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MUTAZIONI


Riassunto: Improvvisamente si crea una misteriosa breccia spazio-temporale e Max e Liz vengono catapultati in una realtà che non gli appartiene…

Data di composizione: 11-12-13 Marzo 2001

Valutazione: Adatto a tutti

Disclaimer: Tutti i diritti dei personaggi descritti nel racconto appartengono alla casa di produzione Warner Bros. Il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

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La luce leggera del mattino che filtrava dalla finestra accarezzava dolcemente il viso di Liz, che ancora immersa in un sonno profondo sognava beatamente di abbracciare il suo Max. La sua bocca si atteggiò involontariamente ad un sorriso spontaneo, mentre affondava mollemente il viso nel morbido cuscino.
“Liz! Liz, svegliati!” le sussurrò dolcemente una voce familiare.
La ragazza tentò a fatica di aprire gli occhi, feriti dall’improvvisa luce.
“Max, che bel risveglio!” esclamò lei sfoderando un meraviglioso sorriso e allungando le braccia in direzione del ragazzo, che l’ accarezzava restando accucciato a fianco del letto.
Max si avvicinò al suo viso e con un dito seguì i lineamenti del suo profilo, lentamente, per soffermarsi infine sulla bocca, che ricambiò il tenero gesto con un lieve movimento.
“Dormito bene?” chiese ancora lui con voce suadente.
“Come sempre, quando mi sei accanto” mormorò la ragazza accarezzandogli i capelli.
Poi Max le baciò le labbra e si ritrasse sorridendo.
“Max…” proseguì lei con voce languida “…io e te, qui, finalmente…mi sembra tutto un sogno…”
“E infatti lo è!” esclamò Max con una voce insolitamente dura e profonda.
“Cosa…ma cosa vuoi dire..” chiese Liz ritraendosi di scatto e raggomitolandosi contro la testiera del letto in atteggiamento difensivo.
“Credevi davvero che fossi Max?” chiese il ragazzo alzandosi in piedi e sovrastandola con tutta la sua altezza. “E pensare che ti ho ingannato già una volta!” proseguì lui. Poi, allungata una mano davanti a sé, fu avvolto da una luce abbagliante e finalmente assunse il suo vero aspetto, quello cioè di un alieno dalle forme sconosciute, un essere che le appariva spaventosamente diverso dal suo Max.
“Sei sorpresa?” chiese la creatura fissandola con i suoi grandi occhi inespressivi. “Mi trovi così ripugnante?” chiese ancora l’essere inclinando il capo da un lato e guardandola perplesso. “Forse la diversità ti spaventa? E se accadesse a te di svegliarti un giorno e scoprirti diversa?” chiese ancora. “Cosa…cosa intendi dire?”
“Ciascuno conosce soltanto la propria realtà, è convinto che sia l’unica possibile e crede di esserne completamente padrone. Confida nelle proprie certezze. E se a un tratto questo universo non fosse più univoco? Tu, per esempio, come reagiresti se la tua realtà ad un tratto mutasse?” chiese infine allungando una mano verso di lei.
Liz gridò per la paura, prima ancora di capire quali fossero le reali intenzioni dell’alieno. Poi tutto accadde molto rapidamente e la ragazza fu avvolta da un lampo che le tolse i sensi e la lasciò svenuta al suolo.
Quando si riebbe non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso da quello strano incontro con la proiezione delle sue stesse paure.
Evidentemente quello che era successo nelle ultime settimane doveva averla colpita più di quanto lei stessa volesse ammettere. Max nelle mani di Pierce, poi l’intervento di Nasedo, le sue trasformazioni, la stanza delle capsule, Tess, l’annuncio della madre di Max, il suo destino…
Rimase seduta qualche istante sul bordo del letto scuotendo il capo, quasi a voler scacciare gli incubi molesti della notte.
Contrariamente agli altri giorni, invece di sentirsi carica di energia, avvertiva un’insolita stanchezza, come un appesantimento agli arti. Sollevò con fatica la mano destro e si massaggiò la nuca. Avvertì una fitta dolorosa al braccio.
“Ma cosa…” disse con stupore. La sua voce risuonò insolitamente roca nel silenzio
del mattino.
“Devo essermi beccata un malanno coi fiocchi” esclamò toccandosi la gola. “Ho una voce terribile…Ecco perché questi dolori e quegli incubi. Starò covando l’influenza…” concluse rassicurandosi.
Poi, con andatura pesante, si avviò verso il bagno e gettò distrattamente uno sguardo allo specchio. Quello che vide la riempì di orrore.
Tutto ad un tratto i suoi capelli erano diventati grigi e radi. Il viso, fino al giorno precedente liscio e levigato, era ora solcato da profonde rughe, così come la sua fronte.
La schiena era visibilmente incurvata sotto il peso degli anni e le sue stesse mani non rispondevano più alla volontà con la prontezza e i riflessi dei suoi sedici anni.
In breve…era invecchiata di almeno sessant’anni in una sola notte e sul suo viso stanco si era dipinta un’espressione di profondo terrore.
“Com’è possibile?” mormorò tremando e lasciando scivolare le mani lungo le guance e il collo, che non riconosceva più come suoi.
“Nooooooooo!” gridò alla fine con quanto fiato aveva in gola.
Un attimo dopo si risvegliò di soprassalto nel suo letto.
“Liz, che succede?” chiese la madre accorrendo spaventata.
“Niente, mamma. È stato solo un brutto sogno” rispose la ragazza, ancora tremante.
“Solo un brutto sogno…” si ripeté, nel tentativo di convincere sé stessa.
“Liz, hai una faccia terribile stamattina! Che ti è successo?” chiese Maria con la sua consueta voce squillante.
“Non me ne parlare, ho trascorso una notte orribile…”
“Ancora Max, eh? Ma quando riuscirai a togliertelo dalla testa?” aggiunse l’amica scuotendo la testa in segno di disappunto. “Guarda me per esempio: sono nella tua stessa situazione eppure non sono affatto preoccupata! Ecco, vedi? Laggiù in fondo al corridoio c’è Michael che parla con Max eppure io non batto ciglio, visto? Non ha alcuna importanza il fatto che indossi un paio di jeans che gli stanno magnificamente e che sia semplicemente bellissimo: io sono assolutamente e totalmente indifferente” concluse con voce alterata e atteggiandosi a superiore.
“Maria, dimentichi con chi stai parlando? Non c’è bisogno di tutto questo, lo sai bene!” le rispose Liz con voce rassicurante.
“Si vede tanto?” ribatté Maria abbandonando la simulazione per lasciare il posto ad una sincera delusione.
“Un po’, ma non ci farò caso, le amiche servono anche a questo!” concluse Liz con un sorrisino malizioso.
L’ora successiva, in classe, l’insegnante di matematica eseguiva una complessa dimostrazione alla lavagna.
“Ecco, e con questo ho terminato. Ci sono domande?” disse l’uomo posando il cancellino e strofinandosi le mani per liberarsi dal gesso.
Liz alzò la mano. “Dica pure signorina Parker”.
“Mi scusi” intervenne Liz strizzando gli occhi “non ho capito il perché di quella “Y”…”      
“Prego?” le fece eco il professore stupito.
“Voglio dire che secondo me dovrebbe esserci una “X” al posto della “Y” perché la dimostrazione risulti corretta”.
“E infatti l’incognita è una “X” signorina Parker. Ne conviene con me?” proseguì l’insegnante indicando la lavagna.
“Ah…” rispose Liz titubante, non ancora convinta.
Max, Michael e altri studenti si erano voltati verso di lei con aria stupita e gli sguardi di tutti la imbarazzavano.
“Ma ne è proprio sicuro?” chiese ancora la ragazza sporgendosi dal banco.
“Liz, non c’è nessuna “Y” su quella lavagna. Che ti succede?” le sussurrò Maria preoccupata.
“Niente, niente, mi sarò sbagliata…” concluse la ragazza senza convinzione.

Il giorno successivo, nell’ora di educazione fisica, le ragazze si trovavano negli spogliatoi femminili.
“Oggi sono davvero stanchissima” commentò Liz infilandosi la tuta.
“Liz, sono appena le dieci del mattino. Non vorrai dirmi che…cosa hai combinato ieri sera? Eh?” intervenne Maria con voce allusiva, girandole intorno con aria curiosa.
“Niente, Maria. So a cosa stai pensando ma sono già diversi giorni che non vedo Max” rispose l’amica raccogliendosi i capelli. E poi aggiunse: “È solo che…nelle ultime notti ho fatto degli incubi terribili”.
“Tipo strani alieni verdi, alti un metro e viscidi? Sì, so cosa vuoi dire, ma io ho superato da un pezzo quella fase” ribatté Maria con tono scherzoso.
“Sto parlando sul serio. Ho visto qualcosa di strano. Lì per lì non ci ho fatto caso ma…ripensandoci mi rendo conto che da allora sono accadute delle cose…”
“Delle cose?” ribatté impaziente Maria, che ora iniziava a preoccuparsi.
“Ah, lascia stare. Magari sono solo rimasta un po’ turbata da quei sogni. Fai finta che non ti abbia detto niente”.
“Liz, sai bene che quando si parla di…” e Maria si interruppe qualche istante per guardarsi intorno e accertarsi che nessuno stesse ascoltando la loro conversazione. “Quando si parla di…sì, insomma, hai capito, non si può mai stare tranquilli. Ti ricordi cosa è successo quando ti è apparso quello strano segno?” proseguì la ragazza indicandosi il collo.
“Maria”, esordì allora Liz con voce rassicurante, “apprezzo molto il tuo interessamento, ma stavolta è diverso. Come ti ho detto non vedo Max da diverso tempo e poi non intendo allarmarmi per ogni sciocchezza. Ci siamo fatte influenzare da tutte le cose che sono successe negli ultimi mesi”.
“Può anche darsi che sia così, comunque se fossi al tuo posto starei attenta” concluse l’amica con tono premuroso.
“Parker, De Luca! Forza ! Le altre sono già pronte !” gridò l’insegnante affacciandosi nello spogliatoio, che nel frattempo si era svuotato.
“Arriviamo!” fu la risposta unanime delle due ragazze.
Dopo una decina di minuti di esercizi Liz improvvisamente rallentò il ritmo.
“Parker, che ti succede? Non vai a tempo con le altre. Hai qualche problema?”
“No, io…è solo che sono un po’ affaticata” biascicò Liz vistosamente affannata.
“Fuori esercizio, eh? Dopo le lezioni ti fermerai a fare otto giri di campo. E ora riprendiamo, forza: uno, due…”

La luce leggera del mattino che filtrava dalla finestra accarezzava dolcemente il viso di Liz, che ancora immersa in un sonno profondo sognava beatamente di abbracciare il suo Max. La sua bocca si atteggiò involontariamente ad un sorriso spontaneo, mentre affondava mollemente il viso nel morbido cuscino.
“Liz! Liz, svegliati!” le sussurrò dolcemente una voce familiare.
La ragazza tentò a fatica di aprire gli occhi, feriti dall’improvvisa luce.
“Max, che bel risveglio!” esclamò lei sfoderando un meraviglioso sorriso e allungando le braccia in direzione del ragazzo, che la accarezzava restando accucciato a fianco del letto.
Max si avvicinò al suo viso e con un dito seguì i lineamenti del suo profilo, lentamente, per soffermarsi infine sulla bocca, che ricambiò il tenero gesto con un lieve movimento.
“Dormito bene?” chiese ancora lui con voce suadente.
“Come sempre, quando mi sei accanto” mormorò la ragazza accarezzandogli i capelli.
Poi Max le baciò le labbra e si ritrasse sorridendo.
“Max…” proseguì lei con voce languida “…io e te, qui, finalmente…mi sembra tutto un sogno…”
“Anche a me! É già passato un anno da quando ci siamo sposati, eppure per me è sempre come il primo giorno” rispose il ragazzo con un filo di emozione nella voce.
Improvvisamente vennero distratti dal pianto di un bambino.
“Scusami, qualcuno reclama la mia presenza!” fu la reazione di Liz, che si alzò a sedere e poi si diresse verso la stanza adiacente.
“È una voce davvero autorevole!” commentò lui docilmente sorridendo. “Non posso competere” aggiunse poi con un eloquente gesto della mano.
La nascita del bambino aveva, se possibile, ancora rafforzato il legame tra loro. Apparentemente si trattava di un bambino completamente normale, senza poteri particolari, ma del resto era ancora troppo piccolo per poterlo affermare con certezza. E Liz pensava che, nel caso somigliasse al padre, tutt’al più sarebbe stato dotato di un’energia straordinaria e avrebbe avuto dalla sua qualche carta in più per vincere al gioco della vita.
Pierce, l’FBI, Kyle e tutto il resto sembravano ricordi ormai sbiaditi e lontani.
Da quando Nasedo aveva preso il posto di Pierce la loro vita era decisamente migliorata e gli inseguimenti, i batticuore e tutte le difficoltà, sembravano lontane reminiscenze. Aveva perfino smesso di scrivere il suo diario. Ormai era rimasto poco da scrivere e molto da vivere e i nuovi impegni del suo ruolo di madre la assorbivano totalmente.
“Max, che ora è?” chiese ad un tratto la ragazza affacciandosi sulla porta della camera con il bambino in braccio.
“Quasi le dieci, perché? Sai che è domenica e non ci sono corsi!” fu la risposta immediata e cortese di Max.
“Hai già dimenticato che giorno è oggi? Abbiamo un matrimonio!”
“Ma come ho fatto a scordarlo? Sto proprio invecchiando!” commentò il ragazzo portandosi una mano alla fronte per mimare la sbadataggine di cui si era reso colpevole.
“Chissà come sarà emozionato Michael. Certo che fino a qualche mese fa  non avrei scommesso un dollaro su questo matrimonio. Michael non è proprio tipo da sposarsi!” proseguì Max infilandosi i pantaloni.
“Non era!” lo corresse amabilmente Liz. “Almeno fino a quando ha incontrato Maria!”
“Già. Com’è cambiata la nostra vita, vero? Sembra ieri che Michael si infilava furtivamente nell’ufficio di Valenti per prendere la chiave della cupola” ribattè lui sorridendo.
“Non me lo ricordare. Se penso a quante ne abbiamo passate insieme mi sembra ancora impossibile essere arrivata fin qui!” rispose Liz vestendo il bambino.
Max si stava ammirando già vestito nel grande specchio della loro camera.
Improvvisamente vide il riflesso di Liz, ma proprio mentre stava per girarsi e abbracciarla si rese conto che appariva stanca e terribilmente invecchiata.
“Liz, stai bene?” chiese apprensivo. Contemporaneamente si girò di scatto ma dietro di lui non c’era nessuno.
“Sai dov’è il mio abito rosso?” chiese  distrattamente la ragazza entrando trafelata nella stanza.
Vedendo che Max la fissava con sguardo interrogativo gli chiese: “Perché mi guardi così? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!”
“Niente, mi era sembrato…lascia stare, o faremo tardi” rispose il ragazzo con tono apprensivo, riprendendo i preparativi. “Ti ricordi per caso dove abbiamo messo il regalo per gli sposi?”

“Non ne ho idea” rispose Maria continuando a sorseggiare la sua bibita.
“So solo che ultimamente Liz mi è apparsa molto strana. È sempre stanca, affannata…”
“Sei certa che stia bene? Noi siamo i suoi amici, dovremmo preoccuparci per lei” rispose Alex, che le sedeva proprio di fronte, al solito tavolo del CrashDown.
“Shh, sta arrivando…” lo interruppe bruscamente Maria.
“Che c’è? Sembra che abbiate visto un fantasma!” esordì Liz sedendosi al tavolo con sguardo turbato.
“Liz, non vorrei sembrarti invadente ma…abbiamo notato che ultimamente non stai bene. Sei sempre stanca, hai difficoltà nella lettura…”
“Ma no, sto bene. Come ho già detto a Maria ho solo dormito male le scorse notti. Non c’è assolutamente alcun motivo per preoccuparsi. Potete stare tranquilli” proseguì ancora Liz ostentando una serenità che non aveva.
“E per dimostrarvelo comincio subito a sgomberare i tavoli. Avrei già dovuto iniziare venti minuti fa” concluse alzandosi di scatto. Poi afferrò i bicchieri e i piatti dei suoi amici e si avviò verso il bancone. Improvvisamente perse il controllo della mano destra, che si aprì inaspettatamente, lasciando cadere le stoviglie.
“Non è niente, non è niente!” ripeté la ragazza chinandosi immediatamente a raccogliere i cocci. “Mi sono solo distratta un attimo” proseguì senza alzare gli occhi, per paura di incontrare quelli di Alex e Maria.
“Ti aiuto!” esclamò l’amica chinandosi a sua volta.
Maria notò che la mano destra di Liz tremava debolmente e non aveva una presa sicura. Questo doveva essere il motivo dell’incidente. Senza dire una parola la ragazza si voltò verso Alex e gli indicò la mano, senza parlare. Uno sguardo eloquente fu la muta risposta del ragazzo, che aveva già notato il fatto.
“Ehi, ma che avete voi due?” chiese ancora Liz alzandosi pesantemente dal pavimento. “Vi ho già detto che sto bene” rispose con voce dolce. Ma la ragazza sapeva benissimo che i suoi amici avevano degli ottimi motivi per preoccuparsi.

“Max, noi siamo pronti!” esclamò Liz sfilando davanti a lui nel suo elegante vestito rosso e tenendo in braccio il bambino. Era bellissima: il suo abito gli ricordava molto quello che aveva indossato alla festa di Natale, quando avevano appena sedici anni.
“Sei…sei splendida!” furono le uniche parole che scaturirono spontaneamente dalla sua bocca.
“Lo pensi davvero?” chiese allora lei sfoderando un sorrisino malizioso.
“E questo giovanotto?” commentò avvicinandosi al bambino. “Vieni dal tuo papà!” gli disse con voce addomesticata e lo prese in braccio. Il bambino fece un ampio sorriso e gli buttò le braccia al collo.

“Ehi, ehi, piano, così mi rovini la camicia nuova!” commentò amabilmente Max allontanandolo dal proprio colletto.
“È il tuo ritratto!” commentò Liz compiaciuta, ammirando il quadretto familiare.
“Chissà se ha ereditato anche l’incredibile fascino di suo padre!” aggiunse poi dandogli un rapido bacio.
“Credo che lo scopriremo presto!” fu la risposta di Max.
Poi il bambino allungò una mano in direzione di un sonaglio colorato che Liz aveva lasciato sul tavolo.
“Che c’è? Vuoi il tuo giocattolo?” chiese la ragazza con voce dolce, solleticando il bambino.
“Adesso non c’è tempo o faremo tardi al matrimonio!” intervenne Max avviandosi verso la porta col piccolo in braccio.
“Papà ha ragione: potrai giocarci al nostro ritorno!” gli disse Liz. Ma il bambino continuava a fissare intensamente il giocattolo, con gli stessi occhi scuri di suo padre.
Improvvisamente il sonaglio si sollevò in aria e cominciò a fluttuare in direzione della mano del bambino, che sfoderò un sorriso di soddisfazione, tendendo il braccio, pronto ad afferrarlo.
“Max!” esclamò Liz con uno sguardo atterrito.
“Non è niente!” fu la risposta del ragazzo, che tese la mano in direzione del giocattolo e lo riportò agevolmente dove si trovava prima.
“Credo che dovremmo parlarne…” commentò la ragazza fissando intensamente il marito, con uno sguardo perplesso.
“Non adesso” rispose lui e prese le chiavi della macchina.

Liz si era soffermata ancora davanti allo specchio per gli ultimi ritocchi.
Dopo tante avventure e fatti spaventosi, finalmente poteva godersi una serata con il suo amato Max. Aveva tutte le intenzioni di dimenticare per qualche ora l’ FBI, Pierce, Nasedo, Tess e tutte le persone che le avevano procurato guai e preoccupazioni negli ultimi mesi.
Da qualche settimana sembrava che le cose avessero finalmente preso la piega giusta. Michael e Maria vivevano serenamente il loro rapporto, Alex e Isabel stavano approfondendo la propria conoscenza e Tess e Kyle sembravano stranamente attratti l’uno dall’altro. Non poteva desiderare di più. E lei e Max…beh…loro erano una cosa speciale. Certo, la scoperta della verità sul loro passato, l’apparizione della madre e le rivelazioni sulla loro missione avevano messo a dura prova i rispettivi rapporti ma alla fine l’amore aveva prevalso ed ora…eccola lì, vestita e truccata per una romantica cena con Max. Cosa poteva desiderare di più dalla vita?
Questi e altri pensieri si agitavano nella mente di Liz, mentre si raccoglieva i capelli con un elegante fermaglio dorato. Il suo viso, riflesso nel vetro, trasmetteva tutta la serenità del momento. Improvvisamente vide sé stessa cambiare espressione e perfino pettinatura. Sembrava più grande, più matura.
Indossava un elegante tailleur pastello, si muoveva in una stanza diversa, più sobria e soprattutto…teneva in braccio un bambino. Fu solo l’illusione di un attimo, poi tutto tornò come prima. La stanza, il vestito…il bambino erano scomparsi.
Indietreggiò turbata per quanto era accaduto e cercò di darsi una spiegazione per la strana visione ma le sue meditazioni vennero bruscamente interrotte.
“Liz, Max è arrivato!” esclamò sua madre dal piano inferiore. “Gli dico di salire?”
“Ehm…no, no, è meglio che scenda io” rispose titubante.
Qualche minuto dopo, scese timidamente le scale e vide Max, in piedi, che l’aspettava sorridente. Era bellissimo, con un elegante completo scuro.
“Ciao Liz” disse guardandola intensamente.
“Ciao Max” rispose lei, con un sorriso tirato.
“Sei pronta a trascorrere un’ eccitante serata assolutamente normale?” chiese lui tendendole la mano.
“Già, assolutamente normale…” mormorò lei sotto voce.

“Max, non hai notato niente di strano in Liz di recente?”
“Tipo?”
“Una certa stanchezza, non so, uno strano modo di muoversi…” ribatté Alex gesticolando.
“Non saprei…comunque direi di no. Perché?”
“Io e Maria l’abbiamo osservata bene, a scuola e anche qui al CrashDown. Abbiamo avuto l’impressione che non stesse bene. Magari ci siamo sbagliati ma…”
“A cosa ti riferisci esattamente?”
“Beh, vediamo…” esordì Alex apprestandosi ad enumerare le stranezze della ragazza accompagnando l’elenco con le dita della mano “…per prima cosa non riesce a leggere bene la lavagna, come l’altro giorno durante la lezione di matematica. Oggi, mentre sparecchiava i tavoli ha fatto cadere due vassoi interi di stoviglie, inoltre Maria dice che nelle ore di educazione fisica non rende più come prima. Se non la conoscessi bene direi che si comporta come…mia nonna!” concluse il ragazzo con una smorfia di disappunto.
“Alex, mi sembra che tu stia esagerando!” commentò Max sollevando gli occhi dal suo bicchiere.
“Beh, magari stiamo davvero esagerando, comunque abbiamo pensato che fosse meglio dirtelo…”
“Avete fatto bene. Le parlerò io” rispose Max con un’espressione pensierosa.
“Sta arrivando!” esclamò Alex indicando l’amica che avanzava tra i tavoli, con le antenne e il grembiule da lavoro.
“Ciao Max, ti porto qualcosa?” chiese gentilmente Liz strizzando leggermente gli occhi.
“Eh? Ciao, Liz. No, no, grazie. Me l’ ha già portato Maria” rispose lui agitando il bicchiere che produsse il tipico rumore di ghiaccio.
“Ah, già, è vero. Non me ne ero accorta. Allora vado a quel tavolo a prendere le ordinazioni e poi sono da te”.
“Certo, fai pure”.
“Cosa vi posso portare?” chiese Liz ai nuovi clienti, con il notes e la penna in mano.
“Qual è il piatto del giorno?” chiese un ragazzo.
“É…è…” balbettò Liz nel panico. Non riusciva assolutamente a ricordare quale fosse. E dire che l’aveva scritto lei stessa sulla lavagna.
“Allora?” incalzava il ragazzo. “Ma che razza di cameriera è se non ricorda neanche il piatto del giorno? Ah, ah, ah!” sbottò a ridere, trascinando con sé anche gli altri della compagnia.
Liz, in preda ad un terribile imbarazzo, si sforzò di leggere sulla lavagna ma per quanto si concentrasse riusciva a vedere solo forme indistinte.
Max e Alex, seduti al tavolo adiacente si scambiarono un’eloquente occhiata.
“Hai capito adesso cosa cercavo di dirti?” intervenne Alex sporgendosi sul tavolo.
“Polpette CrashDown” esordì Max ad alta voce.
I ragazzi dell’altro tavolo smisero di ridere e si girarono verso di lui.
“Prego?” chiese con voce ironica uno di loro.
“Ho detto che il piatto del giorno sono le polpette CrashDown” ripeté con voce ferma Max, togliendo Liz dall’incresciosa situazione.
“E va bene, allora polpette per tutti. Ma la prossima volta cerca di studiare meglio la lezione, ragazzina!” le disse il giovane che aveva parlato per primo.
Liz sussurrò un “Grazie, Max” e poi sparì in cucina.
“Vado da lei!” disse il ragazzo alzandosi di scatto e scomparendo dietro il bancone.

“Liz, sai dov’è esattamente il posto?” chiese Max esaminando una complessa carta stradale.
“Maria mi ha detto che si trova a 30 miglia da qui” indicò Liz puntando un paesino in aperta campagna.
“Come mai hanno scelto un posto così lontano?”
“Maria voleva assolutamente essere lontana dal deserto e da tutto quello che le poteva ricordare le disavventure degli ultimi anni”
“Già, la capisco!” commentò Max senza distogliere gli occhi dalla strada.
“Il bambino?” chiese poi girandosi rapidamente all’indietro.
“Tutto bene, stai tranquillo. Max, io preferirei parlare di quello che è…”
“Liz, sapevamo che sarebbe potuto accadere, anche se non pensavo così presto. Ti crea dei problemi sapere che anche lui…”
“No, no, non me ne crea affatto o meglio…finché se ne parlava soltanto sembrava una cosa lontana ma adesso…”
“Ehi, non l’abbiamo già visto quel distributore?”
“Non saprei, si somigliano tutti…” commentò la ragazza cercando qualche particolare che lo distinguesse dagli altri.
“Aspetta: ma è quello dove abbiamo fatto benzina. Liz, è stato  più di un’ora e mezza fa!”
“Ci sarà una spiegazione. Magari gli somiglia soltanto e…”
“Guarda!” indicò il ragazzo. Dietro il vetro si vedeva chiaramente il gestore intento a contare i soldi della cassa. “Lo riconosci?”
“Sì, è proprio lui. Abbiamo sbagliato strada!”
“Non è possibile: ho seguito alla lettera la cartina e abbiamo oltrepassato tutti questi centri, ho visto i cartelli!”
“Allora che sta succedendo?” chiese Liz apprensiva.
“Non lo so, prima lo specchio e  ora questo…”
“Cosa c’entra lo specchio?” chiese la ragazza.
“Non te l’ ho detto per non allarmarti ma stamattina ho avuto una specie di visione”.
“Che genere di visione?” incalzava la ragazza.
“Non era proprio una visione. Ti ho vista riflessa nello specchio della nostra camera”.
“E che c’è di strano?”
“Liz, non eri tu. O meglio eri tu ma…” biascicava Max nel tentativo di spiegarsi.
“Max, che vuoi dire? Ero o non ero io?”
“Sì, Liz, eri tu, ma come sarai fra sessant’anni”.

“Dove mi stai portando, Max?” chiese Liz sorridente.
“È una sorpresa!” rispose il ragazzo guardandola rapidamente per poi tornare con gli occhi alla strada. “Tu dove vorresti andare?”
“Qualsiasi posto va bene, purché ci sia tu!” commentò Liz guardandolo languidamente.
“Ecco, siamo arrivati!” aggiunse Max rallentando per poi accostare nei pressi di un locale illuminato.
“Ora chiudi gli occhi e lasciati guidare” esclamò lui facendo il giro della macchina e aprendole la portiera. Poi la prese delicatamente per mano e la condusse fino all’ingresso. Dall’interno provenivano forti suoni e luci.
Un cameriere andò loro incontro e chiede educatamente:
“Il Sig. Evans?”
“Sì, sono io. Ho prenotato per due”
Il cameriere lo osservò leggermente perplesso, poi gli indicò la sala.
“Da questa parte, prego”
“Max, ora posso aprire gli occhi?”
“Non ancora. Ti ho preparato una sorpresa molto speciale!” rispose il ragazzo sempre guidandola per la mano.
“Allora, siamo arrivati? Max!” esclamò Liz sentendo che la mano del ragazzo era diventata ad un tratto fredda.
“Max!” esclamò ancora aprendo ad un tratto gli occhi. Quello che vide fu sufficiente ad ammutolirla, esattamente come era accaduto al ragazzo.
“È…è questa la sorpresa che mi hai preparato?” chiese lei con voce tremolante, sgranando gli occhi.
I tavoli erano imbanditi per un pranzo di nozze. Gli invitati ballavano allegramente sulle note di una band che animava il locale. Decine di camerieri correvano avanti e indietro portando vassoi pieni di deliziose pietanze esotiche.
“Ci deve essere un errore!” disse Max al cameriere, che si trovava ancora dietro di loro.
“Nessun errore, signore, gli sposi vi stanno aspettando. Erano preoccupati per il vostro ritardo” rispose cortesemente l’uomo, invitandoli a seguirlo.
“Max, tu ne sai niente?”
“No” rispose seccamente il ragazzo guardandosi intorno. Uno strano presentimento cominciava ad impadronirsi di lui.
“Liz, Max, finalmente siete arrivati! Temevamo che fosse successo qualcosa di grave. Eravamo certi che per niente al mondo sareste mancati al nostro matrimonio!” esclamò Michael andandogli incontro.
“Michael?” ribatté Max incredulo. “Ma cosa…”
“Maria?” esclamò Liz con gli occhi sbarrati.
L’amica, infatti le stava venendo incontro con un meraviglioso abito bianco e una preziosa acconciatura di fiori.
“Liz, ma come sei vestita? È questo il modo di presentarsi al matrimonio della migliore amica?” chiese Maria con tono di rimprovero.
Liz indossava sì un abito elegante, ma si era preparata per una semplice cena, non certamente per una cerimonia.
“Maria, io non…capisco cosa…”
“Coraggio, venite a brindare con noi! Vi siete persi la cerimonia ma non vorrete perdervi anche il brindisi!” commentò Michael afferrando Max per un braccio e scomparendo tra la folla di invitati.
“Max!” gridò Liz tendendo la mano verso il ragazzo, che a sua volta tentò di raggiungerla. Poi entrambi scomparvero nella confusione generale.

“Liz, stai bene?” chiese Max affacciandosi dalla porta della cucina.
“Mi dispiace, non so cosa mi stia succedendo in questi giorni…”
“Non ti preoccupare. Vuoi sederti un attimo? Forse sei solo affaticata” disse il ragazzo porgendole una sedia.
“Sì, credo sia una buona idea” rispose la ragazza sciogliendosi i capelli.
Max la squadrò per qualche istante con un’aria perplessa, poi aggiunse: “Liz, per caso hai notato qualcosa di strano nel tuo aspetto, oggi?”
“Che vuoi dire?” chiese la ragazza con tono preoccupato.
“Guarda!” esclamò lui porgendole uno specchio.
Liz guardò il proprio riflesso e quello che vide la immobilizzò di paura.
Tra i suoi bei capelli neri era comparso qualche filo grigio e gli occhi erano leggermente segnati da qualche ruga.
“Ho fatto un sogno qualche notte fa” esordì timidamente la ragazza.
“Di che genere?”
“C’era un uomo…un alieno…aveva assunto le tue sembianze. Mi ha aggredito e subito dopo mi sono guardata allo specchio e ed ero già…vecchia. Max, sta succedendo davvero!” aggiunse poi alzando il tono della voce.
“Liz, cerchiamo di stare calmi. Dovrà pur esserci una spiegazione a tutto questo!”
“Credo che per il momento faresti meglio a restare in camera tua, prima che ti vedano i tuoi genitori. Intanto io cercherò di scoprire cosa sta succedendo. D’accordo?”
“Sì” rispose lei remissiva. Poi si tolse il grembiule e le antenne e salì le scale scomparendo nel suo appartamento.

“Max, dove siamo?”
Il ragazzo teneva la carta stradale con una mano e guidava con l’altra.
“Non ne ho idea, ma tutto questo non mi piace. Ci siamo lasciati il benzinaio alle spalle circa mezz’ora fa. Secondo i miei calcoli dovremmo arrivare in questo punto all’incirca tra…” si interruppe per guardare l’orologio “…venticinque minuti”.
“Il bambino comincia ad essere stanco. Non potremmo fare una sosta?”
“Credo che faremmo meglio ad arrivare almeno nel punto che ti ho indicato. Da lì, se non ci saranno altri intoppi, non dovremmo percorrere più di dieci miglia per arrivare alla cerimonia, che tra l’altro sarà già cominciata da un pezzo”.
“Credi che ci sia qualcuno dietro quello che ci è accaduto?”
“Non lo so ma…o mio Dio, Liz!” Max frenò improvvisamente indicando una costruzione isolata.
Si trovavano ancora nel bel mezzo del deserto: dietro di loro miglia e miglia di statale totalmente priva di centri abitati; intorno a loro solo la strada polverosa e la rara vegetazione del luogo e di fronte…ancora una volta il benzinaio.
Scesero dall’auto e Liz prese in braccio il bambino, che si stropicciava gli occhi per la stanchezza.
“Max, in che posto siamo finiti?”
“Non ne ho idea, ma dobbiamo andare in fondo a questa storia” rispose il ragazzo avanzando cautamente verso la costruzione.
Si fermò a pochi metri di distanza e cercò di attirare l’attenzione del benzinaio, che ora sedeva sotto la pensilina a leggere tranquillamente un giornale. Nei dintorni non si vedeva nessuno.
“Mi scusi, signore!” azzardò senza troppa convinzione. Ma l’uomo non sembrò accorgersi della sua presenza.
“Ehi, riesce a sentirmi?” aggiunse alzando il tono della voce. Ancora una volta l’uomo non si mosse. Improvvisamente alzò la testa e guardò nella loro direzione, strizzando gli occhi per ripararsi dall’intensa luce solare. Dopo qualche istante abbassò il capo e ritornò alla sua lettura.
“Max, quell’uomo non può  vederci!” intervenne Liz stringendo a sé il bambino.
“E neanche sentirci, a quanto pare!” ribatté Max procedendo verso di lui.
“Fai attenzione” si raccomandò lei restando immobile.
Il ragazzo proseguì per qualche metro ancora, poi urtò contro un ostacolo invisibile. Fu leggermente rimbalzato indietro.
“Max, che succede?”
“Non lo so. Ho urtato contro qualcosa”
“Che vuoi dire?”
“C’è…una specie di muro…una barriera…” proseguì il ragazzo tastando la parete invisibile.
Nel momento in cui le sue mani accarezzavano leggermente la superficie invisibile, da essa si sprigionavano sottili fili di luce multicolore.
“Che cos’è?” chiese ancora la ragazza.
“Non ho mai visto niente del genere…” rispose Max proseguendo la sua esplorazione, “…ma deve essere il motivo per cui quest’uomo non riesce a vederci… ed anche la ragione per cui siamo imprigionati qui”.
“Vuoi dire che…non possiamo più…allontanarci da questo posto?” chiese Liz con voce tremante, stringendosi al bambino come per proteggerlo.
Il ragazzo si girò verso di lei e la fissò lungamente negli occhi.
“Sembra proprio di sì”.

La folla danzante continuava il suo ballo, incurante di loro. Max e Liz, finiti ai due lati opposti della sala, si guardavano intorno cercando di distinguere qualche viso conosciuto.
“Allora, Max, che fine ha fatto il bambino? Già stanco di fare il genitore?” gli chiese scherzosamente Michael bevendo un calice di champagne.
“Eh?” rispose l’amico voltandosi improvvisamente verso di lui. “Cosa…cosa hai detto? Quale bambino?”
“Stai scherzando? Siamo già arrivati a questi punti? Fai già finta di aver dimenticato il tuo pargoletto?” incalzò Michael sempre più divertito, nella convinzione che Max, a sua volta, stesse scherzando.
“Di che bambino stai parlando, Michael?” chiese ancora, stavolta con un tono terribilmente serio, afferrando l’amico per il bavero della giacca.
“Ehi, ehi, non ti agitare! Sto parlando del figlio tuo e di Liz!” rispose Michael indietreggiando leggermente con le mani alzate.
“Se questo è uno scherzo ti avverto che non mi diverte affatto!” continuò Max spingendo ancora di più Michael contro la parete.
“Ora sei tu che stai scherzando! Max, mi vuoi far credere che non ricordi di aver sposato Liz e di aver avuto un bambino?” chiese Michael, con tono serio.
“No. Non ricordo nessun matrimonio e nessun bambino. E non so neppure cosa ci facciamo qui. Ero uscito con Liz per una cena fuori e invece del locale abbiamo trovato questo…” si interruppe per guardarsi intorno e poi riprese “…posto. Tu piuttosto, che ci fai vestito così? E tutta questa gente? Perché è qui?”
“Max, questo è il mio matrimonio, e tu e Liz eravate invitati” rispose Michael guardandolo dritto negli occhi.
Tutto ad un tratto il ragazzo realizzò che l’amico era terribilmente serio e che lui e Liz decisamente erano nei guai. 

Max prese la jeep e cominciò a guidare senza una meta precisa. Quello che stava accadendo a Liz era terribilmente grave. Qualunque cosa fosse accaduta durante la notte, ora stava diventando realtà. Liz stava invecchiando a vista d’occhio e lui avrebbe dovuto assolutamente fare qualcosa. Sì, ma cosa?
Con chi poteva parlare? Ad un tratto ebbe una folgorazione; accelerò improvvisamente e lasciò la città.
La riserva dei Mescalero già si delineava all’orizzonte, con le sue caratteristiche tende indiane. Se esisteva una persona al mondo che poteva scoprire l’origine dello strano fenomeno, questa era senz’altro River Dog.
Da diverso tempo non gli avevano più fatto visita, ma lui era l’unico di cui fidarsi, l’unico che fosse venuto a contatto con gli alieni e che fosse a conoscenza dei segreti del loro mondo.
Aveva salvato Michael, forse ora avrebbe potuto salvare Liz.
Bisognava agire al più presto, altrimenti lei avrebbe potuto…no, non voleva nemmeno pensarci. Non Liz, lei era così piena di vita! Lei era tutto, lei non doveva…
Questi e altri pensieri si agitavano nella mente di Max mentre fermava la jeep. Rimase qualche istante ancora sul veicolo a raccogliere le idee, per cercare di ricostruire esattamente i fatti. Non avrebbe dovuto omettere nulla, per non mettere a rischio la vita della ragazza. Lei contava su di lui, si fidava ciecamente di lui. Non poteva deluderla.
“Che ci fai qui?” lo apostrofò Eddie, il giovane indiano che si occupava di tenere lontani gli intrusi.
“Lasciami passare, devo parlare con River Dog”.
“Non credi di averlo già disturbato abbastanza? Ha salvato il tuo amico e ti ha dato le risposte che cercavi. Cosa vuoi ancora?” chiese l’uomo fissandolo con aria di sfida.
“Lascialo passare!” intimò una voce severa e autoritaria alle sue spalle.
“River Dog!” esclamò Max con tono eccitato.
“Vieni, entra, so perché sei qui!” lo invitò l’indiano, mostrandogli l’ingresso della sua tenda.

“Cerchiamo di fare il punto della situazione. Stavamo procedendo in questa direzione” continuò Max seguendo il percorso sulla carta stradale. “Qui ci siamo fermati a fare benzina. Nel breve tempo della sosta  deve essere accaduto qualcosa”.
“A che ti riferisci?” chiese Liz fissando intenta la cartina, come se in essa si dovesse nascondere la risposta ai loro interrogativi.
“Non lo so. Deve essere intervenuto qualcuno o qualcosa che ha…”
Liz sollevò lo sguardo dalla carta.
“…fermato il tempo e lo spazio in un cerchio chiuso” continuò il ragazzo con tono terribilmente serio. “Oppure potrebbe trattarsi di una…interferenza nel corso naturale delle cose..”
Il bambino scoppiò a piangere e li distolse per qualche istante dal problema presente.
“Non capisco. Cosa può aver prodotto un simile fenomeno?” chiese Liz cullando il bambino con piccoli passi avanti e indietro sulla strada polverosa.
“Liz, conosco a malapena le mie origini e quello che ho scoperto non mi piace. Può darsi che attivando i comunicatori noi abbiamo aperto una…” e mentre pronunciava queste parole camminava nervosamente avanti e indietro agitando le braccia “…una breccia o qualcosa del genere…”
“Che ne sarà di noi, Max?”
“Vorrei poterti dare una risposta…”

Liz cercava di farsi largo tra la folla ma Maria, eccitata per il matrimonio, non smetteva di parlare.
“Maria, io adesso dovrei…”
“Liz, sono eccitatissima! Ma ti rendi conto? Finalmente sono sposata con Michael! Se penso a tutto quello che abbiamo passato e…” si interruppe vedendo l’amica distratta. “Liz, tu non mi stai ascoltando!”
“Eh? Sì, sì, certo, ma vorrei raggiungere Max…”
“Non sei ancora stanca di vedertelo davanti tutte le mattine? Ora che siete sposati correte il rischio di annoiarvi e…”
“Aspetta un attimo! Cosa hai detto? Io e Max…sposati?”
“Stai scherzando, vero? Sono stata io stessa testimone alle nozze! Un anno fa! Sapessi quanto ti invidiavo allora…”
“Ci deve essere un errore! Io e Max siamo solo usciti per una cena e…tu piuttosto! Da un giorno all’altro ti sposi e non mi dici niente e quando arrivo qui per caso vengo a sapere…”
“Ehi, ehi, frena! Tu e Max lo sapevate da due mesi: non solo eravate invitati ma avreste dovuto anche farci da testimoni! Tant’è vero che ho dovuto chiederlo all’organista, una vecchietta odiosa che…” incalzò Maria con un fiume di parole.
“Liz!” gridò Max nella folla, interrompendo la loro conversazione.
“Max! Sono qui!” urlò a sua volta la ragazza per emergere sul baccano dei festeggiamenti.
“Ah, io mi allontano. Credo proprio che abbiate bisogno di chiarirvi le idee..” commentò Maria perplessa. Poi si diresse al tavolo degli sposi.
“Liz, Michael mi ha appena detto che noi siamo…” ha esordito il ragazzo afferrandola per le braccia.
“…sposati, sì, me lo ha detto Maria. E abbiamo anche un bambino. Max, che sta succedendo? Dove siamo finiti?”
“Liz, pensaci bene: ti è accaduto qualcosa di strano oggi? Qualcosa a cui magari non avevi pensato sul momento, ma che potrebbe spiegare quello che ci sta accadendo?”
“Fammi pensare…beh, mentre mi preparavo allo specchio mi è sembrato di vedere…ma non era nulla di importante…” mormorò la ragazza.
“In questo momento non possiamo permetterci di trascurare nulla. Devi raccontarmi esattamente quello che hai visto!” incalzò Max scuotendola involontariamente nella foga del momento.
Liz cercò di riassumere la visione in poche parole. Improvvisamente si rese conto del legame che esisteva tra ciò che le era sembrato di vedere e l’assurda realtà che stava vivendo.
“Sei certa di non aver tralasciato niente?”
“Io…sì, direi di sì. Non ho visto altro. Ma cosa…” concluse la ragazza.
“Vieni con me, ho un’idea!” disse il ragazzo prendendola per la mano e scomparvero tra la folla festante.

“Siediti, ragazzo” lo invitò River Dog, indicandogli un cuscino sul pavimento della tenda.
“Non ho molto tempo, ho bisogno di risposte! Liz sta rischiando la vita!” incalzò Max agitato.
“La fretta non è mai buona consigliera” precisò l’indiano accendendo un calumet e  porgendolo a Max.
“No, grazie, ricordo ancora quello che è successo a Michael quando ha partecipato ad un vostro rituale…”
“Accettalo, è indispensabile per raggiungere l’equilibrio” rispose l’uomo con voce calda e rassicurante. Max prese il calumet e aspirò qualche boccata, che gli procurò violenti colpi di tosse, poi lo porse nuovamente a River Dog.
Dopo aver respirato due boccate di fumo l’uomo iniziò il suo discorso.
“Gli spiriti mi hanno parlato”. Tacque qualche istante ancora, continuando a fumare e poi proseguì: “L’equilibrio si è rotto. Mondi diversi sono venuti a contatto: potrebbe essere l’inizio della fine” precisò l’indiano fissando Max con occhi accesi.
“Cosa significa?” chiese il ragazzo con voce alterata.
“Vi sono diversi mondi e infinite possibilità per ciascuno di noi. Ma tutti i mondi possibili coesistono in diverse realtà che il Grande Spirito ha sempre tenuto separate. Se queste dovessero congiungersi tutto verrebbe distrutto”. Dopo una pausa di meditazione aggiunse amaramente: “…e noi con lui”.
“Cosa possiamo fare per evitarlo?” chiese Max apprensivo, scattando involontariamente in piedi.
“Non è semplice. È necessario che in tutte le realtà coinvolte tu e la ragazza giungiate alla stessa conclusione, troviate da soli la medesima risposta. Solo allora si potrà ripristinare l’equilibrio” proseguì l’uomo sgranando gli occhi, per attribuire maggior efficacia alle sue parole.
“Significa che esistono diversi Max e Liz? In realtà diverse?” chiese il ragazzo.
“È così. Dovrete scoprire l’origine dello strappo e passare di nuovo attraverso la porta tra le dimensioni”.
“E come possiamo trovare la porta?”
“Questo gli spiriti non l’ hanno detto. Spetta a voi scoprirlo”.
“E che ne sarà degli altri Max e Liz?”
“Questo non ci è dato saperlo. Potrebbero ritornare nel loro mondo oppure…”
“…oppure?” chiese il ragazzo con sguardo profondamente turbato.
“Venire distrutti” rispose l’indiano abbassando il capo. “In questo caso resterebbe solo un mondo, solo due persone”.
“Quindi…potremmo essere noi a…”
“Se così è scritto questo sarà il nostro destino” concluse l’indiano. “Ora va, e cerca la porta, non rimane molto tempo” lo incitò l’anziano uomo, riprendendo a fumare in apparente tranquillità.

“Liz, forse ho capito!”
“Cosa?” chiese la ragazza girandosi verso di lui.
“Ho capito in che momento ha avuto inizio questa storia” rispose Max. “Questa mattina, quando ho guardato lo specchio. Potrebbe essere lo specchio, Liz!” incalzò Max in preda all’emozione.
“Che vuoi dire?”
“Quando ti ho visto…voglio dire…ho visto l’altra Liz…deve essere successo qualcosa. La chiave è lo specchio!”
“Vuoi dire che potresti aver visto il futuro o qualcosa del genere?”
“Non è da escludere. So che alcuni scienziati hanno ipotizzato l’esistenza di diverse realtà o diverse dimensioni. Non ci avevo mai creduto, ma ora forse…”
“Cosa possiamo fare?”
“Credo che dovremmo tornare a esaminare lo specchio”
“Come possiamo farlo se siamo imprigionati qui?”
Il ragazzo rimase assorto per qualche istante; poi volse lo sguardo verso l’invisibile barriera che li separava dal resto del mondo reale.
“Quella potrebbe essere la risposta” affermò con tono serio.
“Aspetta un attimo: quando hai cercato di attraversarla sei stato respinto. Cosa ti fa pensare che…”
“Liz, qualunque sia lo strano fenomeno che ci sta accadendo ha coinvolto entrambi. Ed anche il bambino. Poco fa ho cercato di attraversare la barriera da solo: forse dovremmo tentare insieme” rispose Max terribilmente serio.
“No, è troppo pericoloso! Non possiamo rischiare la vita del bambino…non sappiamo cosa potrebbe succedere e…”
“Dobbiamo farlo, Liz, o potremmo restare imprigionati per sempre in questa realtà, senza via d’uscita”.
Improvvisamente alcune nuvole oscurarono il sole e in breve si scatenò un terribile temporale. I ragazzi si rifugiarono in macchina. La violenza del vento e della pioggia aumentava a vista d’occhio.
“Non ci resta molto tempo, non abbiamo altra scelta” affermò il ragazzo fissandola intensamente negli occhi.

“Dove mi stai portando?” chiese Liz fermandosi improvvisamente.
“Lo specchio! Capisci? È lo specchio!” affermò Max. “Tutto ha avuto inizio dalla tua visione!”
“Non…riesco a capire! Dove stiamo andando?”
“Forse tutto quello che è successo da quando siamo usciti potrebbe essere legato allo specchio. Evidentemente senza rendercene conto abbiamo attraversato una specie di varco o qualcosa del genere e siamo finiti in una realtà…parallela, in cui noi due siamo sposati e abbiamo un bambino e Michael e Maria stanno festeggiando il loro matrimonio. Liz, per quanto possa sembrare incredibile…credo che in questo momento ci troviamo in un’altra dimensione”.
“Max, mi stai spaventando. Perché sarebbe successa una cosa del genere?”
“Non lo so, ma dobbiamo trovare il modo di andarcene da qui! E subito!”
Mentre Max terminava di pronunciare queste parole si udì il fragore di un tuono, e per qualche istante mancò la corrente. Gli invitati urlarono per la sorpresa e la musica cessò di colpo.
Max si appoggiò istintivamente alla vicina parete e la sua mente fu attraversata da immagini rapide e indistinte di panico. Improvvisamente la luce tornò e la ragazza lesse lo sgomento sul suo volto.
“Cosa ti succede?” gli chiese con tono apprensivo.
“Sta per accadere qualcosa di terribile” proseguì Max guardandosi intorno. Poi proseguì: “Ricordi che una volta ti ho detto che in particolari stati d’animo possiamo avere delle visioni?”
“Sì, lo ricordo. Ma che sta succedendo?”
“Dobbiamo sbrigarci se vogliamo andarcene prima che sia troppo tardi”
“Troppo tardi per cosa?”
“Non c’è tempo per tornare al CrashDown. Potrebbe esistere un altro varco, magari un altro specchio!” disse Max guardandosi intorno con crescente agitazione.
“Di là!” gridò Liz indicando un corridoio laterale. “Mentre Maria mi trascinava verso il tavolo del buffet ho visto l’insegna dei bagni. Ci sarà senz’altro uno specchio!”
“D’accordo, andiamo!”
E si avviarono di corsa scomparendo dietro un ampio tendone.

Max stava ritornando dalla tribù indiana a tutta velocità. Il tempo andava rapidamente peggiorando e pesanti nuvolosi scuri si addensavano all’orizzonte. Un cattivo presagio…
“Vai, accidenti, vai!” mormorava tra i denti, all’indirizzo della propria vettura, che procedeva spedita lungo la statale.
Improvvisamente vide una lunga coda di auto. Fermata la jeep scese con un balzo e chiese notizie ad una pattuglia della polizia, ferma a lato della strada.
“Agente, cosa sta succedendo?”
“Abbiamo ricevuto una segnalazione relativa ad un’auto sospetta abbandonata sul ciglio della strada. Una telefonata anonima ci ha avvertiti che potrebbe contenere dell’esplosivo. Per motivi di sicurezza abbiamo chiuso la statale finché gli artificieri  non avranno verificato la veridicità della segnalazione” fu la riposta puntuale dell’agente che terminò improvvisamente la conversazione per rispondere ad una chiamata radio.
Max, senza perdere tempo, saltò nuovamente sulla jeep e uscì dalla statale avventurandosi nei campi circostanti.
“Ehi, ma cosa sta facendo? È pericoloso, si fermi!” gli gridò l’agente. Ma il veicolo si era già allontanato a forte velocità.
Intanto caddero le prime gocce e in breve si scatenò il temporale in tutta la sua furia. I fulmini illuminavano di una luce sinistra qua e là il cielo scuro di pioggia e nubi.
Max proseguì la sua folle corsa tra i campi, su un terreno accidentato che mise duramente alla prova le sospensioni del mezzo, fino a raggiungere una deviazione che lo riportò poco più avanti sulla strada per Roswell.
“Coraggio Liz, tieni duro, sto arrivando!” mormorava tra sé e sé.
Dopo circa un quarto d’ora, sotto una pioggia ormai torrenziale, Max arrivò al CrashDown.
Salì di corsa le scale fino alla camera di Liz, ma incontrò sua madre, che stava bussando ripetutamente alla porta nel tentativo di farsi aprire.
“Liz, coraggio, apri. Qualunque cosa ti sia successa possiamo parlarne! Liz, sono tua madre! Apri questa porta!” proseguiva la donna.
“Max, meno male che sei arrivato. Liz è chiusa nella sua stanza da ore e non vuole aprire a nessuno. Forse avrai più fortuna di me!” gli disse la donna, facendosi da parte.
“Liz, Liz!” esclamò il ragazzo bussando ripetutamente alla porta. “Sono Max! Apri!”
“Max? sei tu?” chiese una voce rauca proveniente dall’interno.
“La madre della ragazza sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Non si preoccupi, signora, è tutto sotto controllo. Liz ha solo un brutto…raffreddore” la tranquillizzò il ragazzo con la prima scusa che gli venne in mente.
“Sì, sono qui. Coraggio, apri la porta!” esclamò poi ad alta voce,  per farsi sentire dalla ragazza.
“Passarono alcuni istanti di silenzio, durante i quali Max e Diane Parker si guardarono con un’espressione interrogativa. Poi la serratura della porta scattò e si aprì uno spiraglio. Senza attendere oltre Max entrò come una furia e solo dopo aver richiuso la porta alle sue spalle guardò Liz.
“O mio Dio!” esclamò il ragazzo sgranando gli occhi.
“Max, non mi guardare, non voglio che tu mi veda in queste condizioni” esclamò la ragazza nascondendosi il viso con le mani ricurve.
“Liz, Liz, ascoltami!” la afferrò Max, vincendo le sue resistenze.
“La ragazza scoprì il viso terribilmente invecchiato, ma anche dietro le rughe erano ancora riconoscibili i suoi occhi scuri, pieni di vita.
“Liz, ascoltami bene, è importante! Sono stato da River Dog e ho scoperto cosa sta succedendo. È accaduto qualcosa, qualcosa che ha turbato il naturale svolgimento del tempo. Ora non ho tempo di spiegarti ma si è aperto una specie di varco, una breccia e forse siamo venuti a contatto con un mondo alternativo”.
“Una…breccia?” ripeté meccanicamente la ragazza senza capire esattamente il significato di quelle parole.
“Hai mai sentito parlare della possibile esistenza di altre dimensioni?”
“Vagamente…io…credo di sì…”
“Quella che hai visto nello specchio eri davvero tu, Liz, come diventerai fra sessant’anni”
“Ma perché è successo tutto questo? Cosa mi sta accadendo?”
“Vorrei avere delle risposte ma l’importante, adesso, è ripristinare il corso naturale del tempo. Ci ho pensato molto dopo aver parlato con River Dog e l’unica cosa che mi è venuta in mente è lo specchio!” esclamò il ragazzo in preda all’eccitazione.
“Cosa…ma cosa vuoi dire? Lo specchio…”
“Mi hai detto che nel tuo sogno ti sei specchiata e hai visto te stessa invecchiata, giusto? Da lì ha avuto inizio tutto!” proseguì il ragazzo trafelato.
In quel momento si udì il fragore dell’ennesimo tuono, che fece vibrare i vetri della camera
“Non abbiamo molto tempo, Liz, devi farlo adesso!”
“Fare cosa?” chiese la ragazza con voce tremante.
“Passare attraverso lo specchio. È una porta, capisci? Quando l’avrai oltrepassato tutto tornerà normale. Ora non c’è tempo per spiegarti ma dobbiamo tentare!”
“Aspetta un attimo: tu non…non verrai con me? Perché tu non stai invecchiando, Max?”
“Forse nella dimensione in cui vive la Liz anziana…io non esisto più o forse…”
“Cosa intendi dire?”
“Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Forse in un’altra dimensione noi abbiamo fatto scelte diverse o forse sono accadute delle cose indipendenti dalla nostra volontà. Quello che so è che l’unica speranza per salvarti la vita è attraversare quello specchio, adesso!”
“Max, non voglio farlo senza di te. E se ti accadesse qualcosa? E se non dovessi più trovarti?”
“Hai fiducia in me, Liz?” le chiese lui ad un tratto.
“Certo, io…”
“Io ho messo la mia vita nelle tue mani, quando ti ho salvato quel giorno al CrashDown. Ora ti chiedo di fidarti di me e di fare altrettanto. Credi di poterlo fare?”
“Sì, mi fido di te, Max.”
“Dammi la mano” disse il ragazzo, afferrando la mano destra di Liz, che già iniziava a diventare fredda.
La portò davanti allo specchio della sua camera e allungò l’altra mano. La superficie dello specchio restituì brevi bagliori colorati.
“Questa è la porta. Sei pronta?” chiese Max guardandola teneramente.
Detto questo lui le diede un bacio, poi indietreggiò. Liz, dopo avergli lanciato un ultimo sguardo entrò nello specchio e in un secondo il mondo intorno a lei svanì.

Liz, sei pronta? Non c’è più tempo per pensare. È l’unica possibilità che abbiamo per salvarci. Non sappiamo cosa potrebbe accadere se restassimo ancora qui!”
“Max, io non so se…”
“Hai fiducia in me, Liz?” le chiese ad un tratto Max.
“Certo, io…”
“Io ho messo la mia vita nelle tue mani, quando ti ho salvato quel giorno al CrashDown. Ora ti chiedo di fidarti di me e di fare altrettanto. Credi di poterlo fare?”
“Sì, mi fido di te, Max”.
“Allora vieni con me”.
Detto questo accese il motore dell’auto e le strinse la mano sinistra. Liz stringeva nell’altro braccio il bambino.
“Sei pronta?” le chiese. Poi le diede un bacio e attraversarono la barriera.
Il deserto, il benzinaio e il temporale rimasero alle loro spalle. Poi tutto intorno a loro divenne buio.

“Per di qua!” esclamò ad un tratto Liz, tirando Max per la mano.
La ragazza afferrò la maniglia e tentò di aprire la porta dei bagni ma si accorse che era chiusa a chiave.
“È chiuso! Ho appena finito di lavarlo!” esclamò una donna delle pulizie,  con un secchio in mano, alle loro spalle. “Se non potete aspettare ce n’è un altro al piano superiore” aggiunse poi.
“Non c’è tempo!” disse Max. “Stai indietro!” gridò poi a Liz.
Con una mossa repentina il ragazzo sferrò un poderoso calcio e spalancò la porta.
“Quanta fretta!” esclamò la donna delle pulizie con un’espressione meravigliata.
I due ragazzi entrarono nel bagno e si posizionarono davanti allo specchio a figura intera che dominava il locale.
“Sei pronta?” le chiese. Liz fece un cenno di assenso con il capo. Un tuono scosse l’edificio e mancò nuovamente la luce.
“Max!” esclamò Liz impaurita.
La luce tornò, anche se intermittente.
“Stai tranquilla, fidati di me!” disse il ragazzo sorridendole amabilmente e stringendole la mano per rassicurarla. Poi le diede un bacio e attraversarono la barriera.
La luce si spense e questa volta furono completamente avvolti dall’oscurità.


“Oggi è il 15 Settembre 2059 e io sono Liz Parker. Da quel lontano giorno nel deserto non ho mai più rivisto Max. Non mi sono mai sposata e gli anni sono passati veloci. Ogni tanto mi capita di pensare ancora a lui e mi chiedo cosa avrà fatto della sua vita. Non posso fare a meno di chiedermi se sia riuscito alla fine a tornare sul suo pianeta e se sia rimasto con Tess. Non ho mai rimpianto la mia scelta, in quel momento era l’unica cosa giusta da fare. Però c’è una cosa che mi chiedo, quando ripenso a lui nelle giornate di sole belle come questa:  cosa sarebbe successo se quel giorno avessi deciso di restare, se avessi fatto un’altra scelta…”

“Max, Liz, avete finito di studiare? Ho fatto una torta!” esclamò la madre di Liz bussando alla porta della loro camera.
“Sì, mamma, arriviamo!” rispose la ragazza alzando il tono della voce.
“Una pausa ci farà proprio bene, sono stanchissima!” disse Liz alzandosi dalla scrivania e stiracchiandosi pigramente.
“Già, sono stanco anch’io. Certo che la vita degli studenti è veramente movimentata, eh?” commentò Max sorridendo.
“Già, libri e scuola, scuola e libri!” affermò Liz con un sorrisino malizioso.
Poi prese il ragazzo per mano e scesero al piano di sotto.

“A che ora è il matrimonio esattamente?” chiese Liz togliendo il cappellino al bambino.
“Alle tre, mi pare. Se non troviamo traffico dovremmo arrivare puntuali!”rispose Max facendo una carezza al piccolo, che rispose con un ampio sorriso alle sue coccole.
“Chi vuoi che ci sia su una strana tanto deserta, Max? Comunque…” e pronunciando queste parole abbassò timidamente lo sguardo,“…con te potrei andare ovunque!”
“Lo credi davvero?”le chiese Max divertito e lusingato dalla sua affermazione.
“Sì. Inoltre sento che oggi sarà una giornata speciale!” replicò Liz sorridente.
“Già” rispose Max ritornando con gli occhi sulla strada. “Ne sono sicuro anch’io!”

“È ancora lontano questo locale?” chiese Liz sorridente.
“Ehi, come sei impaziente! Siamo arrivati!” rispose Max divertito. Scese dall’auto e fece il giro del veicolo per aiutarla.
“Posso accompagnarla, madame?” chiese gentilmente, tenendo un braccio dietro la schiena e porgendole l’altro per appoggiarsi.
“Ma certamente” rispose Liz al colmo della felicità. Gli occhi le brillavano di emozione.
Dal locale provenivano una deliziosa luce calda e una musica romantica.
“Il Signor Evans?” chiese il cameriere all’ingresso con tono cortese.
“Sì e questa è miss Parker!” ripose il ragazzo indicando Liz con un’espressione fiera.
“Prego, da questa parte!” disse l’uomo sorridendo, indicando la sala.

Scritta da Joy


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