Riassunto:
Finalmente giunge il giorno della laurea e Liz, Max ed Isabel fanno ritorno a
Roswell.
Data di stesura:
dal 21 aprile all’11 giugno 2003.
Valutazione:
adatto a tutti.
Diritti: Tutti
i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN, e il racconto è di
proprietà del sito Roswell.it.
E-mail:
ellis@roswellit.zzn.com
Nota dell'autrice:
Mi piacerebbe scrivere sempre storie piene di colpi di scena e avventure
incredibili, naturalmente senza tralasciare il romanticismo... ma a volte le
cose vanno in maniera diversa. Grazie, Monica, per i tuoi preziosi consigli!
Fu Jason il primo a vederli. Liz e Max avevano appena varcato la soglia
dell’edificio scolastico e si stavano dirigendo a passo svelto verso di loro.
Si tenevano per mano e sorridevano contenti mentre Isabel li seguiva a breve
distanza, tenuta affettuosamente sottobraccio da Morgan.
Era una splendida giornata, ed il sole stemperava un po’ l’aria frizzante di
quel mattino di metà novembre. Una combinazione perfetta per un momento
perfetto. Liz, Max ed Isabel avevano appena sostenuto la tesi di laurea
ottenendo il punteggio massimo, e tutto era pronto per il ritorno definitivo a
Roswell.
Il ragazzo si affrettò a deporre il corpicino tiepido di Ethan nella carrozzina
prima di precipitarsi verso il gruppo e saltare al collo del padre. - Ehi, ci
avete messo un mucchio di tempo! -
Max lo afferrò forte per la vita e ruotò su se stesso sollevandolo da terra. -
Non è vero, coniglietto, siamo stati via solo due ore e mezza! -
- Appunto! - Jason rise allegramente e gli scoccò un bacio sulla guancia. - E’
andata bene, vero? -
- Benissimo, sì! - Max gli ricambiò il bacio con tenerezza. Amava profondamente
i suoi figli ma Jason occupava un posto particolare nel suo cuore e continuò a
stringerlo anche se ormai era alto quasi quanto lui.
- E io? - esclamò Liz allargando le braccia per accoglierlo.
Questa volta fu Jason a sollevare la madre, che spalancò gli occhi sorpresa. -
Wow, come sei diventato forte! -
- Non dimenticare tua zia, piccolo birbante! - Isabel sorrise al nipote, che si
girò ad abbracciarla con occhi inumiditi per l’emozione. Dopo i genitori e
Shiri, lei era la persona che amava di più al mondo, ed era molto felice di
sapere che stava davvero bene.
- Ciao, zio Morgan... -
Morgan si protese a passare un braccio intorno alle spalle del ragazzo e gli
diede un bacio sulla fronte. Ciao, giovanotto! - L’ex agente federale si era
sinceramente affezionato a Jason e a sua sorella, e non provava più alcun senso
di diffidenza per i loro poteri. Così come aveva imparato ad apprezzare senza
riserve il profondo legame che li univa e che aveva portato gente come lo
sceriffo Valenti e l’avvocato Evans a sfidare le autorità pur di proteggerli.
Si era dovuto alzare prima dell’alba per essere ad Albuquerque in tempo per
accompagnare Isabel al campus, ma ne era valsa la pena. Sapeva che erano tutti
e tre molto preparati e che le dure esperienze attraverso cui erano passati
impedivano loro di sentirsi particolarmente nervosi all’idea di quell’ultimo
esame, tuttavia era certo che avrebbero gradito la vicinanza di qualcuno che li
sostenesse. E difatti Isabel aveva lanciato un grido di gioia quando, uscendo
di casa, se l’era trovato davanti, mentre gli occhi di Liz si erano fatti
lucidi nel salutare Shiri prima di varcare l’ingresso dell’edificio centrale
del complesso universitario.
- Come sono stati i piccoli? - chiese Max curvandosi sul passeggino.
- Molto tranquilli. - Shiri sorrise alla sorellina, che sollevò un braccio
verso di lei gorgogliando contenta.
- Pronti per tornare a casa? - domandò allora Morgan.
- Prontissimi - Isabel passò una mano fra i morbidi capelli del marito. - Jason,
vuoi venire con noi? -
- D’accordo! - Il ragazzino fece un sorriso di scusa ai genitori prima di
seguirla, poi Liz aiutò Max a sistemare i gemelli nel fuoristrada e di lì a
poco le due vetture imboccarono la 40 Est.
Si fermarono a pranzare in un fast food lungo la strada, e furono momenti di
grande relax. Per la prima volta, dopo tanto tempo, non avevano alcuna fretta.
Nessun impegno pressante, nessun nemico in agguato, nessun cupo pensiero dietro
quei giovani volti spensierati.
Max ed Isabel scherzarono a proposito dei rispettivi esami, mentre Morgan
osservava affascinato Liz giocare con Claudia. - Vedo che il tuo dito le piace
davvero molto!... - esclamò ad un tratto.
La ragazza rise divertita. - Lo credo bene, con tutto il Tabasco che ci ho
messo sopra! -
- Ma... non è un po’ troppo piccola per mangiare quella roba? -
Liz fece una buffa smorfia alla figlioletta, che agitò forte le gambe paffute.
- A quanto pare no, vero, tesoro? -
A conferma delle sue parole Jason prese la bottiglia di salsa e se ne versò una
generosa quantità sul gelato. - Il fatto è che, così, diventa tutto più buono -
disse portandosi una cucchiaiata di dolce alla bocca.
- Sì, d’accordo, anche a me piace il cibo piccante, ma addirittura sul
gelato?!? -
- A noi piace il contrasto, vero, coniglietto? - Isabel fece l’occhiolino al
nipote poi bevve un’abbondante sorsata di coca cola cui aveva aggiunto in
precedenza la salsa incriminata.
Max si appoggiò allo schienale, annoiato. - Sentite, non ho alcuna intenzione
di attirare la curiosità delle cameriere facendo man bassa di Tabasco, quindi
vedete di farvi bastare quello rimasto, ok? -
Nessuno, sentendo quelle parole, avrebbe potuto immaginare che, nel frattempo,
la sua mano stesse vagando sensualmente sulla schiena di Liz fino a scivolare
sotto la cintura dei pantaloni di lana sottile che indossava. Poi la ragazza si
lasciò sfuggire un ansito e Isabel roteò gli occhi esasperata. - Max, non ce la
fai proprio ad aspettare di essere a casa? -
- No - Il giovane si raddrizzò e con la punta delle dita scostò i capelli dalla
nuca di Liz prima di deporvi un bacio gentile. - Ma farò del mio meglio... -
aggiunse mentre lei si voltava a guardarlo negli occhi, una luce dolcissima
nelle iridi di velluto.
Jason lanciò una lunga occhiata alla sorella, conscio della sua improvvisa
mestizia, e le sfiorò la mano con la propria. - Devi avere pazienza, Shiri... -
sussurrò a fior di labbra.
La ragazza annuì leggermente, poi riprese a mangiare ma ormai nei suoi pensieri
c’era solo Bren. Il ricordo del suo abbraccio, del lento battito del suo cuore.
Dei suoi occhi chiari che la guardavano sorridendo. Quanto desiderava vederlo
di nuovo, e non solo in sogno...
Ad Isabel non sfuggì l’inattesa riservatezza dei nipoti, e con fare spigliato
cominciò a raccontare aneddoti dei primi giorni di università riuscendo infine
a strappare una risata a Shiri.
Il viaggio verso Roswell riprese poi tranquillamente, e quando le due vetture
si fermarono davanti casa Evans Diane e Phillip, insieme ai coniugi Parker, si
affrettarono ad uscire per salutare i rispettivi figli.
Più volte Diane sorprese Nancy ad osservare Liz, specie quando quest’ultima era
vicino a Max, e alla fine non resisté e si decise ad affrontarla.
- Senti, io non credo di riuscire a capire... - E davanti allo sguardo
perplesso di lei fece un cenno in direzione della giovane coppia. - Continui a
guardarli come se non ti fidassi di mio figlio, eppure posso assicurarti che
Max ama davvero Liz! Insomma, come puoi ancora dubitare di questo? -
L’altra donna serrò per un attimo le labbra. - Non ne dubito, infatti. E’ solo
che mi sembra così... innaturale che alla loro età provino un sentimento tanto
profondo... Insomma, sono solo due ragazzi! -
- E con questo? Vuol dire che li abbiamo educati bene, che sanno cosa vogliono
e hanno la forza ed il coraggio necessari per ottenerlo... -
Nancy s’irrigidì. - Io la vedo diversamente. Adesso, sanno cosa vogliono. Ma
cosa succederà fra un anno, o due? Se Liz scoprisse di non essere più
innamorata di Max, o viceversa... Hanno quattro figli, per l’amor del cielo! Ho
fiducia in Liz, ma a volte penso che si sia comportata in modo avventato!... -
La signora Evans sorrise comprensiva. - Beh, certo, hanno bruciato le tappe,
però io credo che abbiano fatto la scelta giusta, e con piena consapevolezza...
Come Isabel, e anche Maria. Oddio, Morgan è un uomo, ha più esperienza, ma non
vedi come tutti loro stanno bene, insieme? Guarda Jason e Shiri... - Si girò un
attimo in direzione dei due ragazzini, che in quel momento stavano giocando con
i fratelli più piccoli. - Io credo che possiamo ritenerci molto fortunate,
perché abbiamo dei figli speciali. Entrambe sappiamo quanto sia difficile
mandare avanti una famiglia, eppure mi sembra che Liz e Max stiano facendo un
ottimo lavoro. -
Non del tutto convinta, Nancy incrociò le braccia sul petto. - Avrebbero dovuto
aspettare, vedere come andavano le cose... -
- Ma il mondo non va come vorremmo noi, purtroppo - Diane si oscurò in volto. -
Altrimenti, avrei potuto risparmiargli tanta sofferenza... - aggiunse quasi fra
sé.
- Cosa vuoi dire? - esclamò l’altra, sentendosi messa sotto accusa.
Diane si riscosse. - Scusami, Nancy, parlavo in senso generale - Sorrise
gentilmente poi, sentendo lo squillo del campanello, le mise una mano sul
braccio. - Questi devono essere Maria e Michael. Scusa, vado ad aprire! - E si
allontanò in fretta, ancora turbata dai tristi ricordi suscitati da quello
scambio di frasi.
Più tardi arrivarono anche Amy e Jim, e Diane, con l’aiuto del marito, poté
finalmente portare in tavola le mille ghiottonerie preparate per l’occasione.
Erano le dieci passate quando gli ospiti cominciarono ad andar via, e Isabel
quasi soffocò Michael nella stretta del suo abbraccio. Anche Liz si rattristò
nel doversi separare da Maria, ma al contempo era ansiosa di mostrare a Max la
nuova casa così non fece resistenza quando l’amica la sospinse ridacchiando
verso la loro auto. - Adesso andate a festeggiare per conto vostro, ragazzi! -
Morgan, dal canto suo, guardò interrogativo Isabel, che aprì lo sportello della
potente vettura e sedette lasciando che la gonna si sollevasse mostrando la
gamba tornita. - Per me possiamo andare - disse con tono suadente.
- E’ davvero una casa splendida... - mormorò Max osservando le ampie finestre
del soggiorno.
Liz rise divertita. - Sono lieta che ti piaccia. E’ ancora in gran parte da
arredare, ma volevo farlo con te... Mi sono limitata alle cose essenziali, però
c’è tutto quello che serve davvero, posso assicurartelo!
E davanti al suo sguardo interrogativo salì al piano superiore, dove si
trovavano le camere da letto. Ce n’erano quattro, di cui una piuttosto grande.
- La stanza più vicina alla nostra è per Claudia ed Ethan, mentre le due in
fondo al corridoio sono per Jason e Shiri. -
- Vi spiace se noi ce ne andiamo a dormire? - chiese quest’ultima dondolandosi
prima su un piede e poi sull’altro.
- Certo che no, tesoro! Ci vediamo domani per la colazione, va bene? -
- Mm - La ragazzina fece un cenno di saluto con la mano e corse a rifugiarsi
nella sua stanza. Voleva molto bene al fratello e ai gemelli, per non parlare
poi dei genitori, ma in quel momento sentiva forte il desiderio di starsene un
po’ per conto proprio.
Max seguì allora Liz nel bagno più grande, dove era stato sistemato un
fasciatoio, e l’aiutò a lavare e cambiare i due neonati. - Così è decisamente
più comodo... - mormorò mentre asciugava Ethan con cura.
- Già. Lo avresti mai immaginato, quel giorno in cui mi confessasti di... di
essere un alieno..., che ci saremmo ritrovati qui, uno accanto all’altra, a
sistemare i pannolini di questi angioletti? -
- No. A dire la verità, non pensavo neppure che sarei riuscito a diventare tuo
amico... Figuriamoci il padre dei tuoi figli... -
Liz sorrise, ed il viso le si illuminò. Senza dire altro finì di vestire
Claudia e andò a deporla nel suo lettino, imitata da Max che fece lo stesso con
Ethan, poi prese il giovane per mano e se lo tirò dietro fin nella loro stanza.
Afferrati i lembi della sua giacca arretrò fino al bordo del materasso e vi si
lasciò cadere sopra, attirandolo su di sé. Le sue mani tirarono impazienti il
morbido tessuto della camicia finché riuscì a raggiungere la pelle nuda mentre
i loro baci diventavano sempre più profondi.
Quando si svegliarono, l’indomani, Max era disteso contro la schiena di Liz e
teneva entrambe le braccia incrociate sul suo petto. La ragazza stava in
posizione leggermente rannicchiata, una mano sui suoi polsi e l’altra
abbandonata davanti a sé.
Il giovane serrò per un attimo l’abbraccio poi passò una gamba su quelle di lei
e lasciò scorrere le dita lungo la sua colonna vertebrale. - Buongiorno,
amore... - bisbigliò.
La lenta carezza fece rabbrividire di piacere Liz, che si girò sospirando e
cercò un contatto più intimo.
- Potrei morire fra le tue braccia... - Max si strinse a lei, amandola con
tenerezza.
- E io nelle tue. Mio dio, Max, non voglio vivere senza di te... -
- Non dovrai farlo... Mai più... - Il ricordo di Tess era lontanissimo, nella
sua memoria, ma non così il male che aveva fatto a Liz. Lei lo aveva perdonato,
con le parole e coi fatti, però a volte sentiva forte l’esigenza di
rassicurarla. Anche se sapeva perfettamente che Liz era consapevole
dell’immenso amore che nutriva per lei... Continuò ad amarla finché gli sembrò
che l’universo fosse diventato troppo piccolo per contenere le emozioni che
stava provando, e sprofondò nella sua anima.
- Sono così felice che finalmente Liz sia tornata a Roswell! Mi è mancata
molto... -
Michael, leggermente sollevato sul gomito, prese a giocherellare con le lunghe
ciocche dei capelli di Maria accennando un sorriso. Sì, l’ho visto. Credo che
tu l’abbia abbracciata più forte di sua madre!... - Emise un sospiro e si
allungò un poco in avanti fino a posare la guancia nell’incavo della sua
spalla. - Anche io sono contento di riavere Max da queste parti... - confessò,
poi fece scivolare una mano lungo il torace della ragazza, fermandosi sulla sua
pancia. - Non solo perché così potrà aiutarti in caso di problemi, ma... lui ed
Isabel fanno parte della mia famiglia... sono la mia famiglia... e non mi
piaceva saperli lontani... -
Maria gli accarezzò gentilmente il collo. - Adesso siamo di nuovo tutti
insieme. Sai, io e Liz sognavamo così la nostra vita, quando eravamo bambine...
Felicemente sposate... - Nel dire questo gli sfiorò le labbra con la punta di
un dito, sorridendo quando lui vi depose un leggerissimo bacio - con tanti
figli... e le case confinanti per poter passare insieme il tempo libero... -
- Allora sei fortunata: tutti i tuoi desideri si sono realizzati -
- E i tuoi? -
Il giovane tornò ad adagiarsi sulla schiena, facendola rabbrividire per
l’improvvisa sensazione di freddo. Quando ero bambino volevo solamente una
cosa: trovare la mia vera famiglia. Ma non è stato possibile -
Acutamente consapevole della sua brusca chiusura, Maria si volse sul fianco e
gli passò un braccio intorno alla vita. - Adesso ne hai una. Io... non ricordo
quasi nulla di mio padre. Se n’è andato via quando avevo appena sette anni, e
mia madre non ha mai parlato di lui. Non rammento neppure il suo nome, o il suo
volto... Mamma ha distrutto tutte le sue fotografie - Sospirò - Certo, non è la
stessa cosa che scoprire che tutti i tuoi parenti sono morti, però posso capire
quello che provi... Comunque sono sicura che tu sarai un padre fantastico. -
Cercò il suo sguardo - Sei molto bravo a nasconderlo, ma io so come sei
davvero... -
Michael fece una smorfia. - Ah sì? Devo elencarti tutti gli insulti di cui mi
hai gratificato da quando ti conosco? -
La ragazza accennò a dargli un pugno nello stomaco e lui le bloccò il polso. -
Piantala di darmi pugni! Mi fai male! - disse con durezza.
- Oh, il grande generale ha la pelle sensibile! Povero tesoro!... - Sentendo
un’improvvisa collera montarle dentro Maria si sollevò in ginocchio, cercando
inutilmente di liberarsi dalla presa. - Hai forse dimenticato come mi trattavi?
Per te ero solo uno stupido essere umano che conosceva il tuo terribile
segreto! -
Punto sul vivo lui le prese anche l’altro polso e si mise a sua volta in
ginocchio, fronteggiandola con occhi fiammeggianti. - Io non ti ho mai
considerata uno stupido essere umano! Ero arrabbiato con Max per averci messo
in pericolo guarendo Liz, ed ero arrabbiato con lei per averti parlato di noi,
ma mai... mai!... ho pensato a te in quel modo! - Le lasciò andare i polsi per
afferrarle il capo. - Tu eri terrorizzata, e questo mi faceva infuriare! Io non
ti avevo fatto niente, eppure mi guardavi come se fossi il tuo peggior nemico!
Hai una vaga idea di come mi sentissi?!? -
Lei lo fissò indispettita. - Veramente... se ben ricordi, fra te e Isabel
facevate a gara per spaventarmi! -
- Ma io ero più spaventato di te, maledizione! - Si chinò su di lei prendendole
le labbra in un bacio quasi violento. Max si fidava ciecamente di Liz, era
sicuro che non ci avrebbe tradito... Però tu eri un pericolo, per noi! Ci
temevi, volevi denunciarci allo sceriffo... Avevi una paura folle! - La baciò
di nuovo. Non sai quanto ti ho odiata, in quei momenti... - La sua voce divenne
un bisbiglio. - Eri così bella... vibrante... ma mi trattavi come se fossi un
mostro... E mi faceva male... -
- Mi dispiace... - Maria fece un piccolo cenno con la testa, sentendosi di
colpo come svuotata. - Tu eri sempre molto duro, con me, e io non sapevo come
prenderti... Non reagivi mai come mi aspettavo... Anche a me faceva male il
modo in cui mi trattavi... -
Michael rimase per un attimo immobile, poi le fece scivolare un braccio dietro
la schiena premendola gentilmente contro di sé. - Avevo paura di legarmi a
qualcuno perché volevo sentirmi libero di potermene andare in qualsiasi
momento... ovunque si trovasse la mia vera casa... Ma poi ho cominciato a
temere di più la possibilità di perderti... Da quel momento sono stato tuo... -
- Meglio tardi che mai - scherzò lei di nuovo rasserenata, prima di passargli
le braccia intorno al collo. Senti... - Lo baciò sulla mascella - domani alle
otto mia madre viene a darmi una mano per montare le tende. Pensi che prima di
allora riusciremo a combinare qualcosa? -
- Strega! - Sorridendo Michael la sospinse all’indietro sul materasso e poi si
sdraiò accanto a lei girandola di fianco per evitare di pesarle sulla pancia,
ormai decisamente arrotondata.
Solo quando, molto tempo dopo, Maria si addormentò esausta contro di lui
Michael le infilò le dita fra i capelli scostandoglieli dal viso e depose sulla
sua tempia un’infinita serie di baci leggeri come le ali di una farfalla.
L’amava con tutto se stesso ma ancora troppo forte era radicata in lui la paura
di soffrire, così a volte non sapeva come comportarsi. C’erano dei momenti,
infatti, in cui si sentiva morire per il desiderio di passare ogni istante
della sua vita accanto a quella impossibile ragazza, eppure altre volte avrebbe
voluto ritirarsi, allontanarsi da ogni cosa, ed in questo modo sentirsi
responsabile solo di sé. Era quello che aveva sempre avuto la tendenza a fare,
fin da quando aveva rinunciato a seguire Max e Isabel nel deserto. O ancora
quando aveva deciso di andarsene da Roswell. Oppure si era rifiutato di tornare
su Antar insieme a Max. La verità era che aveva sempre rifuggito la compagnia
della gente. Comunque, dai tempi in cui parlava solo con Max e sua sorella, ne
aveva fatta di strada... Con un sospiro si riadagiò sul cuscino portandosi
dietro Maria, la quale si limitò a sbuffare un poco nel sonno mentre gli
passava d’istinto un braccio intorno il collo. Sorridendo fra sé le circondò i
fianchi per trattenerla e chiuse gli occhi finalmente rilassato. Qualche minuto
più tardi dormiva tranquillo.
- Ehi, guarda chi c’è! Nonna Diane! -
- Oddio, Isabel, non chiamarmi così, ti prego... Mi fai sentire... vecchia! -
La ragazza si protese ridendo verso la madre e le diede un bacio sulla guancia.
- Ma Jason e Shiri lo fanno... - obiettò poi.
- Loro sono i miei nipoti. Tu no - Diane Evans si chinò a prendere in braccio
Claudia. - Sei un vero tesoro, piccola... - I suoi occhi brillarono
pericolosamente quando si volse a guardare la figlia. - Non trovi che somigli
moltissimo a Max? - chiese piano.
- Sì, è vero, ha i suoi stessi occhi. - Isabel accennò un sorriso sognante -
Mamma, ti rendi conto? Lui... lui ha avuto dei figli... Noi eravamo convinti
che saremmo rimasti soli, che non avremmo mai avuto una vita normale... perché
nessuno doveva sapere la verità... Invece... la forza dei sentimenti che Max ha
sempre provato per Liz ha compiuto questo miracolo... -
- Ne sono felice per voi. Siete sempre stati dei bravi ragazzi, ma a volte
avevo la sensazione che vi sentiste un po’... distaccati... dagli altri... Ed
era così, anche se lo sapevate nascondere molto bene... - Le sfiorò il volto
con una carezza colma d’affetto. - Che ne dici di andare a fare un po’ di
compere insieme? -
La giovane lanciò un’occhiata all’orologio. - E’ una buona idea. Penso che Max
e gli altri ne avranno ancora per parecchio... -
- Come stavano Jason e Shiri? -
- Bene, erano molto tranquilli. - Si chinò per rimettere il ciucciotto in bocca
ad Ethan e gli fece un po’ di solletico sul pancino suscitando degli allegri
ciangottii. - Hanno studiato tantissimo e non dovrebbero avere alcun problema a
superare i test per l’ammissione, anche se non si può mai dire. -
Diane la scrutò di sottecchi. - Mi sembri piuttosto nervosa, cara... -
- Beh, ecco... quest’attesa mi sta uccidendo!... - confessò allora Isabel con
una smorfia.
- Allora lo shopping è proprio quello che fa per te! - Così dicendo la donna
accennò alla doppia porta a vetri di un negozio specializzato in abbigliamento
per adolescenti, pochi metri più avanti. - Vorrei trovare una maglietta per
Shiri e dei jeans per Jason. Quei due sono cresciuti un bel po’ dall’ultima
volta che li ho visti... - Un pensiero improvviso le fece corrugare la fronte.
- Non è che...? -
Isabel comprese al volo e scosse decisa la testa. - No, è tutto ok. Adesso sono
molto più forti e il loro sistema biochimico si è stabilizzato -
- Oh... Bene... bene... - In realtà Diane Evans non era sicura di aver capito
con esattezza cosa intendesse dire ma la sua espressione serena fu sufficiente
a tranquillizzarla.
Dopo aver fatto i loro acquisti madre e figlia andarono in un centro
commerciale alla ricerca di qualcosa per Claudia ed Ethan, e Isabel si
immobilizzò davanti ad una splendida culla, sfiorandone il bordo con mano
tremante. - E’... bellissima... - bisbigliò.
- Sì, hai ragione. - La madre la osservò attenta. - Tesoro, c’è forse qualcosa
che dovrei sapere? - le chiese gentilmente.
A quelle parole la ragazza si scosse e agitò decisa la testa. - No. Ma stavo
pensando al bambino di Michael e Maria. Mi piacerebbe regalargliela... -
- E’ un’ottima idea. Vieni, andiamo a cercare una commessa! -
Pochi minuti più tardi riuscirono a prendere gli accordi per la consegna, poi,
mentre Isabel era occupata a pagare, Diane si allontanò un attimo.
- Temo che... ci sia un errore nelle date di nascita... - La segretaria sollevò
lo sguardo dai moduli che le erano appena stati consegnati e diede un’occhiata
perplessa ai due adolescenti in piedi davanti a lei. Secondo quello che avete
scritto Jason Maxwell è nato il 15 luglio 2002 e Shiri Elizabeth il 18 aprile
2003... - Tornò a fissare Max, che serrò per un attimo le labbra. - E’ così,
infatti, non è un errore. Hanno un difetto genetico che ne ha accelerato la
crescita, e il loro sviluppo mentale è adeguato all’età che dimostrano. Finora
hanno studiato a casa, però adesso vorremmo che frequentassero la scuola... -
Ferma al suo fianco Liz strinse le mani a pugno e cercò di calmarsi
costringendosi a controllare il respiro. Odiava quelle bugie, odiava il fatto
che i suoi figli sembrassero avere quindici anni quando invece...
La donna scosse la testa, a disagio. - Ehm... Scusate, io... devo parlarne col
preside. Aspettatemi qui... -
Fu questione di pochi minuti, dopodiché tornò nel suo ufficio e invitò il
gruppetto a seguirla.
- Buongiorno, signor preside -
- Max Evans! E Liz Parker... Dunque siete proprio voi due! Allora? Cos’è questa
storia? - L’uomo accennò ai documenti che la segretaria gli aveva portato.
Max seguì il movimento della sua mano e dentro di sé emise un sospiro
rassegnato. - Jason e Shiri sono i nostri figli, e quelle sono le loro date di
nascita. Ma le assicuro che sono perfettamente in grado di sostenere i test di
ammissione -
- Non ne sarei così certo, in fin dei conti l’anno scolastico è già iniziato...
-
- Loro desiderano andare a scuola - insisté il giovane. Maledizione, quella era
l’unica possibilità per i ragazzi di inserirsi nella vita normale e lui avrebbe
fatto qualsiasi cosa pur di concedergliela!
- La prego, gli faccia fare i test! Che cosa le costa? - esclamò Liz, incapace
di trattenersi oltre.
- Parker, non è una questione personale, mi capisce? E’ un problema di leggi,
di regole... A quest’età - e batté l’indice sui moduli - si va all’asilo nido,
non alle scuole superiori! -
- Io... - Liz si passò una mano fra i capelli, lottando per rimanere calma - Ma
insomma, come può pensare che vadano all’asilo?!? -
L’uomo socchiuse gli occhi, vagamente esasperato. Evans e Parker erano stati
degli ottimi studenti finché non avevano cominciato a frequentarsi. Da quel
momento in poi era stato un continuo susseguirsi di problemi, anche se alla
fine si erano diplomati con ottimi voti. Non gli piaceva per nulla la
prospettiva di doversi occupare adesso dei loro figli... - Sentite, io... -
Tornò a studiare i moduli di iscrizione, la mente in subbuglio nel tentativo di
trovare una via d’uscita. Poi scrollò il capo. Non poteva rischiare di finire
con una denuncia alla scuola, in fin dei conti il padre di Max Evans era un
avvocato, così l’unica cosa che poteva fare era sottoporre i ragazzi a quei
dannati test e sperare che non riuscissero a superarli... - Va bene, vediamo
come se la cavano - borbottò alla fine, seccatissimo. - Signorina Long, vada a
prendere i test dei corsi base dell’ottavo e del nono anno - Si rivolse alla
giovane coppia - Così vedremo subito a quale livello eventualmente inserirli...
-
Dal suo tono di voce si capiva bene come sperasse, in realtà, che Jason e Shiri
non ce la facessero, tuttavia Max si sentì subito più tranquillo e accennò un
sorriso verso Liz. - Noi andiamo ad aspettare di là in segreteria. -
- Sono quattro materie, ci vorranno un paio d’ore. Vi conviene tornare più
tardi - obiettò il preside.
Rendendosi conto che non era il caso di irritare ulteriormente l’uomo Max annuì
e si volse a dare un’occhiata d’incoraggiamento ai figli. - A dopo... - disse
piano prima di andarsene, seguito un po’ malvolentieri da Liz.
Quando furono fuori della scuola la ragazza commentò con toni coloriti il modo
di fare del preside. - Ma ti rendi conto? E’ chiaro che non vuole Jason e Shiri
come allievi! Magari, se li avessimo iscritti ad Albuquerque, o ancora prima a
El Paso, come avevamo pensato di fare, ci sarebbero state meno difficoltà... -
Max fece una spallucciata. - Prima di tutto non era il caso che li mandassimo a
scuola subito dopo quello che era successo, e in ogni caso chi ti dice che
anche lì non avrebbero fatto storie? Chiunque reagirebbe così davanti ad una
situazione del genere, e del resto se provassimo a falsificare le date di
nascita non potremmo indicare noi come genitori. Tutto sommato il loro è
davvero un problema genetico, quindi continuiamo in questo modo e vediamo cosa
succede... -
- Succederà un grande pasticcio, ne sono più che sicura! - Liz s’infilò le mani
in tasca, e quando lui le passò un braccio intorno alle spalle stringendosela
al fianco si morse le labbra rattristata. - A dire il vero è già un grande
pasticcio... -
Il giovane si curvò un poco su di lei per baciarle i capelli. - Se la sono
cavata più che bene in circostanze decisamente peggiori, quindi rilassati e
lascia fare a loro, ok? -
Liz attese un po’ prima di rispondere, poi assentì. - Ok -
- Bene! Allora, che ne dici di andare a vedere qualche mobile per il soggiorno?
-
- Non sono dell’umore giusto -
- Dai, Liz! Preferisci restare qui ad aspettare?! -
La ragazza gli circondò la vita con entrambe le braccia. - No, ma... -
- E poi dobbiamo approfittare di questi momenti di libertà! - Max le sorrise
con aria complice prima di dirigersi verso il fuoristrada. - Saremo di ritorno
in tempo, stai tranquilla... - Le sfiorò la fronte con un bacio leggero poi le
aprì lo sportello.
Circa due ore e mezza più tardi erano di nuovo nell’ufficio del preside. Fuori,
seduti su delle scomodissime poltroncine di plastica, Jason e Shiri aspettavano
con pazienza di conoscere il risultato della loro prova quando sentirono rumore
di passi e richiami vivaci. Incuriositi, si alzarono e andarono verso il
corridoio centrale, dove rimasero a guardare gli studenti muoversi come una
lenta marea, diretti nelle rispettive aule.
- Non avevo mai visto tanti ragazzi tutti insieme... - commentò Shiri
sottovoce.
- Sarà divertente venire a scuola! - Gli occhi di Jason scintillarono con
allegria. Amava l’idea di mescolarsi con quelle persone, di avere nuovi amici,
e sorrise alla sorella. - Che ne pensi? -
- Hai ragione - Shiri gli restituì il sorriso.
Nel frattempo il preside stava informando Max e Liz che i due ragazzi avevano
risposto in maniera corretta a tutte le domande e quindi potevano frequentare
il nono anno.
Poi l’uomo convocò Jason e Shiri e li mise al corrente delle regole
dell’istituto dopodiché li invitò a passare in segreteria per stabilire il
piano dei corsi.
Quando salirono in macchina Liz ascoltò incredula il chiacchierìo dei figli. -
Ehi, si tratta della scuola, non di una festa! -
- Oh, mamma, ma ti rendi conto? Andremo a scuola! -
- Guardate che non sarà tanto semplice! Dovrete andare a lezione la mattina e
studiare il pomeriggio, sarà molto impegnativo!... -
- Così avremo anche noi qualcosa da fare. - replicò Shiri sporgendosi in avanti
per darle un bacio sulla guancia. - Tu inizierai a lavorare in ospedale la
prossima settimana, e fra non molto lavoreranno anche papà e zia Isabel. Zio
Michael e Morgan hanno sempre da fare in agenzia, mentre zia Maria va a lezione
di canto quasi tutte le mattine. E’ noioso studiare da soli, sai? -
- Sì, capisco... - Liz si volse un poco per scompigliarle con affetto i
capelli. - Allora... buon divertimento! -
Max le lanciò un’occhiata breve ma intensa. Sotto quel tono sereno poteva
avvertire la tristezza che provava e si morse le labbra. - Ricordatevi di non
usare mai i vostri poteri - si limitò a dire guardando i figli nello
specchietto retrovisore.
- Stai tranquillo, papà. - Jason si rilassò contro lo schienale e guardò la
successione di negozi che sfilava veloce davanti a lui.
Arrivati a casa di Morgan ed Isabel vi trovarono anche Diane, che stava
cullando Claudia, placidamente addormentata.
- Domattina dovremo essere alle otto in punto nell’aula di matematica! -
annunciò trionfante Jason prima di abbracciare Isabel.
- Non ne avevo alcun dubbio... - La ragazza strinse forte il nipote poi fece la
stessa cosa con Shiri. - Mi raccomando, mantenete alta la fama della famiglia
Evans! E... qui c’è qualcosa per voi! - Le consegnò i pacchetti accuratamente
incartati. - Questi sono per te e Jason da parte mia e della nonna. Spero che
vi piacciano... -
- Grazie! - Shiri l’abbracciò di nuovo prendendo i doni, poi andò a dare un
bacio a Diane e infine si affrettò a sollevare dalla carrozzina Ethan, che
stava giocando con un delizioso peluche. - Ehi, che carino! Chi te lo ha
regalato? Scommetto zia Isabel, vero? -
- Sono stati bravissimi - disse Isabel anticipando la domanda del fratello, -
ma credo che comincino ad avere fame... -
- Sì, lo sento - Liz si avvicinò a Diane, che le porse la bimba, dopodiché
attese che Max smontasse il passeggino. Sei stata molto gentile ad occuparti di
loro... - mormorò grata ad Isabel, poi sorrise a Diane. - Vi ricordo che
quest’anno il giorno del Ringraziamento si festeggerà da noi! -
- Ne sei sicura, cara? Voglio dire, siamo tanti, e... Ah, ho un’idea! Ti darò
una mano a preparare la cena! La donna si rivolse poi ad Isabel. - Tesoro, io
adesso devo tornare a casa: tuo padre ha detto che sarebbe venuto a pranzo e ho
ancora diverse cosette da fare... -
- Certo, mamma, vai pure. Io... credo che andrò da Morgan. Quando lavora ha la
pessima abitudine di saltare i pasti... -
- Bene, allora ci sentiamo domani. Ciao, amore... - Diane abbracciò la figlia
dopodiché seguì i nipoti fino al fuoristrada.
Isabel si svegliò di colpo, disorientata e ansimante. Piano, cercando di non
disturbare Morgan, si alzò e andò in cucina per bere un po’ d’acqua. Rimase poi
a guardare fuori dalla finestra il giardino fiocamente illuminato dalla luna al
suo primo quarto, la fronte appoggiata contro il vetro. La leggera vestaglia di
seta che aveva indossato sulla pelle nuda di solito era più che sufficiente, ma
in quel momento sentì un brivido di freddo correrle lungo la schiena e si
strinse le braccia al petto nel tentativo di scaldarsi. Ad un tratto ebbe di
nuovo quella stranissima sensazione di sdoppiamento e dovette aggrapparsi al
bordo del davanzale per mantenere un contatto con la realtà. - Morgan... -
Senza volerlo chiuse gli occhi e si trovò ancora una volta nel mondo liquido ed
ovattato da cui si era ridestata poco prima, in preda ad un attacco di
claustrofobia. Cercò con tutte le sue forze di combattere il desiderio di
abbandonarsi all’ipnotico, quasi impercettibile movimento, ma scivolò a terra
senza neppure rendersene conto.
In camera da letto Morgan si girò sul fianco e allungò un braccio verso la
parte dove di solito stava Isabel. Trovando il vuoto emise un sospiro e si
spostò fino ad appoggiare la testa sul cuscino di lei. Il profumo di cui era
impregnato il fine tessuto della federa gli penetrò nelle narici e, di botto,
si ritrovò desto. - Isabel! -
Si sollevò su un gomito, sorpreso di non trovarla al suo fianco, e temendo che
potesse avere avuto altri incubi si affrettò ad andare a cercarla.
Quando infine entrò in cucina e la vide stesa a terra le si precipitò accanto e
le mise una mano sul collo. “Dio sia ringraziato, è viva!...” Col cuore che gli
batteva all’impazzata la prese in braccio e la riportò a letto. Le labbra
serrate per la tensione, tornò verso la porta per accendere la luce centrale
dopodiché andò a sedersi vicino al corpo esanime della ragazza e prese a
strofinarle forte le mani. - Isabel... principessa, ti prego... Isabel... -
Vedendo che lei non reagiva andò in bagno per inumidire un asciugamano con cui
poi le tamponò il viso. - Tesoro, mi senti? -
Le palpebre della giovane aliena fremettero leggermente e a poco a poco si
sollevarono mostrando lo sguardo sfocato dei suoi bellissimi occhi scuri.
- Isabel... -
Ci vollero alcuni secondi perché lei riprendesse piena coscienza del luogo in
cui si trovava, allora si rifugiò fra le braccia di Morgan stringendosi forte a
lui, che le pose una mano sulla nuca e la cullò con dolcezza. Ehi, principessa,
cosa ti è successo? - chiese a bassa voce.
- Io... non lo so... non sono sicura... - Isabel si aggrappò alle sue spalle
come se temesse di venire nuovamente inghiottita dal nulla da cui era appena
riemersa. - Ho sognato di essere in un posto buio, caldo... mi sembrava di non
avere consistenza... Mi sono svegliata tremando e sono andata in cucina per
bere ma poi... poi mi sono sentita risucchiare di nuovo là dentro... Non
riuscivo a liberarmi... - Deglutì a fatica, ancora sottosopra per quella
sconvolgente esperienza. - Stringimi forte... Ti prego, stringimi!... -
L’uomo fece quanto richiesto, e un po’ alla volta lei cominciò a rilassarsi.
Quando Morgan fece per riadagiarla sul materasso la ragazza lanciò un grido
soffocato. - No! No, non voglio dormire! Non voglio ritrovarmi laggiù! -
- Amore, sono solamente le tre e mezza... Hai bisogno di riposarti... -
- Non posso addormentarmi! - ripeté lei in preda all’angoscia, guardandolo
disperata negli occhi.
A quelle parole il ricordo del loro primo incontro tornò vivido nella mente del
giovane, che gemette piano. Isabel stava ancora tremando e non gli sembrava
opportuno fare l’amore con lei, per quanto il tepore del suo corpo lo stesse
facendo lentamente impazzire per il desiderio.
Poi gli venne un’idea. Si chinò a baciarle la fronte e sorrise. - Vèstiti,
andiamo a fare un giro! -
Un quarto d’ora più tardi erano in macchina. Morgan guidava tranquillo mentre
Isabel osservava incuriosita il paesaggio. - Non vuoi dirmi dove stiamo
andando? -
- No. Ma lo capirai presto... -
E difatti, quando prese la direzione del deserto, la ragazza scosse la testa
piacevolmente sorpresa. - Sei davvero matto... -
Lui si limitò a ridere, poi rimasero in silenzio fin quando giunsero alla
roccia al cui interno era custodita l’astronave.
Facendo ricorso ai propri poteri Isabel creò una sfera di luce e la tenne
sospesa nel cavo della mano mentre percorrevano il sentiero che conduceva
all’ingresso segreto.
Una volta all’interno della caverna l’aliena si guardò lentamente intorno. - Mi
sento già meglio... - mormorò.
- Sì, immaginavo che ti avrebbe fatto questo effetto... - Morgan le si mise al
fianco e la seguì nella breve esplorazione di quel luogo incredibile.
- Senti questa energia? - domandò ad un tratto Isabel. - E’ lo schermo che
nasconde la nave. Lo hanno creato Max e Michael, per evitare che i satelliti ne
registrino la presenza. - Fece una piccola smorfia. Un po’ alla volta abbiamo
imparato come fare per difenderci... Sono state lezioni molto dure, ma sono
servite allo scopo. L’FBI non riuscirà mai ad impossessarsene -
- Ora capisco perché hai voluto che parcheggiassi la macchina in quel
boschetto... -
- Già. E’ un po’ lontano, ma è un posto sicuro - La ragazza tornò nella parte
della caverna dove si trovavano i resti delle incubatrici. - Pensi che...
potremmo restare a dormire qui? - chiese speranzosa guardando Morgan.
- Beh, non sarà la stanza da letto più comoda del mondo ma credo che si possa
fare. Vieni, sistemiamoci là... - Indicò un punto della parete in cui una
rientranza formava una specie di nicchia naturale, si tolse il giubbotto e lo
distese in terra dopodiché vi si adagiò e tese un braccio verso la ragazza
invitandola ad accomodarsi contro di lui.
Con un sorriso Isabel gli si sdraiò accanto poggiando la testa sulla sua
spalla. - Buona notte, amore... -
- Buona notte a te, principessa -
Si addormentarono quasi contemporaneamente ed il loro fu un sonno tranquillo,
che si protrasse ininterrotto fino all’alba.
Mentre si avvicinavano a casa Morgan osservò sorpreso l’auto parcheggiata
davanti al loro vialetto privato. - E’ di David. Come mai è venuto a Roswell? -
- Che ne dici di andare a chiederglielo? - lo prese in giro Isabel.
Con uno sbuffo il giovane prese il telecomando che faceva aprire l’ingresso del
garage, sistemò la propria vettura e poi, insieme alla ragazza, si avvicinò al
lato del guidatore e batté sul finestrino. - Ehi, svegliati! -
David aprì gli occhi immediatamente raddrizzando la schiena e aprì lo
sportello. - Ma dove diamine eravate finiti?!? Sono arrivato tre ore fa e in
casa non c’era nessuno! -
- Scusa, ma sono affari nostri. Avanti, entriamo, hai l’aria stravolta... - Gli
fece segno di seguirlo mentre Isabel li precedeva con le chiavi già in mano,
poi si diresse subito in cucina e accese il gas sotto il bollitore del caffè. -
Allora? Cosa è successo? -
Il giovane si passò una mano fra i capelli scompigliandoli ancora di più. - Me
ne sono andato dall’FBI -
Morgan si volse di scatto a guardarlo. - Perché? -
- Perché mi ero stufato -
Notando la rapida occhiata di David a Isabel l’uomo s’irrigidì, comprendendo
che il vero motivo era un altro, ed aveva a che fare con sua moglie. - Parla
liberamente -
David si lasciò allora andare contro lo schienale della sedia su cui si era
accomodato. - E’ per via dell’incidente alla base aerea -
- Che intendi dire? - domandò Morgan sconcertato.
- Subito dopo l’esplosione il comandante aveva avvertito i miei capi delle
condizioni in cui ero -
La ragazza mise sul tavolo le tazze, il contenitore dello zucchero e una
bottiglia di Tabasco, un’espressione preoccupata sul bel volto. - Ma poi sei
stato guarito da Max... -
A quel punto qualcosa scattò nella mente di Morgan. - No! Non avranno osato...?
- esclamò furibondo.
- Ne sono uscito grazie all’intervento di nostro padre - ammise David.
- Maledetti bastardi! - L’uomo si sedette accanto al fratello e gli mise una
mano sulla spalla. - Come ti senti? -
- Meglio. Non appena mi hanno lasciato andare ho rassegnato le dimissioni, sono
salito sulla mia macchina e sono venuto qui. Ma non chiedermi perché, non lo so
neppure io... - Guardò riconoscente Isabel, che gli aveva appena versato il
caffè.
- Mi dispiace, io... io non avevo pensato a questa possibilità... -
- Beh, era difficile immaginare che mi avrebbero usato come cavia - Il più
giovane dei Coltrane bevve una lunga sorsata della bevanda bollente e sospirò.
- Credo... di aver bisogno di un periodo di riflessione. Vorrei restare un paio
di giorni qui da te, se non hai nulla in contrario... -
- Certo! E poi? -
- Ci penserò -
- Bene. Allora, benvenuto a Roswell! - Morgan sollevò la propria tazza
accennando un sorriso, subito imitato da Isabel, che poi prese un foglietto e
vi scrisse sopra qualcosa. - Se ti serve l’aiuto di Max questo è il suo
indirizzo, e questo il numero di telefono... - Lo porse al cognato con una
smorfia. - Nel caso non si siano limitati a fare esperimenti... esterni... -
David ripiegò il foglio senza guardarlo e se lo infilò nella tasca della
giacca. - Sei molto gentile, Isabel, ma adesso va tutto bene, davvero... Ho
cominciato a stare meglio subito dopo essermi lasciato Washington alle spalle -
- Sì, ti capisco... - Con un sospiro la ragazza finì il suo caffè e si chinò a
dare un veloce bacio sulle labbra del marito. - Vado a fare una doccia e a
cambiarmi. Max passa a prendermi fra mezz’ora per andare all’osservatorio. -
- Buona fortuna, tesoro -
- Grazie! -
Come Isabel se ne fu andata Morgan rimase a fissare assorto la tazza che teneva
fra le mani. - E’ il loro primo colloquio di lavoro. Sono ragazzi molto in
gamba, David, e desiderano soltanto una vita normale. Ma a quanto pare c’è
qualcuno, all’FBI, che non ha alcuna intenzione di rispettare gli accordi -
- E deve avere anche le spalle ben coperte, per potersi permettere di non tener
conto degli ordini del Presidente... -
- Già. Tutto sommato hai preso la decisione giusta. Eri sprecato, là dentro!...
- Poi si alzò e cominciò a preparare la colazione. - Fra un po’ avrai la casa
tutta per te. Michael ed io abbiamo per le mani un caso piuttosto rognoso e
temo che farò tardi, oggi... -
- Non preoccuparti. E... grazie, Morgan. -
- Figurati -
- Ciao! -
Morgan distolse lo sguardo dal computer e sorrise sorpreso alla moglie. - Ciao!
Già di ritorno? Com’è andata? -
- Benissimo. Siamo stati assunti tutti e due. Che ne dici di andare a
festeggiare? -
- Mm... Prima dimmi come ti senti, però. Stanotte mi hai davvero spaventato,
sai? -
Isabel si strinse debolmente nelle spalle. - Sto benissimo. Non mi è più
capitato... - Si avvicinò alla sua scrivania e sedette sul bordo guardandolo
maliziosa negli occhi. - Comunque... si tratta solo di un invito a pranzo. Per
il resto dovrai aspettare questa sera... -
Ridendo piano Morgan si alzò in piedi e le circondò il volto con le mani. -
Sei... radiosa... Ti amo... - La baciò a lungo, con passione, e non si accorse
dell’arrivo di David finché questi tossicchiò con discrezione. Allora i due si
separarono di scatto e lo guardarono sorpresi.
- Scusate, non volevo disturbarvi... - Il giovane sollevò una mano in segno di
resa. - Me ne vado subito, non preoccupatevi. Io... stavo facendo un giro e...
pensavo di mangiare con te, tutto qui... Ma vedo che hai qualcosa di molto
meglio da fare, quindi come non detto! -
- No, aspetta! - Isabel scese dalla scrivania e gli sorrise gentilmente. -
Vieni con noi: dobbiamo festeggiare la mia assunzione all’osservatorio
astronomico. -
- Beh, complimenti! - David scosse il capo con fermezza. - Comunque, rimango
dell’idea che sia più opportuno lasciarvi soli... -
- David, per favore! - La ragazza si chinò a prendere la borsetta, che era
caduta a terra, poi andò a sedersi sul piccolo divano. - Cerca di sbrigarti,
Morgan, comincio ad avere un certo appetito... - Fece segno al cognato di
accomodarsi accanto a lei. - Dai, raccontami come avete fatto a finire all’FBI!
Due persone così intelligenti, con quei bastardi... -
- C’è anche gente perbene, in mezzo al mucchio. Forse... non quanta
immaginassi, temo... -
- A parte Morgan e te gli unici federali con cui ho avuto a che fare erano
esseri spregevoli - concordò lei.
- Sì, immagino. Ho... ho saputo qualcosa... -
- Allora? Com’è andata? -
- Che tu ci creda o no, lo consideravo un lavoro come un altro. Per Morgan,
invece, credo che fosse una specie di missione... Lui è il tipo del giustiziere
solitario, e quando ha scelto l’FBI non si è stupito nessuno in famiglia... -
- Guarda che ti sento, quindi vedi di piantarla! - intervenne Morgan spegnendo
il computer. - Ho finito. Possiamo andare... -
- Perfetto! - Isabel scattò in piedi. - Oggi siete miei ospiti! - disse
allegramente.
Dopo aver riaccompagnato Morgan in ufficio la ragazza invitò David ad andare
con lei alla West Roswell High. E’ il primo giorno di scuola di Jason e Shiri e
non vedo l’ora di sapere come se la sono cavata! -
- Allora penso che ci saranno anche i loro genitori... -
- Sì, certo, sarà un vero comitato! Dunque? -
- D’accordo - David non era particolarmente entusiasta ma non aveva nulla di
meglio da fare, così tornò con lei verso la macchina.
Come aveva annunciato Isabel davanti all’ingresso dell’istituto si era formato
un vero e proprio comitato di ricevimento: c’erano Max e Liz coi loro bambini,
Diane e Phillip, i Parker, Maria e perfino Michael, che era riuscito a
ritagliarsi qualche minuto di libertà per andare ad accertarsi che fosse andato
tutto bene...
Di lì a poco gli studenti cominciarono ad uscire e Liz, eccitatissima, agitò il
braccio richiamando l’attenzione di Shiri, che spalancò gli occhi sorpresa e
diede di gomito al fratello prima di correre verso di lei. - Ciao, mamma! -
L’abbracciò ridendo. - Siete venuti proprio tutti! -
I due ragazzi si lasciarono sommergere dagli affettuosi saluti dei loro cari,
divertiti per l’allegra confusione che li circondava, poi salirono sul
fuoristrada coi genitori per tornare a casa.
Maria aveva deciso di andare con loro dal momento che Michael doveva tornare in
ufficio, mentre Isabel e David rincasarono dopo essere passati a fare un po’ di
spesa al supermercato.
La giovane accettò l’aiuto del cognato per mettere a posto gli acquisti che
avevano fatto poi lo spedì in soggiorno a guardare la televisione mentre lei
avrebbe preparato qualcosa di speciale per cena.
- Ti spiace se invece resto qui a farti compagnia? Magari potrei anche darti
una mano... Non sono un grande cuoco ma so cavarmela discretamente... -
Isabel lo guardò per un attimo negli occhi. Capiva come dovesse sentirsi, dopo
essere stato sottoposto alle poco amorevoli indagini mediche dei federali, così
accettò la sua proposta e si diede subito da fare per organizzare il lavoro. In
questo modo per le sette in punto tutto fu pronto, compresa la tavola
elegantemente apparecchiata.
- Mi sento di troppo, stasera... - mormorò David guardandosi intorno, ma lei si
affrettò ad abbracciarlo gentilmente. - Non dirlo neppure! Sei il fratello di
Morgan, e per di più sei finito nei guai per avermi aiutata... Mi fa piacere
che tu sia qui, adesso. Davvero, credimi... -
David ricambiò la stretta poi si allontanò di qualche passo scuotendo la testa.
- Sono contento che mio fratello abbia trovato una ragazza speciale come te...
Non avrei mai immaginato che un giorno avrebbe buttato tutto all’aria per
seguire il suo cuore... E’ sempre stato un tipo razionale, rigoroso, e la sua
decisione mi ha molto sorpreso. Finché non ti ho conosciuto... - Sorrise -
Anche nostro padre è rimasto colpito da te, e ti assicuro che non è facile
attirare la sua attenzione!... -
- Beh, materializzarmi seminuda in casa sua non poteva non colpirlo... -
A quell’osservazione il giovane scoppiò a ridere. - Sì, forse hai ragione! -
- Scusa, ma adesso devo proprio andare a prepararmi... - Isabel lo salutò con
un cenno del capo prima di ritirarsi in bagno.
Si spogliò in fretta poi si mise sotto il getto dell’acqua tiepida e prese il
flacone dello shampoo.
Mezz’ora più tardi era davanti a Morgan, immobile sulla soglia di casa, che la
fissava quasi senza respirare. - Sei bellissima... - sussurrò dopo un poco, un
accenno di sorriso sulle labbra ben disegnate.
- Grazie - Isabel indietreggiò per lasciarlo entrare, ed il morbido tessuto del
suo abito di pesante seta cruda frusciò debolmente mentre la luce del
lampadario faceva risaltare il ricco color rubino, che evidenziava per
contrasto l’oro dei capelli.
L’uomo si chiuse la porta alle spalle poi le si accostò e le diede un tenero
bacio. - Mi spiace aver fatto tardi, ma vedo che ne è valsa la pena... -
Isabel gli sfiorò la guancia con una carezza leggera. - Vai a lavarti le mani e
raggiungici in soggiorno -
- Non mi dai il tempo di cambiarmi? Tu sei così elegante, mentre io ho addosso
questi vestiti da stamattina... -
- Stai benissimo, non preoccuparti! - Gli puntò un dito contro il petto
sorridendogli allegra. - Sbrigati, abbiamo fame... -
La serata trascorse in maniera molto piacevole e David, vedendo la profonda
serenità del fratello, si rilassò impercettibilmente. A quanto sembrava si
poteva sopravvivere anche fuori dall’FBI, nonostante tutto... Adesso doveva
soltanto trovare qualcos’altro da fare, magari in un settore del tutto diverso,
e cominciare una nuova vita. Non aveva ancora trent’anni, e non era certo il
denaro che gli mancava... Poteva prendersela comoda e guardarsi intorno finché
non avesse trovato quello che faceva per lui. Ma non in quel momento, no. Ora
aveva solo bisogno di riprendersi da tutto quello che gli era capitato in
quegli ultimi tempi. Prima aveva scoperto che Morgan era innamorato di una
ragazza di origini aliene, il che era già duro da accettare, poi era rimasto
quasi ucciso nell’esplosione di quel magazzino, ed infine era stato sottoposto
ad un’enorme quantità di esami, che sarebbe stato meglio definire torture, da
gente che conosceva da anni e che non aveva mostrato alcuna pietà nei suoi
confronti. A volte si domandava se sarebbero arrivati a vivisezionarlo, se suo
padre non fosse intervenuto in tempo...
Quando ebbero terminato di mangiare David invitò la coppia a ritirarsi. - Ci
penso io a rimettere tutto in ordine, non preoccupatevi! -
- Sei sicuro? C’è una tale confusione... -
- Isabel, stai tranquilla! - Il giovane le sorrise e rimase seduto finché lei e
Morgan non se ne furono andati. Allora si alzò e con calma iniziò a pulire.
Voleva distrarsi facendo qualcosa di semplice, poi magari sarebbe andato a fare
una passeggiata. Stava piovendo a dirotto, in quel momento, ma non gli
dispiaceva camminare sotto la pioggia...
Non appena si ritrovarono nella loro stanza da letto Morgan accese entrambe le
abat-jours e si tolse il pesante maglione di lana e la t-shirt, poi sedette su
una poltroncina abbandonandosi contro lo schienale. Avanti, festeggiamo... -
Isabel lo fissò un attimo pensosa, dopodiché si sfilò le scarpe e gli mise un
piede sulla coscia, molto vicino all’inguine. - Toglimi le calze - suggerì con
voce sensuale.
- Subito, principessa... - Lui fece scorrere entrambe le mani sulla gamba fino
ad arrivare al bordo del pizzo autoreggente e poi tirò piano verso il basso
facendo scivolare l’impalpabile nuvola di nylon.
Allora Isabel mise giù il piede e offrì al marito l’altra gamba.
Quando le ebbe tolto anche la seconda calza Morgan se l’attirò in grembo
facendole sentire tutta la sua eccitazione prima di cominciare a slacciarle il
vestito. Invece di sfilarglielo la fece rialzare in piedi e rimase a guardarla
mentre lei, con mosse seducenti, si spogliava al ritmo di una musica
immaginaria. Non appena rimase senza nulla indosso la mise di nuovo a sedere
sulle sue gambe e cominciò a baciarla ed accarezzarla. - La tua pelle brilla...
Sembra che abbia messo una di quelle creme con le paillettes... -
A quelle parole Isabel si mise a ridere. - No, sei tu... - gli bisbigliò
all’orecchio mentre avvicinava una mano alla cerniera dei suoi pantaloni.
La prima volta fecero l’amore lì, sulla poltroncina, e fu intenso e bello. Poi
Morgan la prese in braccio e la depose sul letto adagiandosi completamente
sopra di lei, ed il loro piacere fu, se possibile, ancora maggiore. Infine il
giovane le scostò un poco le gambe e scivolò lungo il suo corpo fino a posarle
la testa in grembo. - Brilli ancora... - disse piano mentre con la punta della
lingua sfiorava i piccoli punti luminosi.
Isabel rabbrividì e gli mise una mano sulla nuca. - Continua a toccarmi così e
vedrai come mi accenderò!... -
- Scusami, sono troppo stanco... - Fece una smorfia di rammarico, poi sollevò
la testa e la guardò intensamente negli occhi. Riabbassò il capo, e Isabel si
perse in un mondo di sensazioni incredibili. La sua mente sembrava pulsare
alternando luce e oscurità, fuoco e tepore, e di nuovo quella sensazione di
sdoppiamento... Morgan le aveva preso i fianchi in una morsa quasi ferrea ma
lei non se ne rendeva conto mentre con le unghie tracciava profondi solchi
nelle forti spalle del giovane.
Poi, un po’ alla volta, la ragazza riprese a respirare normalmente e Morgan si
scostò di lato sollevandosi a sedere. Fissò a lungo quello splendido volto,
ancora acceso dalla passione, ed il morbido corpo sinuoso. Non ti tocco più,
eppure continui a brillare... Sei... sei così... Isabel... - Sorrise, e lei gli
prese teneramente una mano. - Ti amo -
- Sì, lo so. - Si curvò a deporle un bacio sulle labbra poi con un sospiro le
si distese accanto e la spostò sul fianco per premersela contro. - Chissà,
magari così appariranno altri puntolini di luce... - sussurrò.
- Chissà... - Isabel aderì completamente a lui, poi un pensiero improvviso le
attraversò il cervello. - Puntini luminosi?!? - Si tirò indietro di colpo
sollevandosi sul gomito. In effetti la pelle del suo ventre era cosparsa di
piccole macchie dorate. Appena una decina, a dire la verità, ma l’importante
era che ci fossero! Ora capiva il perché di quella sensazione di oscurità, di
liquido tepore... - Morgan, sono incinta! - esclamò, e subito dopo esplose in
un pianto convulso.
- Cosa?! - L’uomo si tirò su e la prese fra le braccia cullandola per farla
calmare. “Incinta? Isabel è incinta? O mio dio, non posso crederci!” Gli occhi
gli si riempirono di lacrime e rafforzò la stretta. - Ne sei certa? - domandò
con voce soffocata.
- Sì... - La ragazza cercò di controllare i singhiozzi mentre si scostava un
poco da lui, un sorriso tremante sulle labbra. - Ci vuole qualche giorno prima
che i punti luminosi comincino ad apparire, ma non ci sono dubbi: sono incinta.
- Si toccò delicatamente il ventre - Ieri notte sono entrata senza volerlo nei
suoi sogni... -
- Già sogna? Ma se deve essere ancora niente più che una manciata di cellule! -
si stupì Morgan.
- Non so che dirti, tranne che la gestazione durerà solo due mesi e mezzo. Ti
rendi conto? Avremo un bambino! -
- Mi piacerebbe che fosse una femminuccia. Una bimba bella come te! -
Isabel si rannicchiò di nuovo fra le sue braccia e chiuse gli occhi
concentrandosi. Poi li riaprì. - Sì, è una bambina... - disse sorridendo
contenta.
L’indomani mattina Morgan si alzò prestissimo e si diede da fare per preparare
una colazione coi fiocchi. David lo scoprì intento a rimestare con vigore le
uova nella ciotola mentre sul fuoco stava soffriggendo una padella piena di
bacon. - Ehi, che diamine stai facendo? -
- Ti spiace prendere in quella credenza una bottiglia di salsa Tabasco e una di
sciroppo d’acero? Ah, e ti sarei grato se spegnessi sotto il bollitore del
caffè... -
Il giovane obbedì perplesso poi, seguendo l’eloquente occhiata del fratello,
prese l’occorrente per apparecchiare la tavola. - Vero che è stato l’odore del
caffè ad attirarmi qui, ma non credevo proprio di trovare te davanti ai
fornelli! -
- Isabel si sta vestendo: mi ha chiesto di accompagnarla a casa dei suoi -
- E perché? -
- Per comunicargli che presto saranno nonni, zio! - La ragazza entrò in quel
momento in cucina e sorrise al cognato prima di avvicinarglisi per scoccargli
un bacio sulla guancia. Incurante dell’espressione scioccata sul suo volto si
avvicinò al marito e gli passò un braccio intorno alla vita. - Hai preparato
anche le frittelle! - esclamò annusando contenta il profumo che emanava dalla
piccola pila di dischi di soffice pasta.
- Ormai è quasi pronto, quindi vai a sederti - la incitò lui, voltando un poco
il viso per baciarle le labbra.
- Ai tuoi ordini! - Isabel si accomodò al suo solito posto, e di lì a qualche
minuto versava un’abbondante dose di salsa piccante sulle frittelle che Morgan
le aveva appena messo nel piatto.
- Tabasco sulle frittelle?!? - esclamò David con espressione disgustata. -
Allora... lo sciroppo d’acero lo metti sul bacon? -
- Infatti - Isabel cominciò a mangiare con evidente piacere, mentre Morgan
beveva il caffè e la osservava attento.
Resasene conto, la ragazza si protese leggermente verso di lui. - Morgan, mi
sento benissimo, te lo assicuro! Ti prego, smettila di fissarmi e mangia anche
tu prima che si raffreddi... - Così dicendo passò la mano sul suo bacon
rendendolo di nuovo caldo e croccante come appena tolto dalla padella.
- Scusa, è che... beh, immagino che dovrò abituarmici... -
- Sì, lo credo anch’io - Isabel gli sorrise con dolcezza. - E’ la stessa cosa
per me... -
- Ok, ragazzi, io ho finito, così tolgo il disturbo e ne approfitto per andare
a farmi la doccia. Voi fate pure con comodo... - Così dicendo David se ne andò
lasciandoli soli.
Come promesso, Morgan andò con Isabel dai suoi genitori e Diane impazzì dalla
gioia nel sentire la notizia. - Oh, tesoro, è fantastico! Vieni, ho una
sorpresa per te! - La precedette fino a quella che era stata la sua camera e
indicò una grande scatola che troneggiava in un angolo. - Ti era piaciuta così
tanto che ho pensato di comprarla per dartela quando avessi avuto un bambino, e
mi è stata consegnata proprio ieri pomeriggio! -
Nel riconoscere la culla la ragazza si commosse e abbracciò forte la madre. -
Grazie... - bisbigliò.
- Te la porto a casa stasera, va bene? -
- Sì, perfetto - Isabel tirò su col naso mentre una lacrima solitaria le
solcava la guancia. - Santo cielo, mamma, sei davvero incredibile... -
Dietro di loro Phillip accennò un piccolo sorriso. Sapeva che Isabel amava
Morgan, anche se a volte gli era sembrato di sentire una certa tensione fra i
due, ma ora sua figlia sembrava risplendere per la felicità e comprese che
anche lei aveva trovato finalmente la pace. Per fortuna non aveva avuto tutti i
problemi che avevano invece tormentato Max, però questo non voleva dire che non
avesse passato momenti difficili...
- Immagino che adesso andrete da tuo fratello? - domandò quando le due donne
uscirono dalla stanza.
- Sì, infatti. Sono così contenta, papà! - Isabel gli gettò le braccia al collo
e sorrise nel sentirsi stringere.
- Si vede, piccola... -
Poco più tardi la coppia era davanti alla villetta di Max e Liz, dove si ripeté
la stessa scena di congratulazioni e abbracci.
- Vuoi che ti controlli? - chiese Max scrutando la sorella, che si volse a fare
una smorfia allegra a Morgan. - Giusto per tranquillizzare lui! - rispose.
Il ragazzo le sfiorò il ventre scivolando automaticamente in uno stato di
concentrazione profonda dopodiché annuì. - Va tutto bene. - disse piano.
- Ti ringrazio. Ma lo sentivo già da me!... - Isabel lo abbracciò di nuovo,
ridendo, poi si rivolse ai nipoti. Su, ragazzi, venite a salutare la zia e la
cuginetta! -
I due ragazzi si affrettarono ad eseguire l’ordine, deliziati all’idea di tutti
quei bambini che presto avrebbero giocato con loro, dopodiché presero gli zaini
e diedero un bacio ai genitori e a Morgan. Ciao! - E corsero via, appena in
tempo per prendere l’autobus che li avrebbe portati a scuola.
- Com’è andata, ieri? - chiese incuriosita Isabel.
- Benissimo, a giudicare da quello che ci hanno raccontato. Credo che siano
riusciti a scambiare due parole più o meno con tutti i loro compagni di
classe!... -
- Meglio così. Noialtri, e Michael, forse siamo stati un po’ troppo
riservati... Anche se, probabilmente, è stato quello che ci ha permesso di
sopravvivere... -
- Già - Max fece un sorriso imbarazzato, sapendo che era stato il suo gesto
impulsivo nei confronti di Liz a mettere a rischio le loro vite.
- Perché non inviti tuo padre alla cena del Ringraziamento, Morgan? Mi farebbe
piacere se venisse anche lui... - disse Liz guardando l’uomo con simpatia. Le
piaceva, Morgan. Era forte eppure, allo stesso tempo, gentile, e soprattutto
era leale. E si vedeva che amava Isabel con tutto il cuore...
- Ti ringrazio, sei molto gentile. -
- Perfetto! Isabel, vuoi restare qui? Dobbiamo ancora fare il bagnetto ai
bambini, così potrai cominciare ad impratichirti... - suggerì Liz con un
sorriso.
- Ehm... volentieri, sì... ma David resterà solo tutta la mattina... - Così
dicendo la ragazza guardò interrogativamente Morgan, che scosse con noncuranza
una spalla. - Basterà avvertirlo perché non si preoccupi non vedendoti
rientrare, ma credo che non gli dispiacerà starsene un po’ per conto suo... -
- D’accordo. Allora ciao, e buon lavoro... - Isabel si sollevò in punta di
piedi per baciarlo e si lasciò avvolgere nel suo tenero abbraccio.
- Non ti stancare troppo, ok? - le mormorò lui all’orecchio.
- Non siamo di vetro, noi principesse di Antar... - fu la sommessa risposta di
Isabel, prima di staccarsi dal marito con un sorriso birichino che le illuminò
gli occhi.
- No, è vero. Siete pura energia! - Morgan le prese un polso sollevandolo fino
a deporvi un bacio. - Ora vado altrimenti Michael penserà che mi sia perso per
strada... -
Stava per uscire quando quasi si scontrò con Maria. Michael veniva subito
dietro di lei, ed entrambi fissarono incuriositi da lui ad Isabel. - Come mai
da queste parti? - chiese Maria.
- Avevo una notizia da dare -
Il tono disinvolto dell’aliena non impedì alla coppia di comprendere il vero
significato di quelle parole, e Michael si fiondò ad abbracciarla mentre Maria
faceva un gesto di scusa a Morgan. - Tende ad essere un po’ eccessivo nelle sue
reazioni ma è del tutto innocuo, te lo posso assicurare... Congratulazioni,
papà! -
- Ti ringrazio, ma probabilmente nascerà prima il tuo bambino... -
- Ah, non ne sarei così sicura! Noi povere ragazze della Terra non possiamo
sapere quanto durano le nostre gravidanze... Prendi Liz, per esempio! La prima
volta ha partorito dopo otto mesi e mezzo, poi ne sono bastati quattro, e
infine per i gemelli poco più di due, anche se in quel caso è stato un
incidente... -
- Un incidente? -
- Sì, un grandissimo bastardo l’ha spinta a terra facendole sbattere forte la
pancia, ma per fortuna si è risolto tutto per il meglio... -
- Niente di semplice, con voi, eh? -
- No, infatti. Ma che vuoi farci? - La ragazza s’interruppe bruscamente e si
toccò il ventre. - Ehi, cosa c’è, tesoro? Vuoi salutare anche tu la nuova
cuginetta? - Sorrise a Michael - Sta scalciando alla grande! -
- Fammi sentire! - Il giovane tornò verso di lei e mise una mano accanto alla
sua. - E’ vero! -
Maria lo fissò esterrefatta. - Perché, credevi che avessi detto una balla? -
s’inalberò subito.
- No! Ma insomma, stravolgi sempre il senso di quello che dico! -
- Non è vero! -
- Sì, che è vero! - Stufo di questionare con lei davanti a tutti le piantò un
bacio sonoro sulla bocca poi le scostò i capelli dalla fronte. - Adesso devo
andare, ci vediamo stasera. - Si rivolse a Max con un sorriso di scusa. - Ti
spiace darle la solita occhiata? - Poi guardò Morgan. - Mi dai uno strappo? -
- Naturalmente! Ciao, Isabel. -
- Ciao -
Maria guardò Michael andarsene, in preda al rammarico. - Da quando ha iniziato
a lavorare a quel caso di spionaggio industriale torna a casa sempre tardi... -
- Spionaggio industriale?! Accidenti, non pensavo che potessero ottenere
incarichi del genere! E qui a Roswell, per di più! -
- Veramente sono clienti di fuori. Questo, in particolare, è un piccolo
industriale di Farmington. Sai, per non attirare l’attenzione certe persone
preferiscono rivolgersi ad agenzie investigative lontane dal loro territorio...
- spiegò Maria ad una sconcertata Liz.
- Ah, capisco... Beh, avrei detto che certe cose succedono solo nelle grandi
società! - commentò la giovane cominciando ad arrotolarsi le maniche della
felpa. - Adesso però, se volete scusarci, dobbiamo andare a prendere Ethan e
Claudia prima che comincino a reclamare a gran voce la nostra presenza... -
- Arrivo fra un attimo, non appena avrò controllato Maria - disse Max
avvicinandosi alla ragazza, che sorrise a disagio. - Mi spiace darti tutto
questo fastidio... -
- Non preoccuparti. E poi, così mi sento più tranquillo anch’io. -
- Ok - Maria rimase ferma mentre lui le sfiorava il ventre, poi lo seguì fino
al piano di sopra dove Isabel e Liz si erano già trasferite nel bagno più
grande con i bambini.
Insieme, i quattro giovani si divertirono a lavare i gemelli, incuranti degli
schizzi d’acqua che ben presto li inzupparono.
- Sono così teneri... - mormorò alla fine Isabel, mentre fermava con cura il
pannolino intorno ai fianchi di Ethan.
- Per fortuna sono anche molto tranquilli, e posso portarli con me quando vado
a fare la spesa, ma a volte mi capita di assistere a delle scene davvero
strazianti, credimi! -
- Meglio così! Non oso pensare cosa sarebbe sentirli piangere dalla mattina
alla sera facendo a gara a chi strilla di più... - borbottò Maria guardando
preoccupata Claudia che, fra le sue braccia, sorrideva contenta agitando un
pugnetto nel tentativo di afferrare la mano che Max le agitava davanti.
Poi si trasferirono in soggiorno, dove sul pavimento era ben stesa una grande
trapunta su cui i due gemelli potevano giocare in completa libertà.
- Tutto bene? - chiese ad un tratto Liz ad Isabel, colpita dalla particolare
tenerezza con cui stava deponendo Ethan sulla trapunta.
- Sì, grazie. Mi sento un po’ emozionata, ma a parte questo è tutto a posto...
- Le sorrise, e Liz annuì comprensiva. Sapeva quanto avesse sofferto quando Max
aveva fermato il suo primo bambino, e poteva intuire come dovesse sentirsi
adesso... - Puoi controllare se la piccola sta bene? -
- Io... sì, immagino di sì. Magari ogni tanto lo chiederò anche a te, Max, ma
non troppo spesso, stai tranquillo! Non voglio che diventi un’ossessione, e del
resto sarà lei stessa a farmi capire se ci sono problemi... -
- Vorrei che anche Michael la pensasse come te. In pratica mi accompagna quasi
tutti i giorni qui per essere sicuro che mi faccia vedere da Max! -
- Che vuoi farci? Gli uomini sono tutti uguali quando le loro donne restano
incinte, alieni e non!... -
Maria sbuffò simpaticamente e Isabel scosse la testa mentre Liz scoppiava a
ridere. - Sì, lo so! -
- Forse noi possiamo essere scusati, dal momento che queste gravidanze non sono
esattamente normali! - protestò Max.
- Questo è vero... - dovette riconoscere Maria, un po’ a malincuore.
- Oddio, dovevo telefonare a David! - Isabel corse a prendere il suo cellulare
per chiamare il giovane e avvertirlo che si sarebbe trattenuta lì.
Nell’udire il tono del cognato si preoccupò. - Ehi, è tutto a posto? -
“- Sì, certo. Ci vediamo dopo, allora. Ciao -”
- Ciao - Perplessa, tornò dagli altri. - David aveva una voce strana...
Sembrava... non so, stanco... Maledetti bastardi, chissà cosa gli hanno fatto!
-
- Posso immaginarlo perfettamente - osservò rigida Liz.
- Ma è un loro collega! -
- E credi che questo li abbia fermati? Maria, sei davvero ingenua... - commentò
Isabel.
- Non sono ingenua, so di cosa sono capaci quelli dell’FBI! -
- Bene, allora vedi di non dimenticarlo. Non dobbiamo illuderci di essere al
sicuro solo perché da qualche tempo ci lasciano in pace! David ne è una prova
lampante! Nonostante quello che può aver detto il Presidente, nonostante le
pressioni del padre di Morgan, l’FBI non intende mollare. Siamo alieni, e non è
pensabile che rinuncino a studiarci! Si portò tremando le mani sullo stomaco,
quasi a voler proteggere il piccolo essere che stava crescendo dentro di lei. -
Io non permetterò che facciano del male alla mia bambina... - mormorò con un
filo di voce.
Il fratello le si avvicinò e l’abbracciò forte. - Nessuno glielo permetterà,
stai tranquilla! -
Dal canto suo Maria si limitò a scrollare le spalle. - Sentite, anch’io sono in
dolce attesa e non ho nessuna intenzione di lasciare che dei pervertiti mettano
le mani su Mathias. E sono ragionevolmente certa che tu e Michael riuscirete a
tenerli a bada, e anche Morgan, che non ha superpoteri ma mi sembra comunque un
ragazzo abbastanza intelligente... Insomma - Il suo tono divenne di colpo
acuto, quasi stridulo - per favore, vi dispiace farla finita con tutte queste
scene?! Volete che mi metta a strillare come un’oca spennata? Già ho una fifa
blu al pensiero del parto, se poi continuate a parlare di FBI, torture e cose
del genere vi giuro che costringerò Michael a portarmi su Antar e ci resterò
per il resto della mia vita! -
Nell’udire quello sfogo Isabel si scostò da Max e si schiarì la gola,
imbarazzata. - Scusami, Maria, hai ragione... E’ che... - Accennò un sorriso
guardando per un attimo verso l’alto nel tentativo di ricacciare indietro le
lacrime che le stavano pizzicando dietro le palpebre, - ho desiderato così
tanto questo bambino che adesso... non riesco più a pensare con lucidità... -
Liz fece una smorfia. - E’ comprensibile... Tu sei aliena, l’FBI ha sempre
cercato di mettere le mani su di voi, e probabilmente se qualcuno dei
cacciatori scoprisse che sei incinta potrebbe decidere di contravvenire agli
ordini e azzardare qualcosa di molto pericoloso. Di sicuro dovete stare tutte e
due molto attente, però non lasciate che la paura abbia il sopravvento su di
voi. E’ una sensazione bellissima sentire questa nuova vita diventare sempre
più forte dentro di te, ed è meraviglioso stringere poi tuo figlio fra le
braccia... Non permettete che quei mostri vi rovinino momenti così preziosi...
-
Maria guardò Claudia ed Ethan, intenti a giocare con dei cubi di morbida gomma
colorata, poi guardò Liz. - Hai ragione. E’ vero, aver paura non serve a
niente, solo a star male. Però a volte, quando penso a tutto quello che hai
dovuto passare, vorrei davvero fuggire da qualche parte e aspettare che Mathias
nasca e diventi abbastanza grande da essere in grado di difendersi. Sono... -
le uscì una breve risata secca - sono certa che erediterà i poteri di suo
padre. Sai, scaraventare lontano gli oggetti, farli esplodere, insomma cose di
questo genere... E allora sarà l’FBI a doversi guardare da lui! -
Isabel si passò le mani sul volto riprendendo colore. - Sì, è vero. Michael ha
impiegato più tempo di noi ad imparare a controllare le sue capacità, ma è
molto potente e di sicuro trasmetterà questa forza a Mathias. - Sorrise, un
piccolo sorriso coraggioso. - Anche la mia bambina sarà forte e potrà tenere a
bada i federali senza alcun problema. Noi... insegneremo ai nostri figli ad
usare i loro poteri, e nessuno potrà portarceli via -
- Giusto! - Il dolce volto di Liz s’illuminò. - C’è solo un piccolo problema:
questi monelli cominciano prestissimo ad usarli, e senza neppure rendersene
conto!... - Fece un gesto col braccio e Maria ed Isabel, seguendolo, videro i
cubi cambiare colore e forma sotto le piccole dita curiose di Claudia ed Ethan.
- Santo cielo... - Maria si avvicinò incredula mentre un cubo iniziava a
rotolare sulla trapunta come animato di vita propria.
- Anche Jason combinava scherzetti del genere... Credo che nessuna macchinina
passata per le sue mani abbia mantenuto il colore originario... -
- Davvero?!? -
- Già, ma per fortuna pare che gli altri bambini non se ne siano mai resi conto
- Liz si chinò ridendo su Ethan. - Sì, ho capito, hai fame! Vieni, andiamo a
sederci sul dondolo: staremo comodissimi! -
Max prese in braccio Claudia, ben sapendo che di lì a poco anche lei avrebbe
preteso la sua razione di latte, e seguì la moglie in camera da letto.
Maria ed Isabel non si fecero scrupolo di andargli dietro e rimasero a guardare
incantate mentre Liz allattava il figlio.
- Come farai col lavoro? - domandò perplessa Maria.
Liz sorrise, un evidente sollievo nei suoi caldi occhi bruni. - Hanno un
piccolo asilo nido, vicino all’ala dove si trova il laboratorio di ricerche,
così potrò portarli con me. Ancora non riesco a credere alla fortuna che ho
avuto! Ci pensi? Mi hanno contattata addirittura tre giorni prima che mi
laureassi! Ho sempre sognato di fare la ricercatrice... -
- Sì, lo so perfettamente, anche se devo confessarti che non ho mai capito
questa tua passione... - La ragazza si strinse nelle spalle. - Sono riuscita a
far modificare il mio contratto per tre sere a settimana fino a metà dicembre,
dopodiché me ne starò buona buona ad aspettare finché Mathias si deciderà a
nascere. Non voglio correre rischi. - Con una piccola smorfia aggiunse: - E del
resto Michael non me lo permetterebbe mai... -
- Lo fa anche e soprattutto per te, Maria. Lui ti ama moltissimo e impazzirebbe
di dolore se ti succedesse qualcosa... -
- Isabel ha ragione. E comunque ricordo bene come reagì quando seppe di Jason.
- Il sorriso di Liz si fece più aperto - Michael adora i bambini, e secondo me
il povero Mathias rischierà di morire soffocato dalle sue attenzioni... -
- O forse no. Se Jason e i gemelli sono sopravvissuti a Max, non vedo perché
per Mathias le cose dovrebbero essere diverse! - puntualizzò la ragazza.
A quelle parole Max sollevò di scatto la testa, un’espressione colpevole
dipinta sul viso, mentre Claudia protestava rumorosamente per l’improvvisa
distrazione del padre.
- Stai tranquillo, non volevo accusarti di viziare i tuoi figli! E comunque è
molto bello vederti con loro... -
Il giovane la guardò un attimo negli occhi poi tornò a giocare con Claudia, che
si affrettò a stringergli le dita contenta. - Quello che ha detto prima Liz è
vero, sai? Questi sono momenti preziosi, e non possiamo sprecarli. Perché non
sappiamo cosa porterà il futuro... - L’ultima frase fu appena sussurrata, ma a
nessuno sfuggì il profondo, improvviso dolore in essa contenuto. La vita aveva
giocato un brutto scherzo a Jason e Shiri, soprattutto a quest’ultima, cui
l’infanzia era stata rubata in maniera totale, e non era stata solamente Liz ad
averne il cuore spezzato...
Dopo che i due bimbi ebbero mangiato vennero debitamente cambiati e tutti
insieme uscirono a fare una passeggiata. Max e Liz adoravano portare a spasso i
loro ultimi nati, vedere la meravigliata attenzione con cui studiavano
l’immenso mondo che li circondava, ed Isabel e Maria non desideravano altro che
godersi quella splendida giornata invernale in loro compagnia.
Infine giunsero a dei giardinetti pubblici e Liz, incuriosita dall’insistenza
con cui Ethan le tendeva le braccia, lo sollevò dal passeggino e lo mise a
terra sostenendolo per le mani. Incapace di controllare le gambe il piccolo
dondolò pericolosamente sui piedini ma la ragazza fu svelta a tirarlo un poco
verso l’alto impedendogli di cadere e lui rise felice.
Isabel osservò la scenetta intenerita, poi si volse di colpo verso il fratello
e lo abbracciò d’impulso, con forza.
Comprendendo i suoi sentimenti Max la strinse a sé e le accarezzò con affetto
le spalle. - Sarà una bambina bellissima. - disse piano.
- Anche Morgan ne sembra convinto... - mormorò lei sorridendo fra le lacrime.
Nel frattempo Maria si era seduta sull’erba sistemandosi Claudia fra le gambe
incrociate. La bambina si era appoggiata con tutto il peso contro quella
morbida barriera ed osservava stupita le acrobazie del suo gemello.
Cercando di non farsi notare Isabel si asciugò le guance poi si staccò da Max e
accennò una risata involontaria nel notare l’impegno con cui Ethan cercava di
trovare l’equilibrio. - Santo cielo, com’è buffo... -
Il piccolo sollevò il visetto guardandola coi suoi occhioni scuri, due
irresistibili fossette sulle guance tonde, attirato dalla sua voce. Emise un
gridolino di gioia, e Isabel si avvicinò per prenderlo in braccio. Oh, Liz,
come si fa a resistere a questi tesori? -
- Questione di sopravvivenza, suppongo. - La ragazza sorrise divertita. - Ad un
certo punto la stanchezza prende il sopravvento e non c’è moina che tenga: o
loro o te... Per fortuna la notte si svegliano solo per mangiare, ma ci sono
delle volte in cui quasi non mi accorgo quando Max me li porta a letto! -
- E Jason e Shiri? -
- Sono entusiasti. Non mi ero resa conto che gli mancasse la compagnia di altri
ragazzi. Beh... - Liz scrollò una spalla - lo so che non dimostrano quindici
anni solo nell’aspetto, ma continuo a pensare a loro come a bambini e...
confesso che mi è difficile accettare il fatto che siano già passati allo
stadio dell’adolescenza... -
- Ma almeno questi due continueranno a comportarsi come piccole pesti per più
tempo di quanto si possa desiderare, temo! - Max fece il solletico ad Ethan. -
Non oso pensare cosa succederà fra qualche mese, quando ci saranno anche
Mathias e... - guardò con fare interrogativo la sorella, - sapete già come
chiamarla? -
- No, non ancora. Abbiamo scoperto la sua esistenza solo stanotte, nel caso lo
abbia dimenticato!... -
- Sentite, io dovrei avviarmi verso il pub. Ho appuntamento alle undici per
provare una nuova canzone - Maria rivolse un’occhiata di scusa a Liz, che si
illuminò in volto. - L’hai finita?!? Posso venire a sentirti? -
- Sì, certo. Anzi, dovrai dirmi in tutta sincerità cosa ne pensi! -
- Io torno a casa, invece. Per quanto Morgan sia convinto che David voglia
starsene un po’ da solo mi dispiace abbandonarlo tutta la mattina... -
- Se resta a Roswell fino al giorno del Ringraziamento digli che è invitato
anche lui - si raccomandò Liz.
- Ma... sei sicura di voler preparare questa cena? In fin dei conti non avete
ancora finito di sistemare casa, avrete un mucchio di cose da fare... -
- Isabel, ne sono più che sicura - Liz la fissò con grande serietà - Voglio
farlo, e sarà una cosa in grande. Una vera e propria festa. Per tutti quanti
noi -
- D’accordo. Allora, ti prego, se hai bisogno di una mano chiamami, ok? -
- Ok - La ragazza le sorrise riconoscente poi si avvicinò alla carrozzina e
cominciò a spingerla mentre Max le si metteva al fianco e faceva scivolare un
dito nella cintura del suo cappotto.
- Sempre incollati, quei due... - osservò Maria facendo un piccolo cenno col
mento verso la coppia che camminava davanti a lei.
Isabel sorrise suo malgrado. - Non riesco ad immaginarli in un altro modo.
Ormai mi sono abituata: sono così, e lo saranno sempre. Ma mi fa piacere sapere
che, qualsiasi cosa accadrà, Max non sarà mai solo. E neppure Liz -
- Parole sacrosante... - Maria strofinò dolcemente la punta del naso contro la
guancia di Claudia. - Questa bambina è un vero e proprio angioletto! Spero che
anche Mathias sia così tranquillo... -
Isabel sollevò perplessa le sopracciglia. - Se somiglierà a Michael temo che
potresti avere qualche problema -
- Non voglio pensarci. No, adesso non voglio proprio pensarci! - Si girò un
attimo verso di lei. - Era davvero così terribile? -
- Erano le circostanze, ad essere terribili, e lui ha reagito di conseguenza. A
volte mi domando come sarebbe stata la sua vita, e la nostra, se fosse venuto
con noi. Invece... invece scelse di nascondersi e le cose sono andate come
sappiamo. Ma saprà prendersi cura di Mathias, ne sono certa... -
- Non è questo che mi preoccupa, a dire la verità. E’ tutto il resto! - Maria
rabbrividì esageratamente. - Io non ho la pazienza di Liz, non ho la sua
sicurezza, io... io sono impulsiva, agisco prima di pensare, e cosa farò quando
mio figlio mi tirerà i capelli e mi ritroverò con una ciocca verde?!? -
- Ti metterai un fazzoletto in testa e andrai da Michael. E se lui non ci sarà
potrai sempre venire da me o da Max - Isabel fece una smorfia vedendo che Ethan
cercava di afferrarle i capelli. - Non provarci nemmeno, hai capito? Le vedi
quelle persone che si stanno avvicinando? Non vorrai mica spaventarle
combinando qualche scherzo? Su, fai il bravo, per favore!... -
Il bimbo agitò la testolina prima di voltarsi come se avesse capito le parole
della zia e sorrise gioioso ai due passanti, che ricambiarono automaticamente
il sorriso.
Quando li ebbero oltrepassati Isabel emise un profondo respiro. “Signore, ti
ringrazio...” Affrettò il passo fino ad affiancare Liz e rimise Ethan nel
passeggino. - Forse è meglio che stia qui, adesso - mormorò senza guardare
nessuno in particolare.
Dopo qualche minuto Maria fece lo stesso con Claudia e Max la guardò
indagatore. - Cosa c’è? - chiese.
- Niente. Perché, cosa dovrebbe esserci? - La ragazza gli sorrise disinvolta
prima di tornare a camminare vicino ad Isabel. - Pericolo scampato... - le
bisbigliò ammiccando.
- Ciao -
- Ciao - Isabel sorrise e lasciò scivolare la tracolla della borsa lungo il
braccio mentre entrava. - Tutto bene? -
- Sì, certo. E tu? Com’è andata? -
- Com’era prevedibile! I miei genitori sono contentissimi, e così Max e gli
altri. Forse... forse dovrei dire a Morgan di chiamare subito vostro padre,
anziché aspettare stasera. Credi che gli farà piacere? -
- Cosa? Sapere che diventerà nonno? - David scrollò una spalla sorridendo. - Ne
sarà entusiasta. Secondo me prenderà subito l’aereo e ve lo ritroverete qui in
men che non si dica -
- Perfetto! Liz sta organizzando la cena per il giorno del Ringraziamento e
vorrebbe che ci fosse anche lui. Sei invitato pure tu, se pensi di trattenerti
fino ad allora... -
- Io... non lo so. Non ho ancora deciso cosa fare... -
- David... - La ragazza sedette sul divano e gli fece segno di raggiungerla. -
Lo so come ti senti. Arrabbiato, confuso, spaventato... E’ quello che è
successo a tutti noi quando abbiamo avuto a che fare con l’FBI... Daniel Pierce
riuscì ad impadronirsi di mio fratello e lo torturò senza alcuno scrupolo,
nonostante lui avesse soltanto diciassette anni. Per non parlare, poi, di
quello che ci è stato fatto quando eravamo ancora ad Albuquerque... -
A quelle parole David chinò il capo. - Posso immaginarlo. Morgan era disperato,
temeva che foste tutti morti... Io... non ci credevo. Non potevo credere che
agenti del Bureau fossero capaci di fare cose del genere... Ma ho imparato
molto, da allora... più di quanto avrei voluto, a dire la verità. - Si strofinò
gli occhi con entrambe le mani. - Mi dispiace... -
- E di che? Neppure Morgan aveva mai sentito nominare la sezione speciale dei
cacciatori di alieni... Ma sono contenta di sapere che non lavori più per loro,
lo ammetto! - Isabel lo toccò gentilmente sul braccio costringendolo a
guardarla. - L’importante è che tu sia vivo - Gli sorrise con affetto. - Rimani
a Roswell fino al Ringraziamento: sarà una bellissima festa... -
Il giovane la fissò per un attimo senza vederla, poi annuì. - D’accordo -
- Bene! - Si schiarì la gola, un tantino a disagio. - Mi dispiace che tu sia
rimasto coinvolto nei nostri problemi... -
- Non preoccuparti, sono in grado di cavarmela. E’ solo che... non me
l’aspettavo, ecco tutto. -
- Di sicuro non se lo aspettava neppure Morgan. E nemmeno io, a dire la verità.
Ti rendi conto? L’FBI ci dava la caccia per distruggerci, e io di chi vado a
innamorarmi? Di un federale!... Ma neanche per lui deve essere stato facile...
-
- No, soprattutto perché fino a quel momento aveva avuto solo storie senza
importanza. - David accennò un ghigno. - Avrei voluto vedere la sua faccia
quando si è reso conto che la ragazza che gli piaceva era l’oggetto della sua
indagine... -
Isabel emise un sospiro. - Lasciamo perdere, ok? -
- Ok -
- Ottimo. Che ne dici di andare a mangiare qualcosa? -
- D’accordo. E Morgan? -
- Può raggiungerci lì. Andiamo al Crashdown... -
Erano quasi le tre quando Isabel e David rincasarono. Il telefono cominciò a
squillare subito dopo e Isabel si precipitò a rispondere. - Maria! - Per un
attimo si sentì delusa perché aveva pensato che fosse Morgan, poi si diede
della stupida. In fin dei conti si erano lasciati solo mezz’ora prima: perché
avrebbe dovuto chiamarla dopo così poco tempo? - Ciao, tutto bene? -
“- Ciao! Sì, è tutto ok. Ti ho chiamata per ringraziarti. Mi hanno appena
consegnato la culla. E’... è semplicemente bellissima! -” La voce della ragazza
era commossa, e Isabel accennò un sorriso. Speravo che ti piacesse... -
“- Non vedo l’ora che Michael torni a casa per aiutarmi a montarla! -” Ci fu un
attimo di silenzio, poi Maria riprese a parlare. In fretta, un po’ imbarazzata.
“- Isabel, io... io volevo dirti che sono contenta che siamo amiche... Se
dovessi aver bisogno di qualcosa... di qualunque cosa... sappi che puoi contare
su di me... -”
- Maria, io... - La ragazza chiuse per un attimo gli occhi. Quelle parole
l’avevano toccata nel profondo. Anche per me è la stessa cosa... Tu e Liz siete
le mie sole vere amiche, e sono davvero felice di potervi considerare parte
della famiglia... - Si schiarì la gola, poi aggiunse: - Grazie per tutto quello
che hai fatto per Michael... -
“- Io lo amo -” fu la sommessa risposta di Maria.
- Lo so. Abbi cura di te e Mathias... -
“- Certo. Riguardati anche tu... -”
Isabel depose il ricevitore e rimase per qualche secondo a fissarlo senza in
realtà vederlo. Quando aveva saputo che Maria era stata messa al corrente del
loro segreto si era molto preoccupata perché la considerava una ragazzina
inaffidabile, ma poi aveva dovuto ricredersi. Max aveva avuto ragione a fidarsi
di Liz, e Liz di Maria. Li avevano aiutati un’infinità di volte, correndo
rischi spesso mortali, senza mai chiedere niente in cambio... A parte i loro
genitori, e Morgan, erano le uniche persone cui sapeva di poter affidare la
propria vita senza alcun timore... Ed erano lì, a Roswell, al loro fianco come
sempre. Facendoli sentire a casa in un modo che Antar stesso non avrebbe mai
potuto uguagliare...
Si scosse con un profondo sospiro e lentamente si avviò verso la propria
stanza.
Shiri varcò la soglia dell’aula e si guardò intorno con curiosità. Metà dei
banchi era già occupata e un gruppetto di ragazzi era impegnato in un’animata
conversazione intorno alla cattedra, in attesa dell’arrivo dell’insegnante.
Sorrise e fece un cenno di saluto ai compagni che aveva conosciuto il giorno
prima, in altri corsi, poi si avvicinò ad un banco. - E’ libero? - domandò alla
ragazza seduta di fianco.
- Sì, certo - Alexandra si dondolò con noncuranza sulla sedia e la studiò
apertamente. - Non mi sembra di averti mai vista. Sei nuova? -
- Mm. Questo è il mio secondo giorno. -
- Oh... - Continuò a dondolarsi mentre osservava l’elegante maglioncino di lana
bianco e i normalissimi blue-jeans che indossava, le scarpe da ginnastica non
di marca. I capelli, una scura massa compatta, ricadevano morbidi fin sotto le
spalle incorniciando un volto dall’aria pulita e ingenua. La frangia rada che
copriva la fronte metteva in risalto il nocciola dei grandi occhi dal taglio
leggermente a mandorla. Sembrava quasi irreale con quella sua aria semplice e
tranquilla... Sorrise dentro di sé. “Scommetto che è anche una secchiona!” -
Come mai sei finita a Roswell? -
- I miei genitori sono di qui, per cui sarebbe più giusto dire che sono tornata
a Roswell... -
- Capisco. Mi chiamo Alexandra - Tese la mano nella sua direzione, e Shiri
gliela strinse sorridendo. Shiri - Si sedette e tirò fuori dallo zaino
l’astuccio, il libro di storia e un quaderno per gli appunti.
- Ehm... Oggi c’è il test... - la informò Alexandra.
A quella notizia Shiri scosse sconsolata la testa. - Un altro?... - Avrebbe
preferito un corso di spiegazioni, perché l’affascinava sentire i professori
parlare di tutti quegli argomenti che fino ad allora aveva studiato solo sui
libri e su Internet, e invece, ancora una volta, si sarebbe trovata davanti uno
sterile foglio.
Alexandra fece una piccola smorfia. - Sì, non è il modo migliore per iniziare
la giornata... -
In quel momento arrivò l’insegnante, un uomo intorno ai cinquant’anni. Estrasse
dalla sua valigetta un fascio di carte e lo tese davanti a sé dando un’occhiata
distratta alla scolaresca. - Cooper, ti spiace distribuire? -
La ragazza si alzò con grazia, prese i fogli e cominciò a passare fra i banchi.
Al termine dell’ora Shiri uscì dall’aula e studiò la sequenza di porte che si
affacciavano sul corridoio.
- Posso aiutarti? - si offrì Alexandra sorridendole.
- Ehm, sì, grazie. Dov’è il laboratorio di scienze? -
- Ti ci accompagno: io ho inglese, ora, e la direzione è la stessa... -
Si incamminarono cercando di non farsi dividere dal fiume di ragazzi e
rispondendo ai frequenti cenni di saluto che entrambe ricevevano.
- Per essere arrivata solo ieri ne hai conosciuta, di gente! - si stupì
Alexandra quando, ad un certo punto, un ragazzo bruno rallentò davanti a loro
e, rivolgendosi a Shiri, le chiese se andasse tutto bene.
Shiri annuì con un gran sorriso e lui le scompigliò allegramente la frangia. -
Ci vediamo dopo? -
- Certo! -
- A pranzo? -
- Mm! -
Il ragazzo agitò la mano salutando entrambe e si allontanò in fretta.
Ancora sorridendo Shiri si volse verso la nuova amica. - Sì, è vero. Sai,
c’erano tanti di quei corsi tra cui scegliere, che in pratica ne ho uno diverso
ogni ora!... -
- Ehi, Alex, sbrigati! - Una ragazza si affacciò dalla soglia di un’aula, tre
porte più avanti, agitando il braccio, e Alexandra fece un sorriso di scusa a
Shiri. - Prosegui fino alla fine del corridoio, gira a destra e subito dopo a
sinistra: te lo troverai proprio di fronte! -
- Ti ringrazio molto, e buona lezione... -
- Anche a te. Ciao -
- Ciao - Shiri allungò il passo, ansiosa di scoprire quello che le avrebbero
fatto fare in laboratorio, e quasi si scontrò con l’insegnante.
- Tu sei Evans, giusto? La nuova allieva... -
- Già. Mi spiace per il ritardo... -
L’uomo scrollò il capo sorridendo comprensivo. - Non preoccuparti, lo so che ci
vuole qualche giorno per imparare ad orientarsi!... -
Giunse infine la pausa per il pranzo e Shiri si affrettò verso la mensa. Jason
era già seduto in compagnia di due ragazzi e l’accolse con un sorriso ed una
luce speranzosa negli occhi. - Hai preso il tabasco? Io ne ho trovato solo una
bustina... -
La ragazza si accomodò al suo fianco e gli passò tre bustine. - Tieni, dovevano
averlo appena portato perché il cestino era pieno... -
- Ah, Shiri, questi sono Glen e Mark -
Ci fu un breve scambio incrociato di saluti poi iniziarono a mangiare
chiacchierando del più e del meno.
- Allora, per l’allenamento? - chiese ad un certo punto Mark, con la bocca
piena.
Jason mandò giù un lungo sorso di succo d’arancia prima di rispondere. - Non ho
mai giocato in squadra, finora - rispose poi.
- Beh, ma sai giocare, no? -
Davanti allo sguardo interrogativo della sorella il ragazzo si strinse nelle
spalle. - Basket - disse soltanto, ma lei capì al volo. - Oh! In effetti riesci
a fare canestro praticamente ogni volta che tiri! E quando c’è l’allenamento? -
Fu Glen a risponderle. - Alla settima ora, durante la lezione di ginnastica. Ti
va di venire a vederci? -
Shiri sospirò delusa. - Non posso, ho geometria... -
A quelle parole Mark fece una smorfia di disgusto. - Odio quella materia! -
- Perché? Io trovo che sia molto interessante! -
Seguì un’animata discussione sulle materie scientifiche poi lo sguardo di Shiri
cadde sull’orologino che portava al polso. - Santo cielo, devo scappare! Ci
vediamo alla fermata dell’autobus, ok? -
- Sì, d’accordo. Ciao -
- Forza! Tira! -
- Attento! -
Le tre ragazze ridacchiarono divertite per l’irruenza dei loro vicini ma quando
la palla s’infilò finalmente nel canestro non poterono trattenersi dal balzare
in piedi applaudendo e fischiando forte, poi tornarono a sedersi seguendo con
attenzione il gioco.
- Ehi, guarda com’è carino quello là! Quello in blu col numero cinque -
- Già, non mi pare di averlo mai visto prima... -
Alexandra corrugò la fronte, perplessa. - Io sì. L’ho incontrato stamattina. -
- Ora che ci penso, ieri era in classe con me durante l’ora di fisica... -
Tanya si toccò pensierosa il labbro inferiore con la punta dell’indice.
- Io preferisco Glen Hart. Ha un’aria più... più intrigante... - Sabrina Wayne
sorrise assorta mentre il ragazzo in questione spiccava un balzo incredibile.
Jason ricevette la palla e la lanciò facendo canestro.
L’allenatore applaudì soddisfatto. - Bene, Evans, avanti così! -
- Avanti così davvero, Evans... - Tanya diede una gomitata leggera ad
Alexandra. - Che ne pensi? -
- Avrà sì e no quindici anni, dato che è al primo senior... -
- E allora? - si stupì Sabrina.
Alexandra sollevò una spalla con aria indifferente.
In quel momento suonò la campanella.
- Io devo andare, voi che fate? - chiese Tanya.
Sabrina si alzò. - Vengo anch’io. Alex? -
- Sì, andiamo... - Un po’ a malincuore la ragazza seguì le amiche fuori della
palestra.
L’ora seguente Alexandra aveva lezione insieme a Shiri, che nel vederla si
affrettò ad avvicinarlesi. - Ti spiace se mi siedo accanto a te? -
- Figurati! Com’è andata fino adesso? -
- Abbastanza bene, grazie. - La ragazza si grattò sorridendo una tempia. - Se
non altro non mi sono ancora persa per i corridoi... -
- Brava! -
Al termine del corso Shiri radunò tutte le sue cose poi si volse con un certo
imbarazzo verso di lei. Tu... ce li hai gli appunti di cui parlava la
professoressa? -
- Sì, certo. Ah... - Alexandra comprese subito il motivo di quella domanda. -
Ce li ha dati lunedì, e quindi tu non li hai... Ok, stai tranquilla, te li
porto domani. Anzi, se mi dici dove abiti te li porto oggi pomeriggio,
altrimenti non potrai fare gli esercizi -
- Ti ringrazio ma non voglio crearti troppo disturbo... -
- Non c’è problema. Allora? -
Shiri le diede il proprio indirizzo poi la salutò con un sorriso grato e se ne
andò.
“Cosa...?” Jason si annodò l’asciugamano sul fianco ed uscì in fretta dal
bagno. Il suono si fece più acuto. Era chiaramente il pianto di un bambino.
- Jason! Jason, vieni, ti prego! -
Al richiamo angosciato della sorella il ragazzo non perse tempo e si precipitò
in soggiorno. - Che è successo? - Si fermò di colpo davanti alla trapunta, su
cui Ethan e Claudia giacevano in preda a quella che aveva tutta l’aria di
essere una crisi isterica.
- Sono andata in cucina per bere un bicchiere d’acqua, e quando sono tornata li
ho trovati così! E’ stata questione di secondi, te lo assicuro! - Shiri
guardava sconvolta dai fratellini a Jason, e viceversa.
Jason annusò l’aria. - Mm... ho paura che... - Si chinò su Ethan e lo sollevò
con delicatezza, poi sgranò gli occhi e storse il naso. - Santo cielo, ma che
hai combinato?!? -
Accanto a lui, Shiri prese Claudia e fece una smorfia. - Potevate chiamarci,
invece di combinare questo disastro! - protestò prima di dirigersi al bagno del
piano di sopra.
In quel momento si udì il campanello della porta d’ingresso e Jason sbuffò. -
Eccomi, arrivo! - Passò una mano sulla trapunta facendo sparire ogni traccia
dello sporco lasciato dai gemelli poi corse ad aprire.
Alexandra rimase per un attimo senza parole. - Io... scusa, ma... - Fissò
imbarazzata i capelli grondanti, il torace ricoperto di una miriade di
goccioline d’acqua e i piedi nudi di Jason. - Cercavo... Shiri... - disse piano
mentre il pianto del neonato che lui teneva contro il fianco andava
affievolendosi.
- Sì, entra, entra pure... - Jason fece un passo indietro per farla passare. -
E’ di sopra, con Claudia - Il ragazzo diede uno sguardo severo al bimbo, che lo
fissò con gli occhioni lucidi e il visetto congestionato per il gran piangere.
Queste due piccole pesti ci hanno fatto un bello scherzo... - Senza aggiungere
altro si diresse verso la scala, e lei lo seguì osservando sconcertata il gioco
dei muscoli sulla sua schiena. “Ma cosa diavolo ci fa qui?...”
Arrivarono infine ad un bagno molto spazioso e Jason si avvicinò al fasciatoio
davanti al quale già si trovava Shiri.
- Forse avremmo dovuto cambiarli prima... - borbottò la ragazza senza voltarsi
mentre con movimenti abili finiva di spogliare la sorellina.
- Ciao - Alexandra avanzò incuriosita fino a vedere la bimba singhiozzante che
agitava le gambe e le braccia.
Shiri si girò sorpresa. - Ciao! -
- Sono arrivata in un brutto momento, vero? -
- No, non preoccuparti! Spero che tu non abbia fretta, però, perché ci vorrà
qualche minuto... -
- Se vuoi torno più tardi -
Questa volta rispose Jason. - No, davvero, facciamo presto - Finì in fretta di
togliere la tutina ad Ethan dopodiché entrò nella vasca e ruotò il miscelatore
fino ad ottenere la giusta temperatura dell’acqua. Si sistemò allora il
fratellino sulle ginocchia e lo lavò in fretta ma con cura poi lo passò alla
sorella e ripeté l’operazione con Claudia. Mentre scavalcava di nuovo il bordo
della vasca sentì che l’asciugamano che gli cingeva i fianchi stava per cadere
e lo afferrò appena in tempo.
- Jason, stai allagando il pavimento! -
Il giovane fece una smorfia e si rivolse ad Alexandra. - Scusa, ti spiace
aiutare un attimo Shiri? -
La ragazza scosse lentamente la testa. - No, certo... - Si sentì la gola secca.
Appesantito dall’acqua, il telo aderiva in maniera rivelatrice alle cosce
muscolose di Jason.
- Grazie! -
- Ah, Jason, lei è Alexandra. -
- Ciao - Tese una mano verso di lei con un sorriso che gli illuminò il volto e
gli occhi.
- Ciao - Alexandra lo seguì con lo sguardo mentre se ne andava.
Accanto a lei, Shiri scosse la testa e le porse un morbido asciugamano di
spugna. - Di solito sono due veri angioletti, ma oggi pomeriggio hanno deciso
di infrangere la tradizione... -
Un po’ esitante Alexandra cominciò a tamponare con delicatezza il corpicino
della piccola. - Sono gemelli? -
- Sì, Ethan e Claudia. Ragazzi, avete già fatto una pessima figura con
Alexandra, quindi adesso cercate di rimediare comportandovi come si deve,
d’accordo? - Pose teneramente la mano intorno alla guancia morbida di Ethan,
che aveva ricominciato a piangere. - Cos’hai, tesoro? - Lo fissò negli occhi,
un po’ preoccupata. - Allora? - Fece scivolare le dita fino alla sua tempia con
un movimento che sperò abbastanza disinvolto da non suscitare la curiosità
dell’amica. Inarcò le sopracciglia per lo stupore ed un sorrisetto malizioso le
tese le labbra. - Adesso passa tutto, stai tranquillo... - mormorò chinandosi a
baciarlo sulla fronte. Poi gli mise un pannolino pulito e una deliziosa tuta di
ciniglia verde acqua. - Un attimo di pazienza e sono subito da te, ok? - Prese
un altro pannolino e si avvicinò a Claudia. - E tu, invece, che scusa hai? -
La bimba scalciò con forza lanciando uno strillo acutissimo prima di mettersi a
ciangottare felice e contenta.
- Ah, allora era solo per solidarietà con tuo fratello! - Shiri dovette
faticare per infilarle la tutina pulita. Mm, bisogna aiutarsi l’un l’altro,
senza dubbio, ma non per combinare pasticci! Quando sarete più grandi cosa
farai? Lo seguirai nei guai in cui sicuramente si caccerà? - Finito che ebbe di
allacciare l’ultimo automatico le prese entrambi i pugnetti e fece un gran
sorriso. - Brava, principessa, è così che si fa! Non si abbandona mai un
fratello! E nemmeno un amico, se è per questo... -
Alexandra la guardò, cercando di mascherare la sorpresa. Strani discorsi da
farsi a una neonata, quelli...
- Ecco fatto! Vieni, andiamo! - Senza aspettare la risposta di Alexandra Shiri
prese entrambi i bambini in braccio dopodiché uscì dal bagno e si diresse verso
la camera di Jason. - Ehi, c’è qualcuno che ti vuole!... -
Il ragazzo finì di tirarsi giù la maglietta poi guardò la sorella perplesso. -
Scusa? -
Lei gli si avvicinò porgendogli Ethan, che smise di colpo di piagnucolare e si
protese verso il fratello.
- Capisco... - Con un sorriso Jason si strinse il piccolo al petto. - Noi due
andiamo a giocare di sotto. Voi, invece, che programmi avete? -
- Alexandra era venuta a portarmi gli appunti di geometria. Se Claudia adesso
fa la brava forse riusciremo anche a guardarli... -
- Dalla a me, allora! -
Shiri gli sorrise grata e gliel’affidò prima di indicare all’amica la strada
verso la propria stanza.
Il suono del campanello fece corrugare le sopracciglia a Jason. Ethan si
reggeva trionfante contro il suo ginocchio rendendogli impossibile qualsiasi
movimento, mentre Claudia se ne stava seduta con la schiena appoggiata a lui,
del tutto assorbita dallo studio di uno dei cubi di gomma. Girò la testa in
direzione della porta d’ingresso e socchiuse gli occhi. Un lento sorriso gli
incurvò gli angoli delle labbra mentre si accertava che non ci fosse nessuno in
vista. “- Entra pure... -”
Si udì distintamente lo scatto della serratura, poi Isabel si affacciò nel
soggiorno. - Ehi, ciao, ragazzi! - Lanciò la borsa sul divano e andò ad
inginocchiarsi alle spalle di Jason stringendolo in un forte abbraccio. - Come
sta il mio nipote preferito? -
- Benissimo, grazie, e tu? -
Isabel gli diede un bacio sulla nuca poi gli arruffò i capelli. - Anche io... -
Tornò ad abbracciarlo e sorrise mentre Ethan alzava lo sguardo su di lei
borbottando con convinzione.
In quel momento Shiri e Alexandra comparvero in cima alle scale.
Nel vedere la ragazza bionda aggrappata a Jason Alexandra si oscurò
impercettibilmente in volto. “E questa da dove viene?” si chiese seccata.
- Zia! - Shiri scese i gradini a due a due e corse a stampare un bacio sulla
guancia di Isabel.
- Ciao, cara... - Isabel le ricambiò l’affettuoso saluto poi si alzò in piedi.
- Zia, ti presento Alexandra, una nostra compagna di scuola. -
L’aliena studiò incuriosita la giovane mentre le stringeva la mano.
- Io... adesso devo proprio andare, si è fatto molto tardi... Ci vediamo
domattina -
- Certo, e grazie ancora... -
Alexandra sorrise senza rivolgersi a nessuno in particolare e lasciò che Shiri
l’accompagnasse fino alla porta di casa. Stava per uscire quando si volse un
attimo a guardare dietro di sé, poi scomparve nel buio di quel freddo
pomeriggio invernale.
Notando l’espressione assorta di Jason Isabel sollevò le sopracciglia e lo
fissò divertita finché lui se ne accorse e le sorrise vagamente imbarazzato
prima di tornare a dedicarsi ad Ethan.
- Max e Liz non sono ancora tornati, vero? - chiese allora Isabel a Shiri.
- No, ma non dovrebbero tardare. Sono andati a comprare le decorazioni per la
festa... -
- Beh, a quanto pare hanno deciso di svuotare il supermercato -
- Che vuoi dire? -
Invece di rispondere la giovane fece un piccolo gesto con la mano e la porta si
spalancò consentendo a Liz di entrare.
- Ehi! - Shiri si affrettò a togliere dalle braccia della madre l’enorme
scatola sigillata alla bell’e meglio con del nastro adesivo.
Di lì a pochi secondi arrivò anche Max, pure lui col suo bravo carico.
- Ora capisco perché mi hai chiesto di venire qui... - mormorò Isabel al
fratello. - Immagino che vi serva una mano per montare tutta quella roba... -
Max la guardò con aria di scusa. - Non sei obbligata, però... sì, ci farebbe
comodo il tuo aiuto. -
La ragazza scosse la testa con fare rassegnato. - D’accordo -
- Scusate se vi abbandono ma è l’ora della poppata... - Liz si chinò a prendere
Claudia, che nel vederla aveva abbandonato il suo giocattolo e si era buttata
in avanti cercando di gattonare verso di lei. - Shiri, mi porti tu Ethan, fra
un po’? -
- Sì, va bene -
Quando la giovane donna tornò in soggiorno erano tutti seduti sulla trapunta,
intenti chi a srotolare festoni di carta e chi ad applicare nastri, pigne e
fiocchi a ghirlande di midollino. - Credi che David resterà fino al giorno del
Ringraziamento? - chiese ad Isabel mentre si accomodava in un angolo
miracolosamente rimasto libero.
- Ne abbiamo parlato oggi. Ha accettato - La ragazza fece una buffa smorfia, -
e ha perfino trovato qualcosa da fare, nel frattempo... Abbiamo pranzato con
Morgan, e quando lui ha accennato al caso cui sta lavorando David si è subito
offerto di aiutarlo. Michael non mi è sembrato molto entusiasta, però. Secondo
me non si sente a suo agio con un altro ex federale accanto... -
- E tu? - le chiese Max.
Lei si strinse nelle spalle. - Se non altro non facevano parte della sezione
speciale... -
- Jason, com’è andata a finire con la partita di basket? Alexandra ti ha visto
giocare e mi ha detto che l’allenatore sembrava soddisfatto - intervenne ad un
tratto Shiri.
Subito l’attenzione di tutti si concentrò sul ragazzo, che continuò impassibile
ad avvolgere un nastro rosso intorno alla ghirlanda. - Sono entrato a far parte
della squadra. - rispose distaccato.
A quelle parole Liz gli lanciò una campanella dorata. - E lo dici così?!? -
esclamò ridendo, poi si volse incuriosita in direzione di Shiri. - E Alexandra
chi è? Una compagna di classe? -
- Già. E’ una ragazza simpatica e molto gentile. Sai, è perfino venuta qui a
portarmi degli appunti che mi servivano per fare i compiti per domani! -
- Ed è anche piuttosto carina - Isabel guardò di sottecchi il nipote, poi emise
un sospiro soddisfatto mentre controllava il risultato del suo lavoro. - Se
foste arrivati dieci minuti prima l’avreste vista anche voi... - Sorrise tesa a
Max.
Il giovane si irrigidì un poco. - Speriamo che suo padre non lavori per
l’FBI... - osservò con tono forzatamente leggero.
Jason alzò gli occhi al cielo. - Sentite, non sono un idiota, ok? - Poi fece
una smorfia di scusa al padre, che sbatté le palpebre mentre Liz scuoteva la
testa. - A volte le circostanze ci portano a fare delle cose che non dovremmo,
però questo non può impedirci di vivere normalmente... Tutti noi sappiamo di
poterci fidare di te, Jason, e anche di te, Shiri, per cui non state a crearvi
troppi problemi, va bene? -
- Grazie, mamma - Jason le sorrise riconoscente. Era importante, per lui,
sapere di non essere fonte di preoccupazione per i suoi genitori, dopo tutto
quello che era successo nel passato, e sentiva che quelle parole erano sincere.
- Che ve ne pare? - Shiri mostrò trionfante la sua ghirlanda, e subito
l’atmosfera si fece più rilassata.
Max studiò senza darlo a vedere i due figli più grandi. A quanto sembrava si
erano inseriti senza alcuna difficoltà nell’ambiente scolastico, e senza dubbio
gran parte del merito andava a Liz, che aveva saputo infondergli fiducia in
loro stessi... Come aveva fatto con lui... Era grazie a lei, infatti, che aveva
smesso di nascondersi dietro il suo albero, incapace di vivere davvero nel
timore di tradirsi, e come risultato aveva ottenuto qualcosa che non avrebbe
mai osato sperare. L’immenso amore di Liz e quattro splendidi figli...
- Non mi va che tu sia ancora in giro quando è buio! -
Alexandra sbuffò e seguì la zia in cucina. - E’ inverno, e fa buio prestissimo!
E comunque mi sono limitata ad andare a casa di una mia compagna di classe per
portarle degli appunti... Niente droga, niente sesso... Solo un innocuo favore
ad un’amica... -
La donna, un’energica cinquantenne che mandava avanti con grande competenza la
fattoria ereditata dal marito, fece una smorfia. - Senti, non è che mi diverta
a controllarti, so benissimo cosa significhi avere diciassette anni! Però il
giudice ti ha affidata a me ed è mio compito accertarmi che non commetta altri
reati!... O preferisci finire in un carcere minorile? - La guardò con sospetto.
- Chi è questa compagna di classe? -
- E’ una nuova. E’ arrivata a Roswell da poco, ma la sua famiglia è originaria
di qui -
- E come si chiama? -
- Shiri. Shiri Evans -
Linda Kransick corrugò la fronte. - Evans? Sì, conosco gli Evans. Lui è un
avvocato. Piuttosto in gamba, da quel che so... Hanno anche un maschio, se non
ricordo male... -
- Sì, Jason. E altri due figli, due gemelli di pochi mesi - Alexandra si era
appoggiata al frigorifero, le braccia incrociate davanti e un’espressione
seccata sul viso. - L’interrogatorio è finito? -
- Non fare così, per favore! E’ per il tuo bene... -
- Certo, come no! - La ragazza serrò le labbra. - Non ho fame. Vado in camera
mia a studiare, non ho alcuna voglia di perdere un altro anno... - Così dicendo
si raddrizzò e se ne andò.
Rimasta sola Linda scosse rassegnata il capo. Alexandra era arrivata l’estate
dell’anno precedente, col suo fardello di dolore e caparbietà, ed in effetti si
era sempre comportata bene. Però lei continuava a temere che, prima o poi,
ricadesse nelle vecchie abitudini così faceva di tutto per non perderla mai
d’occhio. Ma il lavoro alla fattoria era tanto, e molto impegnativo, e poteva
solo fidarsi di lei quando la mattina prendeva la macchina per andare a
scuola... Fino al giorno in cui era stata contattata dal tribunale non sapeva
neppure di avere quella nipote, in realtà figlia di un cugino di secondo grado
di suo marito, morto d’infarto oltre dieci anni prima, però aveva preso molto
sul serio il compito di prendersi cura di lei e voleva essere certa che non
frequentasse gente strana. Certo, Roswell non era Los Angeles, ma non si poteva
mai dire... Comunque, gli Evans erano una famiglia perbene, e se davvero
Alexandra era amica dei loro figli poteva stare tranquilla... Tornò ad
occuparsi della torta rustica che stava cuocendo nel forno. Di lì a qualche
giorno sarebbe stata la festa del Ringraziamento e voleva provare delle nuove
ricette prima di decidere il menù...
Liz riappese il ricevitore e tornò in cucina. - Era Patricia - spiegò a Max,
ancora stupita per l’inattesa telefonata. Ha detto che la festa organizzata al
college è stata bellissima e le è molto dispiaciuto che noi non ci fossimo...
E’ tornata a casa sua ma non ha ancora trovato lavoro, così le ho chiesto se le
andasse di venire qualche giorno da noi, e ha accettato. Pensa di venire sabato
prossimo, in pullman. Ci farà sapere non appena avrà organizzato tutto... -
- Vuoi che sia presente anche lei, alla tua cena, giusto? -
La ragazza annuì ridendo imbarazzata. - Esatto - ammise. Gli si avvicinò e lo
cinse per la vita appoggiandosi contro di lui. - Voglio che sia un vero giorno
del Ringraziamento, e Patty merita di esserci perché mi è stata accanto quando
ne avevo bisogno... Dopo Maria e Isabel lei è la mia amica più cara... -
Max chiuse per un attimo gli occhi, ricordando la snella figura che lo aveva
accolto al campus e lo aveva avvertito che Liz era in ospedale, in coma. Con un
sospiro le prese il volto fra le mani e la baciò gentilmente sulle labbra. -
Sì, capisco. Sono sicuro che si troverà bene... -
- Grazie -
Lui accennò un sorriso poi si chinò a baciarla con maggiore intensità,
dimenticando del tutto la pila di stoviglie da lavare che aveva ammucchiato
poco prima nel lavandino.
Il lunedì arrivò fin troppo presto e i due giovani dovettero faticare non poco
per riuscire ad organizzarsi, dato che il lavoro li impegnava moltissimo. Jason
e Shiri presero l’abitudine di fermarsi a mangiare qualcosa al Crashdown, dopo
la scuola, spesso in compagnia degli amici, per poi tornare a casa e cominciare
a studiare prima del rientro dei genitori. Claudia e Ethan sembravano essersi
adattati senza troppe difficoltà all’asilo nido, e un giorno le ragazze che si
occupavano dei bimbi si complimentarono con Liz per il loro buon carattere.
Quando lei lo riferì a Jason questi scoppiò in una risata incredula. - Ah, ora
capisco! Quel monellaccio di Ethan risparmia le forze per giocare con me! Di’
alle tue ragazze di venire qui a vedere cosa combina quando lo riporti a casa e
non lo raggiungo subito sulla trapunta!... -
- Che vuoi farci? Fra monellacci ci si intende! - lo prese in giro Shiri, e
davanti al suo sguardo inceneritore fece una spallucciata. - Se tu non gli
facessi fare tutte quelle cose forse non si divertirebbe così tanto e ti
lascerebbe in pace... -
- Quali cose? - indagò Liz.
- Credo che la sua preferita sia la culla - Shiri sollevò una mano col palmo
rivolto verso l’alto. - Sì, una specie di culla di energia. Lui ci sta sopra e
Jason lo dondola. Ethan ne va pazzo... -
A quelle parole Liz alzò gli occhi al cielo mentre Max fissò i figli con
espressione severa. - Sentite, ragazzi, voi lo sapete cosa potrebbe succedere
se qualcuno scoprisse quello che sapete fare, quindi per favore cercate di
stare attenti, ok? Jason, sono sicuro che a tuo fratello piaccia dondolare su
uno schermo di forza, ma mi sentirei molto più tranquillo se evitassi di
spiegargli come funziona... -
- Ma io non... - Jason ammutolì quando si rese conto che Ethan lo stava
fissando carico di aspettativa mentre tendeva la manina verso di lui. Sul suo
piccolo palmo brillava una lente verdeazzurra. - Scusa, non me n’ero reso
conto... - mormorò impacciato. Poi prese in braccio il bambino e salì in camera
sua.
- Ho ancora dei compiti da fare. Ci vediamo dopo - Con un sorriso di scusa
Shiri fece un gesto di saluto e corse dietro ai fratelli.
- Spero che almeno Claudia sia più discreta... - borbottò Liz.
- Soprattutto quando ci sarà Patricia... Ti ha dato conferma dell’arrivo? -
- Sì, sabato, con il pullman delle sei e mezza. Vuoi venire a prenderla insieme
a me? -
Max scosse lentamente la testa. - Meglio di no. Preferisco aspettarvi a casa,
giusto per prevenire qualche possibile disastro... -
- Oh, Max, e se Ethan facesse di nuovo quella cosa al nido? -
- Non credo. Jason era molto dispiaciuto, e penso che riuscirà a fargli capire
che non deve più farlo -
La ragazza annuì in silenzio. Sì, Jason aveva una grandissima sensibilità, che
gli permetteva di creare una connessione empatica con chiunque. Lui avrebbe
saputo come spiegare ad un bimbo di pochi mesi di non concentrare la sua forza
mentale per creare campi energetici...
Quando infine giunse il momento di andare alla fermata dei pullman con Liz
c’era anche Isabel, che aveva accolto con piacere la notizia dell’arrivo della
ragazza.
Patricia non aveva dei lineamenti perfetti ma la luce dei suoi occhi ambrati e
la massa di morbidi capelli rossi, che le incorniciavano il viso ovale
ricadendo sulle spalle in soffici riccioli, attirarono più di uno sguardo
maschile mentre le tre ragazze si abbracciavano ridendo contente.
- Spero che tu non sia troppo stanca perché stasera sei invitata a cena a casa
mia! - esclamò Isabel sollevando senza sforzo il borsone dell’amica.
Prima che potesse obiettare qualcosa Liz agitò veloce una mano. - Io devo
allattare Claudia ed Ethan, poi bisogna fargli il bagnetto e metterli a
dormire, così verrò dopo con Max: in questo modo saremo liberi di chiacchierare
in santa pace!... -
- Oddio, non volevo crearvi tutto questo disturbo! - si preoccupò Patricia, ma
Liz la prese sottobraccio e la sospinse verso il fuoristrada. - Nessun
disturbo, stai tranquilla! - disse allegra.
Dopo che ebbe doverosamente salutato i due gemellini e scambiato un breve
saluto coi ragazzi più grandi, Patricia sistemò le sue cose nella cameretta per
gli ospiti e si rinfrescò, dopodiché uscì di nuovo insieme ad Isabel.
Morgan e David rientrarono mentre Isabel era alle prese con i fornelli così fu
Patricia ad aprire la porta, e nel trovarsela davanti il più giovane dei
Coltrane socchiuse impercettibilmente gli occhi.
- Ah, sei già arrivata! - Morgan tese sorridendo la mano verso di lei. - E’
andato bene il viaggio? -
- Sì, grazie. - La ragazza ricambiò la stretta poi guardò interrogativa David,
che la salutò a sua volta stringendole la mano. - Io sono David, il fratello di
Morgan -
Il sorriso di Patricia si allargò. - In effetti c’è una certa somiglianza... -
Si spostò per lasciarli entrare. - Mi sembra di capire che Liz abbia preso
molto sul serio la cena del Ringraziamento. Ma in quanti saremo?!? -
- Tanti, credo. Sì, pare che si tratti di una vera e propria festa! Secondo
Isabel, però, è comprensibile: una specie di traguardo che lei e Max avrebbero
raggiunto... -
- Beh, si sono laureati, hanno trovato un ottimo lavoro, hanno una bellissima
casa, quattro figli... Dove devo firmare per avere la stessa cosa? -
Morgan scoppiò a ridere e la precedette nel saloncino, verso l’angolo bar. - In
fondo alla lista dei guai, immagino... Vero, Isabel? - aggiunse a voce più alta
per farsi sentire dalla moglie.
- Proprio così - borbottò lei girando con cura le patatine nella teglia.
- Non ti sembra di essere un po’ pessimista? - lo prese in giro Patricia.
- No - fu la pronta risposta del giovane.
- Anche tu la pensi allo stesso modo? - la ragazza chiese a David, che si
limitò a scrollare le spalle.
- Cosa prendi? -
- Mi va bene tutto, purché sia analcolico, grazie. - Patricia si avvicinò a
Morgan e lo osservò mentre preparava i cocktail, ma fu David a porgerle il
bicchiere.
Lei guardò per un attimo le sue dita affusolate strette intorno al calice prima
di prenderlo e assaggiare il profumato liquido rosso scuro. Il cognato di
Isabel le sembrava troppo serio, quasi triste, eppure era un uomo così
affascinante... Di certo tutt’altra cosa rispetto a Tony, e incuriosita sollevò
il viso per studiarlo. Sorrise senza volerlo nello scoprire che lui stava
facendo la stessa cosa... - Tu non bevi? - gli chiese gentilmente.
- Preferisco di no. - David sembrò ritrarsi in se stesso. - Scusate, vado a
vedere se Isabel ha bisogno di aiuto -
Rimasti soli Patricia guardò perplessa Morgan. - Non vorrei aver detto qualcosa
di sbagliato... - mormorò.
- No, non è per te, stai tranquilla. Mio fratello sta attraversando un periodo
un po’ difficile, e per questo lo abbiamo convinto a restare a Roswell qualche
giorno... -
- Ah... E... dove vive, di solito? -
- A Washington. Ma dato che ha lasciato il lavoro penso che si trasferirà da
qualche altra parte -
A cena il malumore di David sembrò essersi dileguato, e quando Max e Liz
arrivarono verso le nove e mezza trovarono ancora tutti seduti a tavola intenti
a chiacchierare allegramente.
L’indomani Patricia venne scortata da Liz, Max e i loro figli in un giro
turistico della città, con immancabile sosta all’Ufo Center e pranzo al
Crashdown Café. La ragazza rimase esterrefatta nello scoprire l’ampia gamma di
gadgets a soggetto alieno, e più di una volta dovette faticare per non
scoppiare a ridere davanti all’incredibile assortimento esposto nelle vetrine
di alcuni negozi. Il museo degli Ufo, invece, la incuriosì moltissimo, con il
suo misto di chiare assurdità e intriganti misteri, e seguì attentamente le
spiegazioni della guida mentre Shiri la osservava di nascosto, senza riuscire a
capacitarsi del fatto che non si rendesse conto che si trattava solo di un
mucchio di sciocchezze...
Patricia trascorse molto tempo in compagnia di Maria, che, nonostante le
lezioni di canto e le prove, era l’unica del gruppo a godere di una certa
libertà, e si divertì a seguirla nei suoi giri per negozi specializzati in
articoli per bambini.
- Il lavoro di investigatore deve rendere piuttosto bene... - osservò un
giorno, mentre uscivano dal centro commerciale cariche di buste. - Forse dovrei
prendere in considerazione l’idea di specializzarmi in psicologia criminale,
che ne dici? -
Maria si strinse nelle spalle. - A Michael piace molto, e a quanto pare lui e
Morgan formano una buona squadra, almeno a giudicare dalla quantità di
incarichi che ricevono... Però al momento sto spendendo i soldi che Liz mi ha
dato come regalo per Mathias. Ha detto di non voler interferire nelle sue
scelte e così mi ha affidato l’incarico di comperare tutto quello che gli piace
-
- Non credo di capire... -
- Credimi, questo piccolino sa farsi comprendere molto bene... -
Patricia corrugò le sopracciglia finemente disegnate e Maria si mise a ridere.
- Aspetta di essere incinta e ne riparleremo! -
- Conosci Liz e Max da molto tempo, vero? -
- Beh, Liz da... da sempre, direi. Max, invece, l’ho conosciuto davvero solo al
liceo, anche se siamo andati alla stessa scuola elementare... Michael era il
suo migliore amico, anzi l’unico, e così... - Sorrise divertita. - Alla fine
eravamo diventati una bella compagnia, perché c’erano anche Alex Whitman, che
sta per laurearsi al MIT di Boston, e Kyle Valenti, che ha deciso di seguire le
orme del padre. E’ lo sceriffo di questa città - precisò. - E, incidentalmente,
il mio patrigno. Brr, che termine antiquato! Però è vero, dato che qualche anno
fa ha avuto la bella idea di sposare mia madre... -
Nel frattempo erano arrivate alla jeep, e le due ragazze si affrettarono a
depositarvi gli acquisti prima di montare dentro.
- Ti va di passare a prendere Jason e Shiri? Temo che fra non molto scoppierà
un bel temporale e credo che non gli dispiacerà avere un passaggio... -
- D’accordo. - Patricia la osservò di sfuggita. - E’ strano vederli così grandi
quando, in realtà, dovrebbero essere poco più che neonati... -
- Sì, infatti sia Liz che Max ci hanno sofferto molto, ma che vuoi farci? Però
loro l’hanno presa bene. Voglio dire, gli piace andare a scuola, non hanno
problemi con lo studio, e si sono fatti un sacco di amici!
- I gemelli hanno ereditato lo stesso danno genetico? -
- Sembrerebbe di no, per fortuna. Comunque godono di ottima salute, come hai
potuto vedere!... -
- Sì, in effetti sono molto vivaci. -
- Non oso pensare a quello che riusciranno a combinare quando ci saranno anche
Mathias e la figlia di Isabel! -
Patricia sorrise. - Posso immaginarlo... - Il suo sguardo vagò assorto oltre il
finestrino. - Cosa sai di David, il fratello di Morgan? - chiese con voce
distratta.
- Che lavorava per l’FBI, come Morgan. E come lui ha deciso di mollare tutto e
fare qualcosa di meglio nella vita. Non credo che sappia ancora cosa, però...
E’ un gran bel ragazzo, comunque, non trovi? -
- Mm - rispose lei, non volendosi sbilanciare.
Maria si girò un attimo a fissarla poi tornò a concentrarsi sulla strada.
“Buona fortuna, ragazza mia... Se intendi provarci ne avrai davvero bisogno,
temo...”
La settimana seguente arrivò anche Thomas Coltrane. Isabel e Morgan riuscirono
a vincere le sue proteste e a persuaderlo a rimanere a casa loro anziché
sistemarsi in albergo, e con lui i tre uomini della sicurezza che si era
portato dietro. L’uomo era evidentemente felice all’idea di diventare nonno, e
circondava Isabel di mille premure causandole notevole imbarazzo.
- Senta, signor Coltrane - lo pregò un giorno, mentre lui le toglieva dalle
mani i piatti con cui doveva apparecchiare la tavola, - le posso assicurare che
questa gravidanza non mi dà nessun problema. A parte quando mia figlia mi
attira nella sua mente - si corresse, causando un aggrottare di sopracciglia
nel suo sconcertato interlocutore. - Non mi sento debole, non ho mai sofferto
di nausee, e non ho alcuna intenzione di starmene seduta fino al momento del
parto! La prego, vada in soggiorno a far compagnia a David: qui mi basta
Morgan... - Sorrise guardando oltre le spalle dell’uomo, che si volse e
sorprese il figlio maggiore appoggiato allo stipite della porta. - Sentito,
papà? E poiché i desideri della principessa di Antar, sia pure graziosamente
espressi, sono in realtà ordini, vattene di là e lasciami solo con lei!... -
- D’accordo, mi rendo conto di essere di troppo... Ma, ti prego, Isabel,
chiamami Thomas. -
- Va bene, Thomas. E non dar retta a quello che dice Morgan: io non ho mai dato
un ordine, in questa casa!... -
- Non ce n’è bisogno, mia cara - Coltrane fece un piccolo inchino col capo e si
ritirò in salotto.
- Il legame fra Morgan e Isabel mi sembra molto profondo - commentò quando si
fu seduto sulla poltrona davanti al divano dove già si trovava David,
comodamente appoggiato allo schienale con una rivista sulle gambe. - Sì, ma lo
sapevo già. Ricordati che io l’ho visto quando ancora non aveva trovato nessuna
traccia di lei, dopo l’attacco dell’unità speciale ad Albuquerque... - rispose
senza alzare lo sguardo dall’articolo che, in realtà, non stava leggendo.
- David, devo ammettere che sono contento che sia tu che Morgan abbiate
lasciato l’FBI, per quanto non avrei mai voluto che succedesse per ragioni così
drammatiche... Ho sempre pensato che avreste potuto fare molto di più, ma ho
preferito non interferire nelle vostre scelte. Adesso, però, vorrei... vorrei
approfittare di questa occasione per parlarti di qualcosa che mi sta a cuore,
qualcosa su cui spero tu voglia riflettere seriamente prima di darmi una
risposta negativa... -
Un po’ a malincuore il giovane guardò il padre negli occhi. - Credo di sapere a
cosa ti riferisci. E in effetti... l’istinto mi porterebbe a dire di no ma...
ok, ti ascolto -
- Un anno, David. Ti chiedo solo un anno, poi sarai libero di decidere se
continuare o andartene... La compagnia ha ormai raggiunto delle dimensioni
mastodontiche e, per quanto il mio staff sappia mandare avanti le cose in
maniera eccellente, vorrei che almeno uno di voi due cominciasse a conoscerla
dall’interno. Morgan è un genio dell’informatica e ha un notevole istinto di
cacciatore, mentre tu sei un analista nato. Vorrei che mettessi questa tua
qualità al servizio della compagnia. Un periodo di tre mesi per ogni settore,
affiancato alla direzione, così potrai impratichirti di tutta la società. Che
ne dici? -
David scrollò con apparente indifferenza una spalla. - Perché no? - Ma Thomas
Coltrane non era arrivato ad essere quello che era per semplice fortuna, e si
rese perfettamente conto di tutto quel che c’era dietro quel semplice gesto.
Senza volerlo, Isabel Evans aveva portato un notevole sconvolgimento
nell’intera famiglia Coltrane, costringendo tutti loro a rivedere quella che,
forse, stava diventando una vita un po’ troppo monotona. Col risultato che
presto Morgan sarebbe diventato padre, David aveva smesso di fare il
castigamatti per l’FBI, e lui aveva potuto toccare con mano una realtà che
milioni di persone avrebbero dato l’anima per scoprire...
Liz si sentiva molto emozionata mentre con lo sguardo passava dall’uno
all’altro dei volti sorridenti dei suoi amici. C’erano tutti. Perfino Alex e
Kyle, arrivati a Roswell solo un paio di giorni prima! L’aria di festa che
regnava tutt’intorno a lei sembrava illuminare il grande soggiorno ancor più
delle candele artisticamente distribuite sul tavolo... Si schiarì la gola e per
un attimo i suoi occhi si posarono su Max. Avrebbe mai potuto sentirsi più
felice di così? Oh sì, accanto a lui sapeva per certo che avrebbe conosciuto
altra felicità... Fece un piccolo respiro e iniziò a parlare. - Questo è il
giorno del Ringraziamento più importante della mia vita, e ci tenevo moltissimo
ad avervi con me... Perché ognuno di voi ne fa parte. Voglio ringraziare Dio
per tutto questo... Per i miei genitori, che hanno saputo darmi la forza di
carattere che mi ha permesso di lottare per l’amore di Max. Per aver posto Max
sul mio cammino, e con lui Jason, Shiri, Claudia e Ethan... Per l’amicizia di
Maria, Michael, Isabel e Morgan. Per Diane e Phillip, due persone assolutamente
meravigliose... Per Alex e Kyle, Jim ed Amy... Per Patricia, che mi è stata
accanto quando ero al college, e per David ed il signor Coltrane, che ci hanno
aiutato in momenti molto difficili... Per il piccolo Mathias e la bambina di
Isabel e Morgan, che presto saranno con noi... Voglio ringraziarLo perché siamo
tutti qui, riuniti in questa casa. La nostra casa... Altri amici, invece, non
ci sono più, oppure sono lontani, ma Lo ringrazio per averceli fatti
incontrare... - Tacque, infine, lo sguardo basso mentre ripensava al volto
sorridente di Lou e a quello più serio di Thien, e dopo qualche secondo si udì
un timido Amen, cui ben presto si unirono tutti quanti. Dopo qualche secondo
rialzò la testa, un dolce sorriso sulle labbra. Oggi festeggiamo anche il
compleanno di Max, Isabel e Michael, dato che per un motivo o per l’altro non
si è mai riusciti a farlo al momento giusto! Dopo cena potrete aprire i vostri
regali... - Mentre i tre ragazzi spalancavano sorpresi gli occhi lei si alzò e
cominciò a riempire generosamente i piatti servendosi dal grande vassoio su cui
troneggiava un tacchino ripieno di dimensioni gigantesche, accompagnato da una
grande varietà di contorni.
Quando Maria cominciò a versare salsa di Tabasco sulla sua porzione Patricia la
fissò esterrefatta. Non ne hai messo un po’ troppo? -
- Piace a Mathias, che ha preso da suo padre, evidentemente, e quindi per ora
sono costretta a mangiare piccante anch’io... - rispose la ragazza con una
smorfia prima di fare una linguaccia a Michael, che si limitò a toglierle la
bottiglia di mano per potersi servire a sua volta.
- E’ tutta questione di abitudine, sai? - disse Shiri mentre apriva una
bottiglia nuova di salsa. - Vuoi provare? -
- No, grazie. Mi sento andare a fuoco solo guardando voialtri!... -
Shiri si mise a ridere, e Michael approfittò di quel momento di distrazione
generale per chinarsi verso Maria e baciarla sul collo. Tu ne sapevi qualcosa,
di tutto questo? - le bisbigliò.
- Mm - Con un sospiro Maria reclinò il capo di lato offrendogli una porzione
più ampia di pelle da baciare. - Solo tu, Max e Isabel siete stati tenuti
all’oscuro... - Rabbrividì di piacere, e con un certo rammarico si scostò da
lui. - Ti è piaciuta la sorpresa? - gli chiese cercando i suoi occhi.
- Sì. Non avevo mai festeggiato un compleanno, prima di conoscerti. Max e
Isabel mi hanno sempre fatto dei regali, ma una festa così, con tanta gente...
- Le mise una mano sulla pancia e sorrise nel sentire suo figlio scalciare. - E
fra non molto avrò da te un dono davvero speciale... -
Maria gli coprì la mano con le sue. - E’ un dono per entrambi. - Si sporse in
avanti per baciarlo. - Buon compleanno, amore! -
- Tesoro, avete già pensato al nome per la piccola? - chiese ad un tratto
Diane, rivolgendosi alla figlia con curiosità.
Isabel guardò di soppiatto Morgan. Ne avevano parlato proprio qualche giorno
prima, e lui aveva accettato senza esitazioni il suo suggerimento. Non aveva
riso quando gliene aveva spiegato il motivo, e questo glielo aveva reso ancora
più caro. - Natalie - disse, illuminandosi in volto.
Max le sorrise istintivamente. Sapeva che la sorella adorava il Natale e si era
sempre data da fare per rendere perfetto quel periodo dell’anno, dando anche
una mano nell’organizzazione dei festeggiamenti cittadini. A differenza di lui,
Isabel aveva deciso che il Natale era la migliore occasione per sentirsi
davvero normali e così, all’approssimarsi della vigilia, si lasciava assorbire
dall’atmosfera e cominciava a decorare la casa e a scegliere con cura i regali
per tutti loro... Questo, almeno, finché erano andati al liceo. Poi, fra i
problemi legati ad Antar ed il college, non c’era più stato tempo per molte
cose. Come andare in cerca dell’abete giusto e riempirlo di trine e luci
colorate... Natalie era un bel nome, dolce e gentile come la sua storia...
Sentì un profondo affetto per Isabel, e mosse la mano verso quella di Liz,
poggiata sul tavolo accanto alla sua, stringendola mentre si voltava a
guardarla. “Non del tutto alieni, non del tutto umani. Ma voi ci rendete
completi...”
Una manina paffuta si afferrò con determinazione ai suoi jeans, poi un’altra, e
la piccola Claudia si tirò su in piedi guardandolo speranzosa.
- Ehi, e tu che ci fai qui? Non stavi giocando sulla trapunta? - Max si piegò a
prendere la figlioletta e se la sistemò sulle gambe. - Hai lasciato da solo tuo
fratello, eh, birbona? -
In quel momento Liz sentì qualcosa sfiorarle il polpaccio e, con sua grande
sorpresa, scoprì che si trattava di Ethan. - A questo punto mi piacerebbe
sapere chi ha avuto per primo l’idea! - disse chinandosi a sollevare il bimbo.
Ethan, che si era visto perduto quando non aveva trovato nulla cui aggrapparsi
dato che Liz indossava una minigonna, sorrise soddisfatto e batté il piccolo
pugno sul bordo del tavolo.
Thomas Coltrane guardò attento i due bimbi, poi Isabel. Quando aveva visto per
la prima volta i figli gemelli di Max si era sentito più tranquillo, perché per
qualche terribile istante si era domandato quale aspetto avrebbe avuto la sua
nipotina... Gli sembrava così strano pensare che di lì a pochi mesi sarebbe
diventato nonno... Era molto soddisfatto per il nuovo piccolo mondo di Morgan,
fatto di amici sinceri, anche se un po’ particolari, che non cercavano il suo
denaro e, quel che più era importante, lo avevano accolto con il rispetto che
meritava.
La serata si protrasse fin oltre mezzanotte e tutti poterono ammirare i regali
che Max, Michael ed Isabel avevano ricevuto, poi, verso le tre del mattino,
dopo aver allattato un’ultima volta i gemelli, Liz si rannicchiò contro il
corpo caldo del marito e gli porse una scatolina piatta. - Questo è il mio
regalo privato... - disse sorridendo.
Il giovane la guardò perplesso mentre prendeva la scatolina. - Io... grazie...
- Era confuso. Da lei aveva avuto un maglione grigio scuro di cachemire, un cd
doppio di un complesso che gli piaceva moltissimo e che era diventato
introvabile due giorni dopo l’uscita, e un giaccone di pelle. Non c’era
assolutamente bisogno che gli regalasse qualcos’altro... Sentì la sua
trepidazione mentre apriva il pacchetto, e per un attimo rimase senza fiato.
Disposto su un piccolo cuscino di ovatta candida giaceva un portachiavi, un
anello da cui pendeva un rettangolo di lucido acciaio con inciso il simbolo
dell’infinito. All’interno erano state disegnate la spirale di Antar e le
iniziali M e L. All’anello era attaccata una sola chiave. - E’ la chiave di
casa... E questi simboli... - Max sfiorò i segni con la punta del pollice. -
Oh, Liz... - Non ebbe alcuna difficoltà a comprendere il messaggio che
rappresentavano. Lui aveva sempre cercato di scoprire dove fosse la sua vera
casa. Non con la stessa frenetica ansia di Michael, ma comunque con un senso di
desolato desiderio che lo aveva spinto talvolta ad agire in un modo che aveva
ferito le persone cui teneva di più. Ma ormai da tempo sapeva che la sua casa
era con Liz, e con i loro figli. E adesso avevano quella villetta... Il loro
posto... Se non l’avesse amata già così tanto avrebbe potuto innamorarsi
perdutamente di lei solo per ciò che aveva fatto incidere su quel
portachiavi... Con un sospiro strinse nel pugno il regalo, gli occhi chiusi per
meglio assaporare la tenerezza che gli scaldava il cuore, poi lo depose sul
comodino insieme alla piccola scatola che lo aveva contenuto e iniziò a baciare
ed accarezzare Liz finché entrambi si persero in un mondo fatto di passione,
luce, sensazioni e totale consapevolezza dell’amore che li univa.
Anche Michael e Maria giacevano nel loro letto, piacevolmente stanchi e sudati.
La ragazza era coricata sul fianco e sorrideva divertita da un segreto pensiero
mentre Michael continuava a tracciare una scia di piccoli baci lungo la sua
schiena.
Quando il giovane si accorse di quel sorrisetto si fermò e tese una mano per
allontanarle le lunghe ciocche color miele dal volto. Cosa c’è di così
divertente? - le chiese sospettoso.
Maria gli prese la mano e se la portò sul seno voltandosi un poco per poterlo
guardare negli occhi. - Mia madre è rimasta sconvolta quando ha saputo che
faccio l’amore con te anche ora che ho una pancia grande quanto una botte... A
sentir lei, di solito, a questo punto le donne non provano più molto desiderio
per i loro uomini, o qualcosa del genere... Secondo te io non sono normale? -
Era seria mentre diceva quelle cose, ma i suoi occhi brillavano maliziosi.
- Certo che sei normale! - esclamò incredulo Michael. - E poi non è vero che
hai la pancia come una botte. Perlomeno, non ancora... - Sul volto gli si
dipinse un’espressione incuriosita. - Ma che diavolo fanno quando sono a
letto?!? -
- Ah, non ne ho proprio idea! E ad essere sincera mi spiace un po’ per loro...
Si perdono un sacco di divertimento, così... - Finì di ruotare su se stessa e
distese le braccia di lato. - Vero? - mormorò con tono seducente.
Il giovane fissò la propria mano ferma sul suo soffice seno, poi la spostò
sull’altro e si chinò a baciarla dove, ora, lei sentiva freddo. - Vero... -
bisbigliò sollevando appena le labbra.
“Ma io ho il mio uomo dello spazio, e almeno questo non è un problema...” Maria
si inarcò con un gemito quando lui fece scivolare la mano lungo il fianco
arrivando ad accarezzarla intimamente. Michael... ti prego... -
- Sì, amore... sì... - Le diede un bacio duro, profondo, poi la fece sua ancora
una volta. Di nuovo si sentì sprofondare dentro di lei, fisicamente e
mentalmente, e al contempo si aprì perché anche Maria potesse vedere la sua
anima. Non avrebbe avuto alcun senso fare l’amore, altrimenti... Soltanto
allora riusciva ad essere davvero una sola cosa con lei, quando sentiva il suo
calore avvolgerlo tutto, e voleva e doveva farle sapere come fosse importante
darle ogni parte di sé.
- No! No, resta così... Voglio... farti vedere una cosa... - Isabel strinse
forte i fianchi di Morgan impedendogli di sollevarsi da lei e l’uomo gemette
tornando a premere sul suo corpo con tutto il proprio peso. - Mi hai
convinto... - Le sfiorò la guancia con un bacio gentile. - Non credo che
Natalie apprezzi questo trattamento... -
La ragazza sorrise e sollevò un braccio cingendogli la schiena. - Dammi la mano
- disse mostrandogli la propria mano destra.
Con un sospiro lui tirò via da sotto la vita di Isabel la mano sinistra e lei
se la portò sull’addome. - A lei piace sentirci... - Lo fissò negli occhi, con
intensità, e in un attimo furono all’interno di qualcosa che Morgan, scioccato,
comprese trattarsi dell’essenza vitale di sua figlia.
Il contatto durò solo una manciata di secondi, poi l’uomo avvertì di nuovo
l’aria fresca sulla pelle e la luminosità dorata delle abat-jours. - E’
stato... incredibile... - mormorò mentre Isabel lo guardava sorridendo un po’
ansiosa. Sapeva che la prima volta poteva essere un’esperienza terrificante,
però voleva così tanto che anche lui potesse sentire la meraviglia di quella
nuova vita, microscopica eppure già in grado di provare tante emozioni...
- Natalie... la nostra bambina... Santo cielo, Isabel... - Profondamente
commosso, Morgan si sollevò su un gomito e mise la mano aperta sul suo ventre.
Per un attimo credette di percepire qualcosa sotto le dita, e con
un’espressione di beato stupore tornò a sdraiarsi al fianco della ragazza, che
reclinò il capo contro la sua spalla e gli coprì la mano con la propria prima
di scivolare nel sonno.
Stufa di continuare ad agitarsi nella disperata ricerca di una posizione più
comoda Alexandra si girò di lato protendendosi verso il comodino e accese la
lampada da notte. Con una smorfia controllò la sveglia. “Le undici... Che
strazio!” Si lasciò ricadere sul cuscino e incrociò le braccia dietro la testa.
Sua zia aveva preparato una cena squisita e lei stessa aveva sistemato per casa
le decorazioni che cominciavano a mostrare i segni del tempo, ma erano state
soltanto loro due, e dopo aver rigovernato e bevuto una tazza di caffè sedute
sul divano davanti al camino se ne erano andate a dormire. Alle dieci. Le
sarebbe piaciuto passare la serata con le sue amiche ma Tanya era partita il
giorno prima per andare dai suoi nonni in Texas mentre Sabrina e la sua
famiglia erano a cena da alcuni parenti. Spense la luce e rimase a lungo a
guardare il soffitto, poi le venne un’idea e scalciò via il piumino. Accese di
nuovo la lampada da notte e si vestì dopodiché andò in soggiorno cercando di
non farsi sentire dalla zia e scrisse un rapido messaggio sul blocco per
appunti accanto al telefono. Prese le chiavi della macchina si tirò su il
cappuccio per difendersi dal freddo e uscì.
Davanti alla casa di Shiri c’erano diverse auto e la ragazza si morse seccata
le labbra. - Accidenti... - Con una smorfia passò oltre senza fermarsi, decisa
a non tornare subito alla fattoria. Ormai si sentiva perfettamente sveglia e
non aveva nessuna intenzione di passare la notte rigirandosi nel letto! Vagò
per le vie deserte della città, ma dopo una ventina di minuti si ritrovò in S.
Lea Avenue. Fissò depressa le auto ancora parcheggiate e con un sospiro spense
il motore. “Aspetterò che se ne vadano...”
Dovette attendere quasi un’ora poi, finalmente, la casa divenne silenziosa e
lei poté uscire dalla vettura. “Siete a Roswell da poche settimane eppure avete
già tanta gente con cui trascorrere la giornata del Ringraziamento... Shiri...
per favore, affacciati! Ho bisogno di parlarti... Ho bisogno di parlare con
qualcuno!...” Camminò in su e in giù sotto la finestra dove ricordava trovarsi
la sua camera, il naso per aria, ma non successe nulla. Possibile che Shiri si
fosse già addormentata?!? Sentendosi tristemente sola andò vicino ad un albero
e vi si appoggiò di schiena continuando a studiare le finestre del piano
superiore. Non si accorse subito della porta principale d’ingresso che si
apriva e si volse di scatto, un po’ spaventata, quando vide la sagoma
delinearsi a pochi metri da lei. - Ciao! Io... io non riuscivo a dormire, e...
avevo pensato di chiacchierare un po’ con Shiri... Ma avevate ospiti... -
- Sì, i nonni, gli zii, alcuni amici dei miei genitori... - Jason sorrise - E’
stato divertente. E tu? -
La ragazza si strinse nelle spalle, le mani infilate nelle tasche del giaccone.
- Con mia zia. Niente di particolare -
Aveva parlato con voce ferma, ma Jason non si lasciò ingannare. - Ti ho visto
dalla finestra, prima... Perché non vieni dentro? Ti va di vedere un film? -
Lei lo guardò interdetta e il giovane la prese gentilmente per un polso. -
Vieni, andiamo... -
Alexandra si lasciò condurre in casa e poi nel soggiorno, dove si trovavano il
televisore ed il videoregistratore.
- Scegli tu il film, mentre io vado a preparare... pop corn? - offrì Jason,
parlando piano per non disturbare il resto della famiglia.
- Preferirei del thè, se non ti spiace... - rispose altrettanto piano la
ragazza prima di avvicinarsi alla libreria, dove c’era una piccola collezione
di videocassette.
- Affatto! - Jason sparì in cucina per tornare poco dopo con un vassoio e due
tazze fumanti.
Alexandra lo seguì con lo sguardo mentre deponeva il tutto sul tavolino davanti
al divano su cui si era seduta nel frattempo, poi attese che si fosse
accomodato accanto a lei e fece partire il videoregistratore.
Si trattava di un film in costume, che Liz aveva recuperato dalla casa dei
suoi, e Jason si lasciò avvincere dalla trama avventurosa.
Cullata dal tepore del suo corpo Alexandra scivolò piano piano contro di lui,
attenta a non rovesciargli addosso il liquido bollente. Aveva scelto quel film
perché voleva vedere qualcosa di rilassante, ma scoprì che bastava la sola
presenza di Jason per farla sentire meglio, al sicuro... Era così piacevole
stare accanto a qualcuno in quel modo, senza problemi, senza dover subire i
continui palpeggiamenti o le insidiose offerte di droga come quando usciva a
Los Angeles coi balordi che definiva suoi amici...
Finì di bere il thè poi mise giù la tazza e si accoccolò meglio al fianco di
Jason, le gambe ripiegate di lato e la testa poggiata contro la sua spalla. -
Credo che finirò con l’addormentarmi... Si sta bene, qui... - mormorò.
Jason sorrise e le diede un piccolo bacio sui capelli strappandole una
risatina. - Non viziarmi, Jason Evans. Potrei abituarmici, sai? -
- E... sarebbe un male? -
Alexandra ci pensò su qualche secondo poi sollevò il capo cercando il suo
sguardo. - No - rispose semplicemente, e tornò a seguire il film.
Scritta da Elisa |