RIASSUNTO:
Avete mai immaginato Max e Michael nei panni di due leaders di due differenti
bande rivali? Beh, io c’ho provato…
DATA DI STESURA: 05/01/2005 - 13/02/2005
VALUTAZIONE: Siccome i personaggi sono alquanto
“selvatici” c’è il caso che possa scappare qualche parola “forte“. E se proprio
vogliamo, alcune scene non sono propriamente adatte ai più piccoli.
DIRITTI: Non posseggo nessuno dei personaggi di
Roswell, li sto solo prendendo un po’ in prestito. Di mia invenzione, invece, i
vari personaggi che compongono i 2 gruppi, i nomi delle bande ed i nomi dei
locali. Il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.
NOTA DELL’AUTRICE:
Se avete voglia di farmi sapere il vostro parere potete scrivermi a
taniapan@tele2.it.
Grazie ad Antonio per questa sezione dedicata ai nostri racconti: è un angolo
di puro paradiso per la mia fantasia!!
E grazie a Monica ed Elisa sempre più pazienti e speciali e a Chiara,
dolcissima come sempre!
Prima di cominciare…
Come già avrete capito dal piccolo riassuntino, anche in questa storia voglio
parlare dei nostri amici in un contesto diverso da quello presentatoci nel
telefilm. Quindi non troverete alieni, né tantomeno agenti dell’FBI di una
qualche unità speciale a caccia di omini verdi. Volevo solo precisare che
l’idea mi è balenata in testa rivedendo nuovamente il film Fast and Furios,
avete presente? Insomma, la storia prende spunto da lì, ma si sviluppa in una
maniera del tutto differente. C’è anche da dire che io non me ne intendo per
niente di auto, quindi quello che ho scritto è scaturito veramente dalla mia
mente e se ci dovesse essere qualcosa di errato mi scuso fin da ora.
In questa storia i nostri protagonisti bevono birra, si ubriacano e corrono
veloci con le auto; il tutto è servito al solo scopo narrativo… sarebbe meglio
non imitarli.
Un’ultima cosa, Liz e Michael in questa occasione sono fratelli nonostante i
loro cognomi rimangano inalterati, infatti nel mondo di fantasia che regna
nella mia testa, la cara signora Nancy prima si è sposata col Sig. Guerin e
successivamente col Sig. Parker.
Buona lettura!
Finalmente Liz stava tornando a casa.
Dal finestrino dell’aereo, vedeva la città di Orlando farsi sempre più vicina,
mentre il pilota si apprestava ad atterrare. Aveva passato gli ultimi 3 anni a
Boston, lontana dal fratello e da Maria. Ma adesso tornava finalmente a casa,
con la sua laurea in tasca e in cerca di un lavoro che andasse oltre l’officina
di Michael, dove durante il liceo aveva dato una mano con la contabilità. Lui
aveva dato l’anima per farla studiare ed ora che ce l’aveva fatta, era grata a
Dio di averlo come fratello e di avere in Maria un’amica che la sosteneva nei
momenti difficili.
Dopo la laurea aveva rifiutato alcune offerte di impiego a Boston ed ora
tornava ad Orlando per cercarsi un lavoro vicino ai suoi cari. La sua famiglia
era Michael. I genitori erano morti quando il fratello aveva solo 16 anni e da
allora lui era tutto il suo mondo. Il padre di Michael era sparito tanto tempo
prima e non aveva più fatto avere sue notizie e così il giovane l’aveva
cresciuta, nutrita e l’aveva costretta a frequentare la scuola anche quando lei
si rifiutava di studiare. Liz avrebbe voluto rimanergli accanto per dare una
mano a portare a casa quei soldi che erano così necessari per la loro
sopravvivenza, ma lui, irremovibile come sempre, l’aveva spinta a studiare fino
a raggiungere la laurea.
“Ci deve essere qualcosa di meglio per te!” le ripeteva in continuazione e Liz
aveva finito col credergli. Lei credeva a tutto quello che Michael le diceva,
si fidava ciecamente di lui e l’amava profondamente come non aveva mai amato
nessun altro essere umano. L’unica eccezione era rappresentata da Maria, la sua
amica d’infanzia e, da qualche anno, la ragazza di suo fratello. Maria era
innamorata di lui fin dall’età di 12 anni, poco prima che i signori Parker
morissero in quello spaventoso incidente. A quell’epoca Liz, che era sua
coetanea, non capiva cosa l’amica trovasse in Michael, in fondo per lei era
soltanto il fratello maggiore. Solo più tardi scoprì le sue doti nascoste e
realizzò che Maria le aveva già scoperte prima di lei. Dopo la disgrazia dei
suoi genitori, erano diventate le persone più importanti della sua vita e
quando finalmente il fratello cominciò a nutrire gli stessi sentimenti di Maria,
quelle due persone divennero la sua famiglia, una cosa sola.
Michael si manteneva con l’autofficina che aveva rilevato, ancora molto
giovane, dal vecchio Jim Valenti, andato ormai in pensione. Aveva cominciato
come semplice aiuto meccanico assieme a Kyle, il figlio di Jim, ma col tempo
aveva imparato tutti i trucchi del mestiere e Jim era stato più che contento di
lasciare la gestione dell’officina a lui e al figlio.
Michael e Kyle si conoscevano fin da bambini ed erano cresciuti insieme prima
per strada e poi, grazie a Jim, nell’officina di quest’ultimo. I due erano
appassionati di auto e non fu difficile per loro apprendere il mestiere.
Presto impararono le difficoltà della gestione di un’attività e per guadagnare
più soldi cominciarono a truccare le auto per le corse clandestine di cui
andavano pazzi. Quando la voce cominciò a diffondersi nell’ambiente delle gare,
la mole di lavoro crebbe a vista d’occhio e i conti venivano quasi sempre
saldati senza far figurare nulla o solo il minimo indispensabile. Tutto questo
aveva portato, in poco tempo, anche ad un giro di ricambi rubati in modo che i
soldi guadagnati rimanessero completamente nelle loro tasche da poter poi
riutilizzare per comprare auto da sistemare per le corse. I furti venivano
realizzati con una precisione chirurgica e veniva sottratto solo lo stretto
necessario: all’inizio erano gli stessi Michael e Kyle ad eseguirli ma poi, col
tempo e soprattutto col denaro disponibile, c’era chi svolgeva il lavoro
“sporco” per conto loro.
Oltre ai due proprietari, nell’autofficina lavoravano anche Roy, Lenny e Matt,
anche loro amanti delle auto e dell’alta velocità.
Il gruppo era conosciuto da tutti col nome di Wizards e Michael ne era il
leader.
Da qualche anno a questa parte, poco dopo la partenza di Liz per il college, il
loro “lavoro” subiva la concorrenza spietata dei Phantoms, un gruppo di ragazzi
conosciuto durante i raduni delle corse clandestine e che avevano seguito
l’esempio di Kyle e Michael: aprire un’autofficina con relativi furti di
ricambi e accessori per auto.
Già dal primo incontro durante una gara, tra Michael e Max Evans, a capo dei
Phantoms, era subito nata una forte rivalità, che era andata crescendo quando
Michael era venuto a conoscenza dell’esistenza dell’officina gestita da Max e
Co. proprio nella sua stessa città. E gli affari cominciavano a risentirne.
Il rapporto fra i due era, in verità, molto strano: rivali fino all’ultimo, ma
allo stesso tempo con un profondo rispetto l’uno verso l’altro. Senza contare
alcune cose in comune: entrambi cresciuti per strada, con una sorella che si
erano trovati presto a dover accudire e con una voglia pazzesca di arricchirsi
tramite la passione delle corse.
Di tutto questo giro losco, Liz e Maria erano completamente all’oscuro. “E’
roba da uomini!” continuava a ripetere Kyle, mentre per Michael la questione
era diversa. Tutto era cominciato poco tempo dopo la partenza di Liz e lui non
voleva perdere la credibilità e l’affetto delle donne più importanti della sua
vita. Le due ragazze erano tutto per lui e nonostante non avesse intenzione di
smettere quel traffico, voleva che loro continuassero a vederlo come un uomo
onesto ed integro. (nda: come dire… voleva la botte piena e la moglie
ubriaca!).
L’unica cosa di cui le ragazze erano a conoscenza, era la forte passione per le
auto e per le gare clandestine, ma tutto finiva lì.
Michael aveva addirittura minacciato i suoi amici e collaboratori perché non
spifferassero tutto alle due giovani. E così era. In tal modo, lui poteva
continuare a guardare negli occhi la sua Maria e la sorella che, finalmente,
tornava a casa.
Era andato lui stesso a prenderla all’aeroporto. Da solo. Non aveva voluto
neanche Maria, nonostante sapesse quanto le due ragazze fossero legate, a
dispetto dell‘insistenza della giovane nel volerlo accompagnare. Voleva Liz
tutta per sé, almeno per il breve tratto di strada che li separava da casa.
Solo loro due, come ai vecchi tempi, per poterla abbracciare e tenersela
stretta almeno per un po’. Anche lei aveva apprezzato quel gesto e Michael ne
era stato contento.
Lasciarono l’aeroporto dopo aver recuperato i bagagli di Liz, li sistemarono in
auto e ripartirono diretti verso casa. Il tragitto si svolse tra le chiacchiere
dei due fratelli ansiosi di raccontarsi le ultime cose accadute nelle loro
vite:
“Finalmente ora puoi prenderti un periodo di riposo.” disse Michael lanciando
un’occhiata veloce alla sorella riportando subito lo sguardo sulla strada.
“L’hai detto!” esclamò Liz con un sospiro di sollievo “Voglio prendermi qualche
giorno di pieno e completo relax e non ho intenzione di muovere un solo dito!”
“Sai che ti dico? Che te lo sei proprio meritata!”
“Grazie Michael!” disse Liz con un tono serio e guardando il profilo del
fratello.
Michael distolse per un attimo lo sguardo dalla strada davanti a lui per
posarlo sulla sorella che subito riprese: “Se non fosse stato per te non mi
sarei mai laureata. Tu hai reso tutto possibile e non finirò mai di
ringraziarti!”.
Michael si spostò nella carreggiata destra dell’autostrada trafficata da
centinaia di auto e si fermò in una delle tante piazzole di sosta, mise in
folle e tirò il freno a mano quasi in una mossa unica e si girò sul sedile per
poter guardare in faccia sua sorella:
“L’ho fatto volentieri, Liz, e lo sai. Non volevo che diventassi come me.”
“Perché? Che c’è di male ad essere come te? Sei la persona migliore che conosca
e per me questo è più che sufficiente!”
“Liz, io sono un ignorante, uno che fa fatica a fare 2+2 e per te volevo
qualcosa di meglio. Sei la mia unica sorella… la mia famiglia… Tu e Maria siete
tutto per me! Non devi più ringraziarmi, Liz. Quello che hai fatto fino ad ora
mi ha ripagato di tutto.”
Con le lacrime agl’occhi, Liz abbracciò il fratello e mentre piangeva gli
sussurrò all’orecchio: “Non ti deluderò, vedrai!”
“Lo so, Liz. Lo so.”
Appena l’auto si fermò all’entrata del garage della piccola abitazione, Maria
uscì dalla porta sul retro, correndo incontro alla sua più cara amica. Durante
la corsa gridò il suo nome e quando le fu vicina l’abbracciò con tutta la sua
foga. Liz ricambiò con altrettanto slancio il suo forte abbraccio e restarono
unite per un lungo attimo, mentre Michael le osservava con uno sguardo dolce.
Quelle erano le sue ragazze!
Dopo una settimana passata a risistemare le sue cose senza mettere il naso
fuori di casa, Liz si era lasciata convincere da Maria, senza troppa fatica, a
passare la serata al Dragon Fly, il locale dove andavano sempre a ballare
durante il liceo e che negli ultimi anni era diventato il locale ufficiale
degli Wizards.
Come in un tacito accordo tra le parti, quel locale non era frequentato dai
Phantoms che gli preferivano il Black Hole, dove sembrava vigesse la stessa
regola in quanto il gruppo di Michael non vi metteva mai piede.
Era come se i due gruppi si fossero divisi la città senza accordarsi a tavolino
e sembrava che la cosa, almeno per il momento, andasse bene ad entrambe le
parti.
Maria aveva parlato di questi Phantoms a Liz, alla quale sembrava che
l’argomento non interessasse molto. L’unica cosa che le importava era che
l’officina di Michael e Kyle andasse bene, tutto il resto non la toccava. E poi
anche Maria sapeva poco di loro, se non che avevano la stessa attività di
Michael e la stessa passione per le corse in auto. Non conosceva nemmeno i nomi
dei componenti di questo gruppo e quindi l’argomento ebbe vita breve.
Nella settimana successiva, le ragazze avevano passato le loro serate al solito
tavolo del Dragon Fly e venivano raggiunte a tarda serata da Michael, Kyle e
gli altri ragazzi del gruppo. Liz li conosceva tutti, tranne Matt che era
l’ultimo acquisto della squadra. Michael l’aveva assunto un paio di anni prima,
quando Liz era lontana da casa, e a parte averlo visto qualche volta durante le
sue visite per le vacanze di Natale, Liz sapeva poco di quel ragazzo. Ma si
fidava del giudizio del fratello e se era entrato a far parte del loro piccolo
gruppo, voleva dire che era un tipo a posto e poteva anche immaginare quanto
Michael l’avesse tenuto sott’occhio. Lui era fatto così, prima di fidarsi di
qualcuno lo sottoponeva ad ogni tipo di prova e se le superavi, diventavi uno
dei suoi uomini fidati. L’unica cosa che la infastidiva di Matt, era il fatto
che continuasse a guardarla. La fissava, le sorrideva, ma niente di più; non
una parola o un gesto.
Matt era un bel ragazzo alto, biondo, occhi azzurri tanto che qualche volta
sembrava uno di quei fotomodelli usciti direttamente da una copertina patinata
di una qualche rivista di moda. Ma questa sua incapacità di parlare quando lei
era presente, faceva di lui un tipo poco interessante, almeno agli occhi di Liz.
A lei piacevano i tipi come suo fratello: decisi e trascinanti, con la battuta
pronta al momento giusto. L’avrebbe mai trovato? “Chissà… “ si diceva. Per un
periodo, durante il liceo, era stata con Kyle, ma il fatto che si conoscessero
fin da bambini era sembrato strano persino a lui. “Per un bel rapporto ci vuole
anche un po’ di mistero!” si erano detti “E tra noi due il mistero non è mai
esistito!” e così la loro storia era durata solo una settimana, ma la loro
amicizia ne era uscita ancora più consolidata.
Maria aveva visto gli sguardi di Matt rivolti a Liz e già sapeva che su di lei
non avevano alcun effetto.
“Che strano tipo che è Matt, non è vero Liz?” le disse durante il tragitto
verso casa.
“Cosa vuoi dire Maria?” le chiese Liz non cogliendo al volo il senso di quell’affermazione.
“Voglio dire… tutti gli altri ragazzi che lavorano con Michael e Kyle sono
spigliati, divertenti, estroversi e rimangono tali anche di fronte alle belle
ragazze, ma Matt appena ti vede ammutolisce! Non ho mai visto un ragazzo
reagire così nel nostro gruppo. E‘… è… timido!”
“Lo sai Maria che hai ragione!?! Chissà, forse gli faccio paura.”
“Chi? Tu? Ma fammi il piacere!” ed entrambe scoppiarono a ridere.
Liz non era di certo una ragazza che stava sulle sue. Aveva imparato a stare in
mezzo ai ragazzi perché era praticamente sempre uscita con il fratello e
riusciva ad instaurare un buon rapporto con tutti, ma con Matt la cosa le
risultava difficile.
“Sai che faccio?” disse Maria quando ebbe smesso di ridere.
“Che vuoi fare?” chiese Liz curiosa.
“Gli vado a parlare e gli dico che se continua a fare così, si giocherà tutte
le chance che potrebbe avere con te.”
“Brava Maria! Prova a fargli un bel discorsetto, se non altro vediamo come
reagisce!”
E ridacchiando si scambiarono un “cinque” raggiungendo la porta di casa.
Da diverso tempo Maria si era trasferita a casa di Michael e a Liz era sembrata
la cosa più naturale del mondo. Era felice di stare sotto lo stesso tetto con
la sua famiglia.
Nei giorni successivi, Liz cominciò a mettersi in cerca di un lavoro adatto
alla sua laurea ma la cosa, come previsto, non risultò troppo facile.
Addirittura si ritrovò, in alcuni casi, con la porta sbattuta in faccia. Il suo
carattere, però, la faceva andare avanti. Nella vita aveva subito di peggio per
lasciarsi abbattere da un rifiuto.
Quel pomeriggio di pioggia, a casa con Maria, Liz stava vagliando alcuni
annunci di lavoro su di un quotidiano quando Maria le chiese: “Che ne dici se
domani andiamo in giro a fare compere?”
“Va bene!” rispose Liz senza rifletterci troppo, ma poi il pensiero le balenò
in testa e guardando Maria, chiese: “Tu non vuoi cercarti un lavoro?”
Maria ripose i bicchieri che aveva appena asciugato e sedendosi di fronte a lei
rispose: “Ci ho provato sai, per un periodo ho anche fatto la cameriera.
Ricordi? Te lo avevo…”
“Si, si, ricordo…” la interruppe Liz ridacchiando: “Mi ricordo anche che ti
hanno licenziato per tutti i piatti che hai rotto.”
“Già! Cavolo… non mi hanno dato il tempo di imparare! Ad ogni modo Michael ha
sempre detto che non gli importava se trovavo un lavoro e che a lui faceva
piacere sapermi in casa.”
“Ma allora gli affari vanno più che bene! Voglio dire, Michael mi ha
praticamente mantenuta a studiare…”
“Ma tu hai anche lavorato per mantenerti ed hai anche ottenuto delle borse di
studio!” la interruppe Maria.
“Sì, ma senza Michael non ce l’avrei mai fatta!”
“Vai avanti.” disse Maria curiosa di vedere quale fosse il ragionamento
dell’amica e dove avrebbe portato.
“Allora: ha aiutato me nello studio e a pagarmi l’appartamento a Boston; tu
abiti qui senza contribuire alle spese… senza offesa Maria, sia chiaro, sto
solo esaminando le cose…” l’amica annuì e le fece cenno di continuare “…quello
che mi chiedo è dove Michael trovi tutti questi soldi!”
“Non ci avevo mai pensato Liz!” disse Maria con stupore “Immagino che
l’autofficina renda veramente bene, altrimenti non potrebbe mai farcela.”
“Già!” disse Liz non troppo convinta “Deve per forza essere così!”
Nella notte, dall’altra parte della città…
“Forza ragazzi, è ora!” un impaziente Max Evans si avvicinò all’auto, aprì lo
sportello e prese posto davanti al volante. L’auto era uno di quei velocissimi
modelli sportivi, molto confortevoli per l’autista e il passeggero a fianco, ma
con spazio inesistente per quei poveri passeggeri alloggiati nei sedili
posteriori.
“Siamo pronti!” esclamò David, già in posizione alla guida di un camioncino
scuro come l’auto sportiva.
“Bene, possiamo andare!” disse Max attraverso il finestrino aperto ed alzando
la mano verso l’amico. Quando la ritrasse, spinse il pulsante per far
richiudere il finestrino, ingranò la marcia e schiacciò il bottone del
telecomando per far aprire la serranda del garage. Non appena fu aperta, uscì
dall’autorimessa facendo stridere le gomme sull’asfalto.
“Ti seguo, Max!” la voce di David raggiunse il suo orecchio tramite
l’auricolare.
“Bene, siamo in perfetto orario.” gli rispose il ragazzo tramite il piccolo
microfono appoggiato a lato della bocca.
I due mezzi si avviarono per le strade illuminate della città, raggiungendo
presto la periferia e proseguendo in alcune strade completamente prive di
illuminazione. Dopo vari chilometri, i due veicoli entrarono a Sanford,
cittadina vicina ad Orlando, e raggiunsero la meta del loro viaggio in una
delle tante vie di un‘area industriale.
Posteggiarono il furgoncino vicino al portone di un magazzino, mentre Max, con
la sua auto, prese a fare il giro dell’isolato.
“La strada è libera, David. Procedete!” comunicò al ragazzo.
“Bene, ci vediamo tra 10 minuti!” replicò. Scese dal camioncino e raggiunse i
suoi due compagni di viaggio già a terra ad attenderlo.
Il robusto portone del magazzino era protetto da una chiusura a codice segreto,
ma dopo varie ispezioni erano certi che quello fosse l’unico sistema d’allarme
di cui era fornito. La mappa del sistema elettrico del posto, che avevano
ottenuto utilizzando una vecchia amicizia di Max, non rivelava la presenza di
telecamere nascoste, tuttavia si erano ben accertati che non fossero state
posizionate in un secondo tempo.
David estrasse dalla tasca della giacca di pelle una scatolina d’acciaio poco
più grande di un cellulare, la posizionò vicino alla tastiera del sistema
d’allarme e spinse in sequenza due tasti. Pochi secondi dopo, sul display
dell’apparecchio apparve una serie di numeri che David digitò sulla tastiera
vicino alla quale aveva appoggiato il suo “straordinario aggeggio”, come lo
chiamava lui. Un attimo dopo, il grosso portone si aprì e i tre uomini
entrarono nel magazzino.
Riempirono il camioncino con alcune scatole e pacchetti, richiusero il portone,
ripristinarono l’allarme e ripartirono. Non appena furono in strada, si
ritrovarono l’auto di Max proprio davanti a loro:
“Tutto ok, Max!” si limitò a dire David attraverso il microfono.
“Bene, ragazzi, ottimo lavoro! Andiamo a festeggiare!”
E i due mezzi accelerarono per riprendere la via del ritorno.
Giunti davanti al garage da cui erano partiti, lasciarono i due mezzi usati per
il furto all’interno e presero una più comoda jeep per raggiungere il Black
Hole.
Una volta dentro il locale ordinarono da bere al barista e, mentre Max si
sedeva al solito tavolo dove lo attendevano due bionde, gli altri ragazzi si
fermarono al banco a salutare alcuni amici.
“Tutto bene, Max?” chiese la prima ragazza guardandolo significativamente
negl’occhi.
“Tutto ok, Isabel”
“Bene! Ora posso rilassarmi.” disse visibilmente sollevata. Isabel Evans era la
sorella di Max. Non condivideva quello che faceva il fratello, ma il legame di
sangue che li univa era molto più forte di qualsiasi cosa. Ogni volta che il
fratello e gli altri ragazzi uscivano “in missione”, come la definivano loro,
per lei iniziava l’angosciante attesa. Riusciva a calmarsi solo quando vedeva
il fratello sano e salvo.
“Vieni a ballare, Max. Ti ho aspettato fino adesso!” disse una voce implorante
al fianco del ragazzo che si era appena tolto la giacca di pelle mostrando
alcuni dei tatuaggi che ricoprivano il suo corpo.
“Non ora Tess! Ho solo voglia di bere.”
“Ma Max io…” riprese la ragazza in modo petulante.
“Smettila, ca**o!” la interruppe bruscamente mentre si toglieva di dosso il
braccio di lei che si era appoggiato sulla sua spalla “Perché non balli un po’
da sola?!”
Tess si alzò indispettita e lanciandogli un’occhiata di fuoco si allontanò,
andandosi a sedere al bancone di fianco a Ross, un altro componente dei
Phantoms.
“Max, smettila di trattarla così!” lo rimproverò Isabel a bassa voce.
“Non la sopporto Isabel e tu lo sai! Continui a portartela dietro come se fosse
un cagnolino da compagnia.” disse seccato.
“Se non te ne sei accorto, ho bisogno di un po’ di compagnia femminile in
questo ‘club’ a prevalenza maschile e comunque… non l’ho invitata io… era già
qui quando sono arrivata con Zack.”
“Scusami Isabel, è solo che quella ragazza ha il potere di farmi saltare i
nervi solo a sentire la sua vocina squillante e antipatica.”
“Lo so, ha questo effetto anche su di me a volte…” disse ridacchiando, “… ma in
fondo è una brava ragazza.”
“Intendi quando non mi sta sempre addosso?” chiese Max con sarcasmo.
“Ovviamente!” rispose Isabel che rincarò la dose: “Che ci vuoi fare Max, ha un
debole per te!”
“Credi che le ci vorrà ancora molto tempo per capire che con me non ha
speranze?”
“Credo non lo capirà mai!” rispose Isabel ridendo.
“Che fortuna!” esclamò Max ironicamente.
“Dai, l’importante è che non sappia nulla di noi.” lo tranquillizzò Isabel
riferendosi ai furti, alle gare e a tutto quello che da molto tempo ormai era
il suo mondo… il loro mondo.
“E deve continuare ad essere così. Non mi fido di lei.”
“Tranquillo, non preoccuparti. Ci penso io a tenerla a bada: è il mio
diversivo!”
Il giorno successivo…
“Ok Max, con questa auto ho finito. Bisogna provarla e farla verniciare da
Craig.” disse David con aria più che soddisfatta.
“Perfetto! Che ne dici di andare a fare qualche prova oggi pomeriggio?”
“Ci sto! Non vedo l’ora di testarla. Sono sicuro che con questo gioiello faremo
mangiare parecchia polvere a Guerin e alla sua banda.”
“Ci puoi scommettere!” replicò Max con sicurezza. David era il migliore dei
suoi meccanici e si fidava della sua parola. “Dì a Craig di tenersi pronto, la
voglio in pista venerdì sera.”
“Ok!” e David si avviò verso Craig intento a fare alcuni ritocchi ad una delle
tante auto presenti in officina.
Non appena lo vide arrivare, il ragazzo interruppe il suo lavoro, si drizzò in
piedi e sorrise: “Allora, è pronta la tua ultima creazione?”
“Appena finita!”
“Ca**o amico, sei un grande! Quando la provate?”
“Oggi pomeriggio!” rispose David con la smania negl’occhi.
“Bene, preparo l’occorrente per verniciarla.”
“Proprio quello che ero venuto a dirti. Max la vuole per la gara di venerdì.”
“Lo immaginavo. Digli che è tutto pronto. Aspetto solo il vostro OK.”
“Ehi, mi piace l’aquila che hai fatto su questo cofano! Ci sai proprio fare con
i disegni e i colori.” si complimentò David ammirando il volatile ben delineato
e verniciato.
“Per te ho in mente ben altro.” si lasciò sfuggire l’amico.
“Non dirmi niente, voglio godermi la sorpresa.”
“Come vuoi!” e i due tornarono alle loro occupazioni.
Anche tra i Phantoms l’aria che si respirava era di completa fiducia l’uno
nell’altro. Ognuno aveva il proprio compito che veniva svolto alla perfezione.
Per questo motivo David non aveva voluto sapere cosa avesse pensato di fare
Craig per l’auto che aveva appena completato. Si fidava di lui e questo gli
bastava; qualsiasi cosa avesse pensato di disegnare sul cofano della vettura,
sapeva già che era azzeccata.
Nel frattempo, all’altro capo di Orlando…
Michael era disteso sotto quello che pareva essere solo il ricordo di un’auto;
era talmente malconcia che era quasi impossibile riconoscere quale modello
fosse. Per Michael quello era il lavoro più bello: ridare vita ad un veicolo e
risistemarlo come se fosse appena uscito da un autosalone.
Era intento ad armeggiare con i suoi attrezzi quando vide apparire le gambe
affusolate ed abbronzate di una donna. Si distrasse dal suo lavoro e si perse a
guardarle, dalla caviglia resa ancora più sottile da una scarpa elegante col
tacco, fin quasi al ginocchio. Non riusciva a vedere oltre perché la visuale
era interrotta dall’auto che lo sovrastava. La donna cominciò a muovere qualche
passo rimanendo al fianco del mezzo sotto il quale si trovava Michael. Con un
movimento lento e deciso, il ragazzo depose a terra l’attrezzo che stava usando
fino a qualche minuto prima, allungò la mano ed afferrò la caviglia della donna
che lanciò un grido. Con una spinta abbastanza potente, Michael fece muovere il
carrello sul quale era disteso e fuoriuscì completamente da sotto l’auto e
salutò la sua donna:
“Riesco sempre a fregarti, eh?”
“Str***o! Ogni volta mi fai prendere un colpo!” esclamò Maria portandosi una
mano al cuore come per volerlo calmare.
“E’ perché hai la brutta abitudine di camminare troppo vicina alle auto!” la
prese in giro Liz, materializzatasi alle spalle dell’amica.
“Ma guarda un po’ chi è venuta a farci visita!” si stupì Michael rimettendosi
in piedi. Da quando era tornata a casa, Liz non era ancora andata in officina e
la sua presenza lo meravigliò.
“Non potevo resistere a lungo, lo sai. Mi mancava l’odore che si respira qua
dentro!”
Liz e Maria erano abituate a stare in quell’officina, era come una seconda casa
per loro. Dopo la scuola andavano spesso a trovare Michael e Kyle al lavoro e
l’odore che si respirava nello stabilimento faceva ormai parte della loro vita.
“Vieni, ti mostro il nuovo reparto di verniciatura!” disse Michael con orgoglio
e si avviò con la sorella verso Lenny, intento a rifinire un’auto.
Rimasta sola, Maria si avviò nella direzione di Matt, che avendo visto entrare
Liz si era come paralizzato sul posto. Gli si affiancò, gli mise una mano sulla
spalla e seguendo lo sguardo del ragazzo disse: “Carina, non è vero?”
Matt si limitò ad annuire con un cenno del capo senza distogliere lo sguardo
dalla schiena di Liz che si intravedeva in lontananza.
“Voglio svelarti un segreto…” annunciò Maria e quando gli occhi colmi di
interesse di Matt furono fissi nei suoi, la ragazza cominciò a fargli quel
discorsetto di cui avevano parlato lei e Liz qualche sera prima.
Dopo un’ora passata in officina, le ragazze salutarono e si diressero in auto
per andare in centro dove avrebbero sicuramente trovato qualcosa da acquistare.
Salirono a bordo, Maria mise in moto e prima di partire si voltò verso Liz:
“Gli ho fatto il discorsetto!” le rivelò ridacchiando.
L’amica intuì al volo a cosa si riferisse e curiosa chiese: “Allora com’è
andata?”
“Bene direi!”
“Voglio tutti i particolari!” e ingranata la marcia, partirono dirette verso il
centro di Orlando.
“Grazie per il passaggio Isabel, sei stata molto gentile!” disse Tess scendendo
dall’auto dell’amica.
“Figurati! Mi ha fatto piacere fare un giro con te.”
“Beh, è meglio che mi avvii a casa…” e si interruppe un attimo volgendo lo
sguardo verso la porta d’entrata dell’officina dei Phantoms. Riportando gli
occhi sull’amica, riprese: “… ma prima passo a salutare i ragazzi!”
“Ti accompagno.” si offrì Isabel, ridacchiando al pensiero di come avrebbe
reagito Max alla vista di Tess.
Le due si avviarono all’entrata dello stabilimento, aprirono la porta e fecero
il loro ingresso.
“Salve ragazze!” le accolse subito Zack, che avvicinatosi ad Isabel le diede un
bacio veloce sulle labbra, poi avvicinò il viso all’orecchio della ragazza: “Ci
vediamo stasera. Ho una sorpresa per te!” le sussurrò maliziosamente.
“Non vedo l’ora!” sussurrò Isabel a sua volta.
“Ehi Tess!” la salutò Ross.
“Ciao.” rispose lei con voce piatta e cercando con lo sguardo Max.
A Ross piaceva Tess, ormai tutto il gruppo se ne era reso conto, ma il
comportamento della ragazza cominciava a dargli fastidio: quando Max la
trattava male, lei correva da lui; ma se Max la degnava anche solo di uno
sguardo, lei non lo filava per niente. Ross stava per scoppiare, non sapeva per
quanto ancora poteva sopportare questo comportamento. Nemmeno lui riusciva a
spiegarsi il perché reagisse a quella maniera, nonostante la situazione lo
facesse stare male. Una volta Max si era alterato nel vedere che Ross
continuava a subire, e per questo odiava ancora di più Tess. Gli aveva detto di
lasciarla perdere, ma a quanto pareva per Ross non era così facile. E del resto
Max cosa poteva saperne? Non si era mai innamorato in vita sua. Ma possibile
che Ross non si rendesse conto? Dal canto suo, Max, aveva provato in tutte le
maniere a dire a Tess che non era interessato a lei e che fra loro due non ci
sarebbe mai stato niente, ma lei continuava imperterrita sulla sua strada. Era
irrecuperabile!
Non appena Tess intravide Max, lo sguardo le si illuminò e quando lo vide
avvicinarsi assieme agli altri due amici, un sorriso si fece largo sulle sue
labbra.
“Ciao Max!” lo accolse non appena lui fu vicino e senza nemmeno degnare di uno
sguardo David e Craig.
“Ciao Isabel!” Max salutò apposta solo la sorella ed era tentato di non
rivolgere la parola alla ragazza che le stava di fianco e che lo aveva appena
salutato, ma oggi si sentiva di buon umore. Stavano per provare un’auto nuova
ed era eccitato, quindi rivolse lo sguardo a Tess e, senza troppo entusiasmo,
la salutò pronunciando solo il nome.
“Sono venuta solo per salutarvi!” esclamò Tess per far sì che Max continuasse a
guardarla.
“Bene!” disse lui ‘Ora puoi anche andartene!’ aggiunse col pensiero. Stava per
rivolgersi ad Isabel quando Tess intervenne nuovamente:
“Beh, allora ci vediamo stasera. Solito posto, solita ora.”
“Certo!” esclamò telegraficamente ‘Quando l’inferno si ghiaccerà mi farò vivo’
aggiunse nuovamente col pensiero e nello stesso tempo cominciò a scervellarsi
per trovare un altro locale dove poter andare quella sera stessa, almeno per
evitarla una volta.
La risposta di Max suonò come un appuntamento alle orecchie di Tess che si
avviò all’uscita con il sorriso sulle labbra. Dopo aver salutato tutti, Isabel
la seguì lasciando i ragazzi tra di loro. Max li guardò uno ad uno e poi disse:
“Pensate ad un locale dove poter andare a festeggiare come si deve il varo di
quell’auto!” la sua voce suonò così autoritaria che la frase appena pronunciata
sembrava quasi un ordine. E continuò: “Questa sera non voglio vedere la faccia
di Tess!”
“Perché non proviamo ad andare al Mouth? Ne ho sentito parlare bene.” propose
David.
“Beh, io ragazzi ho già un appuntamento!” esordì Zack fissando Max con uno
sguardo d’intesa. Il ragazzo gli si avvicinò e posandogli una mano sulla spalla
disse scherzosamente: “Ti lascio andare solo perché sei il ragazzo di mia
sorella, altrimenti…!” e lasciò volontariamente la frase incompleta.
Zack sorrise e Max si rivolse a Ross: “E tu? Ti aggreghi o cerchi di far capire
a quella testarda che si sta perdendo dietro la persona sbagliata?”
Max era sempre così: diretto e schietto. Non gli piacevano i giochetti,
soprattutto tra di loro che considerava i suoi migliori amici prima ancora che
collaboratori. Ross lo sapeva e non si sentì offeso per quella domanda
esplicita:
“Credo che la farò stare un po’ sulle spine stasera.“ disse con un moto di
ribellione esclusivamente personale, poi aggiunse: “Sono dei vostri!”
“Perfetto! Allora è deciso, stasera diserteremo il Black Hole!”
E i ragazzi si scambiarono un “cinque” prima di tornare alle loro occupazioni.
Dopo aver girato in lungo e in largo il centro della città, Liz e Maria si
fermarono in una delle tante tavole calde per mangiare un boccone. Si
sedettero, ordinarono ed occuparono il tempo nell’attesa del cibo
chiacchierando nuovamente:
“Allora, cosa pensi di fare stasera?” chiese Maria “Andiamo al Dragon Fly a
fare due salti?”
“Veramente avrei voglia di cambiare locale una volta tanto!” la interruppe Liz.
“E dove ti piacerebbe andare?”
“A dire il vero credevo che tu potessi darmi qualche buona dritta.”
“Beh, un locale ci sarebbe. Ci siamo stati una sola volta, ma è davvero
carino.”
“Una sola volta!?! E come mai?” chiese Liz stupita.
“Beh, lo sai com’è tuo fratello. Gliel’ho chiesto varie volte di tornarci ma
lui è così affezionato al Dragon Fly che mi sono arresa.”
“Potremmo andarci stasera allora, che ne dici?”
“Andare dove?” si intromise la cameriera fermatasi al tavolo per servire le
loro ordinazioni.
Liz alzò lo sguardo e fissò la ragazza per qualche secondo poi, riconosciutala,
spalancò gli occhi per la sorpresa:
“Oh Mio Dio! Tricia, sei proprio tu! Non riesco a crederci!” e si alzò dal
tavolo per abbracciarla.
Tricia era una compagna del liceo, una delle poche, a dir la verità, a cui Liz
si fosse affezionata e fu una vera gioia rivederla dopo tanto tempo.
Tricia accolse Liz tra le sue braccia e ricambiò il gesto affettuoso: “Liz! Era
una vita che non ti vedevo. Non sapevo nemmeno che fossi tornata fino a
quando…” si interruppe liberando l’amica dal suo abbraccio e rivolgendo lo
sguardo alla ragazza rimasta seduta al tavolo riprese: “… fino a quando Maria
non è venuta a trovarmi per darmi la notizia!”
“E per fortuna che questo era il primo ristorante che hai visto!” la rimproverò
scherzosamente Liz e Maria sorrise alzando le spalle ed allargando un po’ le
braccia.
“E’ passato un sacco di tempo, vero?” riprese Tricia.
“Eh già! Sono ormai tre anni! Ma come stai?” chiese Liz.
”Io bene e vedo che anche tu sei in splendida forma! Allora, dove avete
intenzione di andare stasera?” chiese Tricia riprendendo il discorso lasciato
in sospeso qualche minuto prima dalle due clienti.
“Volevo portare Liz al Mouth, che ne dici? Le piacerà?” chiese Maria
sorridendo.
“Le piacerà eccome!” rispose Tricia.
“Ma perché non vieni con noi?” chiese Liz con entusiasmo “Sarà un’ottima
occasione per fare due chiacchiere e per ballare un po’.”
“Certo Tricia, aggregati alle tue vecchie compagne di liceo. Ci divertiremo un
mondo!”
“Accetto volentieri. E’ un invito irrinunciabile!”
“Fantastico! Proprio come ai vecchi tempi!” esclamò Liz e le tre ragazze si
accordarono per incontrarsi la sera.
Fuori città, in una vecchia e lunga strada lasciata incompleta, due ragazzi
dall’aspetto un po’ selvaggio si divertivano a fare avanti e indietro con
un’auto che, a prima vista, poteva sembrare il classico catorcio in quanto la
carrozzeria doveva ancora essere trattata a dovere. Ma una volta messa in moto,
il rombo del motore era limpido, deciso e ruggente e a vederla in funzione
pareva che la vettura avesse qualche marcia in più. E la cosa ancora più
sorprendente era che quando sembrava aver raggiunto la massima velocità, eccola
sfrecciare ancora più veloce con una semplice accelerazione.
Max fermò l’auto con una lunga frenata, andandosi a piazzare poco distante dal
punto in cui si trovava David. Scese, lanciò un grido di pura gioia e si
avvicinò all’amico:
“Questa volta hai battuto te stesso, David!” esclamò stringendo forte la mano
del ragazzo. Max era eccitato. Questo era l’effetto che aveva su di lui la
forte velocità. Si sentiva euforico, felice e non vedeva l’ora di portare
l’auto alla gara di venerdì sera. Si sentiva già vincitore.
“Ca**o amico, questa si che è un’auto!” ribadì con foga.
“Te l’avevo detto che è una bomba! L’ultimo colpo che abbiamo fatto è stato il
più fruttuoso. Quella è roba di prima qualità e i risultati si vedono!” esclamò
David euforico quanto Max.
“Si vedono eccome! Ho il sospetto che quello diventerà il nostro ‘fornitore’
ufficiale di parti di ricambio” rise il ragazzo.
“Voglio chiederti un favore, Max.” disse David improvvisamente serio.
“Spara!” disse il giovane imitando l’espressione dell’amico.
“Vorrei gareggiare io con quest’auto contro Guerin. Lo so che per te è
importante competere contro di lui e che fra voi due c’è questa rivalità…”
“E’ giusto David!” l’interruppe Max: “Sei l’autore di un’auto fenomenale ed è
più che giusto che sia tu a guidarla!”
Max capiva l’esigenza di David, lui avrebbe provato la stessa cosa. Ed era più
che normale che avesse voglia di gareggiare contro il suo rivale Michael Guerin,
era uno dei migliori piloti in circolazione. E in fondo lui e Guerin si erano
affrontati già molte volte, in alcune occasioni aveva vinto, in altre aveva
perso, ma questa era l’occasione di David e lui non gliela avrebbe di certo
negata.
“Grazie Max!” disse David riconoscente.
“Tu avresti fatto la stessa cosa!” ribattè il giovane e dopo essersi scambiati
un “cinque” e la loro solita stretta di mano, Max sospinse David verso l’auto:
“Forza, provala di nuovo! Devi conoscerla meglio delle tue tasche!”
David risalì al posto di guida, fece retromarcia, posizionò l’auto all’inizio
del tratto asfaltato e schiacciò il pedale dell’acceleratore.
“Maria sei pronta?” disse Liz entrando nella camera del fratello senza bussare.
Lo spettacolo che si ritrovò a vedere la fece arrossire di colpo: Michael e
Maria erano avvinghiati in un bacio mozzafiato e non appena sentirono la porta
aprirsi e la voce di Liz entrare nella stanza, si staccarono per lo spavento.
“Ma all’università non ti hanno insegnato a bussare alla porta?” chiese Michael
leggermente scocciato.
“Credo di averla saltata quella lezione!” rispose Liz scherzando, ma con il
dispiacere negli occhi per averli interrotti: “Scusate, io… non volevo…”
“Non fa niente Liz. Stavo per raggiungerti!” affermò Maria risistemandosi
l’abito.
“Stavi per raggiungermi?” chiese la ragazza spalancando gli occhi per lo
stupore: “Ma se sembrava che foste in procinto di stendervi sul letto per
proseguire in un altro tipo di ballo!” esclamò Liz sempre più sorpresa.
“Non sarebbe stato male!” intervenne Michael facendo l’occhiolino a Maria.
“Oh, forza Micky! Potrai riprendere quello che avete cominciato più tardi,
quando saremo tornate!” disse Liz guardando prima il fratello e poi l’amica.
“L’hai detto Liz! Prepara i tappi per le orecchie, stanotte sarà una notte
movimentata!” ribattè Michael stringendo a sé Maria e baciandola sulle labbra.
“Quelli sono sempre pronti!”
“Basta voi due!” si frappose Maria: “Ora andiamo. Ci vediamo quando torno!” e
diede un bacio a Michael che la strinse nuovamente a sè. Poi si districò
dall’abbraccio, si risistemò il rossetto ed uscì insieme a Liz.
Le due amiche si incontrarono con Tricia proprio davanti al Mouth. Dopo qualche
minuto d’attesa, fecero i biglietti ed entrarono nel locale già pieno di gente.
Trovarono un tavolo ancora libero e prima di sedersi, si tolsero le giacche che
appoggiarono sulla sedia rimasta vuota.
Non ebbero neanche il tempo di guardarsi in faccia, che un solerte cameriere si
avvicinò al loro tavolo con il taccuino e la penna in mano, pronto a prendere
le ordinazioni. Dissero il nome dei primi tre cocktails che gli balenarono in
mente, il cameriere scrisse e sparì verso il bancone.
Liz, ancora stupita per l’apparizione di quella figura, lo seguì con lo sguardo
fino a che lo vide andare dall’altra parte del banco, afferrare tre bicchieri e
preparare le loro bevande. Mentre seguiva le precise operazioni del cameriere,
il suo sguardo venne catturato da un gruppo di ragazzi seduti ad un tavolo non
troppo lontano dal loro. A giudicare dal brindisi che si apprestavano a fare
sembrava proprio che stessero festeggiando qualcosa e il pensiero la fece
sorridere. Uno di quei ragazzi si voltò di scatto e per una frazione di secondo
i loro sguardi si incrociarono, ma lui riportò quasi immediatamente i suoi
occhi sulla bottiglia di birra che teneva in mano, portandosela alla bocca e
prendendone un sorso.
Improvvisamente la figura dello zelante cameriere riapparve davanti ai suoi
occhi, oscurandole la visione di quel bel ragazzo. Con gesti veloci e precisi,
il cameriere le appoggiò davanti il drink ordinato, posizionò al centro del
tavolo alcuni stuzzichini e così come era apparso, sparì in mezzo alla folla
diretto verso un altro tavolo.
“Beh, devo dire che il servizio in questo locale è più che efficiente!” disse
Liz rivolta alle sue amiche che, come lei, erano rimaste sbalordite.
“Un altro punto a favore del Mouth.” esclamò Maria.
“E visto che ora siamo provviste delle nostre bevande, direi che possiamo
brindare.” propose Tricia.
“A noi!” proclamò Liz alzando in aria il bicchiere.
“A noi!” ripeterono le altre due ragazze e dopo aver unito i bicchieri, bevvero
un sorso.
Senza motivo, Liz riportò lo sguardo al ragazzo del tavolo vicino, e fu stupita
di trovarlo a fissarla.
Non appena il ragazzo incontrò gli occhi di Liz, sorrise e alzò la bottiglia in
segno di brindisi. Liz ricambiò il sorriso ed imitò il gesto di lui alzando a
sua volta il bicchiere.
Sempre guardandosi negli occhi, i due bevvero un sorso della loro bevanda e poi
vennero risucchiati dai rispettivi amici al tavolo.
“Non mi dirai che stai già flirtando con uno di quei ragazzi là in fondo,
vero?” chiese Maria con aria curiosa.
“Beh, ho alzato lo sguardo, ci siamo visti e abbiamo brindato a distanza! E’
buona educazione, non credi?” rispose Liz con un sorriso.
“Direi che la ragazza si sta reinserendo in fretta nel tessuto nella nostra
società!” esclamò Tricia.
“Credo che tu abbia ragione!” confermò Maria.
“Dovrò pure cominciare da qualche parte, no?” sorrise Liz e sorseggiò ancora il
suo cocktail.
La serata proseguì tra le chiacchiere e le risate delle tre amiche. Era da così
tanto tempo che non stavano insieme tutte e tre che quasi non si resero conto
che la gente, in pista, aveva già cominciato a ballare.
“Ehi, perché non ci buttiamo anche noi nella mischia?!” suggerì Tricia.
“Ti seguiamo!” esclamò Liz, ed afferrata la mano di Maria, si portarono al
centro della pista e cominciarono a muoversi al ritmo della musica.
Dopo parecchio tempo passato a ballare e a scatenarsi, Liz si avvicinò alle due
amiche ed urlò per farsi capire: “Vado a prendere da bere, volete qualcosa?”
Le due ragazze fecero cenno di no e Liz si girò, si fece largo tra la folla e
riuscì ad avvicinarsi al bancone del locale. Dovette lottare non poco per
riuscire a vedere il barista, ma quando si conquistò un posto in prima fila,
era determinata a non farsi scavalcare da nessuno. Finalmente il barista la
guardò e lei, prontamente, gridò il suo ordine:
“Una birra!” disse, ma non l’aveva detto solo lei. Una voce maschile aveva
detto la stessa identica cosa nello stesso identico momento in cui lei l’aveva
pronunciata.
In una frazione di secondo, Liz girò la testa a destra e vide lo stesso ragazzo
del tavolo di prima spalla a spalla con lei. Capì che anche lui aveva avuto la
sua stessa reazione, ma lui, con un gesto galante, le disse: “Fai prima tu!”
Liz non se lo fece ripetere due volte, le ci era voluta una vita per arrivare
in quella posizione, e dopo aver scambiato un veloce sorriso con quel bel
ragazzo, rivolse nuovamente lo sguardo al barista, rimasto in attesa di sapere
cosa dover portare, e disse nuovamente ad alta voce il suo ordine, ma con
qualcosa di diverso:
“Due birre!” e quando il barista le fece cenno col capo di aver capito, Liz
girò nuovamente la testa verso destra, ritrovando lo splendido ragazzo di prima
che le sorrideva.
“Grazie!” disse lui sorridendo e si avvicinò a lei per farsi sentire meglio.
“Credo che avrei aspettato un’altra mezz’ora buona prima che quello mi degnasse
nuovamente di uno sguardo!”
“Ti capisco benissimo! Ho passato lo stesso inferno per raggiungere il
bancone!”
Velocemente il barista depose davanti a loro le due bottiglie di birra e,
afferratele, i due cercarono di districarsi dalla folla dietro di loro per
poter raggiungere almeno uno dei loro tavoli.
Quando furono vicino a quello che Liz aveva occupato prima con le sue amiche,
il ragazzo le si avvicinò nuovamente per parlarle:
“Piacere, io sono Max!” e le tese la mano.
“Piacere, io mi chiamo Liz!” ed afferrò la mano di lui, che gliela strinse in
modo fermo e deciso. Quella sì che era una stretta di mano! Con un semplice
gesto aveva già fatto sapere qualcosa di se stesso e Liz si ritrovò a
sorridergli e a guardarlo negli occhi. -‘Strano colore quegl’occhi’… e quel
piercing al sopracciglio mi intriga….- pensò tra sé e sé, e non riusciva a
distogliere lo sguardo.
“Vuoi sederti un attimo?” chiese lei accennando alle sedie accanto a loro.
“Volentieri!” rispose lui. -‘Mai conosciuta una ragazza che mi invitasse a
sedere’- pensò Max, ma la sua spigliatezza lo aveva colpito. E che corpo!
Ottima anche la scelta dell’abbigliamento: pantaloni di pelle nera aderenti ed
un top che lasciava scoperta la pancia e le spalle.
“A cosa brindavate prima?” chiese Liz curiosa.
Max sorrise al pensiero di quando lei si era unita a lui in quel brindisi a
distanza: “Ad un’auto nuova!” rispose lui.
“Ottimo! E’ la tua?” chiese lei.
“Non proprio!”
“E’ comunque un buon motivo!”
“Direi di sì! Ti piacciono le auto?” questa volta fu lui a fare la domanda.
“Ci sono cresciuta tra le auto!”
“Davvero?” chiese Max stupito -‘Impossibile che abbia trovato una bella donna a
cui piacciano le auto’- pensò scettico.
“Certo! Mio fratello le ripara dall’età di 15 anni e io sono cresciuta con lui
in mezzo ai motori!”
“Non mi sembra però che tu abbia le mani rovinate!”
“Non ho mica detto che le aggiusto anch’io!”
“Hai ragione!” disse Max e sorrise.
-’Questo ragazzo ha un sorriso splendido!’- pensò Liz e si perse a fissarlo.
“Allora dimmi, cosa fai per vivere?” chiese Max.
Liz rise abbassando lo sguardo, poi riportò gli occhi nei suoi e rispose: “A
dire la verità per il momento mi sto godendo la vita!”
“Ottimo lavoro il tuo! Dovresti insegnarmi come si fa!”
“Oh, è semplice. Basta essere appena laureati, tornati a casa da quasi un mese
e nessuno che ti vuole assumere!”
“Allora è per questo che state festeggiando tu e le tue amiche?” scherzò lui.
“No!” rise Liz “Diciamo che festeggiamo l’uscita dai soliti schemi e il
ritrovamento di una vecchia amica!”
“Buon motivo anche il tuo per festeggiare!”
“Lo credo anch‘io!” e come se avessero avuto lo stesso pensiero, unirono le
bottiglie facendole sbattere leggermente una contro l’altra e insieme presero
un sorso di birra.
“Vieni spesso qui?” Max cominciò a sondare il terreno, la ragazza gli piaceva e
non avrebbe avuto nulla in contrario nel cominciare a frequentare ogni tanto un
locale diverso.
“E’ la prima volta! Di solito sono al Dragon Fly.” rispose Liz e Max,
involontariamente, si mise in guardia. Sapeva fin troppo bene che quel locale
era frequentato quasi esclusivamente dagli Wizards e dai loro tanti amici e
quindi la frase di Liz lo fece irrigidire leggermente. Ma fece finta di niente
e riprese a parlare:
“Non ci sono mai stato! Com’è?”
“Beh, è un bel locale, non si può certo negare, ma sai è frequentato quasi
sempre dalla stessa gente e io avevo voglia di cambiare un po’.”
“Ti riferivi a questo, prima, quando dicevi che stavate festeggiando l’uscita
dai soliti schemi?”
“Esattamente! E tu? Ci vieni spesso qui?” chiese Liz a sua volta; non le
sarebbe affatto dispiaciuto disertare più spesso il Dragon Fly per vedere
questo giovane.
“Anche per me è la prima volta!”
“Scherzi?” chiese stupita Liz.
“No! Di solito siamo al Black Hole!” disse Max per vedere la reazione della
ragazza. Liz non ci fece assolutamente caso, per lei la storia della rivalità
tra gli Wizards e i Phantoms era una storia ancora lontana, a cui, tra l’altro,
aveva prestato poca attenzione anche quando Maria gliela aveva accennata.
Quindi la sua espressione rimase invariata e i suoi occhi continuarono a
fissare quelli di Max che, notando la sincerità di quello sguardo, tornò a
rilassarsi.
“Non ci sono mai stata! Ma visto che da questa sera ho cominciato a rompere la
routine, non è detto che non ci faccia un giro una di queste sere!” esclamò lei
con fare ammiccante.
“Mi farebbe molto piacere!” disse Max ricambiando lo sguardo di Liz. E pensò
che finalmente aveva trovato una ragazza veramente interessante.
“Santo Cielo! Era una vita che non ballavo così tanto!” la voce di Tricia si
insinuò tra gli sguardi di Max e Liz che alzarono gli occhi per guardarla.
Maria aveva notato l’intensità delle loro espressioni e sorrise al ragazzo
seduto di fronte all’amica salutandolo:
“Ciao!” e si sedette su una delle sedie ancora libere. Tricia seguì il suo
esempio e dopo aver spostato le giacche che occupavano l’ultima sedia, si
sedette anche lei.
“Ciao ragazze! Stavo tenendo compagnia a Liz che aspettava il vostro ritorno.”
disse Max senza esitazione.
“Che gentile!” disse Tricia
“Beh, ci vediamo dopo Liz!” e si alzò dal tavolo.
“A dopo!” disse lei e lo seguì fino a quando il giovane non riprese posto al
tavolo con i suoi compagni.
All’arrivo delle amiche di Liz, Max aveva sentito spezzarsi quel feeling che
era nato con quella ragazza appena conosciuta. Era strano per lui, non aveva
mai provato un’attrazione così particolare per una donna che andasse oltre il
solo istinto carnale. Ed era più che convinto che per Liz fosse la stessa cosa.
Lo sapeva, se lo sentiva nel sangue. Riprese la conversazione con gli amici e
sporadicamente diede veloci occhiate a quella giovane che continuava a
divertirsi a pochi tavoli di distanza. Liz faceva la stessa cosa, e non le era
più capitato di incontrare il suo sguardo. Maria e Tricia avevano subito
approfittato per chiedere informazioni, ma Liz non si era sbottonata più di
tanto, e Maria non vedeva l’ora di estorcerle qualche parola in più.
Una mezz’ora più tardi, Liz vide Max alzarsi dal tavolo assieme ai suoi amici.
Sapeva che stavano abbandonando il locale e lei voleva assolutamente un’ultima
occasione per parlare con lui. Senza perdere un secondo di più, estrasse un
tovagliolino di carta dal suo erogatore, afferrò la penna che teneva sempre in
borsa e vi scrisse in tutta fretta il suo numero di telefono sotto lo sguardo
attento e curioso delle sue amiche. Poi, senza dire una parola, si alzò dal
tavolo recuperando il contatto visivo con la figura di Max, che proprio in
quell’istante volse lo sguardo nella sua direzione. Liz si avviò verso di lui e
Max, istintivamente, si fermò per aspettarla. Quando le fu vicino, lui le
appoggiò una mano su un fianco, la cui pelle era rimasta scoperta dalla vita
bassa dei pantaloni e dalla piccola quantità di tessuto di cui era composto il
top che indossava. Il contatto fu stupefacente per entrambi che, però,
mantennero il controllo dei loro sensi già fin troppo allertati.
“Volevo darti questo prima che uscissi!” esordì Liz allungandogli il
tovagliolino di carta su cui aveva scritto il numero di telefono.
Max abbassò lo sguardo e scorse la serie di cifre scritte in fretta. Afferrò il
pezzo di carta, gli prestò un altro attimo di attenzione e ripiegandolo su sé
stesso, lo ripose nella tasca interna della sua giacca di pelle. Poi rialzò lo
sguardo e si rivolse a Liz:
“Ci sentiamo presto!” e combattendo l’istinto di baciarla che continuava a
farsi sentire, allontanò la mano rimasta ferma sul fianco di Liz, la mise in
tasca ed uscì dal locale.
Tornata al tavolo, Liz si ritrovò due paia di occhi che continuavano a fissarla
e senza attendere che le amiche aprissero bocca, chiese: “Beh, che c’è? E’ così
strano dare il proprio numero a qualcuno?”
“Oh, no! E’ che hai fatto tutto così di corsa…!”
“Sono stata costretta, stava per uscire!”
“Non sei cambiata per niente Liz! Sei sempre decisa nelle tue cose!” affermò
Tricia con una punta d’invidia. Poi riprese: “Beh, direi che ormai possiamo
andare a casa anche noi, che ne dite?”
“Ci sto! Michael mi sta aspettando sveglio!” disse Maria ammiccante, e raccolse
la sua giacca dallo schienale della sedia vicina a lei.
“Sicura che è ancora sveglio? E’ così tardi!” insinuò Tricia scherzosamente.
“Lui non mi delude mai!” affermò Maria sicura, e con questo le ragazze uscirono
dal locale.
“Carina quella tipa!” esordì David. I ragazzi si stavano incamminando lungo il
marciapiede per raggiungere il posteggio dove avevano lasciato l’auto. Max e
David erano rimasti leggermente indietro rispetto a Craig e Ross, e David aveva
notato la ragazza che Max si era fermato ad aspettare proprio prima dell’uscita
dal locale.
“E spigliata… aggiungerei.” disse Max lanciando un‘occhiata all‘amico.
“E non solo… non è vero?” continuò David.
“Ci puoi giurare! Quella ragazza ha una carica erotica sbalorditiva e… indovina
un po’?”
“Cosa?” chiese curioso il giovane al suo fianco.
“Le piacciono le auto!” rispose Max.
“Non ci posso credere! Una bella donna a cui piacciono le auto!” esclamò
incredulo.
“Mi ha detto che suo fratello le ripara da molti anni e lei è cresciuta in
mezzo ai motori.”
“Il fratello ha un’officina?”
“Non lo so, non gliel’ho chiesto!” e Max si fece pensieroso.
“Che c’è?” chiese David vedendo il repentino cambiamento dell’amico.
“Ora che ci penso c’è una cosa che… non so… mi lascia perplesso.”
“Cioè?”
“Ha detto che frequenta sempre il Dragon Fly e…”
“…e suo fratello ripara le auto!” concluse David che riprese immediatamente:
“Vuoi vedere che fa parte degli Wizards?”
“Ca**o, ci mancherebbe solo quella!”
“Non esiste la donna perfetta!” proferì David.
“Devo controllare!” disse Max con decisione ed allungò il passo per raggiungere
gli altri già arrivati alla macchina.
“Buona notte, Tricia!”
“Ci sentiamo domani!”
Liz e Maria avevano dato un passaggio a casa alla loro ritrovata amica, e
mentre Maria si reimmetteva in strada si rivolse a Liz:
“Ed ora è venuto il momento di raccontarmi qualcosina sul misterioso ragazzo
del Mouth!”
“Lo sapevo che non avresti resistito!” rise Liz: “Cosa vuoi sapere?” chiese.
“Che domanda! Tutto, no!”
“Si chiama Max, ha degli occhi di un colore strano ma affascinante, un piercing
al sopracciglio destro, qualche tatuaggio sulle braccia, un corpo a quanto pare
perfetto e… cos’altro?”
“Beh, che vi siete detti?” suggerì Maria
“Le solite cose, due chiacchiere…”
“E…?”
“E… Maria mi piace da morire! Mi sembra deciso, simpatico, sexy…”
“Ti brillano gli occhi!” constatò Maria.
“Ha detto che mi chiamerà presto!”
“Non so perché, ma sento che lo farà!”
“Ho la tua stessa sensazione!” e giunte a casa, si ritirarono ognuna nella
propria stanza.
La mattina seguente Max si recò allo Shadow Café, il bar vicino a casa sua, per
fare colazione. Non era sua abitudine, ma Brad, il proprietario e barista del
locale, prima di aprire quel bar aveva lavorato per parecchi anni dietro al
bancone del Dragon Fly. Chi, se non lui, poteva sapere chi era Liz? Se davvero
frequentava sempre quel locale, lui doveva per forza conoscerla.
“Max, come mai da queste parti di mattina?” lo accolse l’uomo appoggiando le
mani al banco.
“Ehi, Brad!” lo salutò Max appena entrato ed avvicinandosi all’uomo disse: “Non
avevo voglia questa mattina di prepararmi il caffè e il tuo è il migliore della
zona.” lo adulò.
“La tua razione è già pronta!” disse mentre gli porgeva la tazza colma del
liquido bollente.
“Grazie, Brad!” e prese un sorso della bevanda nera. “Volevo chiederti una
cosa!” disse poi riappoggiando la tazza sul banco.
“Tutto quello che vuoi!” disse l’uomo prestandogli la massima attenzione.
“Quando lavoravi al Dragon Fly, ti ricordi di una certa Liz?”
“Cognome?”
“Non ne ho idea!”
“Mi dai poche indicazioni ragazzo.” esclamò l’uomo.
“Capelli lunghi, scuri, ondulati, occhi nocciola, un bel corpo; ha appena
finito l‘università…”
“Parker!” lo interruppe Brad, e continuando a fissare Max riprese: “Liz Parker!
Corrisponde alla tua descrizione.”
“Ha per caso un fratello che ripara auto?” continuò il giovane.
“Lasciala perdere!” disse bruscamente l’uomo.
“Cosa? E perché mai?” chiese stupito Max. Intuì che doveva esserci qualcosa di
strano sotto, se lo sentiva fin dalla notte appena trascorsa e doveva
assolutamente sapere cosa fosse.
“Sei proprio sicuro di volerlo sapere?” chiese Brad. L’uomo sapeva benissimo
chi fosse Max, anche lui era nell’ambiente delle corse, e sapeva perfettamente
chi era il fratello di Liz e la rivalità che c’era fra lui e Max.
“Avanti Brad!” disse Max quasi ordinandoglielo.
“Suo fratello è Michael Guerin! Ora hai capito perché devi lasciarla perdere?”
e l’uomo si allontanò per andare a riscuotere quanto dovutogli da un altro
cliente.
Max rimase letteralmente paralizzato dalla rivelazione dell’uomo. Ecco cos’era
quel presentimento che aveva cominciato a farsi largo durante la notte!
Possibile? Liz la sorella di Michael? Ma con tutti quelli che conosceva, doveva
proprio essere la sorella del suo più agguerrito rivale?
“Me**a!” disse con impeto, sbattendo un pugno sul banco ed afferrato uno
sgabello, vi si sedette.
Nel frattempo Brad tornò da lui: “Hai attutito il colpo?” chiese. Aveva capito
che Max aveva un certo interesse per Liz, e immaginava che quello che gli aveva
appena rivelato non fosse facile da digerire.
“Ma ne sei proprio sicuro?” chiese Max, sapendo di farsi del male da solo.
“I genitori di Michael si separarono quando lui era ancora un bambino. La madre
si risposò con un certo Jeff Parker ed ebbero Liz. I due ragazzi sono cresciuti
da soli quando i genitori morirono in un incidente, e Michael cominciò a
lavorare nella vecchia officina di Valenti. Michael è il ‘capostipite‘ degli
Wizards.” L’uomo sembrava essere molto informato sui due ragazzi e dopo un
attimo di silenzio, riprese: “Prima che lasciassi il Dragon Fly per aprire
questo posto, Liz partì per Boston per frequentare il college e so che è appena
tornata a casa.”
‘Ma come diavolo fa, Brad, a sapere tutte quelle cose?’ si chiese Max ‘Sarà
così informato anche su di me ed Isabel?’. La cosa non gli piaceva molto, ma
l’uomo gli era stato senz’ombra di dubbio molto utile.
“Max, so cosa c’è tra te e Michael e se vuoi il mio consiglio, lascia stare Liz.
Lascia stare il can che dorme, diceva sempre mio nonno, e credo che non avesse
tutti i torti.
“Ma io…” Max cercò di dire qualcosa, ma Brad lo interruppe:
“Max, ho cinquant’anni e so perfettamente riconoscere quando un uomo è
interessato ad una donna. Solo che questa volta non è quella giusta!”
“Non lo puoi sapere con certezza!” lo sfidò Max.
“No, è vero!” ammise Brad, “Ma tu saresti contento se Michael mettesse gli
occhi su Isabel?” e con questa domanda l’uomo lo lasciò per andare a servire un
altro cliente.
Senza pensarci un secondo di più, Max lasciò il denaro per il caffè sul
bancone, ed uscì dal locale senza salutare l’uomo, che lo guardò attraversare
la strada.
Max arrivò a casa e sbattè la porta come una furia. Si diresse in camera, si
tolse la giacca di pelle che lanciò sul letto e colpì la parete di fronte a lui
con un pugno:
“Me**a!” gridò.
Dopo pochi minuti, il viso di Isabel apparve sulla soglia:
“Che c’è Max?” chiese preoccupata.
La guardò, non si era accorto che nel frattempo che lui era al bar, Isabel era
tornata a casa dopo aver passato la notte da Zack.
“Niente, Isabel! E’ tutto a posto!” mentì cercando di sorriderle.
“Sei sicuro?”
“Ma sì! E’ che…” e dovette pensare in fretta ad una scusa: “…non trovo…”
“Il cellulare!” lo interruppe lei con un sorriso.
“Esatto!” disse lui cogliendo al volo la scusa offerta dalla sorella e in
quell’istante si rese conto che non l’aveva in tasca.
“L’ho visto sul tavolo della cucina quando sono entrata!”
“Grazie Isabel!” disse e mentre la ragazza spariva dalla porta, Max si sedette
sul letto emettendo un sospiro di sollievo.
Scostò la giacca che aveva lanciato sul letto e prendendola in mano gli venne
in mente cosa ancora c’era all’interno di una delle sue tasche. Con la mano
cercò la tasca interna, rovistò un attimo ed estrasse il tovagliolo di carta
che Liz gli aveva dato solo qualche ora prima. Lo aprì e fissò le cifre scritte
in sequenza che componevano il numero di telefono.
‘Ma di tutte le ragazze che ci sono in giro, proprio te dovevo incontrare?’
pensò seccato, mentre il ricordo andava al viso di Liz. Poi gli venne in mente
l’ultima cosa che gli aveva detto Brad -’Tu saresti contento se Michael
mettesse gli occhi su Isabel?’ e a quel punto distese la schiena sulle lenzuola
ancora in disordine, lasciando i piedi poggiati a terra e stringendo il
tovagliolo di carta ancora nelle sue mani.
Un paio di giorni dopo:
“Allora, notizie dal ragazzo del Mouth?” Maria ormai lo chiamava quasi
esclusivamente in quel modo, ma questa volta Liz non sorrise. Aveva creduto
fosse un ragazzo deciso e far passare due giorni senza farsi sentire per lei
erano già troppi:
“Nessuna!” fu la secca risposta.
“Strano!” disse Maria mentre si apprestava a sedersi sul divano vicino
all’amica. “Eppure avrei giurato che ti avrebbe chiamata il giorno successivo!”
“Già! Anch’io mi aspettavo la stessa cosa, ma a quanto pare il nostro sesto
senso è andato in vacanza!”
“Beh, Liz, che ci vuoi fare? Ce ne sono tanti di ragazzi in giro!”
“Ce ne sono eccome! E stasera io, te e Tricia sperimenteremo un nuovo locale!”
“Ah sì!?! E perché io non ne sapevo niente?” chiese stupita.
“Perché l’ho deciso ora! Non vorrai mica che mi chiuda in casa a pensare a Max,
vero?”
“Non è proprio nel tuo stile. E anche se fosse non te lo permetterei mai! E
quale locale avresti scelto?”
“Lo Sweet Waters!” annunciò Liz.
“Ma che razza di nome è?” chiese Maria ridendo “Sembra il nome per un istituto
di bellezza.”
“Maria! Così mi deludi!” esclamò Liz fingendosi sconvolta “Dovresti saperlo
meglio di me che questo locale è rinomato proprio perché ha dei privè
equipaggiati di vasche idromassaggio. Parlandone con Tricia avevamo pensato di
prenotarne una ma…”
“…che divertimento ci sarebbe senza neanche un uomo?” la interruppe Maria,
finendo per lei la frase in modo scherzoso.
“Proprio quello che stavo per dire!” rise Liz stando allo scherzo dell’amica.
“Allora, ci stai?”
“Questa volta passo, Liz!”
“E perché?”
“Semplicemente perché voglio stare con Michael!” rispose sinceramente. “Venerdì
mattina parte per Daytona Beach insieme agli altri ragazzi… sai, la corsa… e
non lo vedrò fino a sabato sera!”
“Mi ero quasi dimenticata della gara!” ammise Liz facendosi seria per un
attimo. “Beh, allora vorrà dire che la prossima volta prenoteremo sul serio una
vasca tutta per noi e ci andremo ugualmente anche senza uomini!” scherzò e le
due ragazze risero di gusto. Liz sapeva come si sentiva Maria quando Michael
partiva per una di quelle gare. Era la stessa ansia che provava anche lei
quando sapeva che il fratello gareggiava. Doveva appoggiarla e sostenerla, come
aveva fatto Maria nei suoi confronti quando si era trovata in momenti di
sconforto.
La loro risata venne interrotta dallo squillo del telefono cellulare di Liz. Le
due ragazze si ricomposero e Liz, preso in mano l’apparecchio, schiacciò il
pulsante per rispondere alla chiamata:
“Pronto?”
“Ciao Liz!”
La voce calda che provenne dall’altro capo del filo, le fece correre un brivido
di piacere lungo la schiena. Era lui! Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque!
“Ciao Max!” rispose guardando Maria che nel sentire il nome del ragazzo si alzò
velocemente in piedi, si mise di fronte a Liz e prese a gesticolare e a parlare
senza realmente emettere suoni: “Lo sapevo che ti avrebbe chiamata!! Lo
sapevo!”.
Liz trattenne una risata, si alzò in piedi e si diresse in camera facendo
l’occhiolino all’amica che rimase sola in soggiorno.
“Come stai?” chiese lui cominciando la conversazione.
“Bene, grazie. E tu?” disse lei sedendosi sul suo letto.
“Non c’è male!” rispose Max. In realtà si sentiva impacciato, non sapeva cosa
dirle al telefono, mentre di persona si sarebbe comportato in una maniera
completamente diversa.
“Allora, l’auto che stavate festeggiando l’altra sera funziona a dovere?”
chiese Liz, salvandolo da un impacciato silenzio.
“E’ una meraviglia!” rispose “La prossima volta ti faccio fare un giro!”
“Questo vuol dire che ci rivedremo?” chiese lei con voce sensuale, e
involontariamente trattenne il fiato in attesa della risposta. All’improvviso
pensò che era stata troppo avventata, che forse non avrebbe dovuto fare quella
domanda e sempre in una frazione di secondo, pensò che in fondo lei era fatta
così, non poteva decidere di essere diversa proprio durante una telefonata. E
comunque ormai era andata, le parole le erano già uscite di bocca ed ora
attendeva solo di ascoltare la sua risposta.
“In effetti stavo pensando di chiederti se ti andava di uscire stasera. Sei
libera?”
“Sei fortunato! Stavo per chiamare un’amica per vederci questa sera. Mi hai
risparmiato una telefonata!”
“E pensi di uscire con me anche se non avrò l’auto ‘nuova’?”
“Credo che riuscirò a perdonarti… almeno per questa volta!” e rise
delicatamente, provocando un brivido piacevole lungo la schiena di Max.
“E pensi anche di riuscire a venire fino allo Shadow Café?”
“Anche tu conosci quel bar?” chiese stupita.
“Certo, chi non conosce Brad!?!”
“Sarà un’ottima occasione per salutarlo!”
“Ok… allora ti aspetto lì stasera alle… 10 va bene?”
“Perfetto! A stasera!”
“A stasera!” ed entrambi chiusero la comunicazione.
E mentre Liz si distese sul letto con un sorriso soddisfatto, Max ebbe di nuovo
un ripensamento. Non era da lui riflettere in continuazione su un’azione che
aveva fatto o che doveva compiere. Semplicemente la faceva o non la faceva,
niente di più e niente di meno. Invece, solo per fare quella telefonata a Liz,
aveva dovuto pensarci due giorni, fino a che si era affidato al suo istinto,
come al solito del resto, e il suo impulso naturale gli aveva detto di
telefonare perché Liz gli piaceva e lei sembrava ricambiare. Poi, d’improvviso,
si alzò dal letto da cui aveva fatto la telefonata, depose il ricevitore che
ancora teneva in mano ed esclamò:
“Al diavolo Michael Guerin!” e si avviò lungo il corridoio che portava in
soggiorno con la giacca di pelle in mano: “Me la spasserò fino a che mi sarà
possibile!” affermò deciso abbandonando ogni titubanza, ed uscì di casa diretto
alla sua officina.
Lui non era un tipo da essere assalito dall’incertezza; lui era uno che viveva
la vita e che gli piaceva viverla e Liz non doveva costituire un’eccezione.
Michael non doveva essere un ostacolo fra loro due ed era deciso a divertirsi
con lei fino a che gliene fosse stata data la possibilità o finchè non se ne
fosse stancato.
Mentre saliva in auto, promise a se stesso di non pensare più al fatto che Liz
fosse la sorella del suo miglior rivale, e non pensava lontanamente che la
ragazza potesse essere qualcosa di più di un semplice divertimento.
Quella sera, dieci minuti prima dell’orario prestabilito per l’appuntamento,
Liz si trovava già davanti allo Shadow Café. Spense l’auto e vi rimase seduta
indecisa se entrare o se aspettare l’ora esatta prima di presentarsi. Rivolse
lo sguardo nuovamente alla vetrata del locale che dava sulla strada ed
intravide il suo caro amico Brad, indaffarato a sistemare i bicchieri. Un
sorriso le apparve sulle labbra e decise di entrare per salutarlo ed ingannare
l’attesa chiacchierando con lui.
Nel sentire aprirsi la porta, l’uomo automaticamente rivolse lo sguardo per
vedere il nuovo cliente e non appena la vide, sorrise ed uscì da dietro il
bancone andandole incontro:
“Ma tu guarda chi è venuta a trovarmi questa sera!” esclamò ed abbracciò la
ragazza. Praticamente la conosceva fin da bambina ed era passato parecchio
tempo dall’ultima volta che l’aveva vista.
“Come stai Brad?” gli chiese la ragazza non appena l’uomo la liberò
dall’abbraccio.
“Bene! Ma come mai da queste parti?”
“Un appuntamento!” rispose lei prendendo posto su uno degli sgabelli al banco,
mentre l’uomo si riportò nella sua postazione di lavoro.
“Un appuntamento, eh?” e Brad già immaginava con chi si dovesse incontrare, ma
continuò facendo finta di niente: “Ed io che speravo fossi venuta apposta per
me!”
“Beh, sono venuta in anticipo proprio per fare due chiacchiere con te!” disse
Liz, sapendo benissimo di mentire. Era in anticipo solo perché non vedeva l’ora
di incontrare Max, ma questo a Brad non doveva interessare.
“Allora, cosa ti posso offrire?” chiese l’uomo.
“Offrire? Wow, credevo mi facessi pagare il doppio!” rise Liz trascinando nella
risata anche Brad.
“Questa sera mi sento buono… “ disse l’uomo: “…ma decidi in fretta o potrei
ritirare l’offerta!”
“Un caffè sarebbe perfetto! Il tuo è sempre stato il migliore!”
“Per fortuna che c’è ancora chi la pensa come te, o avrei già chiuso i battenti
da un pezzo.” disse l’uomo servendo una tazza alla sua cliente.
Liz ne bevve un sorso e poi si guardò in giro; il locale era deserto, fatta
eccezione per una coppia di coniugi seduta in fondo alla stanza:
“Ehi, ma dov’è tutta la gente?” chiese Liz con stupore.
“Ma cara ragazza, sono tutti a casa a godersi la partita di football, non lo
sai? E finchè non mi riparano quella maledetta televisione, in serate come
queste il locale è un vero strazio.”
“Beh, se non altro ho potuto salutarti con calma e non dovendo lottare per
vederti!”
“E’ un ottimo punto di vista il tuo. Dovresti venire anche la prossima
settimana allora, c’è la finale!”
“Ti auguro che per allora ti abbiano riparato la televisione, se non altro
farai soldi a palate!” disse Liz sorridendo.
“Hai ragione! Lo spero anch’io!” e i due risero.
“Ma allora voi due vi conoscete proprio bene, eh?” li interruppe una voce
maschile.
I due erano intenti a chiacchierare e non si erano nemmeno accorti dell’entrata
di una persona. Liz riconobbe la voce e subito si girò per vederlo.
“Lo hai detto tu stesso che tutti conoscono Brad!” rispose Liz che poi riprese:
“Io, però, lo conosco meglio!” si vantò e guardando l’uomo gli fece
l’occhiolino in segno d’intesa e lui ricambiò alzando il pollice in segno
affermativo.
“E mi ha anche offerto il caffè!” aggiunse Liz prima di berne un altro lungo
sorso.
“Ma tu guarda! Io vengo qui quasi tutte le sere e non mi hai mai offerto
niente!” disse Max, fingendo di lamentarsi.
“Prova a travestirti da bella donna e vedremo se sarà possibile rimediare!”
scherzò l’uomo.
“Potrei anche provarci!” rise Max e la sua risata coinvolse anche gli altri
due.
Rimasero a parlare con l’uomo fino a che Liz non ebbe terminato il caffè
offertole, mentre Max sorseggiava un drink, poi i due giovani si apprestarono a
cominciare la loro serata.
Liz era già uscita, mentre Max doveva ancora pagare il drink. Il ragazzo alzò
lo sguardo per incontrare quello del barista che si fece serio e parlò a bassa
voce:
“Vacci piano Max!” gli suggerì l’uomo.
“Ehi, usciamo solo per divertirci!” disse Max continuando ad allungare a Brad
la banconota che aveva in mano.
“E’ una brava ragazza, Max. E potresti combinare dei casini con gli Wizards se
solo Guerin lo venisse a sapere.” continuò Brad senza prendere la banconota.
“Beh, allora facciamo in modo che lui non lo sappia!” disse Max sventolando il
denaro.
“Vai! Questa sera offre la casa!” disse Brad respingendo i soldi: “Ti chiedo
solo di non combinare dei casini!”
Max rimise i soldi nel portafogli, guardò di nuovo l’uomo, alzò una mano in
segno di saluto e raggiunse Liz che lo aspettava.
“Allora, dove mi porti?” chiese lei non appena Max fu uscito.
“Conosco un locale molto carino, ma è fuori città. Ti va di andarci?”
“Certo, sono ancora nella fase del ‘distruggiamo la routine‘.” sorrise
“Perfetto! Sono sicuro che ti piacerà!” e la condusse fino alla sua auto.
Per l’occasione, Max aveva preso una delle vetture sportive più belle che aveva
nell’autofficina. Nessuna ragazza vi era mai salita e non appena Liz la vide ne
fu entusiasta:
“Quando prima hai detto ‘ti piacerà’, parlavi davvero del locale o ti riferivi
all’auto?” chiese, ed istintivamente ne accarezzò delicatamente il cofano con i
polpastrelli delle dita, facendo ben attenzione a non lasciare impronte.
“E’ stupenda!” continuò.
“Grazie!”
“Se è tanto veloce quanto bella come credo, dovrò allacciarmi bene la cintura
di sicurezza!”
“Ti prometto che non correrò!” le assicurò lui aprendo la chiusura.
“Mi fido!” disse Liz. Le auto le piacevano, ma la velocità non troppo.
Salirono in auto e non appena Max ebbe messo in moto il motore, partirono alla
volta di Sanford.
Il viaggio in auto fu molto confortevole e non solo grazie ai comodi sedili in
pelle di cui era dotata l’autovettura. La musica faceva da sottofondo e i due
ragazzi chiacchierarono amabilmente fino al locale.
Una volta arrivati, posteggiarono l’auto e si avviarono all’entrata.
“E così questo sarebbe il ‘Breath’!” esclamò Liz guardando l’insegna luminosa.
Da come l’aveva detto sembrava che qualcuno gliene avesse parlato un milione di
volte.
“Lo conosci?” chiese lui.
“No! Mai sentito!” rise lei.
“Bene, la mia sorpresa non è stata rovinata!”
“Da fuori mi sembra davvero carino!”
“Aspetta di vederlo dentro!”
Il locale non era uno di quelli eleganti e raffinati e a Liz, a dire il vero,
non interessava. Non era abituata al lusso e sicuramente Max non era il tipo
per quel genere di locale. Era un semplice pub, ben arredato, con della buona
musica, dove servivano dell’ottima birra e degli ottimi spuntini e,
soprattutto, dove non c’era una marea di gente. Per Liz era semplicemente il
luogo perfetto.
Si sedettero in un piccolo tavolo, ordinarono da bere e qualcosa da mangiare e
cominciarono nuovamente a parlare:
“Allora…” cominciò Max “…dimmi cosa stai facendo per ‘combattere la routine’.”
“Davvero lo vuoi sapere?” chiese Liz sorpresa.
“Beh, se è addirittura valsa la pena di brindare con le tue amiche… sì, lo
voglio sapere. Devo ammettere che sono abbastanza curioso!”
“Vediamo… da dove posso cominciare… beh, innanzitutto non sto più sopra ai
libri, e direi che questo è già un passo avanti.”
“Un grosso passo avanti, vorrai dire!” precisò lui.
“Sì, effettivamente la vita è cambiata radicalmente da quando mi sono laureata.
Ora mi ritrovo con un sacco di tempo libero!”
“Se ne hai troppo puoi sempre regalarmene un po’.” scherzò lui.
“Non è una cattiva idea. Ti prometto che ci penserò seriamente.” sorrise lei
seguendo lo scherzo di Max.
Continuarono a parlare interrompendosi ogni tanto per bere un sorso o per
mangiare un boccone del cibo che avevano ordinato.
“Parlami un po’ di te, Max.” esordì Liz dopo un attimo di silenzio.
“Non c’è molto da dire!” disse lui.
“Beh, ma qualcosa ci sarà pure, no? O ti piace fare il misterioso?” chiese lei
guardandolo negli occhi.
“Non ho tanti interessi, a parte le auto non c’è molto altro!”
“E questa passione per i motori da dove deriva?” chiese lei interessata.
Max sorrise, pensando alla prima volta in cui aveva assistito ad una gara, e
cominciò a raccontare:
“E’ stato mio padre! Lui adorava le gare di formula 1 e di rally e quando ero
un bambino, se era possibile, mi portava a vedere qualche corsa locale. Credo
che sia nato tutto da lì. Col tempo ho imparato a conoscere i motori e a
ripararli; è quello che so fare meglio.”
A Liz venne in mente il fratello; anche per lui quella passione era cominciata
più o meno nella stessa maniera, ma ora non voleva parlare di lui, e così fece
un’altra domanda: “Hai dei fratelli?”
“Ho una sorella… Isabel. Ha due anni meno di me e non ha la passione per le
auto. Credo che non sappia distinguere il cofano dal bagagliaio!” e i due
risero. Max si sentiva strano a parlare di sé e della sua famiglia con una
ragazza, non ci era abituato, ma Liz aveva il potere di farlo parlare senza
aver bisogno di forzare la mano. Ma doveva comunque stare attento a quello che
diceva, non avrebbe voluto che la conversazione andasse su Michael Guerin,
sugli Wizards, sui Phantoms e tutto il resto. Non ne era completamente sicuro,
ma sembrava che Liz ignorasse tutta quella storia, ma rimaneva lo stesso il
dubbio che ne fosse informata. Insomma, non voleva rischiare, voleva solo stare
con lei e divertirsi. Sapeva che la serata non si sarebbe conclusa nel letto di
quella splendida fanciulla, Liz non gli sembrava il tipo, e a dire la verità la
cosa non gli interessava… almeno per quella sera. Era ancora in grado di
controllare il suo istinto ed era deciso a godersi la compagnia di Liz nel
migliore dei modi. L’unico neo di tutta quella storia che continuava a rimanere
presente nonostante Max si impegnasse a non pensarci, era che sapeva
perfettamente che era la sorella di Guerin. Da alcune cose che la ragazza aveva
detto durante il tragitto, era risultato chiarissimo che Brad ci aveva
azzeccato. Liz Parker e Michael Guerin erano parenti stretti. Nelle loro vene
scorreva lo stesso sangue… sembrava incredibile! Erano due persone
completamente diverse, fatta eccezione per la decisione che mostravano
entrambi.
La serata continuò in modo perfetto finchè non giunse l’ora di tornare a casa.
Liz non aveva idea di quanto tempo avessero passato insieme a sedere a quel
tavolo e la cosa, in verità, non le interessava. Max le piaceva proprio e
quando salirono in auto, le dispiacque perché l’appuntamento stava per
terminare.
Giunti nuovamente nel luogo in cui si erano incontrati, Max parcheggiò l’auto
proprio dietro a quella di Liz, di fronte allo Shadow Café. Spense il motore e
si rese conto che di lì a poco la creatura al suo fianco se ne sarebbe andata e
per un attimo se ne rattristò. Anche Liz ebbe lo stesso pensiero e per qualche
secondo, nell’auto, scese il silenzio.
“Beh… ti ringrazio per la bella serata, Max. Sono stata davvero bene!” cominciò
timidamente lei.
“Grazie a te per la compagnia! Anch’io sono stato bene!” disse sincero
guardandola negli occhi.
“Credi sia possibile rivederci venerdì sera?” osò Liz.
“Se ti va possiamo fare sabato sera, venerdì ho già un impegno!” rispose Max
evitando di dirle della gara.
“Ok!” accettò la ragazza “Allora ci vediamo sabato!” e mise la mano sulla
maniglia della porta per uscire dall’auto.
Notando la mano della ragazza, Max si affrettò a richiamarla:
“Liz!” non era ancora pronto a farla andare via.
“Sì?” disse lei voltando il viso verso il ragazzo.
In un attimo Max si avvicinò a lei ed appoggiò la sue labbra su quelle di Liz.
Tutto durò pochi secondi e Max si allontanò leggermente per poterle vedere gli
occhi. Non era sufficiente… quell’assaggio di lei non gli bastava… e riportò le
labbra su quelle di Liz, soffermandosi a lungo ed inalando il suo profumo. La
mano destra si andò ad appoggiare alla guancia della ragazza mentre quella
sinistra si adagiò sul fianco e l’attirò a sé, in un gesto del tutto naturale.
Liz si abbandonò completamente a lui portando una mano sulla spalla e l’altra
tra i capelli di lui, sospingendolo ancora di più verso di lei. Il bacio si
protrasse, languido e dolce, senza alcuna fretta. Quando furono costretti a
riprendere fiato, i due si guardarono a lungo negli occhi, il respiro
leggermente affannato per il bisogno d’aria ma soprattutto per la loro
passione.
“Ti chiamo domani!” disse lui con un filo di voce, ma non era ancora pronto a
lasciarla andare. Le sue mani erano ancora ferme su di lei ed avrebbero voluto
osare, ma rimasero immobili e tornò a baciarla con ancora più passione. Liz
ricambiò nuovamente con altrettanto slancio e la mano che prima era sulla
spalla, trovò spazio all’interno della giacca di lui e si appoggiò al fianco,
dove sentì il calore della sua pelle attraverso la maglia che indossava. Liz si
rese conto di volere di più e per un momento ne ebbe paura. Non le era mai
capitato di provare così tanto trasporto verso un uomo conosciuto da poco.
Anche in questo Max era diverso dagli altri. Il solo vederlo le provocava una
sensazione particolare ed ora, baciandolo e toccandolo, la sensazione veniva
triplicata. Ancora una volta il bisogno d’aria si fece sentire e i due ragazzi,
ansimanti, dovettero arrendersi. Si guardarono ancora negli occhi: il desiderio
era evidente in entrambi. Max si trattenne, conscio di quello che avrebbe
voluto fare, ma improvvisamente si rese conto che Liz era diversa da tutte le
altre e si meritava un altro tipo di comportamento. Doveva lasciarla andare, ma
il suo corpo reagiva nel modo contrario e le sue mani erano ancora saldamente
attaccate alla ragazza.
“Credo sia meglio che vada!” disse Liz. Aveva paura di quello che stava
provando e di quello che avrebbe potuto fare se solo avesse dato ascolto al suo
istinto.
“E’ il momento, vero?” chiese lui per conferma.
“Sì, anche se…” e si interruppe abbassando leggermente lo sguardo.
“Anche se… cosa?” chiese lui cercando gli occhi di lei.
“Devo andare!” disse dolcemente evitando di rispondergli. Sorrise e lentamente
ritrasse le mani dal corpo del ragazzo. Max fu costretto a fare altrettanto e
ad allontanarsi leggermente da lei. La guardò mentre apriva la portiera e
scendeva dall’auto. Prima di chiudere, Liz si affacciò all’interno
dell’abitacolo: “Ci sentiamo domani!” disse e prima che potesse ripensarci e
rientrare in auto, chiuse la portiera a si avviò alla sua vettura. Max si
risistemò sul sedile dell’autista, si rimise la cintura di sicurezza ed attese
che l’auto di Liz partisse. La seguì per un breve tratto di strada e quando lei
svoltò a sinistra per proseguire verso casa, lui svoltò a destra parcheggiando
subito dopo davanti al garage della sua abitazione.
Venerdì: il giorno della gara.
Michael era letteralmente euforico. L’attesa prima della corsa per lui era un
modo di caricarsi di energie da scatenare nel momento della gara. Adorava tutto
quanto riguardasse il pre-competizione: il viaggio fino alla meta del raduno,
le chiacchiere con i suoi amici, la birra che scorreva a fiumi, la musica rock
che suonava ad alto volume e poi l’incontro con gli avversari, il cercare di
scoprire i punti di forza delle altre auto prima della gara… insomma, tutto! E
non vedeva l’ora di partire!
Per Maria, invece, cominciava l’agonia. Mentre Michael se la spassava con il
suo ‘hobby’ preferito, lei rimaneva a casa ad aspettarlo. Più di una volta
Michael le aveva chiesto di accompagnarlo e lei lo aveva accontentato un paio
di volte, ma non le piaceva stare là in mezzo ai camper e alle roulotte. E in
più non riusciva a guardare mentre lui gareggiava. Si sentiva morire tutte le
volte che lo vedeva salire in macchina e partire; ogni volta non sapeva se ne
sarebbe uscito intatto oppure no. Preferiva stare a casa, se non altro non
vedeva nulla. Stava male ugualmente, ma almeno non vedeva.
Anche Liz non stava molto calma quando il fratello partiva per quelle corse.
Nonostante lei amasse le auto e, al contrario di Maria, le piacesse vedere
qualche gara ogni tanto, non riusciva a stare tranquilla quando vedeva Michael
o Kyle salire su una di quelle auto e spingere l’acceleratore al massimo per
vincere in velocità l’avversario. Si fidava di quei due, sapeva che non sarebbe
successo nulla di brutto, ma ad ogni modo non riusciva a godersi la
competizione.
I tre ragazzi erano seduti al tavolo della cucina dove stavano consumando la
colazione. Michael mangiava in fretta mentre Maria continuava a ripetergli di
stare attento. Per quanto non ne potesse più di sentirselo dire, Michael capiva
cosa stesse provando la giovane e quindi lasciava semplicemente che la ragazza
dicesse le sue raccomandazioni. Liz, invece, seguiva la scena in silenzio e
quando Maria non guardava, Michael fissava la sorella, roteava gli occhi come a
voler sottolineare quanto fosse annoiato dalle parole di Maria e Liz tratteneva
la risata. Michael aveva sempre fatto così anche quando c’era Liz, al posto di
Maria, a fare le sue stesse prediche. Col tempo la ragazza aveva imparato che
era semplicemente inutile, che era tutto fiato sprecato; non appena il fratello
avesse messo il piede fuori casa, si sarebbe completamente dimenticato tutta
quella marea di parole e si sarebbe concentrato solo sulla strategia di gara.
Ora Liz si limitava ad augurargli buona fortuna, e continuava a pregare col
cuore. Ma Maria, per quanto l’amica glielo avesse spiegato, sembrava non capire
ed ogni volta si ripeteva la stessa scena: Maria parlava e Michael faceva finta
di ascoltare. Anche questo faceva di loro una famiglia.
Quando ebbero finito di fare colazione, Michael raccolse la borsa che portava
con sé ad ogni gara, prese le chiavi dell’auto ed invitò le ragazze a salirvi;
pochi minuti più tardi erano in strada diretti verso l’autofficina dove era
previsto l’incontro con gli altri componenti del gruppo.
Una volta arrivati, caricarono le loro cose sul camper che li accompagnava ad
ogni corsa, poi i ragazzi salutarono Liz e Maria e si apprestarono a partire.
Lenny si mise alla guida del camper con Roy al suo fianco, Michael e Kyle
presero una delle auto per la gara e Matt si mise al volante della seconda
vettura. Nonostante le gare fossero clandestine, vigevano delle regole ferree a
cui tutti i partecipanti dovevano sottostare ed una di quelle norme era,
appunto, il numero di vetture per ogni formazione. Non era concesso, infatti,
presentarsi con più di due auto per squadra pena l’eliminazione.
Anche i Phantoms avevano scelto con cura le auto che avrebbero gareggiato e una
di quelle era proprio la vettura che David aveva completato da poco e che Craig
aveva verniciato a tempo di record, disegnandovi anche una bellissima pantera
nera sul cofano. Non appena la vide finita, David fu entusiasta e si
complimentò con l‘amico offrendogli subito da bere. Anche loro prepararono il
loro camper, salutarono Isabel, venuta ad augurargli buona fortuna, e Tess, che
sapeva solo di un raduno tra meccanici, e partirono alla volta di Daytona
Beach.
Le due squadre avversarie si incontrarono sulla strada dirette verso la stessa
meta. I Phantoms superarono gli Wizards, si scambiarono un semplice saluto
durante il sorpasso, e proseguirono allungando il passo su di loro.
“Approfittatene ora per sorpassarci… in gara non ne avrete tempo!” borbottò
Kyle alla guida dell’auto mentre ricambiava, alzando la mano, il saluto degli
avversari.
“Gli faremo mangiare parecchia polvere, ne sono sicuro!” affermò Michael seduto
al suo fianco.
“Dì la verità, ti rode far gareggiare Lenny contro Evans, non è vero?” chiese
Kyle.
“Si nota così tanto?” chiese.
“Abbastanza!” confermò Kyle, che poi continuò: “Ma Lenny si merita questa
occasione e al posto tuo avrei fatto la stessa cosa!”
“Già! Lenny è migliorato parecchio nelle ultime gare, e deve dimostrare anche a
sé stesso di poter fare di più. E il modo migliore è battere uno dei migliori
piloti! E Max Evans sa il fatto suo!”
“Come credi che la prenderà Evans quando glielo dirai?”
“Sarà d’accordo, ne sono sicuro! Anche lui sa cosa vuol dire e non si tirerà
indietro!” disse Michael con calma. Era sicuro di quello che diceva; sapeva
perfettamente che Max non si sarebbe rifiutato perché, per alcuni versi, era
proprio come lui e anche Michael, al posto di Max, non si sarebbe tirato
indietro. Loro erano i migliori piloti in circolazione e il fatto che altri
volessero provare a batterli non poteva fare altro che renderli felici per la
posizione che avevano conquistato.
Più avanti, sull’auto che sfoggiava una splendida pantera nera sul cofano, tra
Max e David avveniva la stessa conversazione.
“Sono sicuro che per Guerin sarà un piacere tenerti a battesimo. Io farei lo
stesso con uno dei suoi!” affermò Max sicuro.
“Mi fido di quello dici!” disse David alla guida della sua auto.
“E fai bene!” concluse Max.
“E con sua sorella come procede?”.
“Procede!” si limitò a rispondere. David era l’unico a sapere di Liz. Cioè, era
l’unico a sapere tutta la storia che roteava attorno a Liz. Gli altri Phantoms
sapevano solo che Max aveva cominciato a vedersi con una ragazza che loro non
conoscevano, ma con David c’era più confidenza; la cosa era dovuta al fatto che
i due si conoscevano fin da bambini, mentre gli altri ragazzi, nonostante la
forte amicizia, si erano aggiunti lungo il cammino.
“Gliel’hai detto?” chiese semplicemente David.
“No!” rispose Max e rimase in silenzio un attimo come se stesse pensando, poi
aggiunse: “Non ancora!”
“Faresti meglio a sputare il rospo… e lo sai! Se lei ti piace davvero, come mi
hai fatto capire, combinerai solo dei casini se continui su questa strada!”
“Lo so, ca**o, lo so! Devo pensarci ancora!”
“Ma non ti è ancora andato in fumo il cervello a forza di pensare? Credo di non
avertelo mai visto fare da quando ti conosco!” lo prese in giro David per
allentare la tensione dell’amico.
“A quanto pare ha una buona resistenza!” rispose Max ed un sorriso riapparve
sul suo volto.
Gli Wizards arrivarono a Daytona Beach nel primo pomeriggio, pochi minuti dopo
i Phantoms. L’area dell’incontro, molto vasta e soprattutto isolata, vedeva già
presenti le altre squadre.
La situazione, al momento, era tranquilla anche se Michael si aspettava che,
con l’arrivo della sera e l’elevato tasso alcolico che si sarebbe registrato
dopo la corsa, si scatenassero delle risse, in particolare tra due bande note
proprio per l’odio reciproco l’una verso l’altra. Difficilmente si
riscontravano liti prima della gara, era capitato, sì, ma molto raramente. Il
peggio era il post-competizione. Nonostante fossero tutti adulti, c’era sempre
qualcuno a cui non andava bene il risultato della corsa e cercava sempre il
pretesto giusto per fare a pugni. Anche per questo gli Wizards e i Phantoms
erano diversi dagli altri gruppi. Nonostante la loro rivalità fosse nota e
fossero degli avversari agguerriti, tra le due squadre c’era sempre stato il
rispetto e la lealtà reciproca, qualità che li contraddistinguevano dagli altri
team. Eppure i loro componenti si divertivano quanto gli altri, ma senza
sfociare in eccessi gratuiti e soprattutto inutili.
“Ehi Michael!” lo salutò un ragazzo: “Come te la passi?”
“Erik!” contraccambiò Michael afferrando la mano che gli veniva tesa. “Bene, e
tu? E’ parecchio che non ci si vede!”
“Già! l’ultima gara che avete disputato ero in ospedale. Jenny ha partorito mio
figlio!” disse con una luce particolare negl’occhi.
“Complimenti! Non sapevo nulla!” disse Michael felice per l’amico: “Ora che sei
padre, però, dovresti mettere la testa a posto!”
“C’ho provato, sai, ma non ci riesco. E’ più forte di me!”
“Ti capisco! Siamo cresciuti in una maniera troppo selvaggia!”
“E’ quello che dico sempre a Jenny!”
“E lei come sta?”
“Sta bene e mi ha detto di salutarvi. E Maria? Continua a non seguirti, eh?”
“Non c’è verso… ama me, ma non quello che faccio!”
“Ah, le donne! Valle a capire!”
“Ho smesso da un pezzo di provarci!” rise Michael seguito da Erik.
Max e i suoi, dopo aver parcheggiato il camper e le auto, cominciarono ad
aggirarsi nell’area per salutare, anche loro, ragazzi che non vedevano da
tempo. Poi Max e David tornarono al camper e mentre l’amico cominciava a
sistemare un po’ di cose, Max prese dalla tasca il cellulare, cercò un numero
in rubrica e spinse il tasto per avviare la chiamata. Dopo solo due squilli la
voce dall’altro capo rispose:
“Pronto?”
“Ciao Liz!”
“Max! Che sorpresa! Come mai questa telefonata?” chiese stupita.
“Beh, pensavo ti facesse piacere ma se non è così…” cominciò lui in tono
scherzoso.
“Ma che dici?! Certo che mi fa piacere! E’ che… non me l’aspettavo, tutti qui!”
“E’ proprio per questo che si chiamano sorprese!”
Liz rise e la sua risata provocò un piacevole brivido lungo la schiena di Max,
che riprese:
“Allora, che stai facendo?”
“Niente di particolare! Sono in giro con Maria per negozi! E tu?”
“Le solite cose!” disse vagamente, e riprese: “Cosa farai stasera?”
“Ancora non lo so: Maria vorrebbe che restassimo a casa e io vorrei che lei
uscisse con me!”
“Una dura lotta allora!”
“Proprio così! Ti dirò domani com‘è andata!” disse Liz per avere la conferma
che lui fosse ancora dell’idea di incontrarla.
“Non vedo l’ora!” disse addolcendo leggermente il tono di voce. Mentre
pronunciava quelle parole, vide Michael Guerin e Lenny Stradford avvicinarsi in
direzione del loro camper. Max s’irrigidì per una frazione di secondo, poi
riprese in mano la situazione:
“Ora devo andare, Liz! Ci sentiamo presto!” disse mantenendo la calma.
“Ok! A presto!” e i due chiusero la comunicazione.
Max rimise in tasca il telefono e fece due passi in avanti per ricevere i due
ragazzi, mentre David uscì dal camper e gli si affiancò. Max si sentiva strano:
aveva appena parlato con la sorella del suo miglior rivale che gli aveva
provocato splendide sensazioni ed ora lui, quel rivale, era lì davanti. Max si
sentiva spiazzato, ma il suo carattere forte prevalse e quando strinse la mano
di Michael era calmo, come se nulla fosse accaduto.
“Guerin!” lo salutò Max: “Pronto per la sfida?” e sorrise.
“Come sempre, Evans! E tu?” Michael ricambiò il sorriso.
“Idem! Ti va una birra?” gli chiese. Sentiva che Michael doveva dirgli qualcosa
e anche lui, del resto, doveva parlargli e gli sembrò il caso di farlo davanti
ad una bevanda fresca.
“Una birra è sempre ben accetta!” rispose e i quattro entrarono all’interno del
camper dei Phantoms, si sedettero al tavolo e Max servì quattro bottiglie di
birra.
“Volevo parlarvi a proposito della gara.” esordì Michael non appena Max si fu
seduto di fronte a lui.
“Ho anch’io qualcosa di cui parlare. Ma vai avanti, prima gli ospiti!” disse
Max.
“Sono venuto a dirti che Lenny vuole gareggiare con te!”
Max sorrise e continuò a guardare Michael, che rimase meravigliato. Non capiva,
ma aspettava che Max gli spiegasse. Ed il ragazzo non si fece attendere:
“Volevo dirti la stessa cosa. David ci vorrebbe provare con te!”
Quando ebbe chiara la situazione, anche Michael sorrise. Era ormai evidente che
i due, in quella occasione, non si sarebbero battuti. David e Lenny, nel
frattempo, seguivano la conversazione tra i due senza proferire parola, e solo
sporadicamente bevevano un sorso della birra che gli era stata offerta.
“A quanto pare dovremo rimandare alla prossima gara per poterci divertire!”
affermò Max continuando a fissare Michael negli occhi.
“Pare proprio di si!” confermò il giovane che, subito dopo, bevve un sorso di
birra.
I quattro rimasero a parlare qualche minuto, il tempo necessario per Michael e
Lenny di finire la birra offerta, poi ritornarono al loro camper.
“Te l’avevo detto che Guerin non avrebbe avuto problemi!”
“Te l’avevo detto che Evans non avrebbe avuto problemi!”
La stessa frase venne pronunciata nello stesso momento a Lenny e a David e sia
Max che Michael erano fieri di loro stessi per non essersi sbagliati a
giudicare l’avversario.
La sera arrivò in fretta e dopo una cena veloce, i concorrenti della gara
salirono a bordo delle loro autovetture per spostarsi vicino alla pista dove
sarebbe avvenuta la competizione. Sul posto era già tutto pronto, chi
organizzava queste cose sapeva esattamente cosa doveva fare e lo faceva al
meglio.
Alle 23.00 in punto si diede inizio alla gara e i primi due piloti si
affrontarono, cercando di battersi in velocità lungo tutto il tratto di strada
prestabilito. Arrivati in fondo, i piloti eseguirono una veloce inversione e
ripercorsero lo stesso tratto di strada in senso contrario, spingendo
l’acceleratore fino in fondo e cambiando velocemente marcia.
I primi venti piloti si sfidarono, più si andava avanti e più si vedevano in
pista i migliori. Infatti, come da consuetudine, i novelli piloti o
semplicemente quelli più scarsi, gareggiavano per primi, facendo crescere la
suspance nell’attesa di vedere i campioni.
Fu così che, dopo un paio d’ore, arrivò il turno di Max. Lui e Lenny, prima di
salire sulle rispettive autovetture, si strinsero la mano, poi portarono le
auto sulla striscia di partenza. I volti di entrambi erano tesi e come si
sedettero sui sedili, una scarica di adrenalina si iniettò nelle loro vene. I
motori erano su di giri, pronti a scattare non appena la bandierina bianca
dell’arbitro si fosse abbassata completamente.
Un uomo, in piedi in mezzo alle vetture, teneva alta la bandierina e non appena
vide che i piloti erano pronti, fece scendere il braccio. Nel momento in cui il
piccolo rettangolo di tessuto bianco toccò la gamba dell’uomo, i due piloti
spinsero ancora di più il pedale dell’acceleratore mentre rilasciavano quello
della frizione.
Il risultato fu una partenza scattante, mentre l’adrenalina all’interno dei
corpi dei due piloti si era completamente sostituita al sangue.
Per diversi metri le vetture gareggiarono fianco a fianco, poi sembrò che
l’auto di Lenny fosse passata leggermente in testa. Raggiunta la fine della
pista, i due si affrettarono ad invertire l’auto, le gomme stridettero
sull’asfalto scagliando alcuni sassi a qualche metro di distanza e ripartirono
a tutta velocità.
Questa volta Max si rese subito conto che l’auto di Lenny era passata in
vantaggio. Solo pochi centimetri li dividevano, ma troppi per decretare la sua
sconfitta. Strinse i denti e spinse ancora il pedale dell’acceleratore. L’auto
si riportò in parità, ma solo per alcuni istanti. Lenny gli lanciò un’occhiata
veloce dal finestrino che Max colse di sfuggita, poi il ragazzo, a sua volta,
spinse di nuovo il pedale dell’acceleratore riportandosi in vantaggio. Max non
si lasciò andare, e strinse ancora di più il volante fino a far diventare
bianche le nocche. Ma non ci fu nulla da fare. Lenny tagliò il traguardo
qualche frazione di secondo prima di lui.
Oltrepassata la striscia da cui erano partiti, i due piloti frenarono le loro
auto percorrendo un lungo tratto di strada a causa della forte velocità. Una
volta fermi, Max si tolse i guanti che usava sempre durante le gare e diede un
pugno stizzoso sul volante dell’auto. Lenny uscì subito dalla sua vettura e
venne accolto nell’abbraccio di Michael e successivamente dagli altri ragazzi
del gruppo. Era letteralmente e semplicemente euforico. Non credeva che sarebbe
riuscito veramente a battere Max Evans. Ma ora il sogno era diventato realtà e
non voleva fare altro che festeggiare.
Max guardò per un attimo la scena rimanendo al volante della sua auto, poi, con
calma, aprì lo sportello, scese e si incamminò verso il gruppo degli Wizards.
“Complimenti!” esordì una volta di fronte a Lenny “Sei stato grande!” disse.
Non gli era costato presentarsi davanti a lui, era una consuetudine fra i due
gruppi congratularsi con il vincitore, ma la sconfitta, senz’ombra di dubbio,
gli scottava parecchio. Lenny si avvicinò a Max e gli strinse la mano che il
ragazzo gli offriva. Una stretta forte, piena di rispetto e di lealtà. Poi Max
si rivolse a Michael:
“Ti conviene stare attento, amico, o presto Lenny ti soffierà il posto!” gli
disse sorridendo.
“Lo terrò a mente!” disse Michael ricambiando il sorriso e guardò il ragazzo
tornare verso l’auto.
Una mezz’ora più tardi, arrivò il turno di Michael che doveva vedersela con
David.
Quest’ultimo era teso al massimo come mai gli era capitato. Era la prima volta
che si batteva contro Guerin e l’emozione era tanta. Michael, dal canto suo, si
sentiva invincibile, era sicuro che avrebbe vinto. I piloti si portarono sulla
striscia di partenza e quando l’uomo ebbe abbassato la bandierina i due
sfrecciarono verso la fine della pista. Michael si portò subito in testa e vi
rimase fino a che non raggiunsero il limite della strada. Velocemente girò la
macchina e stringendo sempre di più il volante, riprese a correre a tutta
velocità. L’auto di David lo seguiva a pochi centimetri di distanza, ma lui era
ancora in testa e si sentiva già vincitore. A pochi metri prima dell’arrivo,
David diede l’ultima spinta utile all’acceleratore e in pochi secondi l’auto
arrivò alla stessa altezza di quella di Michael e subito dopo lo sorpassò,
tagliando il traguardo per primo. Michael non riusciva a crederci. Era talmente
convinto che lo avrebbe battuto, che la sorpresa lo colpì in pieno. Era
incredulo! Dopo aver fermato le auto, fu la volta di Michael ad assistere al
festeggiamento dell’avversario e come aveva fatto Max prima, il ragazzo si
avvicinò al vincitore e si congratulò con lui.
“Credo che anche tu abbia il tuo bel da pensare con David in giro!” esclamò
diretto a Max.
“Lo credo anch’io!” e i due si strinsero la mano, raggiungendo poi i rispettivi
camper.
Entrambe le squadre festeggiarono separatamente la vittoria di Lenny e di David
e la cosa portò inevitabilmente a bere birra in quantità eccessive. Ma il
camper serviva proprio a questo: a bere per festeggiare, a non rimettersi in
viaggio ubriachi, consentire lo smaltimento della sbornia e ripartire il giorno
successivo freschi come delle rose appena raccolte… o quasi!
Il giorno seguente dormirono fino a tarda mattinata, rimisero in sesto il
camper, raccolsero le loro cose e ripartirono il pomeriggio verso Orlando, dove
vi arrivarono all’ora di cena.
Michael raccontò per filo e per segno quello che era successo il giorno
precedente, anche della sua sconfitta contro David. Ma si era rifatto parlando
invece di quanto era stato bravo Lenny nell’aver sconfitto il rivale di sempre.
Maria e Liz ascoltavano le sue parole lasciandosi trasportare dall’entusiasmo
del giovane.
La stessa scena stava succedendo a casa di Max, il quale stava raccontando
l’accaduto alla sorella che aveva tralasciato volontariamente di invitare Tess.
Per il dopo cena, Michael si era già accordato con gli Wizards di uscire a
festeggiare nuovamente Lenny assieme alla sorella e a Maria, ma Liz gli
comunicò di avere un altro impegno. Il fratello ci rimase un po’ male, Liz
aveva sempre partecipato volentieri ai festeggiamenti del dopo-gara, ma dopo
aver insistito un po’ perché rinunciasse, lasciò che la sorella seguisse i suoi
piani. Non le chiese con chi doveva uscire solo perché Maria era riuscita ad
impedirglielo, le dava fastidio che trattasse Liz ancora come una bambina, ma
Michael, cocciuto com’era, era determinato a scoprire chi fosse la persona che,
negli ultimi tempi, si stava vedendo con sua sorella.
Anche i Phantoms avevano deciso di tornare a festeggiare David, la sua vittoria
contro Michael Guerin era un evento da celebrare nuovamente. Dopo aver invitato
Isabel e Tess, che festeggiava semplicemente il loro ritorno dal raduno, ebbero
l’amara notizia che Max non sarebbe stato con loro. I ragazzi ed Isabel
accettarono di buon grado il fatto che Max uscisse con questa ancora
sconosciuta ragazza, ma Tess non reagì altrettanto bene. Max non le prestò
attenzione, non ne aveva il tempo e soprattutto gli mancava la voglia e dopo
una doccia veloce, si cambiò ed uscì. Lo Shadow Café l’attendeva.
Come sempre gli Wizards si radunarono al Dragon Fly e dopo l’ennesimo brindisi,
Michael provò a chiedere a Maria se sapeva qualcosa della sorella:
“Ma sai dov’è? E‘ uscita e non ha nemmeno detto dove sarebbe andata.”
“So solo che aveva un appuntamento, Michael! Le ho sentito nominare il Breath,
ma non ne sono sicura!” disse leggermente scocciata: ”E poi c’è sempre la
possibilità che nemmeno lei sapesse dove sarebbe andata, no?”
“E tu sai con chi si sta vedendo, non è vero?” continuò.
“Con un uomo, è chiaro, no?”
“Certo… è chiaro! Ma… chi è?”
“Michael, calmati!” esclamò Maria spazientita: “E’ un ragazzo e Liz è
abbastanza grande per giudicare se valga la pena di uscire con qualcuno oppure
no!”
“Maria, tu hai perfettamente ragione, ma lei è mia sorella!”
“Ed è la mia migliore amica!” ribattè la ragazza.
Michael sembrò calmarsi un attimo e comunque ormai aveva capito che Maria,
anche se fosse stata a conoscenza di qualcosa, non glielo avrebbe mai rivelato.
In fondo si trattava della stessa complicità che legava lui e i componenti
degli Wizards. Quindi, calmandosi ulteriormente, guardò Maria e riprese a
parlare:
“Scusami… è che mi dà fastidio che non sia qui con noi a festeggiare!”
“Ti capisco, Michael!” disse Maria in tono comprensivo: “Ma prima o poi sapevi
che sarebbe successo!” e gli diede un bacio sulle labbra.
La serata sembrò proseguire tranquillamente e dopo una birra bevuta in
compagnia, Michael si allontanò dal tavolo assieme a Kyle, diretti verso la
toilette. Dall’espressione dell’amico, Kyle aveva intuito che c’era qualcosa
che non andava ed aspettò pazientemente che fossero entrati nel bagno. Senza
motivo, Michael controllò che fossero soli e quando ne fu sicuro, si avvicinò
al ragazzo:
“Voglio che tu mi faccia un piacere!” disse con tono deciso.
“Quello che vuoi. Spara!” disse Kyle senza esitazione.
“Devi scoprire con chi si sta vedendo Liz!” disse tutto d‘un fiato.
“Cosa?” chiese l’altro con stupore.
“Mi hai capito benissimo Valenti.”
“Spiegami almeno il perché!” disse Kyle, sempre più attonito. Sapeva che
Michael era geloso sia di Liz che di Maria, ma doveva esserci qualcos’altro per
arrivare addirittura a far seguire sua sorella.
“Non ho niente in mano ma… ho uno strano presentimento!” disse lui serio.
“E da quando in qua presti attenzione ai presentimenti? Andiamo Michael, tu…”
“Lo so che sembra pazzesco…” lo interruppe: ”…ma voglio che tu lo faccia!” e
dopo un attimo di silenzio aggiunse: “Cominciando da stasera!” disse mantenendo
il tono serio come l’espressione del viso.
Kyle rimase senza parole e il volto di Michael non lasciava adito a nessun tipo
di scherzo. Dopo pochi secondi, Kyle aveva preso la sua decisione:
“D’accordo, Michael, ma devi darmi qualche indizio… qualcosa di concreto da cui
possa cominciare!”
“Credo sia al Breath stasera, o perlomeno questo è quello che mi ha detto Maria,
ma non era molto sicura.”
“Ok! Parto subito!” disse controllando l’orologio.
“Voglio che memorizzi la faccia di quello che sta con lei!”
“Lascia che te lo dica, Michael… stai esagerando!”
“Può essere… ma voglio essere sicuro!”
Stavano per uscire dal bagno quando Michael rivolse ancora una volta lo sguardo
a Kyle:
“Naturalmente… acqua in bocca!”
“Tranquillo!” e i due tornarono al tavolo. Kyle prese la giacca, diede un
ultimo sorso alla sua birra e dopo aver salutato gli amici, si diresse verso
l’uscita.
Salì in auto e senza perdere altro tempo, partì per Sanford. Dove gli era
concesso, Kyle percorse la strada sfruttando la potente auto su cui era a
bordo, il che gli permise di arrivare prima alla meta. Raggiunta la cittadina,
riportò la velocità ai limiti imposti e raggiunse il parcheggio davanti al
locale che Michael gli aveva indicato. Fece un giro con l’auto attorno al
posteggio per controllare che ci fosse la vettura di Liz. Dopo una verifica
abbastanza accurata, notò che l’auto della ragazza non c’era, ma gli era
sembrato di vedere quella di Max.
“Ma che diavolo ci fa qui, Evans?” si chiese ad alta voce e rifece il giro
parcheggiando l’auto in lontananza e scendendo per controllare a piedi.
Si fermò proprio vicino alla vettura sportiva che sapeva perfettamente
appartenere a Max, ma degli altri ragazzi dei Phantoms non c’era traccia.
Impossibile fossero con una unica vettura, in quella di Max ci stavano si e no
due persone e mezzo, riflettè Kyle. ‘Che abbia dei giri strani anche qui?’
pensò subito riferendosi ai furti che entrambi i gruppi mettevano in atto. In
quel momento sentì delle voci provenire dall’entrata del locale. Era lontano e
non vedeva bene i visi di quelle due figure, ma si stavano dirigendo al
parcheggio ed era meglio per lui correre al riparo. Si rimise al volante della
sua auto e controllò di nascosto i movimenti dei due individui. Vide che si
avvicinavano al punto in cui prima si trovava lui, vicino all’auto di Max, ma
ancora non riusciva a vedere i volti delle due persone. Poi, i due salirono in
auto e con sua somma sorpresa, vide che ad allontanarsi dal parcheggio era
proprio l’auto di Evans. Senza nemmeno sapere il perché, mise subito in moto
l’auto. Pensava che l’avrebbe beccato in uno dei suoi scambi loschi, ma invece
si ritrovò a meravigliarsi quando l’auto prese la strada di casa, direzione
Orlando. Continuò comunque a seguirlo, e secondo il suo parere, Liz non sarebbe
mai andata in un locale come il Breath. A lei piaceva ballare, scatenarsi al
tempo di musica, mentre là non c’era la pista da ballo, anche se servivano
della buona birra. Si mantenne a debita distanza dall’auto che seguiva e
ripercorse il tragitto che aveva fatto non molto tempo prima. Arrivati
nuovamente in città, vide che l’auto di Evans si fermava di fronte al bar di
Brad, che aveva visitato qualche volta per salutare l’uomo che conosceva da
molti anni. Kyle fermò l’auto più indietro e dall’altra parte della strada in
modo che potesse vedere, questa volta, chi scendeva dall’auto. I due si
attardavano, probabilmente stavano parlando e quindi Kyle diede uno sguardo in
giro. Fu così che notò, poco più avanti dell’auto di Max, la vettura di Liz.
Sul momento non collegò le due cose perché notò del movimento nell’auto che
aveva seguito. I due si stavano baciando. Dalla sua posizione non riusciva
ancora a vedere il volto della persona al fianco di quello che riteneva essere
veramente Max, la penombra glielo nascondeva, ma dalla posizione ravvicinata
dei due, intuiva che si stessero baciando. Qualche secondo dopo, la persona che
occupava il sedile anteriore del passeggero scese e Kyle rimase letteralmente a
bocca aperta. Era Liz che, lentamente, si avviò verso la sua auto. Un attimo
più tardi, Max scese anche lui dall’auto e la raggiunse, le afferrò una mano,
la girò verso di sé e la baciò. Kyle non riusciva a credere ai suoi occhi.
Quelli erano veramente Max Evans e Liz Parker che si baciavano. Non era
possibile. Non era assolutamente possibile! Kyle non sapeva cosa fare e
cominciò a pensare a come l’avrebbe detto a Michael. Già vedeva la faccia
dell’amico: prima attonita per la notizia e poi piena di rabbia e di voglia di
rompere la faccia al leader dei Phantoms. Non si trattenne oltre, ormai era fin
troppo chiaro chi fosse l’appuntamento di Liz e la cosa non gli piaceva per
niente. E più si allontanava dai due e più sentiva crescergli la rabbia in
corpo.
Liz scese a malavoglia dall’auto di Max. Non avrebbe voluto tornare a casa, ma
non poteva rimanere o avrebbe ceduto al suo istinto. Si avviò verso l’auto
recuperando le chiavi dalla borsetta che aveva con sé, le estrasse e stava per
aprire la serratura della portiera dell’auto. Nel frattempo sentì uno sportello
chiudersi e lei, con la coda dell’occhio, vide Max venirle incontro. Subito
dopo la mano di lui le afferrava un polso, la girava su sé stessa e la baciava
con passione. Liz non riuscì a resistergli, Max aveva un potere particolare e
molto forte su di lei a cui non sapeva contrapporsi. E a dire la verità, non
aveva neppure la voglia di combatterlo. Si abbandonò tra le sue braccia che la
accolsero volentieri e i due corpi si adagiarono alla portiera dell’auto. Le
mani di Max si muovevano sul suo corpo provocandole sensazioni e brividi
piacevoli. Le accarezzò delicatamente i seni e i fianchi, poi le mani
scivolarono fino a fermarsi sul fondo schiena accentuando la presa. La bocca di
Max si spostò sul collo di lei e Liz gemette di piacere sussurrando il suo
nome. Questo fece perdere ulteriormente la testa a Max, che inebriato dal suo
profumo riprese a baciarle la bocca con più passione. Quando furono costretti a
riprendere fiato, lui la strinse più forte a sé ed abbassò il viso fino
all’orecchio di lei:
“Vieni da me!” le sussurrò, la voce colma di desiderio. Questa volta non era
per niente disposto a lasciarla andare, non sarebbe riuscito a sopravvivere a
quella notte lontano da lei.
“Non posso!” sussurrò Liz, tentando di resistere all’eccitazione che li
avvolgeva.
Max alzò lo sguardo ed incontrò i suoi occhi: “Vieni da me!” ripetè
semplicemente e le baciò di nuovo le labbra. Nel bacio, le afferrò una mano e
lentamente la sollevò dall’auto a cui erano ancora appoggiati. Lasciò le sue
labbra, le guardò ancora gli occhi e senza aggiungere altro, tornarono insieme
alla macchina di Max.
Percorsero solo pochi metri e si ritrovarono a casa Evans. Si diressero alla
porta d’entrata e una volta dentro, lui le catturò nuovamente le labbra,
appoggiandole la schiena sulla porta appena richiusa. Nel riprendere fiato, Liz
ebbe un barlume di lucidità:
“Dov’è tua sorella?” chiese ansimante.
“Dorme da Zack!” fu la sua veloce risposta e riprese a baciarla.
In pochi minuti si ritrovarono in camera di Max e nel tragitto il ragazzo aveva
abbandonato alcuni indumenti di entrambi. Continuò a baciarla, ormai non
riusciva più a farne a meno, e la sospinse delicatamente sul letto. Senza
perdere il contatto con le labbra di Max, Liz si accomodò sul morbido materasso
attirando a sé il ragazzo.
Kyle continuava a guidare e più ripensava alle mani di Evans sul corpo di Liz,
più la rabbia cresceva d‘intensità. “Ma come ca**o faccio a raccontarlo a
Michael?!” diceva ad alta voce, come se parlasse con qualcuno. “Come diavolo
faccio, eh?” e più ci pensava e più si arrabbiava, e più si irritava e più non
sapeva se dirglielo subito o aspettare la mattina seguente. Non sapeva cosa
fare. Ad un certo punto, fermò l’auto a lato della strada, tirò il freno a mano
e mise la marcia in folle. Doveva riflettere o non sarebbe giunto a nessuna
conclusione.
Passò dieci minuti d’orologio fermo in chissà quale via di Orlando a pensare a
quello che doveva fare. Poi, finalmente, prese una decisione: “Andrò domani da
Michael!” e dopo un altro minuto, ripartì diretto verso casa sua.
Aveva combattuto contro l’istinto di correre da Michael per riferirgli tutto,
ma poi aveva pensato a Maria. Fu anche per lei che decise di rimandare tutto al
giorno dopo; la ragazza era legatissima a Liz e la notizia l’avrebbe sconvolta,
di questo ne era sicuro; non poteva presentarsi a quell’ora della notte e
lanciare una bomba del genere, il caos avrebbe regnato sovrano. In più,
Michael, aveva sicuramente bevuto parecchio quindi era meglio affrontare tutto
il giorno successivo, con la mente libera dai vapori dell’alcool, sperando che
Michael e lui stesso riuscissero a mantenere la calma.
La mattina dopo…
L’alba era appena spuntata in cielo quando Max aprì gli occhi. La prima cosa
che lo colpì fu il profumo di Liz tutt’intorno a sé, mentre il buio cominciava
ad allontanare le ombre della sua stanza. Poi si rese conto che stava
abbracciando un corpo e la sua testa non si trovava sul cuscino. Gli ci volle
qualche istante prima che il sonno gli permettesse di ricordare quello che era
successo la notte appena trascorsa e a quel punto, alzò improvvisamente la
testa e si assicurò che la persona sotto di lui fosse veramente Liz e non solo
il frutto di un bellissimo sogno. Si trovò ad emettere un sospiro di sollievo
quando vide il volto della ragazza ancora addormentata sotto al suo corpo e per
un lungo attimo continuò ad osservarla. Dormiva beatamente tra le lenzuola del
suo letto che li ricoprivano disordinatamente. Era una visione stupenda e
istintivamente riappoggiò il viso nello stesso punto di prima e strinse a sé
Liz. Rimase in quella posizione per un tempo che gli sembrò lunghissimo,
cullato dal respiro calmo e regolare della donna con cui aveva fatto l’amore.
Era la prima volta che vedeva l’alba del giorno dopo nel letto insieme ad una
ragazza. A dire la verità era la prima volta che portava una donna nel suo
letto, era più comodo andare a casa di una fanciulla e sparire subito dopo
essere stati insieme. Ma Liz… lei era completamente diversa; avrebbe voluto
svegliarsi sempre così, abbracciandola e poggiando il capo su di lei. Non le
interessava chi fosse la sua famiglia, lui la voleva ed era l’unica cosa che
importasse. Riflettè su quello che stava provando e se ne meravigliò: mai
nessuna era riuscita a colpirlo così come aveva fatto Liz. Accentuò leggermente
la stretta attorno al corpo della ragazza, la sentì muovere lievemente sotto di
lui ed alzò il viso per vederla risvegliarsi. Liz aprì piano gli occhi e la
prima cosa che vide fu il viso di Max che le sorrideva dolcemente. Liz ricambiò
il sorriso e Max le si avvicinò per baciarla:
“Ciao!” le sussurrò.
“Ciao!” ricambiò lei, la voce ancora avvolta nel sonno.
“Dormito bene?”
“Benissimo!” rispose e sorrise pensando alla notte appena trascorsa: “E tu?”
chiese.
“Mai dormito meglio!” affermò sicuro: “Facciamo colazione?”
“Meglio che vada a casa.” rispose lei accarezzandogli un braccio.
“Anche ieri sera volevi andare a casa e guarda dove siamo finiti.” disse lui
dandole un bacio sulle labbra.
“Appunto!” disse lei stirandosi languidamente.
Max fece scivolare una mano sul corpo della ragazza e le baciò il collo:
“Perché non ricominciamo da capo?” sussurrò mettendo, ancora una volta, alla
prova la forza di volontà di Liz.
“Vorrei ma…”
“Ma… cosa?” chiese lui continuando a baciarla.
“Questa volta… devo proprio andare!” rispose lei cercando di resistergli.
“Sei proprio sicura?” insistè lui.
“Smettila di tentarmi, Max!” disse lei cercando di allontanarlo da sé senza, in
realtà, volerlo fare.
Il ragazzo rise e pensò che se avesse insistito ancora un po’, lei avrebbe
ceduto, ma la giovane riuscì a sottrarsi al suo nuovo attacco e lo guardò con
aria sconsolata ma decisa:
“Davvero, Max. Devo proprio andare!”
“D’accordo!” disse lui rassegnato. “Ti vedo stasera?” chiese, pensando già al
momento in cui si sarebbero rivisti. Liz si alzò per rivestirsi e cominciò ad
indossare la biancheria intima lasciata a terra vicino al letto.
“Solito posto?”
“Perché non vieni direttamente qui?” rispose Max con un’altra domanda che aveva
tutta l‘aria di essere un‘affermazione, e subito dopo si alzò e si avvicinò a
lei intenta a raccogliere la gonna che indossava la sera prima.
“Direi che si può fare!” disse infilandosi l‘indumento. Max si avvicinò ancora
di più, le afferrò i fianchi e la baciò. Liz ricambiò e portò le braccia al
collo del ragazzo. Poi Max lasciò che finisse di vestirsi mentre lui indossava
un paio di boxer.
Nello stesso momento, dall’altra parte di Orlando…
“Cooosa?” gridò Michael. Kyle era andato da lui ed aveva appena finito di
raccontargli quanto aveva visto la sera precedente.
“Non ci credo! Devi esserti sbagliato!” continuò in tono furioso.
“Kyle sei sicuro che fosse proprio Liz?” chiese Maria che fino a quel momento
non aveva aperto bocca.
“Sì Maria, purtroppo sono più che sicuro!”
“Ma perché non l’hai fermata?” chiese ancora Michael. Era infuriato!
“Ma Michael, cosa avrebbe dovuto dirle?” disse Maria. Capiva che Michael era
accecato dalla rabbia e non ragionava razionalmente.
“Qualsiasi cosa, ca**o!” e prese a girare senza meta per la stanza. La sua
mente stava già pensando a come l’avrebbe fatta pagare a Max e allo stesso
tempo cercava di pensare a come avrebbe dovuto dirlo alla sorella. Era sicuro
che lei non era al corrente di nulla mentre Max, certamente, aveva preso tutte
le informazioni necessarie e l’aveva circuita per fare un torto a lui. ‘Certo,
venerdì sera è stato battuto da Lenny e lui si è preso la rivincita con mia
sorella!’ pensò in preda all’ira e più ci rifletteva sopra e più ne era
convinto.
Kyle e Maria continuavano a parlare tra di loro ma lui non li sentiva nemmeno.
Ma come aveva potuto sbagliarsi tanto su Evans? Non riusciva a spiegarselo. Non
si erano mai fatti dei torti l’uno con l’altro e l’aveva sempre reputato una
persona da rispettare e che, a sua volta, rispettasse lui. ‘Ma che diavolo gli
è venuto in mente?’ si chiese ancora.
Quando si trattava di Liz o di Maria, Michael era come un treno diretto che non
faceva fermate intermedie: andava dritto fino alla meta. E questo lo portava
anche a fare delle considerazioni errate, ma a lui non importava niente. Ora il
suo unico pensiero era quello di dover raccontare a Liz chi fosse Max Evans e,
in secondo luogo, pensare a come farla pagare a quel bastardo.
Cercò di calmarsi e di concentrarsi su Liz. Come gliel’avrebbe detto? Di certo
non sbraitando come un pazzo! Conosceva bene Liz e se avesse cercato di
spiegarglielo imponendole di non vederlo più non avrebbe ottenuto nulla se non
l‘effetto contrario. Fece un respiro profondo, si mise a sedere e guardò Maria:
“Parlo io con Liz…” e si rivolse a Kyle: “…poi penseremo a quello str***o!”
Kyle se n’era andato da poco quando Liz fece ritorno a casa:
“Ciao!” disse sorridendo.
“Ciao Liz!” la salutò il fratello con aria seria.
“Che c’è Michael?” chiese Liz allarmata dal tono e dall‘espressione del
fratello.
“Devo dirti una cosa!” esordì.
“Non vorrai mica farmi la predica perché ho dormito fuori, non è vero?” chiese
lei già pronta al confronto.
“No, ma dobbiamo parlare!”
“Michael, ti prego!” disse Liz scocciata.
“Si tratta di Max!” disse Michael e tacque un attimo per vedere la reazione
della sorella.
Liz non gli aveva mai detto il nome del ragazzo con cui si vedeva ed aveva
chiesto a Maria di fare altrettanto, almeno fino a che non fosse passato un po’
di tempo. “Te l’ha detto Maria, vero?“ chiese con calma.
“Maria non c’entra, ma so chi è Max Evans!”
“Evans?” ripetè Liz. Quel cognome era sconosciuto per lei e si chiedeva se
Michael stesse parlando del suo stesso Max o si stesse sbagliando con un’altra
persona.
“Non ti ha nemmeno detto come si chiama, quel bastardo!” affermò Michael, che
subito riprese: “Liz, avrai sentito parlare dei Phantoms, non è così?”
“Sì, Maria mi ha detto che sono i vostri rivali, ma ad essere sincera la cosa
non m’interessava molto!” ammise lei.
“Beh, Liz, Max Evans… il tuo Max… è il capo dei Phantoms!”
“Non è vero!” dichiarò fissando il fratello.
“E’ vero Liz!”
“Quindi mi stai dicendo che Max Evans, lo stesso Max con cui mi vedo, è il tuo
maggior rivale?” chiese incredula.
“Proprio così!” confermò il fratello.
La giovane rimase attonita per un secondo capendo perfettamente il perché
Michael si stesse comportando il quella maniera: nonostante la calma che
ostentava, Liz sapeva benissimo quanta ira ribolliva nel sangue del ragazzo.
Poi un pensiero le passò per la mente:
“E tu come fai a sapere che il Max con cui sono uscita è lo stesso Max Evans di
cui mi stai parlando?”
“Kyle ti ha vista ieri sera!”
“Cosa? Kyle mi ha vista? E dove, si può sapere?” chiese contrariata.
“Davanti allo Shadow Café!”
“E che diavolo ci faceva lì?” la ragazza cominciava ad alterarsi.
“Liz, la città è piena di strade frequentate da tutti ed ognuno può circolare.
Ti ha vista e basta!”
“Già certo, e la prima cosa che ha fatto è stata quella di venirti a riferire
tutto, non è vero?” rispose irritata.
“Prima o poi l‘avrei scoperto, Liz!”.
“D’accordo, ma perché non parlarne prima con me?” chiese la ragazza sempre più
alterata.
“Semplicemente perché ha ritenuto giusto dirlo a me, tutto qui!” rispose
Michael che continuava a mostrare una calma che non aveva.
“Ma certo, andiamo a raccontarlo prima al capo, perché sua sorella è una tale
scema da non capire certe cose!” disse Liz con sarcasmo.
“Non è per questo Liz!”
“Ah no? E quale sarebbe il motivo? Se avessi saputo chi era Max Evans, con
tutta probabilità lo avrei evitato. Credi che non ti conosca? Che non sappia
quali siano i tuoi amici e i tuoi nemici? Conosco la tua vita Michael, e so
anche dei furti che tu e gli Wizards mettete a segno mentre ti crogioli
nell’idea che io ne sia all’oscuro. Se ti fossi fidato un po’ più di me,
probabilmente tutto questo non sarebbe successo!”
Fu la volta di Michael a rimanere stupito. Non credeva che sua sorella fosse al
corrente dell’attività sporca dell’officina:
“E tu come fai…?” ma Liz lo interruppe:
“Beh, Michael, non ci vuole di certo un genio per capire che c’è qualcosa di
strano! Il tuo tenore di vita è troppo alto per il lavoro che fai e non sei
nemmeno tanto bravo a nascondere le tracce, ma non ho intenzione di dirti come
l’ho scoperto visto che mi hai sempre tenuto tutto nascosto!”
“D’accordo Liz!” disse Michael facendo intendere che non avrebbe indagato e
riportò l‘argomento su quello che più gli interessava: ”Quello che ti chiedo è
di non vedere più Max Evans!”
“Voglio una spiegazione migliore Michael!” disse Liz, non voleva che il
fratello le dicesse semplicemente cosa poteva o non poteva fare. Non le
bastava.
“Perché è il mio rivale. Perché tramite te vuole danneggiare me. Ti sta usando
Liz, come ha fatto con tutte le altre ragazze.”
“E perché lo starebbe facendo?” chiese non ancora soddisfatta.
“Invidia, rivalsa, ripicca… ci sono tanti motivi! Ma tu ti sei mai chiesta il
perché non ti avesse mai detto il suo cognome? Perché ha voluto tenerlo
nascosto? Perché sapeva chi eri, Liz, e ha voluto giocare con te. Sapeva che
l’avrei scoperto e che la cosa mi avrebbe ferito.”
“E’ tutto così assurdo!” esclamò Liz, ma le parole del fratello cominciavano a
fare breccia.
“Liz, pensaci. Cosa ti ha raccontato di sé? Ti ha mai detto che mi conosce? Ti
ha mai detto che anche lui corre nelle gare clandestine? Ti ha detto che
venerdì sera è stato battuto da Lenny?”
“No.” fu la semplice risposta di Liz, che cominciò a pensare alle tante domande
rivolte a Max lasciate in sospeso o a cui non aveva dato una risposta
esauriente. L’espressione di Liz si fece dubbiosa e Michael riprese a parlare:
“Allora è come dico io!” disse con sicurezza “Ti ha mentito solo per il puro
piacere di farlo e di usarti come piacevole mezzo per prendersi la rivincita su
di me!”
“Non è possibile!” disse incredula e si lasciò cadere su una sedia della
cucina. Le parole di Michael continuavano a ripetersi nella sua testa, mentre
sulla sua pelle c’era ancora il profumo di Max e il ricordo di una notte
fantastica. ‘Ora capisco il perché ci siamo sempre visti davanti al bar di Brad…
non poteva di certo venire a prendermi a casa!’ ripensò mentre il fratello la
fissava. Liz cominciava a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle e le parole
di Michael servivano da collante tra di loro. Ora tutto sembrava assumere una
forma completamente diversa.
“Mi dispiace Liz!” disse Michael inginocchiandosi di fronte a lei.
“Possibile che sia stata così stupida?”
“In parte è anche colpa mia, avrei dovuto avere più fiducia in te!”
Gli occhi di Liz si riempirono di lacrime e Michael l’abbracciò forte a sé.
“Passerà tutto, Liz, vedrai. Passerà anche questa!”
Liz trascorse il pomeriggio ad oziare e a riflettere su quanto Michael le aveva
raccontato quella mattina. Aveva pensato mille volte di prendere in mano il
telefono, chiamare Max e sfogare la rabbia e la tristezza che si erano
rinchiuse nel suo cuore. E per mille volte aveva rinunciato, perché non sapeva
se sarebbe riuscita a dirgli veramente quello che pensava. All’ora di cena Liz,
Michael e Maria si erano ritrovati a tavola nel più completo silenzio: anche
Maria, di solito molto chiacchierona, non sapeva di cosa parlare. Ad un tratto,
quando ebbero finito di mangiare, Liz ruppe il silenzio:
“Stasera esco!” disse e si alzò. Aveva finalmente deciso. Sarebbe andata al suo
appuntamento con Max e gli avrebbe detto in faccia quello che pensava, senza
nascondersi dietro al ricevitore di un telefono. La debolezza non faceva parte
del suo carattere e la forza che la distingueva era tornata in lei dopo un
momento di sconforto.
“E dove vai?” chiese Michael.
“Ti fidi di me?” chiese lei a sua volta.
“Sì!” rispose il fratello.
“Allora ci vediamo dopo!” e si chiuse in camera sua.
Michael sapeva perfettamente dove sarebbe andata sua sorella, ma non poteva
fermarla. Doveva lasciarla andare perché sapeva benissimo che sarebbe stata
peggio se non si fosse sfogata con la persona che le aveva causato quel dolore.
La cosa non gli piaceva per niente, ma non poteva bloccarla.
Dopo un paio d’ore, Liz uscì diretta a casa di Max.
Giunta davanti alla porta, Liz fece un respiro profondo e suonò il campanello.
Max aveva appena finito di farsi la doccia, si infilò velocemente un paio di
jeans e senza preoccuparsi di mettersi la T-shirt, andò ad aprire sapendo già
chi avrebbe trovato dietro la porta.
“Ciao! Vieni dentro!” la invitò senza dare troppo peso all’espressione seria di
Liz. Una volta entrata, Max richiuse la porta e si voltò verso di lei per
baciarla. Con una mossa rapida, Liz evitò di incontrare le sue labbra lasciando
Max stupito e dubbioso e prima che lui potesse parlare, lei lo precedette:
“Allora, come sta il nostro caro Max Evans?”
Il tono che aveva usato e il fatto che avesse detto il suo nome e il suo
cognome lo misero allarme… ‘Un momento, come fa a sapere il mio cognome?’ pensò
e si fece più serio.
“Che c’è Liz?”
“Credo tu sappia benissimo cosa c’è che non va, visto che so il tuo cognome e
tu non me lo hai mai detto!”
Max rimase spiazzato e capì che Liz sapeva tutto.
“Chi te lo ha detto?” chiese, sapendo già la risposta.
“Un certo Michael Guerin! Ti dice qualcosa questo nome? O il nome degli Wizards?
E vediamo se conosci anche i Phantoms!” Liz trattenne a stento la rabbia e
continuò a parlare in maniera contenuta, per quanto le fosse possibile.
“Liz, io…” ma lei non lo lasciò continuare:
“Dimmi, Max, odi così tanto mio fratello al punto di prenderti gioco anche di
me?”
“Non è così Liz!”
“Non è così, eh? Allora spiegamelo tu com’è! Spiegami il perchè non mi hai mai
detto chi eri, cosa facevi… perché lo hai tenuto nascosto?” chiese alterata.
“Di certo non per prenderti in giro!”
“Allora spiegami la ragione!”
Max rimase in silenzio perché non sapeva come spiegarle quello che lui stesso
aveva provato nello scoprire che lei era la sorella del suo rivale e quello che
provava per lei ora.
Nel vedere l’esitazione di Max, Liz riprese a parlare:
“Allora ha ragione mio fratello! Volevi divertirti un po’ con la sorella del
tuo rivale per poterti sentire migliore di lui, non è vero Max?” e lo guardò
negli occhi.
Lui ricambiò lo sguardo e la risposta fu secca: “NO!” e prima che Liz potesse
dire qualcos’altro continuò: “E ti dico un’altra cosa: tuo fratello ha un ego
talmente grande che è riuscito a farti credere che io uscissi con te per
arrivare in un certo modo a lui. Non credevo che Guerin fosse così patetico!”
“Per ora di patetici ne vedo solo uno e si trova proprio davanti a me!”
A quelle parole la calma di Max lasciò spazio alla rabbia. Afferrò il polso
della ragazza e quando la sua attenzione si pose pienamente su di lui riprese a
parlare:
“Non ti è mai venuto in mente che io potessi pensare che tu sapessi chi ero e
che fossi tu a volerti prendere gioco di me? Non ci hai mai pensato che io
avessi accettato lo stesso di uscire con te nonostante il rischio di tuo
fratello? Prova a vederla così: lui usa te per arrivare a me!”
“Ma che ca**o stai dicendo?” disse Liz sconcertata, e subito dopo si rese conto
che le parole di Max potevano avere un senso.
“Che c’è Liz?” chiese Max non appena vide Liz cambiare espressione: “La cosa ti
sembra sensata? In ogni caso l’unica che ci sta rimettendo sei tu: perdi me e
allo stesso tempo la fiducia per tuo fratello che ti ha insinuato un dubbio del
genere!”
“Io non ti ho mai mentito!”
La stretta di Max sul polso di Liz si rafforzò, l‘attirò più vicino a sé e la
guardò dritta negl’occhi: “Anch’io non ti ho mai mentito mentre ti baciavo, ti
accarezzavo e facevo l’amore con te! E credimi, in quei momenti tuo fratello
non era minimamente tra i miei pensieri!” l’irritazione ancora nella sua voce.
Liz si divincolò dalla presa di Max e stava per andarsene quando lui riuscì a
bloccarla contro la parete della stanza: “Dimmi Liz, tu mi mentivi in quei
momenti? Pensavi a quanto avresti fatto felice tuo fratello quando gli avresti
detto che mi stavi fregando? O era un tuo divertimento personale?”
Gli occhi di Liz si riempirono di lacrime che cominciarono a rigarle le guance:
“Non ti ho mai mentito, Max! Ho fatto l’amore con te perché lo volevo e non
certo per altri motivi! Dio, come fai a pensarle certe cose?” disse disgustata.
“E tu perché le hai pensate nei miei confronti?”
“Io credevo che…”
“Ti fidi troppo di Michael e hai creduto che anche questa volta ti dicesse la
verità, e invece si sbaglia di grosso! Non voglio pensare che lo abbia fatto
apposta, ma ti sta facendo stare male e io soffro come te!”
“Devo andare…” non poteva più rimanere lì, non ce la faceva.
“Liz…”
“Devo andare, Max!” disse di nuovo liberandosi dal ragazzo ed aprendo in fretta
la porta.
“Pensaci Liz!” riuscì a gridarle prima che lei entrasse in auto e partisse a
tutta velocità.
I giorni seguenti furono per Liz una vera tortura: da un lato credeva a
Michael, non l’aveva mai fatta soffrire e non l’avrebbe mai fatto
intenzionalmente. Allo stesso tempo le parole di Max erano sensate tanto quanto
quelle del fratello. Da qualunque lato la si guardasse, sia Michael che Max
avevano le loro ragioni. E lei? Cosa pensava? Era questo che non riusciva a
capire. Non sapeva chi dei due avesse ragione e non riusciva a farsi
un’opinione tutta sua. Rimase chiusa nella sua stanza per due giorni interi.
Solo Maria riusciva a farla parlare e a volte l‘aveva fatta anche sorridere.
“Non pensare con la tua testa, Liz… devi lasciarti guidare dal tuo cuore!” gli
aveva detto Maria. Già, ma da che parte andava il cuore? Verso Max? Oppure
verso Michael?
“Perché non provi a stare nel mezzo?” le aveva risposto Maria e Liz non aveva
smesso di pensare a quelle parole. Forse era veramente la cosa giusta da fare.
Il suo cuore la portava da entrambe le parti e forse era il caso di far
convivere insieme quei due tipi di amore che provava: da un lato l’amore per il
fratello, dall’altro l’amore per Max. Ma era vero amore quello per Max? Non lo
sapeva, ad ogni modo era un sentimento veramente grande se riusciva a lasciarla
tanto spiazzata. Aveva già sperimentato la forte attrazione per quel ragazzo,
ma c’era di più, qualcosa che andava oltre.
Dopo un paio di giorni, Liz decise che era il caso di riappacificarsi col
fratello, non poteva continuare ad evitarlo e comunque lui era la sua famiglia.
A poco a poco Liz riprese a parlargli, ma l’argomento ‘Max’ era severamente
vietato.
Dopo quel giorno, Max non l’aveva né più vista, né più sentita. Non sapeva cosa
fare. Ed era strano! Se si fosse trattato di un’altra ragazza non ci avrebbe
dato neanche il minimo peso e sarebbe passato a quella successiva in un batter
di ciglia. Ma Liz l’aveva stregato. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quella
ragazza aveva fatto colpo su di lui. Era la prima volta che gli capitava e non
sapeva esattamente come comportarsi.
Continuò il suo lavoro all’officina, cercando di far finta di niente, ma non
era così semplice. David si era accorto del suo cambiamento e anche senza
chiedere cosa fosse successo lo sostenne incondizionatamente.
Lasciò trascorrere ancora qualche giorno e poi, stanco di rimanere
nell’incertezza, prese in mano il telefono e cercò di contattarla. Lei non gli
aveva mai risposto, anzi vedendo sul display a chi apparteneva il numero,
spingeva direttamente il tasto per rifiutare la chiamata. Max provò a chiamarla
per un paio di giorni e più lei non rispondeva e più cresceva in lui la voglia
di vederla. Poi si decise a chiamarla con un altro telefono: forse così le
avrebbe almeno risposto. Ed ebbe ragione: la chiamò da una cabina telefonica
vicino a casa e, al terzo squillo, sentì la voce di Liz:
“Pronto?”
“Non chiudere la chiamata prima che ti abbia parlato” fu la prima cosa che le
disse.
“Non ho voglia di parlarti!” disse lei. Non era ancora pronta per affrontarlo.
“Ti chiedo solo di ascoltare!”
“Max…” disse lei con tono infastidito.
“Ti voglio vedere!” affermò lui con decisione.
“No!” fu la secca risposta di Liz.
“Stasera verrò al Dragon Fly!”
“No! Tu non ci verrai!” gli ordinò.
“Non puoi impedirmelo Liz!”
“Non venire!”
“Ci vediamo stasera!” e Max chiuse la telefonata. Aveva deciso. Voleva riaverla
e non si sarebbe fermato davanti a nulla. E pur di soddisfare la sua volontà,
sarebbe andato nella tana del leone.
Proprio quella mattina, Maria era riuscita a farsi promettere da Liz che la
sera sarebbe andata con lei, Michael e gli Wizards al Dragon Fly ed ora Liz si
ritrovava nuovamente in una posizione spiacevole. Non voleva che Michael
sapesse le intenzioni del suo rivale, era già preoccupata del fatto che Max
potesse mostrarsi al Dragon Fly con tutti gli Wizards presenti, e allo stesso
tempo non voleva rimangiarsi la promessa che aveva fatto a Maria. Tentò
comunque di trovare una scusa per non andarci, ma l’amica non ne volle sapere
e, aiutata da Michael, la trascinarono fuori di casa.
Passò tutta la serata in tensione, restando a sedere al suo posto senza mai
alzarsi. Tenne ben controllata l’entrata del locale e ad ogni persona che
vedeva entrare con una giacca di pelle, il fiato le si fermava in gola. Arrivò
il momento che il locale prese a svuotarsi e Liz cominciò lentamente a
rilassarsi sulla sedia. ‘Ormai non verrà più! Tra non molto chiuderanno il
locale e questa terribile serata potrà essere archiviata!’ pensò tra sé e sé e
si sentì più sollevata.
Riuscì finalmente ad alzarsi e ad andare al bancone; era stata talmente in
tensione che si era completamente dimenticata anche di salutare il barista.
Ordinò da bere e dopo aver scambiato due parole con il giovane che l’aveva
servita, tornò al tavolo per godersi quello che rimaneva della serata con i
suoi amici. Rimase a sedere a sorseggiare la sua bevanda quando Maria le chiese
di accompagnarla alla toilette, Liz accettò e le due ragazze si allontanarono
dal tavolo. I ragazzi avevano notato lo strano comportamento di Liz, ma non
avevano chiesto nulla e Matt ne aveva approfittato per cercare di farsi avanti
con lei. Povero ragazzo, aveva scelto un brutto momento: lui aveva finalmente
trovato il coraggio di parlarle e Liz sembrava su di un altro pianeta.
“Ma cos’ha Liz stasera? E’ così strana!” chiese Lenny rivolto a Michael.
“E’ vero, è stata a sedere tutta sera senza quasi aprire bocca!” ribadì Roy.
Michael un’idea ce l’aveva, ma secondo lui c’era qualcos’altro che preoccupava
la sorella e non riusciva a capire cosa fosse, tuttavia, dopo alcuni minuti,
pensò di aver trovato la risposta. In quel preciso istante, infatti, Max fece
il suo ingresso al Dragon Fly e i pochi clienti rimasti ancora nel locale
rimasero stupiti e paralizzati al loro posto. Nessuno dei Phantoms, prima
d’ora, si era mai presentato nel locale degli Wizards, tantomeno Max Evans.
Michael lo vide con la coda dell’occhio: “Adesso credo di capire cosa avesse
Liz!” disse ai ragazzi al tavolo con lui; improvvisamente si rabbuiò in viso e
fece cenno col capo in direzione dell’entrata. I ragazzi non capirono perché
Michael avesse risposto in quel modo e si voltarono nella direzione indicata.
Quando anche loro videro il nuovo cliente, rimasero esterrefatti e ancora più
spiazzati dall‘affermazione di Michael.
Passò un intero minuto nel silenzio più assoluto, fatta eccezione per la musica
che ancora suonava in sottofondo. Tutti i presenti, se pur pochi, erano rimasti
di sasso ed erano curiosi di sapere il perché il leader dei Phantoms si era
permesso di entrare nel loro locale. Anche Michael era rimasto stupito, ma
doveva affrontare la questione. Sicuramente il ragazzo aveva mostrato fegato
venendo lì e sapeva benissimo cosa implicasse questo gesto.
“Che ca**o ci fa qui?” chiese Lenny rivolgendosi a Michael che alzandosi in
piedi gli rispose: “Ora lo scopriamo!” e si allontanò leggermente dal tavolo.
Dal canto suo, Max, si fece avanti e mosse qualche passo in direzione del
rivale. Ora li separavano solo pochi metri.
In quello stesso momento, Liz e Maria uscirono dal bagno e la scena che si
presentò ai loro occhi fu raggelante. Liz aveva pensato troppo presto che Max
avesse rinunciato a venire al Dragon Fly e la tensione che le aveva
attanagliato lo stomaco per tutta la sera ritornò in un batter d’occhio. Voleva
gridare, ma la voce non le usciva. Stava per andare incontro ai due ragazzi, ma
la mano di Maria la trattenne. Sembrava di essere gli spettatori di un duello,
con i contendenti uno di fronte all’altro, pronti ad estrarre la pistola
cercando di sparare per primi e rimanere così illesi. Per Liz era lo spettacolo
più orribile a cui potesse assistere: i due uomini che amava di più affrontarsi
a viso aperto.
“Cosa sei venuto a fare Evans?” esordì Michael con voce sicura.
“A sistemare una cosa e a riprendermi Liz!” rispose l’altro con altrettanta
sicurezza.
Michael sorrise come a volerlo prendere in giro: “Della prima se ne può
parlare…” e si rifece serio: “…ma scordati mia sorella!”
Liz fece un altro tentativo di frapporsi ai due, ma ancora una volta Maria la
trattenne. Roy, Lenny e Matt si guardarono in faccia ad uno ad uno: avevano
veramente capito bene? Evans era venuto a riprendersi la loro Liz? La cosa era
semplicemente inconcepibile! Matt fece l’atto di affiancarsi a Michael, ma
subito Kyle lo riportò al suo posto. Il ragazzo lo guardò con aria offesa e
meravigliata allo stesso tempo, ma l’espressione di Kyle non dava spazio a
nessun tipo di obiezione.
“Non vuoi proprio capire, vero Guerin?” per Max il fatto di essersi presentato
nel loro ‘covo’ valeva più di mille parole e Michael lo sapeva bene. Per quelli
cresciuti come loro certe cose non avevano bisogno di essere espresse a parole,
parlavano i fatti.
“Non c’è nulla da capire, devi solo andartene!” rispose Michael in modo
categorico. Si rifiutava di accettare il fatto che Max fosse venuto da loro per
Liz. Questo voleva dire che ci teneva a lei, non era una delle tante, ma non lo
sopportava.
“Me ne vado… ma con Liz!” e le rivolse lo sguardo.
“Tu non devi nemmeno guardarla!” disse Michael accecato dalla rabbia e coprì la
poca distanza che lo separava da Max scagliandogli un pugno in pieno viso,
mancando il naso per pochi millimetri. La reazione di Max non si fece attendere
e ricambiò il rivale con un gancio destro vicino al labbro. Il colpo li divise
ma bastò un’occhiata l’uno verso l’altro per far sì che si riavvicinassero per
continuare la lotta appena cominciata.
La situazione stava letteralmente precipitando e Liz non voleva. Si sentiva già
tremendamente in colpa e non voleva trovarsi sulla coscienza anche una rissa
finita male. Questa volta intervenne e Maria non la fermò.
Liz accorse in mezzo ai due che stavano per sferrarsi un altro cazzotto, ma non
appena la videro, i giovani riuscirono a fermarsi in tempo.
“Vattene Liz!” le gridò il fratello.
“Smettetela!” gridò lei a sua volta.
“Sì Liz, lasciaci finire!” disse Max non togliendo lo sguardo dall’avversario.
“Va bene, allora! Ammazzatevi pure se questo vi fa sentire meglio, ma
ricordatevi che io non appartengo a nessuno! Né a te…” disse rivolta a Max:
“…né tantomeno a te!” rivolta al fratello. “Sono stufa di questa rivalità,
voglio vivere la mia vita scegliendo da sola le persone da frequentare!” finì
alterata. Poi afferrò la giacca lasciata su di una sedia vicina, prese le
chiavi dell’auto dalla tasca e si avviò all’uscita.
“Non aspettatemi, perché non tornerò presto!” ed uscì dal locale.
Max abbandonò l’intento di picchiare Michael e si voltò per seguire Liz.
Michael fece altrettanto, entrambi raggiunsero la porta, ed uscirono
all’esterno giusto in tempo per vedere Liz partire a tutta velocità con la sua
vettura.
“Me**a!” sbottò Michael rabbioso e si girò per rientrare con l’intento di
prendere le chiavi della sua auto e seguirla. Max ebbe lo stesso pensiero e
fece un passo verso la sua vettura, ma Maria li fermò entrambi:
“Fermi dove siete!” intimò.
I due si girarono per guardarla e lei, avendo la loro attenzione, continuò:
“Siete contenti ora? Dovreste esserlo, visto che siete alla pari: nessuno dei
due ha Liz!”
“Devo andare da lei Maria!” le disse Michael.
“Nessuno di voi due l’andrà a cercare!” impose nuovamente “E conoscendo Liz,
non si farà trovare! Ora non vi rimane altro che aspettare che ritorni e
sperare che lo faccia presto!” detto questo, Maria rientrò nel locale e chiese
a Lenny di riportarla a casa.
Max e Michael, rimasti fuori, si guardarono per un attimo in faccia: quello che
aveva detto Maria era vero, avrebbero dovuto risolvere la questione mentre
invece l’avevano solo peggiorata. E per di più Liz se ne era andata.
Michael guardò un’ultima volta Max e senza dire una parola si girò per
rientrare. Max si avviò verso l’auto, vi salì e partì a tutta velocità per
cercare di raggiungere Liz. Non sapeva dove fosse andata e cominciò a vagare
per la città alla sua ricerca. Dopo alcune ore senza trovarne traccia, Max
fermò l’auto a lato di una delle tante strade che aveva percorso quella notte e
rimase lì, a sedere, per alcuni minuti a ripensare nuovamente a quello che era
successo quella sera. Si passò un mano sulla guancia dove Michael l’aveva
colpito, poi innestò nuovamente la marcia e si diresse verso casa.
Liz guidò per tutta la notte arrivando verso l’alba in un motel sulla strada
oltre Sanford. Era esausta e gli occhi non riuscivano più a stare aperti. Entrò
nel parcheggio e posteggiò l’auto lontana dalla strada, nascosta dietro ad
alcuni alberi. Poi scese e si avviò all’ingresso. Una donna sulla sessantina
l’accolse, le diede la chiave di una camera e l’accompagnò fin davanti alla
porta. Quando Liz fu dentro, si chiuse a chiave e si buttò sul letto. La
stanchezza era tanta che riuscì a malapena a togliersi la giacca e le scarpe,
si infilò sotto le lenzuola e si addormentò. Le immagini di quanto era accaduto
al Dragon Fly quella sera erano state le sue compagne di viaggio e le rivisse,
attimo per attimo, nei sogni tormentati di quella notte.
Michael raggiunse casa dopo aver vagato, anche lui, per le strade della città
per alcune ore. Si avviò in camera ma trovò la porta chiusa. Maria era talmente
arrabbiata con il ragazzo che non voleva nemmeno averlo vicino quella notte e
si era rinchiusa nella stanza. Il giovane bussò varie volte alla porta,
incurante dell’orario, insistendo perché Maria aprisse; era quasi tentato di
buttarla giù a spallate, ma per fortuna riprese il controllo di sé stesso.
Provò ancora, ma Maria si rifiutava addirittura di rispondere. Si arrese e si
andò a sedere sul divano del soggiorno che gli avrebbe fatto da giaciglio per
la notte.
Max rimase steso sul suo letto, con le mani sotto la nuca, a guardare il
soffitto fino all‘alba. Pensò e ripensò a quanto era accaduto quella sera e la
cosa che più lo aveva colpito era stato quello che Liz aveva detto e la sua
espressione. Sarebbe stato tutto più semplice se Michael non avesse voluto
intenzionalmente rifiutare il suo gesto di presentarsi da lui, esprimendo in
questo modo l’importanza di Liz, ma sapeva fin dall’inizio che sarebbe finita
in una rissa. Quello che non si aspettava, invece, era la sparizione di Liz.
Aveva provato a telefonarle, ma la ragazza aveva spento il telefono, così non
gli rimase altro che rimanere steso sul letto, con la testa sul cuscino ancora
intriso del profumo della giovane, fino a che, senza accorgersene, si
addormentò.
I due giorni seguenti furono un vero inferno. Liz non si era ancora fatta
sentire e Michael era seriamente preoccupato. Maria era in ansia e continuava a
provare di contattare l’amica ma senza risultati. Michael aveva già fatto il
giro della città un paio di volte, aiutato da Kyle e dagli altri ragazzi, ma di
sua sorella non c’era traccia.
Max era nelle stesse condizioni. Aveva spiegato a David cos’era successo ed
insieme avevano perlustrato la città in cerca di Liz senza trovare nulla.
Provava a chiamarla al cellulare, ma la giovane continuava a tenerlo spento.
Stava impazzendo e si sentiva tremendamente in colpa. Forse non avrebbe dovuto
presentarsi al Dragon Fly: lui l’aveva fatto per dimostrare al suo rivale che
teneva a Liz, ma l’altro gli aveva negato quella possibilità. Il pugno sulla
guancia era solo un ricordo, ora l’unico dolore presente nel cuore era la
lontananza da Liz; in più il fatto di non sapere dove fosse, lo metteva in
ansia.
Alle sei di mattina del terzo giorno, Max sentì suonare alla sua porta. Dopo
aver passato quasi tutta la notte insonne, si era addormentato da poco e sul
momento non riuscì a capire cosa fosse e da dove provenisse quel suono che
aveva sentito, ma il secondo squillo più prolungato lo ridestò del tutto. Si
alzò dal letto vestito solo dei boxer e mentre si dirigeva alla porta, afferrò
la T-shirt che aveva lasciato in camera. L’infilò nel tragitto verso l’entrata
e quando l’ebbe indossata aprì finalmente la porta. I suoi occhi non erano
preparati alla luce che, anche se non ancora forte, si richiusero quasi
istantaneamente oscurandogli la persona che attendeva davanti alla porta. Li
riaprì lentamente, cercando di mettere a fuoco l’ombra che aveva di fronte e
quando finalmente riuscì ad avere l’insieme della persona rimase letteralmente
senza parole. La figura davanti a lui non disse nulla e continuò a guardarlo
fisso negl’occhi, fino a che Max non trovò la voce:
“Liz!” disse quasi in un sussurro e d’istinto l’abbracciò.
La ragazza non si ritrasse e, dopo qualche secondo, ricambiò l’abbraccio del
giovane. Trascorsero alcuni istanti poi Max la fece entrare e tornò a
riabbracciarla:
“Dove sei stata?” disse guardandola negli occhi.
“Fuori città. Io… avevo bisogno di stare sola!”
“Ero preoccupato!” le rivelò e lo sguardo di Liz s’intenerì.
“Sul serio?” chiese lei per conferma.
Il ragazzo non le rispose a parole, ma le prese il viso tra le mani e la baciò
teneramente come non aveva mai fatto in vita sua. Liz si lasciò trasportare da
lui, dal suo bacio, dalle sue mani che lentamente scivolavano sui suoi fianchi
per stringerli con più decisione ed avvicinarla al suo corpo. Poi il bacio si
fece più profondo e Liz si ritrovò immersa nella magia che solo Max Evans
sapeva fare. Perse completamente il tempo, il luogo e tutto quello che era
venuta a dirgli, rapita da lui e dal calore che il suo corpo emanava.
Per Max era sufficiente la risposta della ragazza al suo bacio. Non lo stava
allontanando, anzi, ricambiava con altrettanta passione. Questo voleva dire che
Liz gli credeva, che aveva capito che teneva a lei e che la loro relazione non
aveva niente a che fare con la storia della rivalità con Michael. Ed era venuta
da lui.
“Mi sei mancato!” affermò lei quando si divisero per riprendere fiato.
“Anche tu mi sei mancata!” ammise. Nessuna ragazza gli era mai mancata tranne
Liz.
“Quando sei venuto al Dragon Fly ho capito che facevi sul serio!”
“Allora perché sei sparita?” chiese lui guardandola negli occhi.
“Dovevo riflettere… su di te… su di noi!”
“E Michael?”
“E’ mio fratello e gli voglio bene incondizionatamente, ma sono venuta prima
qui!”
Max tornò a baciarla con foga e la sospinse contro la parete a pochi centimetri
da loro. Le sue mani la strinsero a sé e Liz portò le sue sotto la T-shirt che
il giovane aveva indossato poco prima. Per Max quel gesto fu sufficiente ad
aumentare la sua passione e cominciò a sbottonare la camicetta che Liz
indossava.
Dopo pochi minuti si spostarono in camera del ragazzo e, una volta sul letto,
fecero l’amore. Trascorso qualche tempo, Liz si addormentò fra le sue braccia e
Max capì perfettamente che non avrebbe più potuto fare a meno di lei. Ma c’era
ancora una questione in sospeso e doveva affrontarla subito. Muovendosi
delicatamente, lasciò Liz sola nel letto e si diresse in soggiorno. Rovistò
all’interno della sua borsetta ed estrasse il cellulare che fortunatamente era
acceso. Cercò un numero in particolare all’interno della rubrica e, quando lo
ebbe trovato, schiacciò il pulsante per effettuare la chiamata. La risposta fu
immediata:
“Liz! Dove ti trovi? Stai bene?” una voce maschile rispose concitatamente.
“Sono Max!” rispose lui. Dall’altra parte del telefono ci fu un attimo di
silenzio e lui ne approfittò: “Michael, Liz è con me e sta bene!”
“E così è venuta prima da te!” disse Michael in tono rassegnato anche se
infastidito: “Perché mi hai chiamato? Per vantarti o…”
“Solo per avvertirti Michael!” rispose Max con calma: “Anch’io ho una sorella e
se fosse sparita mi farebbe piacere che tu mi telefonassi se avessi qualche
notizia!”
“C’è solo una piccola differenza…” cominciò Michael: “Io non vado a letto con
Isabel!”
“Questo è vero, ma solo perché non vi amate!” le parole gli uscirono di bocca
con una facilità tale che se ne meravigliò lui stesso.
Michael, dall’altra parte del telefono, rimase in silenzio, anche lui colpito
da quella frase. Erano così simili quei due che Michael si rese conto di cosa
voleva dire, per Max, ammettere una cosa del genere proprio a lui. E poi pensò
a Liz che si era recata dal ragazzo senza nemmeno avvertirlo che era tornata e
stava bene. Non poteva continuare ad ignorare quello che ormai c’era fra sua
sorella e il suo rivale, doveva affrontare la cosa:
“Credo che dobbiamo parlare noi due!” disse finalmente.
“Lo credo anch’io!” concordò Max.
“Riaccompagnala a casa!” gli disse lasciando intendere che ne avrebbero parlato
subito, senza rimandare oltre.
“Arriviamo non appena si sveglia!” e con questo i due chiusero la
comunicazione.
Max rimise il telefono nella borsa di Liz e quando si girò per tornare in
camera dalla ragazza, lei era in piedi, in soggiorno, alle sue spalle con
addosso una delle sue T-shirt.
“Hai chiamato Michael, non è vero?” chiese lei che aveva seguito la
conversazione, ma voleva sentirselo dire da lui.
“Sì!” ammise il ragazzo senza timore.
“Grazie!” disse semplicemente Liz e lo abbracciò. Poi tornò a guardarlo in viso
senza staccare le braccia da lui: “Andiamo subito?” chiese lei, lasciando
intendere che non era ancora pronta.
“Voglio tenerti ancora per me!” rispose lui e baciandola la riportò in camera.
Un paio d’ore dopo, Max e Liz si trovavano di fronte alla porta di casa di lei.
La ragazza rivolse un ultimo sguardo al giovane al suo fianco, poi infilò le
chiavi nella serratura ed aprì.
Non appena la porta fu aperta, Maria accorse per abbracciare Liz che non ebbe
nemmeno il tempo di entrare in casa:
“Mi hai fatto stare in pensiero!” la rimproverò.
“Mi dispiace Maria!” si scusò la giovane.
“Entrate!” esordì Michael con tono serio, ma quando Liz gli si avvicinò, il suo
sguardo si addolcì leggermente e i due si abbracciarono.
“Ti voglio bene Michael!” gli sussurrò Liz.
“Anch’io te ne voglio!” ricambiò il fratello. Una volta sciolto l’abbraccio con
la sorella, Michael rivolse lo sguardo a Max. Liz e Maria si scambiarono
un’occhiata e quest’ultima fece cenno col capo a Liz di seguirla nell’altra
stanza, lasciando soli i due rivali.
I ragazzi continuarono a guardarsi per alcuni istanti senza dire una parola; in
realtà nessuno dei due sapeva come cominciare e cosa dire esattamente.
“Non avrei mai pensato che Liz si innamorasse proprio di te!” esordì finalmente
Michael.
“E io non pensavo proprio di innamorarmi di tua sorella!” disse guardandolo
fisso negli occhi, senza provare vergogna ad esprimergli i suoi sentimenti.
“Pensavo che la volessi solo prendere in giro, e invece… mi sbagliavo!” Anche
per Michael non era facile esprimere alcune cose, ma sentiva che gli doveva
delle scuse. Era stato lui a travisare tutto, a complicare tutta la situazione
e ora, insieme a Max, voleva porre rimedio.
“Mi dispiace!” disse tutto d’un fiato.
“Anch’io ti devo delle scuse!” affermò Max: “Avrei dovuto dire subito a Liz chi
ero, ma… non ce l’ho fatta! Volevo vedere se fra noi due poteva veramente
esserci qualcosa.”
“Ed hai avuto ragione!” constatò Michael.
“Sì!” e rimase un attimo in silenzio prima di parlare nuovamente: “Pensavo che
presentandomi da te al Dragon Fly, l’altra sera, avresti capito, ma…”
“Avevo capito benissimo, solo non lo volevo accettare!” rispose lui
onestamente.
“Ho sempre avuto molto rispetto verso di te, Michael, e sapevo che tu ne avevi
nei miei confronti, ma non pensavo che mi odiassi!” disse Max. La cosa lo aveva
sorpreso e, in certo senso, anche ferito: non pensava che Guerin, oltre alla
rivalità tra loro due, nutrisse anche un sentimento di ostilità.
“Non ti ho mai odiato, Max!” rispose sempre onestamente: “Solo che…”
“…non volevi che toccassi tua sorella!” finì la frase Max.
“Perché? Tu saresti stato contento se io avessi messo gli occhi su Isabel?”
“Beh, mi avrebbe dato fastidio, non lo nego!”
“Allora sai perfettamente quello che ho provato! Tengo molto a Liz, e speravo
che si allontanasse dal mio mondo… dal nostro mondo… volevo qualcosa…”
“… di meglio!” lo anticipò nuovamente Max e i due continuarono a guardarsi in
faccia.
Era vero, Michael aveva sempre sperato che Liz scegliesse un’altra vita, che
non rimanesse invischiata in quel suo ambiente fatto di auto, furti e gare
clandestine.
Ad un tratto Michael sorrise lasciando Max spiazzato:
“Che c’è da ridere?” chiese il ragazzo.
“Il fatto che Liz non solo non si sia allontanata da tutto questo, ma che abbia
addirittura scelto una persona tale e quale a me!”
Max sorrise a sua volta: “Allora sei stato tu il cattivo esempio!” il clima
sembrava essersi alleggerito tra i due che continuarono a sorridersi.
Poco dopo tornarono seri e senza aggiungere altro, Michael allungò la mano a
Max che l’afferrò e la strinse con decisione.
“Ricordati…” disse Michael: “…se la farai soffrire, dovrai vedertela con me!”
lo minacciò.
“Lo terrò a mente!”
Qualche sera dopo…
Liz suonò alla porta di Max. Era uscita prima del solito ed era andata
direttamente a casa sua. Dopo alcuni istanti, sentì la porta aprirsi ma non si
trovò davanti Max come si aspettava.
“Ciao!” disse alla ragazza bionda che aprì la porta.
“Immagino che tu sia Liz!” rispose lei senza sorridere.
“Sì, sono Liz!” affermò.
“Vieni, entra!” disse la giovane scostandosi per farla passare. Una volta
dentro, richiuse la porta e si rivolse ancora alla nuova arrivata.
“E così… tu sei Liz!” ripetè nuovamente.
“Sì!” riconfermò lei iniziando a sentirsi a disagio.
Improvvisamente la ragazza le sorrise e le allungò la mano:
“Piacere, io sono Isabel!”
“Piacere!” contraccambiò Liz, stringendo la mano che le veniva tesa.
“Sono contenta di conoscerti! Sei la prima ragazza che vedo entrare in questa
casa!”
“Sul serio?” chiese Liz con stupore.
“Già! Devi proprio aver fatto colpo su Max se sei qui e continuate a vedervi!”
disse invitandola a sedere.
“Beh… io…” Liz non sapeva cosa dire.
“Sono contenta!” disse Isabel, anche lei come il fratello era alquanto diretta:
“Finalmente un’altra ragazza in mezzo a questo branco di uomini!” e rise
contagiando anche Liz che finalmente si sentì più a suo agio.
“Max arriva subito, sta facendo la doccia!”
“In realtà sono un po’ in anticipo!” disse Liz.
“Immagino che mio fratello ti avesse dato appuntamento per un orario in cui io
non sarei stata più a casa!”
“E invece io sono arrivata prima!”
“Già! l’abbiamo fregato!” e rise nuovamente.
“Vedo che vi siete già conosciute!” le interruppe Max, apparso nel soggiorno
ancora con i capelli bagnati.
“Da quello che mi diceva Isabel, sembrava non fossi intenzionato a farci
incontrare!” lo stuzzicò Liz.
“Credo che Liz abbia ragione!” affermò Isabel, dando man forte alla ragazza.
“Ecco perché non volevo che vi vedeste… vi conoscete da due minuti e già vi
siete alleate contro di me!” disse Max fingendosi serio.
“Beh, guarda, se vuoi che continui a vedere Tess basta solo che tu lo dica!” lo
minacciò Isabel scherzando.
“Ti prego, non nominarla nemmeno!” disse Max disgustato. Solo il nome lo
indisponeva.
Isabel ridacchiò, poi si alzò in piedi: “Ora devo andare!” disse guardando
l’orologio e Liz si alzò a sua volta: “Mi ha fatto davvero piacere conoscerti.
Spero di vederti presto!” riprese Isabel allungando nuovamente la mano alla
giovane.
“E’ stato un piacere anche per me!” e le strinse la mano.
Poi Isabel afferrò la sua giacca e la borsa ed uscì di casa.
Rimasti soli, Max si avvicinò a Liz e la salutò con un bacio che lei fu più che
contenta di ricambiare. Poi lo guardò negli occhi e si fece seria:
“Allora, chi è Tess?” chiese alzando un sopracciglio.
“Ti prego, non roviniamoci la serata parlando di lei!” disse e la baciò
nuovamente.
“Ma chi è?” continuò Liz.
“Una rompiscatole antipatica e fastidiosa!” disse con disprezzo, “Contenta?” e
le afferrò una mano con l’intenzione di trascinarla in camera sua.
“Ne parli come di una che ti fa il filo!” continuò Liz, che ormai ci aveva
preso gusto.
“Liz…” disse Max lanciandole un’occhiata per metterla in guardia.
“E’ così?” Insistette nuovamente Liz ridacchiando.
“L’hai voluto tu!” la minacciò e la prese in braccio mettendosela in spalla e
tenendola per le gambe, lasciando che le braccia e la testa della giovane
penzolassero contro la sua schiena.
“Ti prego, Max! Mettimi giù!” disse appoggiando le mani contro la schiena del
ragazzo.
“Te la sei cercata!” disse lui ridendo e continuando la sua strada verso la sua
camera.
Non appena arrivò, depositò Liz sul letto ed un secondo dopo appoggiò il suo
corpo sopra quello di lei e la baciò.
“Non ho voglia di parlare di lei!” disse Max quando si scostò dalla labbra di
Liz: “Anzi, non ho proprio voglia di parlare!” continuò: “Voglio solo fare
l’amore con te!” e riprese a baciarla mentre Liz si abbandonava totalmente a
lui.
Si addormentarono a tarda notte, l’una nelle braccia dell’altro, finalmente
senza più dubbi e senza più pensieri a tormentare le loro vite. Erano due metà
che si erano finalmente trovate ed unite e non si sarebbero più lasciate.
Scritta
da Taty |