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IL PARADOSSO TEMPORALE (3)


Riassunto: seguito e conclusione di "Il loro passato"; prima che tutto possa essere risolto Liz, Sabrina e Maria scompaiono finendo su un pianeta. Devono progettare la fuga e riescono a scappare dalla prigione in cui erano state messe. Rifugiatesi però in una vecchia fattoria Sabrina viene presa e toccherà a Liz e Maria pilotare l’astronave che le riporterà sulla Terra per avvisare Joshua… fine.

Data creazione: 16/01/2001

Valutazione contenuto: per tutti.    

Disclaimer: tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB tranne Sabrina Jane Tucker, Joshua Dale, Sweet, l’alieno, il Supremo e gli abitanti di Timi che sono invenzione esclusivamente dall’autrice. Vi è presente inoltre un accenno ai West Life. Il racconto è proprietà del sito Roswell.it.

La mia E-mail è acquachiara84@hotmail.com


Salve,
            sono Liz Parker e la mia storia continua di giorno in giorno. Certo è difficile credere a tutto quello che si vede eppure io credo anche a cose che non si vedono. Quella sera, in casa di Sabrina, mi è successa una cosa talmente strana che mi vengono i brividi solo a pensarci. Quanti di noi hanno mai desiderato, anche solo per una volta, leggere i pensieri degli altri? A me è successo realmente. Volevo leggere i pensieri di Max e ho sentito qualcosa. Non ho avvertito le parole di quello che pensava come tutti credono di provare in quel momento, ma percepivo ciò che rifletteva. E’ complicato da spiegare, ma in quel momento mi sembrava di essere un tutt’uno con lui. Non appartenevo più a me stessa, ero sua e mi vedevo attraverso i suoi occhi, rannicchiata addosso a Maria a guardare malinconica il tappeto persiano. Percepivo che Max avrebbe voluto correre, abbracciarmi, rassicurarmi eppure qualcosa, la consapevolezza di essere in colpa lo bloccava. Lo stesso valeva per me eppure non avevo nessun motivo per sentirmi in colpa se non quello di non riuscire a perdonarlo completamente per quello che mi stava facendo. In fondo a me stessa sentivo la sua parte aliena, mi bruciava il sangue nelle vene, parole che si confondevano l’una con l’altra.

Improvvisamente tornai a essere Liz Parker, figlia unica dei miei genitori. Alzai lo sguardo per guardarmi intorno e scoprii Sabrina con gli occhi chiusi e la testa tra le mani. Improvvisamente alzò la testa e mi guardò col sorriso complice e capii che era stata lei a mettermi in una specie di collegamento telepatico con Max. Guardai lui e mi si strinse il cuore quando i miei occhi incontrarono i suoi ed ero consapevole che lui non poteva sapere cosa mi fosse successo. Nessuno in quella stanza tranne Sabrina lo sapeva. Mi accorsi che Joshua era sparito, ma non chiesi niente per paura di essere scoperta. Capivo che toccava a me fare qualcosa per mettere a posto la situazione tra me e Max ma in quel momento l’unica cosa che volevo fare era scomparire.
Il silenzio calava su di noi, così mi alzai e mi diressi verso lo stereo guardando prima Sabrina per una conferma. Se dovevamo aspettare almeno avremmo avuto uno stacco da quell’inquietudine che ci circondava. Una frequenza presa a caso stava trasmettendo una canzone nuova dei West Life e speravo di sapere il titolo tanto per tenere occupata la mente. Non fece a tempo nemmeno a passare un minuto che la stanza fu percorsa dal suonare del campanello e fu come se uno spillo mi avesse punto facendomi quasi precipitare verso di essa prima di altri. Aprii la porta per trovarmi una Tess sorridente a cui si spense immediatamente il sorriso. Rimanemmo a fronteggiarci e le feci segno di entrare mentre il cuore mi batteva a mille e sentivo il sangue pulsarmi nella testa. Chiusi la porta e mi ci dovetti appoggiare mentre Tess avanzava nella stanza e si rendeva conto di essere rimasta in trappola. Sicuramente Max non le aveva detto tutto e soprattutto che ci fossero anche Maria, Alex e io. La raggiunsi e le rimasi a fianco e improvvisamente la mia rabbia nei suoi confronti sparì perché capii che Max mi amava per quello che ero e per Tess era qualcosa di più del nostro rapporto, erano della stessa razza e dovevano rimanere uniti.
A Tess raccontarono ciò che Joshua, temporaneamente sparito, aveva detto mentre io e Sabrina decidemmo di andarlo a cercare. Non sembrava ma noi due eravamo più simili di quello che poteva apparire. Entrambe in un’ora avevamo avuto un’esperienza sconcertante. Se lei era abituata alle cose strane anch’io, ma non mi era mai successo che un mio desiderio al di sopra di ogni fantasia umana si avverasse così su due piedi. A lei invece era stata svelata la sua esistenza, il perché si trovava sulla Terra. In casa non lo trovammo da nessuna parte e mi misi a ridere ritrovando il mio buon umore sentendo quante Sabrina gliene disse dietro incolpandolo per ogni minima cosa le capitasse.

Prendemmo la giacca e l’ombrello e uscimmo insieme mentre la neve si stava ancora accumulando sulle strade deserte, sui marciapiedi e sui tetti delle case. Non parlammo capendo immediatamente che l’una aveva bisogno come l’altra di riprendersi, e più che cercare qualcosa seguimmo un paio delle migliaia delle impronte. Improvvisamente una folata fredda che portò con se una manciata di neve ci travolse in pieno e insieme alzammo gli occhi ritrovandoci davanti a una strana costruzione in metallo che non avevo mai visto. Mi spaventai notando che poteva essere paragonata a una grattacielo di cinque piani e non lo avevo mai notato dopo aver vissuto a Roswell per un’intera vita. Sabrina si aggrappò al mio braccio e capivo che il suo desiderio di tornare indietro era grande quanto il mio. Qualcosa, come un invisibile filo, ci guidò lungo il vialetto lastricato mentre la neve ormai ghiacciata scricchiolava sinistramente sotto i nostri scarponi. Rimanemmo un istante sulla porta semiaperta e alla fine facemmo il passo definitivo per entrare. La semioscurità all’interno permetteva che vedessimo qualcosa eppure più volte inciampammo e solo grazie all’aiuto dell’altra riuscivamo a tenerci su. Improvvisamente un rumore dietro ci fece quasi urlare di spavento quando la porta sbatté. Una figura si avvicinò a noi e Sabrina tirò fuori un piccolo coltellino svizzero dalla tasca della giacca.
- Calme! Sono solo io! Possibile che faccio spesso questo effetto? - chiese Maria guardandosi attorno per capire dove erano finite.
- Maria! Cosa ci fai qui? - esclamammo in coro noi due.
Maria si avvicinò a noi e parlò ad alta voce - Volevo vedere se vi stavate cacciando nei guai! Mi preoccupo per voi e voialtre mi aggredite?
- Scusa. Solo che ci siamo molto spaventate e credo che sia una cosa normale fare così - esclamò Sabrina stringendosi nella giacca a vento
- Comunque, ti dispiacerebbe abbassare la voce?
Maria si guardò attorno e seguì il consiglio di Sabrina rendendosi conto che nemmeno lei sapeva dove fossero finite - Ma perché siamo qui? C’è per caso un’astronave?
- Maria! - esclamai.
- Era solo un’idea. Spero solo di non trovare qualche sorpresa. Non credo reggerei!
- Pensa lo stesso di me - commentò Sabrina - Ora che si fa?
- Perché non torniamo indietro? Dopotutto nessuno ci obbliga a esplorare casolari desolati e mai visti prima! - disse Maria.
- Allora non era solo una mia impressione, vero Maria? Questo edificio non c’è mai stato! Certo che da quando sei arrivata Sabrina ne succedono di cose strane. Prima la neve e adesso case che compaiono dal nulla. Non è che sapresti darmi qualche spiegazione? - domandai esigente.
- Sinceramente no! Spero che per ora ti possa bastare. Ad ogni modo… io andrò avanti perché un mistero può sempre essere pericoloso. Non possiamo tornare indietro proprio adesso! Se usciamo questo forse sparirà alle nostre spalle e dopotutto… cosa ne sappiamo noi se non esiste più Roswell al di fuori della porta? Magari siamo in qualche piano dimensionale… - Sabrina stava scherzando ma Maria la prese sul serio e si diresse verso la porta. Aprendola vide ancora le sue impronte quasi coperte dalla nuova neve.
- Sabrina. Preferirei che stessi zitta prima che scappo a gambe levate lasciandovi qui!
- Io sono d’accordo con Sabrina - affermai decisa - Se non te la senti Maria puoi tornare indietro. Noi andremo avanti!
- Va bene! - Maria fece dei gesti buffi con le mani - Ma se la cosa si fa rischiosa ce ne andiamo tutte e tre, capito?
- Sì, boss! - le rispose Sabrina ridendo.
Maria la squadrò e tutte tre procedemmo lentamente lungo l’edificio tra vetri rotti e rottami arrugginiti fino ad arrivare a una rampa di scale. Avevo le mani congelate che inutilmente infilavo nelle tasche illudendomi di ottenere sollievo. Ci soffiai sopra sperando che servisse a qualcosa e Sabrina se ne accorse. Mi prese le mani e appoggiandomi sopra le sue me le scaldò e incredibilmente rimasero calde fino a quando tutto non fu finito. Lo stesso fece con Maria. Sopra alle nostre  mani rimase solo una debole traccia verde che sparì quasi subito. Questo era un altro effetto della mutazione probabilmente e cioè che l’impronta della mano era veloce a scomparire tanto che quasi la sua forma era irriconoscibile.

Arrivammo in una stanza dove la luminosità di una lampada diffondeva la sua luce morbida per tutti i dieci metri quadrati. C’era una tavola apparecchiata per quattro e a capotavola di essa c’era un uomo. Non l’avevo mai visto e dall’espressione delle altre due nemmeno loro. Ci fece segno di sederci e invece rimanemmo lì a fissarlo a bocca aperta.
- Non mangio! - esclamò lui.
Sabrina commentò sarcasticamente vedendolo mangiare un pezzo di pane con voracità - A me sembra il contrario!
- Tu devi essere Sabrina - disse lui per nulla turbato - Tu invece Liz e tu Maria - disse ancora indicandoci.
Sabrina fece un passo indietro - Come fai a sapere i nostri nomi? Io non ti ho mai visto!
- Questo è vero - Tranquillamente continuava a mangiare e le sue pause tra una frase e l’altra sembravano un’eternità - Ma so chi sei. So anche quello che hanno ben chiaro Liz e Maria.
- E che cosa precisamente? - chiese ancora Sabrina. Ne io ne Maria avevamo il coraggio di parlare.
- Semplicemente che tu vieni da lassù - e con un dito indicò il cielo - e che loro conoscono e vivono esperienze di altri simili a te.
- Liz, andiamocene - mi pregò Maria sottovoce.
- Credo che non possiate farlo! - esclamò tranquillamente l’uomo fissando intensamente Maria - Fuori da quella porta esiste il nulla. Prima Sabrina mi ha suggerito un’idea che non potevo perdermi!
Avrei scommesso che Sabrina si sarebbe voluta nascondere sotto le sue stesse scarpe dopo l’occhiata che Maria le rivolse che aveva tutta l’intenzione di dire: Io e te ce la vediamo dopo.
Sabrina strinse i pugni visibilmente e prese il coraggio a due mani - Non so chi sia tu e nemmeno cosa voglia da noi, quindi o ci dici qualcosa che possa esserci utile per capire oppure ti faccio ingoiare tutto quello che trovo sulla tavola fino a farti fare un’indigestione!
- Sabrina! - esclamai terrorizzata. Non mi sembrava ne il luogo ne il momento per dire certe cose a un uomo che poteva far apparire palazzi e far sparire noi dalla realtà.
- Mamma mia! Che lingua! Andrai perfettamente per quello che ho in mente! Voi due invece non dite niente? - l’uomo aveva parlato ridendo.
- Vogliamo andarcene da qui! - piagnucolò Maria.
- Vi accontento subito se proprio insistete.
Sabrina si avvicinò a noi mentre la stanza cominciava a cambiare aspetto fino a che i colori si mischiarono e il vento gelido degli spifferi nei muri venne sostituito da una calda brezza. Il profumo di fiori e lo scroscio di un ruscello ci accolse. Aprimmo gli occhi che non ci eravamo accorte di avere chiuso e ci guardammo attorno stringendoci l’una con l’altra mentre l’uomo ora appariva da vecchio e vestito di stracci tanto maestoso da fare più paura ancora.
- Dove siamo? - domandò Sabrina toccando la foglia pendente di un piccola pianta - Sembra qualche giungla.
- E lo è! - affermò l’uomo tirando fuori uno strano aggeggio in metallo.
Sabrina scrollò la testa e tentò di mettere a fuoco l’oggetto - Che cos’è? Una pistola laser?
- Certo. Non posso rischiare che scappiate anche se a dire la verità qua non siete sulla Terra.
- Cosa?! - esclamammo in coro tutte e tre.
- Dobbiamo attirare in trappola quel bellimbusto di tuo marito! Ci ha combinato un sacco di guai durante gli ultimi cinque anni e dobbiamo fargliela pagare. Tu eri l’unica che lo avrebbe potuto portare qui! Peccato che sono venute anche le tue amichette, loro non c’entravano niente!
- Ma dove ci troviamo? Su quale pianeta? - esclami finalmente io.
L’uomo mi fissò e per un momento sembrò impaurito dalla domanda - Un pianeta lontano anni luce dalla Terra. Si chiama Timi e per ancora millenni non avrete la possibilità di poterlo trovare con quei primitivi telescopi e quelle astronavi che arrivano a malapena vicino a Marte schiantandosi poi sul suolo. Ora muoviamoci. Il Supremo vorrà vedervi.
Fece segno di addentrarci all’interno di una radura lungo un sentiero fangoso e facemmo appena in tempo a scorgere quella costruzione in cui eravamo. Un pensiero terribile mi si fece spazio e credo che quella fosse un’astronave che mentre eravamo tranquilli (per modo dire) a parlare si stava già muovendo e poi era stato facile per quello portarci fuori di lì. Nessuna di noi ebbe però il coraggio di chiedere conferma.
Non seppi per quanto camminammo e cominciavo a sentire già mancanza di tutto quello che era stato. Non sapevo se mai sarei potuta tornare o se fossi rimasta viva per i prossimi dieci anni o prima. Con la memoria vedevo fotogrammi della mia vita, Mia madre, mio padre, Maria, Max, Isabel, Michael, Sweet, Sabrina e Joshua. Persino Kyle e Tess mi vennero in mente. Maria mi stringeva convulsamente la mano mentre Sabrina camminava incespicando continuamente di fianco a noi e aggrappandosi a qualche ramo.

Finalmente giungemmo ai margini di un villaggio dove molte strane cose si muovevano. Non era come gli umani si immaginassero gli alieni e tutte le mie credenze che fino a quel momento gli alieni potessero avere la pelle verde e le antenne cadde del tutto quando già aveva cominciato a incrinarsi con l’arrivo di Max, Michael e Isabel. Erano strane forme trasparenti che assumevano il colore di quello che toccavano, tipo i camaleonti.
Le case erano piccole e costruite con la paglia e sembrava di essere tornati ancora ai primi anni della nascita di Roma. Eppure sembrava anche di essere proiettati in un futuro di quasi mille anni. Non potevo credere ai miei occhi e nemmeno Maria e Sabrina che immobili guardavano quelle specie multicolori. Nonostante la situazione in cui mi trovavo dovevo ammettere che era bellissimo.
Mi risvegliai solo quando ricevetti una brusca spinta in avanti e mi accorsi che qualcosa di freddo mi aveva afferrata sulla mano e sul collo. Sembrava quasi che le parti che mi toccavano si informicolissero e cominciai ad avere sonno che a malapena mi tenevo su. Quasi come in un sogno sentii che venivo sollevata da terra e trasportata, ma improvvisamente cedetti e un turbine tricolore mi avvolse nel suo mantello.

Quando mi risvegliai mi ritrovai in una fredda cella senza nessun ornamento sdraiata su un letto con una semplice e sdrucita coperta. Guardandomi meglio attorno scorsi Sabrina ancora addormentata e Maria che sbuffando disse - Guarda che accoglienza!
- Maria! Ti sembra il momento di fare dell’umorismo?
- Non c’è niente da fare qui e l’unica cosa che mi rimane è quella!
- Dobbiamo trovare un modo per andarcene via di qui! - esclamai.
- Ok! Buttiamoci addosso alla porta e sfondiamola. Scappiamo a gambe levate e chi si è visto si è visto!
La fissai nervosa - Smettila!
- Anche se riuscissimo a uscire di qui l’unica cosa che possiamo fare è quella di vagare per un mondo sperduto alla ricerca di cibo e acqua! Siamo finite!
- Maria! Se parli così finirà che anch’io diventerò così drastica!
- Io credo invece che ci sia ancora una possibilità - Sabrina si era svegliata e aveva detto la sua.
Sia io che Maria cominciammo a guardarla con la speranza che si leggeva negli occhi.
- Prima però preferirei controllare di persona e aspetterò dopo che ci avranno dato il pasto. Se così fosse vi dirò che cosa ho in mente - Sabrina si sedette e guardò una parete della cella - Muovetevi che ho fame!
- Sabrina! Hai intenzione di farci morire di curiosità? - chiesi in tono di supplica.
- Vi direi tutto volentieri, ma se così facessi non mi permettereste di controllare una cosa! - affermò Sabrina.
Rimanemmo in silenzio e dovetti alzarmi a sgranchire le gambe per paura che non fossi più in grado di camminare. Osservavo Maria che si rosicchiava le unghie nervosamente e Sabrina che invece fissava un punto nel muro in evidente contemplazione.
- Cosa darei per avere qualche goccia - sospirò Maria.
- Goccia di cosa? - chiese Sabrina osservandoci entrambe.
- Niente. Uno scacciapensieri, ricetta della madre di Maria - dissi io e ripresi a muovermi.
Si alzò anche Sabrina e si avvicinò alla parete che aveva fissato gridando - Ma che ospitalità vi sembra questa? Ho fame e ancora nessuno si è fatto vedere!
- Sabrina! Ma con chi stai parlando? Sono solo pareti e mi viene da chiedermi se non le abbiamo attraversate - le chiesi sorpresa del suo comportamento.
Sabrina mi fissò senza dirmi niente e improvvisamente una porta si aprì nel muro. Capii che era stata mimetizzata molto bene. Una di quelle strane forme portava un carrellino con sopra singolari cose e compresi che doveva essere il nostro pranzo. Mi assalì la nausea alla sola idea di assaggiarne anche solo un poco.
- Che cos’è? - chiesi guardando quasi attraverso la forma colorata sperando di ottenere risposta. Mi giunse alle orecchie solamente un grugnito.
Quello strano essere ci lasciò e rimasi a contemplare le portate divise in tre piatti stracolmi. Sabrina invece non perse tempo e si precipitò a recuperarne uno mangiandolo avidamente.
- Ma come fai? - lo sdegno di Maria le fece alzare la testa.
- Non ci crederete ma questo cibo è veramente buono e io ho effettivamente fame! Non credo che se voi aveste davvero fame lascereste qui tutto questo! - rispose lei ricominciando a mangiare.
Quasi convinta mi azzardai ad avvicinarmi e a prendere una strana crema verde sul dito. La annusai e la assaggiai lentamente scoprendo che in effetti non era poi tanto male anche se l’aspetto lasciava a desiderare. Era inoltre un buono spunto per un nuovo piatto al Crashdown. Mi rimproverai dicendomi che forse non sarei più tornata.
Maria invece decise di declinare l’offerta e lasciò lì il suo piatto. Non riusciva proprio a credere che una cosa così potesse essere buona. Quando Sabrina ebbe finito di mangiare Maria esclamò impaziente - Allora ci vuoi spiegare?
- Abbassa la voce! Adesso io mi metterò a dormire un attimo - rispose Sabrina a bassa voce - e proietterò la mia immagine fuori di qui! Se qualcuno dovesse arrivare dite che sono addormentata e tentate di non svegliarmi in alcun modo.
- Ma dove hai intenzione di andare con la mente? - chiesi dubbiosa del suo piano.
- Aspettate e saprete - si risdraiò sulla branda e si girò verso il muro. Da allora non parlò più.
Maria stava per aprire la bocca e con l’indice le feci segno di non parlare. Il tempo sembrò infinitamente lungo mentre pensavo a cosa fare. Camminavo silenziosamente per la stanza e tastavo il muro alla ricerca di qualche inesistente passaggio segreto. Maria osservava ogni mia mossa con lo sguardo perso. Nessuna delle due aveva niente da dire anche se le domande si affollavano sulle nostre labbra bloccandosi. Sentivo il tempo che scorreva al mio interno e sembrava inarrestabile come se sulla Terra scorresse ancora più veloce. Se fossimo riuscite a tornare il tempo sarebbe stato sempre lo stesso? L’anno? I pensieri alla fine finirono di scorrere e la mia mente rimase vuota. Mi sedetti sul giaciglio prendendomi la testa tra le mani e senza pensare a niente. Il viso di Max mi balenò davanti agli occhi e così quello di Tess. Una tristezza profonda mi fasciò e mi privò di ogni forza e volontà. A tratti non avevo voglia di tornare a casa e ad altri invece il desiderio era così forte da far male. Alzai lo sguardo su Maria e anche lei fece lo stesso come se lo avesse percepito. Parlai ma senza nemmeno bisbigliare, solo col movimento delle labbra - Ho paura!
Maria annuì - Sento la mancanza di Valenti, sai?
Mi misi a ridere - Un po’ anch’io.
Nessuna poi parlò più e mi sdraiai sul lettino aspettando l’arrivo di Sabrina. Quanto ancora ci sarebbe voluto? La noia era una cosa terribile in un posto come quello, con l’angoscia che mi attanagliava senza lasciarmi respiro. Pensavo che non mi sarei addormentata eppure chiusi gli occhi e cominciai a sognare semplicemente la vita di tutti i giorni, il mio desiderio più grande.

Mi sentii scuotere proprio nel bel mezzo del mio sogno. In un primo momento credetti che fosse Max che dopo avermi tenuta tra le braccia cominciò a muovermi così violentemente, ma aprendo gli occhi alla realtà vidi il viso di Sabrina. Sul suo volto una luce nuova e determinata.
- Possiamo andarcene! - esclamò a bassa voce.
Maria era già sveglia e vedevo la sua agitazione mentre quasi correva per la stanza. Sabrina non ci disse nulla e si avvicinò alla parete. Appoggiò la sua mano e aprì ritrovandosi davanti a una di quelle strane guardie addormentate. In punta di piedi si allontanò facendoci segno di seguirla. Battevo i denti dalla paura mentre la mano tremante di Maria era appoggiata alla mia spalla. Passammo lungo corridoi deserti mentre ci meravigliavamo che non ci fosse tutta questa protezione nonostante conoscessero i poteri di Sabrina. Raggiungemmo una strana porta laccata d’oro aperta spalancata e al di fuori un giardino pieno di fiori. Ci rifugiammo in un cespuglio ritrovando un po’ di calma. Tentai di chiedere qualcosa a Sabrina ma proprio in quel momento passarono da lì alcune guardie e sul suo viso si dipinse il terrore.
A bassissima voce ci disse - Quelle guardie sono qui per noi! Dobbiamo scappare il più veloce possibile. Ci rifugeremo in una fattoria che si trova in mezzo alla vegetazione. Sembra disabitata e spero rimanga così fino a che non ce ne saremo andate da questo pianeta.
- Ma poi cosa faremo? - chiesi.
- Sarebbe meglio che ve lo spiego dopo se non vi spiace. Avremo più tempo e ci sarà meno pericolo - detto questo controllò che lungo il sentiero non passasse nessuno e corse fuori dal cespuglio. La seguimmo e corremmo a perdifiato a fianco del viottolo sterrato tenendoci basse e fermandoci non appena un rumore di passi o qualcosa di simile si stesse avvicinando. Arrivammo alla fattoria quando sentimmo delle grida provenire dalla parte in cui eravamo venute. Maria emise un gemito mentre Sabrina entrò dalla porta scassinandola come anche Max sapeva fare e ci guidò fino a una botola nel pavimento nascosta sotto a un tappeto strappato. Quel posto era così pieno di polvere e di ragnatele che faceva impressione. Possibile che esistessero dappertutto?

Finalmente, dopo che Sabrina ebbe accesso una lampada, potemmo sederci dopo aver spolverato un poco su una poltrona.
- Ora ci vuoi spiegare? - chiesi e la mia voce era evidentemente impaziente.
- Sì perché altrimenti non so cosa ti succede! - Maria rafforzò la mia richiesta.
- Ok, adesso calmatevi. Se ve ne avessi parlato là ci avrebbero immediatamente trovato. Credo che quel palazzo che abbiamo trovato a Roswell sia un’astronave. Dopotutto anche qui lo abbiamo visto. Non sono stati abbastanza prudenti con noi. Se non sbaglio anche Liz l’ ha notato.
- Sì, è vero. Anch’io ho pensato la stessa cosa ma non credevo che l’avremmo potuta usare per tornarcene a casa.
- Scusa una domanda. Come faremo a entrarci e azionarla? - chiese Maria dubbiosa.
Sabrina sorrise - Non è difficile. Ho scoperto dei macchinari proprio subito dopo l’entrata. Mi è sembrato quasi strano che noi tre non li abbiamo visti quando siamo entrate!
- Molto strano! - commentò Maria.
- Sei capace di usarli? - chiesi felice di questa luminosa speranza.
- No! - alla sua semplice negazione mi abbattei sconsolata sul cuscino - Ma ci sono le istruzioni!
- Parli facile! Mi spieghi come faremo a capire la lingua? Non saranno sicuramente scritte in inglese! - esclamai.
- Sono tutte illustrazioni! Tipo i libri per bambini piccoli. Nemmeno per noi sarà difficile capirci dentro qualcosa - affermò Sabrina.
- Quando pensi che potremo applicare il piano? - domandò Maria.
- Conviene farlo subito questa notte prima che prendano precauzioni. Però dovremo agire cautamente e se c’è un minimo segnale di pericolo correre dentro e schiacciare i tasti a caso. Se però ci dovessero trovare prima voi andate avanti mentre tenterò di trattenerli. Basta che seguiate il sentiero e ci arrivate senza attraversare il villaggio che abbiamo incontrato al ritorno.
- Ma cosa stai dicendo? - strillai allarmata.
- Non è detto che succeda - si affrettò a replicare Sabrina.
- Siamo arrivate insieme e torneremo insieme - esclamò risoluta Maria.
- Era solo per dire. Comunque avete capito? - disse ancora.
- Sì. Però non insistere. Noi non ti lasceremo qui! - affermai.
- E’ me che vogliono, non voi! Potrebbero uccidervi! Dopotutto voi non gli servite a niente. Promettetemi che ve ne andrete! Almeno se riuscirete a tornare sulla Terra direte a Joshua di tornare a prendermi! Quello scansafatiche farà qualcosa per me - aveva pronunciato con tenerezza il suo nome e quello che disse dopo. Pensai che dopotutto lo amava anche se non sempre gli diceva parole affettuose.
- Adesso vado a cercare qualcosa da mangiare! - comunicò tranquilla Sabrina.
- Certo che pensi sempre a mangiare! - ribatté ridendo Maria.
- Ha veramente ragione! Come è possibile che tieni quella linea lì? - confermai.
- Questione di abitudine! - e sparì salendo di sopra dopo essersi guardata attorno.
Improvvisamente la porta d’ingresso sbatté violentemente e passi affrettati percorsero il piano superiore. Vidimo le ombre passare sopra la nostra testa mentre strati di polvere cadevano dal soffitto. Il mio cuore cominciò a battere a mille mentre sentii un urlo e capii immediatamente che era quello di Sabrina. Non sapevo per chi dovevo aver paura, sta di fatto che in quel momento rimasi lì ferma sapendo quello che avevo promesso a Sabrina e capendo immediatamente che non avremmo potuto fare niente se non suicidarci uscendo dal nostro nascondiglio. Il movimento si fece più violento come la stretta fra me e Maria sotto di loro. E se fosse crollato il pavimento piombandoci addosso?

D’un tratto tutto finì e rimanemmo a guardare la botola col terrore che si aprisse da un momento all’altro. Fui la prima a muovermi sapendo che dovevo andare a controllare se Sabrina era ancora lì, come se credessi fosse stato solamente un sogno e non fosse successo niente. Maria era subito dietro a me. Salimmo e guardandoci attorno capimmo che Sabrina non sarebbe stata lì. Mobili rovesciati testimoniavano che l’avevano presa dopo una dura lotta. Strinsi i pugni mentre le lacrime mi punsero gli occhi. Capii che non l’avrei rivista e rimpiansi di essere solamente una studentessa di un Liceo della Terra e non un potente alieno. Maria era nel mio stesso stato d’animo e mi strinse la mano.
- Dobbiamo andare subito. Non lasciamo che la uccidano! Se andiamo subito arriveremo in tempo ad avvisare Joshua. E’ l’unica cosa che possiamo fare per aiutarla - affermò Maria.
- Hai ragione! Muoviamoci.
Uscimmo guardandoci attorno circospette. Seguimmo i consigli che ci aveva dato Sabrina e seguimmo il sentiero mentre cominciarono ad apparire tre lune in alto nel cielo blu scuro. La luce forte del sole era sparita lasciando una leggera oscurità schiarita dalla luce azzurra, rosa e verde delle tre lune. Rimasi solo per un momento affascinata dalla bellezza dello spettacolo, ma Maria mi trascinò a lato della strada. Da dietro alla pianta a cui ci eravamo rifugiate vedemmo passare quattro uomini in groppa a mostruose creature che non mi sento nemmeno in grado di descrivere.
Il palazzo ci apparve brillando nella foschia che si era formata e mi dovetti stringere addosso la giacca a vento un po’ strappata. Entrammo risolute fino a percorrere la parte iniziale dove era cominciata quell’odissea che avrebbe portato Sabrina al rapimento e con lei noi due. Trovammo i macchinari e delle strane scritte e disegni sulla parete. Mentre tentavo di capire cosa significassero Maria andò alla ricerca di una lampada e guardava nervosa la porta sperando di avvisarmi in tempo se ci fosse stato bisogno di nasconderci. Finalmente scoprii che bisognava schiacciare strani simboli su un pannello e supposi che fossero le coordinate che ci avrebbero riportato a casa. Non ne ero sicura che fossero quelle per il pianeta giusto, ma il mio sesto senso e che fossero le scritte più recenti mi convinsero. Così schiacciai un’altra serie di tasti che forse erano misure di sicurezza, il salto iperspaziale e altre tantissime cose di fantascienza. Urla mi raggiunsero dall’esterno e Maria mi urlò di sbrigarmi.
Non capii l’ultimo tasto e rimasi un istante che sembrò un secolo a tentare di capire. Sapendo che non ci sarebbe stato tempo schiacciai un tasto a caso che ci assomigliava e l’astronave partì. Non era come all’andata. Si sentì che era partita e Maria mi raggiunse standomi vicina. La curiosità mi spinse al piano superiore dove avevo visto le finestre l’altra volta e osservai affascinata le stelle che scivolavano e sembravano strisce bianche. La tristezza mi assaliva se pensavo a Sabrina, ma finalmente avrei rivisto tutti i miei amici, avrei ritrovato la mia esistenza e tutto il senso per cui ero in vita. Avrei ritrovato il segreto che così gelosamente condividevamo e lentamente cominciai a riprendere coscienza di dove ancora mi trovavo. Sembrava che fosse un’eternità che non tornassimo a casa eppure ancora non era detta l’ultima parola. Se non avessi interpretato giusto i simboli saremmo arrivate da qualche altra parte oppure ci saremmo perse nello spazio sperando nella misericordia di qualche alieno vagabondo.
Volsi un attimo la testa quando sentii uno scossone. Probabilmente avevo dimenticato i comandi riguardanti il “comfort” e me lo fece notare anche Maria. Ci mettemmo a ridere nervosamente.
Guardai fuori dalla finestra che solamente ora mi accorsi fosse fatta di uno strano materiale e sicuramente resistente. Cominciai a vedere un azzurro intenso e così nuvole, luci, aerei, case e auto. Roswell! La riconobbi all’istante e anche il mio cuore lo fece arrivandomi in gola per l’emozione. Anche questa volta però i colori si mischiarono mentre l’oscurità cominciò a circondarci. I nostri scarponi furono avvolti nella neve fresca mentre dovemmo rifugiarci al riparo di un tetto a causa della continua caduta dei fiocchi. Guardammo meravigliate il palazzo e per un istante credemmo che fosse un sogno. Qualcosa però ci fece cambiare idea radicalmente.
Personalmente io vidi arrivare dalla strada me e Sabrina mentre improvvisamente alzammo la testa per guardare il palazzo famoso che ci avrebbe portate su Timi. Maria mi scosse e indicò che anche lei in fondo alla strada stava arrivando.
- Siamo tornate indietro nel tempo! - esclamai a bassa voce - Muoviamoci! Forse riusciamo a fare in modo che Sabrina non faccia quella fine.
Mi alzai ma Maria mi tenne nell’ombra afferrandomi strettamente per una mano - Ma cosa stai facendo? - le chiesi sinceramente sorpresa.
- Se lo facessimo creeremmo un paradosso temporale - affermò sicura di sé - Se le fermassimo le Maria e Liz che tornerebbero da Timi non esisterebbero più e nessuno potrebbe avvisarle di non andare nel palazzo e ci andrebbero comunque. Così noi le fermeremmo ancora e il cerchio si compierebbe all’infinito.
Rimasi ferma e assentii capendo che aveva ragione. Non potevamo fare nulla perché comunque il passato era passato. Guardammo impotenti sparire l’edificio sapendo che Sabrina non sarebbe più tornata e cominciammo a camminare verso la sua casa che sarebbe tornata nuovamente in vendita a causa della sua scomparsa. Rimpiansi che lei non avrebbe mai visto la Roswell High di cui andavamo tutti fieri (o quasi!). Lungo la strada alcune figure ci raggiunsero. Max! Michael! Isabel! Alex! Com’era bello vederli. Dietro a loro Joshua che impaziente guardava intorno cercando qualcosa o, meglio, qualcuno.
Max mi abbracciò, ma sciogliendomi raggiunsi Joshua. Maria fece lo stesso.
- Sabrina non è qui! - dissi amaramente. Maria annuì.
Joshua ci guardò atterrito - D… dov’è?
- E’ su Timi. Mi girai per guardare dove una volta c’era il palazzo-astronave e lo vidi anche se era partito con noi sopra. Sapevo in fondo a me stessa che sarebbe stato lì, come se ormai conoscessi quell’astronave che brillantemente ero riuscita a pilotare. Guardai nuovamente Joshua e lo abbracciai seguita da Maria. Lo sentii rigido e improvvisamente dei singhiozzi lo smossero. Stava piangendo!
- Non è morta! Tu la dovrai salvare e ci ha pregato di farlo se non vuoi che venga a tirarti i calci sotto il letto - disse con enfasi Maria. La guardai storta.
- Davvero è viva? - chiese sorpreso lui.
- Sì - assicurai - Devi solo capire come far funzionare quell’astronave. Ora vai! Non c’è tempo da perdere!
Lo spingemmo dentro io e Maria mentre gli altri rimasero veramente sorpresi, persino Tess.

Salve,
            sono Liz Parker. Essere stata io stessa su un pianeta ed essere tornata illesa sulla Terra mi ha cambiato l’esistenza. Io e Maria abbiamo raccontato tutti i particolari di quello che avevamo passato, ma rimpiangiamo di non aver mai chiesto ne a Sabrina ne a Joshua cosa volessero da Max, Tess, Isabel e Michael. Oppure cosa avesse fatto Joshua agli abitanti di Timi perché dovessero vendicarsi così duramente. Infine se li rivedremo di nuovo, qui di fronte a noi. Sabrina sarà ancora viva? Saranno tornati sul loro pianeta? Verranno un giorno a riprendere Max, Michael e Isabel? E gli alieni che c’erano sull’astronave insieme a loro dove sono finiti? Queste incognite mi fanno impazzire. Fra me e Max sembrerebbe tutto a posto e non potrei sopportare che se ne vada.
Guardo le stelle e cerco le mie risposte e senza accorgermi cerco anche di capire dove sono stata per tutto quel tempo che invece si è rivelato un ritorno nel tempo. Una stella brilla purpurea e mi chiedo come sia possibile. E’ la risposta a una delle mie infinite domande, delle incognite del mio futuro. Sabrina e Joshua sono vivi e in un futuro che potrebbe essere lontano o più vicino di quanto io in realtà creda torneranno.

Fine

Scritta da Monny


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