La
verità può ucciderti o renderti libero (2^ parte)
Il
Centro
Blue Cove, Delaware
Beh, che si lustrassero pure gli occhi. Era tutto ciò che avrebbero mai avuto.
Da
quando aveva cominciato ad uscire con gli uomini, ed era passato un bel po’ di
tempo, non si era mai abbassata a quegli imbecilli che lavoravano al Centro.
Scelti in base al rapporto inversamente proporzionale che c’era tra
muscoli e cervello, potevano andare bene per qualche segretaria
disperata, in cerca di ginnastica. Non per lei.
I suoi uomini li sceglieva in base allo sguardo che avevano. Da predatore. Le
piacevano le sfide. Quelle pericolose oltre misura.
Una smorfia amara le distorse il bel volto.
Mentre
scendeva, pensava. Quanti le avevano lasciato il loro numero di telefono?
Dozzine.
Gli
uomini li aveva sempre usati come passatempo. Qualche cena. Più spesso solo un
drink. Un po’ di sesso, veloce e senza impegni. E poi di nuovo a ballare, sui
carboni ardenti della sua vita. Tutti uguali. Tranne Tommy.
Pensieri come questo scorrevano dietro quegli incredibili occhi di ghiaccio,
mentre l’ascensore si fermava. Questi ed altri.
A
chi l’avesse vista ora, mentre spalancava le porte di vetro , sarebbe sembrata
la solita Miss Parker. La Regina di Ghiaccio.
“Questo
è davvero troppo!!!
Da
quando lei e Mr. Parker erano tornati al Centro, dopo la nascita del piccolo,
lui lo aveva lasciato alle “amorevoli cure” del dottor Raines e da allora se
ne era completamente disinteressato. La cosa che le sembrava più assurda è che
suo padre aveva fatto di tutto per avere quel figlio…
Il bambino era nato con una insufficienza respiratoria ed era stato subito
portato in un sottolivello del Centro dove ora lottava per sopravvivere
attaccato ad un respiratore. Quando MP lo aveva visto così fragile, solo,
guardato a vista da una nurse, che di umano aveva solo lo stetoscopio, aveva
sentito un impulso irresistibile di prendere quel bambino tra le braccia e
proteggerlo.
Naturalmente non poteva farlo. Se anche non le fosse stato proibito, non avrebbe
potuto mostrare a nessuno quel lato di sé. Perciò, aveva deciso di dargli per
lo meno il conforto della sua presenza, anche se solo da dietro una parete di
vetro.
Tutti i giorni, durante la
pausa pranzo, quando i mastini di Raines si allontanavano qualche minuto, si
recava nel SL-22, e rimaneva lì ad osservarlo per un po’.
Il
primo atto della farsa, che si era compiuta quel giorno, si era svolto appunto
davanti alla finestra della stanza sterile del piccolo P. Quella mattina
Raines l’aveva raggiunta.
Si aspettava che prima o poi
sarebbe successo. Sapeva che c’erano telecamere dappertutto e che
sicuramente il suo atteggiamento
non era passato inosservato. Anzi, in un certo senso, la sorprendeva il tempo
che c’era voluto prima dell’esplosione.
In
ogni caso, quando aveva sentito il cigolio delle ruote che lo accompagnava, si era voltata ad affrontarlo.
Quello che non aveva previsto era, però,
un attacco così feroce da parte sua.
L’aveva trattata come una persona qualsiasi, rimproverandole il fatto di
essere lì senza autorizzazione. Eppure lei doveva sapere che solo lui poteva
avvicinare il piccolo!!!
Non l’aveva neanche lasciata parlare, tanto era furibondo, e aveva ordinato di
allontanarla immediatamente, anche con la forza.
A
questo punto lei aveva pensato di superare l’ostacolo in un’altra maniera.
Inizialmente, aveva immaginato
un supplizio lento e molto doloroso che potesse lasciargli un ricordo permanente
di lei. In fin dei conti si poteva vivere anche senza testicoli!!!! O no??!!
Quindi
aveva immediatamente deciso di dare un colpo all’ego di quel mostro: il suo
nome, come sempre, sarebbe servito a scavalcarne l’autorità. E sapeva che
questa era un cosa che odiava
Si era così rivolta a suo padre, convinta di trovare in lui un valido alleato.
Invece, aveva dovuto ricredersi…
Suo padre l’aveva fatta sentire come una bambina capricciosa, che smania per
una sciocchezza, rimproverandola e lanciandosi in una lunga orazione sul Centro
e le sue gerarchie e poi le aveva dato il colpo di grazia concludendo il suo
discorso:
-
…quindi Raines ha perfettamente ragione, ho affidato a lui, e solo a
lui la salute di tuo fratello e pretendo che mia figlia mi appoggi e mi
obbedisca…e questa, angelo mio, non è una
richiesta. -
Lei
non aveva sopportato oltre. Contenendo a stento la rabbia che l’aveva invasa,
e reggendo a fatica alla nuova delusione che il padre le aveva inflitto, aveva
preso la sua decisione.
Sarebbe partita, si sarebbe allontanata per qualche tempo dal Centro… Un po’
di giorni lontana da quel posto, che continuava a rovinarle la vita, le
avrebbero fatto bene.
Anzi, no, le erano
assolutamente indispensabili per riacquistare il suo equilibrio, che minacciava
di crollare da un momento all’altro.
Mentre
esponeva il progetto a suo padre era rimasta allibita. Non appena aveva
pronunciato la parola “vacanza” Mr. P si
era rasserenato e visibilmente sollevato le aveva detto:
-
Fai bene, angelo mio, un periodo di riposo è quello che ti ci vuole…
-
Anche
Raines, che aveva assistito a tutta la scena, le era sembrato soddisfatto.
Allora, aveva capito di essere stata manipolata. Raines aveva raggiunto il suo
scopo, l’aveva esasperata a tal punto
che lei stessa aveva
volontariamente deciso di andarsene. Beh, se
pensavamo che gliel’avrebbe data vinta così facilmente, si
sbagliavano, e anche di grosso!
Strano
come le persone non imparino mai dal passato.
Eppure già una volta aveva
avvertito Raines di non sottovalutarla. Sarebbe
partita ma avrebbe preso le sue contromisure.
Certo,
la sua umiliazione, lì, davanti a suo padre, ma soprattutto davanti a
Raines, era stata
grande. Non aveva potuto fare
altro che andarsene da quella stanza
e tornarsene nel suo ufficio, momentaneamente sconfitta.
“ Pensa Parker.
Rifletti. Azione.
Reazione. Dai e prendi. Non era quello che suo padre le ripeteva fino
alla nausea, fin da bambina? Beh, caro papà,
è ora che il tuo angelo ti faccia capire quanto sono state preziose le
tue lezioni!”
Afferrato
il telefono, aveva composto il
numero di un interno e quindi si era accasciata sulla poltrona, esausta,
chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie.
Era
ancora in quella posizione, quando sentì un leggero bussare alla porta.
-
Avanti, Broots!! - ordinò seccamente.
Prima
di entrare, lui fece un respiro profondo e, quindi, si decise ad aprire la
porta.
Parker, nel frattempo aveva
preso a stipare la sua 24 h di documenti. Era vero che sarebbe stata via solo
per pochi giorni ma, per niente al mondo avrebbe lasciato quelle carte
incustodite. Non aveva mai rinunciato a trovare il mandante dell’omicidio di
Thomas e quei documenti le erano costati troppo per poterli perdere ora. Era
vicina alla soluzione, lo sapeva. Alzò
lo sguardo:
-
Broots, santo cielo, non
restare lì impalato, entra e chiudi quella dannata porta… o vuoi rendere
partecipi tutti gli spazzini in circolazione? -
Broots
obbedì, ormai era un riflesso incondizionato, e quindi la scrutò attentamente.
Quel giorno era stupenda, come sempre del resto, anche se indossava un severo
tailleur nero che le nascondeva le magnifiche gambe.
Si era già da tempo rassegnato ad ammirarla da lontano. Quando aveva tentato di
farle capire cosa provava per lei, si era detta lusingata, ma gli aveva detto,
in maniera definitiva, che tra loro non sarebbe mai potuto accadere nulla. I
loro rapporti erano rimasti quelli di sempre.
Si
riscosse e balbettò:
-
M...mi hai chiamato Miss Parker, ti occorre qualcosa? -
-
Vedo che le tue capacità deduttive migliorano di giorno in giorno,
Broots!! Certo che ho bisogno di qualcosa, non ti ho mica chiamato per grattarmi
la schiena !!! -
Gli
rispose irritata.
Broots
la osservava mentre lei continuava imperterrita a raccogliere le sue cose senza
nemmeno alzare lo sguardo su di lui.
La
detestava quando lo trattava in quella maniera, perché sapeva bene di meritare
un po’ di rispetto. In fin dei conti
lui si era sempre fatto in quattro quando lei gli aveva dato una missione da
compiere. Senza le sue capacità deduttive e la sua abilità con il computer,
lei non avrebbe mai potuto portare a termine neanche
la metà
dei suoi incarichi.
La sua voce, ora più calma, lo riportò alla realtà.
-
Senti, - riprese stancamente lei - , è che oggi è stata una
pessima giornata… -
Chiedere
scusa era un qualcosa che non apparteneva alla sua natura, e quella concessione
era il massimo dello sforzo: di certo non avrebbe ottenuto di più,
dovette prendere atto sarcasticamente Broots.
-
…perciò vado via per qualche giorno. – stava continuando
lei
-
L’aria, in questo posto, si sta facendo sempre più pesante ed io ho
bisogno di staccare… -
Sentiva che stava
per arrivare dell’altro. Le viscere gli si attorcigliarono, mentre assorbiva
quello che inevitabilmente lei aggiunse…
-
Ho bisogno che tu faccia delle ricerche… - lo sapeva, già
si vedeva carponi in qualche ufficio, a rischiare il collo come al solito.
Avrebbe mai capito quanto era importante per lui? Che solo per lei, violentava
la sua natura tranquilla, metteva a repentaglio la vita sua e di sua figlia?
-
Devo affidarti un incarico molto delicato e quindi seguimi attentamente
-
L’attimo
di debolezza era passato e lei era tornata la donna decisa ed efficiente di
sempre. Certe volte sentiva di odiarla.
-
Broots, voglio che ti tenga continuamente aggiornato sulle condizioni di
salute di mio fratello, e inoltre
devi ottenere più informazioni possibili sul protocollo terapeutico che Raines
sta applicando per curarlo. - Nel dargli queste direttive finalmente
alzò gli occhi e lo guardò.
Broots
si aspettava qualcosa di pericoloso, tutto ciò che riguardava il Centro lo era.
Ma quelle parole furono ugualmente, per lui, un pugno nello stomaco !
Già sorvegliare il piccolo P. sarebbe stato difficile, perché, nonostante lui
fosse il responsabile della sicurezza, e dirigesse il sistema centrale di
controllo, non era il solo a supervisionare le
telecamere e, sicuramente avrebbero notato il suo interessamento al
piccolo P. Al Centro anche i muri avevano occhi ed orecchie. Inoltre nessuno
poteva avvicinarsi al sottolivello dove veniva curato il bambino, tranne i
fedelissimi del Dr. Raines e sudava
freddo al solo pensiero di Willie che lo scopriva a ficcanasare dove non doveva.
Ma la seconda richiesta di MP era addirittura improponibile!!
Raines
non era un uomo, ma il diavolo personificato!! Era sopravvissuto
a incidenti, o
meglio ad attentati, che sarebbero risultati immediatamente fatali per
chiunque altro. Come
avrebbe potuto lui, Broots, trafugargli dei documenti che avevano tuta l’aria
di essere dannatamente importanti?
-
Ma Miss Parker lo sai che nessuno può avvicinarsi a… -
Lo
fulminò con lo sguardo:
-
Broots, ti sembro una che stava aspettando una risposta? Lo so che è
difficile, ma non ammetto proteste, né
defezioni… E’ troppo importante per me e tu devi fare il possibile... no,
l’impossibile per avere quelle informazioni, capito? Non voglio, per ora,
coinvolgere Sydney, merita di avere una famiglia anche lui, quindi tu sei
l’unico a cui mi possa rivolgere e di cui mi possa veramente fidare. Ora vai,
hai perso fin troppo tempo…
Si girò verso la
porta per andarsene, già pensando alle conseguenze di quello che avrebbe dovuto
fare:
“
e oltretutto non chiede mai per favore. Ordina lei, Non ho forse una famiglia
anch’io? Che farebbe Debbie se dovesse succedermi qualcosa? Chi si occuperebbe
di lei? Possibile che non capisca quanto rischio? Quanto …”
-
… ah.. Broots… sta
attento e... grazie. -
Se
prima aveva minimamente dubitato, ora non più. Non le avrebbe negato il suo
aiuto, come del resto non lo aveva mai fatto fino ad allora. Per quanta paura
avesse, avrebbe dato qualsiasi cosa per vederla felice o almeno soddisfatta. Anche
solo per poco.
Sì. Se lei era sopravvissuta tutta la vita dentro quel carcere, lui avrebbe
messo in gioco qualcosa per lei. Glielo doveva. Non aveva sempre potuto contare
su di lei, dopotutto? Non aveva fatto tutto quello che
poteva per aiutarlo, quando il Centro voleva abbandonarlo a quello
psicopatico di Damon?
Era in debito con lei. Sapeva che in fondo lo stimava. Glielo aveva anche detto
una volta, anche se a modo suo. E forse gli voleva anche bene. Poteva bastargli.
La stava osservando mentre, a passo
deciso si dirigeva verso la porta, quando improvvisamente le chiese:
-
Ehm… aspetta… come faremo a tenerci in contatto? Non mi hai nemmeno
detto dove stai andando! Come farò a rintracciarti se dovessi scoprire
qualcosa? Come… -
-
Piano Broots, o ti scoppierà una vena !! Non ho dubbi riguardo al fatto
che scoprirai qualcosa! Questo posto è talmente pieno di scheletri che saltano
fuori nei momenti più impensati! Bisogna solo saper aspettare. Scoprirai
qualcosa e sarà sicuramente terribile, come sempre del resto… In ogni caso
non ti preoccupare, chiamerò io.
Il tono della voce
si ammorbidì un po’.
-
So solo da dove partirò
–
E
con questo infilò la porta e scomparve.
Broots
stava ancora fermo in mezzo alla stanza: se l’era vista sfilare davanti come
un ciclone.
Si
domandò cosa poteva averla sconvolta
così tanto… Questa volta il Centro doveva avere superato ogni limite.
Di sicuro
c’entrava suo padre. Solo lui riusciva a ferirla in quel modo. Lei credeva che
lui non lo sapesse. Che non capisse quello che passava dietro quei magnifici
occhi. Invece sapeva. Avrebbe voluto essere lui, l’uomo in grado di darle la
serenità che meritava. Non era e non
sarebbe mai stato così, purtroppo! Ma
Dio solo sapeva quanto avesse bisogno di un amico. Questo almeno gli era
concesso.
Come del resto
sapeva dove stesse andando ora. Dove andava sempre quando aveva bisogno di
conforto. Al cimitero. Da Thomas, da sua madre.
Angelo
aveva seguito tutta la scena dal condotto di aerazione e ora digitava
velocemente sulla tastiera di un portatile. Il
suo amico doveva immediatamente essere informato di quello che stava succedendo.
Aprì la posta elettronica.
(To be continued...)
(scritto da Lexi e Beba)