Roswell.it - Fanfiction

UNA GIORNATA STRESSANTE


Riassunto: I federali non intendono fermare le indagini, ed escogitano un nuovo piano...

Data di stesura: dall’8 al 23 giugno 2003

Valutazione: adatto a tutti.

Diritti: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

E-mail: ellis@roswellit.zzn.com


- Che ne pensi della nuova? -
La donna seguì con lo sguardo il cenno del capo del suo collega e fece una spallucciata. - E’ in gamba, non si tira mai indietro, neanche quando le chiedono di pulire l’attrezzatura, ma non è che parli molto di sé. E’ decisamente un tipo riservato... -
- Eppure è sposata. Ho visto che porta la fede -
- Infatti. E ha anche due bambini, due gemelli. All’ora di pranzo si limita a mangiare un tramezzino e va al nido. Li ho visti: sono un vero amore... -
- Odio i neonati! - E con questo l’uomo se ne andò.
Margaret Reid ridacchiò divertita mentre infilava la moneta nel distributore automatico. Liz Parker Evans sembrava una ragazza timida, in fin dei conti era appena uscita dal college, in ogni caso era molto piacevole lavorare con lei. Probabilmente Randall era solo seccato perché sembrava del tutto immune al suo fascino... Prese il bicchiere di plastica pieno di caffè e tornò fischiettando in laboratorio.
Liz la sentì avvicinarsi e si girò a guardarla con un sorriso. - Ho quasi finito - l’assicurò.
- Non preoccuparti, siamo comunque in anticipo sul programma! - Margaret si chinò sul microscopio elettronico e corrugò la fronte. - Quindi avevamo ragione noi... -
- Già! -
La donna le lasciò il posto e indicò il bicchiere che aveva appoggiato sul ripiano. - Quello è per te. - disse sollevando il proprio in un brindisi scherzoso.
- Grazie, sei molto gentile... - Liz bevve un piccolo sorso e tornò a concentrarsi sull’analisi cui stava lavorando.
Un’ora più tardi Margaret si alzò stiracchiandosi. - Bene, ecco fatto! Liz, Randall, voi potete andare. Stavolta ci pensiamo io e Andrea a rimettere in ordine... -
- Grande, allora a domani! - Randall fece un ampio gesto col braccio in segno di saluto e uscì dallo stanzone, seguito da una sorridente Liz.
- Vieni a bere qualcosa con me, prima di tornare a casa? - si offrì Randall.
- Ti ringrazio ma devo andare a prendere i miei figli. Buona serata... -
- Anche a te - L’uomo trattenne a stento una smorfia. Decisamente quella ragazzina non meritava i suoi sforzi... Scrollò la testa e si diresse verso l’uscita dell’ospedale.
Una volta arrivata al nido Liz attese che Claudia ed Ethan gattonassero felici verso di lei prima di prenderli in braccio. - Come si sono comportati? -
- Bene, come sempre. Gli altri bambini giocano volentieri con loro, anche se sono i più piccoli... - Jenny, una giovane volontaria all’ultimo anno di liceo, sfiorò con una carezza leggera la guancia tonda di Claudia. - E’ un vero tesoro, questo pulcino... -
La bimba gorgogliò contenta poi nascose il visetto contro il collo di Liz, che fece un sorriso di scusa. - Ora devo proprio andare perché è quasi l’ora di allattarli! Ci vediamo domani! -
- Certo, ciao... -
Una volta salita sul fuoristrada la ragazza si girò a guardare i figli comodamente sistemati nei loro seggiolini. - Sentite, lo so che avete fame, ma dobbiamo prima passare a prendere papà e Isabel, visto che oggi la zia è senza macchina. Ce la fate ad aspettare un pochino, vero? - Osservò dubbiosa le loro espressioni serafiche e si passò una mano fra i capelli. - Beh, tanto dovete farlo lo stesso... - Avviò il motore e uscì dal parcheggio con consumata abilità.
Mancava una settimana al Natale ed il traffico si era fatto notevolmente più intenso così, quando arrivò all’osservatorio astronomico, Max ed Isabel la stavano aspettando già da un pezzo nella sala d’attesa, dove avevano cominciato ad affluire i visitatori per il giro serale.
Si accorse subito che qualcosa non andava per il verso giusto. Max sedeva rigido su una sedia mentre la sorella se ne stava appoggiata alla parete con le mani nelle tasche della giacca imbottita, pallida e tesa. Con una certa ansia andò verso di loro, e un sorriso tremulo le distese le labbra nel vedere il giovane alzarsi di scatto non appena si accorse di lei. - Cosa... cosa c’è? -
- Shiri mi ha telefonato dieci minuti fa. Ci sono problemi, a casa... - Così dicendo Max le diede un bacio frettoloso sulla fronte e la sospinse verso l’uscita.
Isabel, dietro di loro, si sfiorò distrattamente la pancia. Natalie aveva cominciato a far sentire con decisione la sua presenza scalciando per buona parte del pomeriggio, e lei avrebbe dato chissà che cosa per buttarsi sulla sua poltrona preferita e lasciarsi coccolare da Morgan, ma non era quella la serata adatta, purtroppo... Shiri si era limitata a pregare il padre di sbrigarsi, e la sua laconicità l’aveva spaventata più di un fiume di parole incoerenti. Quella ragazza era sempre molto vivace, piena di voglia di vivere, e non era mai successo prima che una sua telefonata durasse appena dieci secondi...
Liz lasciò che Max si mettesse alla guida e cedette ad Isabel il posto avanti, preferendo andare a sistemarsi fra i seggiolini dei gemelli. Ethan prese subito ad agitarsi protendendosi verso di lei con la boccuccia aperta, impaziente di succhiare il latte. Con un sospiro la giovane liberò il bimbo dalle cinghie di protezione e se lo attaccò al seno. Claudia si girò a guardarli incuriosita ma con un certo distacco, come se non fosse interessata. Da qualche giorno le poppate avevano cominciato a diradarsi e più di una volta, con un misto di nostalgia e sollievo, Liz si era ritrovata a dover preparare qualcosa di più sostanzioso per i suoi figli, ma niente avrebbe potuto cancellare le dolcissime sensazioni che le dava lo stringere così quei teneri fagottini. Guardò con affetto Ethan, i suoi folti capelli scuri e le lunghe ciglia ricurve che fremevano mentre, gli occhi chiusi, mangiava con la solita voracità, fermamente decisa a tenere i suoi pensieri lontani il più a lungo possibile dalla nuova crisi che li aspettava a casa.

- Liz!!! -
Il richiamo acuto, disperato, fece rabbrividire la ragazza, che mise subito a terra i bambini e si slanciò verso Maria, seduta sul pavimento del soggiorno con uno dei cuscini del divano sotto di sé.
- Oh, Liz, sono così contenta di vederti! - Maria aveva gli occhi pieni di lacrime e tremava per lo sforzo di controllare il respiro.
- Cosa c’è? E’ Mathias? Sta per nascere? -
- Io... credo di sì! - La giovane serrò per un attimo le mascelle, in preda al dolore. - Stavo tornando... stavo tornando a casa quando ho sentito delle fitte fortissime... Volevo chiamare Michael ma la borsa era sul sedile posteriore della macchina e non riuscivo a prenderla, così ho pensato di venire da te... - Guardò affranta Max, che si era inginocchiato accanto a lei. - Credo... di aver spaventato a morte gli amici di Shiri... - mormorò abbozzando un pallido sorriso.
A quelle parole Liz volse la testa di lato e si rese conto della presenza di Glen e Alexandra, a pochi passi da lei, con una pila di asciugamani puliti in mano ed i volti tesissimi.
- Non ha voluto che chiamassimo l’ambulanza... - disse il ragazzo, terribilmente a disagio.
- Va bene, non preoccupatevi, adesso ci pensiamo noi - Liz si girò verso Isabel, che annuì ancor prima che lei parlasse. - Vado a telefonare a Michael. Ma dove sono Shiri e Jason? - chiese a Glen.
- Di sopra -
Perplessa, la giovane si diresse verso il tavolino su cui si trovava l’apparecchio telefonico ed avvertì l’amico, poi, interpretando correttamente l’occhiata che le lanciò Max, si avviò verso il piano superiore.
Poco dopo era di nuovo nel soggiorno, al fianco di Maria. - Max, forse è meglio che vada su. Ci pensiamo noi due, a lei... - borbottò lanciandogli uno sguardo ermetico.
A quelle parole Liz corrugò la fronte perplessa ma non ebbe il tempo di intervenire perché Maria le afferrò all’improvviso una mano stringendogliela talmente forte da farle fare una smorfia di dolore. - Ok, ok, sono qui con te! Cerca di respirare con calma, va bene? - Le sistemò un altro telo sotto le gambe dopodiché le scostò i capelli dal collo sudato. - Ragazzi, che ne dite di andare in bagno a prendere un po’ di acqua calda? Nel ripostiglio accanto alla cucina ci sono dei catini: cercatene uno grande, lavatelo per bene e poi riempitelo a metà, per favore... -
Senza fiatare, lieti di allontanarsi per qualche minuto, i due fecero come richiesto e nel frattempo Liz ed Isabel sollevarono l’ampia veste di lana di Maria.
- Accidenti, il parto si sta aprendo proprio adesso! Maria, sei sicura di non volerti sdraiare sul letto? -
- Sì, sono sicurissima! - La ragazza lanciò un piccolo grido soffocato e subito dopo prese ad ansimare. Io... sto meglio così, davvero... - bisbigliò, prima di gridare di nuovo.
- Ti prego, Isabel, aiutala! - Liz, preoccupatissima, guardò la giovane aliena, che con aria rassegnata mise entrambe le mani sul ventre teso di Maria. I suoi occhi sembrarono perforare la pelle candida dell’amica e a poco a poco fece scivolare la punta delle dita fino all’interno delle cosce. Lo sforzo per la concentrazione divenne più evidente sul suo splendido volto. - Sì, così, piccolo, così... - mormorò guidando i movimenti del bimbo e, al contempo, creandogli lo spazio necessario per venire alla luce.
L’improvvisa cessazione del dolore fece quasi svenire Maria per il sollievo. Si lasciò andare contro la parete e divaricò maggiormente le gambe spingendo via via più forte mentre riusciva a percepire la graduale espulsione del corpicino di Mathias. Ci fu un’ultima spinta, violenta, poi l’incredibile sensazione di stupore, freddo, luce abbagliante, fame, disorientamento, tutto nello stesso istante e con estrema chiarezza. Comprese che, per un secondo lungo un’eternità, la sua mente si era fusa con quella del suo bambino per il tramite di Isabel, e con un sorriso di meravigliata riconoscenza la guardò negli occhi. Grazie... - sussurrò.
Poco dopo Glen e Alexandra tornarono con la bacinella piena di acqua tiepida e rimasero a guardare sbigottiti Liz mentre lavava delicatamente il neonato prima di avvolgerlo in un morbido panno e consegnarlo alle braccia smaniose di Maria.
- Dov’è? Dov’è?!? - La voce tonante di Michael fece trasalire Isabel, che scattò in piedi e fissò l’amico con espressione divertita e furiosa insieme. - Ti pare questo il modo di entrare in casa d’altri? - lo riprese severamente.
Ma il giovane quasi non la udì mentre, lasciando la porta spalancata dietro di sé, si precipitava verso di lei immaginando di trovare Maria ma non aspettandosi affatto il tenero spettacolo che si presentò ai suoi occhi. - Oddio, Maria... Mathias... - Le guance rigate di lacrime di incredulità e gioia, scivolò in ginocchio al fianco della ragazza e rimase attonito a guardare il frugoletto che lo fissava con enormi occhi verdeazzurri.
Fu un attimo, poi il bimbo scoppiò a piangere e i due neogenitori si volsero smarriti verso Liz, che sollevò le braccia in segno di resa. - Ehi, cosa volete che vi dica? Magari ha fame!... -
A quelle parole Maria s’illuminò in volto e con impazienza sciolse i laccetti che univano i lembi della scollatura del vestito.
Con dita tremanti Michael sfiorò la testolina di suo figlio, incantato, poi sembrò rendersi conto di qualcosa. Un guizzo di rabbia gli attraversò lo sguardo. - Dove diavolo è Max? Non dovrebbe essere qui? Non doveva occuparsi di far nascere Mathias?! -
- Michael... - Isabel sollevò gli occhi al cielo. Accidenti! - Senti, Michael, ci ho pensato io, ok? E’ andato tutto bene, quindi non hai alcun motivo di essere arrabbiato! E comunque... Max è di sopra, con i ragazzi... - Aggiunse quelle ultime parole quasi di malavoglia, temendo la reazione di Liz, che difatti non si fece attendere.
- Perché? C’è qualcosa che non va? Shiri... Jason?!? - Sconvolta, la ragazza schizzò come un fulmine su per le scale e Isabel serrò le mani a pugno. - Santo cielo, Michael!... -
- Cosa c’è, adesso, eh? - Il giovane socchiuse gli occhi, infuriato. - Io avevo contato su Max perché Maria partorisse senza problemi, e invece lui l’ha mollata così! -
- E non pensi che, se l’ha fatto, doveva avere le sue buone ragioni? - lo redarguì la ragazza, con voce sommessa e gelida.
Lo sguardo di Maria si velò. - Giusto... - Distolse per un attimo la sua attenzione dal bimbo che stringeva fra le braccia. - Isabel... perché hai detto a Max di andare su?... Cos’è successo? -
Sentendosi con le spalle al muro Isabel si morse le labbra e si alzò lentamente in piedi. - Non lo so, però... Jason sta piuttosto male... - Senza aggiungere altro fece per prendere il catino ma Glen la precedette e lei lo guardò senza in realtà vederlo.
- Stavamo uscendo da scuola quando degli uomini sono venuti verso di noi. Credo... credo che uno di loro avesse qualcosa in mano, forse una siringa, perché subito dopo esserglisi avvicinato Jason ha inciampato e poi li ha seguiti senza reagire... - Glen parlò con una certa esitazione, non del tutto sicuro di stare facendo la cosa giusta, ma Alexandra gli si mise al fianco sostenendolo in silenzio.
- Chi erano quegli uomini? - chiese Michael con tono duro.
- Non ne ho idea. Però Jason si era accorto di loro ancor prima di me, e quando glieli ho fatti notare mi ha detto di andare a cercare Shiri e di portarla via dalla scuola. -
- A che ora siete arrivati a casa? - chiese Isabel corrugando la fronte.
- Verso le quattro e mezza, poi è arrivata lei... - Il ragazzo accennò a Maria - A quel punto Shiri ha telefonato al padre, dopodiché ci ha detto di restare qui per controllare che la signora non si sentisse male mentre lei si prendeva cura di Jason. Noi vorremmo andare a vedere come sta, prima di andarcene... -
- Veramente è tardi, per cui vi conviene tornare a casa subito. - Isabel fissò i due con fermezza, ben decisa a liberarsi di loro per andare a controllare di persona al piano superiore.
Alexandra socchiuse per un attimo gli occhi. Odiava l’aria di superiorità di quella donna, ma sentiva che in quel momento non sarebbe riuscita ad ottenere niente continuando ad insistere per vedere Jason... Ma dov’erano i suoi genitori? Lui e Shiri ne parlavano sempre con molto calore, ma adesso che avevano bisogno di loro... A quanto pareva non erano poi così diversi dai suoi, dopotutto. - Dove sono i genitori di Jason? - chiese sprezzante.
- Di sopra, naturalmente - fu la secca risposta di Isabel.
- Quei due...?!? - La ragazza si girò stupefatta a guardare le scale.
- Sentite, ora dovete andarvene, ok? Dirò a Shiri di telefonarvi, non appena Jason starà meglio. -
- Grazie - Alexandra abbassò un poco il mento in un accenno di saluto e se ne andò, seguita a ruota da uno sconcertato Glen.

Isabel si sforzò di sorridere mentre accarezzava la fronte umida del nipote. - Ciao, coniglietto... -
Il ragazzo la guardò con occhi colmi di disperazione. Gli sembrava di essere chiuso in una gabbia da cui, per quanto lottasse, non riusciva a liberarsi. Deglutì con notevole sforzo, sperando contro ogni possibilità che almeno lei potesse raggiungerlo, ma quando si rese conto che non c’era nulla da fare abbassò le palpebre ed emise un piccolo sospiro.
Mentre Liz toccava piano la gola del figlio, dove ancora si poteva vedere una brutta tumefazione, Shiri ripeté con voce sommessa quanto accaduto poche ore prima. - Gli hanno quasi schiacciato la trachea, rischiando di farlo morire soffocato... Ho potuto fare qualcosa per lui solo dopo averlo portato qui, perché ero insieme a Glen e Alexandra quando l’ho trovato... - concluse.
- Devono avergli iniettato i neuroinibitori. Non riusciamo ad entrare in contatto con lui... - Max sollevò lo sguardo turbato sulla sorella, che scosse impercettibilmente la testa. - Neanch’io -
- Perché non può parlare? - chiese Liz guardando incerta il marito.
- Non lo so con certezza. Sembra tutto a posto, ma a quanto pare non ha più il controllo del suo corpo. Forse dipende da quello che gli hanno iniettato... Evidentemente volevano essere sicuri che non reagisse e chissà che porcherie hanno usato... -
- Shiri, tesoro, come sono andate esattamente le cose? - insisté Liz, sempre più agitata.
- Io non lo so, mamma. Quando Glen mi ha riferito il messaggio ero con Alexandra, e siccome lui aveva visto che quegli uomini si stavano dirigendo verso l’ingresso della scuola siamo tornati indietro e... - La ragazza si strofinò le braccia come se avesse freddo. - Erano nel bagno dei maschi al pianterreno. Uno di loro stava davanti a una delle porte e nel vederci ci ha puntato contro una pistola. Mentre lottavo con lui ho sentito la porta sbattere con violenza, poi, quando quell’uomo non si è più rialzato da terra, mi sono voltata e Jason era lì, sostenuto da Glen e Alexandra. Lui era... era semisvenuto e non si reggeva in piedi, allora ho pensato solo a tornare subito a casa. Poi è arrivata Maria e... Non sapevo più cosa fare!... -
Liz andò ad abbracciare la figlia e la strinse forte, cercando di placare il tremito che la scuoteva. - Sei stata bravissima, amore... Grazie a te Jason è qui con noi... -
- Ma non sono riuscita a guarirlo! Guardalo, non può muoversi, non può parlare... Che cosa ho fatto per lui?! -
- Chissà dove lo avrebbero portato... E coi suoi poteri mentali bloccati non saremmo riusciti a ritrovarlo... La ragazza le accarezzò gentilmente i capelli mentre il suo sguardo angosciato cercava quello di Max.
- Quindi... gli unici a poterci dire cosa sia successo a Jason sono quei due... Ah!... - Esasperata, Isabel lasciò in tutta fretta la stanza. - Vado a riprenderli! -
- Vengo con te, zia! Tu non sai dove abitano! - Shiri si scostò dalla madre e la fissò con occhi lucidi di lacrime. Torneremo presto, te lo prometto... -
Venti minuti dopo erano di nuovo a casa. Glen guardò con una certa ansia i presenti, a disagio davanti a tutti quegli occhi puntati su di lui, mentre Alexandra avanzò decisa fino a raggiungere il letto su cui Jason giaceva inerte. Serrò nervosa le labbra nel vedere che l’amico si trovava ancora nelle condizioni in cui lo aveva lasciato, poi lo sguardo le si posò su Maria, che sedeva sul bordo del materasso col figlio appena nato fra le braccia, e su suo marito, in piedi dietro di lei. C’era un altro uomo, nella stanza ora decisamente affollata. Alto e imponente, stringeva al petto i due gemelli e osservava pensoso il volto pallido di Jason. Tutte quelle persone, a dire il vero, sembravano concentrate su Jason, e la loro preoccupazione era così intensa da essere quasi tangibile. Tutte quelle persone... amavano Jason... e volevano aiutarlo... E lo voleva anche lei... con tutta se stessa... Fece una lenta inspirazione. - Volete sapere cos’è successo a scuola - iniziò a voce bassa ma ferma. - Bene... Siamo entrati nel bagno dei ragazzi, e c’era un uomo vestito di scuro. Quando ci ha visti ha estratto una pistola ma prima che potesse sparare Shiri gli si è gettata contro. Ho sentito dei rumori provenire da dietro la porta cui stava facendo la guardia e l’ho spalancata. C’erano due uomini. Uno teneva bloccato Jason premendogli il gomito contro la gola e impedendogli di respirare, mentre l’altro stringeva una... una specie di provetta nelle mani. Portava... guanti di lattice... Quello che placcava Jason deve essersi distratto un attimo e avere allentato la pressione e lui ne ha approfittato per strappare la provetta all’altro uomo. - Sorrise suo malgrado - Prima che potessero reagire Glen ed io gli siamo saltati addosso e li abbiamo stesi, dopodiché abbiamo sollevato Jason per le braccia e lo abbiamo tirato fuori da lì... -
- Che fine ha fatto la provetta? - domandò Max scrutandola con attenzione.
Alexandra si strinse nelle spalle. - L’ha frantumata fra le dita prima di accasciarsi. - Non parlò dei pantaloni slacciati di Jason, che si era affrettata a sistemare prima che Glen potesse accorgersene. Non voleva che tutta quella gente sapesse cosa aveva dovuto subire... Ma lei non avrebbe mai potuto dimenticare l’umiliazione negli occhi di Jason... la rabbia cieca con cui si era gettato contro il suo aguzzino...
Avrebbe lasciato che fosse lui a decidere se parlarne o meno, e fino ad allora quello sarebbe stato il loro segreto.
Sentendo su di sé lo sguardo penetrante di Isabel si irrigidì. - Il resto può dirvelo anche Shiri... - Lanciò un’occhiata all’amica. - Ha preferito venire qui piuttosto che perdere tempo a cercare il preside... e ha fatto bene, secondo me! Quell’uomo può essere un vero piantagrane, quando ci si mette... e Jason non aveva proprio bisogno delle sue prediche!... -
- No, immagino di no... - Max tornò a studiare il volto pallido del figlio. “Che cosa volevano da te, quei maledetti bastardi? Perché ti hanno messo in corpo abbastanza neuroinibitori da bloccarti l’intero sistema nervoso?”
Jason ricambiò quello sguardo attento. Era grato ad Alexandra per non aver detto nulla, anche se il ricordo delle sue dita su di sé continuava a riportargli alla mente le ciniche parole del federale. “- Non possiamo avere voi, ma grazie a te fabbricheremo tanti piccoli mostriciattoli e riusciremo a scoprire tutti i vostri segreti... -” In quel momento aveva provato un tale odio che, se ne avesse avuto la possibilità, lo avrebbe incenerito all’istante! Batté forte le palpebre. Non sopportava quella totale impotenza che lo bloccava al letto... Cercò ancora una volta di parlare ma la gola gli doleva terribilmente e lo sforzo lo sfinì. Volse un poco di lato la testa e abbozzò un sorriso. “Non siamo mostriciattoli...” pensò osservando Mathias. “Benvenuto in questo duro mondo, cugino... E non aver paura: nonostante tutto, siamo più forti di loro.” Ripensò al contenuto della provetta, e sospirò di sollievo. Non avrebbe sopportato l’idea di sapere dei bambini innocenti nelle mani di quegli esseri senza pietà... Sentì la carezza leggera di suo padre e rabbrividì interiormente. “Papà...” Deglutì a fatica e abbassò le palpebre, appagato da quel contatto. Sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe desiderato un altro tipo di amore, ma per adesso tutto quello che voleva era la presenza dei suoi genitori... Si addormentò senza accorgersene, e Isabel sospirò sconfortata. - Riaccompagno a casa Glen e Alexandra. -
- Ci penso io, principessa. Ecco, tu e Shiri prendete i bambini... - Morgan consegnò loro i gemelli poi fece strada ai due ragazzi. - Venite, andiamo... -
Sbuffando, Alexandra uscì dalla stanza. Glen, perplesso per tutta quella vicenda, si incamminò dietro di lei senza fiatare.
Sentendo la presa di Michael sulle sue spalle farsi più forte Maria sollevò la testa e lo guardò interrogativamente. Il giovane era scuro in volto, ma certo non poteva ancora essere per il fatto che fosse stata Isabel ad aiutarla a far nascere Mathias, anziché Max... Insomma, Jason riusciva a malapena a respirare! Era normale aspettarsi che Max si prendesse cura del proprio figlio, no? E del resto Isabel aveva fatto un ottimo lavoro... Poi vide lo sguardo di Michael spostarsi sulla testolina di Mathias e il lampo di angoscia che lo attraversò, e sospirò. Già... Ancora una volta l’FBI aveva tradito la parola data... Ma cosa potevano aspettarsi da gente che aveva detto chiaramente che avrebbe preferito sterminarli? Un brivido le corse lungo la schiena. Non era giusto... No, non era affatto giusto!
- Perché non sono riuscita a guarirlo? - La voce sommessa di Shiri, incrinata dal pianto, ruppe l’improvviso silenzio che era caduto nella stanza.
Max poggiò la mano sul cuore di Jason. Batteva lento, anche se abbastanza regolarmente. Perlomeno non era in pericolo di vita, grazie al cielo! Approfondì la sua concentrazione. Niente... Sollevò allora le dita e si tirò indietro, un’espressione di sconfitta sul bel viso. - Devono aver usato qualcosa di diverso, di più forte di quello che ci iniettarono quando ci portarono nell’area 51... Il suo organismo è ancora paralizzato e le funzioni vitali sono ridotte al minimo... Ma è grazie al tuo intervento che è ancora vivo... - Sentì il gemito strozzato di Liz e spostò lo sguardo su di lei. - Non c’è niente di... di rotto, in lui... Ma quella sostanza ha... inibito quasi completamente il suo sistema nervoso isolando il cervello... Per questo non può usare i suoi poteri... Di qualsiasi cosa si tratti, continua a riprodursi come... come una specie di cancro... Sembra dotata di vita propria... e finché non l’avremo eliminata del tutto Jason resterà in queste condizioni... -
- No... - La giovane donna scosse piano la testa, gli occhi lucidi di lacrime. - No... - ripeté in un soffio.
In quel momento Claudia cominciò a piagnucolare e ad agitarsi e Liz scoppiò in singhiozzi. Tutta quella situazione le aveva impedito di avvertire i segnali mentali della bambina, che ormai stava morendo di fame, e col cuore gonfio di pena si alzò dal bordo del letto, tolse la piccola dalle braccia di Isabel e andò nella propria camera. Quando poi Claudia si rifiutò di attaccarsi al seno la disperazione di Liz raggiunse il culmine e la ragazza si precipitò giù per le scale come una furia, diretta in cucina.
Mentre preparava qualcosa di adatto per nutrire la figlia i pensieri di Liz roteavano come impazziti, e quando ebbe finito una gelida calma si era impossessata di lei. Tornata al piano superiore lavò e cambiò la bimba prima di metterla a letto, poi andò a prendere Ethan e lavò e cambiò anche lui dopodiché ordinò senza mezzi termini a Maria di sistemarsi nella stanza di Shiri. - Tu e Mathias non avete bisogno di altre emozioni, per oggi! - esclamò con fermezza prima di rivolgersi a Morgan. - Ti sarei grata se anche tu e Isabel ve ne andaste da un’altra parte. Non vorrei che succedesse qualcosa a lei o a Natalie... -
I due la fissarono stupefatti.
- Ehi, guarda che... -
Liz interruppe le proteste di Isabel con un cenno perentorio del dito. - Fuori, ho detto! Lo faccio per te e la tua bambina! Ti prego, sbrigati! -
Vedendo l’irremovibilità del suo sguardo la donna si alzò lentamente in piedi e, senza dire altro, se ne andò.
Max aveva seguito l’intera scena con crescente preoccupazione. Liz sembrava fuori di sé ma al contempo terribilmente controllata. Il pensiero che quella nuova crisi fosse stata un colpo troppo duro per lei lo gettò nel panico. Non poteva perderla... Aveva troppo bisogno di lei, della sua forza... Solo il saperla sempre al suo fianco gli permetteva di continuare a vivere in un mondo che faceva di tutto per distruggerlo...
Accanto a lui anche Shiri osservava ansiosa sua madre. Non l’aveva mai vista così... così determinata... Sembrava... avere qualcosa in mente...
- Ok, adesso statemi a sentire! - Infine soli, Liz si mise a fianco del letto e guardando Jason ancora addormentato serrò le mani a pugno. - Max, tu hai detto che i neuroinibitori che hanno usato su di lui sono di un tipo diverso, più forte e... vitale... e solo eliminandoli del tutto potrà recuperare le sue energie.
Perché non provi a farlo? Perché tu e Shiri non fate ricorso ai vostri poteri per distruggere ogni molecola di quel veleno? -
Non c’era accusa, nella sua voce, ma soltanto genuina curiosità, e Max cercò di rispondere in maniera chiara, per quanto lui stesso non fosse del tutto certo di quello che stava succedendo nel corpo di suo figlio. - Queste molecole... non mantengono inalterata la loro struttura... Continuano a cambiare, e ogni volta credo di averle eliminate perché non ne trovo più traccia... Ma le condizioni di Jason rimangono inalterate e così faccio nuovi controlli e scopro che... che c’è una diversa molecola, e tutto ricomincia daccapo... Semplicemente... non riusciamo a stare dietro a queste mutazioni... -
- Forse... se aveste più forze...? -
Il giovane la guardò desolato. - Una volta mi dicesti che... non sono Dio... - disse pianissimo. - Avevi ragione... -
Liz sedette accanto a lui e gli prese entrambe le mani. - Ma sei riuscito a riportare in vita Shiri e Jason, contemporaneamente! Non sei Dio, no, ma hai qualcosa di molto potente! La forza del tuo amore! - Aumentò la stretta delle sue dita. - Mi hai sempre detto che io ti do forza, che il mio amore per te ti ha aiutato quando temevi di non farcela più... Usalo adesso! Usalo per nostro figlio! - Lo fissò negli occhi, con l’anima aperta totalmente a lui, e Max sentì il suo calore. Non disse nulla, ma Liz si spostò fino ad aderire alla sua schiena, senza mai lasciargli andare le mani. Consapevole con ogni fibra del suo essere della morbidezza del corpo premuto dietro di lui, del respiro tiepido sul suo collo, l’alieno spostò per un attimo lo sguardo su Shiri, poi su Jason, e un attimo dopo i due graniliti erano sul torace del ragazzo.
Non ci fu bisogno di parole. Shiri e Max posarono le loro mani vicino agli ovoidi, creando una specie di catena, e con un sospiro Liz liberò la mente da ogni sensazione che non fosse l’amore per il suo compagno.
Una luce fortissima si sprigionò dalle loro dita e una silenziosa esplosione di energia avvolse per un attimo il corpo di Jason.
Ansimando pesantemente Max si lasciò andare un poco all’indietro, sostenuto con fermezza da Liz.
Shiri si accucciò a lato del fratello, altrettanto sfinita. Ma sorrideva contenta perché Jason era infine libero. - Andate a dormire, resto io con lui... - disse piano.
Liz abbozzò un sorriso tremulo. - Ai tuoi ordini, tesoro... Vieni, Max, hai davvero bisogno di un po’ di riposo... - Continuando a tenerlo per mano si alzò e lo costrinse a seguirla in camera da letto. - Siete stati fantastici... sussurrò alla figlia prima di chiudersi la porta alle spalle.
Non appena si fu sdraiato sul materasso Max afferrò Liz per la vita attirandola su di sé. - No, non andartene... - bisbigliò.
- Devo andare a lavarmi i denti, e tu hai bisogno di dormire! - protestò lei, non troppo convinta.
- Dopo... - Il giovane le diede un bacio appassionato mentre con la mano libera cominciava a toglierle gli indumenti che lo separavano dalla sua pelle morbida e liscia.
- Non sei troppo stanco? - si preoccupò Liz quando infine lui la lasciò per permettere ad entrambi di riprendere fiato.
- Per far l’amore con te? Mai!... - Con un sorriso intenerito sollevò un poco i fianchi e tremò nel sentire il tessuto dei jeans scivolare lungo il suo corpo eccitato. - Ti amo, Liz... ti amo come nessuno potrà mai amarti... -
- Lo so... - Liz si adagiò di nuovo su di lui, e brividi di piacere la percorsero con violenza. Lo baciò sulle labbra, sul collo, sulla fossetta alla base della gola, e rise dolcemente quando Max rafforzò la stretta sulla sua schiena.

- Sono sicura di aver sentito qualcosa! - Isabel guardò angosciata il soffitto. - Non mi sento tranquilla, voglio andare a vedere! -
- Credi che sia sicuro? - Maria si rivolse a Michael. - Forse dovresti andare con lei... -
Morgan fissò i tre in silenzio, la mascella serrata. Quelle continue ingerenze dell’FBI nella vita delle persone cui era legato cominciava a dargli davvero sui nervi! Ma cos’avrebbe potuto fare? Forse avrebbe dovuto fare due chiacchiere con suo padre... Magari far sentire economicamente il peso del disaccordo della società Coltrane avrebbe potuto costituire un freno, o qualcosa di simile. In fin dei conti sapeva benissimo come, spesso e volentieri, tutto si riducesse ad una questione di soldi!...
- No, vado io. Da solo - Michael si avvicinò alla rampa di scale che portava al piano superiore. - Se avrò bisogno di aiuto ti chiamerò, Isabel, promesso! -
La ragazza fece una smorfia, non credendogli affatto.
Il giovane salì i gradini a due a due, non osando confessare neppure a se stesso il timore che lo animava. Non lo aveva detto, ma anche lui aveva percepito quell’incredibile, istantaneo flusso di energia, e il fatto che nessuno fosse venuto a dare loro spiegazioni lo aveva riempito di terrore. Cos’avrebbe trovato, lassù? Quattro corpi carbonizzati? Quattro amici ridotti a vegetali? Con un ultimo balzo si ritrovò sul pianerottolo e si precipitò nella stanza di Jason. - Ehi! - Per un attimo il suo cuore smise di battere, e con un certo stupore si rese conto che le mani gli tremavano. “Wow!... A quanto pare ci sono riusciti...” In punta di piedi si avvicinò al letto e un sorriso gli stese le labbra nel vedere che, in effetti, Jason e Shiri erano immersi in un sonno tranquillo. Senza indugiare oltre uscì e andò a controllare nella camera di Max e Liz. Stava per aprire la porta quando sentì dei rumori e una luce maliziosa gli accese gli occhi. Cautamente girò la maniglia e spinse l’uscio fino ad ottenere uno spiraglio di pochi centimetri. “Mm... credo che neppure la fine del mondo impedirà a quei due di fare l’amore...” Scuotendo divertito la testa richiuse la porta e tornò dagli altri.

Quando Maria si fu comodamente sdraiata sul letto, con Mathias fra le braccia, Michael spense il lume sul comodino a lato della ragazza lasciando acceso solo quello alle sue spalle e si sistemò al suo fianco. Dorme? - chiese sottovoce.
- Mm... - Maria sorrise incantata. - Sì. Non è bellissimo? Guarda che manine... Così piccole, eppure... perfette... -
- Ha le labbra come le tue - osservò dopo un attimo, - e la stessa linea delle sopracciglia. Ti somiglia molto... -
- Non è un po’ presto per dirlo? Chissà, magari crescendo cambierà... - Anche lei parlava piano, per non disturbare il figlioletto, e Michael alzò una mano per sfiorare quella minuscola guancia. - Spero di no. Tu sei molto bella, e preferirei che rimanesse così com’è... -
La giovane reclinò il capo sulla sua spalla. Aveva finito da poco di allattare Mathias, poi lo aveva cambiato coi pannolini che aveva trovato a casa di Liz, e adesso si sentiva distrutta dalla stanchezza. Era stato un pomeriggio davvero allucinante e non le sembrava possibile di essere di nuovo a casa, al sicuro nella sua camera da letto, vicino a Michael. Si addormentò senza accorgersene, mentre Michael trascorse tutta la notte a guardare lei e il loro bimbo, troppo agitato per l’emozione per riuscire a chiudere occhio.
Quando sorsero le prime luci dell’alba si alzò con delicatezza e andò a preparare una tisana per Maria e un bicchiere di latte per sé e del pane tostato, poi mise il tutto su un vassoio, insieme ad un assortimento di marmellate e salse, e tornò a letto. Maria dormiva ancora, con Mathias steso su di lei. Sorrise scrollando le spalle. In un angolo della stanza troneggiava già da qualche giorno la deliziosa culla regalata da Isabel e Morgan, ma la sera prima non aveva osato neppure suggerire alla ragazza di sistemarvi il piccolo, sicuro com’era che non avrebbe mai accettato... Però doveva riuscire a convincerla che Mathias poteva benissimo dormire lì, altrimenti come avrebbe fatto a continuare a restarle accanto senza toccarla, senza abbracciarla? Senza poterla stringere a sé e farle sentire quanto l’amava...
Nel percepire il profumo dei toast Maria spalancò sorpresa gli occhi. - Ma allora non è un sogno! Oh, Michael, sei un vero tesoro! -
Ridendo, l’alieno le tolse il figlio dallo stomaco e le porse il piatto. - Buon giorno, amore -
- Buongiorno a te! - Maria gli diede un bacio sulla guancia poi afferrò una fetta di pane e l’addentò golosamente. - Cominciavo ad avere i crampi per la fame! -
Michael le passò la tisana e la osservò divertito mentre faceva colazione, limitandosi a sbocconcellare una fetta di pane spalmata con una grande quantità di tabasco e marmellata di ciliege.
Più tardi fecero insieme il bagno a Mathias e poi Michael cominciò a fare una lista accurata delle cose di cui avevano bisogno. Grazie ai preziosi consigli di Liz Maria si era procurata un po’ di tutto, ma ora che Mathias era lì, in carne ed ossa, sembrava che mancasse un sacco di roba! Ma la questione più urgente era il fatto che non avessero ancora dato la lieta notizia ad Amy: magari quella avrebbe dovuto essere la prima delle loro incombenze... Mentre uscivano di casa un pensiero molesto attraversò la mente di Michael, che si passò le mani fra i capelli imprecando sottovoce. “Morgan!” - Scusa un attimo! - Fece segno a Maria di avviarsi verso l’auto e trasse dalla tasca del giubbotto il cellulare. - Morgan, scusa, oggi ho veramente troppo da fare! Ti spiace se mi prendo la giornata libera? -
“- Non preoccuparti, l’avevo immaginato quando ho visto che non arrivavi... Dai un bacio a Mathias da parte mia e... in bocca al lupo! -”
- Sei un vero amico... - Il ragazzo interruppe la comunicazione e corse dietro la moglie.

- Guarda! Ci sono tutti e due! -
All’esclamazione di Glen, Alexandra si volse di scatto e sorrise felice. - Jason! - Si slanciò verso di lui abbracciandolo forte e il ragazzo, piacevolmente sorpreso, ricambiò la stretta sollevandola un poco da terra. - Ciao! -
Al suo fianco Shiri sorrideva compiaciuta. - Siete stati bravissimi, ieri! Grazie a tutti e due! -
Jason infilò le dita fra le treccioline sottili della ragazza. - Grazie... - le bisbigliò all’orecchio.
- Di nulla - Alexandra aspirò avida il profumo della pelle di Jason. Era così bello vederlo di nuovo in piedi, pieno di vitalità... Quando lo aveva visto crollare a terra, il giorno prima, per un terribile attimo aveva creduto che fosse morto e poi aveva sentito un flebile lamento sfuggirgli dalle labbra sbiancate e aveva incitato Glen ad aiutarla. Ma era stato spaventoso sentire il suo corpo inerte... - Di nulla... - ripeté mentre una lacrima le scivolava lungo la guancia.

Scritta da Elisa


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