Riassunto:
Michael, da qualche tempo, è tormentato da un incubo ricorrente che riguarda
la caverna dove i ragazzi hanno visto il misterioso messaggio alieno e una
porta, che potrebbe rappresentare l’accesso ad un’altra dimensione…
Data
di composizione: 13-14 novembre 2000
Valutazione:
Adatto a tutti
Disclaimer:
Tutti i diritti dei personaggi descritti nel racconto appartengono alla casa di
produzione Warner Bros, il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.
La
mia E-mail è gioicar@tin.it
Michael si alzò di scatto
dal letto, col volto accaldato e un’espressione spaventata negli occhi. Da
diverse notti era sempre così. Sempre lo stesso sogno inquietante. Sempre la
stessa porta misteriosa. Da una settimana non riusciva più a chiudere occhio
per colpa di quell’incubo. Doveva avere qualcosa a che fare con il loro
passato. Ma cosa poteva significare? Non ne aveva ancora parlato con Max e
Isabel perché troppo spesso loro gli avevano nascosto la verità. La storia
della caverna e tutto il resto.
Ma era venuto il momento di raccontarglielo, poteva essere la chiave per
scoprire le loro origini. Guardò dalla finestra con aria dubbiosa e
interrogativa, con quella sua smorfia sul viso, così particolare, che
significava che stava macchinando qualcosa...
Nel corridoio della scuola vide Max che stava per entrare nell’aula.
“Max, ti devo parlare, ma non qui. Si tratta di una cosa importante”.
“Va bene, andiamo nei bagni. Là
staremo più tranquilli”.
Una volta chiusa la porta Max gli chiese con una certa aria apprensiva: “Di
che si tratta? È successo qualcosa a Liz?”
“No, niente del genere. Si tratta di una visione. Da qualche giorno continuo
a fare sempre lo stesso sogno. Non so cosa voglia dire ma sento che è
importante. Ha a che fare con la caverna.”
“Perché non me lo hai detto prima? Chi altri lo sa? Lo hai detto a River
Dog?”
“No, anche se avrei voluto. Anzi, forse ho sbagliato a venire da te. Sarei
dovuto andare subito da lui. È l’unico che può capire…” e si avviò
deciso verso la porta.
Max lo prese per un braccio trattenendolo
con fermezza.
“No, aspetta. Non intendevo offenderti. Allora, cosa hai visto
esattamente?”
“O.K. Non so bene come ma mi ritrovo sempre all’imboccatura della caverna.
Vedo della luce provenire dall’interno e delle ombre sulle pareti. Non
sembrano umane ma hanno qualcosa di familiare. Si muovono intorno al simbolo
che abbiamo trovato sull’erba nel bosco. Con la loro presenza il simbolo si
illumina. Poi spariscono e mi trovo dentro la caverna. Ecco, c’è una porta.
No, è piuttosto una specie di entrata. Forse l’ingresso in un’altra
dimensione. Non si vede niente dall’altra parte, se non una specie di nebbia.
Se allungo la mano questa sparisce…”
“E poi? Non sei entrato? Cos’altro hai visto?
“Niente! Non sono riuscito a vedere niente. O.K.? Ho avuto paura di entrare.
Lo so cosa pensi ma…d’accordo, ho avuto paura. E ogni volta mi sveglio
prima di sapere cosa c’è oltre la porta”.
“Cosa intendi fare?”
“Ancora non lo so. Credo che stanotte andrò là.”
“No, aspetta. Non è prudente. Sai che abbiamo lo sceriffo alle costole.
Potrebbe seguirci qualcuno, è troppo pericoloso”.
“Tu fai come vuoi. Max, potrebbe essere l’unica occasione per scoprire
qualcosa sul nostro passato. Tu e Isabel avete una famiglia qui, io sono solo.
Forse da qualche parte c’è qualcuno che mi aspetta e io devo andare a
vedere. Che tu lo voglia o no”.
Detto questo oltrepassò la porta e sparì dietro l’angolo. Nel corridoio
incontrò Maria che giungeva nella direzione opposta ma non la degnò di uno
sguardo e non rispose al suo saluto.
“Questi cecoslovacchi! Chi me l’ ha fatto fare di mettermi nei guai per
degli individui del genere…” e se ne andò gesticolando per la stizza e
scuotendo la testa.
Dopo le lezioni Max andò da Isabel e prendendola da parte le disse:
“Ti devo parlare. Michael ha qualcosa di strano: continua a sognare la
caverna e una strana porta. Mi sembrava molto agitato. Forse dovremmo tenerlo
d’occhio, non vorrei che facesse qualche sciocchezza. Dice che stanotte vuole
andare là per scoprire qualcosa di più”.
“Max, forse dovremmo andare con lui. Potrebbe essere importante e…”
In quel mentre arrivò Liz che, ignara di tutto, li salutò con entusiasmo:
“Ciao, ragazzi. Tutto bene? Ehi, ma che facce avete! È successo qualcosa?”
“Niente, lascia perdere, sono cose che non ti riguardano” disse Isabel nel
tentativo di tagliar corto e continuare in pace la sua conversazione.
“Veramente credo di essere ormai tanto coinvolta in questa storia da avere il
diritto di sapere cosa sta succedendo. Prima ho visto Maria che si lamentava
perché Michael l’ ha ignorata. Adesso voi. Ma che diavolo avete tutti
oggi?”
“Isabel, credo che Liz abbia il diritto di sapere la verità. Il punto è che
Michael ha delle strane visioni sulla caverna e stanotte vuole andare a
vedere.”
“Allora, forse, dovremmo seguirlo. Ma di che si tratta?”
“È meglio non parlarne qui. Ci vediamo stasera alle otto davanti al Crash
Down Café. Ci andremo tutti insieme ma dobbiamo assicurarci di non essere
seguiti” concluse Max con un’espressione seria.
“Alle otto. Ci sarò”.
“Ciao”.
Poi Liz si voltò di scatto e lo chiamò:
“Max! Lo dico anche a Maria?”
“Dire cosa?” chiese una voce alle sue spalle. Era quella dello sceriffo.
“Sceriffo! Cosa ci fa qui a scuola?” chiese Liz apprensiva.
“Mi hanno convocato per un’esercitazione antincendio da organizzare per la
settimana prossima. Dove c’è un problema di sicurezza chiamano sempre me.
Invece voi dove state andando?” chiese Valenti con la consueta aria
interrogativa e sospettosa.
“A studiare!” rispose Liz di getto, con la voce un po’ alterata.
“Dobbiamo prepararci per il compito in classe di venerdì.”
“Mi era sembrato che parlaste di una caverna. Sapete, devo avere sempre tutto
sotto controllo e non posso rischiare che dei giovani si mettano in pericolo
avventurandosi nei boschi di notte” aggiunse con falsa premura. “C’è
forse qualcosa che dovrei sapere?”
“Niente. Assolutamente niente” rispose Liz visibilmente in imbarazzo.
“Ora dobbiamo andare. Arrivederci sceriffo”.
Quella sera, come convenuto,
si ritrovarono alle otto al Crash Down, dopo aver girato tutti a vuoto per la
città per una buona mezz’oretta, nel tentativo di depistare eventuali
curiosi.
L’atmosfera si poteva tagliare col coltello; i ragazzi erano molto nervosi a
causa della presenza dello sceriffo a scuola.
“Sarà stato prudente venire lo stesso?” chiese Maria guardandosi intorno
con crescente preoccupazione.
“Se non te la senti puoi anche tornare a casa subito. L’avevo detto io che
era meglio non dirti niente” le rispose Isabel con tono seccato.
“Ormai sono qui e vengo con voi” disse Maria con poca convinzione,
simulando un coraggio che non aveva. Infatti Isabel l’aveva punta sul vivo.
Sulla jeep rimasero tutti in
silenzio, ciascuno rapito nei suoi pensieri, lasciando poco spazio alla
comunicazione. Posteggiato il veicolo decisero di proseguire a piedi muniti di
torce per orientarsi tra gli arbusti e le sterpaglie.
“Cos’è stato?” chiese ad un certo punto Maria terrorizzata.
“Niente. Sei in compagnia di tre alieni. Riesci a pensare a qualcosa di
peggio?” rispose Isabel con freddezza.
Max, afferratala per un braccio la trasse in disparte: “Isabel, non è il
momento.”
“Ecco, siamo arrivati” esclamò Michael.“Aspettate, c’è qualcosa. Mi
sembra di sentire delle voci!”
“Io non sento niente!”
“Sssh, ascoltate. C’è qualcuno qui!”
In pochi secondi si ritrovarono circondati da numerose persone, sbucate
all’improvviso dal folto degli alberi, che li illuminavano con potenti torce
dalla luce accecante.
“Ero sicuro di aver sentito parlare di una caverna. Guarda guarda: gli Evans,
Liz Parker. Non manca proprio nessuno!” disse con tono provocatorio una voce
proveniente dal gruppo. “Mi volete spiegare cosa ci fate qui a
quest’ora?”
Era ormai evidente a tutti che la voce apparteneva all’ultima persona che
avrebbero voluto incontrare in quel posto: Valenti. E continuò: “Questa
parte di bosco è stata dichiarata inagibile per motivi di sicurezza, non lo
sapevate?”
“No sceriffo, ci dispiace. Eravamo venuti alla riserva indiana per trovare
una persona e poi, col buio, ci siamo ritrovati qui” rispose Michael
improvvisando un ingenuo pretesto.
“Siete di memoria corta, eh?! Già una volta vi ho trovati qui di notte. Era
in occasione del weekend padri-figli. La lezione non vi è bastata? Adesso voi
cinque mi seguirete nel mio ufficio. Avete un bel po’ di cose da spiegarmi e
questa volta non riuscirete a…” ma fu interrotto dalla voce di uno dei suoi
uomini accorso all’improvviso: “Sceriffo, c’è stato un incidente sulla
Statale. Due persone sono uscite di strada dopo che la loro auto ha avuto dei
problemi ai freni. Stanno arrivando i soccorsi e c’è bisogno di lei”.
“Maledizione! Arrivo subito.”
E poi, rivolgendosi ai ragazzi che lo guardavano atterriti:
“Con voi non ho ancora finito. Ci rivedremo presto”.
Detto questo, si allontanò con gli altri.
“L’abbiamo scampata bella per questa volta” disse Liz in un filo di
fiato.
“Sì, ma non è prudente restare qui stasera. È meglio tornare quando le
acque si saranno calmate. Su, torniamo a casa adesso”.
“Io non me ne vado, Max. Sono venuto fin qui e voglio arrivare in fondo a
questa faccenda. In quella caverna c’è qualcosa e io voglio scoprire cos’è!”
disse Michael avviandosi con decisione verso l’entrata.
“Ho detto che è troppo pericoloso e tu adesso torni con noi!” gli intimò
Max.
“Max, Michael, adesso basta. Torniamocene tutti in città. Poi decideremo il
da farsi” disse Isabel cercando di calmarli. “Forse ho un’idea”.
“O.K. ma io ci tornerò, con voi o senza di voi!” concluse Michael.
Il gruppo, una volta riunito in casa degli Evans, fece il punto della
situazione. Cominciò Isabel, che tentò di spiegare agli altri il suo piano.
“Forse abbiamo preso la situazione dal lato sbagliato. Michael dice di aver
visto la porta in sogno. Giusto?”
“Giusto” rispose Michael con aria diffidente.
“Allora non dovremmo andare nella caverna reale ma piuttosto seguire Michael
entrando nel suo sogno. Potrebbe essere là la risposta che cerchiamo. Se
davvero la porta è la chiave per un’altra dimensione…forse dovremmo
entrare attraverso la porta onirica e non attraverso quella esistente in questa
realtà”.
“Potrebbe essere un’idea!” confermò Max. E aggiunse: “Ma non sarà
facile entrare tutti e cinque nel sogno. Penso che Liz e Maria dovrebbero
restare qui. Potrebbe essere pericoloso”.
“Ma noi vogliamo venire!” protestò Liz con decisione.
”Giusto! Ormai siamo troppo coinvolte per stare qui ad aspettare!” aggiunse
Maria alzandosi di scatto, come per dare più autorità alla sua protesta.
“O.K. Allora ci andremo tutti. Stanotte. Aspetteremo che Michael si
addormenti, poi tenteremo di stabilire un contatto tutti insieme, com’è
avvenuto quando ci siamo riuniti per salvare Michael nella caverna.” concluse
Max.
Le ore passavano mentre i
ragazzi attendevano silenziosi, chi seduto sul pavimento, chi sul divano e
tutti fissavano Michael.
“Cos’avete da guardare? Sono troppo nervoso per dormire. Forse è stato
tutto un errore. E poi loro non dovrebbero esserci!” aggiunse indicando Liz e
Maria.
“Bel ringraziamento per tutto quello che stiamo facendo per te. Ricordati che
ti abbiamo salvato la vita!” rispose Maria, senza nascondere la stizza che si
impadroniva di lei ogni volta che pensava a Michael e al suo pessimo carattere.
“Basta, ragazzi. Non c’è altro da fare. Aspettiamo!” disse Isabel con
rassegnazione.
Appena Michael si addormentò Max prese per mano Isabel e invitò Liz e Maria a
unirsi al cerchio per convogliare l’energia verso Michael e, dopo essere
stati avvolti da un accecante bagliore luminoso, si ritrovarono tutti e quattro
nella caverna, in piedi, al fianco di Michael.
“Ce l’abbiamo fatta!” esclamò Max con soddisfazione guardandosi intorno.
“Sì, ma il difficile arriva adesso. Cosa facciamo? Questa è la porta e più
in là non sono mai arrivato” disse Michael.
“Non ci resta che scoprirlo. In fin dei conti questo è un sogno, no? Non
dovrebbe accaderci nulla di pericoloso” aggiunse Liz con fiducia.
“Non
sono del tutto sicuro che si tratti di un sogno. Qualunque cosa ci sia al di là
è possibile che, una volta varcata questa porta, non potremo mai più tornare
indietro”.
“Forse non dovremmo entrare.
Tutto considerato che bisogno c’è di rischiare tanto? E se davvero non
riuscissimo più a tornare indietro? E se entrando venissimo ridotti in
minuscole particelle di polvere cosmica?” chiese Maria col terrore negli
occhi.
Quando si era imbarcata in quest’impresa non ne aveva considerato bene tutti
i rischi.
“Tu hai visto troppi film di fantascienza. Secondo me aspetti ancora che ci
spuntino le antenne verdi da un momento all’altro…” rispose Isabel, per
sdrammatizzare l’ansia del momento.
“Non mi sembra il caso di scherzare. Prima di entrare dobbiamo essere tutti
convinti. Vi ricordate cosa ci ha detto River Dog? L’Equilibrio può essere
turbato anche da una sola persona che abbia paura. Quindi, se qualcuno non se
la sente deve dirlo adesso e restare al di qua della porta” disse Max con
tono saggio. Era forse l’unico ad aver compreso a fondo la portata
dell’esperienza che si stavano accingendo a vivere.
“Io sono pronto!” esclamò Michael con sicurezza.
“Anche io!” gli fece eco Isabel.
“E voi? Cosa intendete fare? Venite con noi?” chiese Max all’indirizzo di
Liz e Maria che avevano involontariamente indietreggiato di qualche passo.
“Liz, non lo so. Ho paura. È tutto così strano qui…” farfugliò Maria
guardando l’amica come se fosse in cerca di un sostegno morale o di qualcuno
che decidesse per lei.
“Maria, io devo andare, capisci? Non posso abbandonare Max proprio adesso.
Forse siamo ad un passo dalla verità e…”. Mentre pronunciava queste parole
il suo sguardo continuava ad andare dalla sua amica a Max e viceversa. “Ma tu
non sei obbligata, puoi aspettarci qui” concluse.
“No. Voglio venire! Al diavolo i film dell’orrore e la paura. Dopo tutto è
un sogno, no? O almeno lo spero! Coraggio, prima che cambi idea!”.
“Va bene. Allora siete tutti pronti? Forza, entriamo” disse Max con autorità.
Si presero tutti e cinque per mano e, varcata la soglia, furono inghiottiti
dalla nebbia.
“Dove siamo?” chiese Liz guardandosi intorno.
“Io non vedo nulla. E voi?” esclamò Maria mentre tentava di scorgere
qualcosa.
“Ci siete tutti?” chiese Max stringendo con forza la mano di Liz e quella
di Isabel, come per assicurarsi che non si fossero allontanate.
“Sì” fu la risposta unanime che lo rassicurò.
“Ehi, mi sembra di vedere qualcosa” disse Michael strizzando gli occhi.
Infatti la nebbia stava lentamente svanendo e intorno ai ragazzi stava
prendendo forma un panorama estraneo.
“Di certo non siamo più nella caverna” affermò Maria notando subito che
intorno a loro c’era un’irreale luce azzurrina.
“Ehi, guardate in alto. Non ho mai visto niente del genere!” esclamò
Isabel con sorpresa.
Sopra le loro teste erano visibili stelle molto splendenti ma non riconducibili
ad alcuna costellazione nota.
Il pensiero di Isabel corse subito ad Alex e alla sera trascorsa insieme ad
ammirare le stelle. Questo spettacolo insolito gli sarebbe senz’altro
piaciuto molto.
“Ma cosa diavolo vai a pensare? In un momento come questo ti viene in mente
Alex!” disse a sé stessa senza accorgersi di aver parlato ad alta voce.
Nonostante non fosse più una bambina non aveva ancora imparato a fare i conti
con i suoi nuovi sentimenti.
“Hai detto qualcosa?” le chiese apprensivo Max.
“No, niente. Stavo pensando che non conosco nessuna di queste costellazioni.
Qualcuno riesce ad immaginare dove ci troviamo?”
“Non chiedetelo a me. Se non lo sapete voi…” disse Maria con una certa
inquietudine.
“Se lo sapessimo probabilmente non saremmo qui!” le rispose Michael con
l’aria di chi ribadisce un concetto ovvio.
“Scusa, non intendevo offenderti. Neanche nello spazio riesci mai ad essere
un po’ gentile!” esclamò Maria con aria di sufficienza.
“Senti, se non la finisci io…” ma lo interruppe Max che indicò alcune
fonti di luce che prima non avevano notato.
“E quelli cosa sono?” chiese Isabel.
“Non ne ho idea. Proviamo ad avvicinarci. Ma non perdiamoci mai di vista.
Finché stiamo insieme non può accaderci nulla” concluse Max avviandosi
lungo quello che sembrava un lungo corridoio all’aperto.
Sui
lati si trovavano due file di luci dalla forma globulare, mentre il pavimento
era costituito da una pietra luminescente di colore azzurro, simile al
materiale che componeva le pietre custodite da River Dog.
“Direi di seguire questa strada. O qualcuno ha un’idea migliore?” chiese
Michael guardando gli amici.
Una volta appurato che intorno alla strada luminescente non c’era
assolutamente nulla, se non un deserto terreno pianeggiante e polveroso, furono
tutti d’accordo nell’incamminarsi lungo il viale luminoso.
Nel pavimento erano visibili scritte misteriose, che ricordavano le iscrizioni
della caverna.
“Secondo voi cosa vogliono dire?” chiese Liz con curiosità.
“Non ne ho idea. Eppure mi sembrano familiari. È come se mi mancasse il
prontuario per decifrarle. Che ne pensate?” chiese Max.
“Non lo so. Per essere sincero mi aspettavo qualcosa di diverso. Tutto questo
silenzio non mi piace” rispose Michael guardandosi intorno.
“Magari questo è solo l’ingresso e il centro abitato è in fondo a questa
strada!” disse Maria cercando di ricondurre quanto vedeva a qualcosa di
familiare e rassicurante.
Continuavano ad avanzare ma il lungo corridoio sembrava non avere mai fine.
“Vorrei tanto essere già arrivata. Questa attesa mi sta spaventando!”
continuò stringendo la mano di Liz come per rubarle un po’ del suo coraggio.
Non aveva terminato di dire queste parole che furono tutti avvolti in una luce
azzurra ed ebbero la sensazione di venire improvvisamente accelerati lungo un
tunnel multicolore, come se fossero stati a bordo di un treno invisibile.
I ragazzi urlarono per la sorpresa di essere stati improvvisamente strappati
alla loro posizione di equilibrio per sentirsi trascinare via da una forza
misteriosa.
Improvvisamente il viaggio terminò e si ritrovarono sul pavimento di una
stanza.
“Ahhhh! Cosa è stato?” urlò Maria in preda al panico.
“Calmati, credo che si sia trattato di una specie di mezzo di trasporto. È
bastato che dicessi che volevi essere già arrivata ed eccoti accontentata.
Stai più attenta a quello che dici, la prossima volta!” le rispose Michael
mentre si rialzava da terra e si toglieva la polvere dai vestiti.
“E questo che posto è?” chiese Isabel.
“Non lo so. Non ci sono finestre, né oggetti di alcun genere. Niente. È una
specie di cubo liscio, chiuso e senza uscite” disse Max guardandosi intorno
ed ispezionando con le mani le pareti della stanza.
“Ma bene! Abbiamo fatto proprio un bel guadagno! Siamo arrivati dall’altra
parte dell’universo per restare chiusi dentro un cubo senza poter uscire”
esclamò Maria.
Ad un certo punto Max vide su una delle pareti il simbolo del ciondolo di
Isabel.
“Ehi, venite qui, ho trovato qualcosa!”
“Ma è il simbolo del ciondolo. Lo stesso del bosco!” esclamò Liz.
“Già. Proviamo a toccarlo: magari succederà qualcosa!” disse Michael
allungando la mano.
“Aspetta: muoviamoci con calma. Proviamo a imporre le nostre mani
contemporaneamente” disse Max rivolto a Isabel e Michael.
Così fecero e il simbolo divenne dapprima luminoso, poi trasparente. La parete
stessa cominciò a diventare traslucida, poi trasparente e infine scomparve del
tutto rivelando ciò che si nascondeva dall’altra parte.
“Uau, è meglio che nei films!” esclamò Maria spalancando gli occhi.
Lo spettacolo che si offriva ai visitatori era incredibile: un’intera città,
composta da edifici di forma geometrica in pietra luminescente, privi di
finestre, con strani tetti metallici. Le strade erano lisce, levigate, prive di
veicoli. Si distinguevano solo i globi luminosi, visti subito dopo il loro
arrivo, che segnavano il limitare delle vie.
“Ho l’impressione di essere già stato qui. Ma si tratta solo di ricordi
confusi” esclamò Max.
“Anch’io ho la stessa sensazione” rispose Isabel.
“Bhè, che si fa? Facciamo un giro?” chiese Michael con impazienza.
“Direi che non c’è altro da fare. Magari troveremo una spiegazione alle
nostre domande…” rispose Max e, dopo una pausa di riflessione, aggiunse:
“…o qualcuno a cui chiedere…”.
Poi si avviò lungo uno degli ampi viali deserti.
“Sai cosa mi inquieta più di tutto? Il fatto che questo posto sembra
disabitato. Come mai non si vede nessuno? Forse ci stanno spiando e non li
vediamo?” chiese Liz esplorando l’esterno di una delle abitazioni.
“Non credo, non avverto nessuna presenza. È come se un tempo qui avessero
abitato delle persone che ora non ci sono più” disse Isabel toccando una
parete.
“Potrebbe trattarsi dei nostri antenati. E se fossimo gli ultimi
sopravvissuti di una razza estinta? Se gli ultimi abitanti si fossero imbarcati
sull’astronave in cui eravamo anche noi per raggiungere la Terra per sfuggire
a un pericolo che minacciava questo mondo?” chiese Max guardando Isabel.
“Ehi, ehi, non correte troppo con la fantasia. Non è detto che siano
scomparsi tutti. Altrimenti chi ci avrebbe mandato i messaggi che abbiamo
ricevuto e le visioni? No, io credo che ci sia qualcuno, dobbiamo solo
trovarlo” esclamò Michael cercando di convincere più se stesso che gli
altri.
Proseguendo
lungo la via si ritrovarono in quella che doveva essere la piazza centrale
della città. All’incrocio delle strade si trovava una costruzione metallica,
di forma poligonale. Sulla facciata principale era ben visibile il consueto
simbolo misterioso.
“Sento che dovremmo entrare. Ci stanno aspettando” disse Michael.
“Chi ci sta aspettando, se non ti dispiace spiegare anche a noi comuni
mortali i tuoi segreti?” chiese Maria.
“Ancora non lo so. Ma io intendo entrare” concluse. Era chiaro a tutti che
Michael, tra i cinque, era il più coraggioso anche perché sentiva di non
avere tutto sommato nulla da perdere. Aveva atteso per anni questo momento e
voleva arrivare fino in fondo.
Appena si avvicinò al simbolo si spalancò una porta della quale non si erano
accorti. Si percepiva appena, attraverso l’apertura, la strana luminescenza
azzurrina che caratterizzava l’intera città, alla quale si stavano ormai
abituando.
“Va bene, entriamo. Non possiamo lasciarlo solo” esclamò Max.
Una volta all’interno della costruzione notarono delle postazioni di
controllo, con diverse spie luminose intermittenti.
“Qualcosa mi dice che abbiamo fatto centro” disse Michael. Questo è il
cervello dell’intera città”. La sua voce arrivava agli altri come irreale,
con un’insolita eco che prolungava indefinitamente le sue parole.
“Sì ma perché non c’è nessuno? Dove sono finiti tutti?” chiese Maria
allungando la mano verso uno dei pannelli.
“No, ferma, non toccare. Non sappiamo ancora cos’è e…” ma Max non fece
in tempo a terminare la frase che si udì risuonare una voce metallica, che
sembrava provenire dal nulla.
“Cosa sta dicendo? Sono frasi incomprensibili!” esclamò Liz.
“Ssssh, mi ricorda qualcosa ma non riesco a capire!” disse Michael
sottovoce e poi, elevando il tono, chiese: ”Chi sei? Perché non ti fai
vedere? Non riusciamo a capirti! Parli la nostra lingua?”
Silenzio.
Dopo
un attimo, però, la voce metallica riprese e questa volta parlò in maniera
chiara:
“Bentornati. Vi stavo aspettando da tanto tempo. Da quando lasciaste il
pianeta per intraprendere il viaggio”.
“Chi sei? Come fai a conoscerci?” riprese Michael con tono incalzante.
Avrebbe avuto mille domande da fargli ma sul momento non gliene veniva in mente
nessuna.
“Io vi conosco molto bene. Bentornati nel vostro mondo. O in quello che ne
rimane…”
“Cosa vuoi dire? Dove sono andati tutti?”
“Sono partiti. Proprio come voi. Io sono il Custode. Ormai qui sono rimasto
solo io”.
“Ma…e la mia famiglia? Come posso parlare con qualcuno?”
“Puoi parlare con me. Io rappresento la coscienza di questo mondo.”
“Maledizione, ma come posso contattare gli altri?” incalzava Michael.
“Saranno loro che si metteranno in contatto con te. Devi solo aver pazienza e
attendere”.
“È una vita che attendo. Speravo di trovare qui le risposte. Perché mi hai
portato fin qui allora?”
“Non sono io che ti ho portato. Sei tu che sei venuto di tua spontanea volontà.
Hai scelto di varcare la Porta”.
“Aspettate un attimo, ci siamo anche noi!” esclamò Max, che fino ad allora
era rimasto ad ascoltare.
“Chiedetemi pure ciò che volete sapere. Io sono qui per rispondervi. Ma non
abbiamo molto tempo: la vostra visita richiede molta energia e l’avete quasi
terminata”.
“Aspetta:
ci sono altri come noi, dunque?”
“Certo. Anche loro hanno intrapreso il viaggio da questo mondo verso la
Terra. E hanno lasciato dei messaggi per voi sulla Terra. Così li potrete
trovare”.
“Sì ma come possiamo rintracciarli? Ma che sta succedendo?” chiese Max
guardandosi intorno con crescente preoccupazione.
La stanza stava infatti scomparendo nella nebbia.
“Ma potremo un giorno tornare qui? Rispondici: potremo tornare, insieme agli
altri?”
“Non subito. Se lo vorrete dovrete prima…” e la voce metallica svanì
anch’essa nella nebbia.
I ragazzi si ritrovarono per terra, in casa degli Evans, un po’ intontiti e
molto affaticati, con qualche granello di polvere azzurrina sui vestiti.
“Co-cosa è successo?” chiese Maria stropicciandosi gli occhi.
“È successo che siamo tornati prima di riuscire a scoprire come fare per
trovare gli altri e tornare sul nostro mondo” rispose Michael. E continuò:
“È tutta colpa mia, avrei dovuto chiedergli altre cose, perdere meno
tempo…”
“Non devi sentirti in colpa. Forse non era ancora il momento giusto. Se è
vero quello che ci ha detto il Custode avremo presto notizie degli altri” lo
rincuorò Max mettendogli una mano sulla spalla.
“Sì, ma quando? Se avessi…”
“Ssssh, ora calmati. Liz, Maria, forse dovreste tornarvene a casa e dormirci
sopra. Domani parleremo di tutto
questo con più calma. Coraggio, ragazze, andate. È meglio che Michael per
questa notte resti a dormire da noi”.
Detto questo le accompagnò verso la porta. Prima di uscire Liz si voltò a
guardare i ragazzi.
Isabel abbracciava Michael e singhiozzava: “Eravamo così vicini, così
vicini…”.
“L’ ho vista così sconvolta solo quando pensava che Michael fosse morto”
esclamò Maria guardando Max e Liz con aria depressa.
“Coraggio, Maria, è ora di andare” concluse Liz e richiusero la porta alle
loro spalle.
Scritta
da Joy |