Riassunto: La scomparsa di Pierce rimette in moto l'FBI, e la caccia ricomincia da Roswell.
Data di
stesura: dal 17 al 25 giugno 2001.
Valutazione: adatto a tutti.
Diritti:
Tutti
i diritti dei personaggi appartengono alla WB, e il racconto è di proprietà
del sito Roswell.it.
- E' assolutamente incredibile, non siamo riusciti a trovarlo! Sei maledettissimi mesi, frugando in tutto il Paese, eppure nessuna traccia! -
- Verso la fine dell'anno qualche cosa l'avevamo trovata, ma siamo arrivati troppo tardi, dopodiché… Puf, volatilizzato… -
- Eppure Pierce era il miglior cacciatore della squadra! -
- Anche i migliori, a quanto pare, ogni tanto sbagliano… -
- Qual è la prossima mossa, allora? -
- Ricominciare da dove tutto ha avuto inizio -
- Roswell -
- Già -
I tre uomini si fissarono per un attimo in silenzio, riflettendo su tutto quello che era stato detto in quel lungo pomeriggio piovoso di fine maggio, poi riguadagnarono i rispettivi uffici per organizzare la nuova missione.
Fuori dall'enorme palazzo dove aveva sede l'FBI il cielo di Washington continuava a riversare milioni di gocce gelide e indifferenti.
- Fa un caldo infernale, da queste parti - commentò John Cornell guardando il deserto scorrere su entrambi i lati del nastro asfaltato.
Il suo compagno gli lanciò una rapida occhiata prima di tornare a concentrarsi sulla guida. - Però è una zona tutto sommato facile da tenere sotto controllo, il che, a mio parere, annulla l'inconveniente del clima… - Frank Reilly era un uomo alto, con poderosi muscoli insospettabili data la snellezza del suo corpo, ed una particolare predisposizione per la ricerca di indizi.
Il collega, invece, era più basso, meno istintivo ma capace di sottili analisi, ed era il perfetto completamento della loro piccola squadra, una delle migliori a disposizione di quella unità speciale che indagava sugli avvistamenti e la presenza di alieni sul pianeta.
A Roswell, dopo la misteriosa scomparsa di Pierce, avevano inutilmente lavorato varie squadre, ed ora toccava a loro provare a ricostruire la pista che lo aveva portato alla convinzione che in quella cittadina ci fosse qualcosa di più sostanzioso di una banale leggenda attira-turisti.
Erano trascorsi ormai dieci giorni da quando avevano fatto il loro ingresso nella piccola comunità spacciandosi per archeologi, ed avevano percorso miglia e miglia nei dintorni, spingendosi fino alla riserva indiana e mangiando quintali di polvere senza alcun risultato. Eppure sentivano che c'era qualcosa di strano. Jim Valenti, per esempio, lo sceriffo di quel buco nel nulla, diventava stranamente reticente quando il discorso cadeva sull'argomento, mentre Milton, il direttore del cumulo di ciarpame che era l'UFO Center, era impossibile da azzittire.
Fantasia o realtà? Cosa c'era, a Roswell, ad aver attirato l'attenzione di Pierce? Perché si era così concentrato su quel posto?
Gli abitanti erano persone tranquille, che non avevano problemi a scherzare sul presunto impatto del 1947, e frequentavano assiduamente il Crashdown Café, uno dei tanti luoghi che si ricollegavano alla fama della città. I proprietari, i coniugi Parker, avevano acquistato il locale una ventina di anni prima, e vivevano nell'appartamento soprastante. Anche loro trovavano naturale fare battute su quanto si diceva fosse accaduto nel passato per quanto, specie in occasione del fantacongresso annuale, a Roswell convergesse un mucchio di gente fermamente convinta che gli alieni fossero passati da quelle parti.
Nessuno, però, aveva mai esplorato i dintorni alla ricerca di eventuali segni, non almeno dopo gli anni '50, né si era preso la briga di sfatare le voci. E perché mai avrebbero dovuto farlo, in fin dei conti, visto che si trattava dell'unica vera attrazione di quella cittadina?
Ma Pierce era stato quasi una leggenda, nel loro mondo segreto, e qualcosa doveva averlo convinto. Che cosa?
- Guarda, quei due sono di nuovo qui… - Maria fece un piccolo cenno col capo e Michael lanciò uno sguardo verso la porta d'ingresso. "Accidenti a loro… Ma cosa diavolo vogliono?"
- Tu credi davvero che siano degli archeologi? - disse ancora la ragazza.
- Sì, come no? A parte le caverne nella riserva indiana qui non c'è nient'altro, eppure non fanno che girare per il deserto… -
- E tu come lo sai? -
- Me l'ha detto River Dog -
- Vuoi dire che li sta tenendo d'occhio? -
Michael annuì in silenzio. L'istinto gli diceva di non fidarsi, che quei due non erano chi dicevano di essere, e perfino Valenti gli aveva accennato di aver provato una strana sensazione quando li aveva conosciuti. Troppe domande, e sugli argomenti sbagliati. No, quella storia non gli piaceva proprio. Forse avrebbe fatto bene a parlarne con Max ed Isabel. Loro erano appena tornati in città e non sapevano niente. E questo poteva essere un errore…
Nel frattempo era arrivato anche Alex, e Maria si affrettò ad avvicinarsi al tavolo cui si era seduto per metterlo sull'avviso. Quando Cornell e Reilly erano nei paraggi bisognava assolutamente fare attenzione a tutto quello che dicevano: una parola di troppo e, se i loro sospetti erano giusti, sarebbe stata la fine!
Il corpo di Max pesava su di lei ma Liz non voleva che si spostasse. Amava troppo sentirlo su di sé, e con le braccia continuò a serrargli la schiena. - Ti amo - disse sorridendogli, gli occhi ancora brillanti per la passione che li aveva uniti.
- Ti amo anch'io - Il giovane le cercò le labbra e le diede un altro bacio. - Sei la mia vita… - Sospirando si mosse un poco per coprirle di baci tutto il viso poi fece scivolare le mani fino ai suoi fianchi e fece di nuovo l'amore con lei.
La ragazza gemette di piacere e lo assecondò con tutta se stessa, inconsapevole della luminosità che si sprigionava dai punti di contatto dei loro corpi, uniti come le loro anime in quei momenti di forti emozioni.
La durezza del pavimento di roccia sotto di loro, nella caverna dove ancora una volta riposava l'astronave, scomparve come per incanto, e di nuovo la magia li avvolse sottraendoli alla realtà.
Ormai abituati a quella completa assenza di riserbo, si lasciarono andare senza alcun controllo, senza limiti, senza inibizioni, con totale fiducia e amore, e il rinnovato dono di loro stessi li riempì di serena felicità. Madidi di sudore, ansanti e sorridenti, continuarono a tenersi abbracciati ancora per un poco, poi Max rotolò sulla schiena e guardò negli occhi Liz, adesso distesa sopra di lui. - Buon compleanno… - disse a bassa voce.
Il sorriso di lei si fece più ampio. - Grazie - Lo sentiva ancora dentro di sé e quell'unione le diede una gioia senza pari. - Rimani così, ti prego, e mi avrai fatto il regalo più bello che potessi desiderare… - sussurrò.
- Tutto quello che vuoi, Liz. Tutto… -
Soddisfatta, la ragazza posò la testa sulla sua spalla senza lasciarlo con lo sguardo. "Oh, Max, sei dolcissimo…"
Il sole era basso all'orizzonete quando infine i due giovani si rivestirono e, sedutisi fuori all'aperto con la parete di roccia calda contro la schiena, rimasero a guardare per un poco il cielo arrossato dagli splendidi colori del tramonto. Poi Max s'infilò una mano nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una scatolina blu. - Tanti auguri - le disse porgendogliela.
Liz fissò il dono sentendo il cuore batterle all'impazzata. Oh no, non poteva essere… non… Lo aprì con mani tremanti e sentì gli occhi colmarlesi di lacrime. - Max… - Prese timidamente il sottile anello d'oro con un piccolo brillante incastonato al centro studiandolo affascinata.
- Ho scelto il brillante perché è puro e resistente come te. E come l'amore che proviamo l'uno per l'altro… -
La ragazza lasciò che lui glielo infilasse all'anulare sinistro poi si guardò ancora stupita la mano. - Sei una persona incredibile, Max… Sei… sei il mio Max… - Lo abbracciò stretto, sorridendo per la forza con cui lui la ricambiò.
Molto a malincuore si alzarono e, tenendosi per mano, tornarono alla jeep nascosta dietro un enorme masso poco distante dall'imbocco della caverna.
Arrivarono al Crashdown al crepuscolo e Michael, sudato per il calore della piastra di cottura, li guardò entrare con malcelata invidia. Anche lui avrebbe voluto potersi appartare con Maria ma il fatto di non avere nulla da offrirle, o meglio da offrire a sua madre per convincerla ad accettarlo, gli impediva di farsi avanti e così tutto quello che poteva avere era qualche bacio rubato fra un turno e l'altro. A volte si sorprendeva a odiare quel locale. Se solo avesse potuto fare qualcosa di più remunerativo, o almeno continuare gli studi… Intanto, però, c'era altro cui pensare: doveva parlare a Max degli archeologi…
Maria, invece, si avvicinò subito all'amica, incuriosita dalla sua espressione radiosa. - Liz, cosa diavolo ti è successo? -
La ragazza passò un braccio intorno alla vita di Max e tese la mano verso di lei. - Ho avuto il regalo di Max -
Alla vista dell'anello Maria lanciò un piccolo grido di gioia. - Ehi! Congratulazioni! - Abbracciò Liz e diede un buffetto sulla guancia a Max. - Ben fatto, ragazzo! Ben fatto! -
Il giovane sorrise imbarazzato perché le effusioni di Maria avevano attirato su di loro gli sguardi di tutti i presenti, poi fissò la ragazza con aria interrogativa e lei gli fece l'occhiolino mentre li sospingeva verso l'ultimo tavolo libero. - Andate a sedervi: cosa vi posso portare? -
- Maria, veramente dovrei andare a cambiarmi e darti una mano! - protestò Liz, ma l'amica scosse decisa la testa. - Non questa sera - e si allontanò aggiungendo ad alta voce: - Intanto vi preparo una cherry coke e una limonata con doppio zucchero! -
Liz fissò esterrefatta il suo compagno. - Ma cosa le è preso? -
La risposta fu una scrollata di spalle.
Mentre, pochi minuti più tardi, sorbiva la sua bevanda, la ragazza notò uno strano andirivieni di cameriere poi Maria tornò al loro tavolo e chiese di seguirla nella stanza sul retro. - C'è un piccolo problema e vorrei che mi aiutassi a risolverlo… - disse rivolgendosi a Liz.
Incuriosita la giovane si alzò subito, imitata da Max, e mai più si sarebbe aspettata il coro di auguri che l'accolse non appena ebbe varcato la soglia del saloncino che separava il locale dagli ambienti privati.
Commossa, si passò una mano tra i capelli per darsi un contegno poi, preso coraggio dalla leggera carezza di Max sulla sua schiena, avanzò verso il folto gruppo di amici che la stava aspettando per festeggiarla.
- Non mi sarei mai aspettata una festa a sorpresa. Grazie… -
- E' stato un piacere - Isabel l'aiutò a raccogliere tutte le carte ed i nastri che avevano avvolto i tanti regali ricevuti e poi si voltò a sorriderle con affetto sincero. - Sono contenta che tu e Max stiate finalmente insieme. So quanto vi amate, e temevo che i tuoi genitori non lo avrebbero mai accettato… -
- Forse non sarebbe stato possibile se Max non mi avesse curata ad Albuquerque - Liz si lasciò cadere su una poltroncina. - Penso che si sentano in debito con lui e che solo per questo gli permettano di stare con me. Comunque mi va bene anche così, dato che è il risultato, quello che conta… -
Isabel le sedette accanto e la guardò un po' a disagio. - Senti… scusa se te lo chiedo ma… usate qualche… qualche precauzione? -
- Come? - Liz la fissò sorpresa poi comprese ed abbassò gli occhi. - Oh, intendi… no, non usiamo niente… Veramente… lo abbiamo deciso insieme e ogni volta Max… mi controlla… Finora non è mai successo… -
Notando la sua aria sconvolta Isabel si chinò verso di lei. - Mi dispiace di essere stata così indiscreta… Non avrei dovuto… -
- No, non preoccuparti - La ragazza si strinse le braccia al petto e tornò a guardare l'amica. Ricordava ancora perfettamente il giorno in cui ne avevano parlato, lei e Max. Sapevano che era la cosa migliore da farsi. In fin dei conti erano troppo giovani, con un futuro ancora incerto davanti a loro, e non potevano permettersi una gravidanza. Non fino a quando si fossero potuti sposare. Per il momento, comunque, erano stati davvero fortunati a non aver dovuto fare qualcosa di drastico… Cercò di scacciare l'imbarazzo e si guardò intorno nella stanza ancora sottosopra. - Come avete fatto ad organizzare tutto questo? -
- E' stata un'idea di Max. Voleva farti una sorpresa: ha detto che diciotto anni sono molto importanti e meritano di essere festeggiati come si deve… -
A quelle parole Liz sorrise. - A dire il vero non mi sembra che voi abbiate fatto qualcosa di particolare! -
- Già - Isabel rabbrividì e si alzò per andare a guardare fuori della finestra. - Noi non sappiamo quando siamo nati. Non in questa vita, almeno. In ogni caso i nostri genitori ci hanno sempre festeggiato il giorno in cui siamo stati adottati, e quando abbiamo compiuto diciotto anni eravamo su Antar e… è stato il giorno in cui Max… Dio, non posso pensarci… -
In quel momento Max rientrò nella stanza e si accorse dell'atmosfera tesa che vi regnava. Perplesso si avvicinò a Liz mentre Alex, che lo seguiva, raggiunse Isabel e le mise una mano sulla spalla. - Usciamo a fare una passeggiata? -
- Sì, va bene - Isabel gli sorrise debolmente poi, presolo per mano, si lasciò condurre fuori.
Rimasti soli Max diede un bacio sulla fronte di Liz e la strinse a sé. - Come mai quell'aria scura? -
La ragazza si sforzò di sorridere. - Niente d'importante. E tu? Cosa voleva Michael? -
- Parlarmi di una cosa. Te lo spiegherò domani: adesso sarà meglio che tu vada a dormire, è molto tardi… -
- Sì, sono un po' stanca, però vorrei tanto che potessi restare con me… -
Il giovane la guardò con espressione malinconica. - Già, sarebbe bello… - La baciò teneramente. - Buonanotte, amore - e se ne andò.
Sentendosi un po' depresso Max si avviò verso l'UFO Center. Per alcuni minuti rimase immobile ad osservarne le porte chiuse. Una volta ne aveva posseduto le chiavi poi, quando si era trasferito a Phoenix, aveva dovuto restituirle e ora il suo posto era di un altro studente della Roswell High. Con espressione assorta sfiorò i pannelli di metallo. In fin dei conti erano trascorsi solo pochi mesi da quando aveva lasciato la città, eppure erano successe così tante cose che gli sembrava di mancarne da una vita intera. E ora, forse, i guai stavano per ricominciare.
Michael sembrava davvero convinto che i due nuovi arrivati avessero qualcosa di strano. Ma l'FBI? Vero che Pierce, per loro, era scomparso senza lasciare alcuna traccia, però che motivo avevano di venire a Roswell? Sospettavano di qualcosa? Di qualcuno? Quella storia sarebbe mai finita? Lui aveva rinunciato alla sua eredità aliena, così come avevano fatto Isabel e Michael, e ora voleva solamente vivere in pace. Non chiedeva nient'altro. Solo la pace, e Liz. Maledizione, non voleva che lei corresse dei rischi! Non voleva che anche Maria e Michael, Alex, i suoi genitori, i suoi amici, venissero coinvolti! Lui era semplicemente un ragazzo di diciotto anni come tanti altri, non un alieno da vivisezionare… Con un gemito posò la fronte contro il freddo metallo. "Cosa devo fare?" si chiese tristemente.
Il rumore di un'auto che stava sopraggiungendo lo riscosse. Guardandosi attorno per controllare che nessuno lo avesse visto, si raddrizzò e riprese a camminare nella notte. I lampioni spandevano tutt'intorno una fioca luce dorata illuminando la strada deserta e la vettura, che rallentò fino a fermarsi accanto a lui.
- Max Evans! -
All'udire la voce familiare il giovane sospirò di sollievo. - Salve, sceriffo, cosa c'è? -
- Niente, almeno per adesso. Il tuo amico ti ha parlato dei due archeologi arrivati in città? -
- Sì -
- Bene. State attenti, allora, finché non avrò capito se sono davvero dei federali… -
- La ringrazio -
- Dovere, ragazzo, dovere… - James Valenti si portò due dita alla fronte in segno di saluto e riprese il giro di pattuglia.
Sentendosi improvvisamente stanchissimo Max infilò le mani in tasca e riprese la direzione del Crashdown, davanti al quale aveva lasciato la jeep.
Quando infine si ritrovò nel suo letto rimase tuttavia a lungo sveglio a pensare, poi si volse in direzione della finestra e guardò nel buio della notte finché gli occhi gli si chiusero.
L'indomani mattina la madre, sorpresa di non vederlo arrivare per la colazione, andò a chiamarlo ma la porta era chiusa a chiave dall'interno e dovette desistere. Preoccupata, chiese ad Isabel se voleva provare lei. - A me non ha risposto, ma forse a te darà retta… -
Notando la sua espressione dispiaciuta la ragazza l'abbracciò per rassicurarla. - Max ti vuole bene, mamma, davvero! Forse non ha sentito… -
- Forse… però, per favore, provaci anche tu -
- Va bene - Isabel le sorrise con affetto e salì al piano di sopra. - Max… Max, tutto bene? Max! - Improvvisamente all'erta sfiorò la maniglia sbloccando la serratura e spalancò la porta. - Max! - Vedendo che il fratello non rispondeva corse accanto al letto e lo toccò su una spalla. - Max, svegliati! -
Il giovane ebbe un sussulto e aprì gli occhi di scatto respirando affannosamente. - Isabel! Che c'è? Cos'è successo? -
- Cos'è successo a te, piuttosto! La mamma si è molto preoccupata non vedendoti scendere di sotto… Perché non le hai risposto? -
- Io… io non l'ho sentita… - Si passò una mano sulla fronte. - Mi sento confuso… -
Isabel gli passò una mano sulla fronte scostandogli con affetto i capelli. - Sei molto pallido. Va tutto bene? -
Max sbattè più volte le palpebre come per mettere a fuoco le immagini. - Sì… Sì, è solo che… - Si sollevò faticosamente su un gomito. - Ieri sera ho parlato con Michael… Mi ha detto che in città sono arrivati due uomini che si fanno passare per archeologi ma ritiene che le cose non stiano proprio così… Poi, mentre camminavo per strada, mi si è affiancato lo sceriffo e mi ha detto di fare attenzione… -
- Perché? -
- Anche lui non si fida di loro. Pensa che possano essere dell'FBI -
- Oddio, dell'unità speciale?!? -
- Forse. Comunque non riuscivo a prendere sonno e ho cominciato a monitorare la zona, e devo avere continuato anche quando mi sono addormentato. Per questo ho un terribile mal di testa… - Un suono soffocato attirò la sua attenzione verso la porta e sul volto gli apparve un'espressione sgomenta. - Mamma… -
Isabel si girò di scatto e vide la madre ferma sulla soglia.
- Mi dispiace, non volevo disturbarvi… -
- Non ci hai disturbati, mamma - La ragazza si alzò lentamente in piedi.
I coniugi Parker avevano dovuto combattere a lungo con loro stessi per accettare la verità sui figli adottivi, e dopo aver saputo dai genitori di Liz quello che Max aveva fatto per lei avevano compreso più a fondo l'angoscia che i due ragazzi avevano dovuto patire dovendo riuscire a nascondere a tutti la loro identità. Sia Max sia Isabel avevano più volte dimostrato l'affetto che li legava a loro, eppure spesso non sapevano come gestire la situazione. E quella era una delle occasioni in cui la donna si sentiva inadeguata.
Comprendendo il suo imbarazzo Isabel le andò accanto e la prese per mano. - Max ha lavorato tutta la notte ed era sfinito. Per questo non ha risposto quando lo hai chiamato -
- Stavate parlando di FBI… -
Davanti alla sua aria smarrita la ragazza si volse verso il fratello in cerca d'aiuto.
- Pensiamo che possano esserci due cacciatori in città. Non ne siamo ancora del tutto sicuri, però è meglio che tu e papà facciate molta attenzione a non farvi sfuggire qualcosa. Nessuno deve sospettare chi siamo veramente… -
- Ma perché vogliono farvi del male? Siete solo due ragazzi… due ragazzi bravi e generosi… -
Max si mise a sedere. - Per te, mamma. Per loro siamo semplicemente cavie da studiare -
Più tardi, mentre facevano colazione tutti insieme, vennero interrotti dall'arrivo di Michael, che accettò di buon grado di unirsi a loro ma continuò a lanciare occhiate di sottecchi all'amico per tutto il tempo in cui rimasero seduti intorno al tavolo.
Quando ebbero terminato di mangiare i tre ragazzi si ritirarono nella stanza di Max.
- Ti ho sentito, stanotte. Cosa diavolo stavi facendo? - esordì Michael con fare indagatore.
- Ho passato al setaccio tutta la città, e ho continuato a farlo anche mentre dormivo -
- Come, scusa? -
Il giovane si strinse nelle spalle. - Non chiedermelo, non lo so neppure io. Però ho scoperto qualcosa… - Si passò le mani fra i capelli muovendo lentamente la testa per sciogliere i muscoli indolenziti. - Cornell ha passato tutta la notte davanti al computer consultando i dati relativi a Roswell -
- E tu come fai a saperlo? -
- Ero alle sue spalle -
Isabel si girò a guardarlo sorpresa. - Puoi entrare nella mente? -
Max le sorrise di rimando. - Quella è una tua specialità. No, io stavo semplicemente lì. Non posso fare nulla, solo osservare… A meno che l'altro non si apra al contatto, come è successo su Antar -
- E immagino che Cornell non lo abbia fatto… -
- Già. Quell'uomo ha una mente blindata -
- Comunque non ha idea di cosa cercare, altrimenti non sarei qui con voi… - Michael si lasciò andare con la schiena contro la parete, le gambe raccolte al petto. - Vengono spesso al Crashdown e attaccano bottone un po' con tutti. Sembrano cordiali, simpatici, ma a me fanno venire i brividi -
- Ora sai il perché… Maledizione, ci lasceranno mai in pace? - Max chiuse gli occhi con espressione stanca.
- Pierce è morto quasi un anno fa, e Nasedo è rimasto su Antar. La sparizione del capo dell'unità speciale non poteva passare inosservata: era inevitabile che prima o poi qualcuno cominciasse a cercarlo… -
- Isabel ha ragione. Però adesso cosa facciamo? -
Sentendosi osservato Max riaprì gli occhi e guardò i suoi compagni. - Perché mi fissate? Non ho una risposta da darvi, non so come possiamo liberarci di loro! -
Con un sospiro Michael scese dal letto. - Ok, cerchiamo di farci venire qualche idea. Ci troviamo nel pomeriggio a casa mia? -
- Sì, va bene - Isabel si voltò verso il fratello. - Max? -
- D'accordo. Però vorrei che venissero anche Liz e gli altri. Devono sapere cosa sta succedendo… -
- Giusto. Bene, allora a più tardi! - Fatto un cenno di saluto con la testa Michael se ne andò.
- Trovato qualcosa d'interessante? -
- Mah… A parte le solite notizie il Bureau non ha niente di aggiornato… A quanto pare Pierce non ha fatto più rapporto dal 15 ottobre dello scorso anno. Più o meno un mese prima che venisse segnalata la sua presenza a Denver -
- E dopo Denver il silenzio, giusto? -
- Esatto. Se vuoi sapere come la penso, io credo che sia morto. Era già successo che scomparisse dalla circolazione per le sue indagini, ma non era mai stato per periodi così lunghi… No, deve aver fatto una brutta fine, e il fatto che il laboratorio di ricerca del vecchio ospedale militare sia stato lasciato in quelle condizioni ne è la conferma -
- Mm… - Cornell ripensò all'accurato esame cui avevano sottoposto i locali attrezzati per gli esperimenti. - Lì dentro dev'esserci la chiave di tutto. Ne sono convinto! -
- Però non capisco perché nessuno di quelli che ci hanno preceduto abbia trovato nulla -
Cornell scrollò le spalle. - Non tutti sono capaci di separare le tracce giuste da quelle sbagliate… -
- E di trarne deduzioni utili -
- Esattamente. E questo mi fa pensare a Harding… -
- Il consulente della base? Anche lui è scomparso dalla circolazione. Lui e sua figlia Tess - Reilly reclinò il capo sul morbido schienale del divano. - Mi sembra strano che sia stato assegnato ad un altro incarico dopo così poco tempo dal suo arrivo… -
- Cosa pensi sia successo? -
- Pierce deve aver trovato un altro degli alieni sopravvissuti all'impatto del 1947. E poi la cosa gli è sfuggita di mano -
- Maledizione! - Cornell si batté un pugno sulla coscia. - Se davvero le cose sono andate così è stato davvero scalognato! Trovare la risposta a tutte le domande e poi… Ma adesso voglio tornare là: controlla tutti i dati relativi ai componenti della squadra che ha operato con Pierce, così potremo isolare quello che apparteneva all'alieno -
- Possibile che sia così semplice? -
- Se sai dove cercare, sì - L'uomo sogghignò. - Andiamo! -
Michael sfiorò con dolcezza i morbidi capelli biondi di Maria, seduta accanto a lui, poi le diede un bacio gentile sulla nuca. - Hai l'aria stanca -
La ragazza accennò un sorriso. - Sì, è stata una mattinata molto intensa. Allora, cosa facciamo oggi pomeriggio? -
- Ci troviamo tutti quanti a casa mia. Dobbiamo parlare… -
- Tutti quanti? - Maria fece una piccola smorfia di delusione. Era contenta di rivedere Liz, dopo tutti quei mesi, però avrebbe voluto passare un po' di tempo da sola con Michael. Si era accorta di come lui la guardasse, da un po' di tempo a quella parte, e le sarebbe piaciuto scoprire fino a che punto avrebbe osato spingersi… Da quando, poi, lo sceriffo aveva preso ad uscire regolarmente con sua madre, quest'ultima era diventata molto più comprensiva. A dire il vero si sentiva alquanto preoccupata all'idea di fare l'amore con Michael, però non si poteva mai sapere… E comunque, a quanto sembrava, non sarebbe successo quella sera… Con un sospiro bevve un po' della sua coca cola e fece un cenno con il capo in direzione della porta. - Sta arrivando Alex. Ehi, Alex, siamo qui! -
Il giovane si affrettò a raggiungerli. - Ciao, come va? -
I tre amici chiacchierarono piacevolmente per qualche minuto poi videro arrivare Liz dalla stanza sul retro. La ragazza sembrava di ottimo umore, e di sicuro l'incidente non aveva lasciato alcuna traccia. Del resto, quando stava insieme a Max era sempre felice. Faceva quasi rabbia… Maria e Alex la guardarono con un po' d'invidia: entrambi avrebbero voluto avere il coraggio di fare quello che veramente desideravano senza temere il mondo intero!
- Ho saputo che passeremo la serata a casa di Michael - esordì Liz sedendosi vicino ad Alex.
- Sì, Isabel mi ha chiamato poco fa per avvertirmi. E' successo qualcosa? -
Michael guardò l'amico con espressione seria. - Forse. Riguarda quello di cui Maria ti ha accennato ieri -
- Oh… Sì, capisco - Alex prese il menu e lo consultò a lungo in silenzio. Odiava l'idea di sapere Isabel in pericolo, eppure, a quanto sembrava, il fatto che lei fosse quello che era la rendeva una calamita attiraguai…
Non appena si furono comodamente sistemati e Maria ebbe distribuito le bibite procurate per l'occasione, Max illustrò in maniera chiara ed incisiva quello che aveva scoperto durante l'indagine notturna. - Dobbiamo decidere come comportarci. Secondo Valenti questa non sarebbe la prima volta che a Roswell arriva qualcuno per indagare più o meno con discrezione, però sembra che questi due uomini abbiano controllato molto accuratamente tutta la zona e River Dog li ha sorpresi qualche giorno fa nei pressi della caverna con i simboli -
- E ci sono entrati? - domandò preoccupata Liz.
- No, per fortuna non sono riusciti a trovarne l'accesso e poi, vedendolo arrivare, hanno imbastito non so che storia ma sono stati accompagnati fuori dei confini della riserva - Isabel si appoggiò alla spalla di Alex ed intrecciò una mano con la sua. - Nessun federale era mai andato fin laggiù… -
- Quindi questi due sono particolarmente in gamba - ragionò Maria.
- Già. Michael, che fine hanno fatto le cose che Nasedo ha lasciato nel suo appartamento? - chiese Max ad un tratto.
Il giovane corrugò la fronte. - Aveva pagato in anticipo per un anno, o almeno così mi ha detto una volta Tess. Quindi dovrebbe essere rimasto tutto lì, compreso… Accidenti, compreso lo scatolone con le foto! -
- Dobbiamo andare subito a recuperarlo, prima che a qualcuno venga in mente di collegare la scomparsa di Harding con quella di Pierce! - Liz si volse angosciata verso Max, ricordando benissimo come tutte le foto ritraessero proprio lui.
- Sì, bisogna andarci immediatamente - Isabel scattò in piedi. - Muoviamoci! -
- Aspetta, non possiamo andarci tutti quanti: potremmo attirare la loro attenzione… - Max prese la sorella per un braccio bloccandola. - Andrò da solo. Sono l'unico ad essere stato fotografato, quindi se sono già entrati nell'appartamento e lo hanno perquisito è inutile che sappiano anche di voi! -
- Vuoi dire che ormai il tuo destino è segnato per sempre, per colpa di quelle maledette foto? - insorse Liz.
- Solo se Reilly e Cornell sono andati nell'appartamento - Il giovane la strinse a sé dandole un bacio breve ma intenso. - Non mi farò prendere di nuovo, stai tranquilla… - le sussurrò all'orecchio.
- Ci conto - Liz lo guardò negli occhi. - Ti prego, stai attento! -
- Tornerò fra meno di un'ora. Aspettatemi qui -
- Ok -
Max gettò un'occhiata circolare in segno di saluto ai suoi amici e se ne andò. Ci mise pochissimo tempo a raggiungere l'appartamento e a trovare lo scatolone pieno delle fotografie che Nasedo e Tess gli avevano scattato nel tentativo di raccogliere le prove di cui avevano bisogno, ma anziché prenderlo e portarlo via vi mise sopra entrambe le mani concentrandosi. In un attimo un fortissimo calore venne emanato dalle sue dita e la scatola si disintegrò completamente. Con un sospiro di sollievo si guardò intorno cercando altre eventuali tracce che potessero ricondurre a lui e agli altri poi, tranquillizzatosi, uscì e tornò a casa di Michael.
Liz lo accolse con un ampio sorriso e si precipitò fra le sue braccia, poi, quando lui si fu di nuovo accomodato sul divano, si sentì trascinare sulle sue ginocchia. - Max! - Ridendo, scivolò contro il suo petto e gli passò entrambe le braccia intorno alla vita. - Com'è andata? -
- Bene. Nessuno è entrato nell'appartamento dopo che Nasedo e Tess lo hanno abbandonato, e ho trovato e distrutto le foto. Ho guardato un po' dovunque ma non c'era nient'altro di pericoloso per noi… -
- Ottimo! - Isabel lanciò un'occhiata perplessa a Michael. - Rimane soltanto il vecchio ospedale -
- Che intendi dire? - chiese Maria sconcertata.
- Beh, prima di partire all'inseguimento dei nostri nemici siamo tornati lì con Nasedo e abbiamo eliminato tutti i cadaveri… dio, se ci ripenso mi sento ancora male… però non ci vuole molto a capire che là è successo qualcosa di molto strano… - fu la risposta della ragazza.
- Pensi che possano trovare qualcosa di importante? -
- All'epoca non siamo riusciti a recuperare i campioni che mi hanno prelevato, né tantomeno i risultati delle analisi, che devono essere rimasti lì da qualche parte… - Max guardò preoccupato la sorella.
- Non è detto che quei due siano a conoscenza del posto. Né io né Valenti abbiamo mai visto qualcuno gironzolare da quelle parti! - si intromise Michael.
Isabel si voltò verso di lui. - Tu te la senti di rischiare? - chiese con tono vagamente ironico.
- No -
- Bene, allora quando si torna laggiù? - domandò Maria.
- Subito, direi. Il tempo di avvertire le nostre famiglie che restiamo fuori per cena e si parte! - Max chinò la testa per baciare Liz sulle labbra. - Preferirei che tu restassi a casa - disse piano.
- No, Max. Più siamo e meglio è. Non ho nessuna intenzione di lasciarti solo… -
Davanti alla sua espressione decisa il giovane si rassegnò e le sfiorò la guancia con il dorso della mano. - Ok, allora -
- Bene - Liz gli sorrise e si alzò in piedi per telefonare alla madre. - E dire che pensavo di essere tornata a Roswell per trascorrere un po' di giorni in tutta tranquillità prima di cominciare il nuovo semestre… -
Di lì a un'ora i sei amici si ritrovarono nel vecchio ospedale militare, in cui un intero settore era stato riadattato per ospitare i laboratori che l'unità speciale dell'FBI aveva utilizzato per le sue ricerche e di cui solo pochissimi agenti erano a conoscenza. Nonostante i molti danni riportati durante la fuga di Max gli ambienti erano ancora perfettamente illuminati e funzionanti anche se, per fortuna, i sistemi di sicurezza non avevano più alcun segreto per i tre alieni.
Vagarono a lungo da un locale all'altro, alla disperata ricerca di qualcosa che assomigliasse ad un archivio, e alla fine dovettero dividersi per risparmiare tempo.
- Questo posto è troppo grande, potremmo passarci tutta la notte senza riuscire a trovare niente! - disse ad un certo punto Alex, sconfortato.
- Ok, dividiamoci! - Max si guardò intorno. - Tu con Isabel, Michael con Maria e io e Liz. Ci ritroveremo all'ingresso fra due ore. I primi che troveranno qualcosa avvertano gli altri -
- E come? - chiese Alex.
Con un sorrisetto malizioso Isabel si avviò nella direzione prescelta. - Basterà che pensiate intensamente a me ed io mi collegherò. Dai, Alex, muoviamoci! -
Il giovane, non ancora molto a suo agio con i poteri degli amici, la guardò allontanarsi per qualche secondo poi le corse dietro. - Aspettami! -
Scrollando le spalle divertita, Liz prese Max per mano. - Vieni, andiamo… -
Venne passato al setaccio più di metà di quel piano, poi d'improvviso Maria si arrestò a pochi passi dall'ennesima porta. - Oh oh… Michael… -
- Sì, cosa c'è? - Michael richiuse con forza lo sportello metallico prima di girarsi verso la compagna. "Isabel!"
- Che diavolo ci fate, qui? -
- Maria, vieni qui - Il ragazzo tese una mano e Maria retrocesse lentamente fino ad afferrarla.
- Come siete riusciti ad entrare? - Reilly si allontanò dal collega per avere un maggiore angolo di tiro. - Ripeto, come avete trovato questo posto? -
"Accidenti, Isabel, siamo nei guai!" Maria diede un'occhiata significativa a Michael e girò su se stessa. - Via! -
Inseguiti da presso, i due ragazzi cercarono disperatamente una via di fuga ma finirono ben presto in un vicolo cieco.
"Isabel, maledizione!" Michael dovette fermarsi davanti ad una porta bloccata e sentì i federali arrestarsi alle sue spalle. - Siete in trappola, adesso. Avanti, diteci come avete fatto ad arrivare fin qui! -
Vedendo finalmente sopraggiungere i suoi amici il giovane serrò le labbra ed alzò un braccio. - State indietro! -
Max spinse di lato Liz e si avvicinò ai due agenti, seguito da Isabel.
Cornell estrasse a sua volta la pistola e la puntò deciso contro di loro. - Che cosa state facendo in questo centro militare? -
Isabel fissò l'arma e la sua mente prese a lavorare con frenesia. I due cacciatori potevano essere eliminati, ma questo avrebbe comportato l'invio di altri agenti per indagare sulla loro scomparsa e quel circolo vizioso avrebbe potuto portare prima o poi l'FBI alla scoperta della verità. Doveva assolutamente trovare il modo di bloccarli senza correre il rischio di mettere in pericolo le loro vite.
- Noi abbiamo trovato questo posto per caso e qualche volta lo usiamo per incontrarci - Max assunse un'espressione spaventata. - E voi chi siete? Perché ci state minacciando con le pistole? Che cosa volete? -
Anni di esperienza, e l'istinto, fecero subito capire ai due federali che qualcosa non quadrava. Fino ad ora nessun abitante del luogo si era mai recato in quella palazzina, anzi, sembrava quasi che nessuno sapesse della sua esistenza. E adesso quattro ragazzi, alle dieci di sera, si trovavano nei laboratori interni, protetti da accessi blindati. Reilly guardò sospettosamente il gruppetto. Alcuni degli indizi recuperati su parte dell'attrezzatura utilizzata per studiare i sospetti erano capelli, capelli scuri e appartenenti a qualcuno molto giovane. Quei ragazzi dovevano avere meno di vent'anni, e sapevano come muoversi all'interno di quella costruzione. Strane coincidenze…
Un improvviso rumore di passi attirò l'attenzione di tutti verso la soglia.
- Sceriffo! -
L'esclamazione di Isabel fece salire una parolaccia alle labbra di Reilly, che sparò un colpo mirando poco più in alto della testa del nuovo arrivato nel tentativo di farlo fermare.
Michael, temendo per i suoi amici, fece scaturire un flusso di energia dalla mano tesa colpendo l'agente mentre Cornell, furioso per l'imprevisto, mirò per uccidere.
Gettato all'indietro dal contraccolpo, Max batté contro la parete e scivolò lentamente a terra.
- Max! - Isabel si piegò subito sul fratello mentre Jim Valenti si precipitava contro l'uomo cercando di disarmarlo.
Maria, che allo scoppiare di quel finimondo si era buttata carponi per offrire il minimo bersaglio possibile, sgattaiolò dietro Michael e raggiunse Isabel. - Oh, santo cielo… -
Max giaceva sul pavimento, la spalla sinistra piena di sangue e gli occhi spalancati ma vitrei per lo choc. La sorella, senza neppure accorgersi della presenza della ragazza, continuava a premere una mano sulla ferita.
- Max, mi senti? Max, concentrati… Ti prego, blocca il sangue… Max… - Tremando per l'ansia si guardò finalmente intorno. - Maria! Presto, aiutami a portarlo via di qui! - e con l'aiuto dell'amica cominciò a trascinare il giovane fuori della stanza.
Nel frattempo lo sceriffo era riuscito a disarmare John Cornell mentre Michael, dopo aver lanciato una breve occhiata d'odio al federale, si era precipitato verso Max.
Alex, che come Liz era rimasto al sicuro per non intralciare gli amici, stava abbracciando Isabel per confortarla, mentre Maria se ne stava accovacciata in disparte, pallida per l'angoscia. Liz, invece, era inginocchiata al fianco di Max e gli parlava sottovoce tenendo una mano intrecciata alla sua.
- Come sta? - domandò Michael avvicinandosi ad Isabel, che si morse un labbro prima di rispondere. - E' ancora sotto choc. Sono entrata nella sua mente ma non riesco a farmi sentire… -
- Dannazione! - Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e si volse a guardare l'amico e Liz, sempre china su di lui.
- Max… Max, per favore… - La voce roca per il pianto represso, Liz continuava a stringere fra le sue le dita inerti del giovane poi, disperata perché lui non rispondeva ai suoi richiami, gli pose la mano libera sul petto e lentamente sollevò l'altra fino a portarla sulla ferita. - Max… - Incapace di dire altro, premette forte le loro dita intrecciate. "Ti prego, ti prego…" Tutto l'amore che provava per lui, tutta la paura che sentiva in quel momento le gonfiarono il cuore di pena, e piano piano la luce cominciò a brillare fievole sul sangue che ancora fuoriusciva dalla ferita. Sorridendo fra le lacrime che non riuscì più a trattenere, Liz si chinò per deporre un bacio gentile sulla fronte madida di sudore del giovane. - Ti amo… - disse in un sussurro.
Mentre l'energia fluiva verso le cellule danneggiate, Max deglutì più volte e mise finalmente a fuoco le immagini. - Liz… -
All'udire la sua voce tutti i ragazzi si chinarono ansiosi su di lui. - Max! -
Con una smorfia il giovane si sollevò a sedere, sostenuto dalla sua compagna. - Che cos'è successo? -
- Reilly è morto e lo sceriffo ha fermato Cornell - rispose conciso Michael. - Te la senti di tornare dentro? Ormai quello ha capito tutto e tanto vale affrontarlo subito, che ne dici? -
- Sì, hai ragione - Con un sospiro Max si alzò in piedi e sorrise mentre l'amico gli passava una mano sulla spalla facendo scomparire le macchie di sangue. - Grazie -
- Di niente - Michael gli fece l'occhiolino e lo seguì da presso mentre rientrava nella stanza così drammaticamente lasciata pochi minuti prima.
Nel vedere il giovane di nuovo in piedi e senza più alcuna traccia della ferita inferta dal suo collega, l'agente federale strinse guardingo gli occhi. A quanto pareva le loro supposizioni erano giuste. Pierce aveva trovato proprio a Roswell la conferma dell'esistenza di alieni. Solo che non si erano aspettati dei ragazzi, e Reilly aveva pagato con la vita quell'errore di valutazione. Lo stesso era forse accaduto a Pierce? Ma lui li aveva catturati, o almeno aveva preso uno di loro, il che voleva dire che forse non erano poi così forti… In quel momento lo sceriffo lo strattonò senza troppi riguardi. - Che cosa diamine è successo qui dentro? -
Cornell rise suo malgrado. - Lo chieda a loro -
- Ah sì? - Valenti si girò verso il gruppetto alle sue spalle. - Evans? Guerin? -
Max fece un passo avanti. - Siamo semplicemente venuti qui per passare un po' di tempo in compagnia, poi sono arrivati loro e hanno cominciato a darci la caccia… -
- E' andata davvero così? - chiese conferma lo sceriffo.
"Sì, come no… Quel biondino ha disintegrato Frank, e l'altro non ha più neppure una macchia di sangue sulla camicia… Sono proprio degli angioletti…" Con una smorfia Cornell fissò Valenti senza alcuna espressione. "Cosa sa davvero quest'uomo?"
Lo sceriffo si aggiustò il cappello sulla fronte. "Accidenti, e adesso come ce ne liberiamo?" - Ok. Ragazzi, voi tornatevene a casa. Noi due, invece, andiamo in centrale per fare due chiacchiere. Avanti, sgombrate! -
Liz, ben lieta di eseguire l'ordine, prese Max per mano e se lo tirò dietro. - Vieni, andiamocene! -
Rimasti soli lo sceriffo e il federale si guardarono a lungo negli occhi, poi quest'ultimo si avviò lentamente verso la porta. - Lei sa chi sono quei ragazzi? - chiese a bassa voce.
- Certo che lo so. Sono dei bravi giovanotti, e ci tengo a che restino in buona salute. Lei capisce cosa intendo, vero? -
- Sì, credo di sì… -
Non parlarono più fin quando giunsero nell'ufficio di Valenti, che solo allora si decise a restituire la pistola a Cornell. - Mi dispiace ma devo chiederle di lasciare la città -
- Verranno altri agenti. Quello che è successo stanotte non può passare sotto silenzio! Troppa gente ci ha lasciato la vita, e i miei capi manderanno altri uomini ad indagare… -
- Questa è la mia contea e non tollererò altri guai. Non m'importa cosa è successo, laggiù, ma non voglio che lei continui a dar fastidio ai miei concittadini, mi sono spiegato? -
- Fin troppo bene - L'uomo s'infilò l'arma nella fondina poi raggiunse la porta voltandosi un'ultima volta prima di uscire. - Prima o poi qualcun altro arriverà a Roswell, e forse allora non le sarà così facile sbarazzarsene -
- Liz, perché sei tornata così tardi? -
- Mamma, siamo solo andati a fare un giro! -
Sbuffando, la donna lanciò un'occhiata a Max, sua sorella e tutti gli altri ragazzi che avevano accompagnato Liz a casa. - Non m'importa se hai compiuto diciott'anni. Prova a rientrare a mezzanotte un'altra volta e non uscirai più finché non tornerai al college! -
Con un sospiro di esasperazione la ragazza si volse per salutare gli amici e dare un bacio veloce a Max. - A domani - disse piano.
Il giovane le sorrise sfiorandole il viso con una carezza leggera. - Buonanotte… - Fece un cenno di saluto alla signora Parker poi se ne andò seguito dagli altri.
- Bene, ora che sappiamo cosa è successo tra Valenti e il federale possiamo andare a dormire anche noi. Sono stanchissimo… - borbottò Michael passando un braccio intorno alle spalle di Maria.
Isabel guardò il fratello, che aveva trascorso quelle ultime due ore a monitorare lo sceriffo e l'agente dell'FBI, e sorrise fra sé. Per una volta Michael si dimostrava stranamente ottimista. - Almeno finché non arriveranno altri cacciatori - volle precisare.
Il giovane si guardò la destra, la mano con la quale aveva ucciso Reilly, e fece una smorfia. - La prossima volta non aspetterò che giungano così vicino a noi… - mormorò a voce talmente bassa che Maria quasi non lo udì.
- Speriamo che non succeda tanto presto - fu il commento di Alex.
- No, se posso evitarlo… - Max si guardò intorno fino a localizzare la direzione presa dall'auto di Cornell. Si concentrò con fredda determinazione serrando i pugni per lo sforzo, poi si rilassò bruscamente.
- Cos'hai fatto? - gli chiese Isabel perplessa.
- Ho cancellato dalla sua memoria ogni ricordo di noi. Forse adesso possiamo stare tranquilli per un bel po'… -
La ragazza lo guardò attentamente. - Come fai a sapere di avere questi poteri? -
Il fratello le ricambiò lo sguardo. - Tu non pensare di non averli -
- Cosa?! -
- Nessuno conosce i nostri limiti. Ricorda che siamo stati modificati, quindi non c'è solo la nostra memoria, ma esiste anche un mondo ancora tutto da esplorare… -
- Comincio davvero a crederlo - Sconcertata, Isabel circondò con un braccio la vita di Alex e si diresse con lui verso la macchina.
- Che cosa voleva dire Max? - le chiese il giovane.
- Che sono troppo controllata. Oh, Alex, non farci caso! - e lo baciò sulle labbra.
Scritta
da Elisa |