Riassunto: Per
salvare Liz Max è costretto ancora una volta ad usare i suoi poteri,
rischiando di essere scoperto.
Data di
stesura: tra
maggio e giugno 2001.
Valutazione:
adatto a tutti.
Diritti:
Tutti
i diritti dei personaggi appartengono alla WB, e il racconto è di proprietà
del sito Roswell.it.
“20 giugno.
Caro diario, oggi è una splendida giornata estiva e il mio cuore è pieno di
gioia. Tutti i dubbi, tutte le incertezze del passato sono ormai un lontano
ricordo. Max è tornato, ed è venuto da me. Contro ogni segno del destino, a
dispetto dei miei timori, lui è ritornato da me. E ora sento di avere la forza
di sfidare il mondo intero per rimanergli accanto. Fare l’amore con lui è
qualcosa di talmente meraviglioso che nessuno, mai, potrà più convincermi a
lasciarlo! Soprattutto con Tess fuori gioco… Mi dispiace dire certe cose, ma
la verità è che non l’ho mai potuta soffrire e sono contenta che abbia
deciso di restare sul suo mondo, e che Nasedo sia rimasto con lei. Quell’uomo
mi dava i brividi, e la sua capacità di cambiare aspetto era terrificante! Ma
adesso è tutto finito. Adesso, spero, potrò tornare ad essere una normale
ragazza di quasi diciotto anni, con un fidanzato fantastico, e vivere una vita
banalissima…”
Sorridendo con espressione sognante Liz chiuse il diario e lo ripose nel suo
nascondiglio, poi controllò allo specchio che i capelli fossero in ordine e
fece un piccolo giro su se stessa canticchiando felice. - Oh, ciao, Patricia! -
Si bloccò in mezzo alla stanza vedendo entrare l’amica e scoppiò a ridere
nel notare la sua espressione. - Sì, sono felice, felice, felice! - esclamò
alla ragazza sbigottita. Si volse a prendere i libri sulla scrivania e le fu
accanto, sospingendola allegramente fuori della camera che condividevano. -
Oggi è l’ultimo giorno di lezione, e non vedo l’ora che finisca! - disse
nel precederla lungo il corridoio.
- Ti ha telefonato Max? - Patricia
guardava l’amica scuotendo divertita la testa. Decisamente quella era la
prima volta che vedeva una persona cambiare in modo così repentino…
- Sì - Liz si girò a guardarla con un sorriso dolcissimo. - E’ tornato a
Phoenix per ritirare l’iscrizione e poter frequentare qui il prossimo
semestre! -
- Mm… temo che, allora, perderò la mia compagna di studi… -
- Non ci conterei troppo, se fossi in te! Sai, se rimanessimo soli dubito che
passeremmo molto tempo a studiare… -
Continuarono a chiacchierare piacevolmente lungo tutto il tragitto che le
separava dall’edificio principale, una bella costruzione moderna fornita di
grandi sale luminose e di attrezzatissimi laboratori.
Per tutta la giornata Liz rimase avvolta in una nuvola rosa e affrontò
l’interminabile serie di test di fine corso con una beata noncuranza che fece
morire d’invidia la sua compagna poi, finalmente libere, si trovarono ancora
una volta all’aperto, sotto il sole sfolgorante del New Mexico.
- Si va a mangiare qualcosa? -
Liz accettò subito con entusiasmo. - Sì, ho una fame! - e si avviò a passo
svelto verso il bar del campus.
- Ehi, aspettami! - la rincorse Patricia ridendo.
Stavano camminando lungo il vialetto affollato di studenti quando
all’improvviso arrrivò un’auto a velocità folle che sbandava
paurosamente. All’udire le grida dei giovani le due ragazze ammutolirono e si
guardarono intorno nel tentativo di capire cos’avesse scatenato il panico.
- Oh mio dio… - balbettò Patricia nel vedere la macchina impazzita correre
verso di loro.
Lasciati cadere i libri in terra, cercarono di mettersi in salvo correndo sul
prato al loro fianco ma l’auto fu più veloce ed investì in pieno Liz
scaraventandola a parecchi metri di distanza.
Sotto choc Patricia cominciò ad urlare senza neppure accorgersi del fracasso
che fece la vettura andando a sbattere contro un albero a pochi metri da lei.
I presenti si divisero come per magia in due onde: una andò verso
l’automobile, dove il conducente, un allievo dell’ultimo anno, giaceva
senza vita riverso sul volante, e una andò verso il corpo esanime di Liz, che
giaceva scomposto sull’asfalto rovente.
Gli occhi fissi sull’amica, la ragazza si portà lentamente una mano alla
gola smettendo di gridare e si diresse a piccoli passi esitanti verso di lei. -
Liz… Liz… -
Di lì a poco giunsero due ambulanze. Mentre su una veniva caricata la giovane,
Patricia si appoggiò al portellone dell’altra guardando con ansia i
paramedici sollevare la lettiga. - E’ la mia compagna di stanza… posso
venire con voi? -
- Va bene. Salga su, svelta! - Un uomo l’aiutò ad arrampicarsi all’interno
del veicolo, che partì subito dopo a sirene spiegate.
Sconvolta, la ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo dal volto
insanguinato di Liz, seminascosto dalla maschera per l’ossigeno e dal collare
ortopedico.
Il tragitto fu fortunatamente breve ma le condizioni della giovane erano molto
gravi e dovettero portarla subito in sala operatoria.
Il viso madido di lacrime, Patricia fece del suo meglio per fornire tutti i
dati necessari. Stropicciandosi nervosamente le mani, guardava fissa
l’infermiera dell’accettazione e rispondeva con voce sottile. - Parker, Liz
Parker, ha diciassette anni, e viene da Roswell. Non… non conosco
l’indirizzo esatto… Il telefono… oddio, non me lo ricordo… Ce l’ho
nell’agendina ma è rimasta all’università… Potrebbe… potrebbe
chiamare il campus… I suoi genitori… -
- Non preoccuparti, ci pensiamo noi - L’infermiera la guardò con simpatia
poi uscì da dietro il banco e andò a prenderle un bicchiere d’acqua. -
Adesso bevi e stai tranquilla: mi sei stata molto d’aiuto… -
- Max! -
La donna la fissò senza capire. - Max? -
- Sì. E’ il suo ragazzo, bisognerebbe avvertire anche lui! -
- Sai dove rintracciarlo? -
Disperata, la ragazza fece segno di no con la testa. - Non conosco il suo
cognome… So solo che frequenta l’università di Phoenix… -
- Allora forse è meglio aspettare un po’ e vedere come vanno le cose, non
credi? -
Patricia annuì incerta. Non era del tutto sicura che fosse giusto tenere Max
all’oscuro, ma d’altro canto lei non aveva la minima idea di come fare per
contattarlo. Certamente il suo numero di telefono era memorizzato nel cellulare
di Liz, che però era finito in mille pezzi a causa del violento urto.
Sconsolata, si sedette su una delle tante poltroncine della sala d’attesa e
rimase a fissare assorta il bicchiere di carta ancora pieno che teneva tra le
mani.
- Ehi, Max, che ti succede? - Isabel si voltò bruscamente verso il fratello,
che si era fermato di colpo in mezzo al marciapiede. - Ti senti bene? Sei
pallido da far paura… -
Il giovane sembrò vacillare ed emise un respiro profondo. - Non… non so…
Ho sentito… come un brivido… - Si portò una mano al petto, il cuore che
batteva all’impazzata.
Vedendolo impallidire ancora di più la ragazza lo prese per un braccio e lo
sospinse verso la prima panchina che trovò libera. - Dai, siediti! Sembra che
tu debba svenire da un momento all’altro… -
Max chiuse per un attimo gli occhi e la sorella poté vedere i suoi lineamenti
indurirsi per la concentrazione. Poi
i loro sguardi si incontrarono ed in quello del giovane c’era una terribile
ansia. - E’ successo qualcosa a Liz… -
- Come? - Isabel lo fissò sorpresa, ma invece di risponderle lui estrasse
dalla tasca dei jeans il suo cellulare e compose rapidamente il numero di Liz.
- Non è raggiungibile - disse con voce tesa.
- Forse sta seguendo una lezione e lo ha spento - obiettò ragionevolmente la
ragazza.
- No. Non questa volta. Devo andare da lei -
- Adesso?!? Max, non sai nemmeno a che ora sia il prossimo aereo! Perché non
parti domattina? -
Max si girò verso la sorella e la guardò con quell’espressione profonda e
decisa che, sola, tradiva la sua nuova consapevolezza. - Io devo andare adesso
-
Sconcertata, Isabel si rassegnò. - Ok. Ma vengo con te! Qui abbiamo finito, e
i documenti posso tornare io a ritirarli fra qualche giorno… Avanti, andiamo
a preparare i bagagli! -
Un paio d’ore più tardi arrivarono ai banchi del check in dell’aeroporto.
Il primo volo disponibile per Albuquerque era alle sette e trenta ed avevano
giusto il tempo di comprare i biglietti.
Per l’intera durata del viaggio
la ragazza non fece che studiare di sottecchi il fratello. Max, in effetti, era
sempre stato un tipo riservato, di poche parole, sicuro delle sue decisioni
anche quando, apparentemente, sembrava esitare. Ma dal momento in cui aveva
acquisito il pieno potere dei suoi ricordi era molto cambiato. Sembrava che
dentro di lui le due essenze, quella umana e quella aliena, avessero acquistato
una forza quasi fisica, come due entità ben distinte. Mentre in lei stessa ed
in Michael continuavano a coesistere come semplici sfaccettature del loro
carattere, in Max, con il risveglio della memoria, la componente segreta che
era stata il principe ereditario di Antar era venuta fuori in tutta la sua
solida complessità e tendeva a sovrapporsi al lato umano nei momenti di
massima tensione o, come in quel caso, di forte volontà. Allora diventava
quasi remoto, eppure manteneva al contempo una tale dolcezza interiore che
comprendeva benissimo come, nonostante tutto, Liz lo amasse tanto
appassionatamente.
Però, in quel momento, aveva davvero paura. Paura per lui, per quello che
avrebbe potuto fare se effettivamente Liz fosse stata in pericolo. Già una
volta, nel timore di perderla, si era tradito, e adesso che l’FBI era sulle
loro tracce dovevano usare la massima cautela. Eppure era proprio la sua
generosità a renderlo così speciale… Con un sospiro si voltò verso di lui
e gli prese la mano in segno di affetto. - Andrà tutto bene, vedrai… - disse
piano con un piccolo sorriso d’incoraggiamento.
Era molto tardi quando infine
giunsero all’università di Albuquerque, ma Patricia O’Neal rispose subito
alla chiamata della portineria e pochi minuti dopo i tre giovani si
incontrarono all’ingresso.
Max riconobbe immediatamente la slanciata ragazza dai capelli rossi che
divideva la stanza con Liz e la guardò avvicinarsi con una sorta di
affascinato orrore.
- Mi dispiace, Max, Liz non c’è… - Patricia dovette battere più volte le
palpebre per scacciare le lacrime.
A quelle parole Isabel lanciò uno sguardo perplesso al fratello.
“Oddio…”
- Dov’è? -
- In ospedale. Si trova solo a tre isolati da qui. E’ entrata in coma due ore
fa - Nonostante gli sforzi, le lacrime infine scesero lungo le guance pallide
di Patricia. - Era così felice all’idea di rivederti… -
Senza chiedere altro Max abbassò un poco la testa in segno di saluto e se ne
andò seguito dalla sorella.
La breve corsa fino all’ospedale si svolse nel più assoluto silenzio, rotto
solo dal rombo cupo del motore della piccola ma potente auto presa a noleggio,
poi Max si precipitò all’interno della massiccia costruzione senza neppure
aspettare Isabel.
Controllando freneticamente i numeri delle stanze per trovare quella
indicatagli all’accettazione, il giovane corse lungo i corridoi poco
illuminati data l’ora tarda poi, col cuore in gola, posò la mano su una
maniglia e aprì deciso la porta. - Liz! -
Per un attimo lungo un’eternità rimase immobile sulla soglia, gli occhi
fissi sulla figura immobile nel letto. La chiamò di nuovo, a fior di labbra,
poi si slanciò verso di lei e le sfiorò il volto cereo con la punta delle
dita. Per un attimo gli parve di sentire il proprio cuore fermarsi nel vedere
la pelle piena di lividi e graffi della ragazza.
- Liz… - sussurrò ancora, poi si inginocchiò accanto al letto e le posò la
mano sul collo cercando il pulsare della vena.
In quel momento sopraggiunse anche Isabel che, nel vedere la scena, si precipitò
verso il fratello. - No, Max! -
- Cosa fai qui? Come osi farti vedere? - La voce furibonda del padre di Liz
penetrò a stento nella mente ottenebrata dal dolore di Max, il quale non si
era neppure accorto della presenza nella stanza dei genitori della ragazza.
Isabel, in preda all’angoscia, si curvò sul giovane afferrandogli il
braccio. - Non siamo soli, dannazione! Non puoi fare niente! - gli sussurrò
concitata.
A quelle parole Max la fulminò con lo sguardo. - Dovrei lasciarla morire?! -
La signora Parker fece qualche passo in avanti. - Per favore, andatevene! Max,
lasciala stare, vai via… -
Disperata, Isabel cercò ancora di trattenere il giovane. - Non ora, Max, ti
prego! Hai sentito cos’hanno detto! Vieni! -
- E tu vorresti che non l’aiutassi perché ci sono loro? Cosa vuoi che me ne
importi? - Esasperato, Max si voltò verso i coniugi Parker e li fissò
intensamente, uno dopo l’altro. - Io posso aiutarla - disse con voce bassa,
quasi rabbiosa. - Sono in grado di guarirla, ma voi non dovrete mai dire a
nessuno come è successo o per me sarà la fine. La mia vita per la sua… -
I due cominciarono a protestare nello stesso momento e lui scattò in piedi,
negli occhi la gelida espressione remota della sua vera personalità. - Non ho
tempo da sprecare con inutili parole! Liz, non ha il tempo!… E lei, per me,
vale più della vita, qualsiasi cosa voi ne pensiate. Isabel, allontanali,
falli uscire, quello che vuoi, ma tienimeli lontano! - Dette queste parole tornò
ad inginocchiarsi al fianco di Liz e le passò una mano lungo tutto il corpo.
“Quante ferite, cara… Quanto dolore…” Si morse le labbra per reprimere
un gemito d’angoscia e, concentratosi, mise la mano sul suo torace lasciando
che l’energia fluisse in lei.
Seccatissima e preoccupata, Isabel roteò gli occhi sbuffando mentre si voltava
verso i Parker, fermi dietro di lei. - Per favore, lasciamoli soli… - disse
con voce autoritaria.
- Neanche per sogno, ragazza! Cosa diavolo sta facendo a mia figlia? Che
cosa…? -
- La prego! - Isabel si passò esasperata le mani tra i capelli. Re o non re,
Max non aveva alcun diritto di metterli di nuovo tutti in pericolo! Se Michael
avesse saputo cosa stava succedendo si sarebbe certamente infuriato, e a
ragione! Con decisione si parò davanti al fratello costringendo la coppia a
fare qualche passo indietro, e in quell’istante le venne un’idea luminosa.
- Max è un guaritore - disse abbassando la voce per non disturbare la sua
concentrazione. - Può davvero curare Liz, ma non vuole che la gente conosca
questa sua capacità! Per favore, non traditelo… -
L’uomo, non convinto, la guardò sospettoso ma la moglie lo prese per il
braccio. - Davvero è… un pranoterapeuta? Liz è entrata in coma senza mai
aver ripreso conoscenza e i medici hanno detto che è impossibile dire per
quanto resterà così… Max può veramente…? - Gli occhi corsero ansiosi
alla figura della figlia e si spalancarono per la sorpresa nel vedere la luce
che si sprigionava dalle dita del giovane. Allora cominciò a piangere
sommessamente. - Qualsiasi cosa… qualsiasi cosa pur di non… - Non poté
finire la frase. Con un singhiozzo soffocato si girò verso il marito cercando
conforto nel suo abbraccio.
Nel frattempo, Max aveva
cominciato ad avvertire il lento ricomporsi delle cellule danneggiate ed il
sangue tornare a fluire con forza riscaldando sempre di più il corpo ancora
immobile della ragazza. Poi, all’improvviso, le palpebre di Liz fremettero ed
una mano si sollevò piano fino a sfiorargli quasi per caso il volto. - Max…
-
Continuando a mantenere il flusso di energia, il giovane sorrise e girò un
poco la testa per deporre un tenero bacio sul palmo tiepido. - Sì - disse
semplicemente.
- Sapevo che non mi avresti abbandonata… -
- Mai. Insieme per sempre, ricordi? -
- Già - Accennando un sorriso Liz aprì gli occhi e lo guardò con intensità.
- Max… -
Comprendendo il suo desiderio, si protese verso di lei e la sollevò
delicatamente per abbracciarla.
Esterrefatti, i signori Parker ammutolirono e Isabel si serrò le braccia al
petto. “Ci risiamo!…” Mordicchiandosi le labbra arretrò un poco per far
loro spazio.
Amaramente consapevoli del fatto che, appena ripresi i sensi, la figlia avesse
chiamato Max anziché loro, essi compresero infine la profondità del legame
che univa i due giovani e si avvicinarono di nuovo al letto.
- Liz… -
Nell’udire la voce incrinata dal pianto della madre, Liz si riscosse e sollevò
la testa dalla spalla di Max. - Ciao mamma, ciao papà -
- Ciao, tesoro - Incerto su come comportarsi, l’uomo lanciò uno sguardo
nervoso alla mano del giovane ormai non più circondata dalla luce ma ancora
poggiata sul torace di Liz e si schiarì la gola. - Bentornata fra noi… -
aggiunse a disagio.
La ragazza gli sorrise con dolcezza poi tornò ad incontrare gli occhi di Max
ed il sorriso divenne più ampio.
- Grazie… - disse piano.
Sentendo di colpo tutta la fatica per lo sforzo fatto, l’alieno le sfiorò la
fronte con un bacio e la fece riadagiare.
- Adesso devo andarmene, ma domattina sarò di nuovo qui, va bene? -
Liz annuì piano. - Ok… -
- Buonanotte - Max le sfiorò un’ultima volta la guancia tornata liscia e si
alzò in piedi.
- Grazie, Max - Fu la signora Parker a parlare per prima, ormai disposta a
riconoscere il ruolo del giovane nella vita di sua figlia, e gli tese la mano.
Dopo una brevissima esitazione Max gliela strinse, poi fece lo stesso con il
marito mentre Isabel stava in disparte col fiato sospeso.
- Lasceremo che il dottore scopra da sé la ripresa di Liz, domani… -
Il giovane guardò l’uomo negli occhi e comprese che poteva fidarsi di lui.
Abbozzò un sorriso di saluto ed uscì dalla stanza seguito dalla sorella.
- Stanco? -
- Un po’ - Max, comodamente sdraiato sul letto, incrociò le braccia dietro
la nuca e fissò la sorella ferma sulla soglia della piccola stanza
d’albergo. - Entra pure… -
Isabel sorrise e fece un passo in avanti chiudendosi la porta alle spalle. -
Sono contenta che con i signori Parker si sia chiarito tutto -
- Pranoterapeuta… - Il giovane alzò lo sguardo al soffitto. - Hai avuto
un’idea grandiosa! Grazie! -
- Beh, qualcosa dovevo pur inventarmi per giustificare quello che stavi
facendo! Santo cielo, Max, ti rendi conto che passi da un guaio all’altro? -
- Giuro che non lo faccio apposta… -
- Ci mancherebbe altro! Senti, io domani parto per Phoenix poi tornerò a
Roswell e ci rivedremo lì, ok? -
- Ok -
- Buonanotte -
Max le sorrise in risposta, poi si girò su un fianco e si addormentò
profondamente.
- Scusa, puoi ripetere?!? -
Michael fissò esterrefatto Isabel, che stava rimescolando con cura la salsa di
tabasco nello yogurt.
La ragazza sorrise suo malgrado. - No, sta arrivando gente -
- Santo cielo, Isabel, ma è pazzesco! -
- Già. Comunque tornerà a casa molto presto e potrai dirgli di persona cosa
pensi di lui… -
- Spiritosa! - Il giovane le lanciò un’occhiataccia poi si alzò per tornare
dietro alla piastra di cottura dove Maria lo stava aspettando impaziente.
- Beh, allora? -
Michael guardò l’amica con una smorfia. - Max ha curato Liz sotto gli occhi
dei suoi genitori, e Isabel ha spiegato la cosa dicendo che è un guaritore…
-
- E loro l’hanno bevuta?!? -
- A quanto pare sì - Con una smorfia il ragazzo girò alcuni hamburger. -
Maledizione, non fa altro che metterci nei guai! -
- Liz aveva bisogno del suo aiuto. Come potevi pensare che se ne restasse in
disparte a guardarla soffrire? - Maria posò sul bancone il bicchiere che stava
asciugando. - E tu? Avresti fatto lo stesso per me? - chiese piano.
Il giovane strinse i denti rabbuiandosi. Non voleva esporsi, non poteva farlo!
Mortificata dal suo silenzio la ragazza gli si accostò e lo prese decisa per
un braccio. - Michael! -
- Lasciami in pace - Con un movimento brusco Michael si liberò dalla presa e
continuò a voltarle le spalle.
Furibonda, Maria sibilò: - Dovrai tornare strisciando, se vorrai che parli
ancora con te! - E da quel momento non gli rivolse più la parola.
In quel mentre sopraggiunse Alex, che aveva visto l’auto di Isabel
parcheggiata davanti al Crashdown Café e si era affrettato ad entrare nel
locale. - Ciao! - la salutò allegro sedendosi davanti a lei. - Mm, posso
assaggiare? -
Isabel scosse la testa ridendo. - Non te lo consiglio, ci ho messo dentro mezza
bottiglia di tabasco… -
Con una smorfia d’orrore il giovane si ritrasse. - Come non detto. Maria,
scusa, mi porti un frappè di Venere?-
- Subito -
Sconcertato dal tono piatto della voce dell’amica Alex lanciò un’occhiata
al bancone di cottura, dove Michael stava
controllando la carne, e tornò a guardare il bel viso di Isabel. - Problemi? -
- Come al solito - La ragazza si strinse nelle spalle con un senso di
rassegnazione. - Il guaio è che è sempre stato solo, ha perso molto presto
anche i suoi veri genitori, e non ha mai imparato a fidarsi davvero di
qualcuno… -
- Ma di voi, di te e Max intendo, si fida! -
- Beh, non può farne a meno, penso… Però in molte occasioni si è scontrato
con Max, quando riteneva di essere stato messo in disparte. Maria dovrà avere
molta pazienza…
- A me sembra che l’abbia finita - Guardò ancora una volta la ragazza
indaffarata con i clienti, poi si volse a prendere una mano di Isabel. - E tu
come stai? -
- Bene, grazie. Come va a Boston? -
Alex bevve una lunga sorsata del suo frappè prima di rispondere. - E’ dura.
Mio padre ha dovuto fare i salti mortali per pagarmi l’iscrizione all’MIT,
così sto studiando come un pazzo per cercare di avvantaggiarmi con gli esami.
Ehi, guarda, ci sono Liz e Max! -
- Come? - Sorpresa, Isabel sbirciò verso la porta d’ingresso e vide i due
giovani entrare. - Max! -
- Liz! - Maria, accortasi a sua volta dell’arrivo della coppia, s’infilò
il blocchetto per gli ordini nella tasca del grembiulino e corse ad abbracciare
l’amica. - Oh, Liz! -
Le due ragazze si strinsero con forza trattenendo a stento le lacrime, entrambe
felici di rivedersi, poi Maria abbracciò anche Max. - Sei stato fantastico! -
gli disse piano in un orecchio.
Fu poi la volta di Alex ed Isabel, che salutarono Liz con molto affetto, ed
infine, quasi controvoglia, si avvicinò anche Michael.
Il giovane si rivolse per primo a Liz. - Mi fa piacere che tu stia di nuovo
bene - mormorò con espressione seria, - però vorrei parlare un attimo con te
- aggiunse guardando Max.
Incuriosito dalla tensione che d’improvviso era salita nel gruppo, Max fece
un cenno d’assenso con la testa.
- Appena finisci il turno andiamo al lago - disse prima di sospingere
dolcemente Liz verso lo stesso tavolo di Isabel.
Un’ora dopo si ritrovarono tutti
insieme sul picco roccioso da cui si poteva ammirare il lago incastonato nel
terreno desertico. Liz un passo dietro Max, Isabel accanto ad Alex, Maria a
qualche metro da Michael che, da solo, fronteggiava tutti gli altri.
- Perché hai voluto che venisse anche Maria? - chiese questi all’amico
rompendo per primo il silenzio.
Max guardò un attimo la ragazza e vide il suo volto chiuso e triste. - Perché
fa parte del nostro gruppo. Come Alex e Liz. Io so guarire solo le ferite
esteriori, Michael, ma vorrei poter fare di più - Avanzò di qualche passo
fino a prenderlo per una spalla. - Siamo arrivati insieme sulla Terra, e
insieme siamo sopravvissuti al nostro pianeta madre. Insieme siamo forti e
possiamo vincere anche contro l’FBI. Non c’è alcun motivo di nascondere i
nostri sentimenti, non è segno di debolezza mostrare l’affetto che ci lega
agli altri. Ormai il nostro posto è qui, e sta a noi trovare il modo migliore
per viverci. Non posso cancellare il dolore che hai dentro, ma voglio che tu
sappia che puoi sempre contare su tutti noi -
- Io non ho alcun dolore! - fu l’immediata reazione di Michael, prima di
chinare imbarazzato lo sguardo a terra davanti all’occhiata eloquente di Max.
In quel momento Isabel rammentò la sensazione che aveva provato la notte in
cui la loro memoria era stata risvegliata e con decisione si avvicinò a
Michael. - Noi siamo davvero con te - disse posandogli una mano sulla spalla
destra e tendendo al contempo l’altra verso il fratello.
Un flusso di ricordi passò istantaneamente tra di loro poi Liz, compreso
quello che stava accadendo, li raggiunse e mise la propria mano su quelle unite
di Max e sua sorella. Dopo una breve esitazione Alex la imitò posando la mano
su quella che Isabel teneva sopra la spalla di Michael, ed infine Maria, quasi
contro la sua stessa volontà, si accostò a toccare le dita di Max
sull’altra spalla del giovane.
Finalmente il cerchio era completo e Michael poté sentire la forza del legame
che li univa tutti. Con una lentezza esasperante rialzò la testa e si volse
verso Maria, negli occhi una muta implorazione.
Intenerita, la ragazza gli si accostò e lo baciò.
Liz sorrise tra sé, soddisfatta per la capitolazione dei suoi amici, e si
appoggiò contro Max circondandogli la vita col braccio libero. - Sei davvero
un guaritore, in tutti i sensi!… - bisbigliò, mentre sotto le sue dita il
dorso della mano del giovane cominciava a brillare di una tenue luminescenza
dorata.
Scritta
da Elisa |