Streghe Italia Fan Fiction

L'ORA DI PAIGECOCK


Breve riassunto: Episodio speciale di "Streghe"! Paige diventa per un'ora detective privato e si prodiga a risolvere un caso di eredità ed omicidio.

Data di composizione: 27/7/2002 – 29/7/2002

Valutazione del contenuto: Adatto a tutti.

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito Streghe Italia e che tutti i personaggi della serie Streghe/Charmed sono di proprietà della Warner Bros. Television/Spelling Entertainment e sono utilizzati senza il consenso degli autori e senza fini di lucro.


All'inizio si riesce a vedere soltanto una persona di spalle che sta lavorando ad un computer. Aspetto magro, lunghi capelli corvini. Dopo alcuni istanti, fa girare la sedia per computer sulla quale è seduta. Riconosciamo l'aspetto emaciato, dolce e al contempo inquietante, di Paige, che sorride maliziosa - Buonasera, signori. - ci accoglie, in tono provocante.
- Paige! Con chi stai parlando? - la voce di Piper fa capolino ai microfoni della stanza.
- Non adesso, sorellina… - la rimprovera, imbarazzata - Sto in televisione, devo presentare l'episodio speciale di Streghe. -
- L'episodio speciale era oggi? Porcaccia la miseria, me n'ero completamente scordata, cavolo! Aspettate, aspettate! Ora mi vado a preparare, giusto un attimo e sono da voi! -
Paige si terge il sudore da imbarazzo con un fazzoletto, cercando di mantenere un aspetto decoroso. Riprende il discorso lasciato in sospeso - Per la seguente ora verrà trasmesso uno speciale episodio del telefilm Streghe, e tratterà di… - Phoebe si piazza davanti alla telecamera, bloccando del tutto la visuale - Ti sei messa a parlare da sola? -
- Ma… Phoebe! Ti sei messa proprio davanti alla telecamera! -
- Come, telecamera? - Phoebe si gira di scatto, e vedendo gli impianti inizia ad innervosirsi, come se avesse un attacco di panico da palcoscenico - Oh mio dio. Vuoi dire che… -
- Sì, sorellina… - risponde Paige a denti stretti, quasi in un ringhio - L'episodio speciale è oggi. -
Phoebe viene presa dal panico, e scappa via come il vento - No, non riprendetemi, devo andare a prepararmi, devo essere orribile struccata! -
Paige scuote la testa, mettendosi una mano sulla faccia, vergognata - Che serata… Bene. - assume un tono pacato e un accento lievemente inglese, come quello di Alfred Hitchcock - Questa sera tratteremo di un argomento largamente conosciuto, anche da coloro i quali non apprezzano le storie di questo genere. -
- PAAIGEE!!! Hai visto il mio lucidalabbra? - strillò Phoebe, dal bagno.
- SORELLINAA!!! - gridò Piper dalla stanza vicina - Mi hai ridato il mio top nero?! Non posso mettermi quello bianco aderente. M'ingrassa troppo, sembrerei una porchetta! -
Paige si mette sfinita una mano davanti alla faccia. Termina a modo suo il discorso appena abbozzato - Come uccidere due sorelle senza venire condannate a morte… VOLETE FARMI FINIRE?!?!?! - esplode Paige, drizzandosi di scatto sulla sedia. Calmatasi, la giovane strega si rimette in ordine con l'ausilio di uno specchietto da borsetta - Perdonate questi sgraditi contrattempi. Nell'ora che seguirà, assisterete alle indagini di una giovane detective di nome Paige, che indaga sulla morte del bel conte DeBortoli, in una splendida villa della Toscana - Paige prende dalla scrivania un bicchiere di vino rosso. Nel bicchiere panciuto, Paige fa ballare il profumato liquido, e dopo averlo annusato lo sorbe a piccoli sorsi, gustandolo a lungo, premendo la lingua contro il palato. - fra le lussureggianti colline della regione italiana. Si parla di eredità e di testamenti e di omicidi… Intanto, io cercherò di eseguire un esperimento estremamente rischioso di illusionismo: trasformare due esseri umani perfettamente in salute in due ectoplasmi, più comunemente noti come fantasmi, spiriti o spettri, e sperando che il sonoro copra le urla… -

EPISODIO SPECIALE DI "STREGHE": TESTAMENTO DI SANGUE

Nacqui a Firenze da una comune famiglia di giramondo innamorati dell'arte e della buona cucina. Sebbene io fossi di origini gaeliche e francesi, sentii sempre dentro di me un'assoluta italianità. Era come se fossi italiana di sette generazioni, tanto che molto spesso mio padre mi chiedeva di parlare piano, per poter "tradurre" i miei forti accenti fiorentini.
Io adoro il vino rosso, la musica celtica e i misteri. Il mio nome è Paige McGowan [Ma va a ciapà i ràtt, va… N.d.A.], sono nata nel capoluogo toscano ben ventotto anni fa, e dopo altrettanti atroci anni di atroci sofferenze, sono riuscita a coronare il mio più grande sogno: aprire un mio studio di investigazioni private, proprio come recitavano le lettere dorate dipinte sul vetro della porta del mio ufficio di Pisa, proprio di fronte alla piazza detta dei Miracoli.
Un giorno in cui uno splendido cielo terso ed azzurro mi stava facendo rimpiangere le quattro larghe pareti in cui mi ritrovavo a bere latte e menta e a succhiare lecca-lecca alla fragola, osservando la gente che passava sotto la mia finestra. Fantasticai, pensai a quante storie ognuno di loro aveva da raccontare, ma pensai anche che probabilmente solo una piccola percentuale di loro sarebbe entrata nel mio palazzo, che un'altra percentuale insignificante si sarebbe diretta verso quella porta di legno e vetro opaco.
Proprio mentre rimuginavo sull'andarmene a fare una passeggiata e seguire qualcuno così, per tenermi in allenamento, sentii la maniglia della porta venire girata, e cigolando l'uscio si aprì. Io ero di spalle, e non riuscii a vedere la persona che era entrata. Una voce dolce e timida, ma al contempo seducente mi disse, quasi fra le lacrime - Signor McGowan, mi aiuti, la prego. Sarei disposta a tutto per il suo aiuto. -
Compreso l'equivoco, feci perno con il fusto della mia sedia da ufficio, e accolsi la mia cliente con: - Dovrò decidermi a far mettere sulla porta il mio nome completo. -
La donna (Phoebe) rimase colpita dal ritrovarsi davanti un'altra donna. La P puntata dell'insegna aveva indotto tutte le poche clienti che avevo a pensare che io fossi un uomo, e lei non faceva eccezione.
Mi ritrovai davanti ad una donna di alto lignaggio. Elegante e dignitosa, educata, e con un profumo dal sapore rivoltante, e che molto probabilmente costava molto più di quanto io mi sarei potuto permettere, con la miseria che riuscivo a guadagnare - Mi perdoni, signorina McGowan, ma pensavo che… -
- Lo so, non si deve scusare. - la rincuorai - Tutti i miei clienti credono che io sia un uomo. -
- Ah, capisco. -
- Bene, mademoiselle… Che posso fare per lei? -
- Io sono la sorella della contessa DeBortoli. -
- La proprietaria della ditta Colline di Toscana? - essendo un'appassionata enologa, non potevo non conoscere la maggiore firma vinicola della mia regione. Il loro Chianti era rinomato in tutto il mondo, e alla notte degli Oscar ne sono perfino state ordinate cento casse da sei bottiglie ciascuna. Il miglior rosso del mondo.
- Sì, esatto. Alcuni giorni fa, la nostra amata bisnonna Maria Pia DeBortoli, si è spenta una notte, nel sonno. -
- Condoglianze. Mi spiace. -
La donna fece un cenno di assenso, asciugandosi con delicatezza una lacrima di dolore - Grazie. Come le dicevo, la compianta bisnonna aveva in mano le redini dell'azienda Colline di Toscana, e più volte aveva fatto presente che nel suo testamento avrebbe lasciato tutto alla persona che riteneva più affidabile fra i suoi collaboratori. Ma quel testamento non si trova. L'unica cosa che abbiamo trovato, è questo foglietto. - la donna estrasse dal portamonete di raso una fotografia spiegazzata, e me la porse. La presi e la squadrai in ogni suo dettaglio. La foto ritraeva il foglietto di cui mi aveva parlato la donna. Su quel pezzo di carta bianco, erano stati tracciati con una grossa penna stilografica delle parole, in una perfetta grafia italiana, comprensibile sebbene fosse scritta in corsivo, pendente in avanti.
- "In ciò che è più caro." - lessi.
- Mia sorella ritiene che si riferisca al luogo in cui sono custodite le sue ultime volontà. -
- Olivia DeBortoli… - mormorai, quasi senza aprire bocca. Tutti dipingevano la contessa come una donna energica e decisa, ma molto avida e con una tremenda sete di utili. Su di lei erano stati scritti fiumi d'inchiostro, soprattutto sul suo matrimonio con uno dei suoi collaboratori, lo squalo della finanza Leonardo Corbelli, uomo altrettanto avido e privo di ogni minimo scrupolo.
Ancora una volta, la donna abbassò il capo, annuendo - Vorremmo che lei decifrasse quel messaggio. -
La prospettiva di quel lavoro senza indizi mi allettò fin dal primo momento. - Non perdiamo tempo, allora. Ha una macchina? - gli occhi della donna parvero illuminarsi. Sorrise, e annuì ancora una volta - Sì, certo. Venga. -

I profumi inebrianti della campagna facevano correre la mia mente ai miei ricordi d'infanzia, quando trascorrevo un mese all'anno nella cascina che mio padre aveva comprato anni addietro con i soldi risparmiati come camionista.
Allora erano davvero bei tempi. Nessun problema, nessuna preoccupazione. Soltanto spensieratezza e la consapevolezza di mettersi nei guai per la troppa curiosità. Guai che si traducevano in escoriazioni, tagli e pungiglioni d'ape in ogni parte del corpo. E chi se le scorda più le sfuriate di mia madre, in quel suo particolarissimo misto di italiano e francese.
- Siamo arrivate, signorine. - annunciò l'autista, parcheggiando momentaneamente l'auto nel gigantesco piazzale antistante alla cascina di proprietà dei conti DeBortoli. Il nome, nonostante la maggiore dei figli si sia sposata, è stato mantenuto per avere un punto di riferimento. Non capisco cosa voglia dire, e non mi interessa saperlo.
Rimasi meravigliata da quanto grande fosse quella cascina antica, ma ristrutturata recentemente. Ancora quasi sembrava di sentire l'odore della vernice fresca usata per la tinteggiatura delle pareti. Era decisamente adatta ad essere la roccaforte dell'Impero del Rosso. - Maremma maiala. - esordì, aprendo la portiera - Questo cortile l'è così grande che a confronto piazza dei miracoli la pare l'orticello dietro casa mia. -
- E' vero. E' tutto merito della bisnonna Maria Pia. Lei ha costruito questo casale con i proventi della sua colossale prima annata, nel lontano 1901. -
- Eh già. Avevo letto da qualche parte che avete da poco festeggiato il centenario della fondazione. -

Entrammo in quella casa, e mi resi immediatamente conto che l'odore di vernice fresca che mi pareva di sentire, non era affatto un'impressione. Poche ali dell'abitazione erano affollate da squadre di imbianchini intenti a tinteggiare i seimila metri quadrati di quel complesso residenziale.
- Mia sorella potrebbe non riceverla subito, signorina McGowan. Ma sa, il fatto è che è sempre molto occupata. Col marito si occupa di tutto, dall'acquisto dei prodotti per le vigne fino alla vendita del vino. -
- Non lo metto in dubbio. -
- Come ha intenzione di procedere, detective? -
- Prima di tutto - spiegai - Ho bisogno di conoscere meglio questa vostra bisnonna, poi proverò a calarmi nella parte. Poi, si vedrà. -
La donna sembrò essere enormemente interessata al mio racconto, e mi stette ad osservare fino alla fine, senza mai distrarsi un attimo.
Arrivammo finalmente ad una massiccia porta di quercia a doppio battente. L donna che mi aveva accompagnata bussò con decisione, e dall'altra parte una voce indaffarata ci rispose di entrare, cosa che facemmo, spingendo il pesantissimo portone. Trovai la famosa Olivia DeBortoli (Piper), donna dal fascino austero e dall'occhio di brace, dietro una scrivania, indaffarata con una concitata trattativa in inglese. Seccata, mandò al diavolo il suo interlocutore, per potersi dedicare a me - Lei è?… - mi disse, squadrandomi con quei suoi due fari.
- Detective McGowan, miss DeBortoli. -
- Lei è il Detective della Italia Irish investigazioni? - mi domandò, sconcertata. Decisi in quel momento che dovevo assolutamente mettere il mio nome completo, se volevo non incappare più in certi fastidiosi malintesi. Bandendo ogni imbarazzo, la DeBortoli mi rivolse la parola come se dovesse farmi un interrogatorio - Ad ogni modo, detective. Presumo che mia sorella Fabiana già le abbia parlato del motivo per il quale l'abbiamo assunta. -
- Presume bene, miss. Soltanto che non abbiamo ancora parlato del mio compenso. Io lavoro soltanto a cottimo, la avverto. -
- Comprendo la sua richiesta, e sono pronto ad accoglierla, a patto che il suo lavoro sia veloce e ben fatto. Le comunico che nel caso non riterrò il suo servizio abbastanza soddisfacente, provvederò immediatamente a sollevarla dal suo incarico. Intesi? -
Mi morsi il labbro inferiore. Conoscevo quella donna da pochi minuti e già la sua arroganza mi aveva fatto saltare i nervi. Le feci capire con la testa ce avevo capito le sue parole.
- Le garantisco che nessuno si è mai lamentato del mio servizio da quando ho fondato l'Italia Irish. -
La DeBortoli parve convinta delle mie parole, e continuò - Bene, detective. Io le do carta bianca. Potrà chiedermi tutto ciò di cui avrà bisogno per risolvere la faccenda, e io, nei limiti del possibile, provvederò ad accontentarla. -
Ebbi l'impressione di essere uno di quei suoi affaristi, come quello che aveva appena mandato al diavolo per telefono. Compresi che la sua fama di donna d'assalto era più che meritata.
- Io comincerei a lavorare anche subito, miss. Col suo permesso. La mia tariffa è 5 Euro all'ora. -
La DeBortoli si bloccò, colpita dal prezzo, ma dopo un infinitesimale attimo di indecisione mi parlò, accettando l'offerta. Poggiò i gomiti sulla grande scrivania di quercia, talmente coperta di cera per mobili da sembrare fatta di specchi, e dopo aver intrecciato fra loro le dita, vi si appoggiò col mento, come un avvoltoio che aspetta la morte della sua preda designata per poterne spolpare il cadavere - Se il lavoro è di buona fattura, non vedo perché non pagare la sua tariffa. Ora vada, si metta subito a lavorare, detective. Come può vedere, anch'io ho molto da fare. - ebbi l'impressione che la cara signora DeBortoli volesse liberarsi della mia ingombrante presenza. La timida Fabiana uscì dalla grande stanza dopo di me, richiudendo con grazia il portone.
- Sa una cosa? - le dissi, mentre percorrevamo le scale fino alla sala d'ingresso - Lei e sua sorella siete come diavolo ed acquasanta. -
- Sì, tutti ce lo dicevano, fin da bambine. Io sono sempre vissuta nella sua ombra, più o meno. E dire che siamo anche gemelle. -
- Non ha importanza. I gemelli eterozigoti sono completamente diversi l'uno dall'altro. - spiegai dall'alto di una laurea in medicina.
- E' vero… - disse lei, abbassando il capo.
Ritornati nell'ampia sala d'ingresso, proposi alla DeBortoli di farmi fare un giro della casa, siccome avrei dovuto abituarmi a viverci quasi come fosse casa mia.
Iniziammo dalla sala d'ingresso, e concludemmo il tour nelle cantine. Notai che tutto era strettamente sorvegliato da telecamere a circuito chiuso, la cui sala monitoraggio si trovava nel retro del casale. In quella circostanza, conobbi il capo della sicurezza (Morris), un uomo di colore, altro pochi centimetri più di me, e dall'aria deliziosamente professionale.
- Come mai è qui, Ryan? -
- Buongiorno, signorina Fabiana. Sto controllando che sia tutto a posto con le bottiglie da vendere. La signora Olivia mi ha raccomandato di attuare controlli periodici per sincerarsi che il prodotto sia all'altezza della sua fama, soprattutto nella forma, oltre che nella sostanza. Queste sono parole sue. -
- Tipico. - rispose sconsolata la giovane DeBortoli - Detective, questo è il nostro capo della sicurezza, Ryan McNish. -
- Detective Paige McGowan. Piacere. - gli porsi la mano. Lui la strinse con una presa tremenda, che per un attimo mi fece provare un dolore acuto alle ossa del metacarpo. Lui si scusò, ma io gli dissi che non c'era nessun problema, aggiungendo che ero sempre stata deboluccia, per quanto riguardava le strette di mano.
- Da quanto tempo lavora per la signora DeBortoli? -
- Saranno un paio d'anni buoni, credo. - mi rispose, cercando la risposta negli anfratti della memoria.
- Quindi lei avrà anche conosciuto la buonanima Maria Pia. -
- Sì. Era una donna unica, anche per la sua ferocia nei riguardi dei concorrenti. -
- Ma guarda… - commentai. La mia mente era già corsa alla figura feroce della DeBortoli senior.
- Ma anche delle sue bisnipoti. -
- Per favore, Ryan. Vorrei che non parlaste più della bisnonna. -
- Mi scusi, signorina. Col suo permesso, continuerei il giro d'ispezione. -
- Sì, si. Perdoni per averle fatto perdere tempo. -
- Si figuri, signorina. -
Io e la minore delle bisnipoti della vecchia DeBortoli terminammo il giro di perlustrazione, ma io ebbi come l'impressione di non aver visto tutta la casa - E' certa di avermi fatto vedere tutta la casa? -
- Sì, ha visitato tutte le stanze, ad eccezione del vecchio studio della bisnonna. -
- Ehm… Dovrei visitare anche quello, se voglio lavorare per bene. E' un locale posto sotto sequestro o roba del genere, per caso? -
- No, no… Adesso glielo faccio vedere subito. -

Lo studio privato della bisnonna era al secondo piano, proprio sopra la camera di lavoro della DeBortoli. L'unica finestra della stanza era posizionata in modo che la luce del sole mattutino investisse direttamente il piano della lunga scrivania, fatta di legno massiccio. Appeso alla parete dietro la scrivania, un enorme quadro avente per soggetto una splendida donna dall'aria austera, che col suo sguardo implacabile incuteva timore a chiunque entrasse in quella stanza. Persino io, che difficilmente mi impressionavo, ebbi come un sussulto di timore nel vederla. - Quella è la bisnonna da giovane. Il ritratto lo ha dipinto suo marito Antonino Agnolotti, come regalo di compleanno. La nonna era innamoratissima di lui. -
- Il suo bisnonno aveva una pennellata straordinaria. - dissi, scandagliando a fondo quel capolavoro tetro. Sembrava che fosse il ritratto di una signora del male nel momento in cui sorge dalle tenebre e dalle fiamme.
- Sfortunatamente è morto pochi mesi dopo il matrimonio, in circostanze misteriose. -
- In che senso? Cosa gli è successo? -
- Fu trovato annegato nell'Arno. Nessun testimone, nessuna traccia. Il caso fu archiviato come suicidio. -
- Capisco. - lasciai che la questione risollevata morisse nell'istante della sua nascita. Disinteressata, mi misi immediatamente a ficcanasare nella scrivania della bisnonna, controllando a fondo ogni cassetto, in cerca di quel documento.
- Ma cosa sta facendo? - mi domandò la DeBortoli, momentaneamente arrivata nella stanza - Fabiana, perché l' hai portata qui? -
- Non se la prenda con lei. - la interruppi con decisione - Le ho chiesto io di farmela vedere. -
- Sorellina, non possiamo lasciare la stanza. Il testamento potrebbe anche essere qui. -
- E' esatto. Mi avete chiamato perché vi risolvessi il caso, no? Io sto lavorando. Lei, signora Olivia, non mi ha detto quindici minuti fa di avere molto lavoro da sbrigare? -
La DeBortoli mi guardò con disprezzo, e se ne andò senza proferire altre parole. Continuai a cercare il testamento, ma non riuscii più a raccapezzarmi. Doveva pur essere da qualche parte. Un pezzo di carta, ma esistente. Invece sembrava che fossi di fronte ad un pezzo di carta fantasma.
Passeggiando fra le vigne in compagnia della giovane Fabiana, le espressi le mie perplessità. - "In ciò che è più caro." Sinceramente, per una donna come la sua bisnonna, ciò che può avere di più caro è soltanto il denaro. In banca, magari? Non era in contatto con un notaio per eventuali modifiche? -
- Ah, sì. - rispose lei con un guizzo - Il dottor Ferrari, dello studio legale di Grosseto. E' lui il nostro notaio. -
- Non si potrebbe incontrare? -
- Sì. Ultimamente è in paese per curare gli interessi di un'altra persona. -

Il notaio Achille Ferrari (Cole), splendido esempio di quanto la natura sia crudele con gli avvocati. Alto, scuro di occhi e capelli, dignitoso nel suo vestito sportivo e tetro con quella sua espressione grintosa, o forse soltanto piena d'odio.
Lo avvicinai prima che potesse salire sulla sua fiammante Viper rosso fuoco - E lei il dottor Ferrari? -
L'uomo si tolse gli occhiali da sole, e mi fulminò coi suoi occhi neri e imperscrutabili - Desidera? -
- Sono il detective privato Paige McGowan. Mi occupo del testamento di Maria Pia DeBortoli. -
- Ah, capisco. Non si riesce a trovare. La vecchia DeBortoli non ha mai detto nemmeno a me dove lo custodisse. -
- Lei cosa sapeva della vecchia Maria Pia? -
- Non molto. So soltanto che era paurosamente ricca grazie alla sua azienda vinicola, la Colline di Toscana. -
- E, mi dica, come è morta? -
- Ha avuto un arresto cardiaco nella notte di due settimane fa. Mi creda, è stato terribile anche per me. Nonostante il suo carattere, le ero molto attaccato. -
- Quanto tempo fa l'aveva contattata la prima volta? -
- La prima volta, tre anni fa. -
- Quindi, nei tre anni in cui ha curato gli interessi della signora, non è mai riuscito a sapere dove il testamento fosse. - dedussi.
- Esattamente così. Lei ha qualche idea, detective? -
- Lei già conosce la storia del foglietto? -
- Le nipoti sostengono che sia legato in qualche modo al testamento. -
- Se fosse vero, la carta sarebbe nascosta nella cosa più preziosa per la bisnonna. -
- Io sono convinto che, in questo caso, si riferisca alla proprietà di cascina Vigneto. -
- E' il nome della casa dei conti? -
- Sì. Risale al 1800, ma recentemente è stata rimessa a nuovo. -
- Non sa dirmi da quando sono cominciati i lavori? -
- Da dopo il funerale della defunta. -
Compresi immediatamente che qualche buontempone aveva preso l'iniziativa di cercare il testamento, coprendo le ricerche con le ristrutturazioni della cascina. Cosa che effettivamente è accaduta, e che è stata la causa del forte odore di vernice fresca che sentivo in tutta la casa.
- Capisco, dottor Ferrari. Quindi, anche lei non ha alcuna idea su dove sia il testamento. -
- Siamo tutti sulla stessa barca, signorina McGowan. -

Passai la notte davanti al computer nel mio appartamento, che era poi il mio ufficio. Un bilocale con bagno comprato a suon di cambiali, e divenuto di mia proprietà soltanto da poco più di un mese, un tempo parte di un centro sociale malandato.
La mia camera da letto era piccola, ma molto arieggiata, e quindi ottima anche come studio privato.
Il ticchettio quasi ininterrotto delle mie unghie sui tasti continuò per quasi dieci ore filate, prima di finire sul sito di un importante quotidiano della zona, dove trovai un archivio di notizie estremamente fornito. Dalle pagine del 1915, notai che parlavano della morte del marito della bisnonna DeBortoli. Leggendo per intero l’articolo, cominciai a comprendere meglio la situazione, e capii dove si trovava quel dannato pezzo di carta.

Parcheggiai a casaccio la mia utilitaria nel piazzale di cascina Vigneto, e scesi con la foga di un ciclone, senza neanche chiudere a chiave la portiera.
Evidentemente, la DeBortoli deve avermi vista fare quella manovra azzardata nel piazzale, e se la deve essere presa, perché mi venne incontro sulle scale, letteralmente furibonda - Si può sapere cosa le è venuto in mente? Anche se il piazzale è sgombro, è da pazzi pensare di fare una manovra simile! -
- Non è una cosa che importa. Importa che finalmente ho scoperto dove si trova il testamento. -
Lo sguardo della donna s’illuminò - Dice sul serio? -
- Non scherzo mai sul lavoro. Avete sbagliato nel rivoltare questa casa da cima a fondo, cosa che probabilmente avrete fatto anche col vigneto. Ma non è questo il punto. Il foglietto che mi è stato sottoposto recava scritto “In ciò che è più caro.” Voi subito avete pensato che per la sua grande avidità il suo bene più prezioso fosse la villa. - puntai dritta verso lo studio della vecchia DeBortoli, decisa a trovare quel pezzo di carta.
Ed eccoci finalmente nella stanza. Il quadro ci accolse con la sua aria tetra. Io sostenni e contraccambiai il suo sguardo.
- Cosa sta cercando di dire, detective? -
- Voi avete incentrato le ricerche su una sponda materiale, invece pur avendo un cuore di pietra, il bene più caro della vostra bisnonna era questo quadro, dipinto a mano dal marito. Per sposare il vostro bisnonno ha rischiato di perdere tutto, e adesso… - picchiettai la cornice, e scoprii una camera segreta che teneva celato proprio un pezzo di carta - Penso che questo sia suo. -
La DeBortoli volle strapparmelo dalle mani, ma io tolsi decisa il pezzo di carta. Lei parve fulminarmi con un’occhiata - Questa va al notaio. Intanto lei chiami la famiglia e dia l’annuncio. -
- Non provi a comandare così in casa mia, detective! - sbraitò.
- Ehi! Che diavolo è questo fracasso? Che hai da urlare, Olivia? - feci per la prima volta la conoscenza di Leonardo Corbelli. Che bell’elemento, pensai. Il suo sguardo implacabile sembrava la copia di sua moglie, soltanto aveva gli occhi azzurri, gelidamente nordici - Chi è questa donna? -
- Detective Paige McGowan. Sua moglie mi ha convocata per trovare il testamento della bisnonna Maria Pia, cosa che puntualmente ho fatto. Ora, signora, io ho lavorato per 20 ore consecutive, quindi sono 100 Euro. -
- Va bene, la pagherò. Mi segua nel mio ufficio. -
Così ebbi i miei soldi, e me ne andai. Se solo non avessi dimenticato di andare in bagno prima di uscire… Domandai dove fosse il bagno, e mi ci fiondai quasi. Appena aprii quella porta, una persona crollò sui miei piedi. Non riuscii a reprimere un grido, che evidentemente sentirono anche tutti gli altri, poiché accorsero immediatamente.
Quando ripresi un minimo di freddezza, cercai di percepire il battito apponendo due dita sulla giugulare, ma sotto i miei polpastrelli non avvertii alcuna pulsazione. – E’ morto… - conclusi, greve.

Osservai i poliziotti portare via il corpo avvolto nel sudario bianco, ancora scossa per quello a cui avevo assistito fuori dal bagno.
Il commissario della polizia si avvicinò a me. Il suo aspetto non era molto severo, anzi. Avevamo studiato assieme dalle elementari fino all’università. Lui era molto più vecchio di me, ma con una carriera da pluriripetente alle spalle. Ha sempre avuto una faccia da prete, invece che da poliziotto.
- Paige, ci ritroviamo sempre in situazioni tristi, ultimamente. -
- Già. - risposi - Che ne dici di abbandonare il lavoro e metterci in società con un’impresa di pompe funebri. -
- E’ vero. Sei stata tu a trovare il corpo? -
- Sì. Mi è caduto sui piedi non appena ho aperto la porta del bagno. -
- Qualcuno di voi conosceva la vittima? -
- Era il maggiordomo personale di mia sorella. - rispose arrogante la maggiore delle DeBortoli.
- Dov’è sua sorella? -
- E’ sconvolta dalla notizia, e ora è in camera sua. Le era molto affezionata. Poveretta, si è messa a piangere a dirotto quando le ho comunicato la notizia. -
Rimasi a controllare il bagno, in cerca di qualche indizio utile a scoprire l’assassino. Setacciai il bagno, ma non trovai gran che. Era un bagno che tutti potevano usare, ed era pieno di impronte e capelli. Il punto dove giaceva il corpo era segnato dal gesso, e il perito già stava scattando le foto del delitto. Domandai al coroner: - Cosa ha da dire a proposito? -
- Mah… - mi disse lui, misterioso - Le posso dire che è stata uccisa con una singola coltellata al petto, che le ha squarciato in due il cuore. -
- Come? - domandai.
- Sì. Un singolo fendente. Però ho anche rilevato un colpo violento alla testa. Probabilmente la vittima: prima è stata colpita alle spalle, e dopo essere svenuta è stata uccisa. Il coltello è stato inserito, e poi è stato spinto fino dall’altra parte. Non abbiamo ancora rinvenuto l’arma del delitto. -
- Quella si troverà. - gli risposi, continuando nella mia perquisizione. - Ma mi scusi, signorina. Lei chi è? Non dovrebbe essere qui! -
- E’ un detective. Ed è la prima ad aver trovato il corpo. -
- Ah. Va bene. Io vado a fare l’autopsia sul cadavere. I risultati saranno pronti per domani, massimo dopo. -
- Capisco. Arrivederci. - poi, rivolto verso di me - Allora, Paige. Ti sei di nuovo messa a ficcanasare in giro per la scena del mio omicidio come tuo solito. Come farei senza di te fra i piedi. -
- Ma se sono io che ti aiuto a risolverli! Non mi vuoi più? -
- No, ma abbiamo entrambi istinto e fantasia, e arriviamo sempre insieme alla soluzione, e ruoli diversi fra di noi. Cosa vogliamo fare, ti immischi di nuovo in un’indagine di polizia? Io non ho mai ficcanasato in un tuo caso. -
- Perché? Tanto quando sono nel mio ufficio non mi chiama nessuno. - risposi sempre ispezionando la stanza. Guardando in basso, in cerca di risposte alle mie domande, vidi qualcosa che attirò la mia attenzione. Era una macchiolina bianca piccola e tonda. - Che hai visto? -
- Sembra una macchia di lucido da scarpe. Sì, sì. E' lucido da scarpe bianco. -
- L'assassino si era lucidato le scarpe da poco, ma mi sembra strano che le abbia messe col lucido ancora fresco. -
- E' un indizio. Possiamo partire da questo. -
- Va bene. Però devo interrogarti. Non ti allontanare. -
- Posso assistere agli interrogatori? -
- Sì. Io penso che l'assassino sia ancora qui in giro, in questa casa. Tu? -
- Non lo so. Mi sono dimenticata di chiedere al coroner l'ora del decesso. -
- Questo lo so io. Alle nove e trenta, minuto più minuto meno. -
- Io a quell'ora ero insieme alla DeBortoli. Io sono arrivata qui alle nove e trenta, e ci sono rimasta finché non sono andata in bagno, ma non so che ore erano. -
- Ti credo. Nonostante il tuo aspetto non faresti male a una mosca. -
- Che vorresti dire? -
- Commissario, i conti sono pronti per l'interrogatorio. -
- Bene, Caruso. Portali alla centrale. -

Gli interrogatori durarono fino a mezzogiorno, e io fui la prima a subire la torchiatura, siccome avevo trovato per prima il corpo senza vita. L'ultima che aveva visto la vittima, di nome Ruggero Villa, di anni 35, cameriere personale di Fabiana DeBortoli, era la stessa Fabiana. La sera prima si era congedata da lui prima delle dieci di sera. Ruggero era un tipo gentile e tranquillo, ed era sua abitudine fare ritorno agli alloggi degli inservienti subito dopo aver terminato il suo dovere nei confronti di Fabiana.
- Allora, Paige. Che ne pensi? -
- Dubito che sia stato uno di loro ad ucciderla. Nessuno portava scarpe bianche lucide. Tutti hanno delle calzature nere. Sembrano dei becchini. -
- Ti annuncio che non sei ufficialmente indagata, Paige, ma dovresti fare in modo da renderti sempre disponibile per eventuali interrogatori. -
- Capisco. Io ho fame. Andiamo a mangiare qualcosa? -
- Ti va di andare da Cencio in piazza dei miracoli? -
- Perché no? E' tanto che non mangio la sua ribollita, e ne ho proprio voglia. -

Il ristorante di Cencio era immerso nel vociare immenso della piazza dei miracoli. In mezzo ai porticati pieni di turisti, il suo spazio era un'isola felice dove potersi riposare e riparare sua dal sole che dalla pioggia. Ai tempi dell'università ero compagna di appartamento del proprietario, Francesco Cecchini detto Cencio per il suo proverbiale pallore, tale che sotto la sua pelle si potevano intravedere le vene e le arterie.
Fu proprio Cencio a servirci al tavolo, quella giornata. Posizionò davanti a me un fumante piatto di ribollita. - Ecco a te, Paige. E' ancora caldo di fornello. -
- Grazie, Cencio. Sembra ottimo. -
- Aspetta di assaggiarlo e andrai in estasi. Per te, cara amica mia, una bottiglia speciale, perché oggi mi sento buono. -
- Di che si tratta? -
- Oh, aspetta che te lo porto. Non hai visto che non ti ho ancora portato da bere? Arrivo fra poco, non andate via. -
- Cencio è proprio di buon umore, oggi. Chissà che cos' ha. - mi fece notare Daniele, il commissario.
- Non saprei dire. -
- Miss McGowan. - sentii una voce chiamarmi dietro di me. Notai un uomo alto, moro, dall'aria perfida. Riconobbi immediatamente le fattezze del Ferrari. - Dottor Ferrari. Cosa ci fa a Pisa? -
- Ho avuto un lavoro in città. -
Daniele si alzò e fece cenno al notaio di rimanere fermo dov'era. - Aspetti un momento. Lei conosce i DeBortoli? -
- Sono il notaio che curava il testamento di Maria Pia DeBortoli. Lei invece è… -
- Commissario Daniele Baldini, polizia di Pisa. - si presentò, con quel suo modo di fare da telefilm poliziesco - Dov'era stamattina alle nove e mezza? -
- Ero in viaggio per venire qui. Ma perché? -
- Stamattina è stato ucciso il maggiordomo personale di Fabiana DeBortoli. -
Il notaio assunse un'aria sconvolta - Non ci posso credere. Avete già preso il colpevole? -
- Non ancora, ma sono cose che concernono la polizia. Signor Ferrari, è meglio che si tenga disponibile per rispondere ad alcune domande. -
- Farei di tutto per aiutare la polizia. -
- Molto bene, allora. Dovrebbe presentarsi a questo indirizzo all'una di questo pomeriggio, se non ha altri impegni.
- D'accordo, commissario. Farò il possibile per aiutarvi. Non mancherò al mio appuntamento. -
Dopo che il notaio se ne andò, Daniele mi rivolse la parola - Tu l' hai visto qualche altra volta? -
- L' ho interrogato ieri per il testamento. Curava gli interessi della defunta Maria Pia da un paio d'anni. Potrebbe sapere cose che noi non sappiamo. Senti, siccome io oggi sono già impegnata, mi faresti una registrazione dell'interrogatorio e poi me la daresti? -
- Non c'è problema, ma dovrei non farmi scoprire. -
- E che t'importa? Sei il capo. -
- Fosse così semplice. Se lo perdessi, sarei fregato. -
- Io so benissimo che non lo farai mai. -
- Il "sarei fregato" era riferito a me, ma il "se lo perdessi" è riferito a te! -
- Non ti preoccupare, sai benissimo che non faccio mai di questi errori. -

Il giorno seguente, mi ritrovai di nuovo nella villa dei DeBortoli, decisa ad ispezionare la casa da cima a fondo. Fortunatamente, la maggiore delle sorelle era tappata nel suo ufficio al primo piano, e io potei ritornare in cerca di indizi senza venire disturbato.
Il bagno in questione era sito al pianterreno, e la sua unica finestra dava su un vialetto riparato da alte siepi. Notai che nonostante la ristrutturazione alcune edere erano rimaste al loro posto, e si stavano arrampicando lungo il lato nord della casa. Mi domandai che stanza fosse quella della quale intravedevo la finestra sporgendomi.
La mia intensa curiosità mi portò a fare un esperimento. Considerai che il mio peso si aggirava sui 58 chili, e provai a risalire le edere dalla finestra del bagno. Sorprendentemente, constatai che le edere riuscivano a tenermi perfettamente, consentendomi di arrivare fino alla camera del primo piano. Tentai di guardare attraverso le finestre, ancora chiuse dalle persiane. Avrei dovuto ritentare dopo qualche minuto, sperando che fosse abitata, e non un ripostiglio. Volli ritornare a terra, e poi continuare la mia ispezione, ma l'abitante di quella stanza si era svegliato proprio in quel momento, e mi diede un colpo d'imposta sulla schiena. Per un attimo, rischiai di perdere l'equilibrio e di sfracellarmi al suolo. La persona in questione aprì le imposte e mi rivolse, meravigliata, la parola.
- Detective! Ma cosa sta facendo?! -
- Volevo provare l'ebbrezza di risalire una scala di edera… - mentii.
- Sono mortificata. Non sapevo che fosse lì dietro. - si scusò per la persiana.
- Mi farebbe entrare, signorina? -
Entrai nella camera da letto della giovane DeBortoli, una camera ricca di stile e soprattutto di pendagli e pizzi bianchi. A causa di tutto quel colore, la luminosità che penetrava dalle finestre aperte sembrava amplificata di molte volte - Le piace molto il bianco, vedo. -
- Sì… A differenza dei miei familiari io ho una predilezione per il bianco. Trovo che sia rilassante e che porti il buon umore. -
- Lei ha anche del lucido da scarpe bianco?
- Certo. Le scarpe di vernice hanno spesso bisogno di venire lucidate. -
- Lei usa solitamente il bagno qui sotto? -
- No, quello è il bagno degli inservienti. Di solito il bagno che usiamo noi è dall'altra parte, sempre al primo piano. -
- Davvero? Io ho chiesto a sua sorella dove fosse il bagno e lei mi ha risposto che era quello qui sotto. -
- Probabilmente l' ha fatto per un'assurda ripicca. Non le è mai stata simpatica, detective. -
- La cosa è reciproca, senza offesa. Potrei vedere la sua confezione di lucido da scarpe? -
Fabiana mi disse che non c'era nessun problema, e mi diede il tubetto di lucido, ancora sigillato. - Quando ha lucidato per l'ultima volta le sue scarpe? -
- Le lucido una volta alla settimana. Questa marca di lucido di asciuga subito e non lascia righe. -
- Presa rapida… Non può essere del lucido da scarpe, allora. - pensai. Ma allora cosa poteva essere?
Ritornai al primo piano, nell'immensa sala da pranzo, dove trovai ancora degli operai al lavoro con pennelli e rulli da imbianchino. Due di loro stravano grattando il pavimento. - Come andiamo? - domandai. Uno di loro, pelle completamente ricoperta da peli duri e ricurvi, carnagione molto scura. Dalla sua parlata, dedussi che doveva essere un nordafricano, marocchino, probabilmente. - Abbiamo lasciato per la pausa pranzo le tolle di vernice e ce le hanno rovesciate. -
- Tolle di vernice? Vernice, certo! Grazie mille amico.
L'imbianchino mi guardò stranito, ma piuttosto di perdere tempo prezioso a parlare, si rimise al lavoro in un attimo.

- Quella macchia dunque è vernice, e non lucido da scarpe, come avevo pensato. La vernice è dello stesso tipo che ho visto rovesciata nella sala da pranzo.
Espressi dubbi e preoccupazioni a Daniele, quella sera. Ci eravamo ritrovati a parlarne, come nostro solito, da Cencio, al bancone del bar. Davanti ad una birra scura (Daniele) e ad un aperitivo analcolico (Io), ci scambiammo impressioni e notizie.
- Quella macchia che abbiamo rinvenuto in bagno è una macchia di vernice. Nella sala da pranzo è stato rovesciato un barattolo di vernice bianca. Secondo me, l'assassino era sporco di pittura ancora fresca quando è entrato nel bagno per uccidere il maggiordomo.
- Al diavolo. E dire che una volta l’assassino era sempre il maggiordomo. - scherzò Daniele, ma io rimasi sempre con la mia espressione crucciata. Mi passai una mano sulla fronte, corrugata e piena di pieghe - Non capisco. A parte Fabiana, in quella famiglia sono tutti dei pescecani. Anche se non credo che abbiano abbastanza pelo sullo stomaco per uccidere una persona. -
- Io invece ho l’impressione che qualcuno ci nasconda qualcosa. Ieri ho parlato col coroner, e ho ottenuto i risultati dell’autopsia. Ti risparmio le foto e i particolari crudi. L’esame ha confermato ciò che già sapevamo. Una botta in testa non mortale, che ha tramortito la vittima, ed una singola coltellata, che invece ha squarciato il cuore come un melone. -
- Già, ma questo non solleva né incolpa nessuno. - gli feci notare.
- E’ vero. In più, sono state riscontrate svariate tracce di vernice bianca fra i capelli della vittima. Pare che il colpo che l’ ha stordito sia stato procurato con le mani nude. Da un individuo di sesso maschile, con una grande forza fisica. -
- Il marito della DeBortoli. - conclusi - Ha avuto una discussione con Ruggero per un motivo ancora da definire. Per caso si è sporcato con la vernice, che è colata sulla giacca. Una goccia è caduta sul pavimento del bagno. -
- Non lo so se è possibile fare un ragionamento del genere, tesoro. -
Un lampo mi abbagliò il cervello. Qualcosa mi fece capire che non era Corbelli ad averlo ucciso, ma qualcun altro, un vero insospettabile. - Presto! - dissi a Daniele, prendendolo per una manica a trascinandolo via - Dobbiamo andare alla cascina. Forse so chi ha ucciso Ruggero Villa. -

- Dov'è la DeBortoli? - domandai, entrando in villa a sera ormai inoltrata.
La cameriera che mi accolse all'entrata sembrava volermi far desistere dall'entrare - E' sera, ormai. La signora DeBortoli va a dormire presto. -
- Io intendo Olivia DeBortoli, non Fabiana. So che Olivia lavora fino a tardi perché soffre d'insonnia cronica. E' una cosa importante. Vitale, oserei dire. -
Daniele mi diede man forte - Per favore, è urgente. Abbiamo dei risvolti nelle indagini sulla morte di Ruggero Villa. - appena sentite queste parole, la donna sembrò cambiare completamente. Immediatamente assunse un tono accondiscendente e concitato. - Oh, sì, certo. Venite, venite. -
La piccola donna dalla carnagione olivastra bussò alla porta dello studio della DeBortoli. Lei ci spiegò che la sua padrona lavorava giorno e notte, dormendo pochissimo, ma dall'altra parte nessuno rispose. La donna ripeté una seconda volta la richiesta, ma ancora dall'altra parte nessuno parlò. Guardando Daniele, capii che era profondamente preoccupato da quel silenzio. Dal canto mio, sperai che la DeBortoli si fosse addormentata. Daniele, spingendo di lato la donna di servizio, e aprendo con un poderoso calcio la porta dello studio. Appena entrati, vedemmo la DeBortoli accasciata sulla sua scrivania, immota. Improvvisamente, ebbi un sussulto, mentre Daniele accorse ad aiutarla, ma dopo averla riversata all'indietro scoprì che ormai non c'era più nulla da fare. Anche Olivia DeBortoli era morta.

Contattai immediatamente il notaio Ferrari, e gli comunicai la situazione. io e Daniele fummo convocati da Cencio, in piazza dei Miracoli a Pisa.
Ferrari cominciò a spiegarci la situazione, iniziando dalle ultime volontà della bisnonna, passate in secondo piano dopo i tragici avvenimenti accorsi in quei due giorni - Ritengo che sia giusto avvisarvi. Ho ricevuto il testamento, e vi è scritto che la defunta lasciava tutte le sue proprietà alla bisnipote Olivia DeBortoli. -
- Questo vuol dire che qualcuno ha ucciso la DeBortoli per l'eredità. Noi avevamo dedotto che Leonardo Corbelli avesse ucciso Ruggero Villa per qualche motivo ignoto. Lui sapeva dell'eredità? -
- Io ho ufficiato la lettura proprio ieri pomeriggio, alla presenza degli ultimi eredi. C'erano tutti. Fabiana, Olivia e Leonardo. -
- Daniele… - lo chiamai, e senza rendermene quasi conto, assunsi un tono implorante - Lo so. - mi rispose lui - Emetterò un mandato di cattura nei confronti di Leonardo Corbelli. Domani andremo assieme ad arrestarlo, Paige. -

Assistetti all'arresto di Leonardo Corbelli. Sembrava che fossimo ad un comizio elettorale. Non sappiamo come diavolo avessero fatto, ma nel tragitto dalla villa fino alla camionetta azzurra della polizia, era tutta una gimcana fra fotografi, reporter e giornalisti, pronti a tutto pur di captare una dichiarazione, una parola di troppo da riutilizzare come arma affilata. Persino io e Daniele dovemmo farci largo quasi a spallate in quella specie di onda umana. Una volta, mi arrivò anche un colpo di microfono alla testa. - Commissario, commissario! Ci dica, com'è arrivato all'arresto di Corbelli? -
- Commissario, da questa parte. -
- Ascolti, commissario. -
Daniele, sempre tranquillo, sbottò furioso - Sentite, non so come diavolo siate riusciti ad essere qui oggi, ma vi assicuro che non vi dirò una parola! - i giornalisti rimasero perplessi, ma invece di ritirarsi, si fecero ancora più sotto, e forse si avrebbero soffocati se non fossimo arrivati alla mia vecchia 500 L gialla, mezzo che ci portò via da quella ressa.
- Come diavolo fanno a sapere le cose sempre prima anche di noi, mi chiedo. -
- Non ci pensare, Daniele. Piuttosto, adesso dobbiamo fare in modo che confessi anche l'omicidio della DeBortoli, poi potremo chiudere il caso. -
- Il tempo ci darà ragione. Per domani mattina sarà tutto finito. -
- Possiamo dirlo. Eppure c'è ancora qualcosa che non capisco. -
- Nel senso? -
- Ma sì. Perché Corbelli avrebbe dovuto eliminare la moglie, se era in società al 50% con lei? Non avrebbe avuto alcun motivo, anche perché sapeva benissimo che se l'avesse uccisa, tutti i sospetti sarebbero inesorabilmente ricaduti su di lui. E' troppo intelligente per fare una manovra così kamikaze. -
- Ma per avere tutto per sé. Evidentemente lui pensava che l'avrebbe comunque fatta franca insabbiando le prove, ma non ha fatto in tempo a fare nulla. -
Scossi la testa, perplessa. Non riuscivo a raccapezzarmi. Corbelli Era il socio di maggioranza di un'azienda da milioni di Euro all'anno, con una moglie identica a lui in tutto e per tutto, alla quale era estremamente legato nonostante quelle personalità pessime. Era tutto troppo chiaro. La risoluzione del caso, troppo veloce. Doveva esserci qualcos'altro.
- Ascolta, Paige. Dovrei passare in commissariato a prendere delle scartoffie. -
- D'accordo. Adesso svolto. -
Il semaforo cambiò velocemente in rosso, costringendomi alla frenata brusca. Maledissi per un attimo la tecnologia, e mi misi in religioso silenzio, attendendo che diventasse verde.
Feci ballare lo sguardo fra i variopinti cartelloni pubblicitari che guardavano impassibili l'affollata strada principale. Uno in particolare catturò la mia attenzione. Non per lo slogan, o per altro. La scritta reclamizzava una nota marca d'integratori alimentari. Aumento della prestanza fisica. Prestanza fisica. Prestanza fisica. Queste due parole mi rimbalzarono in testa, suonando il giusto accordo, che mi smosse, tutto d'un tratto - La forza, ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima? -
- Come hai fatto a non pensare prima cosa? -
- Non era Corbelli quello che ha ucciso la DeBortoli! Adesso ho capito. -
Non appena il colore della luce volse al verde, feci una pericolosissima inversione a U all'incrocio, e presi a tutta velocità la strada verso la cascina.

Ancora una volta, ritornammo alla cascina. Durante il tragitto avevo ormai spiegato tutto a Daniele. Pensando che fosse un uomo ad aver ucciso Olivia DeBortoli, avevamo commesso un grave errore già in partenza. Pregai che Fabiana DeBortoli fosse ancora in casa, e che fosse ancora viva. Aveva già avuto molti shock in quei giorni, e considerando che era una persona emotivamente debole, avrebbe potuto, nel peggiore dei casi, porre fine alla sua vita.
La vedemmo mentre stava caricando alcuni grossi pacchi nel bagagliaio della sua utilitaria. La bloccai chiamando il suo nome - Signorina DeBortoli! Aspetti. -
- Stavo partendo. La prego, faccia presto. Me ne voglio andare da questa villa. -
- Certamente, lei se ne andrà, ma in una pensione dove tutto è a carico dello Stato. -
La donna mi guardò sconcertata - Che cosa sta dicendo, detective? E' impazzita? -
- Al contrario, signorina. Glielo chiedo chiaramente: Ha ucciso lei Ruggero Villa e Olivia DeBortoli, vero? -
Lessi che lo sconcerto di quella donna si era trasformato come per magia in sgomento profondo, chiazzato di terrore - Non starò un momento in più ad ascoltare le sue farneticazioni, detective. -
- Allora mi dica una cosa: lei quanto pesa, signora? -
La DeBortoli replicò con stizza - Se ne vada, le ho detto! -
- Risponda alla domanda, altrimenti la potrei arrestare per favoreggiamento. Siamo sicuri che lei sa qualcosa, signorina! - la zittì Daniele, bloccandola per una spalla. Daniele aveva una presa tremendamente salda, da orso.
- Io… peso 54 chili. - rispose, cercando di svicolare dalla solida mamo del mio amico.
- Invece, a giudicare dal fisico che si ritrova il signor Corbelli, dovrà pesare circa ottanta chili. Avanti, Daniele, andiamo a controllare. Seguimi. -
Avevo intenzione di dimostrare l'innocenza del Corbelli minando le sue accuse, almeno per quanto riguardava l'omicidio di Ruggero Villa.
- Daniele, il tuo peso è simile a quello di Corbelli, a giudicare dalla tua corporatura. Qui sopra c'è la camera di Fabiana, prova a raggiungerla con le edere che crescono sulla parete. Ho fatto io la prova, ci si arriva, non preoccuparti. -
Daniele uscì dalla finestra, il cui davanzale gli arrivava alla cintola. Cercò di appendersi saldamente ai rampicanti, ma questi cedettero per il troppo peso. Daniele cadde senza conseguenze, essendo il bagno al pianterreno. - Torna dentro, dai. Ora ci provo io. Pesando, mio malgrado, 58 chili, sono di poco più pesante di Fabiana. Se le edere reggono il mio peso, vuol dire che reggerebbero senza problemi anche Fabiana. Sono rimaste delle edere? -
- Certo. Cosa vuoi dimostrare? -
Come pensavo di ripetere, mi arrampicai sulle piante. Gli invadenti vegetali ressero abbastanza bene il mio peso, cosicché arrivai senza problemi fino al primo piano, alla camera di Fabiana - Sono al primo piano, Daniele. Adesso scendo. -
Ritornai con slancio felino fino al bagno, e continuai la mia disquisizione - Lei a chiuso a chiave la porta del bagno. Dopo aver tramortito e ucciso Ruggero Villa, lei ha riaperto la porta, si è arrampicata fino alla sua camera, confidando nel fatto che la posizione l'avrebbe protetta, e quindi non l'avrebbero mai individuata dall'esterno. Quando l'altra volta mi sono arrampicata, la mia mano si è sporcata di vernice, così come la spalla della mia giacca, e scommetto che se cerchiamo bene, da qualche parte troveremo anche il vestito macchiato di vernice, che si era sporcato quando lei ha litigato con Ruggero villa nella sala da pranzo. - Fabiana aggredì furiosamente Paige, scaraventandola a terra e trovando una via di fuga per scappare, ma poco prima di uscire dal bagno, si scontrò con McNish, cadendo all’indietro, fra le braccia non propriamente amichevoli di Daniele, che la ammanettò senza perdere un attimo.

Paige è sempre seduta sulla sua sedia per computer, ma quando si gira la troviamo sporca di sangue, con un orecchio sulla spalla, e la bocca insanguinata come fosse quella di un vampiro ingordo.
- Spero che vi sia piaciuta la nostra puntata speciale.Dalla settimana prossima ritorneremo con gli episodi normali. Bene, a nome del cast di Streghe, vi auguro una buona nottata, sempre che non siate rimasti eccessivamente scossi da quelle poche scene crude in cui avete adocchiato per pochi secondi dei cadaveri. Sono costernata per questo inconveniente, perdonateci. - intanto, Phoebe si avvicina alla sorella con una mano sull’orecchio destro. - Scusami, sorellina. Mi ridaresti il mio orecchio? -
- Oh, certo. Scusami ancora per prima. Spero che ora tu stia bene. -
- Certo, non ti preoccupare. - Phoebe se ne va, con un pugnale conficcato nella schiena. Cerca di rimettersi a posto l’orecchio strappato a morsi da Paige.
Paige sorride. I suoi denti bianchi sono diventati rosa a causa del sangue della sorella. - Ancora, vi auguro una buona notte… -
Dissolvenza in nero, titoli di coda.

 
Scritto da MoonWalker, Daniele Folli, Oliver Combs,
Phoebe Corr
, Sirius "Phoenix" Corr & P.J. O'Riordan


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