"La stanza
bianca (White Room)" (1.21)
Max, dunque, si trova nella White Room.
Non potremmo immaginare un luogo peggiore di questo: un cubo rivestito di
materiale plastico, bianco, senza appigli, senza mobilio, senza finestre,
col soffitto basso e incombente. Sembra la proiezione di un incubo.
Pierce vuole estorcere a Max una confessione circa le proprie origini e,
di fronte alle resistenze del ragazzo, non tarda a passare a metodi più
persuasivi.
Pierce ha in mano le prove della fisiologia aliena di Max, a nulla vale
mentire. Non solo: è anche in possesso di uno dei due comunicatori e vuole
sapere dove si trova l’altro. Max viene drogato, sottoposto
all’elettroshock e ad altre torture, alle quale resiste stoicamente, per
proteggere sé stesso e gli altri. Non riuscendo a raggiungere il suo
scopo, Pierce cambia tattica e ricorre alle torture psicologiche,
minacciando di uccidere Liz e le altre persone care a Max.
A questo punto il giovane cede e indica il luogo in cui è nascosto il
secondo comunicatore.
Mentre accade questo, Michael, Isabel, Tess e Nasedo, mettono a punto un
ambizioso piano di salvataggio, al quale ciascuno parteciperà secondo le
proprie predisposizioni. È evidente che i tre terrestri non possono
prendervi parte, per motivi di sicurezza e di efficienza e questo li
esclude in toto dall’intera operazione.
Non possono fare altro che attendere gli sviluppi al Crashdown, dilaniati
dal dubbio se chiedere o meno l’aiuto dello sceriffo Valenti.
Il piano sommariamente prevede questo: Isabel è incaricata di entrare
nella mente di Max per comunicare con lui, scoprire il luogo in cui lo
tengono prigioniero e avvertirlo delle loro intenzioni. Michael,
travestito da agente dell’ FBI, con le impronte digitali modificate, deve
aprire le porte di sicurezza per giungere alla White Room. Tess, al
momento opportuno, dovrà entrare nella mente di Pierce ed indurre in
quest’ultimo delle visioni della durata sufficiente a portare in salvo
Max.
Nasedo, dal canto suo, coordina il tutto.
I piano scatta e deve essere preciso al secondo perché il tempo stringe.
Max non riesce più a tener testa a Pierce, che incalza con le domande sui
comunicatori. Ma noi sappiamo che Max non è in grado di farli funzionare e
temiamo seriamente per la sua vita quando Pierce ordina ai chirurghi di
“aprire” Max per farlo confessare.
Sul filo dei secondi i nostri eroi riescono a portare in salvo Max, con il
prezioso contributo dello sceriffo Valenti, avvertito da Liz.
Nasedo rimane a tener testa a Pierce e viene colpito.
Questi i fatti. Devo dire di aver psicologicamente subito questo episodio,
ben costruito e terribilmente realistico. Ottima la scelta di inserire un
sottofondo musicale per sostituire l’audio nelle scene girate nella White
Room.
Per assurdo questa scelta ha aumentato la drammaticità delle sequenze.
Ancora un plauso a Jason Behr per l’ottima interpretazione di scene non
facili.
È riuscito infatti a trasmettere tutta la sensazione di dolore e di
disperazione che il suo personaggio stava attraversando in quei tragici
momenti.
Ottima anche l’interpretazione di “Isabel Evans”, che lasciava trasparire
apprensione, preoccupazione, disperazione e dolore.
Ammirevole la regia, in particolare nelle sequenze in cui Max era drogato
e la sua percezione del mondo circostante ne risultava, pertanto,
visibilmente alterata.
Visione peraltro condivisa anche da Isabel, una volta che la ragazza entra
nella sua mente. Bella, infine, la sovrapposizione tra realtà vera e
realtà indotta, in un intreccio coinvolgente e appassionante.
Ci avviciniamo così al gran finale e tiriamo finalmente un sospiro di
sollievo dopo quaranta minuti di tensione continua e di infaticabile lotta
contro il tempo.
Si impone però una piccola riflessione finale: a ben pensare, forse la
storia della White Room non è poi così inverosimile.
Siamo veramente sicuri che nella vita reale, in presenza di una ipotetica
situazione simile, i fatti si sarebbero svolti in maniera tanto diversa? |