Streghe Italia Fan Fiction

LA QUARTA TERZA


Riassuntino: Arriva la quarta sorella...

Data: 23 luglio 2001, ore 17.22 (secondo il mio computer) - 29 Agosto 2001, ore 16.29

Adatto: J tutti, tranquilli

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito “Streghe Italia” e che tutti i personaggi di “Streghe – Charmed” sono di proprietà Warner Bros Television / Spelling Entertainment e sono utilizzati senza il permesso degli autori e senza fini di lucro.
"Charmed" is a trademark of Spelling Television Production © 2001

Nota: in questa storia è coinvolta la nuova 4^ sorella Paige, ma non ci sono spoiler per la prossima stagione visto che sono io la prima a non voler sapere troppo per non rovinarmi la sorpresa, quindi leggete senza timori, è molto improbabile, per non dire impossibile, che le cose vadano davvero così.


23 luglio
Non so cosa farei senza la musica. E' il mio rifugio. Ogni volta che sono depressa, metto su un cd, alzo il volume, e le note che escono dalle casse sembrano portarsi via tutto ciò che di male mi è successo, e ce ne da portare via… Per esempio oggi. Mi hanno appena licenziato perché secondo il mio capo rompere dei bicchieri mentre servi in un locale pieno di gente, dove non si passa nemmeno, è un peccato quasi mortale. La verità è che mi aveva assunto sua moglie, una brava donna, con cui ero stata tremendamente sincera riguardo me e la mia a dir poco tragica situazione. L'avevo impietosita, o qualcosa del genere, e il giorno dopo già giravo con il mio bel grembiulino a servire coke e caffè ai teenager che li avevano la loro seconda casa o ai turisti sfaccendati che si soffermavano per una semplice pausa. A lui, però, al grande capo, non ero mai piaciuta, così ha preso al volo l'occasione dei bicchieri rotti, e ora sono di nuovo in mezzo a una strada. Come se non bastasse sono rientrata a casa e tra la posta, oltre alle varie pubblicità e gli improbabili biglietti "Complimenti lei ha vinto una crociera alle Bahamas", mi sono ritrovata una bolletta stratosferica del telefono, colpa di quella sottospecie di studentessa che divide l'appartamento con me. Ovviamente, visto che la precedentemente citata, è sparita nel nulla assieme alla sua fiamma della settimana senza lasciare un recapito ne tanto meno la sua parte dell'affitto, sarò costretta a pagare io.

Mi stendo a letto e chiudo gli occhi. Con lo stereo al massimo e i Blink 182 che sconquassano le mura del mio fragile appartamento, non sento quasi le urla dei miei vicini che minacciano di rivolgersi all'amministratore se non abbasso subito quel coso. 
Non me ne importa niente, tanto con la fortuna che mi ritrovo, sarò sfrattata in ogni caso entro due giorni, per cui tanto vale dare un motivo a quegli insipidi vecchiacci dell'appartamento 3C, per farmi cacciare.

24 luglio
Puntuale come la morte, un tipetto basso, con gli occhi piccoli e vispi che si nascondono sotto spesse lenti da vista, bussa alla mia porta. Io ancora assonnata mentre mi stropiccio gli occhi, apro, lo vedo e lo invito ad entrare. Non mi preoccupo di fare bella figura o di sembrare un'inquilina decente, so già che porta la lettera di sfratto in quella sua consunta valigetta di pelle. Infatti lui, stando fermo sulla soglia della porta, apre il suo arnese da lavoro e ne estrae un foglio ben ripiegato. "Mi dispiace signorina, ma gli altri coinquilini continuano a lamentarsi di lei, e io stesso ho appurato ieri sera che ha deliberatamente e in maniera prolungata violato le regole di condominio. - …deliberatamente e in maniera prolungata… tanti paroloni per uno stereo un po' più alto del normale - La invito pertanto ad andarsene entro tre giorni o sarò costretto a chiamare la polizia." "Tre giorni - ripeto lentamente - sissignore, tre giorni. Tre giorni per riprendermi baracca e burattini e trovarmi un altro posto dove stare. Tre giorni. Beh si, mi pare un tempo più che sufficiente, non pare anche a lei?" Gli rispondo sarcastica sperando di strappargli almeno un'ultima occhiataccia e di lasciargli un brutto ricordo di me vita natural durante (non ci tengo proprio ad essere ricordata bene da avvoltoi come lui), e invece lui sorride, malignamente sorride, gira i tacchi e mi lascia sulla porta. Mi ha appena buttato in mezzo una strada, e sorride.

25 luglio
Ho impachettato tutto. In fondo non è che ci fosse molto lavoro da fare: tre borse, piccolo stereo compreso. Ho anche già salutato i pochi amici che ho da queste parti. Rose e Julian erano davvero dispiaciuti che me ne andassi. Si sono offerti di ospitarmi, di darmi una mano finché le cose non si sarebbero rimesse a posto, ma ho rifiutato. Voglio cambiare vita, completamente. Voglio andare in un posto dove nessuno mi conosca e ricominciare da capo, buttarmi alle spalle tutto ciò che Los Angeles porta con se, specialmente i brutti ricordi. Me ne vado, verso dove ancora non lo so, probabilmente fino a dove i miei ultimi risparmi mi porteranno, comunque il più lontano possibile. 
Esco dal mio appartamento sbattendo la porta. Queste quattro mura che temporaneamente ho considerato come casa mia, sono un'altra delle cose che non rimpiangerò di sicuro. Mi immergo nel mare di gente sul marciapiede e mi lascio trasportare dalla corrente fino alla stazione.
Nessuno mi nota mentre vado al banco ed estraggo quasi tutti i miei soldi chiedendo al incaricato dove posso arrivare con quella somma. Lui mi guarda con un'espressione triste, ha capito che sto scappando e mi compatisce. Conta i soldi rapidamente con lo sguardo e poi da un'occhiata ai suoi fogli. "San Francisco" Dice. Io guardo la cartina dell'America che lo sovrasta sulla parete. Ok, San Francisco è abbastanza lontana. "Va bene, un biglietto, allora!" "Ne è sicura?" Mi chiede come se in qualche modo tentasse di rimettermi su quella che crede la giusta strada, e io gli lancio la più dura occhiata ma-fatti-gli-affari-tuoi di cui sono capace. L'impiegato, leggermente irritato si gira, stacca un biglietto e me lo porge. Poverino, magari lui intendeva solo fare la sua buona azione quotidiana e io sono stata così maleducata… il fatto è che non voglio la compassione degli altri, e non voglio nemmeno essere la cattiva ragazza che loro rimettono sulla retta via per sentirsi bene con se stessi ed essere orgogliosi di aver salvato un'altra anima dalla perdizione. No, mi dispiace, ma ho già dato: ho già avuto la mia schiera di pretendenti angeli custodi e non è stata una bella esperienza.
Salgo sul treno che poco dopo parte.
Seduta sul sedile, osservo i miei due compagni di scompartimento: una suora intenta a leggere quella che mi sembra la biografia di S.Francesco, e un uomo anziano che sonnecchia tranquillamente. Mentre comincio a diventare invisibile, dirigendomi verso un posto che non ho mai visto e in cui non conosco nessuno e niente, mi domando se quello che sto facendo è solo un'altra pazzia e se sto buttando alle ortiche tutto quello che ho fatto in questi ultimi tempi. Beh la risposta è si, e lo faccio consapevolmente. Cosa farò quando sarò a San Francisco? Ci penserò quando il treno si sarà fermato. E' tardi ormai e io mi lascio andare a uno dei miei soliti sonni senza sogni. 

Dopo quelle che mi sembrano interminabili ore passate a guardare oltre il finestrino, finalmente arrivo alla mia meta. Scendo in una stazione brulicante di persone, dall'atmosfera tipica ti ogni città americana, con gente che mi urta da destra e sinistra mentre io, ferma, cerco di pensare a un posto dove andare. Visto che non conosco proprio niente, decido di seguire la corrente e andrò dove le mie gambe mi porteranno.
Appena uscita dalla stazione mi infilo un po' clandestinamente su un autobus e scendo appena un uomo che sembra il controllore comincia a fare il giro dei passeggeri. Da qui in poi proseguo dritta cercando di uscire dall'ombra dei grattacieli che mi sovrastano. Devo allontanarmi un po' da questi quartieri alti che non fanno proprio per me. Così cammino, e continuo a camminare finché gli enormi edifici sono solo uno sfondo alla sera che sta calando. Trovo una chiesetta ancora aperta e decido che non sarà la suite reale, ma per la notte posso accontentarmi. Mi rintano in un angolino, invisibile anche agli occhi del parroco che mi passa accanto senza vedermi e esce chiudendo la porta a chiave dietro di se. Per lo meno questa notte non dovrò temere visite indesiderate.

26 luglio
Sono svegliata dai clang della chiave nella serratura. Inizialmente spaesata, riprendo subito le redini della situazione non appena la testa del parroco fa capolino dentro la sua chiesa. Afferro al volo le mie borse e mi precipito fuori urtandolo leggermente prima ancora che quel povero cristo abbia il tempo di rendersi conto di cosa sta succedendo. Corro, corro finché tra me e lui non c'è abbastanza strada. Appena mi fermo lo stomaco comincia a brontolare: in effetti è un po' che non mangio, escluse merendine e porcherie varie dei distributori automatici alle stazioni, quindi credo che mi fermerò a fare un posto come si deve. Quasi in risposta alle preghiere che ancora non ho detto, mi accorgo che poco più avanti c'è un bar che sembra fatto apposta per soddisfare il mio stomaco. Entro. Il locale è praticamente deserto e non vedo come non dovrebbe essere così visto che sono appena le 9 di mattina. Mi siedo al tavolo e una cameriera con l'aria ancora un po' assonnata mi si avvicina. E' giovane, una faccia allegra e sulla targhetta che porta sulla divisa, leggo il nome: Phoebe. "Buongiorno, cosa ti porto?" "Emh vediamo… per cominciare un due toast, succo di frutta e se avete, anche una fetta di crostata." Lei mi guarda per un attimo ma non è stupita più di tanto, e capisco che ha ricevuto ordinazioni più strane della mia, infatti mi fa un breve sorriso e poi passa l'ordinazione dietro il banco.
Mangio volentieri e. visto che Phoebe sembra particolarmente cordiale, le domando un paio di informazioni. "Scusa… Phoebe, giusto?" "Si?" "Sapresti dirmi dov'è l'università da queste parti?" Mi guarda un po' stranamente e chiede "Non sei di qui, vero?" "No, sono appena arrivata da LA e sta cercando un lavoretto, e ho pensato che magari sulle bacheche trovo qualcosa!" "Beh, quello è il posto giusto. Senti… - Continua guardando dietro di se verso l'uomo dietro il bancone - …anch'io ho degli affarucci da sbrigare laggiù, se mi aspetti un attimo e se riesco a convincere il mio capo a lasciarmi andare per un'oretta, ti ci accompagno io!" 
Davvero non mi aspettavo tanto. Normalmente sarei diventata sospettosa in simili circostanze, ma ho da poco deciso di cambiare vita, e ho anche deciso di dare un po' più di fiducia agli altri. "Ok" Le rispondo semplicemente. Vedo che va verso l'uomo di mezza età che già la guarda con sospetto, probabilmente perché ha sentito stralci della nostra conversazione. Parlano un po'. Lei gesticola animatamente e assume un atteggiamento quasi bambinesco. Dopo un paio di tentativi e smorfie di tutti i generi l'uomo sbuffa, fintamente irritato, e la lascia andare.
Phoebe torna da me raggiante e, appena siamo fuori dal locale mi dice. "Tom sembra un burbero, ma ha un cuore d'oro!" Mi accompagna verso la sua auto e ci dirigiamo all'università.

Parliamo più o meno per tutto il tragitto. Di cosa? Beh, un po' di tutto, in particolare poi mi lei comincia a snocciolare tutta una serie di nomi, posti e locali che devo assolutamente vedere, e più di una volta si sofferma su un certo P3. Dice che è veramente fantastico ed è una tappa obbligatoria se ci si vuole divertire da queste parti. Non si può certo dire che questa Phoebe sia una tipa timida, anzi… e fra l'altro è anche abbastanza simpatica. Se ne avremo l'occasione, credo che diventeremo amiche. "Ecco, siamo arrivati! - Mi annuncia posteggiando l'auto in uno dei pochi posti liberi proprio davanti all'entrata. - Vieni, io devo andare agli uffici per sistemare delle carte, e le bacheche sono proprio li accanto!" Così la seguo ancora, tra un labirinto di corridoi in cui credo di perdermi, fino ad arrivare alle meta. Mi fermo e do un'occhiata alla miriade di bigliettini che vi sono affissi. Lei mi batte gentilmente sulla spalla. "Senti… cavoli, non so nemmeno il tuo nome!" "Ah già, scusa, io sono Paige" "Paige. Ok, beh Paige, io devo andare. Spero che troverai quello che cerchi." "Si, lo spero anch'io. Grazie mille" La saluto e lei mi sorride di rimando. Credo che questa città mi piacerà.

Scruto tra tutti i foglietti e ne strappo un paio interessanti. Un posto come cameriera e uno proprio qui all'università. Un professore ha bisogno di un aiuto per le scartoffie e, visto che sono qui, tanto vale provare.
Dopo aver chiesto la strada, almeno per tre volte, arrivo di fronte a una porta a vetro su cui in caratteri neri, trovo scritto. 
Proff. Hans Schermanzer
Docente di storia e arti germaniche
Oh Dio, non è che sia proprio la mia aspirazione… ma un lavoro me lo devo pur trovare. Così busso, e appena ricevo risposta, entro.

La stanza è scura, con librerie che coprono interamente le pareti laterali. Di fronte a me un vecchio tavolo e un omino che sembra sprofondare nella sedia di cuoio. Lui, il professore presumo, è un uomo piccolo, con lunghi e poco curati capelli grigi; occhiali enormi, tondi, e un vestito che sembra aver passato non solo la seconda guerra mondiale, ma pure la prima. Nonostante si renda conto che io sono già nella stanza, non accenna a togliere la testa dal libro in cui e immerso. Non mi degna di un cenno. Io avanzo e già so che venire qui è stato un errore.. Finalmente, quando ormai la mia ombra ormai incombe su di lui, alza lo sguardo e per la prima volta sento la sua voce "Dunque vediamo… non è una studentessa… non è il facchino, non ne ha n'è l'aspetto, n'è tanto meno il pacco che mi deve arrivare… quindi, è venuta qui per il lavoro!" 
Bene, sono finita nell'ufficio di uno Sherlock Holmes in erba. "Ecco, si, ma forse è il caso…" "Si sieda!" Ordina. Non so bene come, ma mi ritrovo seduta, davanti a lui.

"Posso chiederle le sue referenze?" "Referenze?" "Si, ha presente quel foglio di carta in cui… ahhh, ho già capito, lasciamo perdere. Mi dica solo una cosa: perché vuole questo lavoro" Rimango un po' sconcertata da come le cose stanno andando avanti, mi sento intimorita da quella piccola figura che sembra così sicura di se e di tutto ciò che lo circonda… "E' una lavoro come un altro, e io ho bisogno di un lavoro!" Rispondo senza pensare. 
Lui sta in silenzio, non mi guarda, continua a rigirare una penna tra le dita e la debole voce della mia coscienza interiore risuona tra il vuoto della mente "Ma Brava Paige, ma allora tu non lo vuoi proprio sto lavoro? Non so, se vuoi anche insultarlo già che ci sei… E dai, un po' di spirito di iniziativa, digli che vuoi imparare qualcosa sulla Germania, digli, che so io, che vuoi farti le ossa perché speri di diventare un'insegnante… non startene zitta, qualsiasi cosa sarà meglio di quello che hai appena detto…"

"Va bene, il posto è suo!" "Come?" "Ma cos'è, pure sorda? Ho detto che ha il lavoro, comincerà da domani!" "Sul serio? Ma questo è… Fantastico!" "Si, si, lo so, lasciamo da parte queste manifestazioni di gioia, e si ricordi che lei è qui per lavorare, quindi niente ragazzi che la vengono a trovare, niente pause pranzo anche alle 8 di mattina, e soprattutto niente ritardi. Io odio i ritardi e i ritardatari! L'aspetto domani alle 8!" Dopo di che riprende in mano il libro e ci rituffa la testa. 
Io, imbambolata, rimango seduta per qualche istante ancora, ma per il professore è come se non ci fossi più. Mi alzo e raggiungo la porta. Dando un'ultima occhiata dentro la stanza mentre inconsciamente sorrido. L'aver conosciuto Phoebe e trovato lavoro così presto, mi ha messo di buon umore, forse per me le cose si stanno mettendo nel modo giusto e i pezzi della mia vita finalmente si comporranno in un puzzle.

Torno verso le bacheche che si trovano proprio vicino agli uffici, e decido di sfidare ancora una volta la mia fortuna quotidiana. Entro in una piccola stanzetta latarale dove un gruppo di tre ragazze sta bevendo un caffè. Un mi viene incontro e dopo aver scambiato quattro chiacchiere e aver firmato un paio di fogli, mi consegna un paio di chiavi, le chiavi della mia nuova stanza qui al dormitorio. Sorrido. Sorrido. Sorrido.

27 luglio
Ieri ho sistemato tutta la mia roba in camera. Momentaneamente non ho una compagna, quindi mi godo lo spazio in più e una privacy che credo durerà poco. Di sicuro in campus come questo c'è un sacco di divertimento, c'è un sacco di gente a posto, e ci sono pure un sacco di opportunità, ma con tutto questo movimento la privacy e ridotta a livelli minimi, anzi, anche più in basso! Esco dalla stanza alle 7.45 in punto: se arrivo in ritardo il primo giorno sono sicura che quel prof sarebbe capace di linciarmi viva. Mentre attraverso i corridoi mi guardo attorno: ragazzi che corrono, altri che sonnecchiano, altri ancora che portano ceste con i vestiti sporchi, un paio che si baciano in fondo al corridoio… A furia di guardare in giro, finisco dritta addosso a qualcuno. Alzo lo sguardo che ho già cominciato la mia tiritera di scuse, quando vedo con chi mi sono scontrata.

"Beh, a quanto pare il lavoro l'hai trovato, o sei una clandestina?" "…Ciao Phoebe" "Ciao" "Scusa sai, ma stavo guardando in giro…" "Si, anch'io, anzi per essere più precisa stavo guardando quel tipo coi boxer…" Sorrido e anche lei. "Andavi da qualche parte?" Mi chiede "Si, dal prof di storia e arti germaniche, è lui che mi ha assunto!" "Quel tiretto strambo?" "Già, proprio lui!" "Beh… in fondo è un lavoro, no?" "Si. Momentaneamente può anche andare!" "Ti spiace se ti accompagno? Ero passata a vedere di alcune mie amiche, ma loro non ci sono, e non saprei proprio cosa fare per riempire il tempo da qui alla mia prima lezione." "Figurati! Anzi, mi faresti un piacere, non mi sento molto tranquilla con quel prof, non so bene perché, ma non è proprio quella che si direbbe una persona rassicurante…"
Mi sorride di nuovo. E' strano, mi sento legata a questa ragazza: è stata così gentile con me, e sembra così sincera e disinteressata… Non so, ma credo di potermi fidare, credo che se mai qualcosa non dovesse andare per il verso giusto, sarebbe con lei che vorrei parlarne! 
Ci incamminiamo verso gli uffici dei professori. Lui, il Furher (Phoebe mi ha detto che è soprannominato così per i suoi modi dittatoriali con tutti), è sulla soglia della sua stanza; guarda l'orologio che porta nel taschino. "Puntuale, bene! - Mi dice senza neanche accennare a un saluto - io ho lezione, le ho lasciato un foglio con gli incarichi per questa mattina!" Conclude andandosene immediatamente. Io e Phoebe rimaniamo li. Zampettando con una strana andatura dinoccolata, quasi ipnotica, il Furher si allontana. Lo fisso per qualche istante prima di riscuotermi improvvisamente. "Sarà meglio cominciare!" Dico e mi metto immediatamente all'opera. 

Phoebe è molto più che un ottimo aiuto, mi risulta addirittura indispensabile. Qua dentro sembra conoscere tutti e sembra che tutti le siano sinceramente affezionati. Mi presenta un paio di persone in segreteria, un altro paio negli uffici degli altri professori, e in men che non si dica, mi sento come se fossi a casa. Dopo un'oretta, o già di li, mi lascia per la sua lezione di filosofia con la faccia tragica di chi si avvia al patibolo, dal che intuisco che preferiva mille volte di più starsene qui con me e per certi versi la capisco… Affrontare un'ora di strazianti teorie sull'inutilità umana accompagnate da considerazioni pessimistiche riguardanti ogni campo dello scibile possibile, distruggerebbero anche la mente più positiva!
Lavoro instancabile nel lugubre santuario di quel fastidioso omino mentre le ore passano, anche se lentissime. Alla fine la magra figura torna a fare capolino sulla soglia del suo ufficio "Ha finito?" Mi domanda seccamente. "Certo, questi erano gli ultimi fogli da sistemare!" Gli rispondo cercando di essere cortese. Tutto inutile. "Allora se ne vada!" Mi risponde sgarbatamente lui. "Come?!?" "Se-ne-vada! - Sillaba - Sloggi, tolga le tende, muova il sedere… vuole che glie lo scriva da qualche parte?" La rabbia mi sale dentro e sento che solo una mano divina mi sta trattenendo dal saltare sopra quell'insignificante ometto e farlo a pezzettini. "Fuori di qui! - Mi ripete più calmo con un sorriso falso e… unto, quasi come i suoi capelli - E sia puntuale domani mattina!" Conclude col tono con cui si parla ai bambini. "Ma sta scherzando?" Gli chiedo esterrefatta. Attendo una sua reazione e lui che fa??? Alza la testa e mi guarda come se fossi una pazza. Ma dico… la pazza secondo lui dovrei essere io? Certo che di gente strana al mondo ce n'è… "Sa che le dico? Non è stato per niente un piacere lavorare per lei… Addio Furher!" Concludo abbozzando un saluto militare, dopo di che me ne vado sbattendo la porta dietro di me.

Idiota, idiota che non sono altro. Ho disperato bisogno di un lavoro, ne trovo uno tutto sommato anche comodo e io che faccio? Dopo un giorno lo mollo. Idiota, sono un'idiota! E adesso, da che parte ricomincio? "Hai finito?" "Eh?" La voce mi giunge nel mezzo dei miei traumatici pensieri. "Hey, Page, ci sei?" "Phoebe, scusa ero…" "… con la testa tra le nuvole, si ho visto! - conclude lei - Allora, hai finito il lavoro per oggi?" "Veramente mi sono appena licenziata!" "Davvero?" "Già. Non dirmi che sono un'idiota, lo so da me!" "Ma no, figurati, mi stavo giusto domandando come potessi stare con quel tipo…" Poi, intuendo che ho il morale sottozero dopo questa mia ennesima cavolata, se ne esce fuori con un invito. "Senti, io sto andando a casa mia a pranzare, perché non vieni anche tu? Ti faccio conoscere mia sorella, ha un locale qui in città, magari ti può assumere come cameriera, almeno temporaneamente" "No grazie… non voglio essere di peso!" "Ma dai… sapessi quanti problemi le do io come sorella… è abituata a risolvere i guai, e per esperienza ti posso dire che li risolve anche bene." "Ma io…" "Te l'ho già detto che non accetto 'No' come risposta?" "In questo caso…" "Perfetto, vieni, ho l'auto qua davanti!"

Mezz'oretta di auto e poi Phoebe si ferma di fronte a una bella casa vittoriana in un quartiere abbastanza lontano dai palazzi per essere tranquillo, ma non così lontano da non poter usufruire a pieno dei vantaggi che una città come San Francisco può dare. "Eccoci, questa è villa Halliwell!" Mi dice mostrando con un ampio gesto la casa. Entro un po' intimorita dall'antico edificio. L'interno è ordinato, lindo, e mi vergogno un po' pensando al casino del mio vecchio appartamento. Fortunatamente i modi di Phoebe mi rimettono subito a mio agio. "Pipeeeeer" Urla per la casa. "Sono in cucina!" Le risponde di rimando un voce. Io la seguo e lei mi conduce in una stanza li accanto.

"Ciao sorellina!" "Phoebe, ti sembra questa l'ora di arrivare? Lo sai che dobbiamo… Ah, ma non sei sola!" "Salve" Abbozzo un saluto un po' imbarazzato "Dunque, mi sembra giunto il momento delle presentazioni. Paige questa è mia sorella Piper; Piper, questa è Paige!" "Paige? Intendi…" La sorella di Phoebe sembra conoscermi, almeno di nome, ma non riesco a capire se questa è una buona cosa oppure no. "Si, è proprio lei! - La interrompe Phoebe, poi, rivolta a me, continua - Spero non ti dispiaccia, ma le avevo parlato di te!" "Figurati" "Perfetto. Che ne dite di pranzare? Ho una fame da lupi!"

Seduta a tavola, mi sento un po' come nella famiglia che non ho mai avuto. Piper e Phoebe scherzano continuamente, si lanciano occhiate d'intese e si capiscono senza dover parlare. Hanno un'intesa così perfetta che non può essere frutto solo di una pacifica convivenza tra sorella, è qualcosa di più, un legame molto forte, che non riesco a capire a pieno. Comunque la cosa che mi piace di più, è che sia Phoebe che Piper, nonostante mi conoscano da pochissimo, mi coinvolgano sempre in quello che dicono e fanno, cercando di farmi entrare nel loro piccolo cerchio come nessuno aveva fatto prima.

A metà del pranzo un ragazzo che sembra sbucato dal nulla, fa la sua apparizione in cucina. "Leo?" "Salve ragazze sono venuto… - Si blocca guardandomi - Scusate, non sapevo…" "Non ti preoccupare Leo, lei è Paige!" "Piacere!" Mi alzo e gli tendo la mano. La prende e al suo tocco forte e al contempo delicato, sento una strana sensazione di caldo che mi attraversa il braccio per poi diffondersi in tutto il corpo. Rimango imbambolata mentre sul suo volto compare un sorriso talmente dolce che quasi mi sento svenire: se esistono gli angeli, lui di sicuro è uno di questi! "Paige, è un piacere conoscerti!" Balbetto qualcosa di rimando, forse una cosa tipo "Sono felice anch'io!", poi lui lascia la mia mano e bacia teneramente Piper. Fine del sogno. D'altronde, non potevo sperare che un ragazzo del genere fosse ancora libero! 

A questo punto Phoebe, anche per lasciare un po' di intimità ai due piccioncini, si alza, e mi invita in sala a fare due chiacchere. Parliamo per pochissimo, forse nemmeno dieci minuti, quando Leo compare sulla soglia della sala con un'aria seria. Chiama da parte Phoebe e i due confabulano a bassa voce per un po'. Nonostante so che non dovrei farlo, rimango a fissare il viso di Leo. Ora che è serio, quasi rammaricato, penso che un viso come dolce come il suo dovrebbe sempre e solo sorridere. La tristezza non è ciò che degli occhi azzurri e limpidi così, si meritano. Imbambolata a guardare lui, non noto che la sua discussione con Phoebe è finita fino a quando lei non si torna a sedere accanto a me. Non sorride più, e sullo sfondo posso vedere Piper e Leo in piedi sulla soglia che ci guardano. Guai in vista.

"Paige, ti fidi di me?" "Cosa?" "Ti fidi?" "Ma cosa sta succedendo?" "Senti, quello che sto per dirti… o cavoli… potrebbe sembrarti strano, molto strano, ma è la verità, devi credermi!" 
Ops. Il vento è cambiato velocemente e ora mi sembra di sentire odore di bruciato. Il mio cervello, abituato da tante esperienze passate a fiutare i pericoli e a farmi girare i tacchi prima che le cose si mettano troppo male, mi lancia un primo avvertimento. Phoebe continua, anche se con un po' di tentennamenti. "Vedi, il fatto che noi ci siamo incontrate, non è poi così casuale." "No?" "No, non proprio. Noi… cioè… tu, io e Piper, beh, siamo sorelle!" "Cosa???" "Paige, tu non hai mai conosciuto i tuoi genitori, vero?" "Che scherzo è questo Phoebe, non mi piace, smettila immediatamente!" "Non è uno scherzo! Nostra madre ha avuto una relazione con un ang… con Sam, e tu sei il frutto del loro amore. Purtroppo lei è morta poco dopo e noi non abbiamo saputo niente di te, fino a qualche giorno fa!" 
Rimango zitta. Che faccio, gli credo o no? "E allora come sapete che io… cioè che noi…" Domando confusa. "Leo - Risponde Piper dalle retrovie - è stato lui a dircelo. Poi, Phoebe ha avuto una premonizione e…" "Ha avuto cosa???" "Ehm già, - riprende Phoebe - ci sarebbe un'altra piccola parte di storia. Noi, e intendo anche te, siamo streghe!"
Basta, questo è troppo. Mi alzo di scatto ed esco dalla stanza. "Phoebe, io non so cosa tu creda di essere, o chi credi che io sia, ma io so benissimo chi sono. Non sono una strega, e non sono tua sorella!" "No Paige, aspetta…" Ma io corro via e lei non mi raggiunge.

Corro, poi cammino, poi mi fermo. Sono in un parco, alberi generosi di ombra sembrano invitarmi a seder sotto le loro chiome e io non li faccio attendere. Ho bisogno di pensare un po'.
Per una volta, una sola volta che mi fido di una persona, questa deve essere una pazza psicopatica? Ma perché, perché succedono tutte a me? Insomma, non sarò l'esempio di virtù per eccellenza, ma non ho mai fatto male a nessuno, perché devono tutti accanirsi con me, perché non prendersela ogni tanto con qualche bel figlio di papà che non sa cosa fare tutto il giorno… "Paige? - Oh no! - Paige?" "Cosa vuoi." Domando secca "So che non è facile, ma tu sei veramente..." "Lo so io cosa sono, una povera stupida che vi ha dato retta anche troppo. Vattene!" "Non posso!" "Bene, allora me ne vado io!" Mi alzo e con passo spedito comincio a dirigermi verso la parte più interna del parco alla ricerca di un posto dove potermi nascondere da tutto e tutti, ma lui mi segue. Sento che mi chiama così comincio a correre. Gli alberi scorrono ai miei fianchi ma mi sembra di restare ferma. Poi una radice di troppo e mi ritrovo di stesa a terra: caduta come una bambina, proprio quello che ci mancava. Leo mi raggiunge "Tutto a posto?" "Si, tutto a posto! - Gli rispondo secca mettendomi a sedere - Sei contento ora?" "Cosa hai fatto alla mano?" "Eh? - Mi guardo e vedo che è sporca di sangue - Niente, è solo un graffietto, non morirò dissanguata, non aver paura!" "Aspetta fammi dare un'occhiata" "No, non serve" ma prima che io possa rifiutare ancora lui mi prende la mano. Ci posa sopra la sua e subito una luce giallastra la copre. Sotto il mio sguardo incredulo il graffio si rimargina da se con una velocità incredibile. Ritiro la mano di scatto. "Ci credi ora?" Mi chiede lui sorridendo.

Ancora non sono convinta di quello che sto facendo. Magari ho avuto una specie di allucinazione, magari era solo un gioco di luci… Già, ma la ferita si è guarita veramente… Forse sono stata drogata… Magari sto sognando, un sogno molto realistico… Forse… Non lo so. Forse devo solo tornare a casa loro e aspettare che mi spieghino cosa sta succedendo… Forse le streghe esistono veramente… No!

Leo mi accompagna fin dentro la casa. Piper e Phoebe sono sedute in sala, in evidente stato di agitazione, Phoebe in particolar modo. "Meno, male Paige, stai bene?" Chiede raggiungendomi immediatamente. Non rispondo, non voglio avere altri contatti con lei finché non sarò sicura che non è una psicopatica scappata da un manicomio. Lei intuisce tutto ciò e si ferma a un passo da me, con gli occhi tristi, evidentemente rammaricata da questo mio distacco. "Come preferisci - Mi dice - Ma almeno vieni di la in sala che finiamo di parlare" La seguo, mi siedo sul divano, e ascolto.

Dopo un iniziale silenzio, lei e Piper si alternano raccontando una storia a dir poco incredibile. Mi dicono, con gli occhi lucidi, di un certo Potere del Trio, andato distrutto con la morte di Prue, la loro sorella. Mi parlano di certi 'Loro', che a quanto pare controllano la loro vita, e pure la mia, e di come hanno tenuta nascosta la mia esistenza per tutto questo tempo, tenendomi come una specie di ruota di scorta (anche se non usano proprio questo termine, il significato è questo). In pratica questi 'Loro' essendo consapevoli della mortalità del Potere del Trio, si erano voluti premunire con una quarta strega pronta a prendere il posto della prima delle tre che se ne sarebbe andata al creatore. Mi dicono che è normale che sia scioccata, che anche loro hanno avuto delle difficoltà all'inizio, ma che poi ci si abitua, e per certi versi è anche divertente.
Finito il loro discorso, rimangono a guardarmi in attesa di una mia reazione. Non so che pensare… Forse ci potrebbe essere un filo logico sotto tutto questo, se solo non fossero solamente parole, se solo ci fosse una…
"Una prova" "Cosa?" "Datemi una prova" Domando. "Non ti basta quella di Leo?" "No - Rispondo secca - Se voi siete streghe, avrete poteri, o qualcosa del genere, no? E se lo sono anch'io…" "Giusto, è la parte più importante! - Mi interrompe Phoebe - Comincio io. Ho il potere di vedere nel futuro e nel passato, ma molto raramente riesco a controllarlo, è un potere passivo che mi colpisce senza preavviso, e a volte non è per niente piacevole. Comunque da un po' di tempo ho acquisito anche un potere attivo, sono in grado di volare, più o meno, - aggiunge sorridendo - più che altro vado a sbattere contro i soffitti o cose del genere, devo ancora impratichirmi un po', ma sono in grado di darti un piccolo assaggio" Così dicendo chiude gli occhi e dopo qualche istante il suo corpo si libra in aria. Sgrano gli occhi, paralizzata da terrore e ammirazione, ma subito mi costringo a tornare con i piedi per terra, non è la prima a librarsi in aria, lo ha fatto anche Copperfield, magari c'è il trucco…
Quindi mi rivolgo a Piper, con faccia quasi annoiata, mentre Phoebe, delusa dalla mia mancata reazione, torna a terra. "E tu, Piper, anche tu hai un potere?" Invece di rispondermi, mi da un ordine "Gettami un cuscino!" "Come scusa?" "Beh, lo vuoi vedere il mio potere o no? Gettami un cuscino!" Così ne prendo uno dal divano e lo lancio. Piper alza le mani e questo si blocca istantaneamente in aria. "Come…?" "Io posso fermare il tempo, non per molto, ma abbastanza in ogni caso." Mi risponde mentre giro attorno all'oggetto in aria, cercando possibili trucchi, fili, o che so io. Niente.

"Non ti vedo ancora convinta" Dice Leo avvicinandosi e dando il primo contributo alla conversazione. "Potrebbe esserci un trucco che io non riesco a scovare!" Gli rispondo fredda. "Più che giusto: puoi dubitare degli altri, ma dubiterai anche di te stessa?" "In che senso?" "L'hai detto tu prima, se sei anche tu una strega, hai anche tu dei poteri. Non vuoi vedere quali?" Incuriosita annuisco. Da sopra le nostre teste giungono dei suoni di campanellini e Leo sorridente mi dice "Hanno liberato i tuoi poteri!". Io non capisco bene cosa stia succedendo, ma di sicuro se questo è tutto un bluff, hanno speso una fortuna in effetti speciali!

"Concentrati. Le prime volte non sarà facile, poi man mano, con l'esercizio, diverrà una cosa naturale! - Mi dice Leo prendendo posto dietro di me e mettendomi le mani sulle spalle - Per prima cosa chiudi gli occhi. - Obbedisco - Senti che c'è qualcosa di diverso ora in te?" "Si" Rispondo senza rendermene conto. La cosa più spaventosa non è il controllo che ha questo ragazzo su di me ora, ma piuttosto il fatto che questa nuova sensazione dentro di me la sto sentendo realmente, e mi spaventa.
"Non aver paura, è una parte di te, è una cosa che hai sempre avuto, solo che non te ne sei mai resa conto." La sensazione, nata come un puntino quasi impercettibile, cresce lentamente e sembra riempirmi il corpo. La sento invaderemi le braccia e le gambe, la sento giungere fino alla testa, e so che questi tre non mi stanno mentendo. "Ci sei?" Mi domanda finalmente Leo "Si"

Apro gli occhi e mi guardo le mani, sembra quasi che non siano più le mie. Piper e Phoebe sorridono, consapevoli che finalmente anch'io so la verità, fuor di ogni dubbio.
Strega. Chi l'avrebbe mai detto.
Faccio una prova, la prova del fuoco, così che anche la parte più razionale di me si convinca di quello che la mia parte istintiva ha già capito e assunto come verità immodificabile. 
Il cuscino che Piper ha bloccato è ancora a mezz'aria. Lo guardo, intensamente. Nell'aria si sparge odore di fumo, e dalla piuma all''interno si alza una striscia di fumo, che cresce, cresce sempre più, finché le fiamme fanno capolino anche all'esterno del cuscino e lo bruciano completamente, lasciando solo cenere.

D'improvviso mi rendo conto di quello che ho fatto. E' come se fino ad adesso fossi stata sotto effetto dell'ipnosi. Qualcosa dentro di me mi diceva cosa fare e come farlo, e senza un apparente spiegazione ho incendiato un cuscino. Sconvolta, fisso ancora l'aria davanti a me quando Phoebe corre ad abbracciarmi. "Paige…" Sussurra stringendomi e poco dopo Piper si unisce a lei.

28 luglio
Ieri Phoebe ha insistito perché mi sistemassi subito a casa con loro, così siamo andati a prelevare la mia poca roba al dormitorio, e poi lei e Piper mi hanno aiutato a sistemarla in quella che è la mia nuova camera, la vecchia stanza di Prue. Non ho potuto fare a meno di notare i loro sguardi mentre io spostavo le cose vecchie per far posto a quelle nuove. Non deve essere facile per loro. 
Comunque nonostante la situazione alquanto strana, devo dire che Phoebe e Piper si sono dimostrate incredibilmente gentili e affabili, Phoebe in particolar modo, per non parlare poi di Leo.
Mi hanno detto che lui è il nostro Angelo bianco, mi hanno detto che lo era anche il mio vero padre Sam, mi hanno detto talmente tanto cose che faccio persino fatica a ricordarmele. Ma so che ci sono cose che ancora non mi hanno detto, e per ora a me va bene così. Ho già il mio bel daffare a riordinarmi le idee con queste informazioni, non ne voglio altre, non ancora.

Oggi Phoebe vuole cominciare delle lezioni con me. Dice che devo impratichirmi al più presto dei miei nuovi poteri perché se i demoni si accorgessero di questo stato di vulnerabilità del Trio, per noi non ci sarebbe scampo.
Eh già, perché dopo l'aver accettato di essere una strega e di avere sorelle praticamente sbucate fuori dal nulla, devo accettare anche l'esistenza di demoni, stregoni e varie creature del male che attaccano streghe buone o semplici mortali innocenti. 
Così da un giorno all'altro da tranquilla ragazza impegnata solo ad arrivare al giorno successivo, mi ritrovo immersa nel ruolo di salvatrice del mondo: una specie di Superman senza calzamaglia, uno Zorro senza mascherina, anzi, visto il contesto, credo sarebbe meglio paragonarmi a Dylan Dog. Comunque sia, ormai non posso tornare indietro, quindi non mi rimane che andare avanti

Phoebe mi fa esercitare con i miei poteri, sfoglia con me il Libro delle Ombre cercando di farmi memorizzare i demoni che vi sono rappresentati perché, a sentir lei, potrebbero materializzarsi da un momento all'altro. Mi parla di fantasmi, Wendigo, Grimlock, stregoni di ogni genere e streghe cattive altrettanto temibili, mi racconta persino dei 4 cavalieri dell'apocalisse; mi avverte che le mie più intime paure prenderanno forma davanti ai miei occhi, ma per qualche strana ragione non ho paura, o meglio, non ne ho tanta quanta ne dovrei avere, perché finalmente ho una famiglia, e sono sicura che in tutta questa storia guadagnerò molto di più di quanto potrei perdere.

 
Scritto da Flond

P.S. Il titolo riprende quello di un racconto del maestro Stephen King, vediamo se qualcuno lo riconosce...


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