VITE A CONFRONTO
Breve riassunto: l'austera Quistis si presenta a casa Halliwell, con un repertorio di magie incredibili.
Data di composizione: 10/6/2002 – 3/7/2002
Valutazione del contenuto: Adatto a tutti.
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Masami Kurumada.
- Che bella mattinata… - commentò ironicamente Paige,
versandosi a bere dell'altro caffè. Ne offrì un goccio alla sorella maggiore, ma
lei rifiutò cortesemente.
- Che depressione… E io che avrei voluto uscire con Leo. - disse svogliatamente,
osservando fuori dalla finestra della casa. La pioggia rigava i vetri e li
rendeva grigiastri. il rumore picchiettante predominava sul silenzio quasi
innaturale che spadroneggiava incontrastato a villa Halliwell. Phoebe era in
vacanza. Cole fuori città per lavoro, e Leo non si faceva sentire da molto
tempo. Tutto ciò aveva un effetto avvilente sulle due sorelle Halliwell, che se
ne stavano in disparte a rattristarsi, a sorseggiare caffè e a parlare
nostalgicamente.
- E' deprimente. Non abbiamo niente da fare… Fuori piove… Fa freddo… -
Piper non rispose. Si limitò ad annuire con mugolii prolungati, depressa
esattamente quanto lei.
- Nonostante sia estate, sembra di essere in inverno. -
Ancora una volta, Piper annuì, sgranocchiando svogliatamente un biscotto
frollino.
- La tristezza si è impadronita della nostra casetta. Cosa possono fare due
sorelle in casa da sole quando fuori imperversa il nubifragio. -
Piper disse la sua prima parola da quando era sveglia. Prima, erano solo amorfi
mugolii - Non saprei. Potremmo giocare a canasta… Braccio di ferro… Oppure anche
guardare la televisione… -
Paige mugugnò qualcosa di indistinto, sedendosi di fianco alla sua consanguinea.
Sorbì l'ultimo goccio di caffè, gustandolo a lungo in bocca, lasciandolo
raffreddare e ingoiandolo d'un fiato. Poi, sospirò enigmaticamente - Che noia. -
aggiunse in un secondo tempo.
Piper si alzò, mettendo nel lavandino le due tazze. Sembrava che l'alone grigio
che ricopriva la città si fosse insinuato come una nebbia sinistra fin nel
profondo del suo animo, cancellando ogni traccia di colore dentro le due. Di
sottofondo, si sentiva l'impianto stereo trasmettere la canzone Rain, col
suo sinistro ritornello
Viviamo di speranza
Viviamo di vita
Dipendendo dalla verità
Fino il giorno in cui moriamo
Piper rimase ad ascoltare quel suono magico eppure tanto triste, finché non si
stancò e andò a spegnere l'impianto, sedendosi di peso sul divano. Stancamente,
rimase lì, e si addormentò.
Paige era annoiata dalla solita vita. Ogni singolo giorno, andare al lavoro,
dove la gente la assillava con problemi, che specialmente in certi giornate
storte, non le importavano un gran che. Aveva bisogno di qualcosa che le desse
una scossa, che la portasse lontana dalla routine quotidiana, che le facesse
vivere avventure emozionanti e sempre nuove. Vivere un'emozione al giorno. Si
rese conto che il tran-tran non faceva affatto per lei. Aveva sempre ovviato a
questo bisogno di evasione provando a vedere il lato avventuroso di ogni piccola
cosa, ma la sua immaginazione non aveva spazi immensi, e così si era vista
scippare presto ogni più piccola emozione.
Non riuscì a rimanere in quella casa, così avvilita e grigia. - Piper. - chiamò
- Io esco. Vado a fare un giro. Tornerò per pranzo. - disse, in tono triste e
senza moti.
- Va bene, sorellina. Ci vediamo. - le rispose Piper, senza una scintilla di
vita.
Paige aprì l'ombrello, e prese a camminare lentamente per la via, ascoltando il
rumore ritmico della pioggia battere sul suo ombrello portatile. Era un
acquazzone, e quel piccolo pezzo di seta non riusciva a coprirla completamente,
tanto che pure le spalle erano bagnate dalle gocce. La gente intorno a lei
sembrava quasi contagiata dal grigiore cittadino. Nessuno che sorridesse, non
una persona che pareva felice. Solo una coppietta di innamorati stava ridendo.
Sotto la giacca di jeans di lui, correvano a cercare un riparo più sicuro,
maledicendo scherzosamente il diluvio che li aveva colti alla sprovvista. Paige
li guardò come fossero un fenomeno da baraccone, con freddo distacco, e seguitò
a camminare.
Senza rumori forti, ma col suono sincopato della pioggia e di pochissimi rumori
urbani, i suoi pensieri presero a ribollirle nella mente come l'acqua di un
minestrone. Ma non c'era uno di quei pensieri che non fosse triste. Cercava di
non pensarci, ma era più forte di lei. Si rassegnò ad essere triste per tutta la
giornata.
Svoltò alla fine di Prescott street, e si immise nella via tangente, girando a
destra. Fu lì che incontrò una giovane donna. Lei se ne stava ferma, dritta
impalata, senza dire una parola, con la testa verso il basso. Paige rimase ad
osservarla, rapita dalla singolarità della sua posizione. Dopo alcuni istanti,
azzardò un timido - Va tutto bene, signorina? -
La donna alzò lo sguardo. Paige ebbe un sussulto, nel vedere che gli occhi di
chi le stava davanti erano fissi e senza vita. Le disse - Sto bene, signorina.
Non si preoccupi per… me… - e cadde a terra, sollevando una densa nuvola
d'acqua. Paige cercò di rialzarla, tenendo al contempo dritto il suo ombrello,
ma un'improvvisa folata di vento lo rivoltò, lasciando entrambe sotto
l'insistente pioggia. Con la viva forza, Paige trascinò la sconosciuta in casa,
chiamando aiuto una volta entrata. Le sue grida allarmarono Piper, che la
raggiunse all'ingresso. - Che le è successo? - domandò Piper, prendendo i
battiti alla giovane, con una pressione delle due dita sul collo.
- Non lo so. - rispose Paige - Stava dritta come un fuso in strada senza dire
niente. E' svenuta davanti ai miei occhi. -
- OK, OK. Non ti allarmare. Aiutami a metterla sul divano. Sembra solo svenuta,
però è meglio chiamare il dottor Williams. Faccio il numero dopo che l'abbiamo
messa sul divano. -
La donna che Paige aveva portato in casa aveva tratti austeri, carnagione bianca
e capelli di un bel biondo oro, anche se il bagnato della pioggia li rendeva
opachi. Aveva sui venticinque anni, forse di origine tedesca. - Chi credi che
sia? - domandò Piper, squadrando la sconosciuta e provando solo ad immaginarsi
chi potesse essere.
Paige rispose con ovvietà - Zero assoluto. -
Non era facile capirlo. Se avesse indossato vestiti particolari forse ne
avrebbero saputo di più, ma portava un abbigliamento casual, anche se singolare.
Portava una lunga specie di gilet di jeans arancione, che lasciava scoperto
l’ombelico, con uno spacco triangolare. Lo stesso tipo di tessuto era utilizzato
anche per la lunga gonna, completata da un paio di stivali neri di pelle. -
Secondo me è un’insegnante. - dedusse Paige, valutando la pettinatura elegante,
formata da capelli raccolti in una coda di cavallo rigirata e fissata sulla
testa da una piccola molletta.
- Dici? Io non ne sono sicurissima. Ha un’aria che mi mette i brividi. -
- Questo è vero… - disse, dando un’ennesima occhiata alla donna, che intanto era
riuscita a riprendere i sensi.
- Guarda, Piper. - le fece notare Paige.
- Come si sente? -
La sconosciuta si guardò intorno, con aria evidentemente spaesata - Dove sono? -
chiese, mettendosi seduta sul divano, osservando con cura le due donne che le
stavano affianco.
- E’ sventa in strada. Adesso come si sente? -
- Ho… la testa un po’ pesante. -
- Per favore, non si muova. Dovrebbe arrivare il medico a momenti. - Piper cercò
di farla distendere delicatamente.
- Può dirci il suo nome, signorina? -
- Quistis. - rispose. Entrambe le sorelle Halliwell rimasero colpite da un nome
tanto singolare. Addirittura Paige volle farselo ripetere - Come? -
- QUISTIS. - ribadì la sconosciuta, scandendo ogni singola lettera - E’ un nome
inusuale, lo so. -
- Bene, Quistis. Io sono Piper Halliwell, mentre lei è la mia sorella minore,
Paige. -
- Halliwell? Ho già sentito vostri nomi, da qualche parte. Siete per caso le tre
sorelle… - il medico entrò in quell’istante, e Piper se ne accorse, per questo
troncò immediatamente la discussione con un secco - Sì, siamo tre sorelle!
Paige, è arrivato il medico. Vai a prendere il suo cappotto, fallo accomodare. -
Quistis si distese sul divano, mentre Piper le dava un’ultima occhiata,
ripetendo nella sua mente - Questa donna ha qualcosa di strano. -
Lasciarono i due soli, finché il medico non diede alle sorelle il via libera per
tornare in salotto. Dopo aver riscosso la sua parcella, pagata da Piper, il
medico salutò cortesemente e se ne andò.
- Allora - le chiese Paige - Come sta? -
- Abbastanza bene, ha detto il vostro medico. Ho solo bisogno di riposo. -
- Vuole mangiare un boccone? -
Quistis rimase sul vago. I suoi occhi non lasciavano sfuggire alcuna emozione,
per cui era molto difficile riuscire a decifrare i suoi pensieri. Un
imbarazzante gorgoglio fu la risposta alla domanda.
Le sorelle si accorsero che il fisico magro di quella donna fungeva da copertura
insospettabile di un appetito letteralmente bovino. Era impressionante quanto
cibo quella donna riuscì a masticare e deglutire in poco meno di dieci minuti.
Piper e Paige erano rimaste a guardarla senza dire una parola - Scusate. - disse
lei - Ma era da molto tempo che non facevo un pasto completo. -
- Un pasto completo? Sembra che lei non mangi da una settimana. -
- Per la precisione, sono solo due giorni. -
- Due giorni senza toccare cibo? - domandò sorpresa Piper - Come ha fatto? -
- Vi sarei grate se smetteste di darmi del lei. Anche perché se ce una persona
che dovrebbe portare rispetto, quella sono io. -
Piper rimase colpita anche da quella enigmatica dichiarazione - In che senso? -
- Nel senso che io vi conosco, sorelle Halliwell. Piper Wyatt Halliwell,
ventinove anni. Nata l’8 giugno del 1973 a San Francisco, sposata nel 2000.
Phoebe Halliwell, ventisette anni, nata l’11 gennaio del 1975, nubile. Paige
Matthews, nata nel 1977, di anni veticinque, da madre strega e padre angelo
bianco. La primogenita era Prudence Halliwell, chiamata Prue, morta l’anno
scorso a soli 30 anni, nata nel 1971. - ancora una volta, le sorelle rimasero di
sasso davanti a Quistis, e a quanto enigmatica fosse.
- Come fai a saperlo? Sei forse una strega anche tu? -
- Certamente. Voi negli ambienti magici siete una specie di leggenda. Tutti
conoscono voi e le vostre imprese contro i demoni. -
- Accidenti, siamo delle vip, allora. -
- Esatto, delle vip. Io stessa bramavo di conoscervi, anche se non avrei mai
pensato in questo modo. -
- Aspetta un attimo - le disse Piper - Ma anche il tuo di nome non mi è nuovo.
Quistis… Quistis… Quistis… Sei una potente maga, no? -
- Non mi definirei potente. Uso la magia come meglio mi riesce. - rispose,
modesta.
- Ma tu sei una maga, non una strega. Tu hai poteri molto più ampi dei nostri. -
la adulò Paige - Noi possiamo avere al massimo due o tre poteri, mentre le maghe
usano ogni genere di magia. -
- Oddio, non proprio ogni genere, ma ho a disposizione una rosa abbastanza
ampia. -
- Insegnami qualcosa, ti prego. - la pregò Paige. L’entusiasmo di poter imparare
qualcosa di nuovo sulla magia travolse la tristezza che quel grigio manto di
nuvole aveva portato, squarciandolo.
- Se… Insisti… -
- Dai, andiamo. Non vedo l’ora di vedere cosa puoi fare! -
Piper non riusciva a comprendere il comportamento della sorella minore. Quello
era il modo di agire di una ragazzina con molto meno dei suoi venticinque anni.
Tuttavia, anche Piper provava una grande curiosità nei confronti dei poteri
magici di Quistis. Decise di seguirle a distanza.
- Qui noi di solito ci alleniamo a tenere sotto controllo i nostri poteri. -
disse Paige, facendo strada a Quistis in mezzo alle cianfrusaglie, di cui quella
cantina era piena.
- Vedo che avete anche diversi oggetti magici qui. Usate quelli per allenarvi? -
- No, non usiamo oggetti. -
- Come? Niente oggetti? -
Paige la guardò confusa. Non era una cosa normale, né per lei né per le sue
sorelle, usare oggetti durante le magie. Avendola vista così stranita, Quistis
si spiegò più chiaramente - Io volevo solo dire, io sono abituata ad usare
oggetti per acquisire magie nuove, e per controllarle. -
Paige scosse la testa, colpita - No… -
- Perché non ci mostri qualche pezzo del tuo repertorio, Quistis? - Piper era
rimasta indietro, sulla soglia della cantina.
Quistis le fece un cenno di consenso, abbassando la testa. Scostò Paige con un
gesto gentile del braccio. Scandagliò con lo sguardo l’ambiente, in cerca di un
obiettivo. Adocchiò una lunga lampada a stelo.
- Questo tipo di magia si chiama Disintegrazione. Capirete presto il perché. -
incrociando sul petto le braccia, Quistis richiamò il suo potere magico, che
sembrò scaturire dalle assi in legno del pavimento, per poi cingerla in un’aura
dorata. Impose di scatto le mani, facendone scaturire una serie di cerchi
concentrici, che imprigionarono la lampada in una singola sfera trasparente. La
sfera, pochi istanti dopo, esplose come una bolla di sapone, facendo sparire la
lampada con se.
Piper e Paige rimasero entrambe impietrite e a bocca aperta davanti a quel
sortilegio mai visto prima. Se quelli erano i suoi poteri, si disse Piper,
allora forse era Quistis una prescelta, e non lei, Paige e Phoebe.
- Ma come hai fatto? - le domandò piena di eccitazione Paige - Era una magia
incredibile. -
- L’ ho imparata tempo fa in un mio viaggio. E’ molto difficile usarla. -
Paige ne rimase tanto meravigliata, che decise su due piedi di seguirla in giro
per il mondo. Era stanca della sua vita noiosa a San Francisco, e avrebbe voluto
dare un po’ di pepe alla sua esistenza, magari imparando magie sempre nuove che
sarebbero potute tornare utili, un giorno, anche al Trio.
Prima di spiegare la sua idea a Piper, che sapeva non l’avrebbe lasciata partire
tanto facilmente, interpellò Quistis, che in quel momento si trovava in cucina a
bere una tazza di caffè lungo americano.
- Ciao, Quistis. Come ti senti? -
- Ciao, Paige. Molto meglio, devo dire. Grazie di avermi aiutata. Sono in debito
con te. -
- Non fa niente. Piuttosto, io avrei avuto un idea, e vorrei che tu mi dessi un
parere. -
- Sentiamo. - le disse, invitando a parlare anche con un gesti della mano.
- Ecco… - Paige si sentì pienamente consapevole del suo imbarazzo – Io vorrei
venire con te. -
Quistis rimase alquanto colpita dalla sua richiesta - Vuoi… venire con me? -
ripeté la domanda, come se avesse paura di aver capito male.
- Sì. Voglio venire con te. -
Quistis la guardò perplessa - Ma perché, Paige? -
- Perché sono stufa di starmene sempre qui in questa città. La vita è diventata
troppo monotona per i miei gusti, e vorrei trovare qualcosa che mi faccia
sentire viva, non un’ameba fossilizzata.
- La mia vita ti sembra bella? -
Paige rispose con ferma decisione - Sì. -
Quistis osservò enigmatica Paige, poi abbassò lo sguardo nella tazza. Guardando
fisso nella sua tazza di caffè, come ipnotizzata dai movimenti del profumato
liquido scuro - Davvero lo pensi? -
Paige non cambiò il suo parere, e con grande fermezza rispose nuovamente di sì.
Quistis scuote la testa, enigmatica come sempre - Mi spiace contraddire il tuo
entusiasmo, ma non è come può sembrare. Anzi, è tutto il contrario.
Paige espresse in viso tutta la sua delusione - Cosa vuoi dire? -
La giovane donna bionda non distolse nemmeno per un attimo lo sguardo dalla sua
bevanda, come se vi stesse leggendo le risposte - Sai, una volta anch’io ero
come te. Appassionata, impulsiva e risoluta. Quando ho imparato la mia prima
magia, sono stata presa dall’irrefrenabile impulso di impararne altre, sempre
nuove. Allora ero solo una bambina, avevo nove anni. Non potevo intraprendere da
sola un viaggio per il mondo, così una volta raggiunti i diciotto anni, presi
baracca e burattini e da Cork me ne andai in giro per il mondo. Francia, Olanda,
Spagna, Italia, fino qui negli Stati Uniti. Continuando solamente ad accumulare
magie. Ma ora, non perché mi sono stancata di questa vita che amo, ma perché ho
una grandissima nostalgia della mia famiglia. Sei stata proprio tu, insieme a
tua sorella a farmelo capire. Sai, anch’io ho una sorella minore, e non la vedo
ormai da tre anni. -
Paige restò muta ad ascoltare la sua storia, una commovente storia fatta, per
gli ultimi mesi, di solitudine e viaggi in cerca di sé stessa.
- Paige… - la chiamò Piper - Ha chiamato il tuo ragazzo. Dice che -
Paige interrupe il suo discorso, abbracciandola per la vita, in lacrime - Ti
voglio bene, sorellina… -
Piper rimase scioccata dal comportamento eccessivo della sorella - Ehi, ma che
diavolo le ha preso?! -
Quistis sorrise divertita, e finalmente bevve un sorso di quel caffè, che nel
frattempo si era intiepidito.
Una mattina, così com’era arrivata, Quistis se ne andò via senza salutare. Tutto
ciò che rimase di lei, fu una specie di libricino, un’agenda cartonata,
ricoperta in pelle nera. Un piccolo biglietto adesivo per lavagnette recava
scritto “A Paige e le sue sorelle”. Proprio Paige fu la prima a trovarlo e a
leggerlo. Nella prima pagina, Paige lesse una sentita lettera di ringraziamento
da parte di Quistis, terminante con uno strano saluto in lingua irlandese. Paige
non lo capì, ma ne intuì comunque il senso.
Quel libretto scritto in inglese, una dissertazione quasi completa sulle arti
magiche del mondo, scritta a mano con una penna stilografica, era il giusto
scambio per la lezione che Paige aveva involontariamente dato alla donna con gli
occhi di ghiaccio, che da allora, piansero lacrime sempre calde.
Scritto da MoonWalker