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RAPITA


RIASSUNTO: Liz è la figlia di un ricco industriale e Max, per vendicarsi del padre di Liz, la rapisce.

DATA DI CREAZIONE: dal 20/07/04 al 21/07/04

ADATTO A: tutti

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La mia e-mail è rapiro84@libero.it


- Liz scendi, è pronta la colazione! – urlò Nancy Parker dalle scale.
- Arrivo subito – rispose Liz.
Un altro giorno era iniziato. Liz aveva 24 anni e lavorava come biologa in uno dei più importanti centri di ricerca dell’America, nonostante non avesse alcun bisogno di lavorare. La sua famiglia, infatti, era nota in tutta America grazie all’impero economico che suo padre aveva creato: le ditte “Parker&Co” erano disseminate in tutto il mondo. A Liz però non importava il denaro della sua famiglia; lei voleva essere indipendente, lavorare e guadagnarsi il rispetto degli altri solo con le proprie forze.
Liz scese in cucina, per trovarvi solo la madre e Claudia, la fidata governante. Ecco il lato negativo di avere un padre tanto importante: non c’era mai. Lui aveva assicurato alla sua famiglia stabilità economia e rispetto, ma poco affetto. Era sempre in giro per il mondo per affari e non aveva mai avuto tempo di interessarsi alle sue figlie, non aveva tempo per niente che non fosse il suo lavoro.
Da quando sua sorella Isabel si era sposata con Alex Whitman, Liz era ancora più sola. Sua sorella era sempre stata anche la sua migliore amica e ora non poteva più sedersi con lei alla sera e confidarsi, non poteva più andare a dormire con lei quando faceva un brutto sogno e non aveva più nessun altro con cui condividere la sua solitudine. Ora Isabel aveva la sua famiglia e non sentiva più la mancanza del padre, ma per Liz il dolore era triplicato. Ora, oltre ai suoi colleghi e qualche amico del college, aveva solo sua madre e Claudia. Si era resa conto di aver commesso un errore quando era ancora un’adolescente: si era concentrata solo sullo studio senza legare veramente con nessuno, e ora si ritrovava sola. Certo, aveva coronato il suo sogno di ricercatrice, ma la sua vita sociale era un disastro!
- Cos’hai Liz, mi sembri triste – le disse la madre.
- No, va tutto bene, è che mi sento sola senza Izzy –
- Lo so tesoro, è lo stesso per me. Chissà che inferno sarà la mia vita quando anche tu te ne andrai –
“Non me ne andrò mai” pensò Liz con rammarico. Nessun ragazzo si sarebbe interessato a lei, troppo semplice e timida per essere notata. Non riusciva ancora a capire come Isabel potesse essere tanto diversa da lei: bella, appariscente, intraprendente, estroversa, sempre circondata da amici e ammiratori. Nessuno avrebbe mai pensato che fossero sorelle.
Finì la colazione, salutò e uscì per immergersi nel suo vero mondo, nell’unico posto in cui si sentiva serena: il laboratorio.

- Max, tesoro, cosa stai facendo già sveglio? – chiese Maria al suo ragazzo. Stavano insieme da qualche mese ma, dato che Max non aveva altro posto in cui andare, vivevano insieme.
- Non riuscivo a dormire –
- Ancora incubi? – chiese Maria avvicinandosi a lui e abbracciandolo.
- Qualcuno –
Veramente non aveva avuto un incubo, ma non riusciva a dormire pensando a quello che doveva fare quel giorno: rapire Liz Parker.
Jeff Parker era la causa della sua rovina ed ora lui si sarebbe vendicato, sua figlia avrebbe pagato per gli errori commessi dal padre. Questo significava lasciare Maria, forse per sempre, ma la sua vendetta era più importante. Erano anni che aspettava ed ora era giunto il momento di agire.
- Tesoro, io esco, ci vediamo stasera – mentì Max. La baciò con quanta passione avesse in corpo e se ne andò.

Un’altra giornata era terminata. Era stata una giornata molto faticosa e Liz non vedeva l’ora di andare a casa e farsi un bel bagno. Ma i piani di Max erano differenti. Era buio quando Liz uscì dal laboratorio, si incamminò verso la sua auto e, quando stava per salire, due forti braccia la afferrarono e un fazzoletto le fu premuto in faccia.
Era stato più facile di quanto si aspettasse, la ragazza non aveva quasi opposto resistenza, e ora il suo piano poteva avere inizio.
Liz si svegliò dopo qualche tempo. Si trovava sdraiata su un letto, legata mani e piedi e imbavagliata. Le faceva male la testa ed era terrorizzata.
- Finalmente ti sei svegliata – la raggiunse la voce di un ragazzo.
Max si avvicinò a lei e le disse: - Ora ti tolgo il bavaglio, ma non azzardarti ad urlare, o te ne pentirai – Liz annuì e finalmente fu libera di parlare.
- Co... cosa vuoi da me? –
- Da te niente, ma da tuo padre… -
- Cosa centra mio padre? –
- Fai troppe domande. Devi parlare solo quando te lo dico, altrimenti ti rimetto il bavaglio – Liz annuì.
Cosa voleva quel ragazzo da lei? Perché l’aveva rapita? Cosa centrava suo padre? E perché quel ragazzo aveva gli occhi più belli che avesse mai visto? “Liz, è il tuo rapitore! Tu devi odiarlo!” si disse.
Max non credeva che vedere Liz così spaventata gli facesse quell’effetto: si sentiva un verme e avrebbe voluto lasciarla andare e dimenticarsi di tutto, ma non era possibile. La aveva osservata quando era addormentata: non aveva mai visto capelli così lucenti e soffici e un tale viso d’angelo. Come poteva questa creatura così dolce e innocente essere la figlia di Jeff Parker?
- Hai fame? – domandò Max dopo un po’.
Liz annuì.
- Okay. Ora ti slego, ma se provi a fare un passo falso ti ammazzo – disse mostrandole la pistola che aveva in mano e tenendola sotto tiro.
Liz annuì ancora sgranando gli occhi terrorizzata.
Max le porse un piatto con del cibo e un bicchiere d’acqua e Liz mangiò tutto in silenzio. Aveva una gran voglia di piangere, urlare, scappare, ma se avesse provato a reagire sarebbe morta.
Quando ebbe finito di mangiare, Max le legò nuovamente le mani, poi sedette al tavolo e mangiò.
- Scusa… - disse Liz timidamente.
Max la fulminò con lo sguardo. – Che c’è? – chiese bruscamente.
- Dovrei andare in bagno –
- Oh davvero?! –
Liz annuì.
- E come faccio a sapere che non sia un trucco per escogitare qualcosa? –
- Ho troppa paura per reagire –
Nonostante non si fidasse molto delle parole di Liz, acconsentì. Dopotutto erano in mezzo al nulla, la porta era chiusa a chiave e, anche ammettendo che fosse scappata, non c’erano posti per nascondersi nei dintorni e l’avrebbe riacciuffata immediatamente.
- D’accordo. È quella porta lì –
- Grazie. Ehm… potresti slegarmi? –
Max la slegò e la tenne sotto tiro finché non si fu chiusa la porta del bagno alle spalle. Com’era frustrante fare il rapinatore!
Poco dopo riapparve Liz e andò a sedersi sul letto. Si vedeva chiaramente che aveva pianto, ma lui non si sarebbe lasciato intenerire. Quel farabutto doveva capire cosa si prova a perdere una persona cara e inoltre i suoi soldi gli avrebbero fatto comodo. Cos’erano per lui due milioni di dollari?

Erano già le dieci di sera e Liz non si era ancora vista. Il suo cellulare squillava senza che lei rispondesse e i suoi colleghi non l’avevano più vista da quando aveva lasciato il laboratorio alle sei. Nancy chiamò anche ogni suo amico, ma nessuno di loro sapeva dove si trovasse Liz. Il panico aveva iniziato ad impossessarsi di lei e, come ultima spiaggia, chiamò Isabel. Sperava che si fosse fermata dalla sorella, ma non era da lei non avvisare.
- Izzy, Liz è da te? –
- No mamma, perché? –
- Non è ancora a casa e nessuno sa dove sia; inoltre non risponde al cellulare –
- Okay, stai calma. Papà dov’è? –
- Tornerà tra poco –
- Va bene. Io faccio qualche altra telefonata e tu rimani a casa. Vedrai che tornerà –
- Hai ragione –
Qualche ora dopo erano tutti a casa Parker, compresi Isabel e Alex, a disperarsi. Era notte fonda e di Liz ancora nessuna traccia. Nancy aveva iniziato a piangere sommessamente e Jeff aveva già chiamato ogni investigatore privato che conosceva.
- Aspettiamo fino a domani mattina, se non torna chiameremo la polizia – disse Isabel.
- I miei investigatori sono già sulle sue tracce – disse Jeff.
- La polizia ha più speranze di trovarla –
- Tu credi? –
- Questo non è il momento adatto per litigare – si intromise Alex.
- Hai ragione. Dobbiamo calmarci. Vado a prendermi qualcosa di forte – disse Jeff.

- Ma dove diavolo si è cacciato? – disse Maria, guardando l’orologio. Era l’una di notte e lui non rincasava mai dopo le dieci. Max non aveva nemmeno il cellulare, così rintracciarlo era praticamente impossibile. Sperava solo che non avesse fatto qualche sciocchezza. Conosceva la sua storia e quanto avesse sofferto. Avrebbe aspettato fino alla mattina, poi avrebbe chiamato la polizia.

E la mattina giunse, ma né Liz né Max erano stati trovati.
- Polizia –
- Salve, vorremmo denunciare la scomparsa di una persona –
- Attenda in linea –
- Michael Guerin, mi dica –
- Mia sorella è scomparsa –
- Come si chiama? –
- Elizabeth Parker –
- Da quando è scomparsa? –
- Da ieri mattina. È andata a lavorare e non è più tornata a casa –
- D’accordo. Datemi il vostro indirizzo e passerò da voi per sapere tutti i dettagli –
Poco dopo fu fatta un’altra chiamata di denuncia di scomparsa: Max Evans.

Michael si diresse dapprima a casa dei Parker. Liz Parker era la figlia di un importante uomo d’affari ed era probabile che fosse stata rapita a causa del denaro della sua famiglia.
- Conoscete qualcuno che possa avercela con Liz? –
- No. Liz è una ragazza riservata e non ha nemici. È una ragazza semplice e dolce e nessuno le farebbe del male –
- Forse qualcuno sì. Qualcuno ha conti in sospeso con la vostra famiglia? –
- No – rispose Jeff.
- Allora è probabile che l’abbiano rapita per chiedere un riscatto –
- Qualsiasi cifra per riavere a casa la mia bambina –
- Allora, la prima cosa da fare è mettere sotto controllo i telefoni, così se chiamano i rapinatori potremo rintracciarli. Verrà tra poco una squadra a fare il lavoro. Voi dovete cercare di mantenere la calma e non fare mosse false –
- Ma se chiamano cosa diciamo? –
- Io e alcuni agenti saremo qui in caso dovessero chiamare. Comunque se chiederanno il riscatto sarà meglio accontentarli, a patto che promettano di restituire Liz sana e salva –
A quelle parole Nancy e Isabel sgranarono gli occhi. Non potevano nemmeno immaginare che succedesse qualcosa a Liz.

Dopo essere stato dai Parker, Michael si recò a casa di Maria De Luca.
- Oh, meno male che è qui – lo accolse la ragazza.
- Ora si calmi e mi racconti tutto –
- Ha passato un brutto periodo a causa di una perdita. Si sta riprendendo ma ha ancora degli incubi e io ho paura che possa aver fatto una sciocchezza –
- Che tipo di sciocchezza? –
- Non lo so. Lui ha sempre detto che doveva farla pagare ad una persona ma non so di chi si tratti e non vorrei si cacciasse nei guai. Mi creda detective, è un bravo ragazzo, solo che la sua vita è stata sconvolta –
- D’accordo. Ha qualche amico fidato? –
- No. Ha solo me –
- Una squadra lo cercherà e faremo stampare dei volantini. Vedrà, lo troveremo –
- Grazie –

Liz non era quasi riuscita a chiudere occhio. Aveva il terrore di addormentarsi e non svegliarsi più. Ma perché proprio a lei? Lei che non aveva mai sfruttato il denaro di suo padre si ritrovava in mano a un rapinatore che sicuramente voleva chiedere il riscatto alla sua famiglia! Avrebbe tanto voluto che questo fosse solo un brutto sogno.
Il suo rapinatore si era addormentato, magari lei poteva prendergli le chiavi e andarsene, oppure poteva prendergli la pistola e sparargli. Sarebbe stato per legittima difesa. Ma come faceva se aveva mani e piedi legati? Avrebbe dovuto saltellare e lui l’avrebbe sentita. Era in trappola, nessuna illusione Liz!
Si sollevò e guardò il ragazzo che la teneva prigioniera. Il suo volto era rivolto verso di lei ed era talmente bello da togliere il fiato. Ora che era addormentato i suoi lineamenti erano più rilassati e sembrava proprio un angelo. Un bellissimo angelo dagli occhi incantevoli. Quell’angelo però era colui che l’aveva rapita, legata e imbavagliata; perciò si costrinse ad odiarlo con tutte le sue forze.
Max aprì gli occhi ed incontrò un paio di occhi nocciola, dolci e bellissimi che lo fissavano. Sorrise. Che fosse vera la storia che le rapite si innamorassero dei loro rapitori? Nah, ma cosa andava a pensare? E poi perché questo pensiero gli aveva fatto battere il cuore più forte? Non era in quella casa per una gita amorosa, doveva tenerlo sempre a mente; anche se non era facile con Liz perennemente con lui.
- Perché mi fissi? – chiese bruscamente.
- Niente scusa, è che… devo andare in bagno –
- Ma si può sapere che hai? –
- Non ho niente! Dopo un’intera notte ho bisogno di andare in bagno! Perché tu non la fai mai? –
Max si avvicinò a lei come una furia e le prese il viso tra le mani: - Non osare mai più rivolgerti a me in questo modo! Prima ci andrò io –
- Ah, lo vedi che… -
Non fece tempo a terminare la frase che Max le fu nuovamente addosso, alzò un braccio pronto a colpirla, ma all’ultimo si fermò. Ma cosa gli era passato per il cervello? Come poteva fare del male a questa innocente creatura? Ovviamente le parole che uscirono dalla sua bocca furono tutt’altre: - La prossima volta, se non tieni chiusa la tua boccaccia, non mi fermerò – si voltò e andò in bagno.
- Mi fai schifo, Max Evans – disse al suo riflesso allo specchio.
Non era tagliato per fare il delinquente. Non aveva mai fatto del male a nessuno e non avrebbe certo incominciato con Liz! Fin dall’inizio si era ripromesso di non fare del male alla ragazza, solo tenerla rinchiusa qualche giorno e chiedere il riscatto a Parker.
Qualche minuto dopo tornò nel salottino e slegò Liz, la quale si precipitò in bagno. La sentì piangere e gli si strinse il cuore. Che mostro! Come poteva far soffrire Liz? Arrivava a tanto il suo odio verso Jeff Parker? Purtroppo sì, si rispose.

Perché si era fermato? Perché non l’aveva colpita e perché quando era andato in bagno aveva il viso così sconvolto? E soprattutto, perché quando si era svegliato le aveva sorriso? Dio, era stato il sorriso più bello che avesse mai visto. Ma poi quell’attimo di dolcezza era svanito; lei aveva tirato troppo la corda e lui si era arrabbiato. Ma quando l’aveva toccata aveva sentito una scossa elettrica attraversarle il corpo e il suo viso così vicino le aveva fatto accelerare il battito cardiaco, non per la paura, ma per la sensazione di averlo così vicino da poter sentire il suo respiro sulla pelle. Avrebbe voluto che lui la baciasse. – Liz, sei malata! – disse al suo riflesso allo specchio. – Questo ragazzo ti tiene prigioniera e tu fantastichi su lui che ti bacia! – continuò il suo monologo.
Eppure, nonostante lui avesse una pistola, lei non aveva paura perché in fondo al suo cuore sapeva che lui non le avrebbe fatto del male, e la prova l’aveva avuta quando lui non l’aveva colpita. Forse anche lui aveva un cuore.
Quando tornò dal bagno Max le porse una tazza di latte con dei cereali.
- Grazie – rispose.
Lui annuì e tornò a mangiare.
- Scusa, so che magari a te da fastidio, ma… posso sapere il tuo nome? Sai, è che non posso rivolgermi a te e chiamarti rapinatore – disse Liz.
Lui tacque.
- Se non vuoi dirmi il tuo vero nome, inventatene uno. Per favore –
Ecco, ora lui si sarebbe alzato e le avrebbe sparato. Ma perché non teneva mai la bocca chiusa? Da quando in qua i rapinatori dicono il loro nome? Era già tanto che avesse il viso scoperto. Oddio! Se aveva il viso scoperto voleva dire che non si preoccupava che lei avrebbe potuto riconoscerlo; perciò lui aveva intenzione di ucciderla! Cominciò a tremare.
- Max – la sua risposta la distolse dai suoi pensieri, facendo però aumentare la sua preoccupazione.
- Senti, visto che la giornata è lunga e io mi annoio, perché non facciamo quattro chiacchiere? – disse Max.
Liz annuì. Sapeva che non era una richiesta, ma un ordine.
Max andò a sedersi nel letto con lei. Il battito cardiaco di Liz accelerò nuovamente. Perché le faceva quest’effetto averlo vicino?
- Raccontami di te – cominciò Max.
- Cosa vuoi sapere? –
- Quanti anni hai? –
Max sapeva già la risposta a quella domanda: aveva fatto delle ricerche e sapeva quanti anni aveva, chi frequentava, dove lavorava, ma voleva vedere se lei diceva la verità –
- Ventiquattro –
- E cosa fai nella vita? Immagino che la tua più grande aspirazione sia quella di comprare sempre l’abito più costoso e bello delle boutique –
- Ti sbagli. Sono una biologa e per tua informazione odio lo shopping nelle boutique. È da snob –
- Perché, tu non lo sei? –
- No. Io compro i vestiti al centro commerciale e non mi interessano gli abiti firmati. Sto tutto il giorno in un laboratorio, ti pare che mi importi di vestirmi bene? –
Max sapeva che questa ragazza era speciale, ma non credeva fino a quel punto. Era semplice, umile, proprio la ragazza dei suoi sogni. E questo pensiero da dove era saltato fuori? Lo cacciò dalla sua mente e continuò l’interrogatorio.
- Sei figlia unica? –
- No. Ho una sorella più grande –
- E lei è come te? –
- No, lei è l’opposto. Lei è più bella, più espansiva, ha più amici, è sposata, ha sempre abiti firmati all’ultima moda e una bellissima auto sportiva –
- E questo ti fa arrabbiare? La invidi? –
- Prima la invidiavo. Quando eravamo più piccole lei era sempre al centro dell’attenzione e io per tutti ero solo la sorella di Isabel. Poi crescendo ho capito che quelle erano solo stupidaggini e che la mia vita andava bene così: faccio ciò che amo, ho una madre e un padre che mi vogliono bene e sono in salute. Cos’altro posso volere? –
Max aveva una gran voglia di abbracciarla, di dirle che era fantastica, meravigliosa, che sua sorella era solo una ricca snob, mentre lei era il ritratto dell’umiltà, del coraggio, della determinazione, ma non poteva. In quel momento odiò tutti quelli che l’avevano fatta sentire inferiore, perché lei invece era superiore a tutti loro.
- Perché lavori se i tuoi sono così ricchi? –
- Domanda che mi fanno tutti. A me il denaro non interessa. Fin da quando avevo quindici anni il mio sogno è sempre stato quello di diventare biologa. Odio dipendere dai miei genitori e odio i loro soldi. Non ti rendono felice, per niente –
- Cosa vuoi dire? –
- Voglio dire che non me ne faccio niente di vestiti, scarpe, auto e quant’altro se per avere tutto questo devo sacrificare il tempo con mio padre. Lui lavora sempre, è spesso fuori città e sto giorni senza vederlo. Quando io e Izzy eravamo piccole lui è stato pressoché assente. Quello era il periodo in cui doveva porre le basi al suo impero. Non mai venuto a nessuna recita scolastica che facevamo, non è venuto neppure alla consegna dei diplomi, non ha mai incontrato i nostri insegnanti, non ci ha mai portate al parco e non si è mai reso conto dei nostri successi. Quando mi sono laureata è venuto, ma solo perché gliel’ho chiesto piangendo. Io ho reagito a tutto questo buttandomi a capofitto sullo studio e sul lavoro, mentre Izzy sui piaceri della ricchezza –
Ora Max stava quasi per piangere. Come poteva una ragazza così piccola e fragile sopportare da sempre tutto questo senza scoppiare? Era una ragazza veramente eccezionale, forte e determinata, anche se molto sola. Di nuovo avrebbe voluto abbracciarla e dirle che c’era lui, che non l’avrebbe mai abbandonata e che avrebbe sempre gioito delle sue vittorie. Questo pensiero era ancora più pericoloso del precedente! “Max, ritorna in te” si disse.
- E tua madre? –
- Mia madre ormai è abituata. Quando ero piccola la sorprendevo spesso a piangere. Era sempre triste; poi si è concentrata solo su di noi e ha superato il momento. Ho odiato mio padre per questo. Lui non le permetteva di andare a lavorare e lei era sempre a casa a crogiolarsi nel suo dolore –
- Bastardo – scappò a Max. Che razza di farabutto. Aveva una figlia stupenda, una moglie che lo amava e lui non pensava altro che al lavoro.
- No. È un brav’uomo, solo che sue priorità non coincidono con le nostre –
- Come fai a difenderlo? –
- È mio padre e gli voglio bene –
- Sei fantastica – Non si era nemmeno reso conto di aver pronunciato quelle parole. Ma cosa gli era saltato in mente? Liz sgranò gli occhi, arrossì e abbassò la testa.
Max si alzò bruscamente dal letto e le voltò le spalle. Il suo cuore stava battendo all’impazzata e se non si fosse allontanato da lei l’avrebbe stretta a sé e baciata fino al giorno dopo. Quel piccolo fiore aveva sofferto abbastanza.
- Max… - lei lo chiamò e a lui si fermò il respiro. Dio, come era bello il suo nome pronunciato da lei! Le sue morbide labbra avevano pronunciato il suo nome e nella sua voce non traspariva nessun segno di disgusto.
Lui si voltò. Lei lo guardò dritto negli occhi e disse: - Grazie. Era da tanto che non mi sfogavo –
Lei lo ringraziava? Lui l’aveva rapita… e lei lo ringraziava? Esisteva al mondo un essere più splendido di Liz Parker? No.
Lui non resistette oltre, si avvicinò a lei e l’abbracciò. Lei dapprima si irrigidì, ma subito dopo si abbandonò contro il suo petto, cominciando a piangere. Max la cullò per quelle che sembravano ore.
Liz pensava di essere morta e che quello fosse il paradiso. Si era sfogata e lui era stato ad ascoltarla, cambiando espressione a seconda di ciò che lei diceva. Aveva visto tenerezza, comprensione, rabbia, amore nel suo sguardo e quando le aveva detto che era fantastica, be’, se non fosse stata seduta probabilmente sarebbe caduta da quanto le sue gambe erano diventate molli. Poi però lui era diventato di nuovo freddo, ma lei non poteva non ringraziarlo, e ora stava piangendo tra le sue braccia e lui la cullava come se fosse stata una bambina, accarezzandole di tanto in tanto i capelli. Era la sensazione più bella che avesse mai provato: il calore delle sue braccia le riscaldavano il cuore e il suo profumo le ottenebrava i sensi. Se solo tutto questo fosse stato reale! Lei non voleva la sua pietà, ma il suo amore.
Liz era stata creata per essere stretta da lui. Il suo corpo si adattava perfettamente al suo e il suo profumo era talmente unico da fargli girare la testa. Niente era mai stato più bello che tenere Liz tra le braccia. “Ma dove sei stata tutto questo tempo? Perché non ti ho incontrata in altre circostanze?” si chiese Max.
Quando Liz si calmò, Max con riluttanza si allontanò leggermente da lei e la guardò negli occhi. Erano ancora più belli lucidi di pianto.
- Scusa – disse lei.
- Va tutto bene? –
- Sì. Sto meglio –
Max si alzò dal letto e le andò a prendere un bicchiere d’acqua.
- Perché sei tanto gentile con me? –
Un’altra domanda che lo stupì: lui l’aveva rapita e lei gli chiedeva perché era gentile con lei?
- Liz, ma come fai ad essere così? Non sei capace a trovare il marcio nelle persone? Cristo santo, io ti ho rapita e tu mi ringrazi per averti fatto sfogare e mi chiedi perché sono gentile con te? Come puoi essere così buona? Liz, io ho provato a farti del male, ma non ci sono riuscito perché non lo meriti. Ora chiederò il riscatto a tuo padre e quando avrà pagato ti lascerò andare –
Liz annuì.

Un altro giorno era passato e di Liz nemmeno l’ombra. Per il detective Guerin era stata rapita e i suoi sospetti furono confermati quella sera, quando Max chiamò.
Il telefono di casa Parker squillò e, dopo aver attivato il dispositivo per rintracciare la località da cui proveniva la chiamata, Jeff rispose.
- Pronto –
- Salve, ho sua figlia. Se la vuole rivedere viva dovrà pagare due milioni di dollari –
- Ma sono un mucchio di soldi –
- Tanto ce li ha. Le do tre giorni. Le farò sapere io dove e quando avverrà lo scambio –
Senza attendere una risposta, Max agganciò.
- Troppo poco tempo. Niente da fare – disse Michael spegnendo il dispositivo.
- Ma come faccio a recuperare due milioni di dollari? –
- Vedrai che ce la faremo –
- Ma tre giorni sono pochi –
- Per Liz faremo l’impossibile –

Quando Max riagganciò il telefono si voltò verso Liz e la guardò con aria di scusa. Liz si coricò e gli voltò le spalle. Sapere la sua famiglia all’altro capo del telefono e non poter parlare con loro, rassicurarli che stava bene, era straziante.
- Perché non mi hai fatto parlare con loro? – chiese dopo un po’.
- Perché probabilmente hanno uno di quegli aggeggi per rintracciare la provenienza della chiamata –
- Max… -
Di nuovo quel fremito. Lei lo chiamava come se fossero amici, come se per lei parlare con lui fosse la cosa più naturale del mondo.
- Cosa c’è? –
- Cosa mi succederà se mio padre non paga?-
- Pagherà. Non ho dubbi –
- E se non ce la facesse. Due milioni sono tanti, anche per lui –
- Allora mi inventerò qualcosa –
- Spero solo che sia il più indolore possibile –
“No, Liz! Anche se tuo padre non pagherà io non ti farò alcun male” avrebbe voluto risponderle; invece rimase in silenzio e si coricò.

La mattina successiva Liz era più rilassata. Dopo lo sfogo del giorno precedente aveva dormito più serenamente. L’unico problema era che le dolevano le braccia e le gambe. Dopo colazione si fece coraggio e lo disse a Max.
- Max, io ho un male terribile alle gambe e braccia. Non è che posso sgranchirmi un po’?-
- E dove vorresti andare, sentiamo –
- Da nessuna parte. Vorrei solo camminare un po’. Ti prego –
- Okay –
Liz si sentì rinata. Il tragitto fino al bagno era poco e non le permetteva di far cessare il torpore, ma ora andava meglio. Percorse il diametro della stanza varie volte e fece qualche esercizio di stretching, con una piccola corsetta sul posto.
Max la guardava sorridendo. Era così bella! Mentre si muoveva sorrideva come una bambina di fronte ad un nuovo gioco. Era così incantato a guardarla che non si accorse che lei gli si era avvicinata e gli stava porgendo i polsi.
Lui non resistette, le afferrò le mani e gliele baciò, poi disse: - Prometti che non farai cose stupide? La porta è chiusa e siamo nel mezzo del deserto. Non costringermi a fare una cosa che non voglio –
- Promesso –
A Liz non interessava fuggire, anzi, per lei tre giorni con Max erano pochi; avrebbe voluto stare con lui per sempre.
- Max, io non vorrei essere rompiscatole, ma ho bisogno di farmi una doccia e cambiarmi. È possibile? –
- Farti la doccia sì, cambiarti no. Non ho vestiti e biancheria da donna con me –
- Non è che potresti prestarmi una tua camicia o maglietta un po’ larga? –
Oh Dio! Liz con indosso solo una sua maglietta era qualcosa a cui non era preparato. Non sapeva se avrebbe resistito nel vederla; però acconsentì. Non era in grado di dirle di no.
- D’accordo –
- Lo sai che sei il rapinatore più gentiluomo che abbia mai conosciuto? –
- Ne hai conosciuti altri? –
- No, ma spero che siano tutti come te – Detto questo entrò in bagno.
Stava sognando. Liz non solo non lo odiava, ma lo apprezzava, lo riteneva una persona da cui prendere esempio! Quella ragazza era un angelo mandato dal cielo per far conoscere a Max Evans cos’era il vero amore.
Già, nel giro di due giorni si era perdutamente innamorato di questa ragazza, e ora si trovava un mare di guai.
Circa mezz’ora dopo Liz bussò alla porta del bagno e Max le passò una sua maglietta. Quando uscì dal bagno Max non poté fare altro che trattenere il fiato e fissarla come un affamato fissa un piatto stracolmo di cibo. Come poteva dire che sua sorella era più bella di lei? Nessuna donna era più bella di lei. Possibile che non si rendeva conto di quello che era in grado di fare ad un ragazzo?
Liz si accorse dello sguardo di Max e arrossì. Forse era meglio quando aveva i suoi vestiti. Questo era troppo imbarazzante.
Quando finalmente anche Max si recò in bagno, Liz si rilassò, ma non era pronta a quello che successe dopo.
Liz non sapeva se intenzionalmente o meno, Max uscì dal bagno con indosso solo un asciugamano in vita, dicendo di aver dimenticato il ricambio sul letto. Liz si paralizzò: i suoi pettorali erano scolpiti, le sue spalle erano larghe, i suoi bicipiti muscolosi e gli addominali ben sviluppati. I suoi capelli erano ancora bagnati e spettinati, rendendolo assolutamente irresistibile. Quando si voltò per prendere i vestiti, Liz poté vedere ogni muscolo della sua schiena muoversi, facendola deglutire più volte a vuoto. Era la perfezione! Il suo corpo era così sexy e nello stesso tempo virile, che Liz dovette trattenersi dal gettarglisi addosso. Liz deglutì a fatica e si voltò dall’altra parte: non poteva sopportare ancora quella vista.
Max sorrise, conscio della reazione di Liz, e tornò in bagno.

- Liz, non ti stai annoiando? – chiese Max un’ora dopo.
- Be’… -
- Che ne dici di guardare un po’ di TV? –
- Dico che è un’ottima idea –
Max sedette nel letto con lei e guardarono un programma in TV. Passarono così la mattinata a fare zapping per i canali divertendosi, fino a quando non si sintonizzarono con il tg. Le loro due foto erano una accanto all’altra e il giornalista stava spiegando che da due giorni erano scomparsi. Disse inoltre che per la ragazza era stato chiesto il riscatto.
- Che il rapinatore sia proprio il ragazzo scomparso? Sta alle nostre autorità scoprirlo – così aveva concluso il servizio il giornalista.
Max spense la TV.
- Lo sapevo – disse Liz.
- Cosa? –
- Che mio padre ne avrebbe fatto una tragedia e che avrebbe contattato anche i giornalisti –
- Io non credevo che Maria fosse così stupida –
- Chi è Maria? –
- La mia ex. Siamo stati insieme tanto tempo fa e siamo rimasti amici. Avevo bisogno di un posto dove stare e lei mi ha ospitato –
- Ah –
Gelosia. Era quello che sentiva in quel momento. Maria era stata con lui, erano amici, sicuramente si confidavano e invece lei non sapeva niente di lui, se non che era il suo rapitore.

Perché le aveva mentito in quel modo? Perché non le aveva detto che tecnicamente stavano ancora insieme? Forse perché si era dimenticato di Maria nel momento in cui aveva visto Liz addormentata su quel letto.
- Max, e se ti prendono? –
- Andrò in prigione. Dopotutto me lo merito. Ti ho rapito e ho chiesto dei soldi a tuo padre. Lo sai che è reato, vero? –
- Certo che lo so, è che… non mi piace l’idea che tu vada nei pasticci a causa mia –
- Ti sei fatta in bagno?! Liz, se mi prendono non sarà assolutamente per colpa tua, ma sarà solo colpa mia e della mia stupidaggine. Ma cosa credevo di fare? Pensavo forse che non mi avrebbero mai scoperto? – Max si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi.
Poco dopo sentì una mano toccargli gentilmente la spalla.
- Se può farti stare meglio, dirò che non mi hai torto nemmeno un capello –
Max sorrise e fece l’unica cosa che voleva fare già da due giorni: la baciò.
Dapprima sfiorò solo le sue labbra leggermente, ma presto non gli bastò più e approfondì il bacio, perdendosi completamente in lei. Era la sensazione più bella che avesse mai provato. Aveva baciato diverse ragazze, ma mai nessuno gli aveva fatto girare la testa come stava facendo Liz.
Per Liz quel momento era magico. Finalmente Max l’aveva baciata e ora sapeva esattamente com’era il paradiso. Era percorsa da brividi quasi dolorosi, che la facevano tremare.
Quando si allontanarono i loro respiri erano affannosi e i loro occhi brillavano di una strana luce: la luce dell’amore.
- Scusa – disse Max.
- No, non scusarti –
- Stai tremando –
- Non è niente –
- Ti ho spaventata? Scusami, veramente, io… -
Ma Max non riuscì a terminare la frase perché Liz lo baciò. Il suo cuore scoppiò: allora lei non lo odiava? Dio, lei lo voleva almeno quanto lui voleva lei!
- Tremavo perché tu mi hai fatto tremare – confessò Liz arrossendo.
Max le prese una mano e la posizionò sul suo cuore: - Senti –
Batteva all’impazzata, come se volesse uscirgli dal petto.
- Sei stata tu a farlo – le disse, guardandola dolcemente.
Liz non poté fare altro che sorridere.

- Detective Guerin, ma si rende conto di quello che dice il tg su Max? – esordì Maria entrando come una furia nell’ufficio di Michael.
- Signorina De Luca, lo sa come sono i giornalisti… Però deve ammettere che è strano che entrambi siano spariti lo stesso giorno e che poi un ragazzo abbia chiesto il riscatto ai Parker –
- Max non farebbe mai niente del genere! È un bravo ragazzo –
- Ma sta attraversando un brutto periodo –
- E con questo? Senta, o lei dice a quei giornalisti di smetterla oppure io farò causa all’intero distretto di polizia! – detto questo, Maria uscì come furia dall’ufficio.
- Bel caratterino – disse Michael una volta solo.

La giornata proseguì tranquillamente nel rifugio di Max. I genitori di Liz e Maria si dannavano l’anima dalla preoccupazione, mentre loro due non erano mai stati così felici in vita loro. Si era creato uno strano rapporto tra di loro: Max non riusciva ad essere sgarbato con Liz, non poteva nemmeno pensare di farle del male e l’unico suo pensiero era quello di stringerla tra le braccia e non lasciarla più andare.
Liz non si era mai sentita così libera in vita sua, proprio una bella contraddizione, ma non ci poteva fare niente. Con Max era libera di essere se stessa, non doveva più dimostrare nulla al padre o far finta con la madre che tutto andasse bene. Non si sentiva affatto prigioniera e avrebbe voluto che durasse per sempre. Per sempre insieme a Max.

Un raggio di sole colpì il viso di Liz, che si svegliò. Un altro giorno era iniziato e gliene restava solo uno da passare con Max, poi non l’avrebbe più rivisto. A questo pensiero il suo cuore ebbe un tuffo. Com’era stato crudele con lei il destino: aveva incontrato il ragazzo dei suoi sogni e avrebbe dovuto dimenticarsi di lui già dall’indomani.
Max si svegliò di soprassalto e subito cercò Liz con lo sguardo.
- Sei ancora qui – disse dolcemente.
Aveva sognato che Liz era scappata e che lui non riusciva a trovarla. Si era sentito morire, non perché lei l’avrebbe denunciato alla polizia, ma perché non sarebbe più stata con lui. In quel momento si rese conto che non poteva vivere senza Liz Parker, il suo angelo dagli occhi nocciola.
- Certo che sono ancora qui. Dove potrei andare? –
- È che ho sognato che eri scappata –
- Tranquillo, è tutto sbarrato. Hai così tanta paura di perdere i tuoi soldi? –
- No – rispose Max, ma avrebbe voluto aggiungere: “Ho paura di perdere te”.
Nel pomeriggio Liz non resistette più. Si era confidata con Max, e invece lei non sapeva niente di lui.
- Max, parlami un po’ di te. Perché ce l’hai con mio padre? –
Max sedette accanto a lei e, leggendo una supplica nei suoi occhi, decise di raccontarle tutto.
- Io sono laureato in Economia e sono stato assunto da tuo padre come contabile circa tre anni fa –
Liz sgranò gli occhi sorpresa.
- Non lo sapevi, vero? –
- No –
- Tuo padre aveva tutti i motivi di questo mondo per non dirti di me e di mia sorella –
Lo sguardo di Liz lo esortò a continuare.
- Mia sorella Tess era più grande di me di due anni. Si era sposata molto giovane e divorziò, aveva cambiato città e aveva bisogno di un lavoro. Io parlai con tuo padre e lui la assunse come segretaria. Tess aveva esperienza in quel campo –
- Perché parli di lei al passato? –
- Perché è morta, due anni fa –
- Oh mio Dio! Io non… -
- Tu non centri niente… Dopo qualche mese che lavorava per tuo padre, scoprii che lei e tuo padre avevano una relazione – Liz sbiancò.
- Non è possibile –
- È possibilissimo invece. Litigai con Tess e la obbligai a licenziarsi. Lei lo fece ma la loro relazione continuò. Tess si era innamorata follemente di tuo padre e aveva iniziato a fargli pressioni perché lui vi lasciasse per stare con lei. Dopo mesi di preghiere e litigate, tuo padre decise di rompere con lei. Tess non lo sopportò e si suicidò. Ha lasciato per me una lunga lettera in cui spiegava tutto –
Liz intanto aveva iniziato a piangere.
- Mi licenziai e lo affrontai. Tuo padre dapprima negò, ma di fronte alla lettera di Tess ammise tutto. Per farmi stare zitto raccontò frottole sul mio conto in modo che mai più nessuno mi avrebbe assunto per svolgere il lavoro per cui avevo tanto studiato. Mi sono ridotto a fare l’imbianchino, l’operaio, il bidello, ma non appena raccontavo la mia storia tutti mi cacciavano. Tuo padre è un uomo potente, talmente potente da essere riuscito a rovinarmi la vita –
- Max, io non so cosa dire. Non sapevo niente di tutto questo. Mio Dio! Ma che razza di uomo è Jeff Parker? –
- Io ti ho rapita perché volevo fargli capire, anche solo per poco, cosa significasse perdere una persona tanto importante come un figlia. Quanto al riscatto, lo considero come un piccolo risarcimento per la morte di Tess e per avermi rovinato la vita. Liz, io non sono un delinquente, ma ero arrivato al punto che se non facevo qualcosa sarei impazzito. Cerca di capirmi –
- Max, io ho bisogno di un confronto con mio padre. Prima di odiarlo voglio sentire la sua confessione –
- È giusto così. Comunque, questa è la lettera di mia sorella – disse Max, porgendole un foglio.
Liz lo lesse in silenzio, anche se avrebbe voluto urlare. Come poteva suo padre aver avuto un’amante ed essere stato così crudele da rovinare la vita a Max? Cosa aveva reso così spietato suo padre? Come aveva potuto tradire in quel modo sua madre? Liz cominciò a piangere disperatamente e Max la consolò abbracciandola.
Lo shock e il pianto fecero crollare Liz, che si addormentò nelle braccia di Max. Lui le accarezzò i capelli e la adagiò dolcemente sul letto.
Quando si svegliò, qualche ora dopo, si rese conto che non era stato un sogno e fu presa nuovamente dal panico.
- Max, ho bisogno di parlare con mio padre o impazzirò –
- Liz, hanno i telefoni sotto controllo –
- Non il suo numero personale. Lui non sa nemmeno che io lo conosco. Fidati di me –
- Mi fido di te –
Dopo aver composto il numero e atteso qualche squillo, la voce di suo padre le rispose: - Jeff Parker –
- Papà? –
- Liz, sei tu? –
- Sì –
- Bambina mia, come stai?-
- Non c’è tempo per questo. Devo parlarti –
- Ma cosa… -
- Chi era Tess? –
- Tess chi? –
- La tua segretaria. Cosa è successo?-
- Chi ti ha messo in testa queste idee! –
- Ho trovato una lettera firmata da una certa Tess Evans. Papà, dimmi cosa successe due anni fa. È tutto vero? –
Dopo qualche minuto di silenzio, Jeff rispose: - Sì. Ho avuto una storia con Tess e lei si è suicidata a causa mia –
- E dopo cosa successe? Cosa dicesti alla sua famiglia? –
- Venne suo fratello e io… per farlo stare zitto boicottai la sua carriera. Liz, ero spaventato per me e per voi. Non potevo mettervi in pericolo –
- Mi fai schifo – urlò Liz, e riagganciò.
Si voltò verso Max e gli gettò le braccia al collo, ricominciando a piangere. Era tutto vero: suo padre aveva fatto cose terribili alla sua famiglia, a Tess e a Max. Lei non lo avrebbe mai perdonato. Come si era trattenuto Max dall’ucciderlo? In quel omento si vergognò di essere figlia di Jeff Parker.
- Liz, stai bene? – chiese dopo un po’ Max.
- No, affatto. Ho sperato fino all’ultimo che fosse una bugia. Max,… -
- Shh, è tutto a posto. Tu non centri niente –
- Lo so, ma sono sua figlia –
- Credimi, sei sua figlia solo di nome perché niente ti accomuna a quell’uomo –

Come aveva fatto Liz a scoprire di Tess? Aveva trovato la lettera che conservava in cassaforte? Andò a controllare, ma la lettera era lì. Allora… Max Evans! Era lui il rapitore! E adesso cosa avrebbe fatto? Non poteva dire alla polizia che sapeva chi aveva rapito Liz perché avrebbe dovuto rivelare tutto. Quale altra cosa poteva legare lui a Liz? Il suo licenziamento? No, anche quello riguardava Tess. Decise di tacere. Liz sembrava stare bene e se Max avesse mantenuto la sua promessa, il giorno dopo avrebbe rilasciato Liz, e allora avrebbe potuto chiarire con lei. Le sue parole gli riecheggiavano ancora nella mente: “Mi fai schifo”. Era stato come un pugno nello stomaco; la sua dolce Liz che lo odiava, e a ragione per giunta. Aveva avuto talmente tanta paura di perdere la sua famiglia e il suo impero che aveva reagito d’impulso, rovinando quel ragazzo sconvolto dalla morte della sorella. Tess l’aveva reso felice, l’amava, ma non poteva divorziare da Nancy per via del contratto stipulato con il padre di Nancy. Quella clausola lo aveva legato a sua moglie per la vita: “Qualora Jeff Parker e Nancy Parker divorziassero, il controllo del pacchetto azionario e la presidenza delle ditte Parker & Co. verranno ceduto a Nancy Smith in Parker, estromettendo totalmente Jeff Parker”.
Era stato il padre di Nancy a permettergli di creare il suo impero. Senza i suoi apporti di denaro e la sua esperienza lui non ce l’avrebbe mai fatta. Ma il suo successo aveva un prezzo e lui non aveva alcuna intenzione di perdere tutto, anche se era Tess la donna con cui voleva stare.

- Max, sono una stupida! – esclamò d’improvviso Liz.
- Perché? –
- Mio padre avrà collegato il mio rapimento con te ed ora anche la polizia lo saprà –
- No, sarebbe costretto a rivelare tutto alla polizia e a tua madre –
- Ma se venisse preso dal senso di colpa? –
- Non credo sia il tipo. Stai tranquilla. Domani sarà tutto finito e presto vi dimenticherete di tutto quanto –
- Non potrò mai dimenticare –
- Lo so, è dura da accettare, ma dovrai fartene una ragione. È una cosa successa più di due anni fa –
- Non mi riferivo alla storia di mio padre, mi riferivo a te, a questi giorni qui. Io… non ti dimenticherò mai –
- Certo, perché mi odierai per il resto della tua vita per tutto quello che ti ho fatto –
- No Max, non ti odierei mai –
Max le accarezzò dolcemente il viso e poi la baciò. Ma un bacio non era sufficiente per esprimere quello che provavano l’uno per l’altro. Si sdraiarono sul letto, continuando a baciarsi, e ben presto si ritrovarono nudi. Fecero l’amore, dolcemente, dichiarando, attraverso i loro corpi, il loro amore.
Rimasero sdraiati ad accarezzarsi e baciarsi per il resto della serata, fino a quando si addormentarono.

La mattina seguente si svegliarono abbracciati. A Max sembrava un sogno: non c’era niente al mondo di più bello e giusto di Liz tra le sue braccia.
- Buongiorno – disse poco dopo Liz, stiracchiandosi.
- Buongiorno. Dormito bene? –
- Mai dormito meglio in vita mia – rispose Liz sorridendo.
- Liz, fai qualunque cosa, ma non smettere mai di sorridere. Il tuo sorriso rende la mia giornata migliore –
Liz sorrise ancora e Max la baciò. Dopo essersi scambiati ancora qualche coccola, si alzarono e Max telefono al padre di Liz.
- Pronto –
- Hai i soldi? –
- Sì –
- Bene. Lascia la valigetta alle tre di oggi pomeriggio ai piedi della statua della libertà. Ti avviso, se vedo anche un solo poliziotto tua figlia morirà – e staccò.
- Tu fai l’amore con me tutta la notte e poi minacci di uccidermi?! –
- Lo sai che non ti farei mai del male. Ho dovuto spaventarlo perché non voglio farmi arrestare –

- Bene signor Parker, ci siamo. Noi saremo nascosti e agiremo solo quando sua figlia sarà al sicuro –
- Okay. Mi promette che Liz tornerà a casa sana e salva? –
- Glielo prometto –
Alle tre precise Jeff Parker lasciò la valigetta nel luogo stabilito e si apprestò ad attendere l’arrivo di sua figlia.
- Ci siamo. Forza Liz, è ora che torni dalla tua famiglia – disse Max.
- Già – rispose Liz poco convinta.
- Lo perdonerai –
Ma Liz non era triste perché avrebbe dovuto affrontare suo padre, ma perché si sarebbe allontanata per sempre da Max.
Scesero dall’auto e si avvicinarono a Jeff. Max indossava un passamontagna e teneva Liz per un braccio.
- Liz – urlò Jeff non appena vide la figlia.
Ma Liz non rispose.
- Signor Parker, è ora di fare lo scambio. Avanzi di dieci passi con la valigia e la lasci lì –
Jeff fece come ordinato da Max. Ora toccava a lui lasciare Liz, ma non voleva. Lentamente lasciò il braccio della ragazza e la guardò con amore: - Addio – sussurrò.
- Addio – rispose Liz con le lacrime agli occhi.
Non aveva fatto nemmeno due passi che Max la chiamò: - Liz! –
Lei si voltò e si avvicinò a lui. Jeff non capiva più niente.
- Liz, io… io non posso perderti. Non ce la faccio a dirti addio. Liz, io ti amo –
- Oh, Max –
- Liz, vieni via con me. Non mi interessano i soldi di tuo padre. Io voglio te –
- Ma come… -
- Andremo dove non ci conosce nessuno, ricominceremo daccapo… solo tu ed io, per sempre –
Liz si incamminò verso il padre e Max avrebbe voluto morire. Lo stava abbandonando. Fece qualche passo e si fermò: - Papà, io non tornerò a casa. Io lo amo e andrò via con lui. Per favore non cercatemi, mi farò viva io. Dì alla mamma e a Izzy che le voglio bene –
- Liz, sei impazzita? Quell’uomo è un mostro –
- No, l’unico mostro sei tu! Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto. Tu non puoi capire… quando si tratta di amore tu non potrai mai capire – Si voltò e si incamminò verso Max.
- Liz… Liiz! – continuava ad urlare Jeff.
Liz salì in macchina e partì con Max per iniziare una nuova vita, dove sarebbe stata solo Liz Parker.
 

Scritta da Kassandra


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