evidente ansia di Max la ragazza sorrise. - Hai ancora qualche dubbio? - chiese dolcemente, poi si sporse verso di lui per dargli un bacio veloce. - Dai, mettiamo tutto a posto e andiamocene: ho voglia di fare una bella passeggiata! -
Quando uscirono dalla biblioteca si soffermarono qualche istante a guardare il cielo stellato e Liz sospirò. - E’ un vero peccato che abbia dovuto lasciare a casa il telescopio! -
- Se vuoi possiamo andare a Roswell il prossimo fine settimana... -
- Sì, è un’ottima idea! - acconsentì subito Liz, felice alla prospettiva di trascorrere un po’ di tempo sola con lui. - Tra l’altro - aggiunse dopo un po’, - ho parlato con Maria, oggi pomeriggio. Mi ha detto che si è iscritta ad un corso serale di medicina olica e che tutti i sabato sera canta nel locale del karaoke. Non la pagano un granché ma lei si diverte moltissimo e spera sempre di essere notata da qualche discografico di passaggio… -
- Ah, Michael non mi ha detto niente! -
- Beh, forse aveva altro per la testa, non credi? -
Max la prese sottobraccio e s’incamminò per uno dei tanti sentieri che attraversavano l’ampio parco del campus. - Sì, hai ragione, come sempre… -
- Ehi, non prendermi in giro! - scherzò Liz dandogli una leggera spinta.

- Io proprio non capisco, sceriffo! Perché entrare nel database degli allievi? Potrei capire le schede di votazione, ma quelle personali? -
Jim Valenti osservò pensosamente l’uomo seduto davanti a lui. In due settimane aveva ricevuto la denuncia di tre istituti scolastici. Ogni volta la stessa storia: intrusione di hacker nei database delle iscrizioni. Che senso aveva? Però non doveva sottovalutare la cosa perché la violazione della privacy poteva diventare una grana grossa quanto una montagna se giungeva alle orecchie sbagliate… Con un sospiro rassegnato controllò gli appunti che aveva preso e poi si lasciò andare contro lo schienale della poltroncina. - Bene, se avrò bisogno di altre informazioni la chiamerò. Spero di poterle dare notizie in breve tempo… -
- Sì, me lo auguro! Quest’anno abbiamo anche il figlio del sindaco, tra gli allievi, e non vorrei che… -
- La capisco perfettamente - lo interruppe lo sceriffo. - Le farò sapere qualcosa appena possibile - ripetè congedandolo con una stretta di mano, poi rimase a fissare perplesso il vuoto. Dopo un po’ sembrò scuotersi ed aprì il cassetto che teneva normalmente chiuso a chiave rovistandovi alla ricerca della sua agendina telefonica.
L’indomani stesso ricevette la visita dell’esperto di sicurezza informatica che aveva richiesto al Comando generale di polizia ed insieme a lui passò al vaglio tutte le informazioni che aveva raccolto in merito all’attacco degli hacker.
L’uomo impiegò solo tre giorni per rendersi conto che quello non era il solito caso di incursione pirata nella rete. I messaggi lasciati come firma erano abbastanza attendibili ma avevano qualcosa di artificioso che lo avevano subito colpito, tuttavia gli occorse un’altra settimana per capire cosa fosse veramente successo, qual era il reale scopo degli hacker, e la notizia non piacque per nulla a Valenti.
Lo sceriffo non aveva mai smesso di vegliare sulla sicurezza dei suoi giovani protetti e quella storia puzzava di FBI. Che fossero tornati alla carica? Si ripromise di passare quella sera stessa al Crashdown per parlare con Guerin. Avrebbe preferito farlo in un posto meno frequentato ma, se davvero i federali stavano di nuovo cercando di stanarli, era meglio non attirare l’attenzione su di loro facendosi vedere insieme.
Michael, in effetti, condivise immediatamente i sospetti di Valenti ma non riuscì a farsi venire in mente nulla per risolvere il problema. - In fin dei conti non sappiamo dove siano e non possiamo attaccare alla cieca! Comunque avvertirò anche gli altri… -
- Bene - Lo sceriffo inclinò appena la testa in segno di saluto, poi vide arrivare Amy DeLuca ed il viso gli s’illuminò. - Ciao, Amy! - disse a voce alta ed allegra invitando la donna a raggiungerlo al tavolo, e da quel momento pensò soltanto alla sua graziosa compagna.

La coppia studiò ancora una volta le schede selezionate dal programma. Si poteva dire che la missione era perfettamente riuscita: dopo tanto tempo sprecato dietro a notizie rivelatesi infondate erano incappati in qualcosa di concreto. E, come avevano sempre sospettato, l’origine di tutto era lì, a Roswell! Il direttore dell’UFO Center era un inguaribile sognatore chiacchierone, però quella volta la testimonianza che aveva fornito presentava troppe coincidenze con quanto avevano raccolto da altre fonti perché fosse solo l’ennesima fantasia di un visionario… Il materiale scaricato dai computer degli istituti superiori aveva fornito dati molto interessanti e abbastanza limitati da rendere evidente la risposta. Erano solo in tre, coetanei e adottati all’incirca nello stesso periodo, e senza alcuna notizia in merito alla famiglia d’origine. Avevano fatto centro!
David e Fiona Kenny erano tra i migliori investigatori della loro setta, che aveva lo scopo dichiarato di distruggere tutte le colonie di alieni che cercavano di invadere il pianeta. Erano entrambi sulla quarantina e da più di quindici anni inseguivano tutte le voci che riguardavano avvistamenti di Ufo. Si erano conosciuti durante un raduno della setta cui entrambi appartenevano, si erano sposati pochissimo tempo dopo e da allora dedicavano ogni minuto del loro tempo libero a verificare ogni notizia su cui la setta riusciva a mettere le mani. E un giorno qualcuno aveva letto l’intervista di Milton…

- Che gambe, quella lì! E’ un po’ piccolina, forse, ma ha un corpo… -
Nell’udire il commento del suo avversario di gioco Max ne seguì lo sguardo e s’incupì. - Lasciala stare, quella è la mia ragazza - disse con voce dura.
- Ehi, Evans, scusa tanto! - Il giovane fece un ghigno divertito e gli si avventò contro nel tentativo di sottrargli la palla.
Dalla parte opposta della palestra Liz e le sue compagne continuavano ad allenarsi saltellando e gridando allegramente. Di tanto in tanto la ragazza lanciava uno sguardo alle due squadre nel tentativo d’individuare Max finché l’istruttore fischiò la fine. Allora tutti quanti sciamarono verso le docce e Patricia non fece che prendere in giro l’amica per la sua evidente distrazione. - Se continuerai a guardarlo così lo consumerai! - disse ridendo e facendola arrossire d’imbarazzo.
Più tardi si recarono al bar, dove vennero presto raggiunte da Max e Tony.
- Cosa fate questo fine settimana? - domandò quest’ultimo.
- Io credo che tornerò a casa. Ho bisogno di comprare alcune cose. - rispose Patricia. - Albuquerque non è poi così ben fornita come pensavo… E tu, Liz? -
- Penso che anche noi andremo a casa -
- Ma non c’eravate stati anche due settimane fa? Stavolta hanno organizzato un’escursione nel deserto: dovrebbe essere molto divertente! - obiettò Tony.
Max fece una spallucciata. - Veramente Roswell è in mezzo al deserto, quindi non credo che ci perderemo molto… -
Liz lo guardò di sottecchi. Lei conosceva il vero motivo di quel viaggio, ma non era certo il caso di rivelarlo ai loro amici!
Partirono il venerdì pomeriggio e, giunti a Roswell, si fermarono prima di tutto al Crashdown Café. Liz avvertì i genitori che sarebbe rimasta a cena fuori, poi aspettarono che Maria e Michael terminassero il loro turno e si recarono tutti insieme a casa degli Evans.
La cena fu molto piacevole, soprattutto perché Maria aveva molti aneddoti da raccontare sui componenti della band con cui cantava il sabato sera, e poi i ragazzi si ritirarono nella stanza di Max per parlare di quello che era successo di recente in città.
- Tu l’hai visto, questo esperto di sicurezza informatica? - domandò incuriosita Liz a Michael.
- No, non è mai venuto al Crashdown, e di certo io non sono mai andato nell’ufficio dello sceriffo… Però Valenti dice che è molto in gamba e che spera di venire a capo di tutto in poco tempo -
- Tu cosa ne pensi? - chiese Isabel.
- Non mi piace l’idea di qualcuno che spulcia tra le nostre schede personali, soprattutto se pensate che contengono anche le fotografie delle tessere d’iscrizione… -
- Già, è vero, maledizione! - esclamò Max.
- E adesso cosa facciamo? - domandò preoccupata Maria.
- Prima di tutto bisogna parlare con Valenti e il suo esperto, poi vedremo. Magari si tratta davvero di un’incursione di hacker, e ci stiamo preoccupando per niente! -
Max fissò per un lungo istante l’amico. - Tu ci credi? -
- No - Michael ricambiò l’occhiata con un’espressione molto seria che fece rabbrividire Maria e Liz.
L’indomani mattina Isabel passò a prendere Liz ed insieme si recarono a trovare lo sceriffo, che le accolse sorridendo. - Come vanno gli studi, ragazze? - chiese facendo loro segno di accomodarsi.
- Bene, grazie - Isabel si sedette e lo fissò attentamente. - Ho fatto come mi ha suggerito lei: non ci ha seguite nessuno, né tantomeno siamo state viste entrare qui. Ritiene davvero che dietro tutto questo possa esserci l’FBI? Avete trovato qualcosa che possa ricondurre ai cacciatori? -
- A dire il vero è più una mia sensazione. Il mio assistente non ne sa nulla, naturalmente, però non vedo chi altri possa avere un qualche interesse a controllare tutti gli studenti delle scuole superiori di Roswell! -
- Ma perché? Cosa sperano di trovare? -
- Qualcosa che confermi le loro teorie. O meglio, la teoria di Milton secondo cui da quel maledettissimo disco volante sono usciti il suo ex aiutante e alcuni suoi amici… -
A quelle parole Isabel sbuffò. - Ma perché non ci lasciano in pace? -
Lo sceriffo si strinse nelle spalle senza sapere cosa rispondere, poi passò a descrivere nel dettaglio tutto quello che avevano scoperto. Stava ancora parlando quando qualcuno bussò alla porta. - Sceriffo, è qui? -
- Sì, venga, entri pure! - Valenti si alzò in piedi e si avvicinò al nuovo arrivato. - Ragazze, vi presento il mio nuovo assistente, Morgan Coltrane. Morgan, le presento Liz Parker e Isabel Evans, due amiche di mio figlio Kyle -
L’uomo si tolse il cappello e fece un passo in avanti per stringere la mano alle ragazze.
Nel vederlo Isabel divenne pallidissima e rimase immobile al suo posto mentre Liz osservava incuriosita la scena.
Il poliziotto, infatti, si era a sua volta irrigidito un istante, poi aveva salutato Liz e guardato dritto negli occhi Isabel. - Principessa… -
La ragazza lottò visibilmente per riprendere il controllo di sé e riuscì ad accennare un sorriso. - Adesso dobbiamo andare. Buongiorno - Prese l’amica per il braccio e la trascinò via con sé.
Mentre camminavano a passo svelto verso la macchina Liz fissò incuriosita Isabel. - Perché ti ha chiamata principessa? Sa chi sei? -
Isabel serrò per un attimo le mascelle. - No - disse soltanto rovistando nella borsetta alla ricerca delle chiavi.
Comprendendo che l’amica non avrebbe detto una parola di più Liz la seguì docilmente all’interno della vettura.
Quando furono di nuovo al Crashdown Isabel non volle trattenersi neppure il tempo di prendere una bibita. - Ci vediamo stasera - mormorò prima di riavviare il motore, poi sparì nel traffico cittadino.
Dopo pranzo Max invitò la sorella a seguirlo nella sua stanza e le mostrò quello che aveva trovato cercando su Internet tutto quello che era stato scritto a proposito del direttore dell’UFO Center e delle sue affermazioni. Ad una prima occhiata sembrava solo un’accozzaglia di sciocchezze, come del resto succedeva spesso in quei casi, ma leggendo con più attenzione, e soprattutto facendo un controllo incrociato con quanto era stato riportato delle interviste agli abitanti di alcune fattorie della zona, emergeva qualcosa di più concreto. Quella notte non era stato solo Milton a vedere il disco volante e la sua descrizione aveva molti punti in comune con le altre, abbastanza da attirare un’attenzione indesiderata sulla città.
- Pensi che qualcuno gli abbia dato credito? -
- Beh, forse è per questo che sono andati a frugare nei database delle scuole superiori di Roswell… -
- Oddio, pensi davvero che stiano cercando noi? -
Max la guardò serio. - E’ qualcosa che sarà bene verificare. Com’è andata da Valenti? -
La reazione di Isabel fu immediata. Scattò in piedi e cominciò a camminare su e giù nonostante il poco spazio a disposizione. - Anche lui nutre qualche sospetto. Però non ha visto nessuno con l’aria dell’agente federale… -
- E l’esperto di sicurezza informatica? -
- Lo sceriffo ha detto che pure lui trova strane quelle incursioni e sta ancora lavorando per risalire agli hacker. Naturalmente non sa nulla dei cacciatori, ma se avesse trovato qualcosa che riconduca all’FBI Valenti ce lo avrebbe già detto, no? -
- Lo hai visto? -
- Chi? - La ragazza si bloccò voltandosi di scatto.
- L’esperto - Il giovane, che se ne stava seduto sul letto, si appoggiò con la schiena alla parete e la guardò perplesso. - Isabel, cosa diavolo ti succede? Mi sembri un fascio di nervi… -
- Io… niente… Scusa, ma adesso ho da fare. Ciao - e fuggì letteralmente dalla stanza.
Più tardi, mentre guidava senza meta per le strade di Roswell, la ragazza si ritrovò quasi per caso davanti alla scuola che aveva frequentato per tanti anni. D’impulso decise di andare a dare un’occhiata così parcheggiò e si avviò verso l’androne. Non l’aveva ancora raggiunto quando ne vide uscire una bella donna dai lunghi capelli castani. Dovette fermarsi bruscamente per non urtarla e le rivolse un sorriso di scusa ma la donna, dopo aver accennato una risposta a fior di labbra, spalancò gli occhi. - Sei una di loro! -
A quelle parole Isabel girò sui tacchi e corse verso la macchina, mentre la donna si precipitava in direzione di un’auto blu ferma poco distante.
Isabel, con il cuore in gola, mise in moto e partì sgommando. Dallo specchietto retrovisore poté vedere la vettura che la seguiva e maledisse il momento in cui aveva deciso di fermarsi alla West Roswell High.
Guidò cercando disperatamente di seminare i suoi inseguitori finché giunse nei pressi dell’ufficio dello sceriffo. Allora infilò la macchina nel primo garage sotterraneo che trovò e proseguì a piedi guardandosi di continuo alle spalle. Mancavano ancora pochi metri quando si trovò faccia a faccia con Coltrane, che ne era appena uscito.
I due si guardarono per un istante negli occhi poi Isabel arrossì e fece per tornare indietro.
- No, aspetta! - Morgan tese un braccio e l’afferrò prima che potesse muoversi. - Vieni, ho bisogno di parlarti -
Senza lasciarle il tempo di dire nulla la sospinse con gentilezza verso la sua auto, parcheggiata poco distante. Le aprì lo sportello facendole segno di accomodarsi. - Ti ho cercata a lungo, ad Albuquerque… - disse piano.
Isabel si lasciò andare rassegnata contro il morbido sedile, lo sguardo perso oltre il finestrino.
- Non avrei mai immaginato di ritrovarti qui. E’ stata una piacevolissima sorpresa, devo dire, anche se sul momento sono rimasto senza fiato… -
Non indossava l’uniforme, quella mattina, ed emanava lo stesso fascino virile che l’aveva colpita e allo stesso tempo rassicurata la prima volta che l’aveva visto. Mordendosi nervosamente le labbra Isabel si decise a voltarsi verso di lui. - Mi dispiace. Non mi sono comportata bene, con te -
- Rimpianti? - chiese lui guardandola con la coda dell’occhio.
- No -
La risposta di Isabel fu decisa e lo fece sorridere. - Bene! - disse con voce allegra, poi accostò al marciapiede e spense il motore. - Sicuramente conosci questo posto: fanno dei frappè fantastici! -
- Sì, è vero… - La ragazza sospirò nel vedere l’insegna del Crashdown Café, poi sciolse la cintura di sicurezza e lo seguì all’interno del locale.
Fu Maria a servirli, e dovette faticare non poco per trattenere il fiume di domande che le venne alle labbra quando si rese conto dell’espressione ammirata dell’accompagnatore della sua amica ma l’occhiata di quest’ultima fu molto eloquente così non poté far altro che ritirarsi in buon ordine dopo aver consegnato i due bicchieri formato gigante che l’uomo aveva ordinato per entrambi.
- Io vorrei conoscerti meglio - mormorò Morgan sfiorando la mano di Isabel con una carezza leggera. - O per te si è trattato solo di un momento di aberrazione mentale? - aggiunse sorridendo per alleggerire la tensione che avvertiva in lei.
La ragazza lo guardò un attimo negli occhi poi tornò a studiare il frappè che aveva davanti. Senza pensarci sottrasse la mano a quel tocco delicato per prendere il contenitore dello zucchero e ne versò in abbondanza nel bicchiere. - All’inizio è stato così, forse, ma poi… - Arrossì penosamente e contrasse le dita intorno al cucchiaino. - Io non so cosa dire, davvero… Sono così confusa… -
- Allora perché non proviamo a frequentarci? Magari scopri che sono una persona simpatica e di cui non puoi fare assolutamente a meno! -
“Ma sei un poliziotto!” pensò lei disperata. Come poteva mettersi insieme ad un poliziotto? Avevano già così tanti guai con i federali, e non tutti erano comprensivi come Valenti! Poteva permettersi di rischiare con lui?
- Vorrei fare di nuovo l’amore con te… - bisbigliò Morgan quasi avvertendo la sua lotta interiore e cercando di aggrapparsi con tutte le sue forze a quell’unico spiraglio che aveva scorto in lei. Quando l’aveva amata la seconda volta Isabel si era lasciata andare completamente ed aveva sentito la passione con cui l’aveva corrisposto. Sapeva che era una ragazza seria, e per aver reagito in quel modo doveva provare qualcosa di molto forte. Lui era di parecchi anni più grande eppure si sentiva disperatamente attratto e non voleva perderla. Non di nuovo!
Isabel alzò intimidita lo sguardo per incontrare il suo. - Io… devo pensarci… -
“Se non altro non mi ha detto subito di no” cercò di consolarsi Morgan mentre le puliva il labbro con la punta di un dito. - Ok. Adesso goditi il frappè, è davvero ottimo… - disse accennando un sorriso che gli illuminò gli occhi.
Poco più tardi, mentre uscivano dal locale, si trovarono di fronte una coppia sulla quarantina. Isabel non fece in tempo a fare un gesto: l’uomo estrasse dalla tasca una pistola e fece fuoco colpendola in pieno petto.
Morgan reagì immediatamente tuffandosi contro l’assassino e strappandogli senza difficoltà l’arma dalla mano poi tirò fuori un paio di manette con cui lo unì alla donna, che nel frattempo aveva cercato inutilmente di liberare il suo compagno.
Il fracasso aveva attirato parecchia gente e Coltrane aveva sospinto la coppia all’interno del Crashdown gridando che chiamassero l’ufficio dello sceriffo, poi si era chinato su Isabel, che giaceva esanime a terra. Lei lo guardò con occhi colmi di dolore. - Max… cerca Max… - sussurrò faticosamente prima di perdere i sensi.
In quel momento sopraggiunse Maria, che aveva visto il signor Parker prendere in consegna i due ammanettati insieme mentre Michael telefonava a Valenti, e si rese conto della situazione. - Oh mio dio! - esclamò fissando allibita Morgan stringersi al petto il corpo esanime di Isabel.
L’uomo la fissò quasi senza vederla. - Per favore chiama un’ambulanza. Sta perdendo molto sangue… -
In quel momento Isabel mosse le labbra. - Max… - disse ancora, con un filo di voce.
Morgan serrò la mascella frustrato. “Chi diavolo è questo Max?”
Ma la ragazza davanti a lui sembrò capire perché sgranò gli occhi ed esclamò: - Lo chiamo subito! Intanto seguimi, è meglio portarla dentro! -
Nel giro di venti minuti Liz sentì bussare alla finestra della sua camera. Era Max che, per evitare i curiosi che ancora stazionavano nei paraggi del Crashdown, aveva preferito usare l’uscita di sicurezza che conduceva alla terrazza.
Vedendo l’uomo inginocchiato accanto al letto su cui giaceva Isabel, pallidissima e ancora svenuta, Max fece un rapido cenno col capo a Liz. - Portalo via! - le sussurrò concitato.
- Sì, subito - La ragazza si avvicinò al poliziotto e cercò di condurlo fuori della stanza ma lui fissò infuriato tutti i presenti. - Ha bisogno di un dottore, maledizione! Perché continuate a perdere tempo? Sta morendo, lo volete capire?!? -
- Max! -
All’udire l’esclamazione di Maria Coltrane strinse gli occhi. Quindi quel ragazzo era la persona che Isabel aveva invocato quando era stata colpita! Chi diamine era? Cosa rappresentava per lei? Ma, accidenti, non era quello il momento di pensarci! - Sei tu, Max? - chiese con voce dura.
Lui annuì e si accostò al letto. - Per favore, lasciaci soli - disse piano.
Morgan non avrebbe voluto andarsene ma in quel momento sopraggiunse Valenti, che gli fece segno di seguirlo. Serrando i pugni si raddrizzò e se ne andò con il collega.
Mentre camminavano nel corridoio che conduceva al locale vero e proprio incontrarono il signor Parker, che chiese notizie di Isabel.
- Max è appena arrivato. Adesso è di là con lei - disse lo sceriffo.
- Ah, bene! Allora è tutto a posto! -
- Sì. Grazie per l’aiuto… -
- Si figuri! Certo che quei due non avevano proprio l’aria di delinquenti… -
- Già, ma hanno sparato a sangue freddo ad una ragazza. Non bisogna mai fidarsi delle apparenze - intervenne Morgan.
A quelle parole Valenti scrutò pensoso l’uomo al suo fianco. Poteva capire la tensione dovuta all’improvvisa violenza di quell’attacco, ma Coltrane sembrava davvero furibondo. Come se ne avesse fatto un caso personale. E lui sapeva benissimo quali conseguenze poteva avere una reazione del genere… Sperò che non commettesse i suoi stessi errori perché quel ragazzo gli piaceva e non voleva vederlo rovinarsi inutilmente la carriera.
Morgan, invece, stava riflettendo sullo strano commento di Parker. - Perché ha detto che è tutto a posto? - domandò cogliendo Valenti di sorpresa.
- Come? -
- Quando lei ha detto che Max era arrivato Parker è sembrato tranquillizzato. Perché? Chi è Max? -
Lo sceriffo gettò un’occhiata speculativa alla coppia seduta per terra in un angolo del bar, tenuta a bada da un paio di uomini robusti. - E’ suo fratello. E’ un pranoterapeuta -
- Ah… - Morgan si sentì rilassare di colpo. “Suo fratello. Allora non era per lui che si è infilata nel mio letto. Bene!…” - Ed è veramente in grado di fare qualcosa per lei? -
- Sì. Una volta ha guarito Liz, che era stata investita da un’auto. E’ un ragazzo molto in gamba… Adesso venga, voglio portare quei due alla centrale e interrogarli. Non hanno l’aria di balordi, ma di questi tempi non si può mai dire… -
Nel frattempo Max aveva risanato la ferita di Isabel e adesso sedeva accanto a lei tenendole una mano. Sentiva la sua paura, la sua angoscia, e voleva aiutarla. - Puoi dirmi che cosa è successo esattamente? Perché ti hanno sparato? Volevano fare una rapina? -
La ragazza scosse piano la testa. - No, quell’uomo ha mirato proprio a me. Ma io avevo già visto lei alla Roswell High, meno di due ore fa… -
- E tu cosa ci sei andata a fare, alla scuola? - intervenne Michael, che appena gli era stato possibile aveva abbandonato i fornelli per raggiungere i suoi amici.
- Volevo controllare se qualcuno avesse chiesto di noi, e quasi mi sono scontrata con quella donna… Quando mi ha vista ha detto qualcosa come… non so… qualcosa del tipo “E’ una di loro!”, e mi è corsa dietro… -
- E poi? - domandò ancora Max.
- Poi li ho seminati e sono andata dallo sceriffo, però ho incontrato Morgan e lui mi ha portata qui -
- Perché? -
Isabel guardò affranta il fratello. - Max, lui… - Con un gemito si portò una mano alla bocca e gli voltò le spalle.
Il giovane capì e si chinò a darle un bacio sulla fronte. - Riposati, adesso. Vedrai che andrà tutto bene… - Le distese sul corpo una leggera coperta poi fece un cenno agli altri ragazzi ed uscirono lasciandola sola.
Liz intrecciò la mano con quella di Max. - Quel poliziotto…? -
- Sarebbe stato il padre del bambino di Isabel, se io non lo avessi fermato. Mi auguro solo che non venga mai a saperlo - mormorò Max preoccupato.
A quelle parole Michael alzò gli occhi al cielo. - Vorrei proprio sapere perché, con tutti i problemi che abbiamo, andiamo sempre a cercarci altri guai! - borbottò.
- Cosa vorresti insinuare? - disse Maria dandogli un’occhiata non proprio amichevole.
- Niente che riguardi noi due, stai tranquilla… - rispose lui passandole un braccio intorno alla spalla.
- E adesso? -
Max si volse a guardare Liz. - Bisogna avvertire Valenti. Vuoi venire con me? -
La ragazza annuì. - Certo. Maria, puoi avvertire i miei che sono uscita? -
- Sì. Però ricordati che mi devi un favore! -
- Ok - Liz sorrise all’amica e si allontanò con Max.
Lo sceriffo era solo quando i due giovani entrarono nel suo ufficio. Dopo averlo rassicurato sulle condizioni di Isabel Max gli riferì tutto quello che aveva saputo e l’uomo rimase a lungo a fissarli pensoso. - Coltrane sta controllando al computer se quei due siano schedati. Certo che per essere riusciti ad arrivare fino a voi sono davvero in gamba… -
- Già. Si rende conto di cosa significhi? - Max si avvicinò alla finestra e guardò fuori con la fronte aggrottata.
- Che siete alla mercè di tutti i pazzi furiosi che vanno in cerca di gente che considerano pericolosa… -
Liz si serrò le braccia al petto. - Ma come hanno fatto a risalire ad Isabel? Milton ha detto tante di quelle cose assurde! -
- Liz, credimi, quando si è motivati non c’è alcun ostacolo impossibile da superare!… -
A quelle parole la ragazza guardò la schiena di Max e sospirò. Già, era proprio così… Bastava che ripensasse a tutto quello che Max aveva fatto per lei… Con tono sommesso chiese: - Ci farà sapere l’esito della ricerca appena possibile? -
- Certo. Sicuramente in serata saprò qualcosa. Nel frattempo fate molta attenzione. Potrebbe esserci qualcun altro che vi sta cercando… -
- Comincio ad essere stanco di tutto questo - disse Max tornando a voltarsi verso l’uomo, che non poté fare altro che ricambiare il suo sguardo.
Mentre camminavano diretti nuovamente al Crashdown Liz continuava a guardarsi intorno. - Finirà mai questa storia? -
Il giovane le lanciò un’occhiata un poco triste. - Vuoi lasciarmi? -
- Cosa?!? No! - Liz si fermò in mezzo al marciapiedi e lo abbracciò. - Mai, finché avrò vita… - sussurrò baciandolo con ardore.
Quella sera Morgan passò a casa Evans per vedere Isabel. Lo sceriffo gli aveva detto che stava bene ma lui voleva assicurarsene di persona.
La madre della ragazza rimase molto sorpresa nello scoprire che il nuovo aiutante di Jim Valenti era un uomo così giovane e attraente e sorrise tra sé mentre lo faceva accomodare in salotto, dove il resto della famiglia stava vedendo un programma in televisione. - Stiamo per metterci a tavola. Vuole unirsi a noi? -
Morgan accettò ringraziando e sorrise ad Isabel, che lo fissava mordendosi le labbra.
La cena, nonostante tutto, fu molto allegra e l’uomo capì che i signori Evans erano all’oscuro di quello che era successo, sia ad Albuquerque sia quella mattina. Venne poi a sapere che i due fratelli andavano entrambi all’università e che Liz, la ragazza di Max, una volta usciva con il figlio dello sceriffo, mentre Isabel aveva frequentato per un certo periodo Alex, che ora studiava al Massachusetts Institute of Technology con grande profitto.
- Perché non andate a fare un giro in centro? - suggerì la signora Evans quando ebbero finito di mangiare.
Morgan guardò Isabel come a chiederle il consenso e, avutolo, la prese per mano aiutandola ad alzarsi. - La ringrazio per l’ottima cena, è stata davvero gentile ad invitarmi -
- Ma si figuri! Sono sempre felice di conoscere gli amici dei miei ragazzi!… -
Max guardò la madre. - Io tornerò tardi. Stasera Liz deve restare al Crashdown per sostituire Maria e dopo andremo al cinema -
- Allora prendi la mia macchina - suggerì suo padre, poi emise un profondo sospiro. - Anzi, visto che hai dato la jeep a Michael forse sarebbe meglio che te ne comprassi una. Specie se conti di metter su famiglia… -
A quelle parole il giovane rise suo malgrado. - Papà, a meno di un miracolo non potrò sposarmi prima di due anni! -
- Forse dovrei parlare con i Parker - si intromise la madre.
- No, per favore! Va bene così, aspetteremo… - Max fece un cenno di saluto ai genitori e seguì la sorella prima che potessero aggiungere altro.
- Allora è una storia seria, quella fra te e Liz Parker - disse Morgan mentre uscivano di casa.
Il giovane fissò Coltrane senza dire nulla poi si rivolse ad Isabel. - Fai attenzione, e se hai bisogno chiamami - mormorò prima di andare verso il garage.
Il poliziotto lo guardò allontanarsi poi prese una mano di Isabel e la strinse gentilmente. - Mi è sembrato molto protettivo nei tuoi confronti… - disse sorridendole.
La ragazza lo fissò seria. - Sì, e la cosa è reciproca. Ricordatelo -
- Ehi, principessa, siamo di cattivo umore? -
- No. Ma non mi piace che si prenda in giro mio fratello -
- Isabel, io stavo solo scherzando! Perché sei così, stasera? Non ti va di uscire con me? -
Lei distolse un attimo lo sguardo. - A dire il vero… ho un po’ paura… - ammise a bassa voce.
- Ti ho già detto che non ho nessuna intenzione di farti del male -
- Lo so, e non è di questo che ho paura… -
- Allora? -
Isabel si passò una ciocca dietro l’orecchio per prendere tempo, poi sorrise nervosamente. - Ti prego, abbracciami! - disse piano avvicinandoglisi.
Sorpreso lui la strinse forte a sé e, sentendola morbida e calda, si chinò a baciarla. - Oh, Isabel, mi fai impazzire, lo sai? -
- Anche tu… - sussurrò la ragazza ricambiando il bacio.
Max li vide nello specchietto retrovisore, ancora abbracciati ed illuminati in pieno da un lampione, sorrise fra sé e si allontanò nel buio di quella sera d’inizio ottobre.
Al Crashdown Liz stava servendo ai tavoli con la grazia che le era propria e lui rimase a lungo ad ammirarla. Poi lei lo vide e si precipitò a salutarlo. - Stasera c’è un sacco di gente - si scusò con un sorriso contrito ma il giovane le diede un piccolo bacio sulla fronte e la sospinse lontano da sé. - Non ti preoccupare, posso aspettarti anche tutta la notte! -
Ridendo contenta Liz si diresse verso i fornelli per prendere le ordinazioni e continuò a lavorare sentendosi più leggera.
Maria, invece, sapendo che la madre avrebbe passato tutta la sera con lo sceriffo - e, sospettava, anche la notte - era andata a casa di Michael. Insieme avevano preparato una cena molto semplice e noleggiato un film d’avventura. In realtà ne avevano visto solo l’inizio poi si erano guardati negli occhi ed avevano completamente dimenticato la televisione.
Quando si svegliarono erano ancora abbracciati e Maria guardò Michael un poco impacciata. - Senti, io… sai, ho ripensato a quello che mi hai detto a proposito di Isabel e Max e… ecco, penso che… che forse anche noi… voglio dire, non è davvero necessario che tu mi controlli, dopo… Io sarei felice di avere un bambino da te… -
Quella confessione intenerì il giovane, che le sorrise sfiorandole le labbra con un bacio leggero. - Mi piacerebbe diventare padre - confessò guardandola negli occhi. - D’accordo, lasciamo che la natura faccia il suo corso… -
- Bene! - Maria gli passò un braccio intorno alla vita. - Non avrei mai immaginato che saremmo arrivati a parlare di cose come queste, sai? Mi trattavi così male… -
- Sono cresciuto da allora - Michael sorrise. - E anche tu! - e rotolò sopra di lei.

- Un giorno ci sono entrato, sai? - disse Morgan sostando un attimo davanti all’ingresso dell’UFO Center e Isabel scoppiò a ridere. - Oh mio dio, è un posto terribile! -
L’uomo la guardò con una strana espressione. - Mi sembra impossibile che tu adesso sia qui, con me, quando solo poche ore fa giacevi per terra in una pozza di sangue… Tuo fratello ha un dono meraviglioso… -
Lei ridivenne seria. - Sì, lo so -
- Quando ha scoperto di possederlo? -
- Era ancora un bambino. Un giorno nostra madre ci portò al parco: lui trovò un uccello che aveva l’ala spezzata, lo prese tra le mani e lo accarezzò a lungo. Poi lo lanciò verso l’alto e l’uccello volò via. Ma sono pochissime le persone che lo sanno, altrimenti non potrebbe vivere in pace… -
- Già, posso immaginarlo! E tu? -
Isabel lo guardò perplessa. - Io cosa? -
Morgan riprese a camminare. In giro non c’era quasi nessuno, e l’aria leggermente frizzantina era molto gradevole. - Tu vivi in pace? Quando ti ho incontrata, ad Albuquerque, mi hai dato l’impressione di essere nei guai… -
La ragazza tacque a lungo poi scosse piano la testa. - No, non ero nei guai. Avevo un problema, questo sì, ma l’ho risolto. A dire la verità ne ho tanti, di problemi, ma almeno quello non c’è più - Si girò un attimo a guardarlo e sorrise. - Adesso, però, ci sei tu… -
- Ah, mi consideri un problema? -
- A volte - scherzò lei, poi gli si fece più vicino per passargli un braccio intorno alla vita. - Ma va bene così, altrimenti la vita potrebbe diventare noiosa, non credi? -
- Verissimo! - Morgan la strinse forte contro il suo fianco. - Ti va di venire da me? Ho una stanza in quell’albergo là in fondo - e indicò con un cenno del capo l’elegante palazzina alla fine della strada che stavano percorrendo.
Isabel trattenne un attimo il respiro. Da un lato avrebbe voluto accettare ma dall’altro sentiva che le cose stavano andando troppo in fretta, temeva di commettere uno sbaglio nel fidarsi così totalmente di qualcuno che, in fondo, conosceva pochissimo. Anche se si trattava di un poliziotto, o forse proprio per quello…
Avvertendo la sua ritrosia l’uomo scrollò mentalmente le spalle. - Ho capito, sto correndo troppo. Va bene, allora continuiamo a passeggiare. Ma ti prego, facciamo una sosta in qualche angolo buio: vorrei almeno baciarti e non intendo farlo in mezzo alla strada! -
- Ok - Lei sorrise riconoscente e poco dopo gli indicò un piccolo giardino lasciato in ombra da due lampioni rotti.
- Perfetto! - Morgan vi si diresse a passo svelto poi si fermò quasi di colpo e la strinse in un abbraccio così forte da toglierle per un attimo il respiro. La baciò a lungo, dapprima con tenerezza poi sempre più ardentemente, e lei lo ricambiò facendolo quasi impazzire per il desiderio.
Piano piano scivolarono in ginocchio sull’erba poi lui si distese attirandola sopra di sé.
Senza rendersene conto Isabel si accovacciò sul suo grembo continuando a baciarlo. Morgan, ansimando per l’eccitazione, fece scivolare le mani verso il basso e le strattonò la camicetta estraendola dai jeans poi tirò forte facendone saltare tutti i bottoni. La carezzò con mani tremanti fino a toccarle il seno, allora la costrinse gentilmente a sollevarsi un poco per liberarla anche di quel leggero ostacolo ed abbassò lo sguardo cercando di trovare il gancetto ma all’improvviso si bloccò paralizzato dallo stupore. - Isabel! - esclamò scostandola maggiormente da sé e toccando l’impronta argentata che brillava fievole sul suo costato.
- Cosa c’è? - chiese lei sorpresa prima di seguire il suo sguardo. - Oh! - Con un movimento brusco si strinse i lembi della camicetta rinfilandoli alla bell’e meglio nei pantaloni e si alzò in piedi. - Scusa, devo rientrare, si è fatto tardi -
- Aspetta! - Morgan si alzò a sua volta e la guardò incuriosito. - E’ il segno che rimane quando tuo fratello usa le sue capacità di guaritore? -
Isabel controllò che il golf che fino a quel momento aveva portato sbottonato fosse ben chiuso e si aggiustò sulla spalla la cinghia della borsetta. - Sì, ma non resta a lungo. Pensavo fosse già sparito. Adesso torniamo indietro, ti prego… -
- Va bene, come vuoi, principessa -
Quando furono di nuovo in macchina l’uomo non avviò subito il motore ma si girò a guardare la ragazza seduta al suo fianco. - I due di stamattina si chiamano Kenny, David e Fiona. Fanno parte di un gruppo che si definisce anti-alieno e sono stati più volte fermati per aver partecipato a manifestazioni non autorizzate. A quanto sembra non avevano mai commesso reati veri e propri, fino ad oggi… -
Isabel si voltò un attimo verso di lui. - Grazie per avermelo detto - disse piano.
Morgan le sorrise con un po’ di malinconia. - Era il minimo che potessi fare. In fin dei conti non sono stato in grado di proteggerti… -
- Non potevi sapere cos’avessero intenzione di fare ed è inutile continuare a pensarci dato che sono qui, viva e vegeta -
- Non vuoi sapere perché volessero ucciderti? - chiese lui stupito.
- No. Te l’ho detto, ormai è acqua passata… -
- Ma hai rischiato di morire! Se non fosse stato per tuo fratello a quest’ora tu… - Vedendo l’ostinazione dipinta sul suo viso s’interruppe e scosse le spalle. - Ok, come preferisci - borbottò mettendo in moto.
Quando fu di nuovo al sicuro nella sua stanza Isabel si cambiò per la notte poi sedette davanti alla finestra e rimase ad aspettare il ritorno del fratello. Dovette attendere più di due ore ma poi sentì il rumore dei suoi passi e si affrettò a raggiungerlo, ansiosa di raccontargli quello che le aveva detto Morgan.
Nella sua camera d’albergo, invece, l’uomo aveva collegato il suo computer portatile alla rete e stava consultando una banca dati il cui accesso era strettamente riservato.

- Attenti, sta arrivando mio padre! - Liz lanciò un’occhiata ansiosa alle spalle di Max, seduto di fronte a lei, e Isabel guardò preoccupata Michael. - Quando finisci il turno? -
- Tra mezz’ora. Forse ci conviene riprendere il discorso a casa mia, che ne dite? -
- Sì, hai ragione. Maria? -
- Ok - La ragazza annuì decisa. - A più tardi -
- Ciao - Max le sorrise gentilmente. - Lo sai che i capelli lunghi ti stanno proprio bene? -
- Trovi? Grazie! - Maria si chinò a dargli un bacio sulla guancia, incurante dello sguardo truce di Michael.
Liz si affrettò ad imitare l’amica. - Sarà meglio che vada anch’io: non vorrei che ricominciassero con la solita storia… - mormorò con tono di scusa. - Ci vediamo dopo - e se ne andò, seguita subito dopo da Michael.
Rimasti soli i due fratelli Evans finirono di bere le bibite che avevano davanti e rimasero per un po’ a guardarsi intorno con fare noncurante.
- Tu cosa ne pensi? - domandò ad un tratto Isabel.
- Come? -
La ragazza si volse verso il fratello. - Max, mi hai sentito? - Dovette toccargli il braccio per attirarne l’attenzione, e solo allora il giovane si scosse. - Ho sentito qualcosa. Qualcosa nella mente -
Più tardi, a casa di Michael, mentre gustavano una delle torte fatte da Amy DeLuca, i ragazzi affrontarono di nuovo la questione del gruppo anti-alieni e l’intrusione nella banca dati della West Roswell High. Con l’arresto dei coniugi Kenny si poteva essere ragionevolmente sicuri che per il momento il pericolo fosse scongiurato, ma il fatto che esistessero sette del genere costituiva un problema.
- Io avevo sempre sentito parlare di fanatici amanti degli Ufo, come quelli che vengono ogni anno qui a Roswell per il congresso… - disse Maria guardando perplessa i suoi amici.
- A dire il vero anch’io - Liz si voltò verso Max. - Pensi che siano stati i Kenny a violare le banche dati delle scuole? -
- Sì, e anche Valenti. Mi ha telefonato poco prima che uscissimo di casa per venire qui. Ha detto che Morgan Coltrane è riuscito a risalire le tracce nella rete ed è quasi certo che i responsabili siano loro. Spera di averne la conferma entro la prossima settimana -
- E il fatto che abbiano sparato ad Isabel? Qualcuno potrebbe domandarsi perché due con la loro fissazione se la siano presa con lei… - disse Michael guardando l’amica.
- A questo ci penserà lo sceriffo - Max si toccò distrattamente una tempia. - Per fortuna è dalla nostra parte, anche se, a quanto pare, Kyle non ha ancora digerito la cosa… -
Liz accennò un sorriso. - Beh, sapere che un alieno ti ha salvato la vita non è così facile da accettare, sai? -
Il giovane fece per risponderle ma sentì nuovamente qualcosa sondargli il cervello e tese d’istinto una mano verso di lei, che si affrettò a prendergliela. - Max, cosa c’è? Cosa ti succede? - chiese preoccupata.
- Isabel, controllami! - Max strinse forte le dita di Liz mentre si voltava verso la sorella. - Adesso! - Poi scivolò all’indietro, gli occhi chiusi ed il respiro affrettato.
Spaventata, Isabel si portò le mani alle tempie concentrandosi e in un istante si ritrovò proiettata nella mente di Max. Lui era in piedi, racchiuso in un cilindro luminoso da cui partiva un raggio d’energia viola che spariva nel nulla, e sospesi davanti alle sue mani stavano i graniliti.
“Max, cosa sta succedendo?” Isabel cercava inutilmente di superare la barriera luminosa che lo circondava nel disperato tentativo di raggiungerlo.
“E’ come se mi stessero monitorando, ma vanno così a fondo…” La voce di Max era debole ed il suo sguardo spento.
“Perché?”
“Hanno sentito l’energia dei graniliti e sanno che l’ho attivata io. Mi stanno… studiando…”
“Come faccio a liberarti?”
“Non puoi finché non avranno finito”
“Perché?” chiese di nuovo.
“Perché stanno assorbendo la mia forza vitale” Ora la voce del giovane era ridotta ad un sussurro ed Isabel fece fatica a comprendere le sue parole.
“La tua forza…? Max, maledizione, reagisci! Combattili!” In preda all’angoscia la ragazza si guardò intorno sperando di vedere qualcosa che potesse aiutarla a liberare il fratello ma sembrava che attorno a loro ci fosse solo il vuoto.
“Vattene, adesso, o ti sentiranno e manderanno una sonda nella tua mente…”
“No, Max, non senza di te!”
“Per favore…”
Senza poter capire se quelle ultime parole fossero una preghiera o una richiesta di aiuto Isabel cedette e si ritirò.
Come fu di nuovo cosciente del mondo intorno a lei la ragazza spiegò sinteticamente ai suoi amici quello che le aveva detto Max e Michael non ebbe alcuna esitazione nel suggerire di recarsi subito alla caverna in cui si celava l’astronave. - Quello è l’unico posto dove possiamo aiutarlo. Ci sono i graniliti, lì, e se li attiviamo forse riusciamo a spezzare il contatto! -
- Ma così rischiamo di ucciderlo - cercò di protestare la ragazza.
- Te la senti di aspettare che finiscano i loro esami? Chi ti assicura che lo lascino in vita? Guardalo, sembra entrato in coma!… -
Isabel guardò il fratello poi Liz, che la fissava implorante. - Va bene, proviamo - cedette.
Michael sollevò il giovane tra le braccia e fece segno a Maria che gli aprisse la porta di casa, mentre con un brivido ripensava all’ultimo giorno trascorso su Antar.
I ragazzi si divisero tra la jeep e l’auto di Isabel, e durante il viaggio nel deserto Liz continuò a tenere la mano di Max sforzandosi di percepire le pulsazioni del sangue. Quando finalmente giunsero alla caverna si affrettarono a raggiungere la cabina di controllo della nave. Michael depose il corpo dell’amico su uno dei due sedili di pilotaggio poi estrasse i due graniliti dalle loro nicchie e ne porse uno ad Isabel. - E adesso? - chiese un po’ polemicamente.
La ragazza lo guardò con severità. - Ricordati che ha attivato i trasmettitori per liberare te! - Poi studiò l’oggetto che teneva tra le mani. - Concentriamoci e speriamo che entrino in funzione, dopodiché cerchiamo di risalire alla fonte d’energia che controlla la mente di Max ed eliminiamola -
- Niente di più facile! - Michael serrò le dita intorno al granilite e chiuse gli occhi inspirando a fondo. “Ok, come diceva Nasedo, concentrati!”
Liz e Maria, accoccolate in un angolo per non intralciare, trattennero per un attimo il fiato nel vedere l’improvvisa luce azzurra emessa dai due oggetti alieni poi il loro sguardo corse automaticamente ai ragazzi che amavano per controllare che andasse tutto bene.
Fu Michael a raggiungere per primo la consapevolezza di aver trovato quello che cercavano ma subito dopo avvertì la presenza di Isabel nella sua mente.
Così collegati esplorarono in un istante il luogo in cui li aveva condotti la sonda di energia e scoprirono di essere all’interno di un immenso apparato completamente automatizzato.
- Sembra una replica dell’astronave aliena… - pensò Michael indicando l’infinita serie di monitor che li circondava.
- Già, ma qui sembra che non ci sia nessuno - obiettò Isabel.
- Come diavolo abbiamo fatto ad arrivare in questo posto? -
- Non ne ho la più pallida idea. So solo che l’origine della sonda è qui, da qualche parte. Cerchiamola! -
Non seppero mai come ci riuscirono, ma in una frazione di secondo si trovarono sparpagliati in milioni di corpuscoli d’energia. In questo modo poterono individuare la sonda senza alcuna difficoltà e prima di distruggerla ne verificarono il funzionamento. Scoprirono così che era collegata ad una serie di satelliti e, attraverso questi, ad una rete di computers.
- Questa non è roba aliena! - Michael era esterrefatto.
Isabel espanse ulteriormente le sue percezioni e tremò per il sollievo. - Ho trovato il modo di bloccare il processo! -
- Vuoi dire che davvero gli stanno succhiando il cervello?!? -
- Non esattamente. Si limitano a leggere le informazioni, ma ad una velocità tale che le cellule rischiano di collassare… Vieni, seguimi! -
Insieme presero il controllo della sonda e ne rallentarono gradualmente l’attività fino ad interromperla, non osando rischiare di far cessare di colpo il collegamento con Max, poi aumentarono la loro energia ed in breve tutto il sistema cessò di funzionare.
- Chissà cosa penseranno quando scopriranno questo caos? - pensò Michael divertito.
- Lo sanno già. La rete ormai è muta per sempre -

- Coraggio, Max, è tutto finito… - Liz sostenne faticosamente il giovane contro di sé mentre Michael lo aiutava a camminare sul terreno sassoso.
- Ehi, guardate, è arrivato qualcuno! - esclamò ad un tratto Maria indicando una piccola nuvola di polvere poco distante.
“Chi diavolo può essere?” si chiese Isabel affrettando il passo.
Erano quasi arrivati alle loro auto quando da dietro una curva apparve Morgan Coltrane, senza l’uniforme e con la pistola spianata. - Salve, ragazzi! - Poi fece un cenno verso Isabel. - Principessa… -
La ragazza s’immobilizzò all’istante. - Come sei arrivato fin qui? -
- Vi ho seguiti. Ho terminato di esaminare i dati contenuti nel computer dei Kenny e volevo farvi sapere cosa ho scoperto - Diede una rapida occhiata a Max, che sembrava sul punto di svenire. - Cosa gli è successo? -
- Chi sei? - domandò Isabel per tutta risposta.
- L’esperto di sicurezza informatica che lo sceriffo ha richiesto alla centrale - disse lui senza abbassare la pistola.
- E…? - suggerì Maria con un certo disprezzo per l’uomo che li aveva presi in giro così a lungo.
- E l’agente che l’FBI ha inviato per indagare sui sospetti avvistamenti di oggetti volanti non identificati nella zona - ammise Morgan tranquillo.
- Questo vuol dire che non è stato per caso che mi hai incontrato ad Albuquerque? - domandò Isabel a voce bassa.
- Sì, principessa, quello è stato un caso. Ho scoperto solo stamattina che tu, tuo fratello e Guerin non siete quello che dite di essere. E poco fa mi hanno confermato che la rete satellitare è saltata. Voi ne sapete forse qualcosa? -
Isabel, sentendosi morire per l’angoscia di essere stata tradita dall’uomo che aveva cominciato ad amare, sollevò lentamente una mano nella sua direzione.
- Ferma, ti prego! Non voglio farvi del male, voglio solo sapere cosa siete… -
- Cosa siamo? Noi siamo esseri umani! Come voi e più di voi! Proveniamo soltanto da un mondo diverso, e per questo ci date la caccia da più di due anni! -
A quelle parole l’uomo sembrò sorpreso. - Il quartier generale mi ha inviato qui solo dopo che la sonda ha captato una strana forma di energia, qualche mese fa! Chi è che vi dà la caccia? -
- L’FBI. C’è una sezione speciale che ha il solo scopo di distruggerci, e non fingere di non saperlo! -
- Ma è la verità: io non so nulla di questa sezione. Sei sicura che sia dell’FBI? -
Isabel scoppiò in una risata amara. - E dire che avresti potuto diventare padre di un bambino alieno… - disse poi, senza far caso alla sua espressione sbigottita, gli lanciò contro una piccola sfera d’energia.
Colpito in pieno l’uomo venne scagliato a parecchi metri di distanza ed i ragazzi ne approfittarono per raggiungere le auto. - Svelta, Isabel, monta su! - gridò Liz, che si era già seduta al posto di guida.
La ragazza guardò un’ultima volta il corpo inerte di Morgan poi obbedì al richiamo dell’amica mentre una lacrima le scendeva lungo la guancia.
Coltrane giacque stordito a lungo prima avere la forza sufficiente per sollevarsi a sedere. Allora si guardò intorno cercando di vedere dove potesse essere finita la sua pistola poi gli occhi gli corsero all’orizzonte ormai deserto. “Principessa…” Scuotendo lentamente la testa si raddrizzò in ginocchio e con fatica si mise in piedi. “Con che cosa mi ha colpito? Mi sembra di essere passato sotto uno schiacciasassi…” Si avviò piano verso la macchina e si lasciò cadere sul sedile. “Ho la testa che mi scoppia…” pensò chiudendo gli occhi per proteggerli dal riflesso della luce del sole sul terreno arido.
Quando si sentì un po’ meglio girò la chiave nel cruscotto e tornò a Roswell. In albergo raccolse tutte le sue cose, poi andò dallo sceriffo e gli spiegò in breve cosa fosse successo.
- Il mio capo voleva che indagassi con discrezione sull’avvistamento di quest’estate, così mi ha mandato prima ad Albuquerque poi qui. Io sono davvero un esperto di sicurezza informatica, e sono un agente federale. Mi dispiace averle dovuto nascondere la verità… -
- Anche a me - Valenti lo guardò con attenzione. - Allora, a quali conclusioni è giunto? -
L’uomo si passò pensosamente una mano tra i capelli. - Qualcosa ha davvero sorvolato l’area, ma che fosse un’astronave ho i miei dubbi -
- Eppure Milton sembrava molto sicuro… -
- Forse, ma si è sbagliato. Come si sono sbagliati i Kenny pensando di aver individuato in Isabel Evans un’aliena -
Lo sceriffo sentì il cuore mancargli un battito. “Accidenti…”
- Buona fortuna, sceriffo. E’ stato un piacere conoscerla - Si portò due dita alla fronte in segno di saluto e andò via.
Non appena fu solo Valenti prese il cappello e uscì diretto al Crashdown.
Una volta giunto nel locale si accomodò ad un tavolo d’angolo e fece cenno a Maria, che si affrettò a raggiungerlo. - Buongiorno, sceriffo, cosa posso portarle? - chiese con voce argentina.
- Un caffè e una fetta di torta al cocco. So che tua madre ne ha preparate un paio proprio ieri… -
- Sì, infatti. Torno subito! -
- Aspetta, devo parlare con Michael appena possibile - aggiunse guardandola in viso.
La ragazza si chinò un poco verso di lui. - Se si tratta di Morgan Coltrane arriva in ritardo. Sappiamo già tutto! -
E davanti all’espressione incredula dell’uomo disse con un sorrisetto sbarazzino: - Ha cercato di fregarci ma Isabel lo ha fermato. Cosa c’è, è venuto a lamentarsi da lei? -
- No, mi ha solo spiegato chi sia in realtà e cosa sia venuto a fare a Roswell. Ha detto che non era un’astronave quella che ha sorvolato la città, e che i Kenny hanno preso un abbaglio con Isabel -
- Ma davvero!… Mm, grazie per l’informazione… - Gli occhi di Maria s’illuminarono mentre si allontanava in fretta.
Nel sentire la notizia Michael si asciugò le mani sul grembiule e sorrise. - Beh, meglio così. Forse Isabel gli piace davvero… -
- Forse, però è stato un vero mascalzone a non dirle subito la verità! - Maria tese un braccio per prendere un piatto pulito su cui poggiare la fetta di dolce per lo sceriffo. - Attento, quell’hamburger sta per bruciarsi… -
- Accidenti! - Il giovane si affrettò a togliere dalla piastra l’hamburger in pericolo e diede un’ultima occhiata a Maria. - Vattene, mi distrai… -
Ridendo la ragazza gli diede un veloce bacio sul collo prima di fare il giro intorno al bancone e tornare da Valenti.
Lo sceriffo se n’era andato da circa un’ora quando fecero il loro ingresso Isabel e Max.
Maria gli andò incontro con l’aria di chi ha grandi notizie da riferire e i due ragazzi la seguirono fino alla camera di Liz, che stava terminando di preparare la valigia.
- Ciao, Max! - esclamò Liz vedendolo entrare.
- Ciao, sei pronta? -
- Sì, ho quasi finito - Si girò per chiudere la cerniera poi si fermò i capelli con un elastico. - Fatto! - disse andandogli vicino per baciarlo.
Max l’abbracciò forte lasciandola andare subito dopo. - E’ stato un fine settimana un po’ movimentato… - mormorò con aria di scusa.
- Sì, direi proprio di sì! - Liz sorrise poi guardò Isabel. - Maria ha qualcosa di molto importante da dirvi -
- Davvero? - commentò lei con scarso entusiasmo.
- Già - Maria si sedette sul letto e studiò un attimo i due fratelli. - Lo sceriffo è venuto poco fa al Crashdown per dirmi che Coltrane è passato da lui e gli ha detto di essere un federale e, in pratica, di aver insabbiato la faccenda - disse soddisfatta.
Isabel la fissò in silenzio, incapace di formulare la domanda che più le premeva.
- Cosa vuoi dire? - chiese Max.
- A quanto pare lo abbiamo giudicato male. Sa chi siete davvero ma non lo metterà nel suo rapporto. Forse, tutto sommato, ti vuole veramente bene, Isabel… -
La ragazza si strinse nelle spalle poi mormorò qualcosa a proposito della macchina ed uscì dalla stanza.
Max fece un cenno di saluto a Michael e Maria e seguì la sorella portandosi dietro la valigia di Liz, che sarebbe andata all’aeroporto con loro.
- A presto, Liz, e mi raccomando: controlla che quei due non finiscano di nuovo nei guai! - disse Maria abbracciando l’amica.
- Certo… - Liz ricambiò l’abbraccio e ne approfittò per sussurrarle: - E tu tieni a bada Michael -
- Puoi contarci! -

Mentre uscivano dalla mensa chiacchierando tra di loro Liz notò un uomo fermo in disparte ed ammutolì, poi tirò Max per il gomito. - Guarda chi c’è! -
Il giovane seguì il suo sguardo e si volse in direzione della sorella, rimasta indietro a parlare con Tony e Patricia. - Isabel… - la chiamò piano.
La ragazza alzò incuriosita la testa. - Sì? - Poi, come se ne avesse percepito la presenza, i suoi occhi corsero a Morgan, che la stava fissando con espressione impassibile. - Scusatemi… - disse allontanandosi dal gruppetto.
L’agente continuò a guardarla mentre si avvicinava e quando lo ebbe raggiunto accennò un sorriso. - Ciao, principessa, mi sei mancata… -
Isabel non disse nulla ma non le sfuggirono le linee di tensione intorno alla bocca. Morgan era un po’ dimagrito e sembrava meno sicuro del solito. Poi incrociò le braccia sotto il seno e lo fissò in viso. - Perché sei venuto? -
Morgan le sfiorò il volto con la punta delle dita. - Volevo rivederti… - Un muscolo gli vibrò sulla mascella quando lei allontanò la testa dalla sua mano. - Non vi ho traditi, lo sai. E’ passato più di un mese, e se lo avessi fatto a quest’ora non sareste qui! Ho ripensato a tutto quello che è successo fra di noi e, credimi, io sono innamorato di te. Non m’importa da dove provieni, m’importa sapere che senza di te le giornate mi sembrano lunghissime e tristi… Ti prego, dammi un’altra possibilità! -
La ragazza volse lo sguardo altrove, cercando di decidere cosa provasse esattamente per quell’uomo che le stava davanti confidandole i suoi pensieri più intimi, poi emise un profondo sospiro. - Morgan, io… - Le si spezzò la voce e ad un tratto fu tra le sue braccia, e lui la baciò con passione e reverenza. - Ti amo, principessa, con tutto il cuore…- le sussurrò tra un bacio e l’altro, e lei sorrise felice.

Scritta da Elisa


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