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FOTOCOPPIA (1)


Riassunto: chi avrebbe mai detto che una normale una gita a San Francisco avrebbe preso una tale piega?

Data di composizione: 10-14 Maggio 2001

Il contenuto è: adatto a tutti

Disclaimer: tutti i personaggi della serie televisiva “Roswell” sono di proprietà della WB. La famiglia Cartwright e miss Himmelmann vengono dalla fantasia dell’autrice. Il racconto è proprietà del sito Roswell.it 

E–mail: lylalay@virgilio.it

Nota dell’autrice: la storia è stata scritta ignorando inizio ed eventuali sviluppi della 2^ serie del telefilm. La storia rappresenta soltanto come mi piacerebbe che iniziasse (e magari continuasse) la seconda serie.


Sono Liz Parker, e fino a qualche mese fa credevo che “avere un peso sul cuore” fosse solo un modo di dire. Ma da quando ho scoperto che non faccio parte del destino di Max Evans sento come se avessi un macigno nel petto, che mi soffoca. Non so come faccio a resistere, non so per quanto potrò andare avanti. Vorrei scappare, andare via, mettere un oceano tra me e Max Evans. Ma non posso. Non ne ho la forza e so che sarebbe inutile. E poi ci sono Alex e Maria. Da quel giorno maledetto viviamo l’uno attaccato agli altri. Senza di loro non so dove sarei ora. Sono il mio salvagente, sono gli unici che mi capiscono fino in fondo. L’unica cosa per cui valga la pena restare a Roswell.

Liz guardò fuori dal finestrino: accidenti com’era buio! Non era una fuga la sua, no non lo era! Aveva solo bisogno di staccare la spina. Che male c’era se aveva accettato la proposta della prof. Taylor di andare con un’altra classe a San Francisco? Per 4 giorni Maria e Alex potevano benissimo sopravvivere senza di lei. Certo, era un po’ a disagio in mezzo a quegli sconosciuti, ma non era nulla rispetto al disagio che provava ogni volta che intravedeva uno dei cecoslovacchi a scuola. Il treno era partito da una decina di minuti, quando la ragazza seduta al suo fianco attaccò discorso. Si chiamava Claire O’Riley, ed era la sua compagna di stanza. Era molto simpatica, e Liz ebbe la sensazione che avrebbe fatto una splendida gita con lei. 
E così fu. I quattro giorni a Frisco furono molto divertenti, visitarono molti musei e fecero un intero pomeriggio di shopping senza gli insegnanti. Non accadde nulla di strano, e Liz riuscì a scordarsi dei cecoslovacchi anche per un’ora di seguito. 

I quattro giorni erano passati fin troppo in fretta: le sembrava di essere appena scesa del treno che già era ora di risalirvi. Il loro treno era in ritardo, la classe stava aspettando in uno dei bar dell’affollatissima stazione quando Liz si alzò e disse a Claire che sarebbe andata un momento in bagno. << Cerca di sbrigarti>> le rispose quella <<Il treno dovrebbe arrivare a momenti >> <<Non preoccuparti, farò in un lampo>> disse Liz avviandosi. 
Erano passati alcuni minuti dacché Liz era scomparsa dietro la porta del bagno, quando improvvisamente l’altoparlante annunciò che il loro treno era finalmente arrivato e che i passeggeri in partenza dovevano avviarsi al binario 26. 
Claire afferrò il suo borsone e quello della compagna e si avviò insieme agli altri, sperando ardentemente che Liz avesse sentito l’avviso. 
Durante la corsa per il raggiungere il binario 26 continuò a guardarsi indietro, ma di Liz neanche l’ombra. Alla fine, mentre aspettava di salire con gli altri, avvisò il prof. Lytton che Parker mancava all’appello. Il professore non ci pensò neanche un attimo: avvertì la collega e partì alla ricerca della studentessa scomparsa. 
La stazione era tremendamente affollata, era come cercare un ago in un pagliaio. Improvvisamente, vide la ragazza. Stava andando dalla parte sbagliata e camminava come se non avesse la minima fretta. La chiamò più volte ma lei non rispose. Infine la raggiunse e l’afferrò per un braccio urlando <<Parker! Si può sapere cosa stai combinando?! Muoviti, o ci farai perdere il treno! >> <<Cosa?!>> chiese stupita la ragazza. <<Forza, corri! Siamo da questa parte>> disse il professore trascinandola per un braccio. 
Dopo una folle corsa, riuscirono a salire sul treno proprio un attimo prima che partisse.
<< Meno male che ce l’hai fatta Liz! Per un attimo ho temuto che ti avremmo lasciata qui. Frisco è una bella città, ma anche la cara, vecchia Roswell non è poi così male.>> 
<<Certo, hai ragione…Claire>> aggiunse dopo aver dato una rapida sbirciata alla targhetta dello zaino della ragazza.
<<E così stiamo andando a Roswell>> pensò guardando fuori dal finestrino. 

Liz Parker uscì dal bagno e sì guardò intorno. Ma dove era finita la classe? E Claire? Si impose di mantenere la calma. Dovevano essere lì nella vicinanze. Uscì dal bar e si guardò attentamente intorno. Nessuno viso conosciuto. Cominciò allora a cercare nei dintorni del bar, quando sentì che qualcuno l’afferrava per una spalla. Si voltò aspettandosi di trovarsi davanti Claire, invece ad afferrarla era stato un uomo che non aveva mai visto prima. Prima che potesse dire una parola, l’uomo le disse:
<<Bene, bene, Violet, ti abbiamo ritrovato finalmente>>
<<Come, scusi?>> chiese Liz senza capire
<< Non si fanno queste cose, lo sai? Ci hai fatti stare tutti molto in pensiero, signorina>>
<<Temo che ci sia un errore…>> tentò di dire Liz, ma l’uomo non la lasciò finire
<<Su, adesso basta fingere. E’ ora di tornare a casa.>> disse afferrandola per un braccio e trascinandola lontano dai binari. 
<<Mi lasci andare!>> urlò Liz cercando di divincolarsi. Ma l’uomo la teneva stretta e non aveva la minima intenzione di lasciare il suo polso. 
Esasperata, Liz gli diede un violente calcio negli stinchi. Evidentemente non si aspettava questa reazione, e allentò la presa quanto le bastava per scappare.
Liz cominciò a correre verso i binari mentre mille pensieri le passavano per la testa. Era un agente dell’FBI? Ma Nasedo non doveva tenerli lontani da loro? Improvvisamente andò a sbattere contro un uomo che, aiutato dal compagno che l’aveva inseguita, riuscì a trascinarla fino la parcheggio della stazione. Lì arrivati la fecero salire su un’auto e uno dei due le iniettò qualcosa. Dopo iniziò il buio. 

Il giorno dopo

Violet si sistemò nervosamente la borsa per l’ennesima volta. Fissava come ipnotizzata il grande edificio, senza decidersi ad entrare. La sera prima con i genitori di Liz era stato facile, era bastato dire che era molto stanca per il viaggio. Ma ora? Cosa doveva fare? La scelta era prendere la vita di Liz Parker (una vita come aveva sempre sognato) e tornare a “casa”. Sapeva che se fosse entrata in quella scuola, sarebbe stata per tutti e per sempre Liz Parker. Non avrebbe potuto un giorno uscirsene con la frase <<Mamma, guarda che non sono Liz, mi chiamo Violet Cartwright, ho preso il posto di tua figlia>>. Così avrebbero pensato anche loro che era pazza! Prima che potesse prendere una decisione, qualcuno le si affiancò. Era una biondina con i capelli corti che la salutò trillante: << Ciao Liz! Com’è andato il viaggio? Era bella San Francisco? Ma cosa stai aspettando? Vuoi mettere le radici? Forza, entriamo o faremo tardi. >> disse trascinandola dentro la scuola. 
La battaglia era cominciata, ed ora non avrebbe più potuto tirarsi indietro. 
Scoprì che la ragazza si chiamava Maria e avevano un amico di nome Alex. Mentre camminavano nel corridoio, Maria le si strinse al fianco e le mormorò all’orecchio: <<Cecoslovacchi in vista!>> accennando a due ragazzi molto, molto carini che passavano in quel momento nel corridoio. Lei non fece una piega: li ignorò semplicemente. Evidentemente non erano amici di Liz, se Maria li aveva indicati in quel modo. 

Sono Liz Parker (anche se qui tutti dicono il contrario) e mi trovo nel più grosso guaio della mia vita! Non so come, ma sono stata scambiata per una ragazza di nome Violet Cartwright, che a quanto pare è pazza ed è fuggita dalla casa di cura dove era stata rinchiusa. E adesso mi ritrovo a San Diego, rinchiusa in una stanza con una specie di cerbero fuori dalla porta! Il cerbero in questione è miss Norma Himmelman, cognome e temperamento da nazista. A quanto pare sono figlia di Gregory Cartwright, impresario teatrale di Brodway. Ho una matrigna di quelle in piena regola, e una sorellina di 8 anni che è l’unica normale in questa casa. Si chiama Marguerite, ma tutti la chiamano Daisy. 
Mi trovo proprio in un bel pasticcio! Nessuno mi crede quando dico che non sono Violet, credono che sia pazza! Ma non tutto è perduto. I miei genitori, Max e i miei amici si saranno che sono sparita. Chiameranno la polizia e mi cercheranno! Ma verranno a cercarmi a San Diego? 
Devo nascondere il diario, sta arrivando l’infermiera con il pranzo!

<<Che cos’è questa roba?>> disse Violet-Liz arricciando il naso davanti al piatto del giorno della mensa scolastica. <<Tortino di spinaci>> rispose Alex. Maria fece per chiederle da quando in qua non le piaceva più, visto che fino alla settimana prima si sbafava anche il suo, ma qualcosa la trattenne. 
Frattanto “Liz” aveva smesso di mangiare e fissava insistentemente i cecoslovacchi seduti ad un tavolo poco distante. <<Quelli lì non sono umani. Ma come fanno a mangiare quelle schifezze? Secondo me vengono da un altro pianeta.>> commentò improvvisamente. Non si accorse dell’occhiata preoccupata che si scambiarono Alex e Maria: ma da quando era diventata così incosciente?

Tre giorni dopo, Maria e “Liz” erano di turno al Crashdown, quando entrarono Max e Michael. 

<<Ma allora lo fanno apposta!>> disse Maria stizzita << Vengono a prendersi gioco di noi. E’ inaccettabile! Adesso vado lì e li sbatto fuori!!>> <<Non puoi, non hanno fatto niente>> disse calma “Liz”. <<NIENTE!? E venire qui tu lo chiami niente!?>> quasi urlò Maria <<Uff, quante storie! Va bene, ho capito che dovrò andare io a prendere le loro ordinazioni. Maria, a volte proprio non ti capisco!>> disse andando verso il tavolo dei due ragazzi. 
Maria la osservò prendere le ordinazioni dai due ragazzi trattandoli come due normalissimi clienti e pensò <<Sono io che non ti capisco più, Liz!>>

Quando Liz tornò in cucina, Maria la trascinò nella stanza degli spogliatoi e le chiese come aveva fatto a scordarsi di Max Evans in così poco tempo.
<<Vedi, Maria, >> disse “Liz” <<Mi sono resa conto che non è l’unico ragazzo sulla Terra. Il viaggio a San Francisco mi ha fatto bene. Anzi, ora mi chiedo cosa ci trovassi in lui prima.>>
<<Ma non era il grande amore della tua vita?>> domandò sorpresa Maria
<<Maria, Maria, cosa devo fare io con te!>> disse “Liz” come se stesse parlando ad una bambina piccola.
Mentre Maria tornava a servire ai tavoli, Violet si asciugò la fronte e pensò: <<Accidenti, che arrampicata sugli specchi!>> 

Perché non mi lasciate andare? Devo andare a scuola, farò tardi e il prof. mi sgriderà…Perché non mi lasciate andare?…Max, dove sei?…Perché…Perché non vieni ad aiutarmi? …Ti prego, Max…Lo so che lo hai già fatto una volta ma…Devi venire, io non resisto…Non capisco più niente qui. 

Erano circa le nove e mezzo quando Michael venne svegliato dall’insostenibile trillo del campanello. Si alzò dalla poltrona ed andò ad aprire mezzo intontito. Quando aprì vide Maria in piedi sulla soglia e le disse semplicemente: <<Che vuoi?>>
<<Gentile come sempre!>> lo apostrofò lei <<Mi fai entrare sì o no?>> 
Lui non disse niente, si limitò a spostarsi per farla passare.
<<Spero che tu abbia un buon motivo per avermi svegliato>> disse acido
Maria lo ignorò. Rimase un attimo in silenzio, giocherellando con uno dei suoi anelli poi lo guardò in faccia: <<Micheal, ho bisogno del vostro aiuto>> 
<<Che vuol dire “nostro”?>>
<<Ho bisogno di te, Max, Isabel e Tess. E’ una cosa importantissima. Devi chiamarli subito>>
<< Non vedo perché dovrei>>
<<Perché a breve vi troverete in un grosso guaio, e non venite a dire che non vi avevo avvertiti>> 
Questo bastò a far scattare il ragazzo: in meno di un ora, la banda (Alex compreso) era riunita al completo. Mancava solo Liz, e quando Max ne chiese la ragione a Maria, lei rispose che era a causa sua che li aveva convocati. 

Raccontò alcune stranezze dell’amica: il commento su di loro fatto ad alta voce, il discorso sul retro del locale, il fatto che non ricordava dov’era la biblioteca, che aveva rovesciato i piatti al Crashdown e altre ancora. Ma non era stata l’unica a notare un cambiamento nella ragazza: ognuno espose le stranezze a cui aveva assistito. Alla fine, calò un pesante silenzio: tutti avevano la stessa idea in mente, ma nessuno si azzardava a dirla. Ad un certo punto, Isabel si alzò in piedi e disse: <<Ok, ho capito. Come al solito tocca a me>> e dopo aver detto queste parole, si fece prestare da Michael l’annuario e chiese agli altri di lasciarla sola. Docilmente, i ragazzi si rifugiarono nella stanza di Michael. 
Isabel, al canto suo, si stese sul divano e si concentrò intensamente su Liz Parker. In un attimo si ritrovò nel sogno di Liz. 
Era tutto molto confuso, come se stesse guardando attraverso un bicchiere pieno d’acqua. Si trovava in una grande stanza, sulle cui pareti era scritto sempre lo stesso nome: Violet. Una voce dura continuava a pronunciare ossessivamente quel nome. 
Liz era in una angolo della stanza, si copriva la testa con le mani e sembrava voler diventare il più piccola possibile, come per nascondersi. 
Continuava a ripetere qualcosa, come una cantilena. Poi Isabel si avvicinò e capì cosa diceva: <<Io non sono Violet, sono Liz Parker. Io non sono Violet, sono Liz Parker. Io non sono Violet, sono Liz Parker. Diglielo, Max, diglielo tu che non sono Violet. Ti prego, Max, diglielo tu.>>
A quel punto Isabel si risvegliò con il cuore in gola.

Chiamò gli altri e raccontò loro quanto aveva visto: la cosa sconcertò non poco i ragazzi.
<<Ma non ha senso.>> disse Alex
<<Perché dovrebbe sognare una cosa del genere? Nessuno la tiene prigioniera o le vuole far credere di essere un’altra persona>> disse Maria. 
<<A meno che…>> disse Max pensieroso 
<< “A meno che” cosa?>> chiesero tutti
<<A meno che quella che abbiamo visto in questi giorni non sia la vera Liz>> concluse il ragazzo
<<Quando è avvenuto il cambiamento?>> domandò Michael 
<<Subito dopo la gita a San Francisco, se non ricordo male>> rispose Maria 
<<Pensate che l’abbiano scambiata allora?>> chiese Alex
<<Potremmo scoprirlo solo se avessimo qualcosa che ha comprato dopo quella gita>> rispose Isabel.
A quelle parole, Maria si tolse gli orecchini e li porse alla ragazza dicendo: <<Questi li ha comprati il giorno dopo il suo ritorno al centro commerciale. Me li ero fatti prestare ma poi ho dimenticato di restituirglieli>> 
Isabel ripeté l’esperimento stringendo gli orecchini e stavolta vide un’enorme casa gialla a due piani in un grande giardino. Una bambina di circa otto anni e una ragazza, che era la copia perfetta di Liz, giocavano nel prato davanti alla villa. Poi arrivava un uomo alto, sulla quarantina e le due gli correvano incontro chiamandolo papà. L’uomo abbracciava la gemella di Liz e la chiamava “La mia piccola Violet”. 

Il giorno seguente, subito dopo la scuola, Maria portò “Liz” a casa di Michael con una scusa.
Non appena la ragazza entrò, la porta si chiuse alle sue spalle e Max, Isabel, Alex, Tess e ovviamente il padrone di casa uscirono dall’ombra. 
Violet, messa alle strette, dovette confessare il suo trucco.
Raccontò di come era fuggita dalla casa di cura dove la seconda moglie di suo padre l’aveva fatta rinchiudere e di com’era stata scambiata per Liz alla stazione. No, non sapeva se i tizi che la seguivano avevano preso Liz. Non voleva prendere la sua vita, ma poi aveva creduto che la ragazza avesse approfittato della gita per scappare di casa. Certo che le mancava la sua famiglia, però aveva paura di tornare a casa. 
<<E adesso cosa facciamo?>> chiese Maria
<< Voi fate come volete, io vado a San Diego. E lei viene con me>> disse Max indicando Violet.
<<Max, ragiona, non vorrai andarla a salvare>> disse Tess
<<Certo che voglio>> rispose lui
<<Così ci metterai tutti nei pasticci!>> disse Michael 
<<Cos’è, hai paura che ti rubi il mestiere?>>
<<Michael ha ragione, Max. Non sei un super eroe!>> disse Isabel freddina freddina
<<Vorrà dire che lo diventerò>> 
<<Frena, Max. Come credi di arrivare in California? Non puoi certo permetterti l’aereo>> affermò Alex
<<Ci andrò in auto>>
<<Ci vorranno almeno due giorni. E come spiegherai ai nostri genitori e a quelli di “Liz” la vostra scomparsa di quasi una settimana? >>
<<Dirò che siamo stati scelti per uno scambio tra scuole. Mettiti la giacca, Violet. Partiamo immediatamente.>> fece per avviarsi verso la porta ma si trovò la strada sbarrata da Michael 
<<Max, non ti permetterò di compiere questa follia. Non puoi cacciarci nei guai proprio ora!>>
<<Se si trattasse di Maria, tu cosa faresti?>> sparò Max a bruciapelo.
<<Questo è un colpo basso, Max Evans>> 
<<Allora?>> incalzò
<<Ci andrei.>> 
Max non disse niente, si limitò a guardarlo. Poi gli passò davanti ed uscì preceduto da Violet.
<<Oh, al diavolo! Non crederai che ti lasci andare da solo!>> disse Michael infilandosi la giacca. 
Maria, appena riavutasi dalla sorpresa, strillò <<Vengo con voi!>> <<Scordatelo>> rispose Michael <<Nossignore. Dove vai tu vado anch’io>> <<Dammi una buona ragione per cui dovresti venire!>> <<Te la dico subito: ho io le chiavi dell’auto>>. I due continuarono a discutere per le scale, mentre seguivano Max e Violet. 
Isabel non raccolse lo sguardo supplice di Tess, afferrò la sua giacca e uscendo commentò: <<Ma perché ho un fratello pazzo?! >>
<<Alex, almeno tu non vorrai...>> iniziò Tess. Ma il ragazzo uscì senza prendersi la briga di risponderle. 
<<O MIO DIO!!>> urlò la ragazza in piedi in mezzo alla sala. 
<<Tess! Muoviti o ti lasciamo qui!>> gridò Isabel dal fondo delle scale. 
Convincere i genitori fu meno difficile del previsto, grazie anche alla collaborazione dello sceriffo Valenti, e dopo aver preparato uno zainetto con i vestiti e tutto il resto, i sette si misero in viaggio verso la California. 
Sperando di arrivare in tempo.

Sono Liz Parker e nonostante tutto sono sicura di essere nel pieno possesso delle mia facoltà mentali. 
Le cose, se possibile, stanno peggiorando. 
Mi trasferiranno in una casa di cura nel Montana! Proprio nel bel mezzo delle Montagne Rocciose! Se riescono a mandarmi laggiù è finita: non potrò più scappare! Devo assolutamente scoprire quando mi trasferiranno: dovrò fuggire prima che lo facciano. 

Dopo quasi due giorni di macchina, facendo i turni al volante e limitando al minimo indispensabile le soste, i nostri eroi giunsero finalmente a San Diego. 

Dopo aver trovato un posto dove dormire ed essersi ripresi un po’ dopo il viaggio massacrante, cominciarono ad elaborare il piano di battaglia. L’aiuto di Violet fu prezioso poiché fu in grado di tracciare una piantina della casa. Non poteva però dire nulla sulle guardie in giardino.
I ragazzi furono costretti ad osservare la casa per un giorno intero, per capire come funzionava il sistema di sicurezza. Decisero che sarebbero entrati in azione la sera dopo. 

h.23.00 circa del giorno seguente

Entrare nella villa era stato abbastanza facile, peccato che la parte complicata cominciasse ora. I ragazzi erano ognuno al proprio posto, quando Isabel ed Alex, di guardia sul retro, videro un’ambulanza parcheggiata nel buio. Poi iniziarono ad udire strani rumori provenire dalla casa. Qualcosa stava andando storto.

Erano circa le dieci e mezza quando Liz venne svegliata da miss Himmelman. La donna le ordinò di vestirsi, cosa che Liz fece con straordinaria lentezza. L’infermiera commise l’errore di voltarle le spalle per un attimo, che a Liz fu più che sufficiente. Svelta, la ragazza afferrò una lampada e la diede in testa alla donna, tramortendola. Afferrò la borsa ed uscì in corridoio. Corse verso le scale ma quando fu sul pianerottolo si accorse che qualcuno stava salendo. Senza pensarci un attimo si voltò e corse di sopra. Gli uomini dietro di lei corsero al piano superiore per riacciuffarla, ma con loro grande sorpresa non la trovarono sul pianerottolo della soffitta. Non poteva certo essere passata attraverso la porta chiusa! Intanto Liz sgusciò fuori da dietro una tenda e corse al primo piano della casa. Nel frattempo l’infermiera si era svegliata ed aveva dato l’allarme, perciò fu costretta a barricarsi in un salottino per sfuggire ai suoi inseguitori. Era in trappola: l’unica via d’uscita era la porta. O forse no…Liz si diresse verso la finestra, l’aprì e guardò giù: in fondo non era poi così alto. 
Ma se fosse caduta male? La via di salvezza offerta dalla finestra non era poi tanto sicura.
Mentre la porta cedeva sotto i colpi degli assalitori, Liz capì che c’era solo un modo per sapere se la finestra portava alla salvezza o alla morte. 
Si sedette sul davanzale e si lasciò cadere di sotto dolcemente.
Proprio in quel momento la porta veniva scardinata. 

Max, Tess e Violet erano appostati nel giardino ed osservavano la casa. C’erano stati dei movimenti sospetti e Tess aveva espresso per la ventesima volta il parere che fosse meglio tornare a casa e tentare il giorno dopo. Max stava per zittirla quando un movimento inconsueto ad una delle finestre attirò a sua attenzione. Fece cenno alle altre di tacere e stare giù. I tre si acquattarono, immobili, trattenendo il respiro. Quando Max si rialzò per dare un’occhiata alla situazione, vide che sul prato illuminato dalla luna correva la sua Liz. Dei brutti ceffi la stavano inseguendo, ed uno riuscì ad afferrarle una caviglia facendola cadere. Liz gridò spaventata. E a quel punto Max perse la testa. Uscì dal cespuglio e diede un tremendo calcio in faccia all’uomo che tratteneva Liz, aiutò la ragazza ad alzarsi e cominciò a correre all’impazzata, tenendole la mano.
<<Max!>> urlò Liz, spaventata. 
<<Andrà tutto bene, ma tu non smettere di correre.>> rispose il ragazzo stringendole più forte la mano. 
Erano in trappola, non sapevano dove andare. Gli uomini si avvicinavano sempre più.
<<Max, ho paura>> sussurrò Liz
<<Resta dietro di me. Non lascerò che ti prendano>> 
<<Max, non farlo>> disse Liz. Aveva capito che il ragazzo intendeva usare i suoi poteri. 
Il cerchio si stringeva quando improvvisamente un sasso scagliato con una certa energia colpì in testa una delle guardie. Violet uscì dai cespugli e si gettò addosso alla prima guardia che le capitò a tiro, subito imitata da Tess.
<<Resistete, ragazzi!>> urlò Michael arrivando di corsa con Maria. In breve giunsero anche Isabel ed Alex a dare man forte. 
Ma i ragazzi non ce l’avrebbero mai fatta se all’improvviso non avesse fatto la sua comparsa sulla scena Gregory Cartwright in persona. 
Era arrivato da Brodway la sera stessa, con un giorno di anticipo e avrebbe voluto fare una sorpresa alla sua famiglia. Invece fu lui ad avere più d’una sorpresa, e non tutte belle. 
Rimase spiazzato a vedere le due ragazze identiche, ma poi Violet gli si gettò al collo. 
I ragazzi non ci misero molto a spiegare come mai erano venuti lì nel cuore della notte: la loro storia sembrava uscita da un telefilm, ma avevano come prova Liz e Violet, assolutamente identiche. Non fu altrettanto facile per la signora Cartwright spiegare la sua posizione all’interno di tutta la faccenda, soprattutto come mai Violet era stata rinchiusa in un istituto senza che lui ne sapesse niente. 
Il signor Cartwright fu molto gentile con i ragazzi: ascoltò attentamente le loro versioni dei fatti, non li denunciò e fece visitare Liz dal suo medico privato, per essere sicuri che le medicine di Violet non le avessero arrecato danni. Si offrì inoltre di ospitarli per qualche giorno ma, dopo un breve consulto, Max rispose a nome di tutti che preferivano tornare alla pensione e partire il giorno seguente: la strada verso casa era molto lunga.

Scritta da Lyla


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