X-WITCHES
Breve riassunto: Phoebe e Daniele tornano da un viaggio a New York, durante il quale si accorgono che alcuni sconosciuti li hanno seguiti…
Data di composizione: 2/12/2003, ore 13.54 – 10/3/2005, ore 16.12
Valutazione del contenuto: Adatto a tutti.
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New York era una città ancora più grande e immensa di
quanto si poteva pensare a prima vista, guardandola attraverso i documentari e
le fotografie dei suoi palazzi che si innalzavano nel cielo fino a scomparire
nel blu infinito.
- Non ero mai stato a New York prima. – commentò Daniele, non particolarmente
ammirato dalla vista di tutto quel cemento.
- Io venni qui la prima volta che avevo poco più diciannove anni. Ero una
ragazzina sprovveduta all’epoca, e la trovavo come la mecca dei sogni di una
ragazza. Broadway, il Madison Square Garden… -
- Tu dove abitavi? -
- Sulla 5th Avenue. Però è molto lontano da qui. Non ci basterebbero due ore,
con questo traffico. -
- Ascolta, Phoebe. E se ce ne andassimo in quel centro commerciale a vedere se
c’è qualcosa come un bar? -
- E’ un’ottima idea. – chiosò Phoebe. Anche il suo stomaco si sentì in diritto
di dire la sua con un prolungato gorgoglio. Phoebe arrossì, mettendosi una mano
sull’organo ribelle – Pare che sia d’accordo. – commentò ridendo.
I due fratelli girarono per la città alcune ore, tornando per le tre del
pomeriggio all’aeroporto di partenze nazionali. Daniele aveva vinto ad una
lotteria un biglietto di andata e ritorno per due persone a New York, con
soggiorno gratuito per una settimana. Per varie ragioni, l’unica persona
disponibile per il viaggio era Phoebe. Così questo viaggio a due iniziò come un
viaggio di reciproca conoscenza.
Ora era finito. Era tempo di tornare a San Francisco per ritornare a lavorare.
L’interfono dell’aeroporto chiamò gli ultimi passeggeri di quel volo per San
Francisco, con voce metallica urlante.
Daniele e Phoebe diedero i loro biglietti alla hostess sorridente, che augurò
poi loro un buon viaggio. I due fratelli Halliwell presero posto ai loro sedili,
e si accorsero di essere stati separati. Phoebe sarebbe stata nella parte
centrale del velivolo, mentre Daniele era stato destinato alla fila laterale
destra, vicino a due donne. Una giovane donna afroamericana dai lunghi capelli
bianchi, ed una seconda ragazza di razza bianca, più giovane della prima, ma non
certo meno bella. Daniele si sedette di fianco a quest’ultima, sfiorandole di
poco il gomito. Avvertì una sorta di scarica elettrica molto forte, che la
costrinse a togliere il braccio di scatto. La ragazza si accorse del movimento,
e si affrettò a scusarsi, coprendosi il braccio con uno spesso scialle di stoffa
– Mi dispiace. – gli disse, con voce vellutata, e con occhi spaventati.
- Non è nulla signorina. -
La giovane parlò con la sua amica, a voce tanto bassa che Daniele non poté
sentirla. Però, dovette ammettere, che entrambe erano molto carine. Le due poi
presero a chiacchierare con un uomo non molto muscoloso, la cui barba aveva
subito uno strano taglio, in grado di conferire al suo possessore l’aria di un
licantropo. Non era un brutto uomo, però era in grado di incutere un certo
timore col solo sguardo, come fosse un lupo. D’un tratto, l’uomo alzò gli occhi
a guardare Daniele. Sghignazzò, così da mostrare quattro canini troppo lunghi
per essere quelli di un normale essere umano. Daniele avvertì un brivido, ma
capì dalla sua pietra, rimasta inerte, che non rappresentava un pericolo, e che
non era un demone , soprattutto. Ciò non toglieva che fosse un individuo
altamente inquietante. L’attenzione di Daniele, istintivamente, si spostò sulle
nocche delle sue mani. Sembrava che ne avesse persino fra gli interstizi delle
dita. Forse era soltanto un’impressione, ma quanto sembrava reale… Daniele
preferì non pensarci, e godersi il volo verso casa.
Il viaggio fu molto piacevole. Phoebe, vinta dalla fatica della camminata, si
addormentò quasi subito dopo che l’interfono aveva annunciato la possibilità di
slacciare le cinture, mentre Daniele si era immerso nella lettura di un libro,
che non aveva più lasciato nemmeno per mangiare.
All’aeroporto di San Francisco, Phoebe e Daniele furono accolti da Piper e Leo.
Alla domanda dove fosse Paige, Piper rispose che era ancora influenzata, ma si
stava riprendendo lentamente. Piper aggiunse con una risatina che il suo naso
sembrava una grossa patata a pasta rossa.
I due ritornarono a casa, entrando in una piccola oasi di refrigerio dal deserto
bollente della città. La prima preoccupazione dei due fratelli fu immediatamente
rivolta a Paige. Entrambi salirono immediatamente in camera sua, lasciata aperta
perché Paige non soffrisse più di tanto l’inusuale calura.
- Ehilà, piccola. – esclamò Daniele entrando - Come ti senti oggi? -
Paige alzò gli occhi, rossi e pieni di vene. Rispose, con voce nasale sofferente
- Ud po’ beglio, grazie. Cob’è addata a Dew York? -
- Molto bene, grazie Abbiamo sempre pensato a te, mentre eravamo là. -
- Sicuri che siano loro quelli che cerchiamo? – domandò l’uomo. La microspia
mobile che avevano attaccato sulla camicia di Daniele era davvero una
meraviglia. Muoveva in qualsiasi direzione, e la visione era straordinariamente
nitida. Cambiò inquadratura, dando un’ennesima occhiata a Phoebe – Decisamente
carina. – passò gli occhi su Paige - Sembra una spugna imbevuta di muco, ma da
sana sarebbe anche più bella dell'altra. - Terminò la sua rassegna con Piper,
momentaneamente di spalle. Abbassò la visuale della telecamera diretto alla
parte bassa dei fianchi di Piper, fece un sorriso e ridacchiò - Questa ha un
fondoschiena decisamente non male. E poi è anche alla mia altezza. -
- Non siamo qui per fare i guardoni, Logan. - precisò la donna albina - Il
nostro compito è ben diverso. -
- Non c’è problema, Ororo. So benissimo che ci tieni a far bella figura come
comandante di questa missione. -
- Non c’è bisogno di fare dell’ironia. – lo zittì. Dava l’impressione di essere
stata punta sul vivo.
- Ad ogni modo: sono loro? -
La giovane dai ciuffi bianchi ai lati del volto s’intromise nel discorso -
L'uomo con la barba lo riconosco. E’ Daniele Halliwell, il fratello maggiore. -
- Quello che era vicino a te in aereo? E gli altri che sono venuti a prenderlo,
li avete mai visti? -
- Dai dossier risulta che la brunetta più bassa è Piper Halliwell Wyatt, la
terza sorella, se contiamo anche la gemella di Daniele morta un paio di anni fa.
La biondina è Phoebe Halliwell, vedova. -
- E lo scimmione? - domandò Logan, inquadrando Leo. Quel viso rude e dai tratti
non molto fini aveva stuzzicato in lui l’ennesimo commento irriverente.
- Leo Wyatt, il marito di Piper. – rispose immediatamente la donna albina.
- Fatica sprecata, stare qui a studiare le loro mosse. Sembra che siano del
tutto inoffensivi, a parte il gorilla. - fu il commento finale dell’uomo, che si
riallacciò la cintura di sicurezza.
- L’apparenza può ingannare, Logan. Sembra che in realtà siano tipi piuttosto
pericolosi, anche per noi. -
L’uomo nicchiò - A me non sembra. Comunque, facciamo il lavoro e torniamo a New
York. L’aria di San Francisco inizia a darmi ai nervi. - L'uomo ingranò
violentemente la prima, lasciando Prescott Street.
- Che mi avete portato? - domandò Paige, tentando con le sue poche forze
lasciatele dalla febbre di rialzarsi.
- Un piccolo souvenir. – Daniele tolse dalla borsa una piccola riproduzione del
ponte di Brooklyn in metallo. Il fratello maggiore lo pose in modo che fosse n
visibile dalla diretta interessata.
- Che carino… - rispose Paige.
- Puoi guardarlo la notte, se non riesci a dormire. E’ fosforescente ed emette
ben cinque diverse tonalità di colore. -
- Che bellezza… Stavo idiziando ad addoiarbi di dod poter leggere la dotte. -
- A che servono se no le sorelle maggiori? -
Ma quella notte, Paige non avrebbe dovuto preoccuparsi solamente per l’insonnia
indotta dall’influenza. La notte, infatti, due ombre silenziose s’introdussero
senza farsi sentire in camera sua, entrando indisturbate e furtive dalla
finestra aperta sulla strada. Sicure di ciò che stavano facendo, le ombre si
avvicinarono a Paige, decisi a recidere la sua vita. Una delle due figure,
quella più alta, fece fuoriuscire silenziosamente un coltello dalla manica della
giacca. Alzò il braccio, nell’intento di vibrare il colpo mortale diretto alla
gola della donna. Un solo colpo. L’uomo era perfettamente in grado di farlo,
anche ad occhi bendati. I suoi sensi finissimi gli avrebbero permesso di
trovarla anche nelle peggiori tenebre.
Daniele entrò in camera di Paige, accendendo la luce. Portava nelle mani una
scatola di antibiotici in compresse ed un bicchiere d’acqua fresca - Mi spiace
svegliarti, ma hai dimenticato la… - Daniele si fermò, scoprendo i due - Che
diavolo ci fate qui? -
- Missione fallita, Logan. Rientriamo. -
- Non ci penso nemmeno. – il piccolo uomo si avventò contro Daniele,
scaraventandolo a terra e finendogli dietro. La piccola donna albina rimase per
un attimo immobile, ancora colpita dallo scatto rabbioso del compagno.
Daniele schivò per n pelo un destro dell’uomo. Il pugno sfondò le mattonelle del
pavimento, mentre Daniele ribaltava il suo avversario con un calcio. Allarmate
dal trambusto, Piper e Phoebe uscirono dalle rispettive camere.
- Arrivano i vostri, eh? – commentò l’uomo rimettendosi in piedi con una
capriola.
Daniele gli si avventò addosso, subendo a sua volta un ribaltamento, che permise
all’uomo di disimpegnare e ritornare verso Paige.
- Piper, bloccali! - gridò Daniele.
La sorella di mezzo bloccò l'uomo prima che potesse fare qualcosa con le mani.
Daniele completò l'opera con un gancio destro al mento. Al momento di colpire,
la mano di Daniele sembrò cozzare contro una lastra di acciaio. Non perché le
ossa di quell'uomo fossero dure, quanto per quel tipico rumore di ferro.
- Ma di che è fatto questo?! - urlò con la mano nell'altra.
La donna albina passò immediatamente all'azione. Allargò le sue braccia sottili,
mentre i suoi occhi diventavano completamente bianchi. Improvvisamente, le tende
della camera di Paige si gonfiarono come se il vento avesse iniziato a soffiare
dal nulla. La forza del vento aumentò a dismisura in una frazione di secondo.
Due folate tremende sbalzarono i fratelli indietro, contro la parete della
porta, fortunatamente per loro vuota. Allarmata delle urla e dal rumore, Phoebe
aprì la porta con foga, giusto in tempo per vedere i due fratelli maggiori
crollare a terra. Sconvolta e ancora confusa. Ma già con la rabbia che di botto
era arrivata a riempire i suoi pensieri. Saltò e cercò di vibrare un calcio
sfruttando la sua capacità di volare. La donna previde l'attaccò, e sfruttò
anch'ella la sua capacità di volare. Volteggiò raggomitolata su sé stessa, sopra
la testa di una Phoebe attonita. Le due si fronteggiarono, prima che la donna
albina intrappolasse Phoebe in un vortice di vento, e la scagliasse lontano come
i suoi fratelli. Phoebe colpì la parete, picchiando con forza la testa. Piper,
nel frattempo, iniziava appena a riprendersi, ma già aveva ben chiaro in mente
di far esplodere quella strega dai capelli bianchi.
All’appello per la squadra di assalitori mancava solamente la più giovane del
gruppo. La ragazza, sbucando fuori dal nulla, appoggiò le mani sul collo di
Piper. Non praticò alcuna pressione, ma Piper iniziò subito a sentire un dolore
insopportabile, come se le mani della giovane le stessero risucchiando pian
piano le energie della donna, facendo soffrire anche la giovane. Le vene sul
viso di Piper, e in seguito in tutto il suo corpo, si gonfiarono, rendendosi
evidenti sotto la pelle. Piper sentì le sue forze scorrere via dal suo corpo,
per andare a finire dentro quello della ragazza, che pareva soffrire lei stessa.
La giovane smise dopo alcuni istanti, dopo i quali mollò la presa su Piper. La
giovane strega cadde in terra a peso morto, immobile, mentre i tre si
allontanavano dalla finestra, come se n’erano andati, solo in un tremendo banco
di nebbia portuale.
Non appena si fu ripreso, comprendendo la gravità della situazione, Daniele si
affrettò a portare Piper all’ospedale, come prima cosa. Si sarebbe occupato di
ritrovare quei tre maledetti in un secondo tempo, soltanto dopo aver capito cosa
fosse successo a Piper. Daniele e Phoebe aspettavano con apprensione che il
medico ritornasse dalla visita alla sorella.
- Perché? - domandò Phoebe, alzando la testa - Perché quei tre ce l’avevano con
Paige? -
Daniele non le rispose. Neppure la sentiva. Tutti i suoi pensieri erano rivolti
ad odiare chi aveva ridotto Piper in quello stato comatoso. L’odio era l’unico
sentimento che riusciva a provare in quel momento, oltre ad una profonda voglia
di vendetta.
Dopo molti minuti di attesa, il medico ricomparve dalla stanza numero 108.
Daniele se ne accorse, e gli andò incontro dopo averlo fatto notare anche alla
sorella.
Domandò, ansioso, come stesse. Il medico gli rispose pacatamente, spolverando
gli occhiali con una pezzuola di stoffa - E’ fuori pericolo, ma il battito
cardiaco è molto debole. Voi siete al corrente di come sia successo? -
- A dire la verità no. L’abbiamo solamente vista accasciarsi al suolo priva di
sensi. -
- Beh, comunque sia, non dovete preoccuparvi di nulla. Non appena vostra sorella
si risveglierà, potrete vederla. Cosa che non succederà almeno per le prossime
dodici ore. Ora, vi consiglio di andare a casa. Credo voi siate molto scossi.
Meglio che riposiate. -
Daniele ringraziò il dottore, poi invitò la sorella ad uscire con lui – Ascolta,
Phoebe. Ho bisogno di un cristallo rituale per potenziare la gemma delle anime.
Il centro commerciale è qui vicino. Dovrei farcela, prima dell’orario di
chiusura. –
- Vuoi trovare quei tre? -
- Ora come ora non c’è cosa che più vorrei fare di stroncarli con le mie stesse
mani. Ma per farlo, devo prima trovarli. -
- D’accordo. Ti aspetterò nel parcheggio. -
Daniele pagò il cristallo per potenziare la sua gemma e uscì dal negozio, dove
trovò Phoebe, intenta a venirgli incontro. Domandò scusa, porgendogli le chiavi.
Phoebe spiegò il motivo per cui l’aveva cercato: era molto affamata.
Daniele propose di andare a mangiare un boccone ad una tavola calda poco
distante. Malgrado la rabbia per Piper all’ospedale, Daniele iniziava a
sbollire. Pian piano, malgrado il dolore di fondo resistesse, la ragione
iniziava a ritornare a galla, lasciando dietro di sé l’iniziale cieca voglia di
vendetta. Ciò non voleva dire che avesse abbandonato i suoi iniziali propositi.
La cameriera portò una bottiglia di vino rosso a Daniele, e una fetta di pizza a
Phoebe - Per fortuna, non è niente di grave. – disse Phoebe, rompendo il gelo
che si era creato.
Daniele annuì crucciato - Non sai quanto sia furioso. -
- Capisco il tuo dolore - Phoebe appoggiò la fetta per prendere il suo bicchiere
grande di Coca Cola - Però cerca di non essere precipitoso. -
- Lo so da me, tesoro. -
Daniele non stava parlando con sua sorella guardandola in faccia, ma facendo
vagare lo sguardo sui piani superiore ed inferiore rispetto al punto dove si
trovavano, al primo piano, proprio vicino al cornicione panoramico che dava
sulla spettacolare fontana del pian terreno. D’improvviso, una donna di colore
dai capelli bianchi attirò la sua attenzione. Seduta proprio sul bordo in marmo
scuro della fontana, spiccava la sua capigliatura candida. Di fianco a lei, la
ragazza con i capelli di due colori diversi.
- Aspetta un attimo. – disse, indicando il bordo della fontana - Quella è la
donna che era accanto a me in aereo! – esclamò.
- E’ vero. - disse poi Phoebe. - Vorrei proprio sapere chi è. -
- Non lo so. Però le farò pagare quello che ha fatto a Piper. - Daniele partì in
quarta, deciso a fargliela pagare cara. Spinse con violenza chiunque gli si
parasse d’innanzi, fino ad arrivare alla ragazza. Phoebe cercò di fermare il
fratello non appena lo vide alzarsi, ma la zelante cameriera che aveva portato
loro le ordinazioni la bloccò, invitandola cortesemente a pagare le consumazioni
prima di andarsene. Il tempo i parlamentare con lei e Daniele prese il volo.
Daniele arrivò di fronte a lei senza essere visto. Furibondo, la prese per il
collo, stringendo il più possibile. Riusciva a sentire ogni singolo respiro
d’aria che passava dentro la gola della giovane.
Il piccolo uomo dall’aria licantropica si avvicinò a Daniele, cercando di
prenderlo per il collo della camicia – Farai meglio a mollarla immediatamente,
amico. - Daniele replicò il gesto a suo modo, lanciandolo a terra con un
violento colpo alla bocca.
Anche la piccola donna, accortasi del pericolo, reagì contro di lui. Fu colpita
anche lei, così Daniele restò solo con la ragazza più giovane. In un attimo, la
rabbia si impadronì di nuovo di lui, facendogli perdere completamente la testa.
L’unico suo pensiero era la vedetta – Pagherai caro quello che hai fatto a mia
sorella, piccolo demonio! –
- Te la stai prendendo con la ragazza sbagliata. – sentenziò quasi ringhiando
l’uomo con la giacca di pelle. Si tolse con il dorso della mano il piccolo
rivolo di sangue che stava uscendogli dal lato destro della bocca. Strinse i
pugni, come se stesse richiamando le sue energie. I tendini si tesero, facendo
scattare dalle nocche di ciascuna mano tre lunghi artigli, che balenarono
nell’aria come saette azzurrate.
Daniele lo scorse con la coda dell’occhio - Ma che diavolo sei tu? – domandò,
facendo un passo indietro.
- Quello che ti farà l’appendicite senza anestesia, bello. – disse, prima di
sferrare un fendente dal basso verso l’alto. Daniele evitò l’attacco con un
salto all’indietro, mollando la presa sulla ragazza. L’uomo in giacca di pelle
piantò i suoi lunghi artigli nel cemento.
Sulle prime, l’agente spirituale indietreggiò colpito e spaventato, riprendendo
il controllo di sé con fatica – Sembri un lupo con l’aspetto di un uomo. -
- E non è la mia unica peculiarità… -
L’uomo caricò a testa bassa, sferrando fendenti alla cieca, senza un preciso
criterio. Sembrava che l’uomo fosse guidato solamente dalla voglia di uccidere,
come un lupo che si avventa senza paura, ma neppure una logica vincente per
avere la meglio sull’avversario. Daniele innalzò il suo scudo magico, suscitando
ulteriore rabbia nell’uomo. Proseguendo nel suo attacco, le due donne gli si
fecero incontro per fare un tentativo di rabbonirlo. Per prima parlò la giovane
con il ciuffo bianco. Aveva l’aria più che spaventata, quasi terrorizzata
dall’idea che l’uomo potesse uccidere.
- Logan, ti prego, smettila. -
- Lasciami perdere, Rogue. -
- Ucciderlo non servirà al nostro scopo. – aggiunse la donna albina. Le sue
fattezze aggraziate ma molto primitive rimandavano ad un’origine palesemente
africana.
- E non è neppure una cosa intelligente. – sentenziò Daniele, facendo esplodere
il suo scudo, come un’onda d’urto. Le due donne, insieme a Phoebe, furono
sbalzate lontano. L’uomo invece riuscì a puntare i piedi e resistere.
- Dicevi prima di non avere solo quest’unica peculiarità. Beh, anch’io ho degli
assi nella manica. - affermò Daniele, modificando il suo aspetto il quello di
Logan.
- Sei un mutaforma, eh? La cosa mi lascia del tutto indifferente. - disse,
riprendendo ancora ad attaccare.
- Sicuro? Io non assumo soltanto l'aspetto di una persona. Toccandola, io rubo
tutto di lei. Capacità, caratteristiche, pensiero. - Logan vibrò un fendente,
che Daniele provvide a fermare con degli artigli metallici del tutto identici a
quelli dell'uomo, altrettanto resistenti – E poteri. -
Approfittano della sua sorpresa, Daniele gli vibrò un calcio al plesso solare,
levandoselo di dosso. Provvide poi a dare libero sfogo alla sua voglia di
vendetta – E allora, meriti di morire, maledetto! – Daniele sparò un raggio di
luce, accecato dal furore omicida, colpendo in pieno l’uomo. Cadde a terra, con
la camicia squarciata. Perdeva parecchi sangue, ma non era ancora morto.
Liberatasi dalla cameriera, Phoebe si avventò su Daniele, cercando di placarlo.
Daniele si dibatté furiosamente, tentando di scrollarsi dalla schiena i 52 chili
di Phoebe, senza riuscirci. Dall’altra parte, la donna albina soccorse il suo
compagno, intimando alla sorella di lasciarlo immediatamente.
Straordinariamente, le ferite provocate dall’onda di luce si stavano
rimarginando a velocità più che sostenuta. Sembrava quasi che i lembi di pelle
bruciacchiati si stessero attirando fra loro, allungandosi e saldandosi fra
loro. In breve tempo, il torace dell’uomo si rimarginò totalmente, sotto gli
occhi attoniti di Daniele – Ma si può sapere chi diavolo siete voi? Siete mostri
o demoni? -
- Né gli uni, né tanto meno gli altri. – rispose la donna albina. I suoi grandi
occhi marroni erano pieni di una fierezza che l’umanità aveva perduta da tempo –
Noi siamo mutanti. -
- Cosa siete? -
- Mi spiace per prima, amico. Però devo ammettere che sei piuttosto duro da
ammazzare. -
- Tu sei veloce a sparire, invece. -
- Sicché – fece la donna albina, dal curioso nome di Ororo – voi sareste delle
streghe, se ho ben capito. -
- Questo spiega il tuo lampo d’energia. – osò la ragazza bicolore.
- Già. Però io non sono un mago, ovvero la versione maschile di una strega,
sebbene lo siano le mie tre sorelle, poiché nella nostra famiglia i poteri
magici sono presenti solo nelle femmine. Io ho soltanto tre diversi “poteri
supplementari”. Creo uno scudo d’energia, che posso anche concentrare come una
sorta di colpo di pistola, e in ultimo riesco a rubare l’identità di una persona
mediante il semplice contatto fisico. Una volta toccati, posso prenderne il
posto, immagazzinare i loro ricordi. E se ne hanno, anche utilizzare i loro
poteri. Permanentemente. Ogni giorno devo sottopormi ad uno svuotamento di
poteri prima di scoppiare per il troppo potere accumulato. -
- Allora non sei molto diverso da m. A parte il fatto che tu non uccidi le
persone. – gli occhi della ragazzi si riempirono di tristezza, correndo poi al
fondo della sua tazza di caffè.
- Non devi recriminare i tuoi poteri. La ragazza che ha tentato di strangolarti
ne sa qualcosa. -
- Lei? – sbottò spaventata - Era vostra sorella. Come sta ora? -
- Non ti preoccupare. E’ ancora svenuta, ma non è in pericolo di vita. Grazie al
cielo siamo riusciti a salvarle la vita. Ora sta dormendo. -
La donna bicolore tirò il fiato, sollevata – Grazie al cielo. Mi sento così male
per ciò che ho fatto. –
- Non ci pensare. Piuttosto, hai ancora i suoi poteri? -
- Non ne ho idea. -
- Ecco. Allora sarebbe meglio che non li sperimentassi. Ora, avreste la
compiacenza di dirci cosa siete venuti a fare a San Francisco, così lontano
dalla vostra base? -
- Siamo in cerca di un dispositivo trafugato dal nostro istituto qualche giorno
fa. Si tratta di un congegno chiamato Moltiplicatore. -
- Che aspetto ha questo Moltiplicatore? -
- E’ un supporto corporeo. -
- Come un’armatura o una tuta? -
- A dire il vero l’apparecchiatura sta lungo una cintura, ma ha bisogno di un
supporto a base di silicio per poter espandere la propria azione lungo tutto il
corpo. -
- E moltiplicare per quanto? -
- Anche all’infinito, se il possessore lo vuole. -
- Siamo in pericolo, allora. Chi credete che sia ad averla rubata? -
- Un mutaforma. – esclamò Phoebe – Un mutaforma che a assunto le sembianze si
uno di noi. Ciò spiega perché vi siate accaniti con noi. -
- Ci sono troppi mutaforma in giro per San Francisco, e figuriamoci quanti
nell’Unione. Uno di loro è senz’altro il colpevole. -
- Ma quale? Ora che hanno il Moltiplicatore non cercheranno di certo lo scontro
con noi. Ciò ci porta a cercare quel tizio prima che qualcuno lo possa
indossare. La vostra arma ha almeno un punto debole da sfruttare? -
- Sì. I suoi circuiti sono molto sensibili alle correnti ad alto voltaggio. -
- E’ un buon inizio. Avanti, muoviamoci. Dobbiamo ritornare a villa Halliwell e
preparare un’invocazione con i cristalli. -
Logan alzò per un attimo la mano, imponendo il silenzio agli altri – Aspettate.
–
- Che ti succede, uomo lupo? -
- L’odore… E’ lo stesso che ho sentito durante il furto. Quello che voi chiamate
mutaforma è qua intorno. -
- Odore? – domandò Phoebe, cadendo dalle nuvole – Come diavolo hai fatto a… -
Logan estrasse gi artigli, saltò sopra la propria sedia, attaccando una donna
poco lontano. Le sue compagne di squadra si alzarono di scatto, provando a
fermarlo, ma prima di loro arrivò lui stesso, colpito allo stomaco da un calcio
della donna riccia. La donna stessa si rimise in piedi con un calcio saltato.
Daniele estrasse la pistola, pronta a gambizzare la donna con un colpo, la
questa aprì la bocca, lasciando che fuoriuscisse una lunga lingua squamosa, che
usò come una frusta. La pistola saettò nell’aria, finendo su uno di tavoli
vicini, fine che fece lo stesso Daniele, ferito dalla lingua biforcuta.
Gli occhi di Ororo cambiarono colore, diventando completamente bianchi, come i
suoi lunghi capelli. L’aria all’interno de locale cominciò a farsi più forte,
tramutandosi in un vento gelido. Ororo intimò agli altri di farsi da parte,
prima che dalle sue mani partisse una raffica di blizzard, glaciale vento del
nord ovest. La donna fu scaraventata fuori dalla vetrata, mentre i clienti
sfollavano terrorizzati.
- Mutanti. Razza schifosa. -
- Faresti meglio a tenere a freno quella lingua. Qualcuno potrebbe fartela
ingoiare. – replicò Logan, più infuriato che mai – Noi due abbiamo un conto in
sospeso. -
Daniele si ricongiunse al gruppo dopo aver recuperato la pistola. Di lui si
prese cura Phoebe, ma lui la ricacciò via – Sto bene, sorellina. Voglio soltanto
fare secco quel mutaforma. –
Nel frattempo, la mutaforma aveva ripreso il controllo di sé.
- Friggila, Storm. – suggerì Rogue, facendosi scricchiolare le dita della mano.
- Con vero piacere, Rogue. –
La mutaforma cambiò corpo, immedesimandosi in Storm, e purtroppo assumendo anche
i suoi poteri. La mutaforma scagliò lontano tre mutanti con una raffica di
vento. Rogue e Storm rovinarono in due grosse aiuole, mentre Logan rupe con la
schiena una spessa architrave in legno, rotolando per qualche metro in un
ristorante tipico, causando la sorpresa degli avventori, e le reazioni dei
camerieri. A quel punto, la situazione restava in mano a Phoebe e Daniele.
L’uomo cambiò forma, diventando un poliziotto per non destare sospetti. Sparò un
colpo, che mancò di un pelo la mutaforma, schizzandole vicino all’occhi destro.
Ancora una volta, la sua lingua scattò fuori come una saetta, avvinghiandosi al
braccio dello stregone. Daniele prese il muscolo, più robusto di una fune
d’acciaio – Sai cosa succede alle persone con una lingua troppo lunga? – prese
la seconda pistola con la mano sinistra – che prima o poi viene loro recisa. –
sparò, tranciandole la parte finale del muscolo, lunga oltre trenta centimetri.
Il secondo proiettile schizzò nell’aria, conficcandosi nella spalla destra della
mutaforma – Prenditi cura degli altri, Phoebe. Io prendo quella. Forse quei
mutanti conoscono qualcuno che possa leggere la sua mente. -
Le guardie della sicurezza iniziarono ad intervenire da più parti. – Proprio i
ragazzi in blu. Non ci voleva. – Daniele si caricò in spalla il corpo della
donna, svenuta per il dolore, prima di tornare verso Phoebe – Stanno arrivando
le guardie giurate. Sei in grado di produrre la nebbia? –
- Così fitta da risultare impenetrabile ai loro occhi. – iride e pupilla
scomparvero dagli occhi della donna, che parve diventare quasi esanime. Attorno
a lei si sollevò una lieve brezza che le mosse i lunghi capelli, prima che lo
stesso vento si tramutasse in una fitta cortina di nebbia. In men che non si
dica, tutto il pian terreno del centro commerciale fu invaso da un velo bianco,
che confuse i presenti.
- Da che parte, Logan? – domandò Marie, girando la testa in tutte le direzioni,
senza riuscire a vedere altro che nebbia.
Logan annusò l’aria. L’odore delle guardie si stava facendo sempre più forte, da
ogni parte. Tuttavia, percepiva un piccolo varco dietro di loro, sulla destra.
Logan ordinò ai compagni di squadra di seguirlo. Li avrebbe condotti fori
dall’edificio, e là sarebbero tornati con mezzi propri a villa Halliwell.
La mutaforma fu stesa sul letto della camera di Phoebe, e legata con delle
robuste corde di nylon dallo stesso Daniele – Perfetto. – commentò compiacendosi
del suo lavoro - A questo punto, non potrà far altro che rispondere alle nostre
domande. –
Daniele andò nella camera a fianco, dove Storm e Rogue stavano chiacchierando a
bassa voce, non riusciva a capire di cosa. Mentre entrava, vide Storm ridere
contenuta. Comunicò loro il suo operato, poi domandò: - Dov’è Logan? –
Rogue gli rispose che era andato a fare una doccia per lavarsi via il sangue.
Phoebe arrivò in quel momento con due tazze di tè verde in mano - Gli ho dato
dei tuoi vestiti, visto che sei tu al momento l’uomo di casa. –
Daniele non disse nulla, ma gli si leggeva in faccia il disappunto per il gesto
della sorella. Ancora quell’uomo non gli andava a genio. Sembrava troppo
selvaggio per i suoi gusti – Faremo dei turni di guardia di un’ora, fino a che
non si sarà svegliata. – disse – cominceranno Phoebe e Marie. –
La giovane parve molto entusiasta, e accettò volentieri – Va bene. – poi si
abbarbicò al braccio di Phoebe – Avanti, vieni. Così mi spiegherai come si
prepara una pozione magica. E’ divertente? – domandò ilare, prendendo Phoebe a
braccetto.
- Scusami se mi metto qui. – disse Daniele stravolto, prima di sedersi sul letto
della sorella e lasciarsi andare di peso all’indietro.
- Sei davvero cotto. -
Danniele annuì strofinandosi gli occhi – Fare a botte con quel tuo amico non è
facile. E poi non chiudo occhio da quando avete tentato di rapire Paige. O
ucciderla, non ho capito bene. – Daniele sapeva benissimo quello che stava
passando per la mente di Storm, per questo la fermò – No, ti prego. Non
scusarti. Ho capito il vostro intento. Ancora, vorrei che mi spiegassi una cosa,
Aurora. –
- Ororo. – rettificò lei.
- Ororo, scusa. Ma voi ragazzi, cosa fate di preciso? -
Storm cercò le parole giuste per descrivere la sua attività – Diciamo che siamo
i demoni custodi della società moderna. –
- Demoni custodi? – Daniele si sentì un po’ imbarazzato a parlare così vicino ad
una bella donna, per cui prese una sedia e vi si sedette dopo aver girato lo
schienale affinché gli reggesse le braccia conserte.
- Non molta gente accetta i mutanti, e siamo costretti a vivere sotto copertura
perché temiamo le loro reazioni. -
- Mi pare d’aver visto che tu abbia un potere molto forte. Non dovresti temere
gli uomini. -
- Non li temo per ciò che potrebbero fare a me, ma per ciò che potrebbero fare
ad altri mutanti. E’ più facile per voi, che sembrate uguali ad ogni altro
umano. -
- A parte il tuo amico Logan, sia tu che Marie mi sembrate normalissimi esseri
umani, per cui la cosa non regge. Vorrei dirti una cosa senza polemiche, Ororo.
Forse per noi la vita è identica alla vostra. Immagino potrà succedere anche a
voi, un giorno. Streghe e stregoni sono riusciti ad eclissarsi sufficientemente
a lungo per venire dimenticati dalla maggior parte degli umani, e questo è stato
la nostra salvezza. Per i mutanti sarà lo stesso. La nostra vita non è più
facile. Le mie sorelle ed io spesso lasciamo il lavoro per poter combattere
contro i demoni, e le prime volte non è stato affatto semplice conciliare le due
cose. Tu invece ti guadagni da vivere con le sovvenzioni statali del vostro
istituto. -
- E’ così. – ammise Ororo, sorbendo dell’altro tè dopo averlo leggermente
raffreddato con dei rapidi soffi – Ti capita mai di pensare a come potrebbe
essere la tua esistenza se la tua esistenza fosse rivelata al mondo, le tue foto
disperse ai quattro venti, e senza una precisa ragione venire considerato un
criminale, o un soggetto pericoloso dalla società, malgrado tu lotti per
proteggerli a costo della tua vita? -
Daniele non ci aveva mai pensato. Per lungo tempo la sua mente cercò di
imbastire una risposta plausibile, riuscendoci solamente in parte grazie alla
sua sincerità, e ai dati di fatto che si ritrovava in mano – Mi apri tu la mente
ora, Ororo, ed è una prospettiva a dir poco agghiacciante. E malgrado non voglia
pensarci, tu mi ci costringi. E’ questo che tu vivi ogni giorno? –
- E’ solo un’ombra in un angolo della mia mente. Neppure troppo sbiadita. Ogni
giorno mi sveglio, e prego il Signore perché gli umani non si mettano in testa
di marchiarci con un numero come fossimo animali. -
- Ma allora, perché combatti in loro nome? -
- Io combatto nel nome dell’uguaglianza. Perché qualcuno possa capire che l’uomo
non ha diritto di etichettare qualcuno che non ha colpe. -
- Le streghe combattono i demoni… Per qualcuno che potrebbe ucciderle se
solamente scoprisse i loro poteri. Miserabili giornalisti hanno già ricattato le
mie sorelle per questo. Sentendo le loro storie, ho sentito la mia fede
vacillare, e voler tornare ad essere solamente un poliziotto. – la cosa lo fece
ridere – Ci crederesti? Sono un poliziotto e faccio il cacciatore di demoni,
rischiando la vita ogni quarto d’ora. Ogni anno pago dei premi esorbitanti alle
assicurazioni. -
Anche Ororo sorrise – Già, lo immagino. –
- E tu cosa fai quando ti rendi conto che in un attimo potrebbe finire tutto? -
Ororo scosse la testa , pensierosa – Vengo assalita dal timore. La mia vita
senza uno scopo, distrutta dalla pazzia di chi vorrei proteggere. –
- Perché non lasci perdere tutto, allora? -
- E tu perché non lasci perdere tutto? -
La domanda si adattava perfettamente ad entrambi. Era come vivere in un costante
controsenso. Proteggere chi ha paura di te, Stolti, insignificanti e
superstiziosi esseri umani. Perché ostinarsi a proteggerli, quando entrambi
sapevano benissimo non essere sufficientemente evoluti per comprendere
l’uguaglianza morale di stregoni e mutanti rispetto agli esseri umani? Forse la
risposta era una sola.
- Destino. – rispose finalmente Ororo – La mia vita ha il solo scopo di far
evolvere il mondo. Io e gli altri X-men abbiamo il potere di cambiare il
destino. -
- Come pionieri di una nuova era di uguaglianza. -
Ororo annuì – Esattamente. Al Salem Center posso insegnare a dei ragazzi a non
odiare il genere umano. E questo è un passo avanti, perché… -
- Non volete che i vostri allievi cedano all’odio, rendendo la situazione
irreparabile. Capisco le tue motivazioni, Ororo. -
- Entrambi abbiamo una motivazione per andare avanti. Tu sei un’insegnante, io
un poliziotto. Facciamo sempre qualcosa per gli altri. La nostra vita non sarà
inutile, anche se non possiamo rivelare la nostra vera natura. Pensaci,
l’umanità ha fatto grossi passi avanti nell’accettare chi è diverso. Le donne
prima, le persone di colore e i gay poi, i grassi oggi. – Daniele si alzò
istintivamente dalla sedia e andò a mettersi di fianco ad Ororo. Per un attimo,
aveva lasciato perdere ogni inibizione o imbarazzo, lasciando che il suo istinto
lavorasse per lui, per dare più forza alle sue parole con la vicinanza. Se non
fosse stato così fortemente convinto delle sue parole, anche la sua mente
sarebbe certo stata più lucida – Ma come per l’evoluzione che ha portato alla
nascita delle streghe in epoche antichissime e dei mutanti più recentemente, ci
vuole moltissimo tempo perché avvenga. Io non ho mai perso la speranza. -
- Speranza… - ripeté Ororo in un sospiro.
- Già. E se davvero siamo convinti della nostra causa, non dovremmo mai
perderla. Potere coincide con responsabilità. Tocca a noi preparare arare il
campo perché i nostri eredi possano seminare il futuro. -
Ororo restava a guardare Daniele con occhi persi e fiammeggianti d’interesse. Le
sue parole sentite l’avevano colpita come frecce, e fatalmente attratta. Anche
Daniele era rimasto piacevolmente colpito da quanta forza ci fosse nelle
convinzioni di quella piccola donna. Ormai nessuno dei due ragionava più
lucidamente, non rispondevano più delle loro azioni, e i loro corpi avevano
iniziato a muoversi da soli, avvicinandosi sempre più. Le loro bocche si
toccarono dapprima timidamente, più con un fare molto più deciso, fino a che
furono uniti l’uno all’altra, quando Phoebe entrò in camera sua. Stava per
comunicare loro che la mutaforma si era risvegliata, ma la sua notizia era
passata in secondo piano non appena aveva visto quei due intenti a pomiciare.
Trasalì,poi tossicchiò imbarazzata. Non quanto Ororo e Daniele quando avevano
notato la presenza di Phoebe. Malgrado non ci fosse stato null’altro che un
bacio, si sentivano entrambi sporchi, come se avessero fatto qualcosa di molto
peggio.
La mutaforma era alquanto inquieta. Non era affatto felice di essere legata in
quel modo e cercava in ogni modo di liberarsi, sotto lo sguardo attento di
Rogue. Il suo sguardo timoroso rivelava ancora la scarsa esperienza negli X-men,
ma era un elemento molto importante. Era la mascotte dell’istituto, e la sua
innocenza e voglia di vivere davano nuova energia a tutta a squadra. Avrebbe
imparato in fretta. Aveva la buona volontà.
Phoebe tornò con gli altri due. Piper ancora non si vedeva, così come Logan. Ma
Daniele non aveva intenzione di attendere ancora per iniziare l’interrogatorio.
Si avvicinò alla vittima e iniziò col farle qualche domanda - Allora, vogliamo
cominciare a dirci due paroline? Innanzitutto: dicci per chi lavori. Ti
consiglio di dirlo a me con le buone, prima che il nostro licantropo finisca di
fare la doccia. Ti assicuro che lui non sarà tollerante quanto noi. -
La mutaforma non parlò, si ostinava a non aprire bocca, ma nessuno dei presenti
aveva tempo da perdere. Se solo Daniele non avesse già fatto il travaso di
poteri, l’avrebbe infilzata con gli artigli.
Il cielo, ascoltando le sue parole, fece sì che Logan entrasse nella stanza
proprio in quel momento, lamentandosi dei vestiti che gli avevano dato – Ehi,
brunetta. Dove li hai presi questi abiti? Da Lane Bryant (nota marca
statunitense di abbigliamento per taglie forti)? –
- Perché? Ti stanno andando sotto le scarpe? – replicò acidamente Daniele – Ecco
il tuo tutore per oggi, mia cara. – ironizzò Daniele, allontanandosi dal letto.
Mise una mano sulla spalla di Logan – E’ tutta tua, amico. E riducila un
puntaspilli, se vuoi. Ma attento a non ucciderla. -
Logan sorrise con quella sua aria costantemente maligna, schioccando le dita
dopo averle intrecciate e spinte in avanti. Estrasse gli artigli, intersecandoli
davanti al volto – Non garantisco niente. –
L’orgoglio della mutaforma improvvisamente ebbe una caduta vertiginosa – E va
bene. Sono un’accolita di Magneto. La tuta che state cercando è ora in mano al
mo padrone. –
- E così il vecchio Maggie sta ancora facendo il cattivo. Non gli è bastata la
lezione dell’altra volta. – commentò Logan.
- Intende usare il moltiplicatore per aumentare i suoi poteri. – comprese Ororo.
- Era fin troppo facile. Dove si trova ora lui? -
- Questo non lo so nemmeno io. -
- Beh… c’è qualche altro mutante che lavora nella Confraternita? -
La mutante scosse la testa - No, no. -
Logan suscitò il dubbio in chi gli stava vicino, con un’affermazione illuminata
– Io credo che tu ci stia nascondendo qualcosa. – Logan rigò la gamba della
mutaforma con uno dei suoi artigli, procurandole una ferita sanguinante –
A-aspetta! No. Magneto ha assoldato altri due mutanti: Deathstrike e Mystique. –
- Ah, ma che care ragazze… -
- Chi sarebbero queste due? -
- Deatstrike è una mutante cyborg dalle unghie di adamantio e fattore di
guarigione, Mystique è una mutaforma molto abile nel corpo a corpo. Perciò,
oltre ad una perfetta sconosciuta, ci sono anche delle vecchie conoscenze.
Perfetto. Ora la nostra amica deve solamente dirci la posizione del suo capo. -
- Ma come devo dirvelo? Io non so nulla di Magneto. Nulla. -
Ormai abituata alle reazioni di Logan, Ororo fermò il compagno prima che ferisse
ulteriormente l’interrogata. Aveva un sistema più efficace per farlo parlare.
Passarono alcuni minuti di silenzio intenso, durante il quale Ororo aveva chiuso
gli occhi e posto le mai sulle tempie, come se stesse ricevendo una
comunicazione telepatica. Phoebe volle scuoterla da quel sonno improvviso e
inspiegabile, ma Rogue glielo impedì, mettendole un braccio davanti e scuotendo
la testa.
Ororo si risvegliò da sola dopo qualche istante – Charles ha seguito
l’interrogatorio. Fra poco cercherà di rintracciare Mystique attraverso Cerebro.
–
- Che? – domandò confusa Phoebe – Non c’è nessuno qui oltre a noi. E chi è
Cerebro? -
- Le spiegazioni le rimandiamo a dopo. – la bloccò Logan – Presto il prof. avrà
trovato le due ancelle del male, e noi andremo a far loro una visita di
cortesia. -
- Tira il freno, Einstein. Non sappiamo nemmeno dove iniziare a cercarle, e tu
parti in quarta per chissà dove. -
- Non preoccuparti tu, amico. Io so dove andare, perché la soluzione sa dove
potermi trovare. -
Le enigmatiche parole di Logan fecero diventare ancora più perplesso Daniele,
che rassegnato, emise uno sbuffo di caldo fumo bianco e fece spallucce. Non
voleva più sforzarsi di capire quell’uomo, ma doveva ammettere che non scherzava
con il suo lavoro - D’accordo, guida. Dove ci dirigiamo? -
- Esistono fonderie o altri posti con un’alta concentrazione di metallo a San
Francisco? -
- Ci sono le miniere di ferro abbandonate dell’entroterra. -
- Perfetto. – disse Logan – E’ là dove dovremo dirigerci. Qualcuno resti a
guardare Biancaneve. – si riferiva chiaramente a Paige, a causa della sua
carnagione bianca, le labbra arrossate e i capelli ancora una volta corvini.
- Non c’è problema. – gli rispose Daniele – Mio cognato la controllerà
Leo arrivò nella sala camminando. Non era molto da lui, abituato com’era ad
entrarvi orbitando.
- Come mai senza orbitare? – gli fece osservare Daniele
- E’ per Piper. – spiegò fulmineo – Mi ha detto molte volte di evitare di
orbitare direttamente in casa, per cui, mi sono adattato. Piuttosto, come sta
Paige? -
Per Logan qualcosa non quadrava. Annusò una gran quantità d’aria, dalla quale
riuscì a percepire una quantità incredibile di odori diversi. Una macchia secca
di gelato sul pavimento, l’odore di fumo – e profumo – sui cuscini, gli odori
delle persone che gli stavano attorno. E soprattutto, l’odore di quell’uomo.
- Aspetta un momento. – disse, alzandosi e andando verso Leo con quella sua
espressione di cacciatore – Tu non mi sembri il marito di quella donna. -
- Come puoi dire una cosa del genere? -
Logan estrasse gli artigli prima che chiunque, tranne Leo, potesse fermarlo. Leo
non era molto agile, ciononostante era riuscito a schivare il colpo di Wolverine
con un’abilità quasi circense, abbassandosi per colpire Logan con un calcio e
poi scavalcarlo arrampicandosi sulla sua schiena – Puoi ingannare tutti ma non
il mio naso, Mystique. Finiamola con questa messinscena. –
- Accidentaccio. Non credevo ci fossi anche tu. -
La figura di Leo sembrò scomporsi in un’infinità di scaglie. Wolverine e le sue
colleghe erano abituate ad osservare quello spettacolo, ma la famiglia di
streghe vi assisteva per la prima volta. Rimasero attoniti mentre Leo, come uno
di quei cartelloni pubblicitari a fascette, passava dalla figura di angelo
bianco a quella di una donna – completamente nuda – dalla pelle blu.
- E ti sembra il modo di andare il giro?! – sbottò scandalizzata Phoebe.
- Parli tu?… - fece sardonico Daniele.
- Non è momento per il cabaret, ragazzi. Prendiamo quell’anguilla blu. -
- Ricevuto, Logan. – Storm usò il suo potere per creare, o almeno a provarci –
lo spazio di manovra era molto ristretto – una fitta coltre di nubi, che
avrebbero rinchiuso e disorientato Mystique. La nebbia ebbe il suo effetto. Ma
Logan volle assicurarsi che andasse tutto per il verso giusto. Corse dentro la
nebbia, guidato dall’odore della sua preda. Passarono pochi istanti. Poi solo un
rumore gutturale, e il corpo di Mystique cadde pesantemente. Storm diradò la
nebbia. La mutaforme non provava la forza nemmeno di alzarsi e correre. Logan le
si fece vicino, guardandola con aria sprezzante e sadica.
- Ho voglia di prosciutto stasera. – ironizzò, alzando le mani ed estraendo gli
artigli con un ghigno demoniaco sulla bocca – Le cosce non ti servono, vero? -
- Vacci piano, squartatore. – lo bloccò Daniele – Se la fai secca ci potrà dare
ben poche informazioni sul vostro amico Magneto, non credi? -
Logan lasciò perdere. Rinfoderò gli artigli, e prese di peso Mystique prima che
si potesse risvegliare – Questa la mettiamo insieme a quell’altra? –
- E’ occupato. Aspetta, so io dove metterla. –
Daniele controllò che la manetta fosse ben salda alla mano di Mystique. Poi,
l’altra agganciata all’elemento centrale del termosifone.
- Così non potrà scappare neanche volendo. –
- Hai mai provato a legare un’anguilla? Questa donna riuscirebbe a fuggire da
qualsiasi prigione. -
- Proponi di chiuderla in una scatola? -
Logan sollevò il pugno - Io la mia proposta te l’ ho già fatta. -
- Evitandolo… -
- Allora ti consiglio di legarle il collo. -
Daniele trovò la proposta accettabile. Prese l’ultimo pezzo della corda, rimasta
intoccata sul tavolo, e iniziò a stringere saldamente i polsi di Mystique con un
nodo scorsoio. Poco dopo, fece lo stesso anche col suo collo. Se era vero che
quella donna era più viscida di un’anguilla, allora quel metodo l’avrebbe fatta
stare ferma, ammesso che se ne fosse stata buona e tranquilla. Per maggiore
sicurezza, Daniele le legò anche i piedi, e compiaciuto del suo lavoro, aspettò
che si svegliasse
Phoebe avvertì un denso puzzo di zolfo alle sue spalle, e una sorta di tonfo,
poi la ferma sensazione di essere osservata. Si voltò d’istinto, per trovarsi di
fronte una sorta di orribile elfo blu, con tanto di lunga coda a punta,
ricoperto di piaghe che rappresentavano dei simboli magici cristiani. La strega,
sia perché non se l’aspettava, sia per non aver mai visto prima un essere
simile, si lasciò scappare un forte strillo, che ebbe anche il potere di
spaventare il neo-arrivo, forse più di quanto lui avesse spaventato Phoebe.
Daniele e Logan, in massimo stato di allerta e decisamente nervosi, si misero
subito in posizione d’attacco, l’uno puntando il dito in avanti, e l’altro
estraendo gli artigli. Quando capì che c’era stato un malinteso, Logan rinfoderò
le armi, non senza un certo disappunto.
- Mein Gott… - sospirò l’elfo, tenendosi il cuore. Poi spiccicò qualcosa in
Tedesco che nessuno riuscì a capire.
Ororo si avvicinò all’elfo – Come mai sei qui, Kurt? –
Phoebe, reprimendo il fiatone e la tachicardia, abbozzò una domanda – Vi…
Conoscete? -
L’elfo si presentò, tendendo timorosamente la mano a Phoebe. Nello stringerla,
la giovane strega si accorse anche del fatto che aveva tre sole dita. Quando si
parlarono, poi, anche l’ultimo dei suoi segreti fu svelato: un forte accento
tedesco, di chi è in un paese straniero da pochissimo tempo e ha parlato la sua
madrelingua fino a poco tempo prima - Kurt Wagner. - disse - Spiacente d’averti
spaventata. -
- Allora, Elfo: cosa ci fai qui? Porti buone notizie, mi auguro. -
- Nein, Logan. Sono qui per avvertirvi di ciò che hanno scoperto al Salem
Center. Hanno avvertito forti squilibri magnetici nell’entroterra di San
Francisco, nella zona corrispondente alle fonderie Stanton. Mi hanno mandato per
portarvisi alla svelta. -
- Hai idea di dove possano trovarsi? Credo tu sia stato abbastanza fortunato da
trovarci. -
- Nessun problema, Wolverine. Conosco la destinazione. -
Phoebe non riusciva ancora a credere che quella fosse una creatura vera. Non
credeva possibile esistesse un essere tanto simile ad un demone delle fiabe.
Rapita dal movimento della coda di Kurt, non esitò a darle dei colpetti sulla
terminazione triangolare, senza che lui se ne accorgesse. Era strano. La sua
pelle aveva la consistenza di una borsetta di coccodrillo, senza divisione in
squame. D’improvviso, la coda si mosse, attorniandole le spalle e carezzandole
il collo. Phoebe s’irrigidì d’un tratto, pensando la stesse per strozzare – Ti
consiglio di non toccare, Shätze. Soffro parecchio il solletico. – disse poi
Kurt, liberandola dalla coda. Phoebe se lo sarebbe ricordato senz’altro.
Le miniere di ferro della baia di San Francisco erano abbandonate da anni, da
quando i vertici dell’azienda mineraria che l’aveva in gestione decisero di
abbandonare la zona per l’esaurimento della vena mineraria.
- Questo posto sembra abbandonato. – fece notare Daniele. In effetti il luogo si
presentava buio, senza illuminazione, di certo tagliata dalla stessa società
elettrica, e lasciato all’inclemenza degli elementi e dei nomadi, che la usavano
come abitazioni saltuarie.
Logan annusò l’aria. Il suo naso era molto più efficiente di una vista d’aquila.
L’odore sanguigno del ferro riempiva l’aria, punzecchiando i suoi ricettori
nasali. Odore di resina, silicone, di legna bruciata, e l’odore di molte
persone, ma nessuna che lui avesse già incontrato, e della quale avrebbe
registrato l’odore.
- C’è puzza qui dentro. -
- Quanti? -
Logan annusò di nuovo l’aria “Cinque. Che non sono di mia conoscenza.”
- Saranno dei nomadi. La polizia non si è mai interessata a questa zona e non li
ha mai fatti sfollare. -
- Non mi sembra l’ora di fare pulizia etnica. - Logan si accorse che qualcosa
non andava. L’odore che quei cinque soggetti emanavano non era normale -
Piuttosto, meglio pulire dai cadaveri. -
- Che cadaveri? -
- Sento l’odore di cinque persone, che stanno iniziando a decomporsi. Credimi, è
una buona cosa che tu non possa sentirlo… -
- Qualche idea della morte? -
- Escludo le armi da fuoco. Non c’è odore di polvere da sparo. E stranamente,
nemmeno quello dell’omicida… -
- Non è che per caso ti è venuto il raffreddore e non distingui più gli odori
come dovresti? -
- Io non mi ammalo mai. – Logan annusò grandi quantità d’aria, ampliando al
massimo le sue capacità di cacciatore. Alla fine, come premio alla sua tenacia,
avvertì finalmente un lieve odore che sulle prime non aveva notato. Odore di
sangue secco e di sudore, poi un frizzante odore di ferormoni femminili. Sentore
che non poteva non riconoscere – Vai fuori di qui. – l’avvertì Logan. Giacché
aveva estratto gli artigli, Daniele pensò che la situazione doveva essere
tutt’altro che tranquilla. Ciononostante, non volle andarsene. Pretese delle
spiegazioni.
- Che significa? -
- Tu non avresti possibilità contro di lei. -
- Lei chi? -
Un’ombra silenziosa e mortale si sollevò da sotto la sabbia, attentando
immediatamente alla gola di Daniele. Allenato da anni nella polizia e di arti
marziali, l’istinto gli disse di gettarsi all’indietro, mossa che non gli bastò
per uscirne illeso. Tre squarci si aprirono sulla sua camicia, tingendosi di
rosso sangue. Logan si rese conto della situazione in ritardo, e si avventò
immediatamente verso l’assalitrice. I suoi movimenti erano quelli di un animale
da caccia; fulminei, controllati e letali. Ma nonostante questo, in confronto a
quelli della donna erano goffi movimenti effettuati al rallentatore; lei ebbe
tutto il tempo di evitare i suoi artigli e di replicare con un calcio al ventre.
Logan cadde pesantemente, ma come suo solito si rimise in piedi pronto ad
affondare gli artigli nella carne della sua nemica e vendicarsi del dolore
subito.
Digrignò i denti e si avventò urlando all’attacco senza pensare alle
conseguenze. Il suo istinto primario era quello di uccidere. O quantomeno, di
ferirla a morte e offrirgli una lunga agonia.
Gli artigli di metallo saettarono nell’aria come scintille azzurre, incontrando
l’opposizione accanita di unghie di durezza incredibile. I due continuarono a
schivare e rispondere ai colpi senza pensare ad altro. Sfruttarono a proprio
vantaggio l’ambiente e le situazioni per avere un vantaggio su di un avversario
mortalmente pericoloso.
Deathstrike, la donna dalle unghie indistruttibili, e Logan, due macchine per
uccidere implacabili, l’una contro l’altro, in un duello che ancora una volta
avrebbe visto vincitore uno solo dei due, o forse li avrebbe visti perire
entrambi.
Deathstrike osservò i suoi avversari, valutando quale avrebbe dovuto uccidere
per primo. Wolverine lo conosceva, ma quell’altro, il grassone con la barba
folta, era nuovo. Avrebbe voluto testare le sue abilità come antipasto, ma Logan
gli si era già buttato addosso con gli artigli sguainati. La donna si difese
ottimamente. La tecnica di combattimento posseduta da Wolverine poteva sembrare
tremenda, ma non per lei. I suoi componenti cyborg installati nel suo cervello e
lungo il percorso del nervo ottico riducevano ogni movimento al rallentatore,
non appena qualcuno la attaccava. Questo la rendeva molto più abile di Logan.
Più forte, più veloce e più letale.
Ma Logan era un animale fuori controllo. Appena estraeva i suoi artigli, perdeva
completamente la cognizione della sua natura umana. Non si fermava più finché il
cuore del suo bersaglio smetteva di battere. In quel caso, non era in condizione
per continuare a combattere, ma ormai era in ballo. L’odore che Deathstrike
aveva addosso stava facendo impazzire i suoi sensi. Inchiostro, agrumi, benzina,
sangue, e decine di altri odori pungenti si stavano alzando da tutto intorno,
finendogli direttamente nel cervello. Logan abbassò la guardia per un attimo,
quanto bastava perché Deathstrike lo colpisse con una raffica di artigliate e
colpi col dorso della mano. L’ultimo colpo delle sue nocche ossute fu
particolarmente violento. Colpì Logan al setto nasale, che andò in frantumi con
un colpo secco. L’uomo fu sbalzato a terra e stramazzò, perdendo i sensi. Gli
artigli si ritrassero autonomamente, mentre il fattore di guarigione, sempre
attivo, guariva le ferite da taglio al volto.
Dopo aver messo al tappeto il mutante, la donna si voltò verso Daniele. I due si
squadrarono per un brevissimo attimo di tempo, prima che Deathstrike compiesse
un balzo felino verso lo stregone, che ebbe appena il tempo di alzare uno scudo
respingete, appena in tempo per evitare che gli artigli di quel cyborg potessero
venire affondati dentro il suo corpo. Il peso di Deathstrike fu sbattuto
dall’energia magica dello scudo contro il soffitto, battendo la schiena contro
lo spigolo di una luce al neon. I suoi occhi si spensero immediatamente, con un
guizzo appena cosciente del dolore provato. Era svenuta, e non poté fare il
minimo movimento per ripararsi dalla caduta.
Compresa la situazione, Daniele disattivò lo scudo per soccorrere Wolverine. La
sua ferita si era pienamente rimarginata grazie al fattore rigenerante, ma
ancora non aveva ripreso conoscenza.
- Accidenti a te. – mormorò a denti stretti – Fattore di guarigione da due
soldi. Che te ne fai se poi svieni lo stesso? -
Daniele provò a caricarselo sulle spalle. Al suo primo tentativo, il peso
inaspettato del corpo di Logan lo spinse verso il basso – Ma quanto pesa questo
tappo? –
Lentamente, Logan aprì gli occhi. Erano velati e opachi, di chi si è appena
ripreso da una battaglia durissima nella quale ha avuto la peggio “Che diavolo
ne è stato di Yuriko?”
- Ha battuto contro il mio scudo. È finita contro uno spigolo ed è svenuta. -
- Era una trappola. – gli disse Logan. Con quel poco di lucidità che gli era
rimasta, spiegò a Daniele il vero scopo di Deathstrike – Quel bastardo, l’ha
messa come esca. Poi ha usato quegli odori nell’impianto di ventilazione per
disorientarmi. Ma non aveva previsto te. -
- Perché pensava che voi ci avreste messo KO. -
Logan annuì, liberandosi da Daniele. Aveva ripreso completamente il controllo di
sé stesso, e non aveva bisogno di ulteriore aiuto.
- Credi che dovremmo richiamare il tuo amico elfo? -
- Probabile. Ma non penso che le tue sorelle siano in pericolo. C’è Storm con
loro. -
- Le ragazze sanno difendersi. Ma sarebbe un problema se quel Magneto fosse
potente come dici. -
- Lo è infatti. -
Logan fiutò una disequità fra le correnti degli odori. L’essere passato
improvvisamente dal torpore alla chiarezza aveva momentaneamente potenziato i
suoi sensi, abbastanza per capire che Deathstrike si stava avvicinando.
Agendo d’istinto, si abbassò, e sgambettò con lo stinco Daniele. L’attacco della
mutante andò a vuoto, e superandoli con un balzo. Daniele non perse tempo. Di
scatto, aveva avuto una specie di premonizione. Deathstrike si era sbilanciata,
ed era il momento migliore per farla a pezzi.
Scattò verso di lei, e gli fece passare le braccia sotto le ascelle, serrandola
in una morsa che le impedisse totalmente di muoversi. Le serrò le mani dietro la
nuca.
Non lo reputava possibile, ma quella donna aveva una forza fisica che si
equiparava alla sua, se non superiore. Stava per liberarsi dalla sua presa.
- Logan! Stendila adesso, non riesco più a tenerla ferma! -
- No, aspetta! Non posso ancora ucciderla. -
- Sei impazzito per caso?! -
- Non posso… Non posso ucciderla, o non potrò mai scoprire… Chi mi ha fatto
questo. – estrasse gli artigli.
- Almeno… - Daniele serrò la presa sul collo della donna, ma le forze iniziavano
ormai ad abbandonarlo – …stordiscila, o sarà peggio per tutti e due! -
- D’accordo. Ci proverò. -
Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Deathstrike riuscì a liberarsi. Dopo aver
colpito Logan con un doppio calcio a piedi uniti. Le articolazioni di Daniele
cedettero di colpo, liberando la loro avversaria. Deathstrike lo colpì sulla
mandibola col dorso della mano. Il metallo nei suoi arti gli causò l’immediata
perdita dei sensi. Logan si era rialzato d’istinto, e prima che lei potesse
accorgersene, le era già addosso, affondando gli artigli nella carne della
donna. Già sentiva le carni di Yuriko rimarginarsi attorno all’adamantio. Se
avesse spinto più in profondità le sue armi, verso il cuore, forse lei non
sarebbe riuscita a sopravvivere. Il muscolo cardiaco si sarebbe fermato, e il
fattore rigenerante non sarebbe riuscito a riattivarne la bioelettricità, e
dunque le pulsazioni. Ma se così avesse fatto, non avrebbe saputo più nulla sul
suo passato Vincere una sola battaglia, ma perdere ciò per cui andava lottando
da anni? Non ne valeva la pena. Cosa doveva fare?
Deathstrike approfittò della confusione che regnava nella testa di Logan per
infliggergli una profonda unghiata al viso. Le unghie metalliche strapparono
un’abbondante quantità di carne, il sangue sgorgò a fiotti, e l’adamantio
incrinò l’endoscheletro facciale di Wolverine.
L’odore acre del sangue ed il tremendo dolore fisico di quell’unghiata erano in
invito allettante per Logan, che non poteva lasciar cadere senza considerare.
L’invito ad uccidere. Nonostante la voce della crudeltà lo stesse chiamando, lui
non poteva cedere così facilmente. Si impose di rimanere calmo, di ragionare;
con voce sommessa ma con determinazione incrollabile ripeté lentamente e con
monotonia un richiamo alla calma, come un sutra religioso. Un richiamo che si
affievoliva sempre più a causa delle profonde ferite che Yuriko continuava a
produrre sul corpo di Wolverine. Persino il suo fattore di guarigione del
mutante artigliato non riusciva a contenere i danni. Doveva reagire, ma in che
modo?
Yuriko fu fermata prima che potesse strappare il cuore di Logan a mano aperta,
da un secondo X-Man, identico in tutto e per tutto a quello che aveva davanti.
- Se non lo farai tu, lo farò io! – esclamò il secondo Wolverine, prima di
infilzarla con gli artigli, e squarciarle il petto. Le lame uscirono dalla sua
carne producendo tre squarci profondissimi, che lasciarono andare un mare di
sangue sul pavimento. Gli occhi di Yuriko si rivoltarono all’indietro, e lei
cadde a terra priva di vita.
Dal suo corpo, Daniele osservò una grossa cintura di plastica, la cui grossa
fibbia mandava degli impercettibili impulsi elettrici. Come Wolverine, Daniele
era perfettamente in grado di distinguerli attraverso i suoi supersensi.
“Il moltiplicatore.” Mormorò. Che fosse l’unico? Quello era un esemplare. Forse
Magneto ne aveva altri.
- Ha usato Yuriko come esca e insieme come cavia. – ringhiò Wolverine.
- Un essere spregevole. -
- Va bene. Basta così. Adesso torniamo a casa. Ho bisogno di mettere i piedi su
di un tavolo. -
I tre X-Men osservarono a lungo la cintura che si snodava come un grosso
serpente in attesa di mordere qualche campeggiatore imprudente.
- Così questo è il famoso moltiplicatore. – considerò Rogue – Non posso credere
che avete rischiato la vita per una cosa così piccola. -
- A volte anche le cose piccole sono fonte di guai enormi. – sentenziò Leo con
fare filosofico – Non credete che Magneto potrebbe tornare a prenderselo? -
- Non credo. Penso che sia troppo intelligente per aver lasciato perdere. Le
fonderie Stanton non avevano nulla al loro interno. Niente dispositivi per
creare dei duplicati. -
- E nemmeno Nightcrawler ha notato niente d’insolito. Se Magneto sta tramando
qualcosa, non ha una base a San Francisco. -
- Allora tornerete alla base? -
- Penso proprio di sì. – rispose Logan. – A Storm piacendo, s’intende. –
aggiunse, sarcastico.
- Ti ringrazio per avermi prestato un tuo vestito per la notte. – gli disse
Storm, porgendogli, ordinatamente ripiegata, la camicia che Daniele le aveva
prestata perché potesse dormire più comodamente la notte.
- Non preoccupartene. Pensavo che ti sarebbero andate larghe. -
Gli sguardi di entrambi erano piuttosto seri, ed altrettanto evasivi. Si
parlavano ancora, ma erano discorsi brevi, veloci, tipici di due persone che non
hanno motivo di odiarsi, ma che non vogliono nemmeno avvicinarsi.
- Perché ci è successo, Storm? – domandò Daniele a voce greve.
La piccola donna non rispose. Sembrò cercare le parole più adatte, superando
stoicamente la vergogna – Non bisogna cercare il significato di un istante.
Succede. Lo si può accettare, o dimenticarlo. Oppure rifiutarlo. –
- Tu cosa intendi farne? -
- E tu? -
- Sei una persona a cui sento di essere vicina, Ororo. Tuttavia, non sappiamo
niente l’uno dell’altra. E soprattutto “lavoriamo” ad un quarto di mondo di
distanza. -
Storm osservò gli occhi di Daniele. Gli occhioni azzurri della piccola donna
albina scrutarono in quelli dell’italiano, rintracciandovi un’ombra che le fece
dubitare di quelle sue parole. – Non è solo questo, vero? –
Daniele si morse le labbra, incerto se parlarle o meno. Poi, infine, abbassò lo
sguardo e lo ammise – In verità, penso che il tuo destino sia troppo grande
perché tu possa perderlo. –
- In che senso? -
- Noi stregoni dobbiamo rimanere in incognito. Ne va dell’ordine naturale delle
cose. La nostra vita dev’essere celata agli altri uomini, oppure fingere una
vita normale. Tu rappresenti invece un sogno. Il sogno dell’integrazione fra
umani e mutanti. Combatti per quello in cui credi. -
- Ma lo fai anche tu. Tu stesso combatti per proteggere gli uomini. Non facciamo
nulla di diverso, noi due. Non è che… invece sei preoccupato perché hai già
un’altra donna? -
- L’avevo. Ora non più. -
- E allora perché non accetti la mia proposta? Puoi sempre diventare un X-Man. -
- Ma non sono un mutante. -
- Però hai dei poteri. Dei poteri che molti miei simili neppure sognano. Sono
certa che Charles sarebbe d’accordo con me, e darebbe il tuo consenso per
entrare nella scuola. -
- Mi dispiace, Ororo. Il mio posto è qui. Come il tuo è a New York insieme agli
X-Men. -
- Allora non verrai? – la domanda era quantomeno retorica. I suoi occhi si
riempirono di tristezza, mentre il suo sguardo si abbassò mogio. Daniele cercò
di consolarla, sollevando dolcemente la testa di Storm, ponendo la mano sotto il
suo piccolo mento.
- Ehi, ehi. Non deprimerti in questo modo. Sei troppo bella per avere un viso
triste. -
- Piuttosto… - replicò lei con un’occhiata intensa, persa da qualche parte
nell’aria nebbiosa del mattino – Sono stata triste per troppi anni per provare
ancora tristezza. -
- E allora, non prendertela per me. Sii felice. -
- Non pretendo di capire ciò che hai passato… Però la mia vita è qui, ora. -
- Cacciare demoni, combattere mutanti. Le due cose non sono poi tanto diverse.
Fossi in te, io darei valuterei da vicino anche l’alternativa, prima di
decidere. -
- Beh, come se avessi qualche lavoro urgente. – Daniele non si era ritrovato a
giocare così da molto tempo. Solitamente aveva un modo di fare molto più deciso,
ed immediato. Non gli piaceva girare intorno alle cose, e spesso sapeva prendere
decisioni nell’immediato, ma quella volta era diverso. Sentiva di stare provando
dei sentimenti per quella piccola donna dall’apparenza così esile. Gli appariva
già strano di trovarla attraente nonostante la magrezza, ma non era nemmeno
tanto superficiale da lasciarsi fuorviare da un così misero particolare.
- Ci sono molti giovani che potrebbero trarre vantaggio dalla tua esperienza. -
- Potrei fare l’insegnante di arti marziali. – propose. Stava scherzando, ma
Ororo sembrò prendere la cosa decisamente sul serio – Sono sicura che il
Professore riconoscerebbe subito il tuo valore.
- Dovrò discuterne con le mie sorelle. Non me la sento di lasciarle così, su due
piedi. Sono la mia famiglia, e… -
Daniele sentì un applauso stanco e sarcastico provenire da dietro di lui. Si
girò di scatto, per vedere Piper appoggiata alla porta, che con aria divertita
li stava squadrando entrambi – Il buon fratello maggiore… - commentò con un
sorriso.
- Da quanto tempo stavi origliando? -
- Da poco. Ma ho sentito quanto basta. – Piper si staccò dalla porta con un
gesto delle spalle, sospirando perplessa – Mi hai sorpreso. -
- Non vorrei andarmene e lasciarvi qui da sole, in balia dei demoni. – si
giustificò Daniele, ma Piper gli fece gentilmente cenno di tacere.
- Siamo abbastanza cresciute da saper badare a noi stesse. E poi… Abbiamo già
deciso. Non hai bisogno della nostra approvazione. Sei padrone della tua vita.
Noi siamo padrone della nostra. -
Daniele si voltò a guardare Storm, che gli sorrise complice – Avete un divano
extra all’istituto? – domandò.
Piper finse un sorriso. In realtà vederlo partire le aveva provocato un moto di
tristezza secondo solamente a quando aveva perso Prue. Ma non poteva lo stesso
fermarlo. Non aveva diritti di obbligarlo a fare cose che non si sentiva di
fare. Sapeva quanto tenesse alla sua libertà, e quanto fosse importante per lui
la libertà di migliorarsi. Aveva sofferto per lui quando era morto, e vederlo
partire equivaleva in parte a vederlo morire un’altra volta. Ragionando sulla
faccenda, aveva eccepito che Daniele avrebbe avuto le medesime possibilità di
morire in missione sia a Westchester per mano di qualche mutante psicopatico,
che a San Francisco per mano di un demone. Era lo stesso. Ma era diverso dal
vederlo spirare come la prima volta.
“Sa badare a sé stesso.” Pensò osservandolo parlare con Storm. “Mi mancherà. Ma
anche se è lontano dagli occhi, non sarà mai lontano dai nostri cuori…” stabili,
chiudendo la porta alle sue spalle mentre lasciava la stanza.
Scritto da MoonWalker