Il Camaleonte Fan Fiction

La verità può ucciderti o renderti libero (1^ parte)


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15-4-00
In un cottage Da qualche parte
Montana

Niente…..non sentiva niente….non percepiva più alcuna sensazione in nessuna parte del corpo. Anestetizzato…no meglio cauterizzato. Come se ciò che si trovava all’esterno del microcosmo che lo racchiudeva, avesse improvvisamente smesso di esistere. Suoni, colori. Caldo, freddo. Fame, sonno…tutto quanto finito. Annullato. Sparito. 
Sentiva in lontananza il rumore della pioggia. Ricordava vagamente di essere arrivato lì, in  quel cottage usato dai cacciatori sorpresi dalla neve negli inverni del Montana , qualche giorno prima.
Gliene aveva parlato qualcuno…ma non ricordava chi. Solo immagini sfocate…un bar fumoso…qualche bicchiere di troppo… un barista loquace, - fin troppo a dir la verità, per uno che cercava di istupidirsi fino al torpore, stare a sentire le chiacchiere di chi per mestiere si fa gli affari degli altri non è una cosa accettabile. O piacevole.
Qualcuno gli consigliava di lasciarla perdere, chiunque fosse ad averlo ridotto così…qualcun altro aveva cercato di cavargli qualcosa più di un grugnito, ma ben presto si era stancato di un tizio triste, quasi ubriaco e poco disponibile a condividere i suoi guai, e lui si era ritrovato solo in un angolo del bancone. Era allora, che nella nebbia alcolica aveva sentito alcune delle perle di saggezza dispensate agli avventori dal barista….
” …ogni tanto… così tanto per pensare…  un viaggio di sola andata… dove non ti conosce nessuno….dove non ti può trovare nessuno….il Montana…che paese…fiume….paesaggi…nessuno per miglia….”
Doveva essere stato l’accenno al non essere trovati che l’aveva colpito. Forza dell’abitudine.
Ed era arrivato là.

All’inizio c’era stato solo dolore. Un dolore incommensurabile. Dilaniante. Feroce. Credeva che non sarebbe più risalito da quell’abisso.
Poi era arrivata la rabbia. Non credeva di essere capace di odiare così….eppure i risultati erano ancora ben visibili intorno a lui: sedie rotte, oggetti sparsi al suolo, il letto ridotto ad un ammasso informe, le nocche ancora sanguinanti…. la vecchia pendola però aveva avuto la peggio.
Ed infine, quando credeva che quella schiuma rossastra che aveva davanti agli occhi non sarebbe più sparita era arrivato, misericordioso, l’oblio.
E allora…come se qualcuno avesse spento un interruttore, si era accasciato privo di forse su quel che rimaneva del letto. Era rimasto così, immobile per ore…forse giorni…privo di qualsiasi volontà o desiderio di muoversi. Anche il più piccolo movimento avrebbe richiesto un po’ di lucidità, e Dio solo sapeva che lui l’aveva esaurita.
Insieme a tante altre cose. La voglia di vivere, per esempio.
Qualcosa però non l’aveva abbandonato. Un pensiero ancora penetrava il buio che lo artigliava. Nel baratro che l’aveva inghiottito, c’era ancora un pungolo che spingeva, implacabile, ostinato e lo trascinava verso la realtà, verso un incubo dal quale voleva solo fuggire.
Era intrappolato. Non c’era nessuna via d’uscita.

Eppure, bisognava riconoscerglielo: se c’era una cosa che sapeva fare, era scappare. Erano 4 anni ormai che non faceva altro…. Ma stavolta…stavolta  non riusciva a liberarsi dell’unico pensiero che vagava nella sua cosiddetta mente superiore, mentre lui voleva solo dormire…dimenticare…smettere di essere.
Si sentiva addosso tutti gli anni del mondo.  Ed era così stanco. Esausto. Sfinito. Come se avesse corso per giorni.
Come se non avesse dormito da settimane.
Non la sua solita insonnia, però: grazie al Centro e ai suoi esperimenti, non era mai riuscito a dormire più di 2-3 ore per notte, prima di svegliarsi in un bagno di sudore, braccato anche nel sonno dai suoi aguzzini.
Ma una lunga, interminabile e spaventosa veglia che non riusciva  a spezzare.
Gli venne da ridere.
Se solo i mostri che lo avevano creato avessero potuto vederlo ora… la comicità del tutto gli sembrò così evidente. Possibile che fosse il solo a coglierla?
Era enorme….impossibile da ignorare…da non vedere.
E alla fine il riso ebbe il sopravvento.  E rise…rise…sempre più forte , mentre i singhiozzi gli scuotevano  stomaco e spalle. Non riusciva a fermarsi…se qualcuno l’avesse sentita quella risata… sarebbe inorridito: era agghiacciante, isterica.
“Oddio, sto impazzendo!” Pensò fra i singulti  che lo scuotevano.
Ma era tutto così assurdo.
S’immaginò di nuovo al Centro.

Riusciva a vedere la scena davanti a sé, come se si stesse svolgendo in quel preciso istante.  Del resto era addestrato a fare questo genere di cose. Era un genio:  poteva fare qualsiasi cosa…o no?
Se li figurò tutti lì in fila, i mastini che gli avevano dato la caccia negli ultimi anni, a gongolare di fronte a lui, spezzato e ricondotto nella gabbia dove lo avevano rinchiuso di nuovo.
E tutti  con quegli occhi senza anima che lo fissavano, come a dire “Alla fine sei tornato al posto a cui appartieni, ed ora …. farai  tutto quello che ti diremo…quando te lo diremo…e non avrai altra scelta…”
E lui…avrebbe riso in faccia a tutti quanti. Avrebbe sputato  loro addosso tutto il suo disprezzo e si sarebbe divertito un modo a vederli esterrefatti di fronte al suo scempio:
“ Eccolo il vostro genio…il fenomeno da baraccone…la scimmietta addestrata. Beh,….sorpresa…sorpresa... il mostro è impazzito….
Ve lo do per certo. Sono uno psichiatra, quanto meno posso esserlo,  e questo è un caso di schizofrenia aberrante…..” e avrebbe riso… a più non posso delle loro facce…
Il Centro non era mai stato molto utile per la salute mentale delle persone che vi entravano in contatto. Bastava vedere quello che aveva fatto a Angelo, a Kyle, a Miss Parker, a lui. Se non era impazzito finora era solo per la sua ostinata, ottusa volontà di non tornarci.
Ma, Dio, sarebbe stato  così incredibilmente giusto che loro, che lo avevano creato, novello Frankenstein,  fossero alla fine i responsabili della sua devastazione. Rendendo così inservibile il loro miglior giocattolo. Sì. Se lo sarebbero meritato. E che spettacolo sarebbero state le loro facce…. E poco importava che lui non avrebbe più rivisto la luce del sole.
Poco importava che lo avrebbero segregato insieme agli altri esperimenti mal riusciti in qualche sottolivello creato appositamente e di cui avrebbero buttato la chiave.
E se lo avessero torturato , non gli avrebbero fatto niente che non aveva già sopportato migliaia di volte.  Poteva anche morire per quel che gli importava….smettere di vivere….
Questo bastò a far cessare il riso.

Lui non sapeva neanche cosa volesse dire vivere, come vivono gli altri esseri umani. Aveva forse vissuto un solo momento della sua vita?
Certo non era vivere, abitare fra  4 pareti grigie di un museo degli orrori, per  più di trent’anni senza sapere che sapore avesse un gelato, o di che colore fosse l’oceano o che odore avesse la notte.
Ma sicuramente non era vivere, sempre in fuga, inseguito ovunque andasse. La sua esistenza racchiusa in una valigetta da cui non poteva separarsi, e nella quale si celava tutto quello che aveva mai posseduto: esperimenti, test, prove della sua intelligenza superiore, testimonianze della mostruosità di cui era stato vittima o artefice…
Voltò la testa, e nell’oscurità vide brillare il suo computer, miracolosamente illeso dopo il suo scoppio d’ira.
Sul desktop ancora visibile l’ultimo messaggio che aveva ricevuto.
Firmato CJ.
L’unico che lo avesse mai aiutato sul serio. E l’unico che lui non era stato in grado di aiutare. Per quanto lo avesse desiderato.
Poche parole.

E’ strano come basti poco a distruggere la vita di un uomo.
Per anni cerchi di crearti un’immagine di te stesso. Ti affanni per essere un certo tipo di persona, per mantenere certi valori, credere in alcune cose…Beh, certo nel suo caso questo era stato tutto molto più complicato…ma anche lui aveva cercato la sua strada, come fanno tutti. Cercando di essere il più uguale possibile a quelli che incontrava lungo il percorso, e pur sempre diverso. Solo.
E poi poche parole mettono fine a tutto.
Lentamente, con uno sforzo che gli sembrò insopportabile, si mise a sedere. Aveva in bocca il sapore della segatura. No, meglio: della sconfitta.
Ecco come si sentiva. Abbattuto. Finito. Defraudato di ogni risorsa, fisica e mentale.

Si spruzzò un po’ d’acqua gelata sul viso. Doveva riprendere un po’ il controllo. Alzò lo sguardo e si vide nello specchio.
Non si riconobbe. Un estraneo con la barba lunga e gli occhi iniettati di sangue lo fissava.  Chiaramente era un uomo a cui avevano tolto tutto. Ferito a morte. E per questo pericoloso. Come uno scorpione, che prima di morire colpisce a morte il suo avversario.
Sentì montare dentro di sé di nuovo la rabbia. Ma questa volta non aveva voglia di spaccare tutto o di fuggire via dal mondo.
No, questa volta la sua ira si era cristallizzata in uno odio tagliente come un rasoio, che aveva un unico destinatario. O meglio molti.
Ma tutti riuniti in un unico posto, inferno in terra. Il Centro.
Tutti avrebbero pagato. E il costo sarebbe stato troppo alto per ognuno. Sapeva essere esigente lui. E anche crudele. E lo sarebbe stato.
Credevano di averlo piegato, anche spezzato. Forse. Ma non del tutto. Credevano che, dopo averlo derubato di tutti i suoi affetti, della sua famiglia, in modi sempre più dolorosi, sarebbe prima o poi tornato all’ovile da bravo bambino. Illusi.
Credevano di avergli tolto tutto. E in parte era vero. Non aveva più speranza. Non aveva più amore. Non aveva più generosità. Non gli importava più nulla del mondo. Anelava solo alla vendetta.
Rilesse ancora il messaggio, per rinsaldare la sua determinazione :

“Ad esclusivo uso del Centro                                                       

  Confidenziale
   Riservato
All’attenzione di Mr. Parker

ESAMI MEDICI PICCOLO PARKER       17-01-00

 Esperimento di fecondazione in vitro nr.1578
Gruppo sanguigno:  AB negativo.
Gene simulatore: Presente

Le invio i risultati condotti sul piccolo Parker. Come può vedere l’esperimento è perfettamente riuscito, dovremo solo aspettare qualche mese prima di incominciare a fare dei test sulle sue potenzialità, ma non nutro dubbi al riguardo.

E’ il perfetto simulatore. Il futuro del Centro.
La combinazione dei geni di Miss Parker e Jarod, ha dato risultati insperati.
Del resto lei lo ha sempre sostenuto.

                                                                                                                                                                                                                                                                  Dr. Raines"

Esperimenti…ecco che cos’erano… lui… Parker… il suo clone… suo figlio.
Forse, alla fine, il Centro aveva avuto ragione. Gli avevano tolto davvero tutto. Ogni sentimento, ogni emozione.
Però c’era qualcosa che forse non si erano aspettati da lui.
Non aveva più pietà.

(To be continued...)  

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(scritto da Lexi)


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