Streghe Italia Fan Fiction

RUBERO'


Breve riassunto: Mega-racconto scritto a DIECI, e dico DIECI MANI! Piper viene avvicinata da un losco individuo in occhiali da sole, che la guarda negli occhi. Nulla di strano dite? Noi pensiamo il contrario...

Data di composizione: 26/5/2002

Valutazione del contenuto: per tutti

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito Streghe Italia e che tutti i personaggi della serie Streghe/Charmed sono di proprietà della Warner Bros. Television/Spelling Entertainment e sono utilizzati senza il consenso degli autori e senza fini di lucro.


Non era male passeggiare d’estate lungo le strade di città. Certo, avrei preferito di gran lunga una romantica spiaggia delle Hawaii, magari quando il sole tramonta, e guardarlo insieme a lui, senza nessun altro. E invece, a parte il sole, era una giornata penosa. Ero impegnatissima a fare scorta di ingredienti per pozioni. Dopo la dipartita di Prue non avevo uno spazio libero da concedere a me stessa. O forse era per non pensare al dolore che mi trovavo tutti i momenti liberi per trovare qualcosa che mi distraesse.
- Fa caldo oggi, vero sorellina? -
- Sì. Non resisto più. E’ insopportabile. - le risposi, cercando di tergermi un po’ del sudore che mi stava incollando il top alla pancia.
- Io dico se bisogna andare proprio oggi con questo caldo a prendere gli ingredienti. Non si poteva rimandare? -
- Phoebe, ti ricordo che coi tempi che corrono per quanto riguarda i demoni, è sempre bene tenersi pronte e avere la credenza piena. - spiegai, e dalla sua reazione ebbi idea di essere stata troppo assillante.
- D’accordo, d’accordo. Non c’è bisogno di arrabbiarsi, sorellina. - Entrammo nel negozio di erboristeria di Chinatown. Il solito ragazzo che stava in bottega era sostituito dalla vigile e saggia presenza del padre, che ci accolse con un contenuto e flemmatico - Buon giorno. In cosa posso esservi utile? -
- Salve. Allora, vorremmo dell’assenzio, della polvere di funghi velenosi, papavero, occhi di polpo. Ah, sì. E poi anche dell’erba medica, per favore. - notai che Phoebe stava ficcanasando in giro per il negozio, fra le ceste dei singolari prodotti fra i quali grilli, salamandra sotto spirito… Oggetti che mi facevano schifo soltanto a pensarli, figurarsi a maneggiarli. Si scontrò con un uomo vestito di nero, e si affrettò a scusarsi gentilmente. Lui, altrettanto cortesemente, gli disse che non era nulla.
Pagai tutto e uscii. - Cinquanta dollari per questi ingredienti? Ma che è successo? L’altra volta non avevo speso così tanto. -
- Si vede che sono aumentati i costi di produzione e import-export. -
Mugolai pensosa - Penso ce dovrò fare qualcosa per far aumentare le entrate del P3. Ci vuole una trovata geniale. Che ne pensi, sorellina? -
- Sai che io non ci sono portata per l’economia. -
Non mi ero accorta che quello strano uomo ci stava ancora seguendo. Non mi accorsi che si avvicinò a me, e si tolse gli occhiali da sole. Mi guardò negli occhi per un attimo, poi si rimise gli occhiali e scappò via come se avesse qualcuno che lo seguiva. Ebbi come l’impressione che sui suoi bulbi oculari passassero come degli otturatori, delle patine come quelle che passano davanti agli occhi degli squali quando attaccano.
Phoebe ed io rimanemmo confuse e prese alla sprovvista. - Ma guarda che tipo. - disse Phoebe, alterata - Quello deve essere matto. -
- Già… E secondo me era anche un maniaco. -
- Ti ha fatto nulla? -
- No, mi ha solo guardata negli occhi. -
- Guardata negli occhi? - con uno sguardo sia scandalizzato che confuso, Phoebe commentò - Doveva essere matto. -
- Andiamo a casa o mi sciolgo per strada. – le feci fretta, sofferente per l’afa tremenda.

Gharban corse finché poteva, cercando disperatamente di fuggire dai suoi inseguitori che gli stavano alle calcagna da parecchio tempo, due mastini che non l’avevano mai mollato nemmeno in mezzo alla folla più fitta.
Non poteva correre all’infinito. Non poteva pensare di fuggire, e infatti cadde nella loro morsa. Uno dei due lo prese per il collo della pesante giacca nera. Lui tentò di difendersi dandogli un pugno, che ebbe l’effetto di rallentarlo, ma non poté far nulla con il secondo, che lo colpì in pieno volto, rompendogli un dente, facendolo tagliare all’interno del labbro con una scheggia. Quello lo picchiò contro un muro, dandogli un altro colpo allo stomaco. Cadde in ginocchio, tenendosi la parte indolenzita dalla botta. Si accorse di stare sputando sangue in modo copioso.
- Pensavi di poterci scappare per sempre, bastardo? -
- Lascialo a me. - disse rabbioso l’altro. Rifilò a Gharban un pugno come indennizzo, prodigandosi poi di fargli un doloroso e minuzioso interrogatorio - Questo mi ripaga di prima. -
- Dove hai messo i Cuori di Nettuno? Dove sono i diamanti -
- Diamanti? Io non ho mai tollerato le pietre preziose. Io preferisco i soldi. - barcollò all’indietro, appoggiandosi contro un muro con la schiena
- Vedo che fai ancora lo spiritoso. - per tutta risposta si beccò un potente calcio di punta in faccia. Senti il suo setto nasale che si fratturava, e il sangue finirgli in bocca. - Ora che la Sorgente è caduta, siamo noi che dettiamo legge. Ti conviene parlare. Potremmo anche risparmiarti, sai? -
- Non… non credo che convenga a voi, questo. -
- Facciamo il nostro lavoro, avanti. - l’altro demone estrasse un pugnale, che non esitò a conficcare brutalmente nell’addome di Gharban, che cadde esanime al suolo. I due cacciatori ridacchiarono soddisfatti e se ne andarono, lasciando il cadavere nella strada, dopo averlo coperto alla bell’e meglio con dei cartoni sporchi trovati lì vicino.

- Paige, siamo tornate. - esordii. Non avevo ancora visto nostra sorella dalla sera precedente.
- Oggi Paige usciva col suo ragazzo. Non ci sarà fino a domani mattina. -
Sbuffai - Quella ragazza se la prende troppo comoda. -
- Non devi essere così opprimente, Piper. Basta già il caldo. -
- Io non sono opprimente. - la contestai sdegnata - Io cerco solo di renderla responsabile. Ricordati che grandi poteri comportano grandi responsabilità. -
- Non sapevo che tu leggessi L’Uomo Ragno. -
- Infatti io non ne ho mai letto un numero. Non so perché mi sia venuta in mente. - scacciai l’accaduto dalla mia testa e me ne andai in cucina a rimettere a posto la credenza.
Non ci misi molto. Molto meno di quanto mi aspettassi. Di solito io sto sempre un secolo a smistare perfettamente tutti gli ingredienti, disponendoli con un ordine quasi maniacale. Adesso invece li avevo messi via con la velocità di un fulmine. Phoebe venne in cucina cinque minuti dopo, e rimase anche lei meravigliata - Accidenti, Piper. Hai già messo via tutto? -
- S… Sì… - le dissi, con la stessa decisione di quando scopersi di aver preso il mio secondo potere - Ma vorrei sapere come ho fatto… -
- Magari ci hai preso la mano, sorellina. Non c’è bisogno d’impaurirsi. -
- Già, sicuramente è così. Forse è meglio che mi sdrai sul divano e cerco di riposarmi un po’ -
- Faresti meglio. -
Feci per andare a stendermi, ma mi venne in mente ancora qualcosa - No, non posso andarci. Ho dimenticato di comprare l’arsenico! Io vado, sorellina. Tu vai di ramazza in giro per casa, ragazzina. -
- E io che pensavo di riposarmi. D’accordo, Piper. D’accordo. -

Tornai nel negozio, scusandomi col negoziante - Mi scusi, ho dimenticato di chiedere se aveva dell’arsenico. -
- Certo, signorina. Glielo vado a prendere. – mi disse, con un garbato inchino molto orientale. Notai che sul bancone c’erano dei piccoli portachiavi portafortuna a forma di runa nordica. Mi piacquero. Sapevo qual era la mia runa fortunata, ma decisi che l’avrei comprato un altro giorno. Mi limitai ad acquistare il mio arsenico e ad andarmene. Controllai lo scontrino, e vidi che era rincarato anche quello. Fare le streghe costa sempre di più al giorno d’oggi. -
Misi lo scontrino in tasca, dove trovai qualcos’altro. Una cosa piccola e rotonda fredda al tatto. La guardai, e mi accorsi che era uno di quei piccoli portachiavi a forma di runa - E questo quando l’ ho preso? -
Volli tornare indietro per chiarire l’equivoco, ma qualcosa dentro la mia testa mi disse che era soltanto un piccolo portachiavi, nulla di importante. Non avevo mica svaligiato Fort Knox. Potevo anche tenermelo. Ma la mia coscienza rimorse terribilmente, e lo restituii al negoziante, scusandomi dell’accaduto e giustificando quel gesto con una saltuaria cleptomania. Fortunatamente il negoziante fu molto accomodante, e accettò le scuse, rassicurandomi di non preoccuparmi.
Ma io lungi dall’esser tranquilla. Tornai a casa scombussolata, a testa bassa e pensierosa - Hai trovato l’arsenico, sorellina? -
- Sì, e ho anche scoperto di essere cleptomane. -
- E da quando? -
- Sono andata a comprare l’arsenico, e ho rubato un portachiavi dal bancone. -
- Non credo che tu abbia bisogno di uno psicologo, sorellina. E’ soltanto lo stress. Riposati e vedrai che ti sentirai meglio. -
- E’ già. E ho anche un’ottima professoressa. - commentai, osservandola non fare nulla stravaccata sul divano. Anch’io mi misi a riposare.
- Sono preoccupata. Mi comporto stranamente. -
- Non è nulla, sorellina. Non è nulla. -
- Sarà come dici. Io vado a dormire. -
Mi sentivo la testa pesante, come se avessi un cerchio a stringermela. Ma non volli pensarci, e andai nella mia camera da letto a dormire. Non avevo niente da fare, e questo mi avrebbe tenuta impegnata per parecchie ore.
O almeno, così credevo io.
Infatti, contro la mia volontà mi alzai e mi vestii. Cercai di fermarmi, ma il mio corpo sembrava andare per conto suo, avere una propria vita indipendente dal mio cervello. Una volta cambiata, uscii di casa. Phoebe, all'entrata, mi fermò - Non dovevi andare a letto? -
- Sì, ma ho dimenticato ancora una cosa al negozio. -
- Ahi, ahi, ahi, ragazza. siamo messe proprio male. - commentò lei, voltando le spalle.
- Colpa della primogenitura. Io non ci sono portata. - e uscii. Cercai una vettura nera. Una vecchia Ford Taurus che avrebbe dovuto essere lì a prendermi. Infatti la scorsi a pochi metri di distanza. Salii sul sedile posteriore. Richiusi la portiera con cautela, e salutai il conducente - Come andiamo, Marlin? -
- Ti sei scelto proprio un bel corpo, capo. - fu il commento dell'ometto viscido, alto appena più del volante.
- Non mi posso lamentare, anche se la sua anima non si lascia governare molto facilmente. Dove sono Leda e Grado? -
- Si sono nascosti. Anche loro hanno dei guai con i cacciatori di taglie. - mise in moto e percorse la strada verso il Golden Gate. Prima di imboccare il ponte, tagliò a destra scendendo lungo la costa dell'isola, in uno spiazzo immerso nella vegetazione. Frenò nel piazzale, ricoperto di erbacce, di un vecchia rimessa per barche a noleggio. Le vetrate erano tutte in frantumi, e le pareti erano scrostate e con grosse macchie d'umidità.
- Posticino accogliente. Lordo e Leda sono dentro? -
- Sì. Ti stanno aspettando. - scavalcai il cancello arrugginito e chiuso con una pesante catena chiusa con un grosso lucchetto d'acciaio, ed entrai nella rimessa delle barche. Al suo interno c'erano ancora delle carenature, molti scheletri in legno, e svariate travi buttate in malo modo, e alcune con un lieve e odoroso strato di muschio. Non appena entrai, una voce di donna mi disse di non muovermi. Immediatamente, questa uscì allo scoperto, puntandomi contro un fucile mitragliatore di piccolo calibro - Chi sei? Perché sei venuta qui? -
- Leda, sono io. Sono Gero. -
- Gero, dici? - senza mai staccarmi di dosso la canna del suo fucile - Se fossi tu… -
troncò la frase, senza dire altro. Subito, mi venne da pensare "Ma che cavolo vuol dire?", tuttavia mi uscì dalla bocca la risposta - Io sarei io. -
La donna di nome Leda abbassò finalmente la canna del fucile, avendomi riconosciuta come quel famigerato Gero. - Dannazione, tesoro. Dovevi per forza scegliere il corpo di una donna? - mi si avvicinò, girandomi intorno e squadrandomi con sguardo gelido e implacabile.
- Mi spiace. - mi scusai, seguendola - Ma è il corpo migliore che potessi trovare. Quello di una strega potente. E con due poteri invincibili. -
< Ma come ha fatto a capire che sono una strega? >
- E' recalcitrante? -
- Abbastanza, ma per fortuna riesco a tenerla sotto controllo facilmente, quando non commetto infrazioni. -
- Allora farai meglio ad acquisire un controllo perfetto per giovedì prossimo. - mi riprese lei. Seguendola, mi imbattei in un uomo non molto alto, con una faccia che non prometteva nulla di buono. Aveva in mano un lungo fucile da cecchino, che sorreggeva con la spalla destra, come un giocatore di baseball che si appresta alla battuta - Bentornato, Gero. - mi accolse, prendendo una sigaretta, e offrendomene una.
- E' un piacere rivedervi, ragazzi. - presi con la bocca una sigaretta, e il cecchino mi fece accendere. Guardai la scaletta da dove era appena sceso, e scorsi in tutta la sua interezza il camminamento che circondava tutta la rimessa - Non vi fidate mai, voi due? -
- Preferirei non trovarmi delle brutte sorprese fra capo e collo, ecco tutto. -
Inspirai una boccata di fumo. Non avevo mai fumato in vita mia, anche perché il solo odore contribuiva a causarmi non pochi fastidi a naso e gola. Tuttavia, non ebbi alcuna reazione, come se vi fossi abituata da un sacco di tempo. L'anima che aveva preso il controllo del mio corpo affrettò i suoi compagni - Avanti, andiamo. Abbiamo soltanto una settimana per preparare il piano. -
Ebbi una gran brutta sensazione, e cercai di ribellarmi con tutte le mie forze, ma la sua forza era molto maggiore della mia, e così fui costretta a collaborare controvoglia e a lasciargli fare.
Andammo in una sala illuminata soltanto da una grossa lampada al neon appesa al soffitto, sotto la quale vi era un robusto tavolo di legno nero - Allora - chiesi - Qual è il briefing? -
La donna mora prese da una grossa cesta un grande rotolo di carta, e lo svolse sul tavolo. Era in carta millimetrata, e sopra vi era disegnata la piantina di un edificio. Poi, la donna iniziò a parlare - Ti ricordo che noi siamo qui per cercare di rubare il diamante chiamato Cuore dell'Atlantico, l'ultimo che manca alla serie di sette diamanti del Cuore di Nettuno. Ho scoperto che facevano parte di un diamante molto più grande, un diamante tutto colorato d'azzurro. Secondo la leggenda, se tornassero tutti insieme, riprenderebbero il loro colore originale, e in più indicherebbero la via per trovare un favoloso tesoro. Però, per questo motivo, la sorveglianza sarà strettissima. -
- Sei riuscita a farti dare i dati? - le domandai, appoggiandomi alla cartina e studiandola attentamente.
- No, me li sono dovuti prendere. Ho fatto i salti mortali per questi tre foglietti. - me li porse, sventolandoli vistosamente.
- Peccato che una volta terminata l'operazione li potremo usare per confezionarci tre sigarette belle grosse. - scherzai sdrammatizzando, leggendo attentamente anche quelli. Erano tutte le segnalazioni degli spostamenti delle guardie alle quali era affidata la custodia del diamante. Secondo quei fogli, avrebbero posizionato il diamante in una cripta sotterranea, sotto un castello austriaco arroccato sulle alpi del nord.Questa cripta, a giudicare dalla mappa, era di forma rettangolare, e il piedistallo
era posizionato al perfetto centro di essa. Domandai senza scollare gli occhi di dosso al disegno - Quali sono i movimenti delle guardie? -
- Non ce ne sono. - mi rispose Grado, inspirando il fumo.
Io alzai gli occhi, alterato dalla risposta - Come? -
- Non c'è nessuna guardia. Controlla i fogli di Leda. -
Feci come mi aveva detto. Ricontrollai i fogli. Secondo quanto era scritto, non c'erano accenni a guardie o sentinelle di alcun genere. - Hmm… E' vero. - continuai a leggere le indicazioni, e capii il perché nessuno intendesse mettere degli uomini di sorveglianza - Una pozza di acido. -
- Già. E anche di quelli belli forti. Le pareti della bacheca in cui è tenuto il diamante sono in diamante, trattato chimicamente in modo da resistere anche all'esplosivo e agli acidi. Inoltre, il sistema d'allarme comprende anche una bella scarica elettrica. -
- Bravi. Ci faranno sudare. -
- Bravi un corno! - disse scontroso Grado, abbassando il suo cappello sugli occhi, per nulla eccitato dalla sfida. Dopotutto era un cecchino, non un ladro cervellone.
- Beh, devo ammettere che non sarà affatto facile. Dov'è la mappa dell'altezza della gabbia? -
- Non l'abbiamo. - si scusò Leda.
- Va bene. - sospirai, rialzandomi e prendendo la mia sigaretta dalle labbra. Buttai fuori il fumo. - Che ne direste di andare a fare una visitina al diamante, ragazzi? -

Il giorno dopo, di buon mattino, ci alzammo per fare visita al diamante, tenuto al sicuro in una banca di San Francisco, al trentesimo piano di un grattacelo nel centro della città, contenente vari piani di uffici di filiali di banche svizzere e di società multinazionali. Su quel piano, al centro, per la precisione, c'era la vasca, con dentro in bella mostra il diamante. La pietra era enorme, forse di diverse centinaia di carati. Avrei fatto una stima molto più accurata, una volta rubata. Ma prima dovevo fare molte foto, con una piccola macchina fotografica nascosta in una borsetta. Naturalmente, per non destare sospetti, dovetti travestirmi da anziana donna e seguire una gita guidata. Scattai a più riprese, da tutte le angolazioni possibili. Nessuno pareva interessarsi a me. Una volta terminato il tour tornai nella macchina dove Grado stava aspettando me e Leda - Allora? - disse con impazienza ottimamente celata.
- C'è un solo modo per accedere, ed è dal piano superiore. - spiegai. A memoria non riuscivo a ricordarmi della stanza, ma provai ugualmente ad immaginarmela di nuovo e a pensare un piano - Però non ci sono aperture. Per non fare danni e non riversare l'acido sui piani non protetti, dovremmo per forza entrare dal trentunesimo piano… - pensai, rimuginai. C'era qualcosa che non mi convinceva - Ma come diavolo avranno fatto a metterlo in quella posizione?… -
Ci ripensai per più di due giorni, senza mai trovare una soluzione plausibile. Riguardando le foto che io stessa… o stesso?… Boh. Comunque, non me ne andai dal nascondiglio sotto il Gate per due giorni di fila. Era lunedì, quando cominciai a pensare, e finii mercoledì alle nove di mattina, più o meno. Smisi quando mi venne un'idea. Come avevano potuto piazzare la vasca senza distruggere mezza stanza? Capii tutto, finalmente, e lo spiegai ai miei complici.
- Non è possibile che abbiano fatto tutto a vasca vuota, per cui vuol dire che prima hanno montato struttura e piedistallo, e poi hanno riempito il tutto con l'acido. E questo è comprovato da questa foto, dove si vede ancora l'aggancio del bocchettone della cisterna. Se noi riuscissimo a trovare quel modello di cisterna con aspiratore, avremmo già in pugno il diamante. -
- Ma come facciamo con la teca? - chiese Grado.
- Sai, il corpo di questa donna è una vera miniera d'oro. E' una strega, sapete? -
- Questo vuol dire che ha poteri magici. Di che tipo? Sono curiosa. -
- Involontariamente, ho scoperto che la ragazza è in grado di modificare il tempo. Può congelare demoni ed esseri umani, oppure anche accelerarli e farli esplodere. Lo so perché ha tentato di fermarmi usando il congelamento. L'unica cosa brutta, è che quando la ragazza s'innervosisce sbaglia sempre temperatura. -
- Vuoi imparare ad usare l'accelerazione per distruggere la teca senza ricevere la scossa elettrica. - dedusse Leda, massaggiandosi il mento con una mano, pensierosa.
- Questo è un buon piano, ma sei sicuro che funzionerà? -
- Per saperlo dire con precisione, ho bisogno di questa. - mostrai una lastra di vetro spessa pochi millimetri, ma piena di ditate - Ragazzi, vi presento la sorella minore della teca. Fino a giovedì notte, io proverò a distruggerla col potere della strega. -
< Complice di un furto!!! > strillò l'anima dall'interno del mio corpo. Dovevo ribellarmi! Non sapevo come, ma dovevo fare qualcosa per riconquistare il mio corpo!

Arrivò il giorno del furto, e il mio possessore prese confidenza col mio potere di Avanzamento Temporale, imparando a tempo di record a servirsene per fare esplodere la teca “indistruttibile”. Devo ammettere che però era veramente in gamba. Riusciva a tenermi sotto scacco alla perfezione, e a nulla valsero i miei ripetuti sforzi per liberarmi dal suo giogo. Ma se aveva il mio corpo, forse voleva anche dire che… Ma sì! Capii immediatamente come riaverlo, almeno per il tempo di informare Phoebe e Paige.

Le due sorelle di Piper erano tremendamente il pena per la sorte di loro sorella. Avvisarono la polizia. Morris venne a casa loro non con urgenza, chiamato specificatamente da Phoebe, che non aveva più visto rientrare la sorella da quella commissione al negozio a Chinatown.
- Ricapitolando, Phoebe. Quando hai visto Piper per l’ultima volta? -
La voce di Phoebe era piena d’ansia e timore, e stava dosando bene le parole per non venire ferita dalle stesse cose che diceva - Sabato, è stato l’ultima volta che l’ ho vista, verso le tre e mezza del pomeriggio. La mattina eravamo andate insieme a comprare degli ingredienti ad un negozio a Chinatown. -
- Il negozio di magia del vecchio cinese, vero? -
Phoebe annuì - Sì. Soltanto che Piper ha dovuto tornarci due volte. -
- Come mai due volte? -
- La prima è stata quando si è dimenticata di comprare dell’arsenico. Poi mi ha detto che aveva dimenticato un’altra cosa. -
- D’accordo… - Morris prese appunti dettagliati sulla dichiarazione di Phoebe, con la testa china sul suo bloc-notes. - Paige, hai notato qualcosa di strano nel suo carattere, ultimamente? -
- No, anche perché non ci siamo viste molto. Io sono stata molto impegnata col mio lavoro al centro . -
- Phoebe? - domandò, distaccato e professionale.
- Mi ricordo che sabato era molto più veloce del solito a riordinare i barattoli. -
- Più… Veloce? - domandò confuso
Phoebe confermò la sua versione - Sì. E mi ricordo anche che quando è tornata la prima volta, mi ha detto di avere avuto un attacco di cleptomania. Aveva rubato un piccolo portachiavi, ma poi l’aveva restituito una volta accortasene. -
- Capisco. Questo è già una cosa più strana. Considerazioni da fare? Cosa significa soffrire improvvisamente di cleptomania, in psicologia? -
Phoebe cercò di farsi tornare in mente quello che aveva studiato a scuola, ma non si ricordava molto bene dell’improvvisa comparsa della mania di rubare oggetti senza accorgersi - Se non sbaglio ha un desiderio represso di possesso. Subendo un trauma a livello emotivo cerca di compensarlo a livello materiale, o qualcosa del genere. -
- Potrebbe ancora somatizzare la perdita di Prue? -
- Non saprei, ma Piper è sempre stata una persona che si teneva dentro il dolore, o cercava di sostituirlo per non farlo pesare a noi. -
- Nessun altro segno particolare? Sapete se è successo qualcosa che avrebbe portato Piper a sparire di casa? -
- No. A parte la perdita di nostra sorella, la vita di Piper ultimamente sta andando a gonfie vele. E’ felicemente sposata con un uomo estremamente dedito e fedele. Ha un lavoro un po’ duro ma gratificante. Non ho motivo di credere che se ne sia andata di casa di sua spontanea volontà. Di sicuro l’ hanno rapita! -
Leo apparve nella sua nuvola magica - Ho ritrovato Piper! -
Phoebe si alzò, con un colpo al cuore - Dov’è? Dov’è? - chiese, stringendo il collo del maglione del cognato.
- Calmati, Phoebe. - le disse, provando a rabbonire la sua ansiosa curiosità - E’ in una baracca abbandonata nei pressi del Golden Gate. -
- Perfetto. - disse grintosa Paige, alzandosi dal divano - Andiamo a prenderla, allora. - Paige sparì, e Leo le andò dietro usando il suo teletrasporto.

La strega venticinquenne andava a giocare in quel capannone abbandonato del quale aveva parlato Leo. Quand'era bambina, insieme ad altri suoi amici. A quei tempi il capannone era già inutilizzato da moltissimo tempo, e le strutture erano pericolanti. Altissimo era il rischio che una trave o qualcosa di simile potesse cadere e fare del male a lei o ad uno dei suoi amichetti. Ma lei, fin da quella tenera età, era già sprezzante del pericolo, senza sapere dei suoi poteri.
Leo riapparve pochissimo tempo dopo, domandando - Conoscevi già questo posto? -
- Ci venivo a giocare quand'ero bambina. Più o meno in questo punto - Paige stava cercando una breccia nel muro ad altezza del suolo - C'era un buco dove si poteva passare. - trovò il buco nei mattoni, abbastanza grande perché un giovinetto potesse passare, ma non una donna - Ehm… Credo di essere un po' troppo cresciutella per riuscire a passarci. -
- Non è un problema. - Leo sparì, e per far capire a Paige di essere arrivato dall'altra parte le parlò - Puoi usare la Telecinesi Orbitante per passare oltre il muro, no? -
Paige rimase imbarazzata dalla sua stessa gaffe - Eh… Che imbarazzo… - Seguì Leo, avvicinandosi per entrare nel capannone, alla ricerca della sorella. Ma dall'interno Grado, uomo sempre sul chi vive, li aveva individuati, e avvertì Gero. - Ehi, Gero! Sono arrivati due tizi dall'aria sospetta. Vieni a vedere. -

Allarmata dall'avvertimento di Gero, andai ad affacciarmi ad una delle finestra del pian terreno. Senza farmi notare, sbirciai fuori. Erano Paige e Leo, venuti a liberarmi! Ma già sapevo che il nuovo possessore del mio corpo non mi avrebbe permesso di ritornare, e sicuramente già li aveva riconosciuti ripescando i miei stessi ricordi. Infatti, me ne andai su per le scale, seguendo Grado sui camminamenti - C'è da fidarsi? -
- Non facciamoci vedere. Sono la sorella e il marito di quella a cui ho preso il corpo. -
- Non devo colpirli, quindi? -
- Mi conosci. Non uccido mai a sangue freddo. Adesso smetti di parlare, o ci troveranno. - Mi acquattai sul camminamento, e seguii le mosse di Leo e Paige senza dire una parola o fare un singolo rumore. Da dentro, la mia vera anima voleva urlare e richiamare la loro attenzione. Con la forza della disperazione richiamai le mie ultime energie, e bloccai decisa il tempo. Riuscii a liberarmi, ed ero pronta a gridare, una volta ritornata completamente me stessa, ma sentii una botta secca alla nuca, e caddi in avanti. L'ultima cosa che ricordo, era una stretta che mi impedì di cadere di faccia, poi più nulla.
Mi risvegliai che il mio corpo era di nuovo in balia di Gero. Ringraziai Grado di avermi dato quella botta in testa, anche se lo ammonii di non farlo mai più così forte.
- Quanto tempo abbiamo prima dell'inizio dell'operazione? -
- Sta per cominciare. Dobbiamo prepararci. -

Leo e Paige ritornarono a casa, stanchi e umiliati dall'insuccesso. Phoebe, seduta sul divano, nel vederli si raddrizzò. Sperava di vederli tornare con Piper, ma ciò non accadde - Leo. Paige. Come mai siete solo voi? Dov'è Piper? -
- Non l'abbiamo trovata. Probabilmente l' hanno già portata via. - la sorella lesse la delusione, evidente sul volto sudato di Phoebe. La strega abbassò gli occhi, fece qualche passo, poi sfoderò un rabbioso pugno contro il tavolino - Maledizione! Io non ce la faccio più a star qui senza far niente! Io vado a cercarla. -
- Ma ragiona, Phoebe. - cercò di calmarla Leo - Non sai dove trovarla. -
- Non m'interessa nulla! Io voglio fare un tentativo! - batté il pugno sul tavolo vicino al divano, sul quale era posato un giornale. Nel colpirlo, Phoebe ebbe una premonizione. Nella sua visione sibilante, in bianco e nero, vide Piper che mentre rubava una grossa gemma a forma di stella irregolare.
- Che ti succede, sorellina? Stai male? - Paige si era preoccupata, nel vederla in quello stato, non avendo mai assistito all'avvento di una premonizione. Phoebe non era molto presentabile quando le capitava.Ogni volta che aveva una premonizione, sembrava che stesse avendo un arresto cardiaco.
- No, no… - la rassicurò Phoebe, ancora lievemente sconvolta dalla ripercussione della sua previsione.
- Che hai visto? - domandò Leo
- Ho visto Piper. Stava per rubare un grosso pezzo di vetro. -
- Com'era questo pezzo di vetro? Grosso, piccolo, di che colore? -
- Il colore non lo so. Io ho solo premonizioni in bianco e nero. Però era a forma di stella, ma non era regolare. Sembrava un grosso pezzo di ghiaccio. -
- Un grosso pezzo di ghiaccio a forma di stella? Con tante grosse punte a base larga, e così? - insinuò Leo, probabilmente al corrente di qualcosa di correlato.
- Certo. Ne sai qualcosa? -
- Mi ricorda qualcosa, ma non ne sono sicuro. Alcuni personaggi in vista di San Francisco hanno riunito i loro sforzi per comprare un enorme diamante, chiamato Cuore dell'Atlantico. Secondo un'antica leggenda greca, Poseidone fu sventrato, e il suo cuore fu diviso in sette parti, e queste parti, una volta raggiunti i punti più profondi dei sette mari, si trasformarono in diamanti azzurri. Si dice che chi li riunirà tutti e sette sarà in grado di trovare un favoloso tesoro, oltre che tornerebbe azzurro. -
- Ma perché? Possibile che la sua cleptomania sia peggiorata fino a questo punto? -
- Non lo so proprio. Però dobbiamo sapere dove si terrà la mostra e prevenire il piano di Piper prima che sia troppo tardi. - e quella era una promessa per riscattare la sorella.

Finalmente arrivò il grande giorno del furto, e io ero completamente paralizzata da terrore. Avevo avuto la conferma che il mio “affittuario” era un tipo molto in gamba, ma ero comunque atterrita dal fatto che potesse andare storto qualcosa, e che io finissi in galera. E il lato peggiore era che io non centravo nulla con lui. Ma chi diavolo avrebbe mai creduto alla storia del demone che mi aveva costretto a rubare un diamante milionario? Nessuno, e io non potevo fare nient’altro che lasciarmi usare. Arrivammo alla stanza fingendoci degli addetti delle pulizie, così superammo i primi ostacoli dati dalla sorveglianza ai piani, e riuscimmo a portare le taniche a prova di acido con aspiratore. Trovare quella roba è stato terribilmente dispendioso, ma non in termini di denaro, ovviamente.
Travestite anche quelle taniche da nostro equipaggiamento da pulizia, non destammo sospetti, io e Leda. Grado stava agendo da talpa in mezzo alle guardie, per modificare i filmati delle telecamere di sorveglianza. Una volta che Grado ci comunicò la riuscita della sua infiltrazione, cominciammo a lavorare. Come prima cosa, misi del ghiaccio secco spray sui sensori della gabbia, in seguito allacciai la prima delle taniche al bocchettone dell’acido, sperando che fosse pieno fino all’orlo. Così era, fortunatamente. Dunque, presi ad aspirare il liquido dalla gabba, finché non furono piene tutte le taniche. Fortunatamente per noi, eravamo riusciti ad abbassare abbastanza il livello dell’acido per poter prendere il diamante senza fonderlo, una volta distrutta anche la seconda teca. Mi preparai, togliendomi la giacca della tuta da lavoro e rimboccandomi le maniche della maglietta nera fin sulle spalle - Bene. Adesso comincia la parte più dura. -
- Perché, quella di prima? - chiosò sarcasticamente Leda, accertandosi che non ci fossero guardie. Mi connessi con Grado, facendomi dare i tempi - Abbiamo ancora tre ore prima che arrivi il secondo turno di guardia. Sbrigati, amico. -
- Non ti scaldare, Grado. Sto facendo del mio meglio. In tre ore, dovrei riuscire a finire e a ripulire tutto. -
- Va bene, ma non farmi aspettare. - disse, disconnettendosi.
Sospirai per ridarmi coraggio, e mi diedi da fare. Provai a concentrarmi e ad usare l’Avanzamento, ma non ci riuscii. Diedi la colpa al troppo nervosismo e riprovai. Era strano, ma provai molte volte a distruggere il vetro, ma per una ragione o per l’altra, che entrambe mi sfuggivano completamente, non riuscii a farlo. Leda mi fece calmare, vedendomi tremare dal nervosismo.. Fu molto dolce, e riuscì nel suo intento, almeno in parte. - Adesso ci riprovo. - annuii con un gesto del capo. Presi un altro respiro d’incoraggiamento, mi sciolsi le mani, facendole ciondolare e scotendole, facendo sciogliere anche i muscoli del collo. Era il mio modo di controllare i poteri. Forse, forse… Era il momento buono… Ma ancora una volta, usai il mio potere, e feci esplodere entrambe le teche in un colpo solo, non andando a colpire alcun punto dei sensori. Nel frattempo, Leda aveva già montato l’imbracatura che le avrebbe consentito di prendere il diamante senza fatica. Con la sua sinuosità riuscì ad infilarsi in mezzo ai due buchi che avevo provocato, e ad afferrare la pietra. Uscì, e me la fece notare, entusiasta - Finalmente anche l’ultima pietra è in mano nostra! -
Sentii che il mio ospite era molto teso, ma anche felicissimo. Dissi a Leda che era tempo di andarsene - Perfetto, adesso scatta la parte finale del piano. Grado, è il tuo turno. - Grado avrebbe dovuto scambiare ancora una volta i filmati del circuito chiuso del trentesimo piano. Io e Leda prendemmo armi e bagagli, pulimmo i frantumi dei vetri e ce ne andammo, sempre con il favore del nostro travestimento - Ci rivediamo all'uscita. - dissi congedandomi da Grado.
Tutto filò liscio come l'olio, molto più del previsto. Mi confidai con Leda - E' tutto fin troppo facile. Se non mi fidassi ciecamente di voi, penserei che qualcuno mi stia tradendo. -
- E' soltanto la tua immaginazione. E' andato tutto bene perché abbiamo programmato tutto fin nei minimi particolari. - mi rassicurò Leda.
- Io mi sento poco tranquillo. - infatti, vidi dal fondo della strada un fuoristrada nero che si avvicinava a gran velocità. Riconobbi immediatamente il mio fuoristrada. Ecco l'imprevisto che il mio sesto senso prevedeva. Data la scarsissima energia magica che rimaneva al mio ospite, riuscii a liberarmi, almeno per tornare dalle mie sorelle. Presa alla sprovvista, Leda non ebbe il tempo per fermarmi, così io potei salire sulla macchina e andarmene.
- E' un piacere rivedervi. - dissi, salendo.
- Come stai, sorellina? - domandò Paige.
- Adesso sto meglio. - risposi, guardando indietro la povera Leda che cercava di far cenno al guidatore di fermarsi. Non sentivo quello che diceva, ma di sicuro era qualcosa di simile a "Fermati" o "Torna indietro".
- Ti hanno fatto qualcosa di male? Perché ti hanno rapita? -
- No, Phoebe. Non mi hanno fatto nulla. Sono soltanto stata posseduta dal fantasma di un ladro. Ti ricordi l'altro giorno, quando siamo andate a Chinatown per prendere gli ingredienti e quello strano individuo mi ha guardata negli occhi? -
Phoebe mi rispose affermativamente - Quindi quello ti ha trasmesso la tua anima senza morire. -
- Riflettendoci, dev'essere qualcosa di simile. Sono riuscita a liberarmi perché adesso lui ha esaurito la sua energia, ma potrebbe ripresentarsi. In quel caso, vi prego di aiutarmi. Adesso però andiamo a casa e facciamoci una bella dormita. Sono stanca morta. -
- Cosa ci facevi alla mostra? Era per rubare il Cuore dell'Atlantico? -
- Sì. Eccolo qua. - mostrai loro il diamante che avevo messo nel marsupio della tasca, incartato nella stagnola e inserito abilmente in una michetta farcita tonno e maionese.
- Accidenti com'è grosso. - si meravigliò Paige - Sarà più grande anche del Koh-I-Noor! -
- Il Koh-I-Noor? Ho fatto delle ricerche, e ho scoperto che vale due volte quello, ed è grosso altrettanto. Non ha impurità, il taglio è grezzo ma il suo valore è inestimabile. Se venisse tagliato, perderebbe moltissimo, per questo nessuno vuol farlo. E poi ha anche un immenso valore magico. Non so per cosa lo volesse, ma di sicuro era per farlo fruttare sul mercato nero. -
- Adesso dove lo mettiamo, quello? - fu la domanda, del tutto lecita, di Phoebe
- Per adesso lo teniamo noi. -
- Ma sei impazzita? - urlarono come un sol'uomo le mie sorelle - Ci vuoi far beccare con addosso un diamante che vale due volte il diamante bianco più grande del mondo? -
- Non ho detto che lo terremo in bacheca vicino alla pendola. Voglio soltanto dire che troveremo poi il modo di sbarazzarcene. Forse già domani mattina ci metteremo d'accordo con Morris per farlo credere recuperato. -
- Come la mettiamo col fantasma? -
Scossi la testa - Non lo so, sorellina. L'unica cosa che mi viene in mente, sono le nostre vecchie care manette. -
- Va bene. Siamo alle solite… - sospirò Phoebe, conducendoci finalmente a casa.

La mattina dopo, ci mettemmo finalmente d'accordo con Morris. Diedi a lui il diamante, raccomandandomi di fare in modo da estraniarci dalla faccenda - Per favore, inventati tutto tu. Almeno non mi verrà più l'impulso di rubarlo, se non so dov'è. -
- Non ti preoccupare, Piper. Lascia fare a me. -
- Grazie mille. -
- Grazie a te di averlo riportato. - così detto, Morris se ne andò.
Sospirai pesantemente, nervosa - Oh… Ragazzi… Sono nervosissima. Ho paura che fra poco potrei ritornare una ladra. - vidi che Phoebe stava leggendo attentamente il libro delle ombre. L'intestazione recitava, in azzurro e nero dipinti in caratteri gotici, Spiriti. - Che stai guardando, sorellina? -
- Sto cercando di trovare una formula che ti liberi del tutto dal tuo invasore. Qui dice che gli spiriti di solito muoiono se stanno per un certo periodo di tempo senza il proprio corpo. -
- Sì, questo lo sapevo anch'io. - memore di quando la creatura dell'Alchimista mi aveva preso il corpo (episodio Coyote Piper) - Ma come faccio a buttar fuori dal mio corpo quello spirito? Non posso presentargli un ingiunzione di sfratto del tribunale. -
- Abbiamo il dente avvelenato, stamattina. - chiosò Paige, rientrando dalla soffitta. Le risposi un po' duramente, e me ne scusai subito - Non è il momento di fare la spiritosa perché qui si mette in scena una tragedia! -
- Non ti agitare, sorellina. Ho trovato la soluzione. Ringraziami, su. - gongolò Phoebe, porgendomi da leggere un foglietto. Sopra aveva trascritto una parte della pagina sugli spiriti. Lessi ad alta voce - Uno spirito estraneo può essere espulso da un organismo umano attraverso un semplice rituale. Semplicemente,. Facendo distendere al centro di un cerchio di cinque candele rituali d'incenso la persona posseduta, e pronunciare le parole latine di liberazione. Ego te absolvo ex malis. Sembra facile. Facciamolo subito! - dissi, con la grinta di un ciclone, come un condottiero che da la carica ai suoi uomini.

- Siamo sicuri che funzionerà? -
- Certamente, sorellina. Abbi fiducia in chi sa evocare gli spiriti. -
- Ma se sono io che so evocarli! -
- Sottigliezze. - mi disse, schiacciandomi delicatamente la testa sul pavimento - Ora rilassati. Andrà tutto bene. -
- Speriamo… -
Non ricordo nulla. Solo, dopo qualche tempo, sentii Phoebe pronunciare le parole di liberazione, e mi sentii percorrere da un fremito, sentii venirmi la pelle d'oca - E' tutto finito, sorellina. -
Aprii gli occhi e mi guardai intorno con le pupille vispe - E' tutto finito? -
- Credo di sì. Adesso puoi pensare col tuo cervello. -
Sollevata, mi sollevai da terra, e ritornai alle faccende domestiche, ma sentendo di avere qualcosa di meno rispetto ai giorni precedenti. Forse… uno spirito di meno?

 
Scritto da MoonWalker, Daniele Folli,
Oliver Combs
, Phoebe Corr & Sirius "Phoenix" Corr


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