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FURTO AL MUSEO DEGLI U.F.O.


Riassunto:
-1^ parte:
un furto avviene quasi sotto gli occhi di Max e Michael. L'oggetto sottratto, contenuto dentro una preziosa scatola di velluto nell'ufficio di Milton, sprigiona una luce accecante che fa perdere conoscenza a Michael...
-2^ parte: Valenti interroga Max, ma non ricava alcuna informazione per risolvere il caso del furto al museo. Così pensa di contattare Milton che si trova ad Arecibo. Liz, per risolvere il problema di Michael, propone di chiedere aiuto a River Dog . Il ladro misterioso scopre di non essere più in possesso della refurtiva, mentre lo sceriffo viene informato del fatto che Milton non è mai partito per Porto Rico. Nel frattempo Max scopre che Michael è scomparso...
-3^ parte: Liz, Isabel e Maria si recano da River Dog. Alla riserva incontrano Milton che si sta lentamente riprendendo da un'aggressione subita nel bosco. Maria, viene avvicinata da Eddie, che è sotto l'influsso di una delle luci cadute durante gli ultimi giorni. Max decide di raggiungere le ragazze alla riserva, ma viene pedinato dallo sceriffo Valenti, deciso a saperne di più sulla scomparsa di Milton e sul coinvolgimento di Evans in tutta la storia. Michael ha una nuova visione: un mondo bellissimo sconvolto da un devastante cataclisma nero. Anche Maria è sparita. Persa in mezzo al bosco, trova Michael. Subito gli occhi del ragazzo s'illuminano di una luce sinistra, indice che anche Guerin è sotto il malefico influsso delle "luci"...
-4^ parte: lo sceriffo Valenti costringe Liz, Max e Isabel a seguirlo alla riserva di River Dog, dove ritrova Milton. Quest'ultimo chiarisce quanto è successo la notte del furto. Maria, che ha ritrovato nel bosco lo scomparso Michael, è anch'ella posseduta dalla luce che si era impadronita del corpo di Eddie. Scopriamo così che le due luci, in fuga da un mondo sull'orlo della distruzione, si cercavano da molto tempo ed ora finalmente si sono ritrovati. Maria e Michael "contribuiscono" alla loro riunione. In seguito i due giovani incontrano Liz, Max ed Isabel sulla strada verso Roswell, completamente dimentichi di quanto è successo nel bosco. Ma forse non tutto è finito...

Data di creazione: 30/11/2000 (1^ parte) - 10/12/2000 (2^ parte) - 9/1/2001 (3^ parte) - 28/1/2001 (4^ parte)

Valutazione: Adatta a tutti

Disclaimer:  Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "ROSWELL.IT", e che tutti i personaggi della serie  "ROSWELL" nella storia sono di proprietà di Jason Katims, della Regency Television e della Warner Brothers, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.

La mia e-mail è defcon@jumpy.it


Prima parte

La luce compare zigzagando nel cielo qualche minuto prima della mezzanotte.
“E’ la seconda volta questa settimana” esclama Michael rivolgendosi all’amico fidato Max.  Quest’ultimo si rigira sul letto ed affronta il solito sguardo pieno di speranza del compagno.
“Non possiamo entusiasmarci per ogni strana luce che vediamo comparire nel cielo. Abitiamo su questo pianeta ormai da molti anni ed abbiamo imparato a riconoscere tutti i movimenti e le luci particolari delle stelle. E non abbiamo mai notato niente di diverso, niente che potesse essere in qualche modo utile alla “nostra causa”.
Il tono di Max è perentorio e Michael vorrebbe controbattere, dare una scrollata alla solida affermazione dell’amico Evans, ma sa che quanto ha detto l’alieno è una verità incontrovertibile.
“Scusami se non sono così disfattista, se nutro ancora qualche speranza circa la nostra sorte” continua Michael, stavolta attirando maggiormente l’attenzione di un assonnato Max.
“Non è questione di essere disfattisti, semplicemente dobbiamo essere più realisti e fare in modo di essere il più attenti possibili. Lo sceriffo Valenti non aspetta altro che noi si commetta un errore per… .” Max si interrompe. Effettivamente nessuno di loro ha mai pensato a che cosa accadrebbe se lo sceriffo Valenti riuscisse ad ottenere le tanto agognate risposte in merito a tutti i dubbi che gli frullano per la testa. Fino ad oggi quell’uomo si è limitato ad indagare nell’ombra, cercando di essere il più misurato ed equilibrato possibile. Ha fatto delle velate minacce, questo è vero, ma non ha mai in nessun modo fatto capire le sue reali intenzioni. A chi mai si rivolgerebbe se scoprisse la loro origine, qual è la loro reale natura?
“Il fatto è che da quando abbiamo coinvolto degli estranei nella nostra ricerca … “ riprende Michael.
“Se ti stai riferendo a Liz e Maria voglio rammentarti che in più di un’occasione si sono rivelate molto utili, senza contare che hanno contribuito a salvare la vita di entrambi.”
Max si riferisce ovviamente a quella volta in cui lui e Liz sono rimasti coinvolti in un brutto incidente di macchina. Il tempestivo intervento della ragazza, che ha convinto Alex a donare il suo sangue per evitare che fosse scoperta la particolare composizione ematica dell’alieno, è stato senza ombra di dubbio provvidenziale. Così pure quando Maria  ha passato una notte intera al capezzale di Michael, dopo che quest’ultimo aveva visitato la riserva indiana di River Dog partecipando al rito dei nativi, rito dalle conseguenze disastrose per la sua salute.
Guerin rimane in silenzio per qualche secondo, mentre i suoi occhi continuano a scrutare ogni centimetro quadrato del cielo. Una piccolissima unità di misura che potrebbe in realtà nascondere la risposta a tutte le loro domande, oppure un numero illimitato di meraviglie che al solo pensiero viene il più inebriante dei capogiri.
Questa sera Roswell è stranamente taciturna. Da due giorni il museo degli UFO è chiuso per ferie: Milton ha deciso di godersi una vacanza. Ha ordinato a Max di fare ogni tanto un salto al museo per controllare la situazione, anche se lui ha usato il verbo “monitorare”. Max ha dovuto promettergli di passare almeno un paio di volte al giorno, ma sa già che non lo farà. A chi mai potrebbe venire in mente di rubare qualche fantoccio verde con tanto di antenne ed occhi al limite della scatola cranica? Così Milton è andato via tranquillo verso, come si chiama il luogo di villeggiatura, ah, sì .. Arecibo. Max non lo ha mai sentito nominare, ma deve sicuramente trattarsi di un posto esotico.

L’ombra penetra nell’ufficio in disordine attraverso la finestra al pianterreno. Sicura, si dirige verso alcuni scaffali, dalla parte opposta rispetto all’entrata della stanza. Prende un libro dalla copertina verde sulla quale è ritratto il solito alieno dalla statura minuta e dalla testa abnorme. Lo apre e, dal risvolto della copertina, estrae una chiave dalla forma particolare. L’uomo o la donna si avvicina al cassetto sotto la scrivania dell’ufficio, lo apre e prende un piccolo contenitore di velluto blu, dall’aspetto molto antico e molto prezioso. Infila la chiave nella piccola serratura, quindi apre il contenitore. Subito si sprigiona una luce accecante che investe il ladro, ma non abbastanza da rivelarne l’identità.
“Finalmente” esclama costui o costei.

“Sei andato al museo?” domanda Michael.
“E’ una domanda oppure Milton ti ha ordinato di controllarmi?” ironizza Evans, quando oramai ha capito che non c’è più verso di rimettersi a dormire.
“Pensavo prendessi la tua occupazione più seriamente, mio caro Max” continua Guerin cercando di mantenersi il più serio possibile.
“Evidentemente la paga non è poi così allettante da indurmi a sacrificare parte del mio tempo prezioso per assecondare tutte le farneticazioni del mio datore di lavoro. Anche se devo dirti che, prima di partire, Milton mi è sembrato particolarmente in ansia per il fatto di doversene andare. Come se ..” E qui Evans s’interrompe ancora una volta.
“Come se?” domanda Michael.
“Come se non volesse partire o come se il fatto di lasciare Roswell non fosse nei suoi programmi immediati” termina la frase Max.
“Tutti sappiamo com’è fatto Milton: è l’uomo più complessato che esista. Vede alieni e congiure del governo da tutte le parti. Da quando lo conosco non c’è stata occasione in cui io lo abbia visto tranquillo e beato”. Le parole di Michael non sortiscono l’effetto che quest’ultimo avrebbe voluto: pacificare Max.
“Questa volta è diverso e più ci penso più sono convinto che mi abbia nascosto qualcosa”, ormai la mente di Evans è in movimento. Si alza dal letto e si avvicina all’armadio a muro. Prende un paio di pantaloni e se li infila ad una velocità supersonica. Michael lo guarda pensieroso.
“Dove stai andando?”, gli chiede anche se pensa di conoscere già la risposta.
“Vado a fare il mio dovere!” risponde Max. Poi il giovane esce dalla finestra della stanza da letto, da dove un’ora prima è entrato l’amico Michael, in vena di scorribande notturne. Non ha dubbi sul fatto che anche stavolta Guerin lo seguirà.

Questa notte lo sceriffo Valenti ha deciso di trascorrere alcune ore in ufficio. Da qualche tempo il suo rapporto con Kyle non è dei migliori. Hanno entrambi deciso di evitarsi fino a quando le acque non si saranno del tutto calmate. È molto dura tirare su un figlio, e lo è ancora di più farlo senza l’appoggio di una donna, senza poter contare su una controparte capace al limite di spianarti la strada e renderti le cose più facili quando si tratta di riprendere i fili interrotti del discorso. Non vuole che suo figlio faccia la stessa fine che è capitata a lui, dopo che suo padre è stato rinchiuso in preda alle farneticazioni sugli alieni. La sua recente visita alla casa di cura è servita almeno a convincerlo di questo fatto. I documenti che gli stanno passando davanti agli occhi, riguardanti le denunce fatte negli ultimi giorni, gli appaiono come se non fossero niente più che semplici fogli imbrattati. Nonostante tutta la sua buona volontà, il tentativo di incastrare i giovani Evans ed il figlio di Guerin non è mai andato a buon fine. La sua sicurezza circa il fatto che quei tre nascondono qualcosa è incrollabile, la fiducia nelle parole più volte pronunciate da suo padre in merito a delle “presenze particolari” a Roswell dopo il 1947 è tutto ciò che gli rimane, orribilmente l’unico motivo, oltre a Kyle,  per continuare a vivere.
Il suo assistente entra nell’ufficio tutto trafelato. La fronte è leggermente madida di sudore, l’uomo approfitta del dolce far niente del turno di notte per fare un po’ di esercizio fisico.
“Hanno appena chiamato quelli del bar vicino al Museo degli UFO. Dicono di aver visto qualcuno entrare da una finestra del pianterreno”, esclama tra un sospiro e l’altro.
Valenti osserva il suo collega per qualche secondo, si rende conto di non aver neanche sentito squillare il telefono. Poi afferra con violenza l’inseparabile cappello ed esce dall’ufficio. Il turno di notte, qualche volta, può riservare delle inattese sorprese.

“Spero tu abbia la chiave” esclama Michael, “non vorrei che qualcuno ci scambiasse per dei ladri”. Max sorride, mentre estrae la chiave del portone del museo dalla tasca dei pantaloni.
“Dimmi una cosa: la notte, sei sempre così in vena di fare battute?” continua Evans, mentre la serratura del portone del museo emette in successione cinque versi metallici, uno per ogni mandata.
Successivamente Max e Michael entrano nella hall del museo, completamente oscura, tranne che per la debole luce proveniente dalla porta principale aperta.
“Non ho ancora ben capito per quale motivo siamo qui” riprende Michael assumendo il classico tono disinteressato, che non lascia speranza, “voglio dire non ci sei mai venuto negli ultimi tre giorni, in altre parole da quando Milton se n’è andato in vacanza. Che cosa c’è di diverso stanotte?”.
“C’è che ho avuto, come posso spiegartelo”, tenta di rispondergli Max, “una premonizione …”.
“Una illuminazione”, continua Guerin, sempre più sarcastico.
“Perché poi continuo a darti retta, ancora non lo so!” taglia corto Evans, mentre i suoi occhi provano ad abituarsi con fatica all’oscurità. “Piuttosto cerca di renderti utile ed accendi almeno un paio di luci, prima che qualcuno dei vicini si insospettisca e chiami la polizia . Anche se non riesco davvero a pensare ad alcun motivo valido che indurrebbe un ladro ad entrare in questo posto dimenticato da Dio”.
Prima che Michael abbia il tempo di avvicinarsi ad uno degli interruttori della luce si ode un rumore provenire dall’ufficio di Milton.
“Hai sentito?”, esclama Max. Michael fa segno all’amico di tenere la bocca chiusa per evitare di essere sentiti. Evans decide di assecondarlo. I due si avvicinano con fare circospetto alla porta dell’ufficio del direttore. Poi si fermano, sperando di udire degli altri deboli segnali provenienti da oltre la porta.
Silenzio di tomba.
Michael deglutisce con forza, mentre Max trattiene il respiro come se questo servisse a non farsi sentire dal misterioso visitatore notturno di musei. Poi Evans afferra la maniglia della porta e fa segno all’amico di stare pronto. Quest’ultimo capisce e si prepara.

“Sono Valenti, mi sto recando al museo degli UFO per rispondere ad una chiamata di emergenza circa una possibile intrusione. Passo e chiudo”. Lo sceriffo termina il suo sbrigativo rapporto con la stazione di polizia. Quindi accelera.
“Vediamo chi è che si è fatto venire l’improvvisa passione per gli oggetti volanti non identificati?”, esclama con un tono di curiosità nella voce.

La porta dell’ufficio di Milton si apre all’improvviso, cosicché l’ombra, oltre la scrivania aperta, si muove di scatto. Max e Michael entrano nella stanza, nel medesimo istante in cui l’ombra sfuggente si sta avvicinando alla finestra dalla quale è penetrata.
“Non dobbiamo farcelo scappare!” ordina Max, sperando che l’uomo o la donna non sia armato. Il suo pensiero corre in un istante alla promessa che ha fatto a Milton, quella di vigilare sulla sicurezza del museo, promessa che è già riuscito a non mantenere.
L’uomo misterioso salta all’esterno dell’edificio, ma Michael gli è subito addosso, grazie ad un movimento felino che gli permette di superare in un secondo l’ostacolo costituito dal parapetto della finestra. Poi Guerin si mette a correre lungo il vicolo, seguito da Max a non più di qualche metro di distanza. Michael afferra il giubbotto del suo inseguitore e lo costringe a fermarsi; quest’ultimo perde il suo equilibrio e rovina addosso ad un muro, sbattendo contemporaneamente la testa contro lo stesso.
Michael si avvicina con molta sicurezza, ma il ladro si volta all’improvviso ed apre la mano destra sprigionando una luce che costringe il giovane Guerin a coprirsi gli occhi a causa del bagliore. I contorni del viso dell’uomo rimangono in ombra e neanche Max, che si trova a qualche metro di distanza riesce a capire chi sia il loro uomo. La luce investe Michael e per un secondo sembra quasi aggredirlo, tanto i fasci di luce paiono avvolgerlo in una spira dalle intenzioni poco benevole. Stordito, l’alieno cade riverso sull’asfalto del vicolo, consentendo così all’uomo misterioso di riprendere la sua fuga verso la libertà.
Max si avvicina a Michael, dimentico del ladro ormai lontano. Lentamente gli solleva la testa, ma Guerin sembra aver perso conoscenza.
“Michael, Michael”, lo chiama Evans, inutilmente. Ancora una volta Max non sa come comportarsi, quale decisione prendere. Il suo ruolo di leader del gruppo non gli si addice proprio, al suo posto qualcun’altro di sicuro avrebbe già preso in mano la situazione e trovato un modo per risolverla. Il fischio della sirena dell’auto di pattuglia dello sceriffo Valenti irrompe nel suo cervello scotendolo fin nelle fondamenta. A questo punto è ovvio pensare che l’uomo si sta dirigendo proprio verso il museo, per cercare di capire che cosa sia accaduto.
Max rimane lì, immobile, con la testa di Michael fra le braccia, completamente in balia del pericolo imminente…

Seconda parte

Lo sceriffo Valenti entra nell’ufficio di Milton con l’aria di chi non ha molto tempo da perdere. Max è seduto sulla poltrona davanti alla scrivania. L’uomo di legge gli gira intorno un paio di volte, poi si siede sul bordo del tavolo; passano i secondi. Il silenzio pesa sulla testa di Max più che se fosse un macigno dalle mastodontiche dimensioni. Valenti lo osserva, poi finalmente si decide a parlare.
“Vediamo se nel frattempo ti si sono schiarite le idee: ti dispiacerebbe dirmi che cosa sei venuto a fare, tutto solo, qui al museo degli UFO nel bel mezzo della notte? L’orario di visita è terminato da un bel po’, mi sembra …”. Valenti fa il sarcastico, ma certamente non per mettere a suo agio il giovane interlocutore seduto davanti a lui. Anzi il suo obiettivo è farlo stare decisamente il più scomodo possibile, se non addirittura indurgli la sensazione di trovarsi sopra ad una graticola.
“Il signor Milton prima di partire mi ha espressamente ordinato di …”, cerca di spiegare Max.
“Per favore risparmiami la storia di Milton e dei suoi ordini strampalati”, lo interrompe lo sceriffo. “E comunque, prendendo per buona la storia che tu abbia deciso di onorare l’impegno preso con Milton, trovo molto strano che ti sia venuto improvvisamente il desiderio di farlo in piena notte, col rischio di essere scambiato per un ladro”.
“Non vorrei rubarle il mestiere, sceriffo, ma converrà con me che per ogni ladro il momento migliore per colpire è durante la notte. Di giorno la strada principale è molto trafficata e qualunque malvivente sarebbe subito individuato ed arrestato. Ho pensato di fare un salto sul tardi proprio per questo motivo: non ha senso venire qui a dare un’occhiata di giorno.” Le parole gli escono dalla bocca senza quasi dargli il tempo di riflettere. È ormai abituato, se non addirittura assuefatto, ai battibecchi con lo sceriffo. Il suo pensiero corre a Michael, al disturbo che gli ha causato il contatto con quella luce misteriosa. E poi il ladro che se l’è data a gambe levate. Chi era? E che cosa era venuto a cercare dentro l’ufficio di Milton?
Valenti non può controbattere al ferreo ragionamento di Max. Il ragazzo aveva tutto il diritto di trovarsi dentro al museo, anche in un orario inusuale. Così pensa di intraprendere un’altra strada.
“In ogni caso qui stanotte è entrato qualcuno”, riprende, mascherando al meglio la sua insicurezza per un interrogatorio che non sta andando come vorrebbe. “Vorrei che tu riflettessi ed eventualmente provassi ad identificare il malvivente … “.
“Come ho già avuto modo di dirle non più di cinque minuti fa era molto buio sia qui che nel vicolo.  E poi la figura si è messa a correre come se avesse i cani alle calcagna; non saprei neanche affermare con tutta sicurezza se si trattava di un uomo o di una donna”.
Valenti incassa l’ennesima sconfitta. Si alza in piedi e si avvia indispettito verso l’uscita della stanza.
“Posso tornarmene a casa?” lo incalza Max, un istante prima che l’uomo abbia varcato la porta. “Domani dovrei andare a scuola …”.
Lo sceriffo annuisce ed uno dei suoi aiutanti afferra il giovane Evans per la giacca di pelle nera e lo aiuta a rimettersi in piedi. Ancora una volta è andato tutto bene. Max esce dal museo, si guarda intorno per sincerarsi che nessuno degli uomini di Valenti lo stia osservando. Poi si dirige a gambe levate verso la sua prossima meta: il “Crashdown Cafè”.

Amore, devozione, paura, ricerca. Il luogo è tutto un turbinio di emozioni. Michael è in piedi sulla sommità di una montagna e guarda verso il basso. Poi i suoi occhi sono attirati verso il cielo, verso il gioco di luci che si sta svolgendo nel bel mezzo della volta celeste. Milioni di stelle stanno ballando una coreografia sfavillante e senza fine. Poi all’improvviso tutto si fa buio e tetro. Le luci hanno paura e corrono a nascondersi dietro l’orizzonte, protettivo e rassicurante. Il mondo comincia a girare vorticosamente e tutte le luci rimaste vengono scaraventate ai quattro angoli del firmamento, incapaci di ritrovare la stabilità e la grazia di un secondo prima. Poi ad una ad una iniziano a spegnersi, come se il vento impetuoso le costringesse ad un innaturale suicidio. Si spengono tutte, quasi tutte, alcune fuggono, altre si fondono per aumentare la consistenza del loro fuoco e vincere l’ostilità del nuovo pericoloso elemento.
Amore e devozione. Emozioni che Michael sente affievolirsi.
La paura diviene inarrestabile: un globo nero che inghiotte tutto e tutti al suo passaggio.
Rimane solo la ricerca ….

“Come sta?”, domanda Max, sottovoce.
“Come due ore fa”, risponde Maria, “non è cambiato nulla”. La sua voce tremula tradisce e rivela i sentimenti che la ragazza prova ancora per Michael. Quest’ultimo è disteso sul letto al secondo piano del “Crashdown Cafè”, esattamente nello stesso luogo dove qualche mese prima aveva cercato di smaltire i postumi del rito indiano al quale aveva partecipato durante la sua prima visita alla riserva di River Dog.
“Non ti ho ancora ringraziato”, riprende Max con il suo solito tono di voce, “se non fossi arrivata  qualche istante prima dello sceriffo, non so…“.
“Devi ringraziare il signor Parker e tutti i clienti del locale che mi hanno costretto all’ennesima levataccia. È stato un caso fortuito se mi trovavo a transitare dalle parti del museo degli UFO; a proposito non mi hai ancora spiegato che cosa ci facevate tu e Michael a quell’ora di notte, dentro quel vicolo …”.
“Più tardi”, taglia corto Max.
Michael emette una specie di grugnito.
“Sembra quasi che stia sognando … “ esclama Maria.
L’atmosfera viene interrotta dall’ingresso di Liz nella stanza. Insieme a lei c’è anche Isabel, sempre più corrucciata in viso.
“Che cosa è successo?”, esordisce la sorella di Max mentre si avvicina al letto sopra al quale  Michael sembra quasi riposare in santa pace.
“Qualcosa, una luce accecante, lo ha investito al museo degli UFO” prova a spiegare Max. Poi si accorge anche lui di avere pochissimi elementi sui quali basare una spiegazione che abbia almeno una parvenza di significato.
“Ma di che cosa stai parlando?”, irrompe nel discorso Isabel con la sua solita grazia.
“Adesso proverò a raccontarvi quello che è successo stanotte al museo, però devo chiedervi di non farne parola con nessuno … “, chiarisce il giovane Evans, rivolgendo il proprio sguardo alle due estranee della situazione.
“Io credo che abbiamo ampiamente dimostrato la nostra fedeltà”, ribadisce Liz in modo fermo e risoluto, “non penso ci sia più bisogno di altre conferme da parte nostra”.
Per un attimo Max si sente in colpa per le parole che ha appena pronunciato. Rivolge uno sguardo a Michael, sempre disteso sul letto, insensibile a tutto quello che gli sta accadendo intorno. Poi, molto lentamente, inizia a raccontare tutti gli eventi susseguitisi durante la serata.

“Quel ragazzo non me la racconta giusta”, esplode Valenti, nel preciso istante in cui rimette piede nel suo ufficio. Un collega lo segue e ascolta le sue considerazioni.
“Lei non crede alla storia del controllo notturno?”, domanda quest’ultimo.
“Credo che tutto sia cominciato esattamente nel modo in cui Evans ci ha descritto, ma poi è accaduto qualcosa di strano, qualcosa che il ragazzo ha visto e che volutamente ha omesso di raccontarci. Inoltre penso che ci abbia spudoratamente mentito quando gli ho chiesto se ha riconosciuto o meno il ladro che si è introdotto nel museo”.
“Un ladro onesto”, si inserisce nel discorso il collega dello sceriffo, “se pensa che non ha rubato assolutamente nulla”.
“Questo è quello che crediamo noi”, si spiega Valenti, “infatti è necessario contattare Milton: è l’unica persona in questo momento che può confermare i nostri sospetti, l’unico che può sapere se dal museo è stato sottratto qualcosa”.
“Evans ci ha detto che è partito per Arecibo, ma non ha lasciato alcun recapito dove rintracciarlo … “, annuncia l’assistente dello sceriffo.
“Controlla tutti i voli che sono partiti per Porto Rico negli ultimi giorni e prova anche alle agenzie di viaggio dei dintorni”, ordina il capo della polizia di Roswell. “In un modo o nell’altro riusciremo a farlo ritornare in città, su questo ci puoi giurare”.
“Agli ordini!”, conclude il poliziotto, mentre si sta avviando verso l’uscita dell’ufficio di Valenti.
Quest’ultimo rimane da solo, in compagnia dei suoi soliti pensieri. È frustrante non poterli condividere con nessuno, non poterli anche solo accennare senza il rischio di essere scambiati per dei pazzi visionari. Il suo pensiero fisso: Evans. Sempre Evans e i suoi amici. E il loro maledettissimo segreto. Ma forse stavolta i loro sotterfugi hanno i giorni contati.

“E’ sbalorditivo!”, esclama Liz alla fine del racconto di Max. Maria continua ad osservare il suo amato, disteso su un letto che sembra sempre più assomigliare ad un sudario.
“Che cosa facciamo?”, taglia corto Isabel, meno sensibile ai racconti del fratello o forse più abituata di Liz e Maria a sentir raccontare di luci e strani poteri.
“Francamente non lo so e tremo al solo pensiero di fare un passo falso …”.
“E se tornassimo da River Dog?”, propone Liz. “Michael sembra soffrire degli stessi disturbi dell’altra volta, quando partecipò al rito indiano…”.
“Io non penso sia come l’altra volta”, la raffredda Maria. “Se vi ricordate allora Michael aveva la febbre alta e non sembrava delirare come sta facendo adesso. In più c’era quella specie di ragnatela che lo avvolgeva completamente e non mi sembra che stia andando in questo modo”.
“Ma non possiamo esserne certi, voglio dire, voi siete alieni e non è detto che le malattie si manifestino nel vostro organismo, così come si presentano nel corpo umano. Può anche darsi che lo stesso disturbo manifesti sintomi differenti …., che ne so, a seconda delle fasi lunari”. Liz si accorge troppo tardi di avere appena detto una stupidaggine.
“Ti ringrazio per il tuo sarcasmo”, la rimprovera Isabel, “ne avevamo tutti proprio bisogno”.
“Non è il caso che ci scaldiamo tanto”, le interrompe Max, prima che il discorso degeneri, “in questo momento dobbiamo pensare a Michael. Dobbiamo trovare un modo per risvegliarlo”.
“Io vado da River Dog”, continua Liz, “al momento è l’unica possibilità che abbiamo …”.
“Io vengo con te …”, si propone Maria.
Max lancia uno sguardo di incitamento ad Isabel. È necessario che qualcuno di loro accompagni le due ragazze. Tutte le volte che hanno messo piede nella riserva indiana si è sempre reso necessario un intervento, diciamo, particolare.
“D’accordo!”, sbuffa la sorella di Max. Ma anche lei è a corto di idee e quella di Liz è al momento l’unica disponibile e degna di essere valutata.
“Io rimango con Michael, per questa sera ho girovagato anche troppo per la città, quindi è meglio che mi faccia vedere il meno possibile”. E con questo i giochi sono fatti.
Le tre ragazze escono dall’appartamento al secondo piano del “Crashdown Cafè”. Max si avvicina al corpo di Michael. La sua mano scivola sul petto dell’amico e sprigiona una leggera luce azzurrognola.
“Avanti Michael, svegliati!” esclama Evans, sperando in una risposta da parte dell’amico.

Ha corso per più di tre ore. Ma ora gli alberi del bosco lo proteggono. Ha tenuto stretto il contenitore durante tutto il tragitto, ma ora ha un presentimento. Si appoggia al tronco di un albero e prende fiato, compiendo quella che in un altro momento avrebbe definito una nuova scoperta. Apre il piccolo scrigno e con orrore si accorge che è vuoto.
“Maledizione!”, impreca.
Un’auto sfreccia a velocità sostenuta sulla statale che si trova a circa mezzo miglio dalla sua posizione. L’ombra capisce che deve ritornare indietro e continuare la sua ricerca.

“Sceriffo!”, il richiamo dell’agente di polizia risveglia Valenti che si era momentaneamente assopito sopra la scrivania del suo ufficio.
“Dimmi …”, esclama l’uomo di legge, facendo segno al collega di entrare nella stanza. Contemporaneamente approfitta anche dell’attimo di silenzio per fare uno sbadiglio di proporzioni gigantesche. La notte sta veramente allungandosi più del previsto.
“Ho fatto quelle ricerche su Milton che mi aveva detto ed ho scoperto qualcosa d’interessante”, esordisce l’agente di polizia.
“Allora?”, lo esorta a continuare Valenti.
“Dai tabulati delle agenzie di viaggio e dalle liste degli aeroporti più vicini a Roswell, non risulta nessuno con quel nome che sia partito per l’America Centrale”, sintetizza l’agente.
“Quindi?”, prova a trarre una conclusione lo sceriffo.
“Quindi, a meno che non abbia usato un nome falso o non abbia deciso di viaggiare in auto, entrambi i casi sono comunque poco probabili, dobbiamo supporre che Milton non sia mai partito, anzi, che quando ha raccontato a Max Evans della sua vacanza, in realtà egli avesse in mente tutt’altri piani”.
“Quindi Milton ha mentito per nasconderci …. “, e qui lo sceriffo fa una lunga pausa. “Per nasconderci che cosa poi?”.
“Potrebbe essergli accaduto qualcosa … “, ipotizza il collega di Valenti.
“Mi stai forse suggerendo che dovremmo considerarlo come un qualunque caso di persona scomparsa?”, esclama lo sceriffo di Roswell.
“Io non consiglio niente, lo sceriffo qui è lei!”, taglia corto l’altro interlocutore.
“Dammi un paio d’ore per fare delle ricerche, dopo di che potremo inserire il signor Milton nella lista delle persone che si sono rese irreperibili, per adesso tu continua a cercare … . Magari nel frattempo il nostro uomo potrebbe decidere di far ritorno all’ovile”, conclude Valenti.
La notte sarà ancor più lunga.

Max si sveglia e subito vorrebbe punirsi per il fatto di essersi momentaneamente assopito vicino al letto di Michael.
Il letto di Michael. Cerca di mettere a fuoco la stanza, ma non ci riesce subito. Poi si rende conto della verità: Michael non c’è più.
Si alza dalla poltrona vicino al letto e, scattando, raggiunge la finestra che conduce sul terrazzo del “Crashdown Cafè”, il luogo dove Liz Parker e lui si sono dati il loro primo ed unico bacio. Nessuna traccia dell’amico.
Max si mette le mani sui capelli ed impreca a voce bassa.
“Oh, Michael!”, esclama il giovane sconsolato.
Ma Guerin, dovunque si trovi in questo momento, di sicuro non lo sta ascoltando.

Terza parte

La riserva di River Dog è sempre immersa nell’oscurità più profonda. Il buio impenetrabile la fa sempre più assomigliare ad un’oasi spettrale al centro di un bosco ancor più pauroso. Liz, Isabel e Maria vi giungono in piena notte, quando in tutto il circondario sembra non esserci anima viva. Parcheggiano l’auto della signorina De Luca poco distante dall’emporio dove vengono ancora venduti souvenir di artigianato indiano, il triste compimento del destino di un popolo un tempo grande e temuto da tutti, fiero e coraggioso in battaglia.
“Possibile che dobbiamo venirci sempre di notte in questo posto?”, esordisce Maria, mentre i suoi ricordi corrono a quella volta del rito dell’equilibrio, mediante il quale tutti loro hanno salvato la vita di Michael solamente qualche mese prima.
“Forse perché solo di notte questo posto tradisce i suoi segreti rivelandoli anche a noi comuni mortali”, prova a spiegare Liz, mentre il suo sguardo ironicamente si posa sull’espressione perennemente corrucciata di Isabel.
Le tre ragazze si dirigono verso l’emporio quando all’improvviso una voce squarcia il silenzio della notte della riserva.
“Sapevo che sareste arrivati …”, esclama la voce misteriosa. Liz, Isabel e Maria si voltano verso il luogo dal quale sembra essere provenuto il messaggio e si ritrovano davanti l’esile, ma al tempo stesso possente, figura di River Dog.
“River Dog …”, lo saluta Liz. E subito non perde secondi preziosi. “Siamo venuti perché dobbiamo chiederti un grosso favore …”.
“Ogni cosa a suo tempo”, la zittisce l’indiano. “Prima c’è una cosa, anzi una persona che dovete vedere. Ma non tutti …”. L’uomo punta il dito contro Maria, la quale ha un attimo di smarrimento. “Lei”, prosegue River Dog, “non può entrare nel rifugio …”.
Maria vorrebbe controbattere a quella esclusione. Dopo l’ultima visita pensava di aver diritto ad una maggiore considerazione, in cuor suo sperava ardentemente che l’indiano l’avesse accettata nel gruppo come già aveva fatto con Liz e Isabel. Poi il pensiero di Michael e della sua salute ha la precedenza e la ragazza preferisce soprassedere.
“Andate pure”, sentenzia, “io vi aspetterò qui fuori …”.
Liz ed Isabel seguono River Dog all’interno del villaggio indiano. Attraversano alcune baracche debolmente illuminate al loro interno fino a quando giungono davanti a quella che sembra essere una sorta di ricovero per le persone ammalate. L’indiano scambia uno sguardo d’intesa con uno dei suoi amici posto di fronte all’ingresso della costruzione, forse un guardiano. Poi tutti entrano nel piccolo, e per certi versi angusto, rifugio. Un uomo coperto fino alla testa sta dormendo in un angolo. River Dog lo indica e Liz decide di avvicinarsi.
“Fai molta attenzione”, le consiglia Isabel, “non sappiamo di chi si tratta …”.
Liz si inginocchia davanti all’uomo sotto le pesanti coperte indiane.
“Lui ha visto le luci provenienti dal cielo!”, esclama River Dog, facendo sobbalzare non poco le due donne. Liz afferra con una mano il lembo della coperta sopra il paziente misterioso. Il volto di quest’ultimo è un volto conosciuto. Liz si allontana dall’uomo, così che anche Isabel possa vedere di chi si tratta. La sorella di Max non riesce a trattenere il suo disappunto: sperava effettivamente di incontrare qualcuno che potesse essere in qualche modo utile per risolvere i loro problemi dell’ultim’ora. E quell’uomo, o forse è più giusto definirlo fanatico, di sicuro non lo è.
“E’ il signor Milton!”, dichiara Liz.

Maria è assorta nei suoi pensieri e non sente il trambusto provocato da alcuni passi dietro di lei. Un’ ombra misteriosa si avvicina di soppiatto, mentre la ragazza tenta di accendersi una sigaretta. I ragazzi del gruppo di Alex l’hanno iniziata anche a questo rito, anche se pensa che il vizio non durerà molto a lungo. Quando sente il rumore dei passi oramai è troppo tardi. L’uomo le mette una mano sulla spalla facendola letteralmente trasalire. Maria si volta e il bagliore della fiamma dell’accendino illumina il volto del suo “assalitore”. La ragazza lo riconosce: è Eddie, il ragazzo che in più di un’occasione ha accompagnato lei o gli altri del gruppo al cospetto di River Dog. Maria fa un lungo respiro e si tranquillizza. Poi gli occhi di Eddie si illuminano di una luce sinistra ed è allora che la ragazza capisce di essere davvero in pericolo.

“E’ iniziato tutto una settimana fa”, inizia a raccontare Milton, dopo essere stato svegliato dalle voci delle persone che sono entrate nella baracca indiana, “quando è comparsa la prima luce nel cielo. Non potevo credere ai miei occhi: un altro avvistamento, il secondo nel giro di un anno”.
“E’ per questo motivo che ha lasciato in fretta e furia il museo?”, domanda Liz con il suo solito tono misurato, ma non per questo meno interessata.
“Non volevo destare sospetti, quando una cosa del genere succede nel resto del mondo tutti ti prendono per pazzo, ma quando succede a Roswell, subito si scatena una vera e propria caccia all’alieno”, continua l’uomo.
Liz guarda Isabel: le due ragazze si comprendono semplicemente con un’occhiata.
“Ho lasciato il museo nelle mani di Max, inventando la storia della vacanza, e sono venuto qui”, continua Milton.
“Io ti avevo sconsigliato di entrare nel bosco, ma tu non hai voluto darmi retta”, s’intromette River Dog. “Quando cadono le luci dal cielo significa che le stelle stanno preparando sinistri presagi …”.
“Lo sai benissimo che non ho mai creduto a queste scemenze indiane”, replica Milton, “quindi i tuoi avvertimenti hanno sortito su di me l’effetto contrario. Sono entrato nel bosco ed ho trovato la luce …”.
“La luce?”, ripete Isabel.
“Non chiedetemi di spiegarvi perché nemmeno io so bene che cosa ho trovato. So soltanto che la luce era bellissima e …. sola. Ho percepito una sensazione come di smarrimento, così l’ ho raccolta e l’ ho portata al museo di Roswell in un contenitore di velluto. Poi sono ritornato qui per avere delle informazioni su alcuni simboli che ho trovato sul luogo dell’impatto ….”.
“Alla fine le scemenze indiane guarda caso tornano sempre utili”, esclama River Dog, visibilmente soddisfatto della sua ultima affermazione e dell’espressione vagamente stizzita di Milton dopo la stessa.
“E’ stato allora che abbiamo visto la seconda luce ….”.
“Quella della quale ci ha parlato Max, quella vista da Michael ieri sera …”, spiega Liz.
“Questa volta abbiamo deciso di prendere delle precauzioni, così io ed uno dei ragazzi di River Dog ci siamo recati sul luogo della caduta … . E forse questo è stato il mio più grande sbaglio …”.
“Che cosa è successo?” incalza Isabel.
“La seconda luce era completamente diversa. Non ho percepito la paura, lo smarrimento della prima: ho avvertito aggressività e quello che è accaduto dopo ne è una prova più che eloquente”, continua Milton, abbassando lo sguardo, come se sopraffatto dai sensi di colpa.
“La seconda luce ha preso Eddie ed ora ne ha il completo controllo … “, spiega River Dog col suo solito tono perentorio.
“Mi è saltato addosso: voleva sapere dell’altra luce. È stato terribile, se non gli avessi detto la verità mi avrebbe quasi sicuramente ucciso”, conclude il responsabile del museo degli UFO.
“Così Eddie si è recato al museo per prendere la prima luce ed è stato sorpreso da Max e Michael. E quando Michael ha cercato di fermarlo
….”, prova a trovare una spiegazione Liz.
“… è probabile che la prima luce abbia aggredito Michael così come la seconda ha fatto con Eddie”, conclude Isabel.
Poi nella baracca cala il silenzio.

“Dove ti sei cacciato Michael?”, pensa Max mentre recupera il suo giubbotto di pelle. Esce sul terrazzo del Crashdown Cafe e scende attraverso la scaletta, fino a raggiungere la strada principale. La sua auto è ancora parcheggiata dall’altra parte della carreggiata. L’alieno non guarda neanche la strada, a nessuno verrebbe mai in mente di circolare a quell’ora di notte.
“Devo raggiungere le ragazze alla riserva e spiegare loro che cosa è successo!”, pensa il giovane mentre avvia il motore della sua jeep militare. Quando si dice la fretta è cattiva consigliera: preso dalla foga, Max non si accorge dello sceriffo Valenti. Entrambi si preparano a lasciare Roswell, diretti alla riserva indiana.

“Io davvero non ci ho capito assolutamente niente. Luci che compaiono nel cielo e che cadono in mezzo ai boschi, strane possessioni ….”, esclama Isabel.
“Ma soprattutto dobbiamo tener presente che il signor Milton non è certo la fonte più attendibile quando si tratta di storie fantasiose …”, frena Liz.
Le due ragazze sono uscite dalla baracca indiana e si stanno dirigendo verso lo spiazzo dove hanno lasciato la loro amica Maria. Il resto del tragitto lo percorrono quasi in silenzio, cercando, ognuna per proprio conto, di venire a capo del nuovo insondabile mistero.
“E se Michael fosse davvero sotto il controllo di quella luce? Che cosa possiamo fare per salvarlo? Non sappiamo assolutamente niente di questa nuova minaccia … “, riprende Isabel, leggermente alterata da una forma sottile di panico.
Si avvicinano a grandi passi all’auto di Maria. Ma la ragazza non c’è.
“Ora dobbiamo tornare in città e spiegare tutta la storia a Max, poi insieme decideremo il da farsi. Per quanto ne sappiamo Michael potrebbe essersi ripreso nel frattempo … “, Liz prova a normalizzare la situazione. Ma la parola normale sembra essere scomparsa dal suo vocabolario il giorno che Max l’ ha curata dopo la sparatoria al locale dei suoi genitori.
“Speriamo!”, conclude Isabel.
“Ma dov’è finita Maria?”, si domanda Liz, “Ha scelto proprio un pessimo momento per andarsene a fare un giretto”.
“Non ti preoccupare, sarà qui vicino …”.
Dopo le parole pronunciate da Isabel le due giovani sentono una strana voce, come una specie di rantolo, provenire da dietro l’auto di Maria. Qualcosa, oltre il grande abitacolo, si sta muovendo ma nessuna delle due riesce a vedere di che cosa si tratta. Una mano si aggrappa al cofano posteriore del veicolo, come se il suo possessore stesse cercando di farsi forza per rimettersi in piedi. Liz e Isabel sono preoccupate ed in preda al terrore. Quando il volto di Eddie compare da dietro l’auto di Maria il panico aumenta in maniera esponenziale. Le due ragazze si allontanano, cercando di mettere più distanza possibile tra loro ed il pericolo costituito da Eddie.
Quest’ultimo le osserva sgomento ed in uno stato di evidente confusione. Passa un secondo che sembra durare in eterno.
“Che cosa è successo?”, esclama poi Eddie con un filo di voce.

È arrivato il caos. Dove prima regnava l’ordine ora è il totale sbando. Sono tutti fuggiti, in cerca di un luogo migliore, in cerca di una nuova terra per ricominciare. La forza minacciosa che sta distruggendo il suo mondo è inarrestabile, ha già fatto migliaia e migliaia di vittime. La sua ricerca potrà dare forse qualche esito solamente se anche lui si  deciderà a partire, come hanno fatto tutti i suoi più cari amici, come ha fatto … . Il valzer delle luci in alto nel cielo è terminato, quei bei tempi sono finiti.
Rimane davvero solo la ricerca.
Michael guarda in basso, guarda oltre la montagna, oltre tutte le sommità che i suoi occhi umani possono permettergli di vedere. Ma non vede che il nulla, vede solo il buio impenetrabile prodotto dal mastodontico globo nero. Così si prepara a partire, in cerca della nuova terra, in cerca di … .
Non ha mai sperimentato nella sua vita (vita?) la solitudine. In cuor suo crede fermamente che nessuno dei suoi l’abbia mai sperimentata. Ma oggi è diverso, oggi tutto è cambiato. Il globo ha scompaginato le carte di un mondo perfetto, trasformandolo nella più caotica delle imperfezioni.
Deve partire, deve ….
… svegliarsi. Quando i suoi occhi si destano Michael si trova nel bosco. La visione è finita, ma non il suo compito, la missione per la quale ha solcato lo spazio.
È tempo di completare la ricerca!

“Guarda Isabel, è Max!”, esclama Liz, mentre le due ragazze stanno percorrendo la statale 285 dirette verso Roswell, sull’auto di Maria. La giovane fa segno al fratello di Isabel di fermarsi. Max parcheggia sull’altro lato della strada, poi il gruppo si ricongiunge.
“Michael è sparito!”, esordisce l’alieno, prima che le due abbiano il tempo di annunciare le loro di brutte notizie.
“Maledizione!”, sbraita Isabel, sprofondando nel sedile dell’auto.
“Anche Maria è scomparsa. E non è la sola novità. Alla riserva abbiamo visto il signor Milton .. “, comincia a spiegare Liz. Ma sono tante, troppe le cose da dire e troppo poco il tempo per farlo.
“Milton?”, ripete Max, questa volta davvero in pieno scombussolamento.
“Sappiamo che è stato Eddie a rubare al museo. Non solo: un oggetto è caduto nel bosco ed a quanto pare questa cosa misteriosa sembra possedere la facoltà di introdursi nei corpi delle persone. Crediamo che Eddie abbia agito sotto l’influsso di questa luce”, è contenta Liz del fatto di essere stata più concisa del previsto.
“E adesso che cosa facciamo?”, domanda, turbata, Isabel.
“Dobbiamo trovare Michael e Maria”, ordina Max, mentre il rumore di un auto interrompe il loro discorso. Max si volta e, con suo grande disappunto, si trova di fronte una macchina della Polizia di Roswell, guidata dal sempre solerte sceriffo Valenti.
“Maledizione!”, impreca subito dopo.

Maria è impaurita. Il buio del bosco sembra volerla avviluppare in una morsa senza via d’uscita. È fuggita dalla riserva dopo aver visto Eddie e i suoi occhi, ha corso per un paio di miglia ed ora ha totalmente smarrito la via del ritorno. Gli alberi, le poche luci, i rumori sembrano sempre gli stessi.
“C’è nessuno?”, domanda. Vorrebbe gridare, ma al tempo stesso, e paradossalmente, ha paura che qualcuno la possa sentire. Perciò continua a camminare, addentrandosi sempre di più nella fitta boscaglia ed allontanandosi sempre di più dai suoi amici.
Il verso di un gufo la fa trasalire, il rumore strisciante di un non ben precisato animale selvaggio la manda nel più completo e totale panico. Si sente persa. Qualcosa, forse un ramo che si spezza, interrompe il corso dei suoi pensieri. Si volta ed allora vede un’ombra.
“Salve!”, esclama e poi pensa, “idiota!”.
L’ombra si avvicina. La luce lunare squarcia il buio intorno all’individuo, così Maria lo può finalmente riconoscere: è Michael.
Maria esclama il suo nome, ma il giovane non sembra riconoscerla. Il ragazzo guadagna qualche metro. Ed è allora che Maria li vede: i suoi occhi. La luce sinistra compare all’interno delle orbite di Michael. Mentre il ragazzo si prepara ad aggredirla, Maria, in silenzio aspetta e maledice il giorno in cui ha sentito parlare degli alieni.

Quarta parte

“Non vi sembra un po’ tardi per andare in giro a quest’ora di notte, o forse dovrei dire del mattino?”, esordisce lo sceriffo Valenti mentre sta uscendo dall’auto di pattuglia che ha accostato vicino alla macchina di Maria.
“Ha ragione sceriffo”, risponde Max, con il solito tono accondiscendente, creato apposta per gli scambi con lo sceriffo, “ma questa è una notte particolare …”.
“Se lo dici tu!”, continua Valenti, mentre con la torcia illumina la targa dell’auto di Maria.
“Tutto bene sceriffo?”, domanda Liz con un filo di voce, mentre con Max si scambiano un’occhiata furtiva.
“Se non mi sbaglio”, riprende l’uomo, “questa è la macchina di Amy De Luca. No”, conclude ripensando alla sua dolce fiamma, “non credo proprio di sbagliarmi”.
La torcia viene puntata adesso sugli occupanti all’interno del veicolo: Liz ed Isabel. Quest’ultima si copre gli occhi con il palmo della mano destra.
“Dov’è Maria?”, domanda lo sceriffo.
“A casa. Mi ha prestato la sua macchina per fare un giro … “, risponde subito Liz, cercando di essere il più convincente possibile.
“Suppongo che se io adesso volessi fare un piccolo controllo a casa di Amy De Luca, troverei la vostra amica intenta a dormire sul suo letto, dico bene?”, propone l’uomo di legge mentre punta il fascio di luce contro gli pneumatici del veicolo.
“Certo sceriffo, a meno che …”, continua Liz.
“A meno che …”, ripete Valenti.
“A meno che non abbia deciso anche lei di uscire”, conclude Max, che era rimasto zitto, sperando che Liz se la potesse cavare. Ma ormai gli specchi sono vicini e la ragazza sembra avere tutta l’intenzione di volersi arrampicare sugli stessi.
“Ma guarda che combinazione”, ironizza lo sceriffo, “tutti fuori per una nottata brava …”.
“Sa come vanno queste cose …”, riprende Max.
“Certo! Mi volete spiegare che cosa siete andati a fare alla riserva indiana?”, domanda l’uomo lasciando esterrefatti i tre ragazzi. Successivamente Valenti illumina uno dei pneumatici dell’auto di Maria, completamente avviluppato da una fanghiglia rossastra, tipica della zona della riserva.
Max, Liz ed Isabel si guardano. Se si potessero vedere le rotelle del loro cervello, in questo momento le vedremmo cadute preda di un lavoro incessante. E snervante.

Michael si avvicina a Maria. Quest’ultima è in balia di un autentico attacco di terrore. Gli occhi del suo ragazzo sono completamente gialli, diversamente da quella volta della crisi dopo il rito indiano, allora erano sbiancati.
“Michael, mi riconosci, sono io Maria. Ti ricordi di me?”, domanda la giovane, mentre il ragazzo le gira intorno come un animale intento a fiutare la sua preda. Intento a riconoscere se quella è la preda giusta da intrappolare.
“Maria!”, esclama Michael, come se il nome appena pronunciato per lui non significasse assolutamente niente.
“Per quanto tempo deve durare questo girotondo?”, continua la ragazza, spazientita ed atterrita dal continuo girare vorticosamente di Guerin.
“Sei tu!”, esclama Michael, mettendo fine alla giravolta. “Finalmente ci siamo ritrovati …”.
“Sono molto felice, ma che ne dici adesso se torniamo tutti insieme alla riserva. Sono sicura che Isabel e Liz saranno molto felici di vedere che ti sei ristabilito. O almeno credo …”. Maria pronuncia queste ultime frasi quasi balbettando: per la prima volta Michael la sta spaventando. Gli occhi di Michael la stanno terrorizzando.
“Non possiamo, non adesso che ci siamo ritrovati”, continua Michael, mentre le afferra la mano sinistra. Maria fa un lungo respiro, come se il tocco del ragazzo le avesse causato una sorta di reazione interna inspiegabile.
“Dobbiamo rimanere uniti adesso”, aggiunge Michael. Maria avverte una strana sensazione farsi strada all’interno delle sue viscere. Un effetto collaterale indesiderato causato dal tocco di Michael.
“Che cosa mi sta succedendo?”, si domanda, mentre con il pensiero ritorna al momento in cui Eddie si è avvicinato a lei. No, non si è semplicemente avvicinato, ha fatto qualcos’altro, ha fatto di peggio. Si è avvinghiato e le ha trasmesso qualcosa, qualcosa che è uscito dai suoi occhi, sprigionando una luce accecante. Una luce dello stesso colore degli occhi di Michael.
Ma ora la strana sensazione è passata, lasciando il posto al languore più totale. Al bisogno di … Michael. Il ragazzo si avvicina lentamente e la bacia con un trasporto mai sperimentato, durante i loro precedenti incontri.
“Michael …”, esclama Maria, mentre i suoi occhi si illuminano, al pari di quelli del suo ragazzo.

Di nuovo alla riserva, la seconda volta questa notte.
Liz, Max ed Isabel scendono dall’auto di Maria, mentre lo sceriffo Valenti arriva subito dopo.
“Eccoci arrivati”, esclama l’uomo di legge, mentre il primo capannello di gente si forma davanti all’auto di pattuglia dello sceriffo. Dopo qualche secondo arriva anche River Dog.
“Siete di nuovo qui, per quale motivo? Non ci sono risposte per voi in questo luogo …”, inizia River Dog.
“Ma forse ci sono risposte per me”, lo interrompe Valenti.
“Sceriffo”, esclama l’indiano, “è forse accaduto qualcosa? Non che le sue visite non siano gradite, ma mi deve perdonare. Quando la legge si muove, specialmente la legge dell’uomo bianco, ha la sgradevole abitudine di travolgere chiunque si trovi sul suo cammino”.
“Lei dice?”, commenta lo sceriffo. “Sono qui per cercare di capire alcuni eventi che sono accaduti in città questa notte”.
“Io non metto piede a Roswell da molto tempo, sceriffo Valenti. Non vedo come potrei esserle d’aiuto”.
“Forse tu no, ma io si”, esclama una voce alle spalle dell’indiano. Il capannello di gente si dirada, consentendo così allo sceriffo di vedere il signor Milton.
“Bentornato, signor Milton”, lo saluta Valenti, “vedo che le sue vacanze sono state molto brevi”.
“Credo di sapere il motivo per il quale lei si trova qui alla riserva”, dichiara il direttore del museo. “E sono pronto a fornirle tutte le risposte che sta cercando”.

Ne abbiamo fatta di strada insieme, attraverso un miliardo di vite. Abbiamo visitato una quantità inimmaginabile di mondi, abbiamo intrecciato le nostre esistenze con quelle di altri esseri senzienti. Ed ora siamo qui, dopo tanto tempo, dopo tanto peregrinare.
Il nostro mondo non esiste più: il globo nero ha inghiottito tutta la vita rigogliosa del nostro pianeta. Non è rimasto più nulla, solo i più fortunati, come noi, sono riusciti a fuggire. Ed ora vagano per tutto l’universo, in cerca di una nuova casa. Io ho speso tutta la mia esistenza per questo, ma non ho mai trovato una casa degna di questo nome. Nessun posto accogliente, nessun luogo dove fermarmi e riposare, stanco per il lungo ed interminabile viaggio.
Senza di te.
C’eravamo persi, ma ora ci siamo ritrovati, viandanti dello spazio. Le nostre vite sono indissolubilmente legate l’una all’altro. Non può essere diversamente, non si può affrontare così tante difficoltà se non esiste … l’amore.
Ora possiamo unire i nostri corpi, possiamo toccare di nuovo le nostre anime e tutta la fatica, la disperazione, lo sconforto saranno annullati in un solo secondo. Siamo di nuovo tu ed io, siamo di nuovo insieme.
Per sempre.

“E’ una storia interessante”, commenta lo sceriffo Valenti, dopo che Milton gli ha raccontato, ovviamente epurata di alcuni particolari, la storia degli ultimi giorni.
“So che tutto questo può sembrarle pazzesco, ma le posso giurare che tutto è andato esattamente come le ho descritto: si è trattato di un banale equivoco, nel quale purtroppo il signor Evans ed il signor Guerin si sono trovati, loro malgrado, coinvolti”, la voce di Milton è sicura e non lascia spazio ad altre speculazioni.
“Un equivoco, eh”, ripete lo sceriffo, accennando ad un sorrisetto.
Successivamente cala il silenzio, come se tutti pendessero dalle labbra, e quindi dalle decisioni, dello sceriffo. Max e Liz si guardano, mentre in cuor loro si augurano che tutto stia andando per il meglio anche per i loro “introvabili” amici.
“Capisco”, riprende lo sceriffo, “a questo punto io credo …”.
L’uomo non fa in tempo a terminare la frase che un enorme fascio di luce gialla si alza dal centro del bosco, illuminando tutta la zona circostante. Tutti i presenti alla visita improvvisa dello sceriffo si coprono il volto con una delle mani, tanto il bagliore è accecante. Quando la luce comincia a scemare, due gigantesche sfere si alzano in volo e si dirigono verso il cielo stellato. All’inizio compiono un volo circolare, come se entrambe si stessero inseguendo, in un gioco interminabile, vorticoso ed eccitante. Poi prendono velocità e scompaiono, velocemente, così come erano venute.
“Se ne sono andati!”, esclama Milton, disorientato ed al tempo stesso rammaricato.
Max osserva per un attimo il suo datore di lavoro, poi il suo sguardo torna a fissarsi sul punto esatto nel quale le luci sembrano essersi infilate.
“Antar”, esclama il giovane. Poi si rende conto di non aver capito nulla di quello che ha detto.
La fine del viaggio, il trovare casa.
“Che cosa è successo?”, domanda Valenti.
“La ricerca è finita”, dichiara Isabel, in tono solenne.
Ma nessuno capisce, tranne forse River Dog, che, osservando la giovane Evans, accenna ad un sorriso.

Sulla strada del ritorno, finalmente soli. I tre ragazzi stanno raggiungendo Roswell, ma il pensiero dei loro amici scomparsi non li ha ancora abbandonati. Quando ecco che due sagome compaiono in lontananza, in piedi, su un lato della carreggiata. Se non fosse per l’ora decisamente tarda, potrebbero essere tranquillamente scambiati per due escursionisti o forse due che stanno semplicemente passeggiando. La luce di uno dei fanali dell’auto li illumina, così Michael si volta.
“Sono loro”, esclama Isabel, mentre Max ferma l’auto, a qualche metro dai due.
Isabel e la prima a scendere dall’auto. Si getta fra le braccia di Michael.
“Come stai?”, gli chiede.
“Va tutto bene, adesso va tutto bene”, esclama il giovane.
Max gli mette una mano sulla spalla e sorride. Liz si avvicina a Maria, la quale stranamente tiene lo sguardo basso ed imbronciato.
“Tutto bene?”, chiede Parker con un filo di voce, quasi non voglia farsi sentire dagli altri.
“Si!”, risponde Maria, alzando lo sguardo. Lei e Michael si fissano per un lungo ed interminabile secondo.
Entrambi ricordano. Si sono risvegliati, completamente nudi, in mezzo alla natura, senza avere il benché minimo ricordo di quanto è accaduto. Perché qualcosa è accaduto di sicuro, qualcosa di   infinitamente … bello. E atteso.
“Torniamo a casa”, irrompe Max, mentre in lontananza, i primi raggi del sole annunciano l’inizio del nuovo giorno. Fra due ore devono essere a scuola.
“Andiamo via da qui”, aggiunge Michael.

“Sono tutti spariti, se ne sono andati, fuggiti, lasciandomi un misero mondo vuoto. Hanno voluto condannarmi ad una esistenza in completa solitudine ed io questo non posso accettarlo. Ho divorato mondi, ho distrutto milioni e milioni di vite e non me ne pento assolutamente.
Credono di essersi salvati, credono di avermi sconfitto. Ma io non conosco il significato di questa parola, io adesso cerco solo la vendetta. Dovessi metterci secoli io li scoverò ad uno ad uno ed assoggetterò ogni mondo che hanno anche solo sfiorato. Per colpa loro, moriranno miliardi e miliardi di persone.
Io sono il Globo Nero ed il mio viaggio è solo all’inizio …”.

Scritta da Federico De Lorenzi


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