CAPITOLO 1
Sydney non si ricordava quanto tempo fosse passato da quando l’avevano
catturata al Centro per la Ricerca Atomica di Parigi. L‘avevano caricata
su di un furgone, rinchiusa in una stanza sorvegliata della Sureté e poi
messa su di un aereo per gli USA; Syd temeva che questo sarebbe stato il
suo ultimo viaggio. Soprattutto temeva che non avrebbe mai piú rivisto il
povero Milo. Il suo figlio, il suo unico figlio, orfano ad un anno… era un
peccato che Sydney non si fosse trovata un compagno, ma fra Milo ed il
lavoro non era riuscita a combinare niente, per inciso, non si ricordava
piú l‘ultima volta che aveva fatto sesso; il suo pensiero tornò poi a
Milo: forse Nadia gli avrebbe potuto fare da madre ed Arvin da padre… la
donna sperò che Arvin divenisse per Milo un padre migliore di quanto non
lo fosse stato il padre di lei, Jack.
Infatti lei credeva d‘essere nelle mani dei servizî segreti deviati, di
quel traditore di Jack Bristow, che aveva venduto all‘Alleanza ed ai
corrotti l‘SD-6, il suo migliore amico e la sua stessa figlia.
Sydney era sola, nelle mani dei suoi nemici, senza aiuti, disarmata, come
nuda: non aveva nemmeno la sua memoria ad aiutarla, cosa che invece hanno
tutti i disgraziati ridotti all‘estremo come lei. La donna iniziò
sommessamente a pregare.
Dal profondo a te grido, o Signore…
Se consideri le colpe, Signore,
di fronte a te chi potrà esser degno?
Ma presso di te c‘è il perdono… [1]
Poi, siccome non si ricordava il resto del salmo, Syd continuò con parole
sue
Ho tentato di placare il terrore
Ma invece è aumentato
Sono prostrata per terra
E piango profondamente pentita…
Sono così perduta per poter esser salvata? [2]
„Non me, Signore, ma almeno salva mio figlio, fa‘ che non cada nelle mani
sbagliate, fa che…“ Syd iniziò a singhiozzare ma piú cercava di fermarsi,
di essere dura, piú continuava a piangere.
Jack si sedette accanto a lei. Sydney si riprese e si asciugò gli occhî;
decise che sarebbe stata sprezzante, sarebbe stata inflessibile, non gli
avrebbe dato la soddisfazione di vederla affranta –di capire di averle
fatto del male- non gli avrebe dato la possibilità di recitare con lei la
parte del padre premuroso e pentito, così forse sarebbe riuscito a fare a
lui del male, poco, troppo poco per quello che lui aveva fatto, ma era
sempre un metodo per tentare di vendicarsi, di combattere fino all‘ultimo.
«Syd, devi sapere alcune cose—»
«Io non parlo coi traditori. Sloane mi ha detto tutto… come hai potuto?!»
«Cosa ti ha detto Sloane?»
«Che i giuda meritano la forca. Papà, anche se mi ammazzerete, un
giorno o l‘altra tu e gli altri golpisti la pagherete.»
«Syd, io credo che Sloane—»
«Non voglio piú parlare con te. Basta.» Jack decise di prendere le
distanze da lei, ricordandosi della propensione al tiro dello sputo che
sua figlia aveva manifestato già da piccola.
FORTE LANGLEY
All‘atterraggio, Sydney venne incappucciata e condotta fino alla sede
centrale della CIA, a Langley. Syd notò che la sala per gli interrogatorî
della CIA era uguale a quella della Sureté, persino la sedia alla quale
era ammanettata somigliava a quella dei mangiarane.
Michael Vaughn e Jack Bristow la guardavano attraverso lo specchio
trasparente che dava sulla stanza mentre lei pensava che ore fossero a
Nuova Delhi, se Milo avesse già mangiato, dormito, fatto i bisognini e, in
una riflessione del tutto estemporanea, Sydney si ripromise di comprargli
un passeggino piú grande, oramai stava crescendo.
«Credo che Sloane le abbia fatto il lavaggio del cervello.»
«Deve essersi servito dello stesso macellaio che le ha asportato due anni
di memoria nel 2005. Se lo becco lo ammazzo.»
«Sarà dura convincerla. Crede ancora che l‘SD-6 fosse una branca della
CIA.»
«L‘unica possibilità è quella di scoprire cosa le ha detto Sloane e
dimostrarle il contrario.»
«Non sarà facile, Sloane avrà pensato a tutte le risposte.»
«Jack, è in ballo la vita di MIO FIGLIO! Cerchiamo di fare l‘impossibile!»
«Bene, entriamo. Ah, per favore, Michael… butti via quello stecchino
idiota.»
«Ciao Syd, come stai? Ti ricordi di me?» Vaughn non stava piú nella pelle
dalla voglia di parlarle.
«No. Una faccia di m***a come la tua la ricorderei di sicuro.» Il loro
primo incontro dopo quasi un anno non era andato come Michael sperava.
«Sydney, sai che siamo a Langley? Non credi un po’ troppo, per una banda
di cospiratori, usare la sede centrale della CIA?»
«Io non ho mai visto Langley. Questo potrebbe anche essere Salmon City [3]
ed io non me ne potrei accorgere.»
«Va bene… tu sai chi è il direttore della CIA?»
«Robert Kendall.»
«Se te lo facciamo vedere, tu ti convincerai che siamo dalla parte dei
buoni?»
«Lo sanno tutti che Rob Kendall è legato a filo doppio con i peggiori
ceffi dell’apparato militare-industriale e che fa i loro interessi e non
quelli degli Stati Uniti.»
Andiamo bene. «Syd, ammettiamo per un momento che siamo i cattivi. Non è
strano che non ti abbiamo torturata?»
«No, perché le informazioni ottenute sotto tortura possono essere false.
La vostra strategia è furba ma Sloane mi ha avvertito dei vostri metodi.»
«Sloane cosa t’ha detto ancora su di noi?»
«Lo vuoi sapere, faccia di m***a?»
«Sì.»
Syd si sporse verso di lui ed assunse un tono di voce circospetto.
«Che voi… dovete… ANDARE AFFAN****!!!»
«Forse dovremmo iniettarle un neurostimolante. Parlerebbe e direbbe quello
che sa.»
«Vicedirettore Dixon, ma si rende conto che sta parlando di mia figlia?»
«Ho conosciuto di persona Sydney e se ben mi ricordo, ho salvato la vita a
voi due un paio di volte. Non mi faccia paternali di questo tipo, la CIA
non è un’organizzazione di giovani lupetti e lei lo sa benissimo.»
«Sarebbe meglio cercare di strapparle quello che sa mediante dei colloquî…
la prego, Marcus, mi lasci tentare. Se entro 24 ore non avrò saputo niente
di neinte, faccia come vuole.»
«Dodici ore. Dodici o non se ne fa niente.»
«È che ho in mente un piano e devo prendere alcune cose… ma ci vorrà
tempo.»
«Quale piano?»
Dopo otto ore Sydney venne riportata nella stanza degli interrogatorî e
poco dopo entrò Jack; in mano aveva una busta senza contrassegni.
«Sydney, tu sai che i negativi delle macchine fotografiche non si possono
contraffare, vero?»
«Credo di no, ma ho visto di tutto.»
«Dai uno sguardo a questi rullini.» Una guardia le liberò la mano
sinistra. Sydney prese in mano le pellicole di negativo ed iniziò ad
esaminarle in controluce. Il primo rullino era quello della vacanza a
Santa Barbara con Vaughn.
«Questa potrebbe essere una sosia.»
«Continua a guardare.»
Il secondo rullino conteneva le foto della esecuzione di Sloane. Sydney
appariva nel pubblico. Il terzo, il quarto ed il quinto rullino mostrava
Sloane con Sark, bin Ladin ed altri simpaticoni. L’ultimo rullino mostrava
Marshall Flinkman con una donna incinta ed in seguito gli stessi con un
bambino.
«Potrebbero esser tutti controfigure mascherate in maniera da assomigliare
alla gente che conosco.» Sydney fece una pausa; in effetti qualche dubbio
le era venuto. «Sloane mi ha detto che Marshall era morto. Lo voglio
vedere.»
«D’accordo.»
«Sy—Syd—Sydney! È un po’ che non ci si vedeva… da quando eri morta, cioè
da quando ti avevano data per— uhm, dalla seconda volta che, insomma, noi
credevamo che…»
Syd pensò che se quello che aveva davanti era un sosia di Flinkman, la sua
interpretazione era eccezionale.
«Marshall, ti ricordi la prima volta che ci siamo visti all’SD-6?»
«Sì certo… io avevo le mani sporche di cioccolato… mi si era fusa la
barretta di Mars nelle mani –eh eh!- non ti volevo stringere la mano e
così il signor Sloane me l’ha ordinato ed io ho detto, ecco, non posso
perché avevo quella maledetta barretta… sai, il caldo…»
Prodigioso. Forse era davvero lui.
«Qual era il mio codice d’accesso ai documenti riservati dell’SD-6?»
«Ma come faccio a saperlo? Se era tuo ecco, io…»
«Se la persona piú curiosa che conosca, non dirmi che non l’hai mai
scoperto intrufolandoti qua e là nel nostro archivio.»
«È… che non me lo ricordo.»
«Te lo dico io: 471567.»
Marshall la guardò pensoso per un attimo, cercando nei meandri della sua
memoria se ci fosse stato un numero simile, poi esclamò: «No! Non è
possibile, in nessun codice d’accesso all’SD-6 c’era il numero 47.»
«Mio dio, Marshall… sei proprio tu!»
LOS ANGELES
Sydney aveva voluto a tutti i costi andare fino a Los Angeles a vedere di
persona il vecchio edificio dell’SD-6. Aveva detto che solo dopo averlo
visto com’era oggi, impiegato da un’agenzia governativa a tutta prova, si
sarebbe convinta della verità della nuova situazione. Su questo era stata
irremovibile. Jack venne con lei.
Il volo durò quattro ore ed ancor piú lungo fu il viaggio in mezzo al
traffico californiano. Alla fine si trovò di fronte al vecchio palazzo…
quanti ricordi. Chiese di entrare: dopo un po’ di resistenza, Jack
acconsentì.
Jack ordinò a due delle quattro guardie di aspettarlo di sotto e salì
sull’ascensore con Sydney e le altre due. Sydney era ancora ammanettata e
si mise a tossire violentemente.
«Guarda che non ci casco.»
«Coff… coff!… papà non sto facendo finta… mi sento male… coff!» Syd rotolò
a terra in preda alle convulsioni sbavando sul pavimento dell’ascensore.
«Aiutatela!» Ordinò Jack ai suoi uomini. Syd sferrò improvvisamente un
calcio in faccia ad uno dei gorilla mentre all’altro assestava una
terribile testata nelle parti basse, quindi diede un calcio alle ginocchia
del padre, facendolo cadere per terra; l’ascensore oscillò
pericolosamente; Syd si rialzò e tempestò di calci i tre uomini, quindi
sfilò delle chiavi dalla tasca di Jack e si tolse le manette dalle mani e
dai piedi; quindi bloccò l’ascensore, prese la pistola, il portafoglio e
la radiolina di Jack e chiamò gli uomini sotto: «Il prigioniero è fuggito!
Il prigioniero è fuggito! Tutti al IV piano!»; salendo sopra la schiena di
uno degli sgherri aprì la botola sopra l’ascensore ed uscì da lì.
Ai tempi dell’SD-6 Sydney aveva fatto un’esercitazione antincendio e
sapeva orientarsi dentro la tromba dell’ascensore: salendo lungo i gradini
della scaletta di manutenzione raggiunse un altro ascensore, sfondò la
botola e grazie a dio non c’era nessuno dentro. Schiacciò il pulsante del
piano terra; due minuti dopo usciva indisturbata dall’ex sede dell’SD-6.
Fece subito una capatina in un negozio di vestiti usati dove non fecero
domande sulla sua divisa da carcerata e le vendettero una maglietta fuori
misura e dei pantaloni sdruciti. Ora era libera… di tornare al suo lavoro,
alla sua vita, a suo figlio.
L’internet-café della 47ma strada era mezzo vuoto, a quell’ora del
pomeriggio. Sydney chiese un tavolino ed un’acqua tonica, quindi andò sul
sito “America’s Most Wanted”. Al primo posto resisteva bin Ladin, ma al
secondo posto…
«Sloane!» Come avevano fatto a mettere la sua foto nel sito ufficiale del
governo? [4] Possibile che gli agenti corrotti della
CIA potessero manipolare le informazioni a questo livello? Sydney decise
che si sarebbe dovuta sincerare una volta per tutte della verità. Ma come?
FORTE LANGLEY
«Signor Dixon, mi vuole spiegare come mai avete mandato una detenuta
pericolosa in una località da lei scelta?» Il direttore Kendall era
inferocito.
«La signorina Bristow s’era dimostrata irremovibile…»
«E CHI SE NE FREGA! ORA È SCAPPATA GRAZIE A LEI!»
«Come immaginavo.»
«EH?»
«Senta, direttore, se la Bristow avesse avuto dei dubbî sulla nostra
posizione non ci avrebbe fornito le informazioni che le chiedevamo
soltanto in forma travisata od inutilizzabile. L’unico modo per poterci
fidare di lei era lasciare che lei scappasse e scoprisse da sola la
verità.»
Kendall si grattò la testa. «Oggi lei si sta giocando la carriera.»
«È un gioco al quale so giocare.»
LOS ANGELES
La sede dell’FBI a Los Angeles non aveva un metal-detector all’ingresso.
Peccato, Sydney sperava di farsi beccare così. Decise di andare
dall’agente alla guardiola.
«Buongiorno, vorrei parlare col direttore di questo posto.»
«Certo, certo.»
«Ho informazioni di vitale importanza su Arvin Sloane.»
«Certo, certo.»
Syd estrasse dal suo borsone una tuta arancione. «Vede questa divisa? È
delle carceri della CIA.»
«Certo, e io sono Babbo Natale.»
«Controlli il numero di serie di questa P226 e risulterà che appartiene ad
un agente della CIA, Jonathan Donahue Bristow.» Quando gli porse la
pistola la faccia dell’agente diventò bianca come un cencio. «Faccia
attenzione, è carica.»
«Le chiamo subito il direttore. Ha per caso altre pistole in tasca?
Lanciamissili? Granate?»
«Buongiorno signorina Bristow… mi scusi per l’attesa.» Il direttore
McGeoch entrò nella stanza con due guardie poco dopo Sydney. «Mi hanno
detto che lei ha informazioni sul ricercato n.2 del governo.»
«Senta, la storia è un po’ piú lunga… potrebbe spiegarmi bene per cosa è
ricercato?»
«Terrorismo, complotto, alto tradimento, spionaggio… da quale vuole
iniziare?»
«Dall’SD-6.»
«Se non le spiace, potrei sapere come ha fatto ad accedere a questo tipo
d’informazioni?»
«Perché ci lavoravo.»
Dopo mezz’ora di colloquio, Sydney chiese a McGeoch di contattare Langley.
«Dica al direttore Kendall che Sydney Bristow si scusa per la sua fuga
improvvisa e che Sloane si trova a Nuova Delhi con mio figlio. Ah, ho
bisogno di fare una telefonata.» E tirò un respiro profondo.
NUOVA DELHI
Arvin Sloane era piuttosto preoccupato. Sydney non si faceva sentire da
giorni e temeva l’avessero catturata, ma né Håkansen né Siward, i suoi due
infiltrati nella CIA, ne sapevano niente. Sloane prese una copia del
Dizionario Filosofico di Voltaire ed iniziò a leggerlo per distendersi;
era alla voce “Cannibalismo” quando suonò il telefono dell’ufficio sulla
linea criptata 3.
«Pronto?»
«Faggio, qui è Palma.» Faggio era il nome in codice per Sloane e Palma
quello per Sydney.
«Questa linea è sicura, parla liberamente.»
«Mi ha catturata la CIA a Parigi ma sono riuscita a scappare,
però credo che mi abbiano lasciato andare perché li portassi a lei. Le
informazioni che dovevo acquisire sono compromesse.»
«T’hanno drogata? T’hanno fatta parlare?»
«No, ma hanno sostenuto che i miei documenti di viaggio erano falsi e che
sapevano da dove fossi partita.»
«Vediamoci al posto che sai fra 30 giorni, alle 11.00.» Il posto era il
caffè Lomonosov a Nižnij-Novgorod.
«Come sta Milo?»
«Bene, bene, adesso è a casa.»
«Dagli tanti bacioni da parte mia. Salutami Nadia, dille che se non
ritorno… se non ritorno, che pensi lei a Milo.» Syd riattaccò.
Sloane a questo punto era in dubbio: poteva darsi che Sydney fosse stata
costretta a parlare ed allora restare a Nuova Delhi sarebbe stato
rischioso ma poteva anche darsi che gli americani lo stessero aspettando
al varco sorvegliando col satellite la città ed allora muoversi sarebbe
stato ancor piú rischioso. Decise che finché poteva godere dell’appoggio
dell’India gli conveniva restare dov’era: del resto non aveva forse
evitato una catastrofe nucleare a Bombay? Non aveva forse contribuito
attivamente a far scoppiare la guerra civile in Pakistan, nemico
tradizionale dell’India? A Nuova Delhi lui era al sicuro, poteva
nascondersi nella folta comunità anglo-indiana o, coll’abbronzatura che
aveva preso, spacciarsi per un bramino od un mezzo-indiano. Conosceva
benissimo lo hindi [5] ed aveva diverse amicizie nel
governo. Al limite si sarebbe trasferito da qualche altra parte
dell’Unione fra un mese o due, giusto il tempo di far calmare un po’ le
acque e di mettere in piedi una nuova base in qualche altra grossa città,
Bombay o Calcutta.
HOUSTON
«Il bastardo per adesso rimarrà dov’è, a Nuova Delhi.» Sydney e Kendall
avevano deciso di incontrarsi a metà strada fra Los Angeles e Langley,
alla sede CIA di Houston.
«Ordinerò subito un’operazione contro quel figlio di puttana. Vedrà, lo
cattureremo.»
«Come vi ho già anticipato per telefono, il maledetto ha tre nascondigli
da quelle parti: oltre alla palazzina nel centro –Tilak Marg 40- ha una
villa fuori città ed un aereo sempre posto su una pista riservata
dell’aeroporto internazionale di Palam. I tre edifici hanno dei passaggi
sotterranei per fuggire di nascosto in caso di attacco ma non sono
collegati fra di loro. Purtroppo Sloane mi ha fatto vedere soltanto quello
della villa ma la buona notizia è che secondo me si nasconderà proprio
lì.»
«Alexander Seyton della Sezione Operazioni Speciali è già in volo per
Delhi e sta già lavorando ad un piano operativo. Le assicuro, sul mio
onore, che a suo figlio non verrà torto un capello e che faremo di tutto,
dico di tutto, per trovarlo.»
Entrò un agente e parlò nell’orecchio di Kendall. «Bene, avvertite il
presidente.» Ufficialmente la CIA doveva avere l’autorizzazione
presidenziale per procedere con le sue operazioni ed in questo caso era
meglio averla, rischiandosi un incidente diplomatico con una potenza
nucleare. «L’operazione sta per partire, venga con me.» Kendall la portò
nella sala di controllo della sede CIA dove un tabellone illuminato
mostrava il mappamondo coll’ubicazione degli agenti coinvolti
nell’operazione: l’aereo di Seyton era sopra l’Iraq; c’erano diversi
impiegati ai monitori che ricevevano le immagini dalle microcamere montate
sugli elmetti degli agenti. Nella sala c’erano anche Jack Bristow e
Vaughn.
CAPITOLO 2
NUOVA DELHI
Le teste di cuoio della CIA fecero irruzione nella palazzina in stile
coloniale di Tilak Marg 40 ove risiedevano Sloane ed i suoi stretti
collaboratori alle 00.12, ora locale. Ci fu resistenza e si svolse una sparatoria; vennero uccise tre guardie nemiche e perse la vita un agente
CIA, Graham Hinshelwood.
I prigionieri, il materiale d’archivio, tutto il contenuto delle
casseforti e tutti i case assieme ai portatili, insomma tutto ciò che si pensava
potesse contenere informazioni, venne caricato su tre autocarri che
attendevano per strada, poco lontano dalla palazzina, assieme ad i
commandos.
Un’altra squadra venne inviata alla villa fuori città di Sloane e penetrò
facilmente nell’edificio dopo aver neutralizzato un paio di guardie. Anche
lì tutto il materiale che poteva contenere informazioni fu caricato su di
un autocarro; i quattro veicoli infine si ritrovarono all’aeroporto di
Palam dove un C-130 li aspettava sulla pista pronto a partire.
Non venne trovata traccia del figlio di Sydney Bristow o della sua
bambinaia, né alla villa né nella palazzina.
L’intera operazione fu seguita via satellite dal direttore della CIA
Kendall a Houston, dal direttore Rose della NSA a Forte Meade e dal
Segretario di Stato Kilsyth a Washington.
SPAZIO AEREO INDIANO
L’aereo era decollato da dieci minuti quando la torre di controllo ordinò
di tornare indietro.
«Torre noi siamo già in viaggio Passo.»
«Rahu-671 condizioni atmosferiche non buone rischio d’incidenti. Tornate
subito giù Passo.»
«Le previsioni non ne hanno parlato ed abbiamo un’apparecchiatura di
navigazione ognitempo Passo.»
«Dovete assolutamente atterrare Passo.» Seyton era nella cabina assieme ai
piloti. «Secondo me sanno che abbiamo Sloane e vogliono farci atterrare;
Langley m’ha detto che ha forti appoggi nel governo.»
«Negativo Torre Passo e chiudo.»
«Rahu-761 ho ordine di farvi atterrare altrimenti sarete abbattuti ripeto
sarete abbattuti Passo.»
Seyton si rivolse a Kendall attraverso il GSM. «Gesù, direttore, metta in
preallarme i pachistani! Noi cercheremo di arrivare prima che possiamo!»
«Quanto ci metterete per oltrepassare al frontiera?»
Rispose direttamente il pilota. «Tirando un po’, meno di venti minuti.»
«Direttore, che dice il satellite?»
Kendall si volse allo schermo che mostrava la base aerea indiana di
Pānīpat in visione infrarossa: subito non si vide niente, poi… «Stanno
preparando due caccia!» Kendall si volse al magg. Sanna, l’esperto in
aviazione; non fece nemmeno in tempo a chiedere che il maggiore rispose:
«Tra dieci minuti saranno in volo.»
Si sentì Seyton domandare ai piloti dal GSM: «quanto avremo fatto fra
10’?»
«Signore, in meno di 20’ li avremo alle calcagna.»
«Possiamo tentare.»
HOUSTON
Kendall era sudatissimo. «Devo parlare con Washington. Mi passi
il Segretario di Stato.»
Dopo pochi secondi di attesa: «Pronto, Kilsyth.»
«Sono Kendall della CIA. Abbiamo catturato Sloane ma l’aereo sul quale è
detenuto può venire abbattuto dagli indiani.»
«Come le ho già detto, non posso esercitare pressioni sul governo
dell’Unione.»
«Non voglio questo; faccia partire dalla nostra base di Karachi i due
caccia piú veloci che ha. No, non voglio che combattano, devono solo fare
da diversivo per i caccia indiani.»
«E se gli indiani non ci cascano e li ignorano?»
«Allora noi ignoreremo le loro minacce porteremo l’aereo in Pakistan.»
«Mi attivo subito. Resti in linea.»
«Seyton, mi sente? Manderemo due caccia della marina a distrarre i suoi
mastini ma potrebbero non ascoltare le nostre minacce, forse la butteranno
giù.»
«È un rischio che devo correre.»
«Sì, ma senta: se il pilota le dice che si può tentare un atterraggio di
fortuna, la prima cosa che deve fare è uccidere Sloane! Ha capito?»
«Forte e chiaro, direttore.»
Nella stessa stanza di Kendall, Sydney e Vaughn avevano un groppo alla
gola… che fine aveva fatto loro figlio? Come stava? A Nuova Delhi non
l’avevano trovato, Sloane doveva avere degli altri nascondigli…
SPAZIO AEREO INDIANO
Per 15’ non si sentì niente, poi i piloti del C-130 sentirono attraverso
la radio una voce diversa da quella della torre di controllo.
«Rahu-671 qui Garuda-1 del Comando Aereo Hindustan occidentale Atterrate o
sarete morti ripeto atterrate o sarete morti Passo.»
HOUSTON
«Qui Kilsyth: i nostri caccia sono in volo ma non raggiungeranno la zona
delle operazioni che fra mezz’ora.»
«Senta Kilsyth, gli dica di entrare subito nello spazio aereo indiano. Ha
capito? Il protocollo della Difesa Aerea indiana prevede che in questo caso i
primi aviogetti in volo vadano ad intercettare gli invasori.»
«Eseguo.»
PĀNĪPAT
Appena gli F-18 americani entrarono nello spazio aereo dell’Unione indiana
il maresciallo dell’Aria Arjun Pandav ordinò ai due Hindustan Aeronautics
Marut Mk3 di virare per andare ad intercettare gli intrusi.
«Garuda-1 e Garuda-2 qui Pānīpat deviate la vostra rotta a 98° ovest radar
segnala intrusione non autorizzata.»
«Eseguiamo comando Pānīpat.»
Pandav chiamò subito il ministro Issar, che seguiva la vicenda nel pieno
della notte.
«Signor ministro, due aerei non identificati sono entrati nel nostro
spazio aereo dal Pakistan; come da protocollo ho inviato contro di loro i
due caccia già in volo.»
«Quelli… quelli che seguivano il C-130?»
«Signorsì.»
«CRETINO!!! Li rimetta subito nella loro rotta originaria!!!! Mandi
altri aerei contro gli intrusi! Se l’aereo le scappa la sua carriera è
FI-NI-TA!»
«Si-signorsì signore…»
SPAZIO AEREO INDIANO
Lo stratagemma di Kendall aveva fatto guadagnare a Seyton alcuni secondi
preziosi ed il confine pachistano si avvicinava sempre di piú. I due
caccia tentarono delle manovre di disturbo ma i piloti le elusero
abilmente; oramai era una questione di chilometri, di secondi…
«Signore, il satellite segnala che siamo entrati nello spazio aereo
pachistano.»
«Cristo… ci seguono ancora!»
«Rahu-761 tornate indietro o vi abbatteremo ripeto to—»
Tutt’a un tratto, il contatto radio s'interruppe ed i due Marut esplosero in una palla di fuoco.
«È la contraerea pachistana! Era già in preallerta! Siamo salvi!!!!»
Seyton urlò queste parole attraverso il GSM, esausto ma raggiante.
«Porteremo Sloane a Lahore in orario secondo la tabella di marcia.»
Intanto, a Pānīpat, il Maresciallo dell’aria Arjun Pandav veniva
trasferito alla base di Kargil, una sperduta cittadina al confine col
Kashmir pachistano, il cui comando aereo disponeva di una squadriglia di 5
caccia reduci della guerra del ’71 (ma due non potevano alzarsi in volo ed un'altro forse) e
tre elicotteri di fabbricazione forse sovietica. Il suo stipendio rimaneva
uguale, ma la sua indennità passò dalle 500.000 alle 3.000 rupie
settimanali.
HOUSTON
Nella sala di controllo, che riceveva via satellite le immagini, l’aria
era euforica. Kendall abbandonò la sua solita freddezza per esultare
abbracciando Sydney, tutti si stringevano le mani e si abbracciavano come
se avessero appena segnato la méta decisiva all’ultimo minuto del
Superbowl. Vaughn si avvicinò a Sydney e la baciò sulle guance.
Dopo un po’ Kendall disse a Sydney ed a Vaughn. «Mi spiace dirvi che di
vostro figlio non c’è traccia ma faremo parlare quel bastardo di Sloane ed
allora noi lo troveremo e voi potrete abbracciarlo di nuovo.»
CAPITOLO 3
SPAZIO AEREO AMERICANO
Il giorno dopo, Kendall, Sydney e Jack erano in volo per Karachi, dove
sarebbe atterrato l’aereo con Sloane. Nella cabina del DC-9 del direttore
–acquistato da una compagnia aerea fallita dopo l’11 settembre 2001- si
respirava aria euforica, ma per Sydney e Vaughn c’era una grande nota di
malinconia. Entrambi erano preoccupati per il piccolo Milo/Jack: dov’era?
Come stava? Che gli aveva fatto Sloane? In piú, Vaughn s’era ormai reso
conto che Syd non si ricordava piú di lui ed il loro rapporto sarebbe
dovuto partire da zero… sempreché fosse partito e quelli della CIA non
dividessero loro due per sempre: in fondo lui era un agente operativo di
IV grado e lei una supertestimone che di lui non si ricordava piú niente.
L’aereo fece scalo a Washington, dove salirono il vicedirettore Dixon e
gli agenti Lennox e Siward. Tutti e due salutarono Syd come se la
conoscessero, ma lei non si ricordava assolutamente di loro.
LAHORE
Gli agenti che entrarono nella base non furono tenuti a consegnare le loro
armi: erano a due passi dal confine indiano in un paese in preda al caos
istituzionale e Kendall temeva colpi di testa da parte degli alleati di
Sloane. Kendall avrebbe organizzato il trasferimento della preda: Sloane
ed i prigionieri piú importanti catturati con lui sarebbero stati
trasportati su di un Vought fino alla portaerei Forrestal che incrociava
nel mare Arabico, vicino alle coste Pakistane; la Forrestal li avrebbe poi
portati negli USA: si trattava di una misura molto precauzionale. I
prigionieri di minor importanza ed il materiale raccolto (archivî
cartacei, elaboratori, contenuti di cassaforti) sarebbe invece andati
direttamente negli Stati Uniti sul C-130 che si trovava ancora sulla pista
dell’aeroporto di Lahore. Tanto il Vought che il C-130 sarebbero stati
scortati da due squadriglie aeree americane.
Kendall ci teneva a fare un discorso ai suoi. «Signori, ieri vi siete
comportati in maniera egregia e mi congratulo con voi, ma non dovete
abbassare la guardia; sebbene ci proteggano due divisioni dell’esercito di
Islāmābād, il nemico può ancora tentare dei colpi di coda… nella guerra al
terrorismo il sentirsi sicuri è l’anticamera del sentirsi morti.» Quell’ultima
frase gli era venuta in mente in volo, nella ritirata dell’aereo.
Mentre Kendall teneva la sua filippica, Siward e Seyton uscirono fuori a
fumare; nel buio della notte si intravedevano le nuvolette di fumo.
«Cos’è quella roba?» Chiese Seyton, allarmato mentre cercava di scrutare nell'oscurità.
«Mani in alto.» Rispose quel bastardo di Siward, puntandogli la pistola
alla nuca. Seyton alzò le mani e vide delinearsi nel buio, avvicinandosi sempre più in fretta, due furgoni
davanti all’ingresso della base. Mentre Siward urlava ordini alla gente
che ne scendeva Seyton gli diede un colpo e scappò via mentre il porco
traditore e gli incursori gli sparavano dietro, ferendolo di striscio;
arrivato alla riva del Rāvi –il fiume di Lahore, Seyton scavalcò la
recinzione fortunatamente non elettrificata dell’installazione e si tuffò
dentro il corso d’acqua; i nemici rinunciarono all’inseguimento
limitandosi a sparare alcune salve nei flutti sperando di colpirlo.
Siward urlò ai suoi uomini che quello dalla testa pelata in giacca e
cravatta non doveva venire assolutamente ucciso. Avere per le mani il
direttore della CIA sarebbe stata una fortuna eccellente. Un gruppo di
uomini, guidati da Håkansen, entrò nella base dall’ingresso principale
mentre un altro gruppo seguì Siward in una porta secondaria.
Quelli che Franklin aveva reclutato erano dei mercenarî del posto, abili
nei rapimenti e nelle guerriglia sui monti ma poco pratici sull’espugnare
una base nemica dotata di tutte le misure di sicurezza che si potessero
immaginare e presidiata da trenta uomini armati e perfettamente addestrati
quindi la loro strategia sarebbe stata semplice: approffittare della
sorpresa per tirare un paio di granate nel mucchio ed abbattere tutti
quanti avessero un’arma in mano, tanto non erano venuti per far
prigionieri e gli ostaggi di un qualche interesse sarebbero stati un paio.
Håkansen contava che almeno un quarto dei suoi sarebbe morto per il fuoco
nemico o colpendosi l’un l’altro per sbaglio, così affidò gli uomini piú
esperti a Siward tenendosi i meno addestrati, che sarebbero stati coloro
che, per sbaglio, avrebbero ammazzato di piú i loro compagni così sarebbe
stato l’altro a rischiare di piú.
Kendall aveva appena finito la sua concione quando qualcosa esplose in
mezzo ai suoi soldati e subito dopo si sentirono delle scariche di armi
automatiche; un piccolo gruppo di agenti si accorse dell’assalto un attimo
prima che lanciassero le granate e rispose abbattendo cinque o sei degli
incursori nemici ma dopo un breve ed intenso conflitto a fuoco vennero
tutti liquidati. Jack e Dixon stavano per estrarre la pistola quando una
voce ditero di loro li invitò a riporla. Era Lennox; li disarmò e mise al
riparo Kendall.
Syd, piú vicina alle porte, si gettò subito per terra e guadagnò
l’ascensore strisciando. Mentre schiacciava “–2” si gettarono dentro anche
Vaughn ed un commando dei loro; questi però venne ferito alla testa
mentre la porta si richiudeva ed arrivò morto al secondo piano
sotterraneo. Syd gli prese l’MP-5 che stringeva fra le mani e la SIG-Sauer
dalla fondina.
Sydney e Vaughn corsero subito a chiudere coi chiavistelli gli accessi al
livello allertando il personale (tre uomini disarmati) dell’attacco al
piano di sopra: costoro non avevano sentito niente perché era
insonorizzato. Vaughn e Syd non erano piú due genitori preoccupati per il
loro figlio di un anno disperso chissà dove, ora erano due agenti
addestrati e pronti ad uccidere il cui unico pensiero era far riuscire la
missione.
«Bene, quante armi avete qui sotto?»
«Quante ne vuole… l’arsenale è qui.»
Subito due di loro corsero verso il corridoio. Vaughn ne chiese il perché al
terzo.
«Il sistema centrale del I livello può chiudere automaticamente la porta
dell’arsenale e noi non ci potremmo accedere, quindi bisogna mettere subito
qualcosa che la blocchi.»
Poco dopo i due tornarono. «Tutto a posto».
«Siete stati addestrati a sparare?» Vaughn sperava che questi tre
specialisti di SIGINT [6] della CIA fossero stati
anche addestrati all’uso delle armi.
Uno dei tre alzò la mano. «Mio zio Jimbo mi portava sempre al poligono.»
Andiamo bene.
«Come possiamo metterci in contatto coll’esterno?»
«Beh, l’edificio è schermato, possiamo tentare di usare la radio
d’emergenza ma se il sistema centrale è caduto in mano nemica…»
«Forse sono ancora al piano terra.»
«Chiamate aiuto.»
«SOS SOS SOS Qui Lahore 47-22 rispondete se siete in ascolto segnaliamo
attacco piano terreno edificio compromesso SOS SOS SOS.»
«Qui comando Karachi, ripetere pre—»
Non si sentiva piú niente; ad un certo punto si accese la spia luminosa
dell’interfono. Vaughn decise di aprire la comunicazione.
«Pronto?»
«Arrendetevi o vi uccideremo! Consegnate il vostro prigioniero o vi
uccideremo!»
«Hakansen, bastardo, ti riconosco! Sei un venduto di m***a e la
pagherai!»
«Anzitutto mi chiamo Håkansen, brutto s*****o, poi vedi di cacciar fuori
Sloane o vi ammazzo!»
«Crepa! Se non ve ne andate lo ammazziamo noi!»
«Abbiamo Kendall, ti saluta!»
Si sentì la voce strozzata del direttore. «Vaughn, sono loro prigioniero…
mi hanno detto di dirle che… NON CONSEGNATE SL—» Si sentì qualche
rumore soffocato.
«Kendall ha avuto una brutta idea ed ha pagato con un paio di denti.
Sentimi bene, noi abbiamo appena richiamato Karachi dicendogli che c’era
stato un falso allarme, quindi possiamo restare qui quanto vogliamo.»
«Si? E credi che nessuno verrà a controllare?»
«Facciamo così: voi fate uscire Sloane e noi ce ne andiamo prima che
arrivi qualcuno. Tieni conto che abbiamo corrotto i pachistani e che senza
Kendall alla CIA ci andrà un bel po’ prima che si organizzino.»
«Vaffan****!» Vaughn non sapeva piú cosa dire e riattaccò. «Dovremo
cavarcela da soli. Ci sono uscite?»
Prese la parola un tecnico. «A differenza di quanto avviene al cinema, i
condotti di aerazione non sono abbastanza larghi per fare passare… un
momento! La camera stagna!»
«Già, il condotto verso il Rāvi!» Fece uno degli altri due.
«In pratica, agente, questa base era stata progettata per inviare delle
squadre di sommozzatori lungo il sistema fluviale dell’Indo senza farsi
vedere dai satelliti ed a questo livello c’è un accesso al fiume che ha
visto poco dietro la base, il Rāvi. Abbiamo tute, aria…»
«Bene, dov’è l’arsenale?»
Vaughn diede a tutti una pistola con fondina, prese quattro carabine
automatiche M4 con due caricatori ed una cintura di bombe a mano. «Questi
sparano anche in acqua.» Quindi l’agente posizionò delle cariche esplosive
alle porte, poi andò a prelevare Sloane, detenuto in una cella d’un
braccio periferico del II livello. Lo fece uscire e disse ad uno dei tre
tecnici:
«Tu ti occuperai di quest’uomo, dovrai sempre tenergli una pistola puntata
addosso. Se ci colpiscono, uccidilo, se sei colpito, uccidilo. Hai capito?
Quest’uomo è dietro alla bomba atomica di Baltimora, alle guerre in
Etiopia e Pakistan… senza contare che venendo a recuperarlo avranno ucciso
tutti i tuoi colleghi lassù.»
«Signorsì. Ma cosa facciamo adesso?»
Andiamo nel fiume, lo risaliamo a Sud per un po’ e poi tagliamo per i
campi aggirando la città, così raggiungiamo a piedi l’aeroporto.»
«Saranno 15-20 chilometri, almeno!»
«E vuole imbarcarsi con questi?» Fece il tecnico facendo cenno ale
carabine automatiche.
«Ci penseremo dopo. Avanti!»
Prima della camera stagna c’era una stanza con materiale per sommozzatori
giá pronto; mentre si equipaggiavano, a Sydney vennero in mente le
pellicole di James Bond. Ognuno dei sei prese tuta, maschera e bombola,
legando i lacci delle scarpe alla cintura della muta, al quale avevano già
appeso la fondina colle pistole, mettendosi il caricatore di riserva ed il
tesserino della CIA fra le mutande e l’M4 a tracolla… tutti tranne Sloane,
che fu slegato ma imbavagliato di modo che non potesse urlare ai suoi
uomini una volta emersi; c’erano tre “trattori subacquei”, cioè dei mezzi
con eliche in grado di tirare sott’acqua due uomini per volta e vennero
presi tutti. Mentre il gruppo s’immergeva si sentirono delle esplosioni.
«È Håkansen che sta cercando di entrare!» Vaughn staccò una granata dalla
sua cintura e la buttò nella camera dove c’era il materiale per
sommozzatori, quindi si immerse.
FIUME RĀVI
L’acqua era lercia da far schifo. Il gruppo di 6 trattori subacquei
percorse per qualche metro il canale prima di sboccare nel fiume, dove
l’acqua era ancora piú sporca tanto che a Sydney sembrò di far immersioni
nelle fogne.
Viaggiarono per 500 metri circa prima che Vaughn, che guidava il gruppo,
uscisse fuori e gli altri lo seguissero.
Vaughn imbracciò la carabina e si guardò in giro. «Non c’è nessuno. Bene,
ora togliamoci le mute ma teniamocele dietro, ci sarà da attraversare un
canale ed i guanti ci serviranno.
Dunque, dov’è l’aeroporto? Beh, guidateci voi.»
Il terreno era brullo ed appena coltivato ed in lontananza si vedevano gli
edifici della città. Il gruppo di americani approfittando del buio passava
vicino ai villaggi indisturbato, a parte qualche abbaiar di cani. Vaughn
constatò che ci sarebbero andate un bel po’ di ore per arrivare
all’aeroporto. Mentre attraversavano i campi in mutande guardandosi
attorno con circospezione, Vaughn pensò a cosa dire all’aeroporto. Forse
ci sarebbe stata una squadra nemica a far loro la posta, cosa realizzabile
in quel paese allo scatafascio, quindi sarebbe stato piú semplice
introdursi di nascosto ed impadronirsi di un piccolo aereo già in partenza
col quale volare in qualche posto sicuro lì vicino… ma dove potevano
essercene, di posti sicuri, in un paese in preda alla guerra civile?
Erano quasi le dieci del mattino quando Vaughn, Sydney e gli altri furono
in vista della recinzione del piccolo e non molto sorvegliato aeroporto di
Walton; erano tutti esausti specie Sloane che aveva una certà età. Sulla
grata c’era l’avviso di pericolo ma Vaughn non pensava fosse
elettrificata…
Uno scarafaggio volò verso la rete e non fece il tempo a toccarla che
cadde giú stecchito.
E meno male che avevano tenuto i guanti! Infatti i guanti delle tute per
operazioni speciali son sempre isolati e potevano scalare la recinzione.
Ovviamente i tre tecnici si graffiarono col filo spinato che stava sopra
la recinzione, mentre Sloane sembrò ancora abbastanza sciolto nonostante
l’età.
A questo punto Vaughn ordinò ai suoi di aspettarlo lì, depose la carabina
colla cintura di granate ed andò verso gli hangars, sperando di trovare
qualche aereo in partenza, possibilmente per Karachi. Vide un DC-3 pronto
a partire su di una pista secondaria e sperò che il pilota parlasse
inglese.
«Mi scusi signore, dove va questo aereo?»
«Cosa ti interessa a te?» Lo parlava e pure bene.
«Sono un ricco affarista americano che ha appena perso il volo per
Karachi.»
«Che fortuna, ci vado anch’io! Ce li hai 5.000 $?»
«Ti posso anticipare 400 verdoni.»
«Voglio i quattromila subito.»
Vaughn ebbe un colpo di genio. «Ti interesserebbe venire pagato in armi?
Servono, in un paese dove c’è la guerra civile.»
Il pilota lo guardò pensoso. «Cosa hai?»
«Degli M4 americani, vengono 2.000 l’uno, e poi qualche granata.»
«Le bombe a mano non mi fregano, per i fucili con tre siamo a posto.»
«Affare fatto, capo. Il quarto lo teniamo noi, s’intende?»
Vaughn si voltò, fece un fischio e come convenuto Sydney e gli altri
vennero verso di lui. «Date a questo gentile signore i vostri fucili… no,
il mio preferisco tenermelo.
Allora, si parte?»
«Ma chi siete voi?»
Vaughn gli mostrò il tesserino. «Non è per metterti fretta ma se non
decolliamo fra cinque minuti qualcuno potrebbe sparare al tuo aereo.»
«Partenza fra due minuti.»
Mentre salirono, tolsero il bavaglio a Sloane, che si rivolse subito verso
Sydney. «Sydney, devo supporre che tu abbia saputo tutto ma ti resta da
fare un’ultima cosa: tuo figlio è ancora a Delhi, via Akbar 100, terzo
piano.»
«Questo non cambia il nostro rapporto. Ti odio perché—»
«Egli è il Nuovo Rambaldi ed è molto piú importante di me e di te ,vai Syd,
salvalo!»
«Vai Syd, vai!» La incitò anche Vaughn porgendole il suo M4.
Syd scese dall’aereo di corsa dopo essersi fatta dare una maglietta e dei
pantaloni dal pilota, che li teneva di ricambio nel suo hangar.
SPAZIO AEREO PACHISTANO
Dopo il decollo Vaughn si rivolse al pilota: «Senti, dovrei mettermi in
contatto cogli americani a Karachi; la frequenza è 9-0-9.»
«Prego, adesso la radio è tua.»
«Comando Karachi Comando Karachi qui agente USS-CI-2300708 da Lahore 47-22
rispondete passo.»
«Qui Comando Karachi siete voi che avete chiamato prima? Passo.»
«Sissignore la situazione qui è la seguente terroristi preso controllo
della base ripeto base compromessa e direttore Kendall prigioniero.» Si
sentì una colorita esclamazione attraverso la radio. «USS-CI-2300708 con
tre tecnici dell’impianto ed ostaggio principale in volo per Karachi
ripeto siamo in volo per Karachi ID volo K-623-51 autorizzate nostro
atterraggio in vostra base Passo»
«Vi faremo sapere fra 10’ Passo.»
«Ho bisogno di esser tenuto al corrente della situazione di spazio aereo
Pakistan devo esser messo in comunicazione con Washington Passo.»
«Non ci sono aerei dietro di voi stiamo provando a chiamare Pentagono
Passo.»
Dopo una decina abbondante di minuti si sentì un’altra voce alla radio.
«Vaughn, qui Kilsyth, sono in collegamento da Washington. Atterrerete a
Karachi e di lì andrete sulla Forrestal ma mi ripeta cos’è successo.»
«Un commando nemico è penetrato nella nostra base ed ha ammazzato quanti
resistevano; il direttore Kendall è loro prigioniero ma non so quanti
altri siano con lui ancora vivi; la buona notizia è che sono riuscito a
scappare con altri quattro e con Sloane, che attualmente è nelle mie mani.
A proposito, l’ag. Håkansen era col nemico.»
«Håkansen… d’accordo, ora mi ascolti attentamente, agente Vaughn.
L’esercito dell’Unione Indiana si sta mobilitando; dei reparti speciali
sono già in azione in Pakistan mentre delle divisoni meccanizzate stanno
per attraversare il confine; i pachistani stanno minando tutti i ponti;
la marina indiana ha iniziato delle operazioni nello spazio aereo …nel
quale siete ora voi. Dovete virare ed sorvolare la Frontiera Nordovest o
l’Afganistan. Ha capito? Non siete al sicuro e dovete stare il piú a ovest
possibile. L’aviazione indiana invece se ne sta tranquilla, ha paura della
nostra flotta nel Mare Arabico.»
Vaughn si rivolse al pilota. «Capo, gli indiani v’hanno invaso, riusciamo
ad arrivare a Karachi sorvolando la Frontiera Nordovest?»
Il pilota bestemmiò per qualche secondo. «No, non ce la facciamo, abbiamo
carburante appena per Karachi… Pagani bastardi!» e riprese a bestemmiare.
«Kilsyth, dobbiamo atterrare da qualche parte. Dove c’è una pista sicura
in questa zona?»
«Una pista sicura in quella zona? La meno insicura é… a Ǧalālābād in
Afganistan.»
«Capo, ce la facciamo per Ǧalālābād?»
«Se vuoi arriviamo fino a Kandahār.»
«Segretario, Kandahār è papabile?»
«Un m***aio. Meno peggio Ǧalālābād, atterrate lì e poi ci penseremo noi a
portarvi a casa.»
«Va bene, Kilsyth. Capo, a Ǧalālābād.»
«Avverto subito il controllo aereo dell’Afganistan orientale. Håkansen…
avremmo dovuto capirlo quando ieri è sparito. Avverto subito l’esercito
pachistano.»
«Così coprirà la loro fuga… anche loro erano d’accordo.»
«Farò mandare una squadra di ricognizione ma è difficile in questo
bailamme. Kendall ed Håkansen sono gli unici di cui sa qualcosa?»
«No, anche Sydney si è salvata, credo anche che Jack Bristow e Dixon siano
prigionieri e poi…» si rivolse agli agenti scppati con lui «Com’è che vi
chiamate voi? Baldwin, Ford e…?»
«Affleck, come Ben, l’attore: mi chiamo Johnny Affleck.»
«Baldwin, Ford ed Affleck; penso che Håkansen non sia stato l’unico a
tradirci, forse ce ne avevano un altro dall’interno.»
«È probabile, non si entra così in una base della CIA, sicuramente
qualcuno gli deve aver aperto. Ha già dei sospetti?»
«Ci stiamo ancora indagando. A Ǧalālābād troverà il Direttore Operazioni
Afgane dell’Agenzia. Passo e chiudo, Vaughn, buon viaggio.»
WASHINGTON
Il gen. Thornton era con Kilsyth durante la conversazione con Vaughn. Se
Sloane arrivava vivo nelle mani della CIA o di qualsiasi altra agenzia
nazionale, lui era perduto. Lesse piú volte dal tabellone il numero
identificativo del DC-3, trasmesso dal GPS, di modo da ricordarselo bene e
poi uscì con il pretesto di prendere un caffé.
«Agenzia viaggi Andaman? Vorrei prenotare una comitiva di 12 viaggiatori
per Eśnapur». Era la parola d’ordine per passare dall’agenzia di copertura
ad un gabinetto interno dei servizî segreti indiani. Dopo un po’ di
trafila riuscì a parlare con un certo Kumar.
«Penso che le interesserà sapere che Arvin Sloane è sul volo XW103823LD
verso l’Afganistan.»
«XW103823LD, ricevuto. Posso chiederle come mai collabora con noi, gen.
Thornton?»
Porca puttana, dovevano aver scannerizzato la sua voce per poi
identificarla confrontandola con le registrazioni di una loro banca dati.
«Il signor Sloane creerebbe un enorme imbarazzo per il nostro governo se
gli elementi subalterni dei servizî segreti potessero conoscere le sue
rivelazioni.» Kumar, salutandolo, riattaccò.
Bene, anche questa era fatta. Thornton decise di andare a prendersi quel
benedetto caffè, ragionando sul perché aveva deciso di rischiare vita,
famiglia e carriera per quel pendaglio da forca. Concluse che non era per
i soldi che Sloane gli versava -che comunque facevano sempre comodo-
quanto per il potere; Thornton non aveva mai avuto un po’ di potere per
conto suo ma l’aveva sempre gestitio per gli altri: il suo reparto, il suo
stato maggiore, il suo ministero non erano suoi ma di altri –del popolo
americano- e nei loro confronti era responsabile: nonostante tutto non
avrebbe mai potuto fare quel che voleva. Ma il generale desiderava la
torta tutta per sé, magari anche solo una fetta, mentre invece nella sua
carriera non aveva potuto che leccarne la glassa e questo l’aveva portato
a collaborare con Sloane… e, adesso, a farlo uccidere.
ALTO ZHOB
Due caccia intercettori Hindustan Aeronautics Marut Mk3 avvicinarono un
velivolo commerciale sopra la valle scavata dal fiume Zhob nel Pakistan
centroccidentale, lo agganciarono e spararono due missili aria-aria.
L’aereo esplose in una palla di fuoco ed i frammenti precipitarono al
suolo. I due caccia tornarono indietro riferendo di aver compiuto la
missione.
WASHINGTON
Il generale rientrò nella sala dei bottoni sperando che gli indiani
avessero fatto il loro dovere.
«Hanno abbattuto il volo di Sloane!»
«Com’è possibile?»
«Due caccia indiani.» Un addetto però fece notare che se il segnale via
satellite era sparito, restava una traccia sul radar.
«Sarà la carcassa dell’aereo che precipita: guardate, è in una posizione
totalmente diversa da dove la segnalava il satellite.» Affermò Thornton. E
Cristo, vuoi che lui non lo sappia? Lo stupido addetto continuò a provare
alla radio. Inutile.
«Qui Vaughn, cosa c’è?»
Al generale per poco non venne un attacco.
«Il vostro segnale GPS è sparito, crediamo abbattuto da due caccia
dell’Unione.»
Si sentì Vaughn che parlava col pilota, ma non si colsero le parole. «Dice
che il suo identificativo GPS è clonato, gli serve per non farsi beccare
dagli sbirri.»
«Avranno abbattuto qualche altro aereo.» Concluse Kilsyth; gli spiaceva
per lo sfortunato equipaggio ma tutto sommato era contento che fosse
toccato a loro.
SPAZIO AEREO PACHISTANO
Vaughn entrò nello scomparto merci dove Sloane era sorvegliato da Ford ed
Affleck ed ordinò ai due di andarsene in cabina di pilotaggio e tornare
solo quando li avrebbe chiamati lui.
Vaughn fissò Sloane negli occhî.
«Mi sembra di ricordare che un certo pezzo di m***a un anno fa mi propinò
un orrendo spettacolo a base del mio presunto figlio, morto.»
«Signor Vaughn, non c’era niente di personale.»
«Oh, io l’ho trovato molto personale.» Gli sparò un pugno dall’alto al
basso verso le costole, rompendone un paio di sinistra. «Molto, molto
personale.» Gli sferrò un altro pugno sulla fronte. «Aspetti, io ho
collaborato…» Poi Vaughn gli tolse le manette e gli prese il braccio.
«Si fermi… le dirò dov’è Irina Derėvko… dove si nascon—»
«Certo, certo.» L’agente iniziò a torcergli il braccio.
Quando atterrarono sulla pista di Ǧalālābād, Sloane era completamente
imbrattato del suo sangue, aveva un braccio penzoloni e non si teneva in
piedi, tanto che fu fatto scendere dal DC-3 in barella. L’agente di
scorta, Vaughn, sorrideva goduto come un cretino.
CAPITOLO 4
NUOVA DELHI
L’elegante casa sull’elegante via Akbar non aveva apparentemente scorta
all’esterno, ma quando Syd arrivò al III piano trovò la porta aperta e
Nadia distesa per terra.
«Mani in alto e posa mio figlio!»
L’ormai ex agente Siward alzò le braccia, depose Milo/Jack e lasciò cadere
la pistola, quindi la spinse via coi piedi; Sydney gli si avvicinò colla
P226 puntata alla testa.
«Così sei tu il secondo traditore!»
«Già, e qui c’è il terzo.» Una voce dietro di lei… era l’ormai ex agente
Lennox e le stava puntando una pistola alla tempia! «Anche tu alza bene le
mani. Bene bene…»
Improvvisamente si sentirono diversi spari rimbombare per le scale e
nell’appartamento; Syd e Siward si gettarono per terra e la donna strisciò
verso Milo; piangeva ma stava bene.
Lennox cadde a terra morto. Comparve da dietro Seyton che puntò anche
contro Siward—
CLIC!
Maledizione, la pistola era scarica; i due agenti si gettarono sulla P226
di Lennox ed iniziarono a lottare; Syd prese Milo; Seyton e Siward si
colpivano furiosamente: entrambi erano grandi e grossi e super-addestrati
ma Siward era alto quasi due metri ed aveva due spalle sulle quali poteva
mangiare una comitiva; alla fine il traditore colpì Seyton in faccia con
tanta energia da sbalzarlo all’indietro e stava per mettere le mani sulla
SIG-Sauer…
Quando Sydney prese la pistola che prima Siward aveva fatto cadere e
spostato, mirò e sparò. L’ex agente venne colpito alla testa e s’accasciò
subito sul pavimento imbrattato del suo sangue.
Syd aiutò Seyton a rialzarsi, quindi constatò che Nadia era ancora viva e
decise che un’ambulanza –seppur nel terzo mondo- avrebbe potuto prendersi
meglio cura di lei, specie perché da svenuta non poteva scappare.
«Corriamo che qui fra poco verranno gli sbirri!»
Mentre Sydney, Milo e Seyton viaggiavano verso l’aeroporto internazionale
di Palam, la donna chiese al commando come avesse fatto a raggiungerla.
«Ero alla stazione ferroviaria quando ti vidi prendere un treno per Bhamma
[7] e decisi di seguirti; quando da lì sconfinasti in
India ho continuato a seguirti fino a qui… sai che per un po’ ho creduto
che tu fossi con Siward?»
Al supermercato dell’aeroporto Sydney comprò una scatola di pannolini per
Milo ed andò nei bagni per cambiargli quello vecchio mentre Seyton
acquistava due biglietti per Dacca. A causa della crisi internazionale
tutti i voli internazionali erano stati cancellati tranne quelli per i
paesi confinanti eccetto il Pakistan così Seyton e Syd dal Bangladesh
avrebbero poi preso un aereo per Los Angeles.
Certo che il pannolino richiedeva tempo, ma era passata quasi mezz’ora da
quando Sydney e Milo erano entrati nei bagni. Seyton non era pratico e
decise di aspettare ancora per cinque minuti del suo orologio; quando
passarono, Seyton decise che sarebbe entrato nei bagni, divieto o no,
perché l’aereo partiva fra poco.
«Scusate signore» Disse l’agente entrando, sperando che le donne indiane
capissero l’inglese.
Girando per il bagno Seyton non vide nessuna occidentale… l’unica che
stesse cambiando i pannolini era una giapponese. Ma dove c***o era?
L’agente uscì di furia ed andò al terminale del volo per Dacca, poi tornò
indietro. Nessuno. Ad un certo punto ebbe una intuizione e si recò al
terminale per Colombo.
«Scusi, sa mica se una donna dall’aspetto occidentale con un bambino abbia
preso un aereo per lo ̣Sri Lanka? È importante, era mio… nipote.»
«Sì, è partita dieci minuti fa, ha lasciato un biglietto nel caso qualcuno
la cercasse.» L’impiegata gli porse un foglio di carta.
Per Alexander Seyton
Mi dispiace lasciarti senza neanche un saluto ma ho pensato che se fossimo
tornati negli Stati Uniti mio figlio sarebbe stato consegnato alla CIA e
che, anche se l’avessi potuto vedere ogni giorno, sarebbe diventato una
cavia da laboratorio, senza contare che non sarebbe stato al sicuro né da
politici ambiziosi né da agenti traditori. Spero che capirai la mia
scelta e che riferirai tutto ai capi solo quando sarai arrivato a casa,
“per evitare di venire intercettato”, ti prego, io penso che se tu fossi
stato nella mia situazione avresti fatto lo stesso.
E adesso? Adesso doveva correre, perché il volo per Dacca sarebbe partito fra tre
minuti.
ǦALALABAD
Quella città era un vero e proprio schifo. Vaughn pensava soltanto a
quando sarebbe tornato con Sloane a Langley –o, alla peggio, alle sue
incombenze a Miami. Consegnò il suo prigioniero al Direttore della CIA per
le Operazioni in Afganistan e gli chiese quando sarebbero potuti tornare
negli Stati Uniti.
«Non so, agente Vaughn.» Fayden, questo era il suo cognome, aprì le
braccia. «La faccenda in Pakistan sta prendendo una brutta piega. Il
problema è che quest’uomo ci serve. Ġiyāt al-Din Tuġlaq, un ex-generale
pachistano, fondamentalista fino al midollo, un’ora fa ha preso il
controllo di una base missilistica del suo paese e minaccia di lanciare le
sue atomiche contro l’India se le truppe dell’Unione non si ritireranno
entro oggi. Abbiamo tentato diverse mediazioni ma l’unico interlocutore
che possiamo porgli è Sloane.»
«Dio santo.»
«D’accordo, parlerò con Tuġlaq ma devo dettare delle condizioni…»
«Lei non ne è in grado.»
«Signor…» Fayden non si presentò e Sloane, dopo un attimo di attesa,
riprese: «Se devo parlare con Ġiyāt al-Din Tuġlaq devo sapere cosa posso
offrirgli, devo sapere su cosa gli devo mentire. E voglio l’amnistia.»
«Lei rimarrà sotto la nostra custodia, non ci sono sconti.»
«Signore, è in grado di trattare riguardo alle mie condizioni?»
«Lei non…»
«Mi faccia parlare col Segretario di Stato o non se ne fa niente.»
Alla fine Sloane la spuntò e si dovette aprire un collegamento col
Pentagono; all’inizio Kilsyth non ne volle sapere ma Sloane giocò tutte le
sue carte con abilità da maestro.
«Signor Segretario, lasciarmi vivo non vuol solo dire evitare un’ecatombe nucleare fra
India e Pakistan, che scatenerà la guerra santa contro gli infedeli da
parte dei mussulmani, ma di conoscere quale sarà il prossimo attentato
programmato da al-Qa’ida, che sono stato io ad organizzare almeno in
parte. Avrete la mia completa collaborazione.»
«Se lo cacci bene nella testa: lei rimarrà sotto la nostra custodia per il
resto della sua vita e…»
«Da morto non vi servo.»
«Le sue condizioni carcerarie saranno piuttosto spiacevoli ed appena
avremo ragione di dubitare delle sue informazioni lei sarà morto.
«È una situazione alla quale sono abituato.»
«Convinca Tuġlaq a non lanciare i missili e si vedrà. Si ricordi che ha
sulla testa il sangue dei 90.000 abitanti di Baltimora e l’unico motivo
per la quale lei la passerà liscia sarà perché avrà evitato una disgrazia
peggiore, chiaro?»
«Passatemelo.»
La conversazione fra Ġiyāt al-Din Tuġlaq e Sloane si tenne per radio in
urdu, la lingua ufficiale del Pakistan, che Vaughn non comprendeva
assolutamente. Dopo un’ora buona di “dialogo costruttivo” Sloane chiamò
Kilsyth.
«Signor Segretario, il nostro amico è disposto ad entrare nel nuovo
governo del Pakistan ed a non lanciare i missili ma non a deporre le armi
del suo gruppo; finché non potrà designare un paio di ministri lui si
nasconderà nel Belucistan.»
«Bene.»
«Da’ 52 ore all’India.»
«È troppo poco…»
«Signor Segretario, è molto piú di quanto vi aspettavate e lei lo sa
benissimo! Mi sembra che Russia e Stati Uniti abbiano un potenziale
militare in grado di rendere l’Unione Indiana a piú miti consigli nonostante il
suo mezzo miliardo di potenziali soldati.»
«Riferirò al Presidente.»
NUOVA DELHI
I frenetici incontri fra USA ed India non condussero a niente perché
l’Unione era estremamente fiduciosa nel suo appena installato scudo
antimissile. Pochi sapevano che gli algoritmi di base del programma di
gestione erano stati estrapolati dai tecnici informatici di Bangalore
dalle equazioni ideati da Milo Rambaldi e gentilmente fornite loro da tal
Arvin Sloane che allora lavorava per gli indiani. Anche le pressioni di
altre nazioni (Russia e Gran Bretagna) non conclusero alcunché perché il
presidente indiano Dhitaraśtra Bhiṣma si mostrò irremovibile. Ora Bhiṣma
era nel suo ufficio nel palazzo presidenziale di Delhi e stava leggendo
alcuni rapporti militari sull’assedio di Lahore: l’esercito dell’Unione
aveva preso Khokar e Bhamman, due villaggetti a nord dell’abitato.
«Pronto Delhi, sono John Kerry presidente degli Stati—»
«Venga subito al dunque.»
«Signor Bhiṣma, le interesserà sapere che 141 missili a testata nucleare
sono stati lanciati 30’’ fa da Russia, Gran Bretagna, Francia, Israele ed
America verso il Paese del quale lei è attualmente presidente. Se i miei
calcoli sono giusti lei dovrebbe ricevere la notizia esattamente…»
«Signor Bhiṣma, il controllo aereo di Pānīpat segnala 141 oggetti
identificati come missili in volo verso il nostro…»
«Vada, vada, Vidura, grazie. Kerry, LEI È PAZZO! Cosa la ha spinta…»
«Il fatto che 141 missili non li parerete tutti e quindi, a meno che lei
non ordini immediatamente la ritirata delle sue truppe in qualità di
Comandante Supremo delle Forze Armate oppure collaboreremo coi Pachistani
a rendervi un unico immenso cratere… loro lanceranno fra 28’’ su Delhi e
Benares.»
«Io non…»
«Trasmetterò ai miei alleati di disarmare le testate ed autodistruggere i
missili quando le nostri torri radio in Pakistan avranno ricevuto la sua
trasmissione all’esercito coll’ordine di ritrarsi. Ah, adesso i pachistani
devono star lanciando.»
Dhitaraśtra Bhiṣma non era un pazzo e come Kerry attaccò chiamò il
Comando Supremo Operativo delle Forze Armate ed ordinò di ripiegare.
Nell’istante in cui il primo missile nucleare si autodistrusse in volo era
stato appena trasmesso l’ordine. In realtà Kerry, Putin e gli altri non
erano dei pazzi e le testate non erano armate, ma Bhiṣma non volle
rischiare a controllarlo.
CONCLUSIONE
WASHINGTON
Alla fine gli indiani si ritirarono per evitare un olocausto nucleare ed a
Sloane fu risparmiata la vita. Venne condotto a Washington sulla portaerei
Forrestal dopo un viaggio di 30 giorni, durante i quali i prigionieri
fatti da Håkansen a Lahore furono scambiati con uomini della Convenzione
detenuti dalla CIA; s’era poi scoperto che Håkansen non era rimasto fedele
a Sloane come poteva sembrare ma che, dopo che l’ex agente venne
trasferito dalla sua guardia del corpo, avesse allacciato rapporti colla
Convenzione fino a diventare il capocellula del Nord America al posto di
Sark, quando questi divenne capo dell’Organizzazione. Kendall, Dixon e
Jack Bristow tornarono a Langley poco prima di Sloane. Fu anche sventato
un attentato al Presidente Kerry preparato da al-Qa’ida, grazie alle
rivelazioni fornite da Sloane. Di Sydney Bristow si erano perse le tracce.
Il gen. Thornton, ministro della difesa degli USA, entrò nella stanza dove
era detenuto Sloane con l’aria di un topo in mezzo ad un convegno di
gatti. Sloane era in una cella circondata da sbarre tipo Hannibal Lecter
(anche il water era in bella vista) e c’erano 6 agenti formato famiglia di
varie agenzie governative che lo guardavano a vista e che avevano l’ordine
tassativo di non parlargli mai; tutti i colloquî venivano registrati e
trascritti ed ogni singolo atto di Sloane veniva annotato ed interpretato
dagli analisti. I colloquî si dovevano per forza tenere alla presenza
degli agenti –senza contare i microfoni presenti nella stanza- e non era
possibile scambiare fogli scritti col prigioniero.
«Sono venuto per porle alcune domande.» In realtà Thornton voleva dire:
“come mai non ha ancora fatto il mio nome?”
«Lieto che al signor ministro possa servire.» Sloane capì e rispose in
maniera altrettanto indiretta: “perché lei mi serve ancora”. «Riguardo a
cosa? Ritenete ancora i marchingegni di Rambaldi importanti per la
sicurezza nazionale?»
Ecco a cosa gli serviva… doveva usare Il Dire per conto di Sloane, visto
ch’egli era fra le sbarre. «Mi parli de Il Dire.»
«Come ho già detto a Kilsyth e Clifford, Il Dire è utilizzabile solo con
l’interfaccia di un programma di gestione, un po’ come elaboratore od un
missile radioguidato. Ora, lei sa che il linguaggio–macchina informatico è
binario, basato cioè su due cifre ed una lunghissima serie di 0 ed 1 si
traducono in un’azione, un simbolo, un oggetto… bene, il programma che
gestisce Il Dire è quaternario, quattro basi, Thornton…»
«Come le basi del DNA!» Aveva capito! La grande scoperta di Rambaldi, il
codice genetico!
«La sequenza completa del filamento 3’è5’
di DNA [8] del figlio della Prescelta permette di
programmare Il Dire.»
«È per questo che il Segretario di Stato costudisce Jack M. Bristow Jr. in
una località segreta?» Questo è quello che era stato detto a Sloane ma lui
sospettava che non fosse vero.
«Già, ma basterebbe avere una traccia di sangue od anche un capello (con
la radice)…» A quel punto Sloane sporse la sua mano oltre la grata
metallica, un gesto che teoricamente gli era proibito ma che faceva ogni
tanto, specie quando parlava con qualcuno, all’apparenza
involontariamente. Thornton notò che fra le dita di Sloane vi era qualcosa
di luccicante… un capello, un corto capello biondiccio… non era di Sloane,
era di Jack Jr.! Il generale diede uno schiaffo alla mano di Sloane «Tenga
dentro le sue manacce! È vietato!» ma prese, con un rapidissimo gesto, il
capello. Sloane si strofinò le mani perché Thornton gli aveva comunque
dato una bella sberla.
«Mi scusi generale… è un gesto involontario; l’ho fatto anche con Clifford
del CNS, senza volerlo…»
«Va bene va bene. Forse sono stato un po’ eccessivo.»
«Tornando al nostro discorso, i varî manufatti di Rambaldi sono
sorvegliati dalla CIA in un deposito segreto.»
«Stia tranquillo, solo l’autorizzazione del Presidente può farli uscire da
lì.» Thornton diceva in realtà: “ma io come posso raccoglierli?”
«Già.»
Non aveva piú niente da dirgli. «Buongiorno, signor Sloane.»
Uscendo dalla stanza, Thornton per un attimo restò confuso: Clifford non
era del Consiglio Nazionale per la Sicurezza, era della Defence
Intelligence Agency… che Sloane si fosse confuso? Oppure che gli avesse
voluto alludere a qualcosa su quel negraccio? Comunque, il capello
passatogli dal prigioniero aveva il bulbo ed era utilizzabile. Quelli che
lo avevano perquisito non dovevano averlo nemmeno notato… Sloane l’aveva
tenuto durante la nuotata nel Rāvi ed il pestaggio, forse annodato ad un
dito od ai suoi stessi peli del corpo.
Un momento… se il Presidente degli Stati Uniti d’America non fosse stato
in grado di esercitare la sua carica, il Vicepresidente gli sarebbe
subentrato ed il vice di Kerry, John Edwards, era uno che di Rambaldi se
ne strabatteva… forse gli avrebbe permesso di accedere ai reperti di
Rambaldi senza fare troppe storie. Thornton ebbe un lampo quando si
ricordò dell’attentato a Kerry.
“Questo bastardo vuole che ammazzi il presidente, così potrò approfittare
di Edwards per impadronirmi dei pezzi.” Kerry gli stava simpatico anche se
non era un presidente deciso come il suo predecessore… ma se doveva
sacrificarlo, l’avrebbe sacrificato. Dopo tutto avevano steso Kennedy e si
poteva fare lo stesso con Kerry. Magari gli arabi si sarebbero beccati la
colpa assieme ad un bel po’ di bombe sulla testa, bastava solo trovare un
paio di beduini da coinvolgere nell’operazione e la cosa era fatta. Quelli
della Rockwell e della General Electric l’avrebbero dovuto ringraziare,
coi miliardi che gli avrebbe fatto fare.
E poi cosa c’entrava Clifford?
Il direttore Clifford stava pensando piú o meno le stesse cose dopo che
Sloane gli aveva dato quella ciocca di capelli biondicci… quel cavernicolo
razzista di Thornton mica era Comandante in Capo delle Forze Armate,
quello era il gen. Fiorentini. Forse Sloane aveva voluto dirgli qualcosa
su quel cornuto…
Sloane non disse a Thornton che la sequenza del DNA del clone di Rambaldi
era anche l’insieme di ordini che il programma doveva eseguire e non solo
l’installazione del programma stesso… in pratica, appena Thornton
l’avrebbe programmato usando come istruzioni la sequenza del filamento, Il
Dire sarebbe partito da solo ed avrebbe eseguito ciò che doveva fare in
automatico. Non gli disse nemmeno che era assolutamente necessario che al
momento dell’attivazione de Il Dire sarebbe stata necessaria la presenza
di una certa persona di cui Rambaldi faceva cenno nelle sue Profezie…
VARSAVIA
Durante il volo per Ǧalālābād l’agente Michael C. Vaughn aveva ricevuto alcune informazioni interessanti
da Sloane, sui nascondigli usati da Irina Derėvko. Uno di essi era a
Varsavia.
Dopo che Sydney sparì per la terza (o quarta) volta e Sloane arrivò negli
Stati Uniti, i superiori di Vaughn gli concessero un mese di vacanza e lui
decise di passarla a visitare i Paesi dell’Europa centrorientale.
Guarda caso dove poteva trovare la donna che forse poteva aiutare Sydney e
che aveva anche ucciso suo padre.
Ora era a caccia.
POSTFAZIONE DELL'AUTORE
Lo so che è un finale aperto e conclude solo parzialmente la vicenda, ma
anche nella serie i fine stagione fanno lo stesso, rimandando a
quella dopo.
Spero che il nome di battesimo di Kendall sia quello corretto.
NOTE
1- Salmo 130 (129 secondo la Vulgata), parte
dei versetti 1, 3 e 4.
2- Traduzione un po’ libera del testo di
“Tourniquet” degli Evanescence (gruppo molto popolare fra i fans di questo
sito).
3- Esiste veramente, nell’Idaho (ho controllato
su di una cartina)
4- Può sembrare molto stupido che Sloane abbia
tralasciato di trovare una scusa per spiegare a Syd la presenza della sua
foto su quel sito ma… come fare a trovare una giustificazione credibile?
accennandogliene, lei avrebbe potuto nutrire dei sospetti, se non subito
magari dopo; inoltre, perché Sydney avrebbe dovuto visitare “America’s
Most Wanted”? tutte le informazioni sui terroristi le venivano fornite dal
suo capo, cioè Sloane.
5- La lingua nazionale dell’India assieme
all’inglese.
6- Acronimo di Signal Intelligence (=Spionaggio Elettronico).
7- Ultimo paese pachistano prima del confine,
sulla linea ferroviaria Lahore-Amritsar che nel racconto s’ipotizza
interrotta a causa di leggeri problemi di guerra civile ed invasione
nemica.
8- L’acido desossiribonucleico (DNA) è
organizzato in un doppio filamento piú volte avvolto su sé stesso; un
filamento singolo è detto 3’è5’
e l’altro 5’è3’.
Spiegare il perché di questa denominazione sarebbe troppo lungo e quindi
fuori luogo. |