“Le informazioni che si ottengono in
guerra sono in gran parte contraddittorie, in maggior parte ancora false e
quasi tutte incerte."
von Clausewitz, Della guerra
CAPITOLO 1: LA
VERITÀ
LOS ANGELES
PARCHEGGIO DI UN LOCALE DOVE SYD VA A BERE QUALCOSA
«L’SD-6 non è una sezione segreta della CIA. L’SD-6 è una branca
dell’Alleanza. Tu stai lavorando per il nemico che credevi di combattere.»
«È impossibile.»
«Dimmi perché non sei mai stata a Langley allora. Ti hanno mentito! Loro
hanno mentito a tutti gli agenti di livello inferiore. Non capisci che sto
cercando di aiutarti?»
«…Così mi stai dicendo che lavoro per il nemico e che sei tu il nemico.»
«Questa è la tua unica chance. Devi andare.»
«Adesso ti comporti come un padre? Con quale coraggio? Se vuoi aiutarmi,
stai lontano da me!»
Sydney uscì dall’auto e corse via.
L’SD-6 era un’organizzazione criminale! Suo padre per 7 anni l’aveva vista
lavorare per dei terroristi e dei mercenari e soltanto ora glie lo diceva…
come aveva potuto suo padre lasciare che lei venisse reclutata da gente
del genere? Lui sapeva, lui aveva sempre saputo, ma nonostante ciò aveva
lasciato che lei entrasse nell’SD-6 senza dirle niente. Certo, Jack doveva
mantenere la sua copertura ma che la verità venisse fuori proprio adesso…
Questa considerazione rendeva meno duro ciò che Syd stava per fare.
UFFICIO DI SLOANE
«Il traditore è Jack.» Syd trovava che l’ufficio di Sloane avesse un’aria
particolarmente cupa quel giorno, o forse era solo la sua immaginazione,
scatenata dal senso di colpa per stare tradendo suo padre? «Mi ha detto la
verità sull’SD-6. Non ti è fedele.»
«Quand’è successo?» Anche la voce di Sloane sembrava piú profonda del
solito.
«Ieri sera.»
«Uhmm, non è detto che sia Jack la talpa. Può aver agito solo per amor
filiale.»
«Tu sospettavi che non ti fosse fedele e già solo per il fatto che mi
abbia detto tutto merita la morte.»
«Avrei preferito sbagliarmi su Jack.» Arvin guardò Sydney con uno di
quegli sguardi sinceri che lui sapeva fare a comando, ma che quella volta
esprimeva veramente il suo stato d’animo.
«Anch’io avrei preferito che non fosse stato così. Ma lo è stato.» Syd
fece una pausa. «Ora lo ucciderai?»
«No. Penso di usarlo per ingannare la CIA, per fornire loro false
informazioni.»
«Arvin, lo sappiamo tutti e due che non potrà andare così per sempre. Con
me puoi esser sincero. Quando t’ho detto di sospettare che Danny mi
sorvegliasse e tu l’hai fatto eliminare, io ho pianto per lui perché sì,
lo amavo, ma alla fine sono stata d’accordo con la tua linea di condotta
perché era un rischio che l’SD-6 non poteva permettersi di correre.» Syd
fece una pausa. «Anche se sbagliavamo a sospettare di Danny non avevamo
scelta.»
«Lo so che non potremo ingannare la CIA per sempre. Un giorno o l’altro
Jack espierà il suo tradimento, ma per l’intanto tu andrai da Devlin, gli
dirai che lui t’ha detto tutto, che mi odi perché ho fatto ammazzare Danny
e ti conquisterai la sua fiducia. Poi passerai false informazioni alla CIA
ed io farò in modo che tuo padre le confermi in buona fede.»
«Per me va bene.» La ragazza si alzò per uscire.
«Aspetta.» Sloane le sorrise. Syd era la migliore. Indubbiamente l’agente
piú bravo della sua organizzazione, tanto bravo da capire che l’SD-6 non
era quello che voleva sembrare, cioè una sezione occulta della CIA, ma una
cellula dell’Alleanza. Ed aveva anche capito il grande scopo ultimo di
Sloane, aveva saputo elevarsi sopra l’ottuso patriottismo, perdonandogli
il male che aveva commesso –e che stava commettendo, e che avrebbe
commesso in futuro- in virtù della nobiltà delle sue motivazioni, per le
quali era disposta a sacrificare l’uomo che lei amava ed il suo stesso
padre; era disposta anche a sacrificare la sua stessa vita: il senso di
fedeltà di Syd nei suoi confronti era superiore a qualunque altra cosa.
Veramente la migliore. In assoluto.
«Sydney, voglio che tu sappia in che casino ti andrai a mettere. Avrai una
libertà maggiore rispetto ad una “normale” doppiogiochista, ma non potrai
permetterti errori: anche uno solo rischierebbe di screditarti o peggio,
di farti scoprire. Avrai non una tripla, ma una quadrupla vita: per i tuoi
amici sarai una studentessa che lavora in banca; per gli altri membri
dell’SD-6 sarai un’agente segreto; per la CIA e per tuo padre sarai una
doppiogiochista –neanche l’Alleanza deve sapere la verità- mentre per me…»
«…una spia votata alla morte.»
«Come?»
«L’arte della guerra, cap. XIII: “ci sono cinque tipi di spie…”»
Sloane sorrise. Uno dei suoi soliti sorrisi da squalo abbozzati su quella
faccia rugosa ed indecifrabile. «”…le spie native, gli infiltrati, i
doppiogiochisti, le spie destinate alla morte e quelle destinate a
sopravvivere.” Era il tuo capitolo preferito di Sunzi [1].»
Ed anche il suo. «Sarai una spia che fa finta di essere votata al
sacrificio ma che poi tornerà da me a fare rapporto.» Come al solito,
Sydney trovava il modo di renderlo compiaciuto di lei. «Ma lasciando stare
questi giochetti, te la senti di farlo? Non sarà uno scherzo, ad un certo
punto non saprai piú qual è la verità, non saprai piú nemmeno chi sarai.
C’è gente che ci è uscita pazza.»
«O che ci è uscita morta. Ma vedere la tomba di Danny mi ha fatto pensare
al fatto che anch’io dovrò finire dentro ad una simile e presto o tardi
dovrà capitare. Allora tanto vale…»
«Ci sono cose peggiori della morte e tu lo sai perché le hai viste e le
hai inferte ad altri. Potresti venire torturata e toccare il fondo di un
abisso di dolore ed umiliazione, soffrire tanto da pentirti di esser mai
nata. E ci può essere una vita che non è vita. Un piccolo errore e
potresti finire i tuoi giorni in carcere, in una cella piú piccola di
questa stanza, 30, 40, magari anche 50 anni; potresti rimanere storpiata
in un incidente e rimanere su di una sedia a rotelle a vedere gli altri
che camminano colle proprie gambe; potresti rimanere paralizzata dalla
testa in giù, senza neanche poterti togliere la vita…»
Sloane tendeva a diventare ansioso certe volte. «Arvin, ne abbiamo già
parlato quando ho scoperto cosa facevi veramente. Ci ho pensato e
ripensato molte e molte volte e faremo come ho deciso.»
«Allora vuoi veramente farti mettere un dente con un ovulo di cianuro?»
«Non voglio correre rischi.»
«Sei eccezionale. Passa da McCullough. Ti farà alcune domande pro forma.»
Mentre usciva, Sydney si voltò: «Ah, come sta Emily?»
«Ieri non si è sentita bene ma oggi stava già meglio.» Povera Emily. Le
era toccata quella croce oltre a quella di non poter avere figli. Lui però
ammirava come lei sopportasse tutto ed il suo amore per Emily aumentava
nel vedere mantenere la sua grande, grandissima dignità, nel vederla non
disperarsi mai, non lamentarsi mai, non recriminare mai… recriminare con
chi, poi? Emily non era di quelle che imprecavano al vento.
Era per rispetto nei suoi confronti che non c’era mai stato niente fra lui
e Sydney. Lei lo amava piú di un padre e se lui avesse voluto avrebbe
potuto averla senza problemi… ma era meglio così, che fra loro ci fosse
soltanto affetto e stima e niente altro. Syd sarebbe stata fantastica come
amante, pensò Sloane guardandola uscire, ma lui voleva che il suo rapporto
con lei continuasse a rimanere innocente, una delle poche cose ancora
innocenti della sua vita.
«Signor Sloane? Il signor Poole sulla linea 3.»
«Lo prendo subito. Vai pure Syd.»
Sydney uscì dall’ufficio senza avere bene idea di quale fosse in quel
momento il suo stato d’animo. Voleva bene a suo padre ma Sloane era stato
per lei altrettanto –no, piú importante. Le era stato piú vicino di Jack;
suo padre era sempre in viaggio per le sue missioni ma Arvin trovava
sempre il tempo per andare da lei, confortarla, farla ridere, insegnarle a
crescere e diventare grande, in quella casa vuota per la “morte” di sua
madre Laura. Se Syd avesse mai dovuto scegliere fra Jack ed Arvin, avrebbe
senza dubbio scelto per il secondo. “E così è successo”, pensò lei
malinconica. Ma senza dubbio non voleva dire senza dispiacere: mandare a
morte suo padre non era esattamente il tipo di conflitto generazionale che
lei si aspettava.
CAPITOLO 2: L’INIZIO
CIMITERO, DAVANTI ALLA TOMBA DI DANNY
«Ho chiesto a Devlin se potevo dirtelo io. Hanno verificato la tua
dichiarazione. Sei dentro! Ho letto quello che hai scritto. Ti sono grato
per non avermi nominato. Sei stata… gentile.»
«Sei della CIA?!»
«Non sai quanto sia pericoloso, Sydney, fare quello che faccio io. Avrei
preferito che tu fossi partita.»
«Come faccio a sapere se mi stai dicendo la verità?»
«Dovremo imparare a fidarci uno dell’altra.»
Il cellulare di Sydney si mise a suonare.
«Pronto?»
«Syd, ti dispiace venire un momento qui da me?»
«Subito.» Syd chiuse. «Papà devo andare.»
UFFICIO DI SLOANE
«La talpa è mio padre.»
«Per questo morirà.» Sloane guardò Sydney negli occhi. «Ma non oggi.»
«Allora Danny Hecht non c’entrava veramente niente?»
«Evidentemente no.»
«Beh, amen per lui.»
CAPITOLO 3: LA TALPA
OSPEDALE DELL’ALLEANZA
«Dixon ha parlato?»
«Sì, ricordava abbastanza bene di esser stato trasportato su di un
elicottero in ospedale e che ti facevi chiamare “freelancer” per radio.»
«Lo sapevo! Dovevo lasciarlo morire!»
«Invece è un’ottima notizia: lui adesso crede ancor di piú che noi siamo
la CIA… perché la CIA è venuta a prenderlo; all’Alleanza ed alla CIA
diremo che non si ricorda di niente.»
«Ma lui potrebbe dirlo a Jack…»
«Ho pensato anche a questo: gli ho detto che, viste le nostre finalità ed
i nostri obiettivi –quelli dichiarati, ovviamente- portarlo all’ospedale è
stata una violazione del nostro regolamento interno che prevede la massima
segretezza; che ho deciso di perdonarti vista la nobiltà del gesto e
quindi che lui non deve dire niente a Jack per evitare che tu abbia guai
con lui.»
«Così lui dirà a mio padre che non ricorda niente e se anche tu sembrerai
convinto, lui ci crederà.» Sydney ridacchiò.
«Esattamente. Vedo che capisci tutto al volo.»
Mentre se ne andava a casa da Francie, Syd si chiese fino a quando Dixon
sarebbe servito al loro piano e fino a quando avrebbero dovuto prendere in
giro suo padre… perché la cosa iniziava a divertirla!
CAPITOLO 4: LA PAGINA 47
UFFICIO DI SLOANE
Le luci, pur essendo soffuse, scolpivano la faccia di Sloane evidenziando
la fitta trama delle rughe del suo volto incupito da un’espressione
maledettamente seria; Syd aveva l’impressione che Sloane le stesse per
dire qualcosa di estremamente importante. «Sydney, ti ricordi del diario
di Rambaldi che hai sottratto al Direttorio K?» Sydney avrebbe dovuto
scattarne delle foto come contromissione per conto della CIA ma aveva
passato loro le immagini di pagine create a bella posta da Sloane, pagine
false che Arvin aveva anche mostrato a Jack per ingannare meglio il
nemico.
«Sì, come vanno le analisi?»
«Hai presente la pagina 47?»
«Quella in bianco?»
«Esatto. Usando la stessa fiala di liquido di Rambaldi che McKenas Cole ha
tentato di rubare e che ha in mano la CIA.»
«Non ho potuto impedire che lo prendessero.»
«Non fa niente, ne avevamo già fatto l’analisi stechiometrica e l’abbiamo
sintetizzato, così siamo stati capaci di rivelare cosa c’era sopra la
pagina 47. Voglio che tu la veda.»
Sydney prese in mano il foglio e la sua attenzione fu immediatamente
attratta dall’immagine disegnata al centro della pagina. Una donna, un
volto familiare… «Ma questa…» Sydney trangugiò, sbuffò e poi si voltò
verso Sloane, guardandolo sconvolta. «Questa sono io! Ma che significa?»
«Syd, bambina, significa due cose: che tu sei la Prescelta e che ora ho un
nuovo asso nella manica. Credo che dovrò rivedere i miei piani coll’Alleanza.»
CAPITOLO 5: LA PROFEZIA
VIENNA
DI FRONTE ALL’EDIFICIO DOVE I MEMBRI DELL’ALLEANZA HANNO VOTATO
«Non si preoccupi signor Poole. Le restituirò il favore.»
«Arvin, non so proprio di che cosa stia parlando.»
“Certo, razza di maiale.” Pensò Sloane. “Te la farò pagare cara, non solo
perché mi hai preso in giro e perché mi hai fatto ammazzare Jean, ma
perché ti sei messo col nemico e sarai una minaccia per tutti, me
compreso, finché sarai d’accordo con Xasinau… finché sarai vivo.”
LOS ANGELES
UFFICIO DI SLOANE
«Sydney, questo che ti sto per affidare è un incarico molto pericoloso; tu
sai quanto tenga a te, non solo perché sei la Prescelta, quindi io te lo
esporrò e poi tu mi dirai se sei in grado di farlo.»
«Sai che sono la piú brava qua dentro. Non ti deluderò.»
«Edward Poole. Si è messo d’accordo con Xasinau per tradire l’Alleanza e
soprattutto, farmi le scarpe. Voglio che tu le faccia a lui. È importante,
fondamentale che l’Alleanza non venga a sapere che sono io il mandante.»
«Se posso chiederti, perché non invii un mercenario?»
«Perché voglio vedere le foto di lui morto e nel consegnarmele un
mercenario correrebbe piú rischi di te. Le notizie che ho su Poole sono
abbastanza scarne: passa la vita fra Montecarlo e Londra e prende spesso
dei voli ma un attentato aereo è da escludersi.»
«Lo so, attirerebbe troppa attenzione.»
«Il suo ufficio a Londra è nella sede centrale dell’SD-9; a Montecarlo ha
un alloggio che i suoi uomini sorvegliano questo appartamento 24 ore su
24.»
Sydney ci pensò sopra un momento. «Ho già in mente un piano. Ho bisogno di
una squadra.»
UNA SETTIMANA PIÚ TARDI
THE TIMES
MUORE A MONTECARLO CITTADINO BRITANNICO
Intrappolato in un incendio scoppiato per cause accidentali
Edward Poole, 59 anni, nato a Berkhamstead (Hertfordshire) e residente a
Londra, facoltoso uomo d’affari, ha perso la vita in un incendio scoppiato
nell’edifico di Montecarlo dove possedeva un alloggio. Assieme a lui sono
morti due uomini di scorta ed altri due inquilini dello stabile, rimasti
anch’essi intrappolati nello stabile. Il suo corpo è stato sottoposto ad
autopsia che ha stabilito il soffocamento come causa della morte. La salma
verrà portata domani in patria dove l’attendono i familiari.
Secondo le prime dichiarazioni della polizia del Principato la causa della
tragedia è stata una vecchia conduttura del metano che si è guastata
permettendo al gas di diffondersi nello spazio dell’edificio: da lì è poi
bastata una scintilla per innescare l’esplosione. Il proprietario della
palazzina tuttavia ha dichiarato che le tubature erano state controllate
il giorno prima e che erano state effettuate riparazioni e sostituzioni.
La procura ha aperto un’inchiesta.
«Complimenti. L’idea di sostituire una tubatura nuova con una vecchia e
rotta è stata geniale.»
«Il difficile era calcolare quanto metano sarebbe stato emesso da una
fessura così piccola. Entrare invece non è stato difficile, ci siamo
spacciati per quelli del gas.» Sydney ridacchiò e così Sloane. «La polizia
non ci metterà molto a scoprire che nessuna azienda ha mandato dei tecnici
ma tanto noi non siamo piú rintracciabili.» Syd gli passò il referto
autoptico che era riuscita ad impossessarsi senza spender troppo dall’anatomopatologo
della polizia del Principato. Sloane lo sfogliò ammirato.
«E gli altri della squadra?»
«Li ho uccisi come mi hai detto tu. Perez e Durden sono finiti in mare,
Ovando l’ho avvelenato, è morto all’aeroporto.»
«Bene.» Sloane fece una pausa, guardò in alto e poi si rivolse verso di
lei con uno sguardo intenso. «Sydney, c’è una cosa che devi sapere su tua
madre.»
CAPITOLO 6: LA FUGA
UFFICIO DI SLOANE
Sydney entrò da Sloane con aria trionfale. «Ecco il giroscopio vero.»
«Come hai fatto ad ottenerlo? Raccontami tutto dall’inizio.» Sloane aveva
mandato i suoi uomini in quel ristorante a Nizza ma non aveva capito bene
né perché né cosa fosse successo.
«Hai presente il mio supervisore delle CIA? Te l’ho detto che s’è
innamorato di me, ci è cascato come una pera cotta.» Sloane con un cenno
del capo la invitò ad andare avanti. Sapeva già di come Syd avesse
attirato Vaughn per usarlo… e non soltanto Vaughn. «Bene, mi ha invitato a
cena, sono arrivati i tuoi sgherri ma siamo riusciti a scappare. Vaughn ha
creduto che li avesse mandati Ariana Kane e mi ha chiesto—mi ha supplicato
di consegnarti il giroscopio vero per non compromettere la mia copertura.»
«Ottimo. Sedurre il nemico è sempre una mossa vantaggiosa. Riportagli il
giroscopio buono e dammi quello falso creato dalla CIA.»
«Come?»
«Sydney, è tempo che la Fase uno abbia termine. Una mia squadra ha
assaltato il deposito segreto della NSA dove custodiscono—dove custodivano
24 manufatti di Rambaldi.»
«Alla CIA non mi hanno detto niente.»
«Non mi sorprende, vista la posizione che ricopri qui devono aver creduto
che questa notizia avrebbe potuto metterti in agitazione e rischiare di
farti scoprire –un rischio che ovviamente non corri, visto che fai il
triplo gioco- mentre avresti tentato di sapere dove ho nascosto i pezzi.»
Sloane sorrise: Sydney non l’avrebbe mai fatto… perché lui le aveva già
detto dove li nascondeva. «Di sicuro lo sa tuo padre.»
«Mio padre?»
«È molto piú dentro di quanto sembri in questa storia, ma non so fino a
che punto. Cambiamo argomento: a questo punto l’Alleanza è diventata
ingombrante e deve essere distrutta, per portare a termine quest’operazione
dobbiamo usare la CIA ed essa deve avere una ulteriore prova di
affidabilità da parte tua. Portagli il giroscopio originale dicendo che
sei riuscito a scambiarlo, l’Alleanza avrà altro cui pensare nei prossimi
giorni.»
«Cosa?» Questa notizia era per lei una sorpresa: anche se Sloane glie
l’aveva anticipata Syd non pensava che la Fase Uno finisse così presto.
«Come intendi agire?»
«Io mi renderò irreperibile grazie ad un’apparecchiatura che permette di
ingannare la trasmittente che l’Alleanza mi ha impiantato nel collo; poi
volerò da Emily.» Sydney Bristow era una delle poche persone al mondo a
sapere che Emily Sloane fosse ancora viva e dove si nascondesse.
«A proposito, lei come si trova nelle Filippine?»
«Bene. Dice che le manco.»
«Beh, ci credo. Te l’avevo detto che tenere in vita Russek sarebbe stato
utile.» Quando l’antivigilia di Natale quel rompic******i di McCullough
scoprì l’esistenza di una talpa, Jack fece ricadere la colpa su Anthony
Russek per salvare lei: Sloane avrebbe dovuto farlo uccidere altrimenti
sarebbe saltata la doppia copertura di Sydney, tuttavia la ragazza lo
convinse a salvargli la vita ed usarlo come agente nell’ombra sotto il
solo suo controllo, visto che né la CIA né l’Alleanza se lo sarebbero
aspettato; quando poi si rese necessario nascondere Emily, Russek fu
immediatamente scelto per farle da guardia del corpo. Ora era nelle
Filippine con lei. Sloane non aveva dubbi sulla sua fedeltà, soprattutto
ora che gli doveva la vita.
«Tu invece dovrai fare intervenire la CIA; bisogna far avere loro i codici
di accesso al server 47 di modo che l’Alleanza sia resa vulnerabile. Il
piano è piuttosto complicato, quindi seguimi attentamente. Io mi renderò
irreperibile e l’Alleanza manderà qualcuno a rimpiazzarmi. Non so chi sarà
ma chiunque sia cercherà di accedere ai miei documenti segreti sul server
47; appena ci sarà riuscito troverà una mia lettera elettronica, un
indizio che gli avrò lasciato per scoprire che tu e Jack fate il doppio
gioco per la CIA» E qui Sloane sorrise sarcasticamente. «…quindi appena il
nuovo capocellula arriva tu dovrai farti mandare dalla CIA a recuperare i
codici di accesso del server fingendo di averne appena saputo; ti dirò
dove si trovano, li tiene un maiale di nome Macor su di un Boeing 747 e
non sarà difficile per la CIA rintracciare dove fa scalo il Jumbo.»
«E Jack?»
«Non ci serve piú. Lasciamo che se ne occupi l’Alleanza. Il fatto che io
debba eliminare tuo padre non comporta necessariamente che mi
piaccia anche farlo.
Comunque, ci sarà bisogno di qualcuno dall’interno che verifichi i tuoi
codici e li confermi alla CIA: probabilmente lo vorrà fare Jack ed allora
il mio sostituto lo scoprirà.»
«In pratica tu sparisci, io vado a recuperare i codici, papà me li
riconferma e la CIA abbatte l’Alleanza.»
«Brava, ragazza, esatto. Appena alla CIA arriverà la conferma dei codici
attaccheranno tutte le cellule dell’Alleanza.» Sloane fece una pausa. «E
troveranno il cadavere di Jack.»
«Va bene. Quando scatta il piano?»
«Non correre Syd. Fino ad ora sei stata bravissima a muoverti sul filo del
rasoio ma questo piano rasenta il pazzesco. Nessuno ha mai tentato una
cosa del genere, ci sono mille dettagli che possono variare e mandare a
monte i miei disegni. Se riusciremo diverremo una leggenda nel nostro
ambiente ma proprio perché far riuscire un tale piano è qualcosa di
titanico. Il bello è che potrei collaborare direttamente colla CIA ma se
si venisse a sapere che ho tradito l’Alleanza nessuno si fiderebbe di me
mentre se si pensasse che stavo scappando per conto mio quando è stata
attaccata allora potrei reclutare della gente.»
«C’è un piano di recupero?»
«Questi orecchini. Se giri così uno di loro…» Sloane le mostrò il gesto
«puoi metterti in collegamento con me attraverso una rete satellitare nel
caso qualcosa vada storto. Allora deciderò il da farsi: come misura
estrema, mi metterò in contatto con la CIA e proporrò loro l’immunità per
me e per te in cambio di informazioni sull’Alleanza e su Rambaldi.»
«Quando si inizia?»
«Domani. Stasera devo vedermi con uno scienziato che ha creato un anello
che risponderà al dispositivo di tracciamento nel mio collo. Appena ti
diranno che sono irreperibile, sarà il momento di scattare. Se puoi,
stanotte riposati per bene e domani rilassati, ché dopodomani sarà un
giorno molto lungo.»
«Dopo aver debellato l’Alleanza cosa dovrò fare?»
«Temporaneamente continuerai a passare false informazioni alla CIA ed a
fare da tramite fra me e tua madre; io intanto mi dedicherò a realizzare
il mio piano per il quale avrò bisogno del vostro aiuto.»
CAPITOLO 7: FASE UNO
NEL MAGAZZINO ABBANDONATO
Kendall, Jack, Sydney e Vaughn stavano parlando animatamente delle
informazioni scaricate dal Server 47.
«Signore, siamo in grado di distruggere l’Alleanza adesso!»
«Agente Bristow, so cosa dicono le trascrizioni, ma un’operazione simile
va pianificata perfettamente!»
«Quando l’Alleanza scoprirà che è stato violato il server, queste
informazioni non saranno più valide!»
«Vorrei ricordarvi 70 chili di esplosivo C4 murati nelle fondamenta
dell’SD-6 e probabilmente in quelle di ogni altra cellula, se le
informazioni sono sbagliate e noi entriamo in azione ci saranno centinaia
di morti.»
«La risposta è qui dentro. Qui risulta che ogni cellula dell’SD usa un
codice di abilitazione dei sistemi di sicurezza diverso ogni settimana, e
ci sono i codici attuali.»
«Quindi dovremmo andare all’SD-6 e scoprire qual’è il loro codice
attuale.»
«Se corrisponde anche le altre informazioni sono giuste.»
«…E potrei proporre a Langley una retata in tutti gli uffici
dell’Alleanza!»
«Abbiamo il codice dell’SD-6?»
«No, ma posso ottenerlo.» Jack sperava che se i due codici combaciassero
allora si sarebbe potuti penetrare nella sede dell’SD-6 e di tutte le
altre SD dell’Alleanza, così finalmente lui e sua figlia sarebbero stati
liberi.
Sydney pensò che in realtà suo padre sarebbe stato preso in consegna da
Geiger prima di vedere il suo trionfo.
SEDE DELL’SD-6
«Jack Bristow? Anthony Geiger.»
«Ero ansioso di conoscerla.»
«Anch’io, mi creda!» Gli accessi della sala si chiusero e lo sguardo di
Geiger a Jack non piaceva affatto. Chi era quel gorilla che stava con
Geiger? Stava succedendo qualcosa.
SEDE DELLA CIA
Il GSM di Sydney squillò. Era suo padre. «Sì?»
«Sydney, sono io! Sono con il signor Geiger, vuole che tu ci raggiunga
immediatamente. Ah… non prendere la superstrada, ci sono i lavori in
corso.»
Oh no.
«Va bene, sì!»
«A dopo!»
Vaughn si avvicinò a Sydney. «Ti ha dato il codice?» Lei piangeva? «Syd?»
«È stato scoperto!»
«Cosa?»
«Mi ha detto “non prendere la superstrada, ci sono i lavori in corso!”»
«Non capisco.» Non c’era nessun lavoro in corso lungo la superstrada.
«È la frase che abbiamo concordato… un modo per dire all’altro che eravamo
stati scoperti; un segnale di pericolo! E ora è con Geiger!»
M***a, questa non ci voleva! E adesso chi confermava i codici? Il tempo
stringeva, l’Alleanza oramai sarebbe stata messa in allarme e le
probabilità di beccarla colle braghe calate e sbarazzarsene scemavano di
ora in ora. Razza di s*****o, doveva proprio farsi beccare adesso? Ma
guarda che imbecille di padre. Ma dopotutto non era colpa sua, Sloane gli
aveva teso un tranello che però era scattato troppo in fretta. Syd non
sapeva cosa fare e girò l’orecchino; dopo alcuni minuti suonò nuovamente
il suo telefonino; era un numero sconosciuto.
«Pronto?»
«Sono io, questa è una linea sicura; che ti è successo?» era Sloane.
«Hanno scoperto Jack prima che mi inviasse i codici!»
«Quindi non avete modo di avere la conferma?»
«Esattamente.»
Sloane pensò per un po’. «Mi sembra che Dixon si fidi di te e quindi
potresti dirgli la verità e convincerlo a controllare i codici.»
«Potrebbe non credermi.»
«Allora dovrai essere molto convincente.»
«Potrebbe non riuscire a forzare il sistema centrale, potrebbe impaurirsi
e scappare. Ha moglie e figli.»
«Syd io conosco Marcus. Non mi ha mai deluso, se è convinto riuscirà a
recuperare quel codice e perché lui sia convinto lo devi essere tu.
Ricordati che alla peggio…»
«Lo so.»
«Ti devo lasciare. Se non funziona riattiva l’orecchino.»
Sydney telefonò a Dixon chiedendogli di incontrarsi con lei vicino ai
pozzi di petrolio, nella periferia nord della città; quindi andò in bagno
e si diede una rinfrescata. Era il caso di chiamare Will e dirgli di
lasciare la città? No, il suo movimento avrebbe potuto essere notato se
tenevano sotto controllo casa sua. Gli spiaceva esporre i suoi due
migliori amici al rischio di morire, ma il gioco che lei faceva non
conosceva pietà.
PERIFERIA DELLA CITTÀ
Adesso Sydney era in fibrillazione. Questo era il momento piú delicato del
piano; tutto dipendeva dalla reazione che avrebbe avuto Marcus Dixon, un
elemento esterno il cui comportamento poteva essere imprevedibile; Sydney
lo conosceva abbastanza bene per sperare di poterlo convincere ma in
questo caso il margine d’errore era enorme: Geiger avrebbe potuto
sospettare di lui ed averlo fatto seguire, in questo caso sarebbero morti
tutti e due. Oppure Marcus avrebbe potuto pensare di salvare sé ed i suoi
fuggendo fuori città ed anche in questo caso il piano di Sloane sarebbe
andato a farsi benedire.
«Se segui le istruzioni per recuperare il codice, ti troverai nel cuore
della rete informatica dell’SD-6 e vedrai che non è la CIA, è l’Alleanza!
Aspetto la tua e-mail, ma devi decidere in fretta!»
Dixon, pensoso, scettico, confuso, si voltò e risalì in macchina mentre
Sydney lo guardava andar via. Era la migliore interpretazione che le fosse
riuscita, aveva studiato le espressioni da fare davanti allo specchio del
cesso della Rotunda prima di partire. A questo punto era probabile che
Dixon si accorgesse della verità sull’SD-6 ma non era detto, in questi
casi c’era sempre qualche imprevisto.
SEDE DELLA CIA
Alla Rotunda la tensione era talmente fitta che la si poteva tagliare col
coltello; tutti aspettavano la lettera di Dixon per andare a salvare Jack
anche se collo scorrere dei minuti la cosa era sempre piú difficile. Syd
vide che al suo terminale era arrivata una lettera. La aprì mentre tutti
la fissavano.
«Il codice è giusto! È giusto!»
SEDE DELL’SD-6
Geiger fissava Jack con uno sguardo compassionevole. Quel vecchio mastino
si stava dimostrando un osso davvero duro da rodere. «Jack, tu lo sai come
vanno queste cose, il tuo cuore sopporterà non più di un’altra scossa, al
massimo due… Ma non ho mai visto nessuno superare le tre volte, e tu?» Ma
Geiger di ossi duri ne aveva rosi molti.
Intanto gli agenti della CIA entravano indisturbati nella sede del Crédit
Dauphine, ovvero la cellula locale dell’Alleanza dei Dodici, lanciavano
delle granate fumogene ed iniziarono a sparare a tutti gli agenti di
sorveglianza. Durante la sparatoria Sydney corse verso la tromba delle
scale, le scese saltellando, era presa da un istinto irrefrenabile, la sua
mente non riusciva a pensare ad altro senza valutare le conseguenze, tutto
quello che sapeva era che doveva entrare nella sala torture e doveva farlo
subito, si era dimenticata del piano di Sloane, di chi era, di cos’era
l’SD-6, di Rambaldi…
«Eeh… Tua figlia è così bella, immagina quello che potrei farle… è la tua
ultima occasione Jack, non vuoi salvarti? Salva Sydney! Allora… per chi
lavori?»
Sydney corse disperatamente per il corridoio, entrò nella stanzetta
sfondando la porta, Geiger fece per estrarre la pistola ma lei fu piú
veloce e gli sparò cinque colpi nel tronco.
«Oh mio dio! Papà!» Ma che c***o stava facendo? Doveva lasciarlo morire!
Perché si era gettata a salvarlo? Syd aveva improvvisamente riacquistato
la coscienza e si era accorta di avere fatto una puttanata pazzesca. Però
poteva ancora sparargli…
«Sto bene…»
Un secondo dopo entrò un agente della CIA che scansò la ragazza e si prese
cura di Jack; Syd rinunciò ad uccidere il padre sul momento. L’agente
raccolse Jack mettendoselo sulle spalle e lo portò via. Sydney era
completamente stordita, aveva perso il senso dell’orientamento e del
tempo. Dov’era? Che stava facendo? Come spinta dal residuo di quell’automatismo
che l’aveva condotta lì sotto risalì negli uffici del piano di sopra e si
avvicinò a Vaughn; i due si baciarono appassionatamente.
Arrivò Weiss: «Ehi, ragazzi! È fatta, li abbiamo presi a calci nel culo!»
I due non lo stavano a sentire. «Ehi ragazzi, avete sentito? A calci!»
I due continuarono a baciarsi, Weiss sospirò e se ne andò. Per Vaughn era
un bacio liberatorio, finalmente poteva scoprire i suoi sentimenti ,
lasciare che il suo amore venisse alla luce a dispetto di qualunque
avversità, per Syd era un bacio isterico, non sapeva come reagire al
casino che aveva combinato.
LOCALITÀ SCONOSCIUTA
«In effetti è straordinario, Sydney ha passato le informazioni alla CIA e
tutto è andato esattamente come previsto da lei. Congratulazioni signore,
l’Alleanza è morta!» Sark era euforico, cioè un po’ meno glaciale del
solito.
«C’è ancora molto lavoro da sbrigare.»
CAPITOLO 8: DUPLICAZIONE
LOS ANGELES
CASA SICURA DELLA CIA
«Temi l’uomo che soffre e la sua bottiglia.»
L’agente James Lennox si alzò dalla sedia e si avvicinò a Sydney; disse un
paio di cose tristi che lei non stette nemmeno a sentire, rispondendo con
banalità dello stesso tenore.
«Oh, Sydney»
Nonostante l’alito pesantemente alcolico, l’aspetto sconsolato, la barba
malfatta, o forse proprio per questo, Syd si sentì attratta da lui. Lennox
la baciò. Aveva degli occhi splendidi come quelli di Vaughn ma anziché di
un intenso verde speranza erano di un bellissimo azzurro chiaro nel quale
si vedevano le crestoline dell’iride. Gli occhi di Jim erano diversi anche
da quelli di Sark, tanto chiari da esser grigi come l’acqua ghiacciata: in
effetti gli occhi di Julian non esprimevano altro che ghiaccio, erano
freddi come quelli di un essere senza vita. Syd si tuffò negli occhi color
del mare di Jim prima ancora che nel bacio: guardandolo le sembrava di
vedere il cielo solcato dalle nuvole, l’oceano increspato dalla schiuma
delle onde, la superficie corrugata di un pianeta alieno…
CAPITOLO 9:UN AGENTE LIBERO
CASA DI SYDNEY
Sydney uscì dalla sua stanza da letto col vestito buono per la cerimonia
di laurea e raggiunse Will e Francie che chiacchieravano in cucina
«Addensante per gelati, 4 lettere.» Will era alle prese colle parole
crociate.
«Agar.»
Il telefono squillò e rispose Francie. «Pronto? Un momento.»
«A-G-A-R.»
«È per te.» Francie passò il telefono a Syd.
«Pronto.»
«Congratulazioni Sydney. Quante cose hai da festeggiare oggi! «
Sydney uscì in giardino. «Arvin, ho fatto una c***ata. Ho salvato mio
padre.»
«Cosa?»
«Ehm, l’agente che è corso di sotto e l’ha salvato in extremis… ero io.»
Syd fece una pausa. «Non ti so dire perché l’ho fatto. Era iniziata la
sparatoria e… mi sono ritrovata a correre per le scale, non sapevo cosa
stessi facendo o perché… sono entrata e ho steso Geiger.»
«Questo accesso di amor filiale non mi rende felice. Adesso lo dovrai
ammazzare tu.» La voce di Sloane era calma ma Sydney capiva che era
arrabbiato.
«Sono pronta. Non si ripeterà piú.»
Sloane parlò dopo un momento di attesa. «Però… a questo punto non è il
caso di esser così precipitosi. Ora la CIA si fida di te?»
«Completamente.»
«E come va con quegli agenti che ti scopi?»
«Si fidano di me, tutti e tre. Vuoi sapere i dettagli?» Veramente gli
agenti erano due: Jim Lennox Sydney se l’era sbattuto un paio di volte per
fargli abbassare la guardia e rendere piú facile la sua eliminazione per
coprire Marković. Peccato, perché Jim era così dolce, non come quel
fighetto di Vaughn, il tipico esempio di federale borioso; comunque,
Marković adesso che era uguale a Lennox non era niente male, chissà se
l’avrebbe rivisto…
«No grazie. Sto pensando che forse Jack tornerà ad esserci utile. Devo
studiarmi un piano. Che nuove da tua madre?»
«Nessuna. Spero che l’errore che ho commesso potrà esser ripagato in
qualche maniera.»
«Mi farò vivo io.» Sloane riattaccò.
Perché aveva salvato suo padre? Perché l’aveva lasciato vivere? Perché
s’era gettata nel sotterraneo senza pensare né a sé stessa né al piano per
salvare la vita ad un uomo che doveva comunque morire? In quel momento il
suo cervello era andato in automatico: laggiù c’era suo padre e lei lo
doveva salvare, punto. In quei momenti aveva perso quella freddezza che
l’aveva sempre contraddistinta e che piú volte le aveva salvato la vita,
come quando aveva ammazzato Hasan o Noah. Ma non sarebbe piú successo.
CAPITOLO 10: BOMBA DI FUOCO
ZURIGO
Sloane era un genio. Colla scusa del C4 era riuscito a lasciare la AMBCORP
indisturbato e ad avere un contatto con lei evitando di suscitare dei
sospetti.
«Dimmi soltanto sì o no e pensa alla strada. Io volerò a Kandahār per
incontrare un “signore della guerra” locale. Voglio tenermelo buono, se la
CIA decide di promuovere un’operazione contro di lui sai cosa devi fare.»
«Sì.»
«Mi spiace dover farti fare sempre tutto ma sei l’unico contatto alla CIA
che ho. In ogni caso devi sempre salvaguardare la tua sicurezza. Prima tu
poi la missione. Ricordati che sei la prescelta.»
«Sì.»
«Rallenta, mi butto giù dalla macchina.»
KANDAHĀR
CASA DI ẠHMAD KABIR
Ạhmad Kabir recitava silenziosamente la preghiera della sera su un
tappeto afgano da preghiera in un angolo della stanza. Sydney si avvicinò
di soppiatto ed aspettò che Kabir avesse finito sforzandosi di contemplare
le figurazioni geometriche del tessuto alla luce della lampada a petrolio
che ardeva vicino a Kabir. Appena l’uomo fece per rialzarsi Syd si schiarì
la voce.
«A-hem! Mi manda Arvin Sloane: vi prego, mettete [2]
via la pistola, o degno signore dei guerrieri, valoroso Ạhmad Kabir di
Kandahār.»
«Cosa c’è?» Kabir abbassò la Tokarev ma la teneva ancora in mano.
«Potente signore, il mio padrone manda a dirvi anzitutto che vostra moglie
ha espiato il tradimento e l’onta che ha fatto ricadere sulla vostra
testa; vi porge quindi l’arma che ha ucciso la fredifraga e rinnegata.
L’ho lasciata di sotto.»
«Grande notizia! Ringrazio grandemente un degno amico.»
«Ma la cosa piú importante per la quale sono venuta da voi è che gli
americani hanno crudelmente deciso di privarvi della vita.»
«Cani traditori! Così si rimangiano l’accordo che stipularono con me e gli
altri capi!?!» Kabir sputò per terra per manifestare la sua ira. «Furono
vani i nostri reciproci giuramenti?! Rispettano così la mia canizie e la
mia autorità sopra tante famiglie amiche?! Perdona il mio accesso di
giusta ira, o valorosa serva di un ancor piú valoroso padrone, e spiegami
come essi intendono procedere.»
«Manderanno qui un sicario e se egli fallirà l’attentato alla vostra
persona vi uccideranno colle loro forze militari.»
«Infedeli al Libro ed alla loro stessa parola! Per punirli userò la
potente spada che il tuo padrone m’ha messo in mano, menerò grande strage
fra quei porci! Di’ al tuo signore che abbandonerò la città e mi rifugerò
presso i miei potenti cugini del nord.»
«Proprio pensando a questo gli americani hanno disposto pattuglie sulla A1
[3], sui monti, lungo la valle dell’Arġandāb e
perfino nel deserto di Xazar.»
«Non preoccuparti per me, dolce fanciulla, ho cento nascondigli e conosco
mille vie per giungere presso la forza amica: anzi, fa’ sapere ad Arvin
Sloane il grande che i Kabir, gli Humāyūn ed i Sayyid compiranno
sanguinose gesta di gloria contro l’invasore infedele nei prossimi mesi e
che molti uomini del popolo paštun seguiranno la loro schiera.»
«Agite presto, potente signore, poiché l’ira dell’americano non
s’acquieterà finché non berrà il vostro sangue.»
«Verserò al tuo padrone 40.000.000 $ come pagamento pel suo servigio e
come ringraziamento gli dono questo prezioso aġat. Quanto a te quale
ricompensa vuoi per avermi salvato la vita, o giovane donna la cui
bellezza riflette quella celestiale delle vergini del Paradiso?»
«Perdonate se ricuso la vostra liberale offerta, potente signore, e lo
faccio con mio dispiacere, ma dovendo evitare i sospetti dell’americano
per mezzo d’occulte vie, un vostro generoso dono mi sarebbe soltanto
d’impaccio; vi prego affinché vi soddisfaccia che mi basti avere la vostra
riconoscenza ed il vostro favore. Dio sia con voi, guidi la vostra mano e
vi dia salute e prosperità.»
«Altrettanto anche a te, o bellissima servitrice d’un uomo valoroso:
pregherò nonostante adoriate un dio diverso dal mio [4]…
oppure nessuno. Possa tu scansare le insidie della tenebra del nemico, o
novella Raziyyat [5].»
Sydney uscì all’esterno del complesso abitativo di Kabir ed aprì il GSM
chiamando Kendall. «Sono stata da Kabir, dell’arma non c’è traccia e lui
si sta preparando ad abbandonare la città.»
«Starà sicuramente tramando qualcosa. Rientri alla base.» Accidentaccio,
adesso avrebbero dovuto inviare una squadra dell’esercito a beccare Kabir
rischiando di inimicarsi lui ed i capi paštun locali: Kabir era
imparentato con diversi signori della guerra ed era alleato del clan Popal
Zai, quello cui apparteneva Hamid Karzai; a combattere un pesce grosso
come lui si rischiava di farsi nemica tutta quella gente.
Sydney subito dopo aver chiamato Kendall compose un numero sicuro e fu in
linea con Sloane.
«Mi ha creduto. Il governo adesso avrà qualche grattacapo in Afganistan e
avrai mani piú libere.»
«T’ha dato l’aġat?»
«Sì.»
«Perfetto, è importantissimo che tu me lo porti appena puoi, ti devo anche
parlare.»
«Al Kai Tak va bene? Al solito posto.»
«Sarò lì tra cinque ore.»
CAPITOLO 11: UNA SVOLTA NEL BUIO
HONG KONG
AEROPORTO KAI TAK
Sloane aveva calcolato attentamente tutti gli angoli bui dove le
telecamere della sorveglianza non potevano vedere chi ci passasse; Syd e
Sloane si ritrovarono in uno di questi, facilmente individuabile per la
presenza di una scrostatura sul muro. Lei gli consegnò l’aġat.
«Come mai tanto casino per questo pezzo da museo?»
«Al suo interno c’è il pezzo mancante del manoscritto di Rambaldi.»
«Kabir si sta preparando a fuggire nei monti.»
«Si rimetterà a fare il guerrigliero con Akbar Humāyūn e ‘Isā Xān Sayyid,
come ai bei tempi dell’invasione sovietica… darà molto filo da torcere ai
nostri, con quell’apparecchiatura che gli ho dato è in grado di abbattere
gli aerei della NATO. Passando ad altro, il piano per fare uscire Irina è
operativo, le devi dire quando e dove: a Panama, tra tre giorni. Inoltre,
devi farmi avere alcuni codici genetici di un’azienda di Stoccarda, la
Bruckner Biotech.»
«Non preoccuparti, studierò un piano e ti passerò i dati appena
possibile.»
LOS ANGELES
SEDE DELLA CIA
Irina Derėvko stava facendo delle flessioni nella sua cella quando entrò
sua figlia.
«Ciao Syd.»
«Ciao mamma. C’era una cosa che ti volevo dire.» Sydney fece una pausa.
«In tutto questo tempo che ho passato di nuovo insieme a te, dapprima ti
ho odiata, poi ti ho disprezzata, ma alla fine ho iniziato ad accorgermi
che tu ed io eravamo simili, nonostante tutto. Ho finalmente deciso di
ammettere che sebbene tu sia una traditrice ed un’assassina mentre io
lavoro per il mio Paese, sebbene fra me e te ci sia una grata d’acciaio,
noi due siamo unite da un filo invisibile ma indissolubile. Non farò piú
finta di essere figlia di Laura Bristow ma d’ora in poi sarò tua figlia e
basta. Condizionata dai miei doveri di servizio ma pur sempre sangue del
tuo sangue.» Fino a questo punto Syd era stata sincera: sì, lei era
proprio figlia di Irina Vsevolodovna Derėvko. Lo stava dimostrando
ampiamente.
«Sono contenta che tu sia finalmente cresciuta.»
«Volevo dirti questo. Volevo che tu lo sapessi.» Dopo questa frase Irina
inizò a capire che Sydney le era venuta a dire anche qualcos’altro.
«Notizie di Sloane?»
Infatti. Mentre la madre parlava lentamente Sydney sillabò con la bocca
“Panama”. «No.» Sydney si appoggiò con la mano lasciando vedere tre dita
aperte a forbice. «…Ma sospettiamo che stia organizzando qualcosa.»
«Arvin sta sempre organizzando qualcosa.»
Sydney la salutò ed uscì dalla zona detenzione. Sua madre tra breve
sarebbe stata in libertà! Improvvisamente Syd si accorse che la notizia le
faceva piacere, perché avrebbe avuto almeno un membro della sua famiglia
col quale poter parlare liberamente, una volta ricongiuntasi a lei anche
se Irina s’era rivolta a lei e ad Arvin non per amore filiale ma perché
già da subito aveva deciso che si sarebbe consegnata per tradire la CIA
scoprendo dove erano custoditi la maggior parte dei manufatti di Rambaldi
usando i calcolatori dell’Agenzia. Solo durante un controllo a tappeto
alla ricerca della falla nel sistema di Echelon Irina avrebbe potuto avere
a sua disposizione del livello di accesso necessario per scoprire la
posizione del deposito segreto dell’NSA, accesso che di norma non era
concesso nemmeno alla stessa Sydney.
CAPITOLO 12: LA VERITÀ HA BISOGNO DI TEMPO
Sydney era riuscita ad accedere al database della Bruckner
Biotech ed a recuperare i files chiestile da Sloane ed a piazzare una
bomba dopo aver dato l’allarme. Quando poteva evitare di ammazzare
inutilmente, senza scoprirsi, lo faceva sempre: “precisi e puliti” era una
regola d’oro che gli aveva insegnato Sloane. A questo punto il problema
era passare i dati ad Arvin perché lui, Irina e Sark oramai erano
supersorvegliati (di Russek la CIA non sospettava ancora niente) e temeva
di esserlo anche lei: dopotutto aveva lavorato con tutti e tre ed era
figlia di una di loro. Quando però Emily si fece viva per denunciare il
marito Syd decise di rischiare e girò uno degli orecchini datigli da
Sloane. Questo avrebbe dovuto metterlo in allarme.
TOSCANA
VILLA DI SLOANE
Avrebbe dovuto. Arvin non ricevette o non capì il segnale d’allarme e la
CIA lo trovò nella sua villa in Toscana; fortunatamente c’era anche Irina
con un elicottero pronto a partire. Appena gli agenti della CIA e dei NOCS
fecero irruzione nella casa Irina, Sloane ed Emily (che intanto aveva
deciso di seguire il marito) scapparono attraverso un corridoio
sotterraneo mentre Russek con gli scagnozzi del capo teneva impegnati gli
attaccanti; Sydney, che sapeva dell’esistenza del passaggio, li raggiunse
lì sgattaiolando oltre Anthony che fece finta di non accorgersi di lei e
continuò a sparare agli altri agenti. Coperta da Russek e dagli altri
sgherri Sydney ebbe appena il tempo di dare il disco coi dati ad Irina
mentre lei stava uscendo dalla botola; sua madre lo prese con un cenno di
ringraziamento. In quel momento arrivarono anche gli altri (dovevano aver
messo Russek fuori combattimento) e Sydney estrasse la pistola sparando un
colpo a vuoto ma vicino ad Irina. «È scappata, la t***a!»
E poi Dixon fece la c***ata.
Appostato all’esterno con un fucile di precisione, Dixon vide Sloane ed
Emily correre verso un elicottero ed Irina seguirli. Dixon prese la mira
verso Sloane, ma quando schiacciò il grilletto un elicottero passò sopra
di lui disturbando il tiro e facendolo sbagliare. Emily rimase uccisa e
Sloane si gettò riverso sul suo corpo, disperato. Irina prese con sé
Sloane, schiacciato dal dolore, e i due fuggirono sull'elicottero dove si
trovava Sark.
Syd nascose la sua ira perché Emily era una cara amica e perché in quelle
situazioni non si tenta MAI il tiro quando ci sono situazioni di disturbo,
soprattutto perché una volta che si è sbagliato il colpo l’occasione per
metterne a segno un altro è già scappata. Dixon aveva agito preso dall’ira
nei confronti di Sloane ed aveva voluto sparare a tutti i costi.
Imbecille. Non si fa cecchinaggio a sangue caldo, è la prima cosa che
insegnano al corso per tiratori scelti; per questo errore di
autovalutazione e per la sua imprudenza Marcus l’avrebbe pagata.
Anche Russek era morto. Era un male perderlo perché era un agente esperto
ma non sarebbe stato impossibile rimpiazzarlo; inoltre, da morto non
avrebbe potuto dire niente sul conto di Syd. Per ironia della sorte
Anthony moriva con Emily dopo che per tutto quel tempo era riuscito a
tenerla nascosta ed a proteggerla nelle Filippine.
CAPITOLO 13: FINE DEL GIOCO
LOS ANGELES
SU UNA LINEA SICURA
«Chi è stato?» La voce di Sloane sembrava il sibilo di un serpente
infuriato. A Syd sembrava di poter sentire il suo dolore e la sua rabbia:
dall’altra parte, la sua faccia doveva essere tutta una ruga.
«Dixon. Ha sparato lui.»
«Bastardo. D-deve soffrire come un porco sgozzato.»
«Ha fatto domanda di trasferimento, potrei ucciderlo subito ma renditi
conto che mi esporrei troppo.»
«Non voglio che tu uccida lui. Sarebbe troppo poco. Devi ammazzargli la
moglie.»
«Diane?»
«Sì. Devi farla saltare in aria. Voglio che anche lui non possa vedere il
corpo della moglie nella sua bara.»
«Così rischio di uccidere anche i suoi figli.»
«Risparmiane almeno uno, deve vederli diventare orfani.»
«Resta il fatto che quello che dici comporta troppa esposizione da parte
mia.»
«Ma da che parte stai? Credevo che Emily ti fosse amica!» Arvin si rese
conto di aver esagerato e si calmò subito dopo quello sbotto d’ira. «Trova
un capro espiatorio.»
«Per metter su un piano un minimo sicuro ci vorrà un po’, intanto cercherò
di convincere Dixon a rimanere per guadagnare tempo.»
«Ottimo. Sei bravissima. Scusami per un momento fa.»
«Non fa niente. Dispiace anche a me per Emily.»
Arvin riattaccò. In effetti Emily era stata per Sydney una figura materna
ma lei avrebbe preferito vendicarla uccidendo quell’idiota di Marcus, non
rivalendosi su Diane che dopotutto non c’entrava per niente.
Ma anche Emily non c’entrava per niente.
Comunque Syd avrebbe evitato di uccidere Steven o Robin… a meno che non
fosse stato impossibile colpire Diane senza di loro, ma sarebbe bastato
organizzarsi un po’ per evitare la cosa.
AL RISTORANTE COI DIXON
La serata era trascorsa piacevolmente. Dixon e Diane avevano parlato di
come avrebbero continuato la loro vecchia vita e Vaughn aveva detto quanto
era rimasto ammirato che avessero scelto passare insieme il resto della
loro vita eccetera ed altri messaggi non troppo velati a Sydney che
significavano “sposami! Sposami!”… che razza di uomo scontato e così
ordinariamente sensibile, buono appena a farsi usare per ottenere
informazioni e soddisfare un po’ di esigenze fisiologiche. Un po’ ma non
tutte, ma questo era meglio che Michael non lo sapesse.
«Io vado a prendere i bambini! A dopo! Buonanotte!» Diane salì in
macchina.
«Buonanotte Diane!» Syd mise la mano in tasca dove c’era il telecomando
del detonatore, disinserì la sicura ed aspettò il momento giusto. “Addio.”
Disse fra sé e sé tirando fuori la mano dalla tasca con noncuranza.
«‘Notte.» Anche Vaughn la salutò.
«Aah, com’è bello fare tutto apertamente! A domani.»
Dixon entrò macchina ma ne uscì subito, forse si era dimenticato di dire
qualcosa.
«Ah, a proposito…» Syd colse l’attimo e schiacciò il comando. Si sentì una
grande esplosione, la macchina di Diane saltò in aria con una palla di
fuoco.
«Diane!» Dixon non aveva capito immediatamente cosa fosse successo.
Si sentì la voce di un uomo dire di stare indietro e di allontanarsi, poi
Syd, Michael e Dixon si avvicinarono alla carcassa della macchina. Vaughn
avrebbe voluto portar via Marcus perché non vedesse il cadavere ma Sydney
gli disse di lasciare che Dixon sfogasse il suo dolore ustionandosi le
mani per cercare di tirare fuori dalle lamiere quel corpo senza vita… e
che contemplasse cosa succedeva quando si ammazzavano le persone care al
signor Sloane. Poi arrivarono i soccorsi colle sirene accese.
CAPITOLO 14: IL DIRE
A questo punto bisognava trovare un colpevole e Sydney ce
l’aveva già pronto.
Will Tippin.
Il buon vecchio Will; il capro espiatorio perfetto. Per far quadrare
meglio il cerchio gli aveva attribuito la responsabilità sia della morte
di Diane Dixon che della fuga di informazioni che si era verificata nella
CIA e che aveva permesso a Sloane di scoprire i Bristow, sfuggire
all’Alleanza ed alla CIA e fondare una nuova organizzazione, la
Convenzione, che gli aveva permesso di continuare a portare avanti le sue
operazioni criminali; già che c’era Syd l’aveva anche incolpato di quella
strana fuga di informazioni nella quale lei non c’entrava niente e su cui
Yager le aveva chiesto di indagare. Era stato così facile incastrare Will
per tutto quello, facendo credere che lavorasse per Sloane dall’autunno
del 2002 e far sì che fosse trasferito a Campo Harris avvertendo Kendall
all’insaputa di Jack; ovviamente nessuno aveva sospettato di lei, nemmeno
lo stesso Will. Ma bisognava farlo sparire, il buon vecchio Will, di modo
che non potesse scolparsi: così Sydney aveva ordinato a Sark di farlo
rapire di modo da far credere che fosse scappato di proposito e renderlo
definitivamente compromesso… peccato che nella confusione Will fosse
riuscito a sfuggire sia agli uomini dell’FBI che a quegli imbecilli di
Sark, così Syd era dovuta intervenire per sistemare la faccenda (sempre a
lei le toccavano… chi fa da sé fa per tre). Come era facile immaginarsi,
alla CIA nessuno aveva pensato a lei. In un anno e mezzo, nessuno l’aveva
mai sospettata.
MOTEL DI M***A
Sydney aveva contattato segretamente Will, latitante, dicendo che lo
riteneva innocente a causa di nuove prove appena emerse e così era
riuscita a convincerlo ad affidarsi a lei; in serata era passata a
raccattarlo con una Toyota rubata e l’aveva portato in una motel di m***a;
allora avevano parlato della sua situazione di fuggitivo, lei aveva tirato
fuori quell’assurda storia sul duplicato e Will c’era cascato, poi avevano
continuato a parlare e s’era creata una strana situazione… come
un’alchimia fra di loro… e i due s’erano ritrovati insieme nel letto.
Quando un maschio teme di avere le ore contate tende ad essere
particolarmente espansivo con l’altro sesso ed ovviamente Sydney c’era
stata senza esitazioni per potere avere completamente a sua disposizione
la molto malriposta fiducia di lui.
Adesso che s’era tolta lo sfizio, Syd si alzò dal letto, prese la borsa ed
entrò nel bagno del motel. Sarebbe stato piú corretto usare i termini
“latrina” e “topaia” ma tant’è…
Will guardava fuori dalla finestra sul desolato paesaggio postindustriale
dei dintorni del motel.
«Sai, erano otto anni che lo volevo fare.»
Syd non ne dubitava. «Tornando al discorso di prima, non ha alcun senso,
non trovi? Stiamo parlando di tutta la CIA e ancora non sanno chi è il
duplicato…
Syd prese il rossetto dalla borsa, ne estrasse il contenuto e aprì un
coperchio del suo anello.
Will, nell’altra stanza, si stese sul letto. «Questo dimostra che non sono
infallibili...sono anche convinti che io sia un assassino il che
oltretutto è vero visto che ho ucciso della gente.»
«Gente che voleva uccidere te!» Ma com’era maledettamente compassionevole…
un motivo in piú per non avere rimorsi. Sydney versò alcune gocce dal
rossetto in un piccolo ago nell’anello.
«Secondo te questo cambia le cose? Syd! Ho ucciso due persone, ho tolto
loro la vita! Sono un assassino!»
La donna richiuse il coperchio dell’anello ed uscì dal bagno con un’aria
decisamente seducente, almeno per Will.
«Non dovrei dirlo ad alta voce?»
Lei si stese sul letto e lo baciò. “Il bacio della morte!” pensò
ironicamente fra sé e sé.
«Sei bollente!»
Sydney rigirò l’anello e punse Will sul collo.
«Ahi!» Tippin si toccò il collo. «Che è stato?»
«Niente, niente.» Sydney lo accarezzò sulla testa, un gesto materno… un
gesto di commiato. Poi si alzò ed iniziò a rivestirsi.
Will iniziò a sentire del caldo, poi iniziò a tossire…
«Syd dove vai?» Will si accorse con orrore che la sua voce era spezzata.
Ora non riusciva a respirare, come se una forza terribile gli serrasse i
polmoni.
«Mi sento… cosa mi sta… S—»
Non poteva piú parlare, non aveva piú aria, vide che Sydney lo guardava
indifferente.
«…Y—»
Tutto ruotava attorno a lui mentre Sydney, la sua migliore amica, la sua
assassina, metteva a posto le sue cose.
«…D—»
La bocca del povero Will iniziò a schiumare, poi lo sfortunato ragazzo
crollò riverso sul letto cogli occhi sbarrati ed ebbe un paio di
convulsioni, quindi rimase immobile.
Era morto.
Syd finì di cancellare le impronte digitali con un fazzoletto ed uscì con
circospezione. Fuori era notte: nessuno l’avrebbe vista. Aprì il portello
posteriore della macchina e tornò dentro, trascinò il corpo senza vita di
Will per la stanza, aprì la porta, controllò ancora una volta che fuori
non ci fosse nessuno, si caricò sulle spalle Will e lo scaricò nel baule
della Toyota. Chiuse il portello, salì sull’auto e partì. Un’ora dopo la
berlina con Will era nel Pacifico.
Mentre Syd guidava il suo Grand Cherokee sulla strada del ritorno si
chiese se Will avesse capito di stare per morire e se fosse stata lei ad
avvelenarlo. Sydney pensò che non avrebbe mai piú visto Will, il dolce
simpatico premuroso Will, l’innocente Will, ucciso senza che sapesse il
perchè… niente avrebbe potuto riportarlo in vita ora e Syd si ritrovò a
voler mille volte dare la sua vita perché Will fosse sano e salvo, a voler
tornare indietro nel tempo e rivelargli tutto farlo scappare no
consegnarsi baciarlo ancora perdonami no no NO NO! Cosa aveva fatto? Cosa
aveva fatto? COSA CAZZO AVEVA FATTO?
Una lacrima le rigò la guancia. Aveva un attacco di rimorso? Lei?
“Consideriamo i fatti oggettivamente. È possibile riparare a quel che ho
fatto? No.” Era inutile vivere col rimorso, non sarebbe servito nemmeno a
Will, quindi, inutile tormentarsi. Will era un amico, un caro amico, che
per giunta non aveva nulla a che fare con quella storia, ma Syd aveva
ucciso molte persone che nella loro vita non avevano fatto nulla di male.
Se non avesse assassinato Will avrebbero incolpato lei —eliminarlo era un
male necessario. Syd si ritrovò a pensare che era molto meglio che il suo
piú caro amico dormisse coi pesci piuttosto che lei fosse rinchiusa in un
carcere. Meglio uccidere mille, centomila volte piuttosto che farsi
scoprire e pagarne le conseguenze.
“Fregatene degli altri. L’unica persona che conta è sé stessi.”
Che gran figlia di puttana che era. Termine quanto mai azzeccato: Irina
Vsevolodovna Derėvko, sua madre, era una emerita puttana oltre che una
assassina ed una traditrice.
Ci sarebbero venute settimane per ritrovarla ed intanto l’albergatore si
sarebbe dimenticato Sydney, che avrebbe potuto cancellare tutte le prove
che scagionavano Tippin. Quando l’FBI o la polizia avrebbero scoperto il
cadavere del suo buon vecchio amico tutti avrebbero pensato che Sark si
fosse sbarazzato di un peso divenuto troppo ingombrante.
Il giorno dopo Sydney entrò nella base della CIA e si avvicinò a suo
padre.
«Dov’eri ieri sera?»
«Ho fatto un giro. Notizie di Will?»
«No. Temiamo possa esser morto.»
Sydney simulò un’aria afflitta, scosse la testa in segno di comprensione
ed andò al suo terminale informatico.
“La prossima volta toccherà a te.”
CONTINUA…
NOTE
1- Forse in Italia è piú noto nella grafia Sun
Tzu –comunque si tratta dello stesso nome (lett. “maestro Tzu”) scritto in
due modi diversi.
2- Per rendere meglio il clima arcaico della
discussione Sydney si rivolge a Kabir dandogli del voi. Il colloquio in
stile da poema si svolgerebbe in pašto ma l’ho scritto in italiano per
poter farvelo capire (e soprattutto perché non so una parola di pašto).
Fra l’altro, gli afgani parlano così? Penso di no ma ero troppo desideroso
di scrivere un dialogo in stile poetico.
3- Così si chiamava in epoca sovietica la
principale strada dell’Afganistan che attraversava Kandahār; adesso non so
piú se si chiami così. L’Arġandāb è un fiume che lambisce la città; il
Dašt-Mir-Xazar credo si scriva così.
4- Teoricamente mussulmani e cristiani (ed
ebrei) adorano lo stesso dio, Yahweh, il dio di Abramo, Isacco e Giacobbe,
ma hanno culti, teologia e libri sacri diversi; in ogni caso Ạhmad Kabir,
colto in storia ma ignorante in teologia, non lo sa.
5- Unica sultana di Delhi e che io sappia unico
capo di Stato mussulmano donna prima del XX secolo, regnò per tre anni
dopo la morte del padre Iltutmiš, avvenuta nel 1236 e viene così descritta
da una cronaca di quel tempo: «Era dotata di tutte le buone qualità che
dovrebbe avere un sovrano. Ma di che utilità potevano esserle, se il
destino non l’aveva fatta nascere uomo?» [Tabaqat-i-Nasari cit. in H.
Kulke-D. Rothermund, Storia dell’India]. Fu deposta dai suoi cortigiani ed
uccisa dopo che tentò di riprendersi il trono. |