RIASSUNTO: (seguito ideale dell'ultima puntata della prima serie) Max riesce a convincere Liz che, nonostante tutto, non è Tess il suo destino, e passa la notte con lei. La forza di quei momenti contribuisce a sbloccargli la memoria ed i ricordi gli consentono di liberare anche gli altri alieni. L'energia mentale ora sprigionata in tutta la sua forza fa da richiamo per i nemici dei quattro ragazzi, che devono affrontare ciò per cui sono stati mandati sulla Terra.
Data di
stesura: dal 10 al 24 maggio 2001.
Valutazione: adatto a tutti.
Disclaimer: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.
“Mi chiamo Liz Parker, e sono
disperata” Liz
chiuse per un attimo gli occhi serrando involontariamente la penna tra le dita
poi emise un profondo sospiro e ricominciò a scrivere. “Lottare
tanto per un amore e poi doverlo lasciar andare è qualcosa di terribile, ma
non voglio costringere Max a rinnegare il suo destino. E un giorno, forse, mi
convincerò di aver fatto la scelta giusta…” Chiuso il diario, si lasciò
andare contro lo schienale della sedia a sdraio. Come attirato da una calamita,
lo sguardo corse alle centinaia di stelle che brillavano nel cielo terso di
quella notte estiva. Era molto tardi ma troppi pensieri agitavano la sua mente
per permetterle di dormire così rimase ad ascoltare il silenzio che la
circondava senza neppure accorgersi delle lacrime che le scivolavano lente
lungo le guance.
-
Mio dio, Liz, hai una faccia da spavento! - Maria guardò preoccupata
l’amica. - Che cosa ti è successo? -
Liz si strinse i libri al petto e scosse piano la testa. - Adesso non mi va di
parlarne, scusami… -
A quelle parole la ragazza roteò gli occhi sbuffando. - Ho capito, si tratta
di Max. Santo cielo, ma è possibile che con i ragazzi ci debbano essere solo
problemi?!? - In quel momento vide Michael, seguito da Max, comparire in fondo
al corridoio e gli fece un frenetico cenno negativo con la testa.
Il ragazzo, tuttavia, comprese il messaggio solo quando Max, superato a sua
volta l’angolo, si bloccò come paralizzato alla vista delle due amiche. - Io
l’ho sempre detto che non dovevamo avere relazioni, accidenti! - disse fra i
denti.
Riportato alla realtà dalle parole del giovane, Max si scosse e lo guardò con
espressione desolata. - Non ho una relazione con Liz. Non ho più niente… -
Chinò leggermente il capo affrettandosi a raggiungere l’aula di scienze,
dove aveva la prima lezione di quella giornata.
Isabel, intenta a chiacchierare con le sue amiche, aveva seguito la scena da
lontano e, nel vedere il fratello passare accanto a Liz e Maria senza alzare lo
sguardo, corrugò la fronte senza più prestare attenzione a quello che le
stavano dicendo. “Maledizione, Max non può fare così!” - Scusate, devo
scappare, ci vediamo dopo - salutò distrattamente affrettandosi dietro di lui.
- Max! -
Nel sentire la voce della sorella il giovane si fermò e si volse ad
aspettarla.
- Accidenti, Max, ti rendi conto di quello che stai facendo? - Isabel riuscì a
stento a parlare a bassa voce, tanta era la rabbia che l’agitava. - Abbiamo
appena mandato un biglietto d’invito ai nostri nemici e tu, anziché pensare
ad organizzare qualcosa, ti disperi dietro Liz!… Cosa c’è, vuoi morire
un’altra volta?!? -
Al colmo della frustrazione il ragazzo serrò più volte la mascella prima di
riprendere il controllo di sé abbastanza da poter parlare con uguale tono
sommesso. - Non abbiamo idea di quando si faranno vivi, quindi oggi posso
pensare ad altro! -
- Max, scusami, lo so che stai soffrendo, ma lei ha deciso così, ed è meglio
per tutti, davvero! Io ti voglio bene e non voglio perderti di nuovo, lo
capisci? Non dimenticare che io so esattamente cosa ti ha fatto Pierce, e sono
certa che non sia niente a confronto di quello che ti farebbero coloro che
hanno distrutto la nostra gente! Metti da parte i tuoi sentimenti, per un poco,
e risolviamo una cosa alla volta, ok? -
Max fissò la sorella con espressione intensa. - Io sono stanco di tutta questa
storia! Non mi sento un leader! Non ho alcuna idea di come scoprire i nostri
nemici, figuriamoci eliminarli! - Si volse di scatto e se ne andò.
Rimasta sola, la ragazza scosse sconsolata la testa e si diresse verso l’aula
d’inglese.
-
Parker, è con noi? -
Risatine soffocate accompagnarono la domanda retorica dell’insegnante, e
Maria si allungò verso l’amica per tirarle la manica nel tentativo di
attirarne l’attenzione. - Liz! Ehi, Liz! -
La ragazza trasalì violentemente e si voltò di scatto a guardare Maria. -
Cosa…? -
- Parker? -
Stavolta Liz comprese e guardò il professore con aria colpevole.
- Le sarei grata se volesse stare più attenta: le ho chiesto la differenza tra
la prosa di… -
“Oddio, Liz è proprio andata… Io non la capisco proprio: che bisogno
c’era di lasciare Max dato che lui non ha nessuna intenzione di mettersi con
Tess? E dire che credevo strano Michael…” Maria mordicchiò con fare
pensoso la matita con cui stava prendendo appunti, poi lanciò un’occhiata di
sottecchi all’amica. “E’ davvero giù…”
Non appena la lezione ebbe termine si alzò dalla sedia e le andò vicino. -
Senti, Liz, che ne dici se stasera andiamo al cinema? Hai decisamente bisogno
di distrarti, sai? -
Liz accennò un sorriso triste. - Si vede tanto? -
- Sì - Maria si passò una mano tra i capelli. - A dire il vero ho voglia di
distrarmi anch’io. Allora? -
- Va bene -
- Perfetto! - Il grazioso volto della ragazza s’illuminò e, presa l’amica
sottobraccio, la sospinse allegramente verso l’uscita.
Il resto della mattinata trascorse senza problemi poi le due ragazze si
ritrovarono sedute allo stesso tavolo nel parco che circondava la scuola e dopo
pochi minuti furono raggiunte da Alex, a sua volta armato di sandwich e
bicchierone di coca cola. - Posso unirmi a voi? -
Maria lo guardò con aria scanzonata. - Cosa c’è, un altro cuore infranto? -
- Come? -
- No, niente, lascia perdere… -
- Ehi, aspetta un momento! Hai parlato di cuori infranti, l’ho sentito! A chi
ti riferisci? -
- Alex, ti ho detto di lasciar perdere -
- No, Maria, aspetta: anche lui ha il diritto di sapere… - Liz incontrò lo
sguardo perplesso del ragazzo. - Max, e Isabel, Tess e Michael hanno trovato un
messaggio, nella grotta tra le montagne, che rivela la loro identità. Max è
il principe ereditario del pianeta da cui provengono, ed è sposato con Tess, e
Isabel è fidanzata a Michael. A quanto pare, nel tentativo di organizzare
un’ultima difesa, i genitori di Max ed Isabel hanno creato… dei
replicanti… unendo la loro essenza aliena a DNA umano -
- E che bisogno c’era di creare dei replicanti? -
Liz guardò con aria assente il bicchiere che aveva davanti. - I nemici che
hanno attaccato il loro pianeta hanno ucciso sia Max sia gli altri. E ora
dovranno tornare da dove sono venuti per liberare la loro gente -
- Stai scherzando - Alex diede un bel morso al panino e masticò a lungo per
schiarirsi le idee. - Sì, stai scherzando. Hanno solo diciassette anni, e sono
in quattro: come possono riuscire a liberare un intero pianeta? -
- Non lo so - Liz serrò le labbra, gli occhi lucidi. - So solo che li ho visti
mentre ascoltavano il messaggio. Ora che sanno la verità, non si fermeranno
davanti a niente pur di fare quello che gli è stato chiesto. Anche a costo
di… - Incapace di completare la frase, la ragazza si alzò di scatto e corse
via.
- Anche a costo di… cosa? -
- Santo cielo, Alex! - Esasperata, Maria serrò i pugni agitandoli in aria. -
Ma lo fai apposta? - Raccolse in fretta e furia le sue cose e se ne andò
stizzita.
Rimasto solo, il giovane terminò sconcertato il suo panino poi,
d’improvviso, capì e sbarrò gli occhi per l’orrore. “Isabel!” Gettò
nel vicino cesto dei rifiuti tutto quello che era rimasto sul tavolo poi si
diresse di nuovo verso l’edificio in cerca della ragazza.
Isabel vide subito il giovane mentre varcava il portone d’ingresso ed emise
un profondo sospiro. “Oh, Alex…” Lasciò che lui la raggiungesse e gli
sorrise debolmente. - Ciao -
- Ciao - Il ragazzo la guardò negli occhi per un attimo breve ma intenso. -
Liz mi ha detto tutto - riuscì soltanto a dire.
- Alex, mi spiace. Io… io non so… -
- Tu lo ami? -
- Come, scusa? -
Imbarazzato, Alex abbassò la testa. - Ami Michael, vero? E andrai con lui sul
tuo pianeta… -
La giovane tese un braccio e gli prese la mano. - Alex, ti prego, cerca di
capirmi… Io ti voglio bene, ma prima di tutto devo aiutare mio fratello e gli
altri a liberare la nostra gente. Siamo stati creati per questo, ed è
l’ultimo desiderio di mia madre… -
- Sì, d’accordo, ho capito. Va bene… Ciao… - Profondamente sconvolto, il
ragazzo sottrasse con delicatezza la mano alla presa di Isabel e si allontanò
senza voltarsi indietro.
Appoggiato
contro un albero Max osservava pensieroso il parapetto della piccola terrazza
dietro cui, era certo, si trovava Liz, magari intenta a scrivere nel suo
diario. Avrebbe tanto voluto raggiungerla ma conosceva la sua determinazione e
si rendeva conto che, anche se le avesse parlato, non sarebbe riuscito a
convincerla. Così, adesso, tutto quello che poteva avere era pensare a lei
stando sul lato opposto della strada in cui abitava. Era tutto talmente
assurdo… Da quando avevano trovato quel messaggio le cose erano cambiate in
maniera drastica: quello che prima era un pensiero nebuloso, che solo Michael
voleva davvero chiarire, era diventato un mondo reale, più vicino a loro di
quello in cui vivevano, più concreto di Roswell stesso. Ora si sentiva
completamente proiettato verso un futuro diverso da quello che aveva sempre
immaginato, ma non per questo Liz gli mancava di meno… Rendendosi conto che
ormai restavano solo poche ore all’alba studiò ancora una volta i contorni
dell’edificio che aveva davanti, quasi a volersi imprimere per sempre nella
memoria ogni singolo mattone, poi si mise le mani in tasca e tornò a casa.
Si era appena seduto sul letto, lo sguardo perduto oltre la finestra, quando
sentì la porta della sua camera aprirsi e, voltandosi, vide Isabel. Senza dire
una parola lasciò che le si sedesse accanto e l’abbracciò dando e ricevendo
conforto.
- E’ più difficile di quanto pensassi… - mormorò ad un tratto la ragazza.
- Sì, lo so - Max la strinse più forte a sé poi le diede un bacio sulla
tempia e sorrise tristemente. - Ce la faremo. Spero… -
Isabel ricambiò il sorriso con la stessa espressione mesta e si sciolse
dall’abbraccio. - Buona notte -
- Buona notte -
Poche ore dopo si ritrovarono a scuola insieme a Michael e Tess. Quel giorno
avevano quasi tutte le lezioni in comune, e nel vederli sempre insieme nessuno
dei loro amici si azzardò ad avvicinarli, neppure durante la pausa del pranzo.
Nel pomeriggio, poi, i quattro alieni si ritrovarono a casa di Tess, l’unico
posto sicuro in cui poter parlare liberamente, e cominciarono a studiare il
modo di portare a termine l’incarico loro assegnato dalla famiglia reale.
Era notte inoltrata quando finalmente la riunione si sciolse, e Isabel era così
stanca che si addormentò durante il tragitto in macchina per venire poi
svegliata dal fratello una volta arrivati davanti casa loro. - Sono
distrutta… - borbottò mentre Max la sospingeva con gentilezza verso
l’ingresso.
Il
giorno successivo fu l’esatta replica del precedente, solo che Michael
dovette andarsene all’ora di cena perché era di turno al Crashdown Café,
dove fu trattato molto freddamente da Maria.
Quando anche gli Evans lasciarono la casa di Tess, Max, approfittando del fatto
che la sorella si fosse già avviata verso la macchina, si girò verso la sua
presupposta sposa e la fissò impassibile negli occhi. - A scanso di equivoci
te lo ripeto un’ultima volta: tutto questo non significa che io intenda
considerarmi legato a te, chiaro? Tu sei solo una di noi -
Tess ricambiò il suo sguardo senza abbassare la testa. - Anche tua madre ha
detto che sono tua moglie! - disse con voce decisa.
- Mia madre è morta. Noi, siamo morti -
- Tu vuoi sempre Liz! - Il tono della ragazza fu quasi sprezzante, ma
l’occhiata glaciale che le lanciò Max prima di voltarle le spalle la fece
tremare internamente. “Max…”
Quando arrivarono a casa Max era ancora molto teso e Isabel non osò dirgli
nulla mentre raggiungevano le rispettive stanze. Rimase in silenzio a guardare
la porta chiudersi dietro il fratello e sospirò. No, le cose non erano per
niente facili…
Non era passata neppure un’ora quando Max, incapace di prendere sonno, si alzò
e, rivestitosi in fretta, prese le chiavi della jeep e uscì senza far rumore.
Guidò in maniera automatica fino al Crashdown Café e rimase per qualche
minuto a fissare l’edificio immerso nel buio e nel silenzio della notte, poi
scese dalla macchina e attraversò la strada. Con agilità salì lungo la scala
d’emergenza e raggiunse il parapetto della terrazza, dove rimase un istante
immobile prima di superarlo facendo un lievissimo fruscio.
Liz, che stava per rientrare nella sua cameretta scavalcando, come di consueto,
la finestra, si volse di scatto e lo fissò stupita. - Max! -
Lui la raggiunse lentamente, quasi temendo di spaventarla. - Questa volta sono
io a pregarti di ripensarci. Ti prego, Liz, ti prego… Ho bisogno di te… -
- Ma tu… -
- Io ti amo - la interruppe Max, poi le circondò il volto con le mani e la
baciò appassionatamente.
Sconvolta, la ragazza non poté fare altro che ricambiare il bacio. Senza
rendersi conto di quello che faceva gli passò le braccia intorno alla vita e
lo strinse a sé. Continuò a baciarlo anche quando di nuovo le immagini delle
torture subite nella stanza bianca le attraversarono fulminee il cervello,
serrandosi ancor più a lui al pensiero di quello che aveva dovuto sopportare,
ma poi emise un gemito angosciato e staccò le labbra dalle sue, gli occhi
colmi di lacrime. - Max… -
Il giovane, ansimando per l’emozione, la fissò con uno sguardo stranamente
deciso per il suo carattere di solito mite. Aveva visto se stesso nei suoi
pensieri, era consapevole della forza dell’amore che Liz provava per lui, e
non avrebbe permesso a niente e nessuno di separarli, tuttavia l’aveva
sentita tremare con violenza contro il suo corpo, aveva sentito il suo terrore.
Liz sollevò piano un braccio e gli accarezzò teneramente il viso. - Max… -
ripeté trattenendo a fatica i singhiozzi. - Mio dio… -
- Cos’hai visto? Cos’è successo? -
- Ho visto… ho visto la tua morte… - Incapace di sostenere il suo sguardo
serrò gli occhi e gli circondò il collo con le mani posando la fronte sulla
sua spalla. - Stringimi forte, ti prego… - Ebbe un breve sorriso nel sentirsi
abbracciare e trasse un profondo sospiro di gratitudine nell’avvertire il suo
calore avvilupparla dandole forza e coraggio. - Ti ho visto combattere… Hai
pilotato astronavi, e hai lottato in mezzo a tanta gente… Poi eri in un
enorme palazzo e… e stavi indossando un’uniforme… ma eri tu e non eri
tu… non so… non so spiegarlo… eri tu, però eri diverso… e… quello
era il giorno del tuo matrimonio… Quando stavi per raggiungere tua moglie…
ti hanno sparato alla schiena… - Liz tremò al ricordo dell’immagine del
corpo che si accasciava inerte, il viso bello e strano al contempo che si
girava piano su un lato mentre gli occhi perdevano la loro lucentezza prima di
chiudersi per sempre. - Ti hanno ucciso prima che potessi sposarti… ed hanno
ucciso tua moglie, i tuoi parenti, i tuoi amici… Li hai visti morire mentre
morivi anche tu… E’ stato orribile!… -
Scosso dalle rivelazioni di Liz, Max la serrò fino quasi a farle male. - Liz,
mi dispiace… Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo… Forse hai
ragione tu… è meglio se lasciamo perdere… Io ti amo, ma ti faccio soffrire
così tanto… -
Aveva parlato a voce bassissima, ma la ragazza sentì perfettamente le sue
parole e con un movimento brusco del capo incontrò di nuovo il suo sguardo. -
No, Max, al contrario… Ora ho capito… Tu sei un’altra persona… Sì, una
parte di te è quel principe alieno, ma una parte di te è il ragazzo umano di
cui sono innamorata… Tu sei il mio Max… - Sorridendo tra le lacrime che,
senza accorgersene, le avevano rigato il viso, cominciò a slacciargli la
camicia.
Inconsapevolmente il giovane allentò la stretta e mosse le spalle per
facilitare Liz, la quale continuava a deporre piccoli baci sulla pelle che
andava man mano scoprendo.
Ricordando la scena simile che non molto tempo prima si era svolta a casa di
Michael, Max inspirò a fondo per poi irrigidirsi quando lei gli diede un bacio
vicino all’ascella. - Liz… -
- Sì, Max, ti prego… - La risposta della ragazza fu poco più di un
sussurro, ed il giovane cominciò a sollevarle la maglietta.
Come allora seguì incantato la luminosità soffusa che accendeva la pelle di
seta di Liz mentre le sue dita la sfioravano leggere, poi con le mani arrivò a
toccarle il seno e la sentì rabbrividire. Di paura ed eccitazione.
Automaticamente s’interruppe ma dopo una brevissima esitazione la ragazza si
inarcò un poco premendo i fianchi contro i suoi ed ogni altro pensiero svanì
dalla loro mente.
Senza neppure preoccuparsi di stendere qualcosa sotto di loro, si sdraiarono
sul pavimento cercandosi e trovandosi d’istinto. Liz accolse con gioia
frenetica il peso di Max su di sé, e il dolore forte ma breve che sentì
quando lui la fece sua scomparve nell’incredibile piacere che provò subito
dopo.
I movimenti ritmici e veloci del ragazzo la fecero impazzire, ma la sua
inesperienza non le consentì di comprendere il piacere che, allo stesso tempo,
lei gli stava donando finché, dopo essersi accasciato sul suo corpo, Max si
raddrizzò e, tenendosi sollevato su un gomito, la contemplò con amore sotto
la luce della luna.
In quel momento, allora, realizzò esattamente cos’era successo e tremando
per la vergogna e l’imbarazzo tentò di coprirsi per sottrarsi al suo
sguardo, ma il giovane le prese una mano e le baciò il palmo, un’espressione
seria sul bel viso dai lineamenti fini, poi si chinò di nuovo su di lei e
ricominciò a baciarla ed accarezzarla.
Incapace di pensare coerentemente, Liz tenne gli occhi fissi nei suoi mentre lo
toccava eccitandolo come lui faceva con lei, e lo baciò a fondo quando lo sentì
entrare di nuovo. Rimasero poi abbracciati per un po’, in silenzio, ma quando
Max le mise una mano sul seno rise piano e gli diede un bacio leggero sulla
bocca.
- Aspetta, andiamo dentro… -
Non più a disagio per la sua nudità, Liz si curvò a raccogliere gli
indumenti sparpagliati intorno a loro prima di passare oltre la finestra aperta
e andare a sdraiarsi sul letto, subito raggiunta dal giovane. Fecero di nuovo
l’amore, poi si addormentarono sfiniti l’uno contro l’altro.
Quella
sera, prima di uscire sul terrazzo, la ragazza si era dimenticata di caricare
la sveglia ma i primi raggi del sole la destarono ugualmente e, dopo un attimo
di sconcerto, trovò del tutto naturale scivolare sopra il corpo di Max e
sentirsi stringere a lui mentre cercava le sue labbra. Poi lo sentì entrare
senza alcun preavviso e le sfuggì una risatina, subito trasformata in gemito
quando, in pochi istanti, raggiunse il culmine del piacere.
Si lasciò allora cadere su di lui baciandolo e accarezzandogli i capelli, e
non si accorse del dicreto bussare seguito dal rumore della porta che si
apriva.
- Tesoro, alzati o farai tardi a scuola! -
La voce tranquilla di sua madre penetrò a stento nel cervello di Liz, ancora
stretta tra le braccia di Max, e tutto quello che riuscì a fare fu girarsi
lentamente verso di lei.
Per un interminabile secondo ci fu un silenzio di tomba, poi la ragazza spalancò
gli occhi. - Oh mio dio!… -
Max incontrò lo sguardo sconvolto della signora Parker ed arrossì
violentemente.
- Come… come avete osato… - Furibonda, la donna corse via in cerca del
marito, e i due giovani si lanciarono un’occhiata di rimpianto. Con pochi
gesti rapidi e precisi si vestirono e uscirono a loro volta dalla stanza.
-
Isabel, tuo fratello non è nella sua camera! - La signora Evans guardò
allibita la figlia, che si affrettò a seguirla fino alla stanza di Max. -
Guarda, non ha neppure disfatto il letto! -
Isabel fissò sconcertata la sovraccoperta appena smossa. “Ieri sera era in
uno stato terribile… Dove diavolo può essere andato?” Nel tentativo di
calmare la madre si sforzò di apparire tranquilla. - Siamo rientrati insieme,
ma poi sarà uscito di nuovo, forse per andare da Michael. Aspetta, sento
subito se è da lui! - “Oddio, Max, spero che tu non abbia commesso qualche
sciocchezza…”
Ma Michael non aveva più visto l’amico dopo che se n’era andato dalla casa
di Tess, né aveva idea di dove potesse essere. O meglio, un’idea ce
l’aveva, ma non l’avrebbe mai confidata a nessuno…
Fu il padre di Liz, a risolvere il problema. Isabel aveva appena riattaccato il
telefono quando questo squillò, e trasalì nel sentire la voce pericolosamente
calma dell’uomo. Mordendosi il labbro inferiore porse il ricevitore alla
madre e si avvicinò alla finestra imprecando in silenzio.
Di lì a mezz’ora le famiglie Evans e Parker al completo si trovavano riunite
nel piccolo salotto dell’appartamento sopra il Crashdown Café.
- Io non posso ancora credere a quello che ho visto - La signora Parker fissava
un punto indefinito del pavimento e parlava con voce vibrante di collera. -
Dopo quello che era successo a primavera, quando avete passato la notte soli in
mezzo al deserto… Allora eravate riusciti a convincermi che non era successo
niente, tutti eravamo convinti che non fosse successo niente! - Lanciò una
rapida occhiata circolare, poi fissò lo sguardo sulla figlia. - Devo dedurre
che ci avevate presi in giro? -
A quelle parole le labbra di Liz tremarono per la pena. - No, mamma, non vi
avevamo preso in giro… Quella volta… non… -
- Quella volta non successe nulla - terminò Max per lei.
- Max, ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti rendi conto che hai rovinato
la vita di Liz? - La madre di Max era distrutta dal dolore. Proprio non
riusciva a capacitarsi che suo figlio, il ragazzo dolce e sensibile che le
diceva di amarla, avesse potuto comportarsi con così tanta leggerezza… Vero
che una volta, a scuola, li avevano chiamati per il comportamento scorretto che
i due ragazzi avevano tenuto, ma anche allora era sembrato, in fin dei conti,
tutto così innocente… Come avevano potuto, adesso…
Incapace di trattenere le lacrime, Liz fece un passo verso di lei. - Max non mi
ha rovinato la vita! Max me l’ha donata… -
A quelle parole suo padre la guardò truce. - Che cosa intendi dire? -
- Come? - Liz si volse a fissarlo, rendendosi conto della gravità di quello
che le era sfuggito. Spaventata, si girò verso Max.
Fino a quel momento il giovane si era tenuto in disparte, consapevole di essere
dalla parte del torto, ma nel vedere la muta richiesta d’aiuto negli occhi di
Liz non poté più tacere. - Io amo Liz, e anche se non era la cosa più giusta
da fare ho dormito con lei. Io… le ho donato la vita come donna… Era questo
che voleva dire… -
- Voi due non vi vedrete mai più. Non al di fuori della scuola. Mancano ormai
solo pochi giorni, poi il semestre sarà finito e tu, Max, andrai al college a
Phoenix - Il signor Evans guardò accigliato il figlio.
- Ma è in Arizona! - La protesta sgorgò spontanea dalle labbra di Isabel, che
fissò angosciata il fratello.
- O ci va Max o ci va Liz. Di certo non andranno insieme ad Albuquerque! - La
risposta, fredda e scostante, giunse dal padre di Liz.
A quel punto s’inserì di nuovo la signora Parker. - E gradirei che Max non
venisse più al Café -
Isabel scosse la testa, troppo arrabbiata con Max per poter dire una parola di
più in sua difesa, e si alzò dalla poltroncina su cui aveva preso posto. - Si
è fatto tardi, vado a scuola -
-
Michael, aspettami, devo parlarti! - Isabel corse dietro al ragazzo, incurante
delle occhiate feroci che le lanciò Maria. - Michael, quel pazzo di Max ha
fatto l’amore con Liz, si è fatto scoprire da sua madre, e adesso nostro
padre ha deciso di mandarlo a studiare a Phoenix -
- Ma bene! Il nostro signore e padrone ha combinato proprio un bel casino,
accidenti! - Michael si voltò verso la parete e sferrò un pugno contro il
muro. - Maledizione! -
- Ehi, cosa c’è? - Tess, sopraggiunta in quel momento, rimase perplessa a
fissare la schiena dell’amico poi guardò Isabel in attesa di chiarimenti.
- Max ha combinato un guaio, e dovrà frequentare il college di Phoenix, anziché
quello di Albuquerque -
- Beh, dov’è il problema, scusa? Andiamo anche noi a Phoenix, no? -
- Dimentichi un particolare - s’intromise Michael. - Anzi, più d’uno…
Primo, io non ho i soldi per andare al college; secondo, tutto quello che ci
lega al nostro mondo d’origine si trova qui o nei dintorni: se ci
allontaniamo, non avremo più nulla! -
Tess si morse meditabonda le labbra. Michael aveva ragione, ma loro non
potevano dividersi, soprattutto non potevano lasciare solo Max. Sarebbe stato
troppo facile, per i loro nemici, colpirlo. Perché non c’era alcun dubbio
che in qualche modo, con l’attivazione del messaggio della regina, la loro
presenza era stata segnalata a chi li stava cercando. - Andrò io con lui! -
disse decisa.
- Nemmeno per sogno! Io sono sua sorella, e tocca a me -
Michael sogghignò malignamente nel vedere l’espressione di Tess. - Isabel ha
ragione, - disse con voluta cattiveria. - Max ha bisogno di aiuto, non di altri
guai… - e con un sorrisetto strafottente si portò due dita alla fronte in
segno di saluto prima di andare nel laboratorio di chimica.
Un’ora più tardi, mentre il
professore di storia iniziava a parlare, la porta dell’aula si aprì ed entrò
Max. Dopo aver mormorato una veloce frase di scuse si avvicinò al posto libero
accanto a Michael, cui diede una brevissima occhiata, poi si concentrò sulla
lezione.
Più
tardi, mentre camminavano per i corridoi verso l’aula successiva, Michael
fissò l’amico con espressione seccata. - Ma bravo, Max, davvero!… Ti rendi
conto di cos’hai fatto? -
- Senti, ormai è andata, va bene? Adesso piantala! - Max non si girò neppure
a guardarlo, troppo risentito lui stesso per rispondergli con più pacatezza,
ma ad un tratto vide arrivare Liz e gli occhi gli si illuminarono.
- Liz… -
La ragazza lo vide nello stesso momento. Accennò un piccolo sorriso
triste e fece per proseguire poi ci ripensò e con passo deciso si diresse
verso di lui.
Senza parlare il ragazzo aprì le braccia e se la strinse forte al petto
baciandola come se fossero soli. Qualcuno applaudì, qualcun altro si mise a
ridere, ma Tess e Isabel, che apparvero in quel momento in fondo al corridoio,
fissarono la scena con aria disgustata.
“Santo cielo, Max, non è possibile!…” Sua sorella scosse il capo
rassegnata. Era consapevole che il sentimento che univa i due ragazzi era molto
più forte e solido di quello che legava lei ad Alex, ma sapeva anche che la
situazione si era fatta troppo delicata perché Max fosse preso così
totalmente dai suoi problemi con Liz, e non poteva permettere che tutto quello
che avevano rischiato fino ad allora fosse reso inutile dalla sua incapacità
di stare lontanto da lei. Con un sospiro di esasperazione li guardò stringersi
e baciarsi fino a quando l’arrivo del preside li costrinse a separarsi. -
Evans, Parker, venite, devo parlarvi un attimo - e fece loro segno di seguirlo
nel suo ufficio.
A quel punto Isabel si voltò con espressione truce verso l’amica. - Non dire
niente! - disse tra le labbra serrate prima di incamminarsi di nuovo verso
l’aula dove avrebbe dovuto seguire la lezione successiva.
Il
discorso del preside fu molto breve ma incisivo. Era stato avvertito dai
genitori dei due ragazzi e sapeva che non avrebbero dovuto stare insieme ma,
dato che avevano molti corsi in comune, promise loro che li avrebbe
continuamente tenuti d’occhio e che sarebbe stato meglio per tutti se
avessero obbedito all’ingiunzione.
Quando uscirono dall’ufficio avevano entrambi un’aria impassibile ma, dopo
una piccola esitazione, si avvicinarono impercettibilmente l’uno all’altro
e si presero per mano per separarsi solo davanti alla porta dell’aula dove si
teneva la loro prossima lezione.
Durante la pausa del pranzo Maria assillò l’amica di domande finché questa,
guardandola decisa in faccia, le rispose brusca. - Stanotte Max è venuto da me
e abbiamo fatto l’amore, e stamattina mia madre ci ha trovati a letto insieme
-
- Ooops! - Maria sgranò gli occhi incredula. Ricordava benissimo la reazione
di sua madre quando aveva sorpreso lei a letto con Michael, ma loro erano
vestiti, più o meno, e non avevano fatto nient’altro che dormire, mentre in
questo caso… - E ora? -
- E ora io andrò all’università nella capitale e Max in Arizona. Isabel
andrà con lui per non lasciarlo solo, ora che le cose si sono messe in moto -
- E Michael? -
- Non so cosa farà Michael, e scusami, Maria, ma è l’ultimo dei miei
pensieri! - La voce le si spezzò e gli occhi le si riempirono di lacrime
mentre un dolce sorriso trasformava il suo volto. - Oh, Maria, è stato
bellissimo… -
- Liz… - Commossa, la ragazza l’abbracciò affettuosamente cercando di
farle coraggio. - Andrà tutto bene, vedrai! - sussurrò cercando di sembrare
convinta ma tremando dentro di sé all’idea di quello che sarebbe potuto
succedere, ora che i nemici di Max e gli altri sapevano della loro presenza
sulla Terra.
-
Nasedo ci aiuterà, vedrai! Ora che si fa passare per Pierce può tenere tutto
sotto controllo e ci avvertirà non appena scoprirà qualcosa. In fin dei conti
il suo compito primario è proteggerci, no?… - Tess sorrise incoraggiante ad
Isabel, che camminava al suo fianco a piccoli passi veloci nel tentativo di
proteggersi dalla fastidiosa pioggerella che aveva cominciato a cadere non
appena uscite dall’edificio scolastico, ma avevano solo un ombrello in due e
la cosa non era tanto facile.
- Max ha molte cose da imparare, e purtroppo deve farlo da solo. Qui o a
Phoenix è la stessa cosa, Isabel, credimi! Non è poi così importante restare
a Roswell… -
- Ma tutto quello che ci unisce al nostro passato è qui, e se ce ne andiamo
ora rischiamo di perdere ogni possibilità di tornare indietro! -
- Lascia che sia Michael a preoccuparsi di questo: tu e Max dovete sviluppare
appieno i vostri poteri, e il resto verrà da solo, credimi! -
“Ma
lui pensa solamente a Liz, maledizione…” Imbronciata, Isabel non replicò e
si diresse verso la sua macchina. - Vieni, ti accompagno a casa -
- Grazie! - Il sorriso di Tess si allargò. Nonostante l’espressione burbera
Isabel era una ragazza molto dolce e affettuosa, e sinceramente affezionata ai
suoi amici. Le piaceva molto, e così anche gli altri: per la prima volta in
tutta la sua vita non si sentiva sola ed era felice, nonostante le incognite
del futuro che li aspettava.
- Aspettatemi, vengo con voi! - Michael corse verso di loro sfidando la pioggia
sempre più forte e si tuffò letteralmente nell’automobile. - Avete visto
Max? -
- Pensavo fosse con te. Oh, no, sarà di nuovo con Liz!… Santo cielo, non ci
posso credere… - Esasperata, Isabel chinò la testa sul volante.
- Vado a cercarli. Se li scoprono, i Parker faranno il finimondo e questo non
è il momento più opportuno! - Sbuffando Michael riaprì lo sportello e tornò
indietro. Vagò a lungo per i corridoi dell’edificio, non osando chiamare i
suoi amici nel timore di essere sentito dalle persone sbagliate, poi arrivò
alla stanza dei cancellini e con fare deciso fece scattare la serratura
sorprendendo così i due ragazzi abbracciati.
Con un sospiro Max curvò la fronte su quella di Liz, poi le diede un ultimo
bacio leggero e si staccò da lei. - E’ l’ultimo giorno, Michael, potevi
lasciarci in pace almeno tu… -
- Dannazione, se fossi stato il preside sareste già in un mare di guai! - Il
ragazzo fece un passo indietro per consentir loro di uscire dall’angusto
locale ma non appena vide Liz si mise le mani nei capelli. - Max, diavolo, fai
qualcosa o Liz dovrà rimanere qui dentro per sempre! -
- Cosa…? - Il giovane si voltò verso la ragazza ed emise un fischio
silenzioso. - Liz… -
Lei guardò entrambi con espressione ansiosa. - Che cosa c’è? Cos’avete,
tutti e due, da fissarmi così? -
Senza parlare Max le passò gentilmente i capelli dietro le spalle e si mise a
sfiorarla con cura meticolosa sul decolleté. - Esci un attimo, Michael, per
favore -
Non appena la porta si fu richiusa dietro di lui Liz notò la forte
luminescenza sugli avambracci ed emise un gemito sordo. - Oh, no… -
- Oh sì… Dai, togliti la maglietta! - Cominciò a passarle le dita sul
torace, la fronte aggrottata per la concentrazione. - Sembri coperta di polvere
di stelle… - Alzò un attimo gli occhi ad incontrare i suoi, poi le sorrise e
lei lo ricambiò con la dolcezza di sempre. - Adesso voltati, per favore,
dobbiamo fare in fretta… -
Quando finalmente ebbe finito la sospinse gentilmente verso la porta. - Ora
puoi uscire -
Mentre camminavano tutti e tre insieme Liz diede un rapido sguardo al suo
compagno. Non poteva credere che quella fosse l’ultima volta che stava
insieme a lui. Non voleva pensare che dal giorno dopo non avrebbe più potuto
vederlo. Non sopportava l’idea di non toccarlo, di non baciarlo, di non
essere stretta dalle sue braccia. Mordendosi le labbra per l’agitazione
affrettò involontariamente il passo e, proprio mentre il preside appariva
sulla soglia del suo ufficio, si fermò un poco avanti rispetto agli altri.
Fissò l’uomo per un lungo istante poi si strinse i libri al petto e si volse
verso Max. - Io ti amerò sempre, e non ti tradirò mai… - Pronunciò le
ultime parole con enfasi, volendo che capisse quello che intendeva davvero
dire, e si sollevò in punta di piedi per baciarlo. - Addio -
“Addio, amore…” Il giovane rimase fermo a guardarla scomparire attraverso
il portone d’ingresso e poi oltre il fitto velo di pioggia, gli occhi colmi
di lacrime, incurante dell’espressione severa del preside e delle discrete
sollecitazioni di Michael a proseguire. “Non so nemmeno se potrò
rivederti… Liz…”
- Dai, Max, andiamo! - Sbuffando, l’amico lo prese per il gomito e lo
sospinse verso l’uscita.
L’indomani
splendeva il sole ed era una bellissima giornata. La cerimonia di consegna dei
diplomi si svolse con la consueta allegria ma gli alieni ed i loro amici umani,
divisi in due gruppi ben distanti e controllati dai signori Parker ed Evans,
non ne apprezzarono neppure un momento. Quando il tutto ebbe finalmente
termine, Max consegnò a Michael una busta.
- Cosa c’è dentro? - chiese il giovane soppesandola perplesso.
- Le chiavi e i documenti della jeep -
- Come? -
- Mio padre ha preso i biglietti per l’aereo per oggi pomeriggio. Ce lo ha
detto solo stamattina -
- E’ un vero pasticcio… -
- Già. Ma ci terremo in contatto grazie a Isabel. Ciao - Fece un piccolo cenno
di saluto con la testa e se ne andò.
La ragazza accennò un sorriso triste. - Sì, cercherò di collegarmi con te il
più spesso possibile, devo fare esercizio… Mi mancherai, Michael! - Lo
abbracciò con forza e gli diede un bacio sulla guancia. - Sii gentile con
Tess, mi raccomando… - aggiunse pianissimo.
- E tu non litigare con Max. A volte si diverte a fare il capo, ma per la
maggior parte del tempo è un bravo ragazzo. E ama davvero Liz. Stagli
vicino… -
- Certo - Isabel lo abbracciò ancora una volta poi si rivolse a Tess. - A
presto… -
- A presto - La ragazza si infilò imbarazzata le mani in tasca. - Salutami
Max, per favore -
- Sì, stai tranquilla… - Isabel era un po’ dispiaciuta per il fatto che il
fratello si fosse mostrato così distaccato quando, poco prima, la giovane
aliena gli si era avvicinata per abbracciarlo ma, notata l’espressione del
suo viso, aveva rinunciato e si era ritirata in buon ordine. Sicuramente Tess
aveva la sua parte di colpa, aveva fatto un gioco un po’ crudele con Max e
Liz, ma ormai era acqua passata e c’erano cose ben più importanti di cui
preoccuparsi. Dovevano rimanere uniti almeno con lo spirito, e il rancore ed il
risentimento non avrebbero certo facilitato il compito. Diede un rapido sguardo
al viso incupito del giovane, ormai lontano tra la folla, e sospirò.
- Ciao, Isabel. Spero di poterti venire a trovare, un giorno… - Alex,
l’espressione rattristata, le prese la mano destra fra le sue. - E chiamami,
se dovessi avere bisogno di me: sai che puoi chiedermi qualunque cosa… -
- Sì, lo so. Grazie - Sforzandosi di sorridere la ragazza lo abbracciò. - Sei
molto caro… -
Qualche metro più in là, entrambe serie e pensose, Maria e Liz guardavano i
loro amici salutarsi.
- Immagino che questo voglia dire che Isabel e Max partono oggi stesso - osservò
Maria.
- Sì, forse hai ragione - Liz rispose con voce piatta. Suo padre le era
rimasto vicino per tutta la durata della cerimonia e oltre, impedendole di
avvicinarsi a Max, e il pensiero della solitudine che l’aspettava le fece
venire i brividi. “Stai attento, ti prego!…”
- Vieni, mia madre ci sta chiamando - Con una scrollata del capo la ragazza
prese l’amica sottobraccio e la condusse via.
-
Sia ben chiaro che, nonostante quello che è successo, io ho ancora fiducia in
te, Liz, e spero che, nel caso dovessi scoprire di… - la signora Parker si
morse imbarazzata il labbro inferiore - di essere incinta tu ne parleri con me
prima di prendere una qualsiasi decisione. Posso contarci? -
A quelle parole la ragazza chiuse gli occhi per un istante. “Incinta…
Magari è questo il motivo per cui l’altro giorno la mia pelle… Sarebbe
meraviglioso!…” L’improvvisa luce che apparve nel suo sguardo impensierì
non poco la madre. - Liz, devi dirmi qualcosa? -
Sorridendo con fare assente Liz scosse la testa. - No, è ancora troppo presto
- poi si avvicinò alle scale che l’avrebbero condotta nel locale
sottostante. - Vado a dare una mano a Maria… -
- Santo cielo, Liz, vuoi stare più attenta? - Maria prese una spugnetta e si
mise a pulire con decisione il ripiano su cui l’amica aveva fatto cadere una
quantità incredibile di caffè. - Max è partito da una settimana, ormai, e se
pensi di continuare a vivere tra le nuvole sarà meglio che cambi lavoro… o
forse è meglio se lo cambio io! -
- Scusami… - La ragazza si appoggiò con i gomiti sul bancone e guardò
trasognata oltre la porta del Crashdown Café. - Non ci avevo pensato ma…
potrei anche aspettare un bambino… Ti rendi conto, Maria? Un bambino mio e di
Max… - Accennò una risatina - Chissà come sarebbe? In fin dei conti Max è
un miscuglio di cose, umane e non, e il suo aspetto originario era diverso da
quello che ha ora… -
- E tu cosa nei sai? - Maria si passò le mani umide sul grembiulino argenteo
che indossava come parte dell’uniforme e le si accostò incuriosita.
- L’ho visto quando l’ho baciato prima di fare l’amore la notte in cui è
venuto a casa mia… - Il viso della ragazza s’incupì al ricordo. - Lo hanno
ucciso a tradimento il giorno delle nozze, e con lui quasi tutti i suoi parenti
ed amici, compresi Michael ed Isabel. Tutto sommato è un bene che non sappiano
nulla del loro passato… Troppo dolore, troppi morti - Sospirò e si raddrizzò
accarezzandosi dolcemente la pancia. - Staremo a vedere… -
- Ma davvero potresti essere incinta? -
- Non lo so. Davvero, Maria, non ne ho idea -
- Quand’è che parti per Albuquerque? -
- Fra dieci giorni. Sentirò la tua mancanza… - Con un gemito sommesso
abbracciò l’amica. - Mi manca, Maria, mi manca da morire… - sussurrò.
Maria la strinse per consolarla, ed in quel momento vide sopraggiungere
Michael, dato che era quasi mezzogiorno. Facendo una piccola smorfia, si staccò
da Liz e le toccò la guancia umida. - Vai a sciacquarti il viso, ne hai
bisogno… e non preoccuparti per il resto. Non appena i tuoi genitori si
saranno calmati ti permetteranno di stare con lui, specie se… - e la guardò
significativamente.
- Lo spero, lo spero proprio… - Liz si passò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio e andò nel piccolo bagno di servizio, seguita dallo sguardo
attento di Michael.
- Come sta? - chiese quest’ultimo non appena rimase solo con Maria.
- Da cani. E Max? Hai sue notizie? -
- Sì. Si sono iscritti a tutti i corsi scientifici disponibili, nella speranza
di imparare qualcosa di utile ai nostri scopi. Isabel dice che stanno bene,
anche se lui è ancora più chiuso di prima… -
- Liz invece è sempre più distratta. Mi ha detto che partirà fra dieci
giorni. E tu? -
- Io resto qui, te l’ho già detto: non ho i soldi per andare al college! -
Sbuffando seccato cominciò a preparare la piastra per gli hamburger. - Tu,
invece? - chiese fingendo indifferenza.
- Mm… Io potrei anche andare a Oxford, se volessi… ma preferisco rimanere a
Roswell - Il tono sarcastico di Maria colpì Michael, che si girò verso di lei
con aria interrogativa.
- Neanche io ho i soldi, stupido! - chiarì lei risentita.
- Bene - Con un sorrisetto malizioso il ragazzo si pulì le mani con uno
strofinaccio e l’afferrò alla vita dandole un bacio mozzafiato.
Colta di sorpresa, Maria impiegò qualche secondo a realizzare quello che stava
succedendo, poi alzò le braccia per afferrarlo alle spalle e restituì il
bacio con una passione tale da farle dimenticare dove si trovavano finché lo
sceriffo Valenti, appena entrato per fare uno spuntino, li salutò ad alta
voce. - Salve, ragazzi! -
I due si staccarono bruscamente e Maria, rossa come un pomodoro, si affrettò a
prendere una brocca di caffè e a versare il liquido bollente in una tazza. -
Buongiorno, sceriffo, cosa desidera mangiare? -
- Il solito, per favore, e una doppia fetta di torta: oggi voglio festeggiare!-
-
Oh, e cosa? -
- Kyle ha superato le prove di ammissione all’Accademia. Partirà dopodomani
-
- Non pensavo che volesse entrare in polizia… - Maria fissò stupita
l’uomo. - Come mai questa decisione? -
- Forse ha scoperto che, nonostante tutto, è un lavoro interessante. E i
vostri amici come stanno? -
In quel momento ritornò Liz, che a quelle parole si volse speranzosa verso
Michael. - Hai notizie di Max? -
- Sì, beh, che corsi ha scelto, il suo compagno di stanza, le solite cose…
Scusa ma… non ti ha mai telefonato? -
La ragazza si strinse nelle spalle. - No. No, e a dire il vero non l’ho
chiamato neppure io… Pensavo che… - Abbassò gli occhi e si fissò le mani
intrecciate nervosamente.
- Pensava che l’avrebbe fatto lui - terminò al suo posto Maria polemica. -
Ma naturalmente voi maschi non avete la più pallida idea di come si tratta una
ragazza! - Disgustata, si allontanò per andare a prendere l’ordinazione
dello sceriffo.
L’uomo nascose un sorrisetto mentre si portava alle labbra la tazza colma di
caffè. “E con il tempo non si migliora…” commentò in silenzio.
Max
moriva dalla voglia di parlare con Liz, di sentire la sua voce, ma sapeva che
non gli sarebbe bastato, che avrebbe voluto averla accanto, e preferiva evitare
di soffrire ancora di più, pur sapendo che per lei era altrettanto difficile.
Il pensiero che Liz potesse essere rimasta incinta lo aveva sfiorato solo per
un attimo, finché non aveva ripensato al giorno in cui l’aveva monitorata
quando la sua pelle brillava di luce interna, ed allora si era tranquillizzato.
E un po’ dispiaciuto. Ma forse era meglio così. Anzi, sicuramente, visto
come stavano le cose… Comunque, non appena il caos che era la sua vita fosse
finito, sarebbe tornato a prenderla e non l’avrebbe mai più lasciata andare!
Fu con un notevole sforzo che riuscì a concentrarsi di nuovo sul libro che
teneva tra le mani. Tutte quelle formule gli danzavano davanti agli occhi
facendolo impazzire per la frustrazione: ogni volta che le guardava gli
tornavano in mente i simboli tracciati sulla parete della caverna nella riserva
indiana e gli veniva mal di testa. Riuscì a studiare soltanto mezz’ora prima
che si distraesse di nuovo, così chiuse il libro con violenza e spinse
indietro la sedia facendo sussultare John, il suo compagno di stanza, un mite
ragazzo occhialuto e dal volto ricoperto di lentiggini. - Vado a fare un giro -
disse bruscamente.
Il
giovane, molto intelligente e sensibile, lo osservò con attenzione. Non
riusciva a capire come mai Max, di solito tranquillo e posato, all’improvviso
avesse quelle reazioni eccessive, soprattutto quando si metteva a studiare
matematica. Forse aveva delle difficoltà, e se glielo avesse chiesto lui
sarebbe stato ben felice di aiutarlo, ma dubitava fortemente che lo avrebbe mai
fatto. Era un tipo molto chiuso, al contrario di sua sorella. Lui adorava
Isabel, la sua bellezza solare, la sua gentilezza, e gli sembrava impossibile
che Max, così cupo, fosse suo fratello, anche perché non si somigliavano
neppure fisicamente.
Intanto
Max era arrivato in fondo al vialetto che portava alla biblioteca, dove incontrò
proprio Isabel.
La ragazza, vedendo la sua espressione corrucciata, si scusò con l’amica con
cui stava parlando e si affrettò a raggiungerlo. - Max, non puoi continuare
così! Che cosa ti sta succedendo? Sei pallido da far paura, e stai dimagrendo
a vista d’occhio… Dannazione, se è per Liz manda tutti al diavolo, prendi
il primo aereo e vai da lei! Cosa mai potrebbero farti?!? -
A quelle parole il giovane accennò un sorriso. - Già, cosa potrebbero
farmi?… Ma non è Liz… almeno, non è sempre per lei… Io… non lo so,
Isabel, non capisco che cosa stia succedendo… Ogni volta che mi metto a
studiare mi vengono in mente quei maledetti simboli e vado in tilt! - Parlava
piano mentre continuava a camminare e la sorella faticava a stargli dietro.
- Max, fermati, ti prego, non stai correndo la maratona! - Esasperata, Isabel
lo afferrò per un braccio e lo guardò in faccia. - Che cosa c’è? - chiese
di nuovo.
- Non lo so, davvero… Da quando siamo partiti da Roswell non riesco a dormire
più di tre ore a notte per colpa degli incubi, e dopo un poco che studio perdo
letteralmente la testa! -
- Vuoi dire che vai in trance? -
- Non lo so, sì, forse… Vedo i simboli, le incubatrici, l’ologramma… Mi
sembra di impazzire!… -
- E gli incubi? - lo incalzò la sorella.
Con una scrollata di spalle il ragazzo si fermò e socchiuse gli occhi. - Gli
incubi… Sono orribili… Di solito iniziano con Pierce e i suoi giochetti,
poi vedo Liz… ma qualche volta sei tu, o Michael, o mamma, o papà… vi
allontanate fino quasi a scomparire e io sono rinchiuso in un guscio da cui non
riesco in nessun modo a liberarmi… E poi vedo i vostri corpi senza vita, e so
che non ho potuto fare niente per salvarvi… -
A
quelle parole gli occhi di Isabel si riempirono di lacrime. - Oh, Max… -
Tremando per l’emozione lo abbracciò e tentò di confortarlo. - Liz sta
bene, e così pure Michael e i nostri genitori, credimi! Forse questi sogni
sono dei messaggi di allarme… In fondo sappiamo che è solo questione di
tempo perché i nostri nemici ci rintraccino, e il fatto che tu sia
rinchiuso… - Inspirando a fondo si scostò un poco da lui e gli prese il viso
tra le mani. - Tu sei davvero chiuso, Max… Sei sempre stato molto riservato,
ma da quando siamo qui… Forse essere stato con Liz ti ha in parte
sbloccato… Io… vorrei entrare nei tuoi pensieri… Posso? - E davanti al
cenno affermativo del fratello lo prese per mano e si avviò verso la palazzina
che ospitava il dormitorio femminile.
- Vieni, andiamo nella mia stanza. Alice è a lezione e potremo stare
tranquilli… -
Giunti a destinazione Max si sdraiò sul letto e Isabel gli si sedette accanto
posando una mano fresca sulla sua fronte. - Adesso rilassati e cerca di non
pensare a niente. Non voglio che ci siano interferenze… -
Il leggero tocco della sorella calmò finalmente Max, che a poco a poco scivolò
in un sonno leggero, quasi uno stato ipnotico indotto, e ancora una volta il
suo inferno personale si scatenò.
La serie di immagini, vivide eppure sfuggenti, sembrava una galleria degli
orrori. Gli esperimenti di Pierce si alternavano a scene di battaglia piene di
sangue e violenza in una sequenza senza fine, ritornando più e più volte come
in un girotondo diabolico. Il corpo di Max cominciò ad essere scosso da
brividi sempre più forti mentre dalle sue labbra sfuggivano lamenti rochi e
spezzati ed Isabel, preoccupata, si chinò su di lui per toccargli entrambe le
tempie e aumentare la forza del contatto. - Max, svegliati! Max, ti prego,
torna in te! Non ce la faccio a rimanere lì, per favore, vieni via con me! -
Adesso erano entrambi bagnati di sudore per la strana lotta che stavano
combattendo contro la violenza dei ricordi di Max, che pian piano li
risucchiava in un abisso di follia.
Disperata, Isabel tolse le mani dalla testa del fratello e gliele posò sul
petto premendo con forza nel tentativo di farsi sentire. - Ti prego, Max, ti
prego!… -
Piangendo per il terrore nel percepire il battito impazzito del suo cuore,
sentiva le pareti del guscio che racchiudeva il ragazzo in una prigione
immaginaria premere contro di lei soffocandola, e in un ultimo tentativo di
aiutarlo si proiettò con tutta la sua forza ed il suo amore dentro quelle
scene raccapriccianti. Fu un attimo: una luce intensa spazzò via tutto, e
rimase solo un’immagine dapprima confusa, poi sempre più chiara.
Imbarazzata, Isabel vide con gli occhi della mente il fratello sdraiato accanto
a Liz mentre faceva l’amore con lei, sentì la pace e la serenità che
emanavano da loro, e una frazione di secondo più tardi l’ondata di passione
che li travolse e, allo stesso tempo, frantumò le sbarre della prigione
mentale di Max. Tremando per l’emozione interruppe il contatto e si lasciò
scivolare in ginocchio accanto al letto. Con la punta delle dita sfiorò il
viso del giovane e lo chiamò sottovoce finché vide le sue palpebre fremere ed
infine sollevarsi. Sorridendo lo fissò negli occhi. - Bentornato, Max… -
disse piano.
Il ragazzo ricambiò il suo sguardo, un’espressione intensa sul volto madido
di sudore. - Ora so chi siamo, e cosa dobbiamo fare - disse con un filo di
voce.
- Bene, ma adesso riposati. Sei stato privo di sensi per quasi due ore, e sono
sicura che se abbiamo aspettato undici anni prima di saperlo, possiamo
aspettare ancora un giorno… -
Max accennò un debole sorriso, poi chiuse di nuovo gli occhi e si addormentò.
Di lì a pochi minuti la porta si aprì ed Alice fece il suo ingresso nella
graziosa stanza che le due ragazze dividevano. - Ciao, perché non sei venuta a
lezione? - Poi vide il giovane sul letto dell’amica e si portò una mano alla
bocca. - Ehi, ma non è…? -
- Sì, è mio fratello Max. Non si sentiva troppo bene così ho preferito
portarlo qui e stargli accanto, nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa -
Isabel parlò con tono disinvolto, nonostante tenesse ancora le dita strette
attorno al polso del giovane per controllarne il battito cardiaco. - Hai preso
molti appunti? -
- Sì, lo sai che Russell dice sempre molte più cose rispetto a quello che è
scritto nei suoi libri… - Alice posò sulla scrivania la pila di quaderni che
teneva sotto il braccio e si lasciò cadere sulla sedia più vicina. - E’
proprio carino… E’ libero? -
Isabel scosse sorridendo la testa. - Oh no, non esiste ragazzo più impegnato
di lui! Il suo mondo inizia e finisce con Liz Parker… -
- Mm… ed è qui anche lei? -
- No, frequenta l’università del New Mexico -
- Già, è vero, voi venite da Roswell… Ma è vero che lì sono atterrati gli
alieni? -
La ragazza si voltò a guardare il fratello addormentato. - No, a Roswell ci
sono solo esseri umani - “Fin troppo umani… Mio dio, Max, è stato il tuo
amore per Liz a incrinare il guscio che ti racchiudeva… Papà e mamma non
dovevano punirti così…” Si chinò a sfiorargli la fronte con un bacio, ed
Alice la guardò incuriosita. - Gli vuoi molto bene, vero? -
- Sì, è un ragazzo davvero speciale - fu la risposta sommessa di Isabel.
Era quasi l’ora di cena quando finalmente Max si svegliò. Impiegò qualche
secondo per capire dove si trovasse poi si volse su un fianco e guardò la
schiena della sorella, seduta alla scrivania intenta a studiare. - Isabel -
disse soltanto, a bassa voce.
Con un sussulto la ragazza si voltò e sorrise piacevolmente sorpresa. - Ciao!
Come ti senti? -
- Meglio, grazie. Mi dispiace di avere invaso la vostra stanza… Posso
invitarvi a cena per sdebitarmi? -
- Certo! - Alice scattò in piedi allungando una mano verso il giubbetto di
jeans abbandonato in fondo al letto.
- Ma ti prego, andiamo subito, ho una fame!… -
L’indomani,
al termine delle lezioni, Max cercò la sorella e la condusse in un punto un
po’ appartato del parco che circondava il campus.
- Allora, cos’hai scoperto? - domandò subito Isabel guardandolo in viso.
- I simboli rappresentano le coordinate del nostro pianeta e la rotta che
bisogna seguire per raggiungerlo. Nella caverna dove si trovano le incubatrici
c’è una porta nascosta che conduce all’astronave. Io non ne sono del tutto
sicuro, ma penso che quando sarò lì ricorderò cosa fare. Ero al comando
della difesa aerea, e sapevo pilotare perfino gli apparecchi del nemico… -
- Cosa vuoi dire? -
- Che il nemico è di un altro pianeta. Un pianeta alleato, che ad un certo
punto ha deciso di conquistarci. Nostro padre non si era mai fidato veramente
del Consiglio di Zoltar, e per questo aveva fatto in modo di conoscere ogni
aspetto della sua tecnologia. Il Consiglio pensava di coglierci di sorpresa,
invece noi eravamo ben organizzati e potemmo opporre una notevole resistenza.
Ma non immaginavamo che molti dei nostri uomini più importanti fossero dalla
loro parte, così alla fine la guerra si è trasformata in un massacro…-
- Allora siamo stati traditi? - Isabel fissò affranta il fratello. - Pensi che
i nostri veri genitori siano riusciti a sopravvivere? -
- Non lo so… Vedi, nostro padre cercò di rinsaldare certi legami nel
tentativo di salvare il pianeta, ma… - Max scosse tristemente il capo e
tacque.
- Ma poi siamo stati uccisi… - concluse piano la ragazza.
- Già, e i legami si sono spezzati ancor prima di essere allacciati - fu
l’amaro commento del giovane.
- Intendi dire tu e Tess? -
- Esattamente. Il nostro era un matrimonio combinato, o, per meglio dire, il
prezzo del ricatto del padre di Tess-
Isabel fissò sconvolta il fratello. - Non posso credere che i nostri
genitori avessero accettato… -
- Io non ero contrario - Al ricordo Max si lasciò andare contro lo schienale
della panchina su cui si erano seduti. - Non so dirti cosa provassi davvero per
lei, e comunque persone che credevamo amiche attaccarono il palazzo reale
dall’interno proprio il giorno delle nozze uccidendoci quasi tutti. Il resto
lo conosci anche tu -
- Già, i costrutti… - Isabel si
morse pensosamente il labbro inferiore. - E cosa mi dici dei nostri poteri? -
- Sono connaturati in noi, ma nel programmare i nostri nuovi corpi li hanno
potenziati. Gli unici limiti che abbiamo sono quelli della nostra memoria -
- Cioè le nostre barriere mentali? -
- Sì. Sono state costruite per proteggerci dagli agenti del Consiglio.
Dovevamo diventare adulti, e in grado di difenderci, prima di poterci
rivelare… Quei poteri emanano una enorme quantità di energia e una volta
liberati ci rendono, per così dire, visibili -
- E’ per questo che Nasedo diceva che non eravamo ancora pronti? -
-
Già. Ma ora il momento è giunto… Fra due settimane sarà la festa del
Ringraziamento e potremo tornare a Roswell senza insospettire papà e mamma…
-
- Io credo che sia giunto il momento di dirgli la verità. Max, per favore! -
aggiunse nel vedere l’espressione del suo viso. - Cosa gli diremo quando
lasceremo la Terra? -
A quelle parole il giovane si incupì ulteriormente. - Va bene -
Più tardi, mentre Alice dormiva tranquilla nel suo letto, Isabel si proiettò
nei pensieri di Michael e gli trasmise tutte le informazioni che aveva avuto da
Max.
-
Ecco i vostri anelli di Saturno! - Liz depose i piatti sul tavolino e nel
raddrizzarsi lo sguardo le cadde sulla porta d’ingresso del Crashdown, dove
aveva ripreso a lavorare il giorno stesso del suo ritorno da Albuquerque per
trascorrere con la famiglia le vacanze per il giorno del Ringraziamento.
“Max!…” Sentì il cuore balzarle in gola e gli occhi inumidirsi. Aveva
sognato quel momento fin da quando il padre le aveva mandato i soldi per il
biglietto aereo, nella speranza che anche Max tornasse a casa per
l’occasione, e adesso non riusciva a convincersi del fatto che lui fosse
davvero lì. Per un lunghissimo istante rimase a guardarlo entrare e fissarla
con quell’espressione seria che conosceva così bene, poi un sorriso timido
le distese le labbra e fece un passo verso di lui.
Nel frattempo anche Maria si era accorta di Max, nonché di Isabel, entrata
subito dopo. - Michael, guarda un po’ chi c’è… - disse voltandosi verso
il ragazzo.
Michael
seguì il suo sguardo e si tolse il fazzoletto che portava in testa per
proteggersi dal sudore. - Torno subito - disse dirigendosi verso il tavolo cui
si erano accomodati.
Max era seduto davanti alla sorella ma poi, vedendo Liz avvicinarsi, si alzò
in piedi e la fissò intensamente negli occhi mentre le sfiorava la guancia in
una carezza gentile. “Mi dispiace averti lasciato sola…”
La ragazza spalancò gli occhi scuri sorpresa. Aveva sentito il pensiero di
Max, aveva avvertito la sua desolazione ed il rimpianto, e con un singhiozzo
soffocato coprì la sua mano con la propria. - Max… - riuscì solamente a
dire prima di sentirsi abbracciare così forte da farle mancare il fiato.
Sollevò il viso per ricevere il suo bacio, inconsapevole delle lacrime di
felicità che avevano cominciato a scenderle lungo le guance.
- Oddio, si ricomincia… - Michael guardò esasperato la coppia, poi lanciò
un’occhiata di sottecchi a Maria, occupata con un avventore.
Isabel sorrise indulgente. - Però è a questo che si deve la liberazione di
Max, non dimenticarlo -
Sbuffando, il giovane le rivolse tutta la sua attenzione. - Ok, allora quando
si comincia? -
- Stanotte. Sei invitato a cena a casa nostra, con Tess, e dopo andremo alla
caverna nel deserto. Nasedo sarà lì ad aspettarci. Ha sentito la mente di Max
ed ha telefonato su tutte le furie per sapere cosa stessimo combinando… -
- Già, per lui non siamo ancora in grado di affrontare i nostri nemici, però
non fa niente per aiutarci! A volte ho l’impressione che ci abbiano mandato
qui solo per perpetuare la specie… -
- Ma nostra madre ha detto che ci aspettano per liberarli! - obiettò
prontamente la ragazza.
- Dopo tutto questo tempo? - fu il commento scettico di Michael.
In quel momento Max si sedette al suo posto trascinando Liz con sé.
- Max, non posso restare qui! Devo servire ai tavoli… - il bisbiglio
imbarazzato della ragazza fece sorridere ironicamente Michael, che disse a voce
altrettanto bassa chinandosi verso l’amico: - E come se non bastasse, sta
arrivando il signor Parker! -
A quelle parole Liz si voltò di scatto e vide il padre incombere su di lei.
- Ti avevo detto di non farti più vedere qui - L’uomo si rivolse con
freddezza a Max senza degnare la figlia di uno sguardo.
Il giovane avrebbe voluto protestare ma fu preceduto da Liz, che si alzò
lentamente in piedi. - Papà, io amo Max, e devi fartene una ragione… - Le
tremarono le labbra e serrò i pugni per farsi coraggio. - Non ci siamo visti
per due mesi, non è abbastanza? -
Parker si girò a guardarla con un’espressione triste sul volto indurito dal
rancore. - No, Liz. Tu hai tradito la fiducia che tua madre ed io avevamo in
te. E Max Evans è un mascalzone che si è portato a letto una ragazzina di
diciassette anni! -
A quelle parole Max s’irrigidì per l’ira. - Non ha alcun diritto di
trattarla così, signore - disse gelido. - Liz è degna del massimo rispetto, e
se oggi sono venuto qui, nonostante il suo divieto, è perché fra pochi giorni
partirò di nuovo e non so se e quando ritornerò. E poiché l’amo davvero
volevo salutarla. Mi dispiace se a lei la cosa non va, ma a me importa solo la
felicità di Liz - Volse il capo ad incontrare lo sguardo sorpreso e disperato
della ragazza e, incurante della presenza del padre di lei, le accarezzò il
viso e la baciò delicatamente un’ultima volta sulle labbra. “Ti amo, Liz,
con tutto il cuore!”
Il pensiero, caldo e forte, colpì Liz come un maglio lasciandola senza respiro
e incapace di dire o fare qualunque cosa mentre Max se ne andava via, seguito
dalla sorella e da Michael.
Rimasti soli, padre e figlia si guardarono negli occhi in silenzio, poi Liz
tornò a sedersi voltandogli le spalle, lo sguardo fisso alle proprie mani
tremanti appoggiate sul tavolo.
- Tesoro, mi dispiace, ma sei ancora troppo giovane per queste cose, e non puoi
legare già da ora la tua vita ad una persona!… Hai ancora tanto tempo per
conoscere gente, fare altre amicizie, trovare magari qualcuno più
interessante… -
Liz sollevò la testa, continuando a dare le spalle al padre. - Non esiste un
altro ragazzo come Max - disse piano. - Non c’è, non ci sarà mai, un altro
come lui su tutta la terra, e se io dovessi perderlo non te lo perdonerò finché
vivo - Muovendosi piano, quasi temesse di andare in frantumi, si alzò e andò
nella sua stanza.
Maria, che aveva assistito a tutta la scena, posò con fare deciso il vassoio
colmo di piatti e bicchieri sporchi sul bancone e corse dietro l’amica.
Dovette bussare a lungo prima che Liz le aprisse, e nel vedere la sua
espressione sconvolta le prese le mani sospingendola con dolcezza sul letto. -
Liz, ma cosa è successo? -
- Io… non lo so… Max ha detto… ha detto che sta per partire e non sa se e
quando tornerà… Lui è… è diverso, ora, è cambiato… Maria, sono
terrorizzata! - Scoppiò in un pianto dirotto e la ragazza la fissò perplessa.
- Hai paura di lui? - chiese con voce incerta.
- No! - Liz si passò una mano sul volto per asciugarsi le lacrime. - No, non
ho paura di lui, ho paura per lui! - Con gesto nervoso si tolse il cerchietto
con le antenne che faceva parte della bizzarra uniforme del Crashdown Café e
lo lanciò attraverso la stanza. - Io penso che si tratti della loro ricerca,
ma non ho potuto chiedergli niente per via di mio padre! -
A quelle parole Maria impallidì. - Vuoi dire che… stanno per lasciare la
Terra?!? -
- Non ne ho idea - Liz si alzò e si mise a cercare qualcosa nell’armadio.
- Che stai facendo? -
- Vado a chiederglielo, e al diavolo i miei genitori! - Esasperata, la ragazza
si strappò quasi di dosso gli abiti da lavoro e si cambiò. Mentre si
avvicinava alla finestra per andarsene dalla scala di sicurezza esterna si
volse un’ultima volta. - Digli pure dove sono, non me ne importa più nulla -
- Brava, così mi piaci! - mormorò Maria agitando il pugno in un gesto di
trionfo. “Se solo quello stupido di Michael meritasse altrettanto! Mmmm, che
rabbia!”
Dovette
suonare a lungo poi, finalmente,
il signor Evans aprì la porta e fissò sorpreso la ragazza ferma sotto la
pioggia battente.
- Max è in casa? -
- Sì, accomodati pure… -
Nell’entrare Liz vide Isabel e la salutò imbarazzata. La ragazza era, come
sempre, vestita all’ultima moda mentre lei si sentiva un disastro, fradicia e
infreddolita.
- Santo cielo, Liz, sei bagnata fino alle ossa! Vieni in camera mia, ti do
qualcosa per cambiarti… -
Stavano per entrare nella stanza di Isabel quando Max apparve sulla soglia
della sua camera. - Liz! -
Ridendo, Isabel si tirò dietro la ragazza. - Dopo, Max, dopo! - e gli chiuse
la porta in faccia.
Asciugatasi e indossati pantaloni e maglioncino puliti, Liz si sentì molto
meglio e fece un profondo respiro prima di rivolgersi all’amica. - Grazie per
i vestiti, Isabel, ma adesso ti prego di dirmi la verità: state per lasciare
la Terra? -
Isabel le sorrise comprensiva. - Non so esattamente cosa succederà, mi
dispiace… E credo che neppure Max lo sappia. Forse questa notte… -
- Questa notte, cosa? -
La ragazza scrollò le spalle. - Max ha scoperto qualcosa e stanotte vuole fare
un esperimento -
- Dove? -
- Liz, ti prego, non insistere! Fino ad ora non ti abbiamo nascosto niente, ma
adesso è diverso! Ora c’è gente che vuole distruggerci, e più cose saprai
di noi più sarai in pericolo! -
- Io penso che sia vero l’opposto - La voce di Liz risuonò stanca. Non ne
poteva più di tutti quei segreti, quei sotterfugi, lei voleva che le cose
tornassero semplici come all’inizio del suo rapporto con Max, e a testa bassa
uscì dalla stanza.
Quando fu nel soggiorno la signora Evans le andò incontro esitante. - Ciao,
Liz, vuoi trattenerti a cena con noi? Ci sono anche Tess e Michael… -
A quelle parole la ragazza cercò con lo sguardo Isabel e ne colse
l’espressione ansiosa. Sapeva che i signori Evans erano all’oscuro della
vera identità dei loro figli adottivi, e comprese che la sua angoscia non era
nulla a paragone di quello che dovevano provare Max e la sorella. Abbassò gli
occhi a disagio ricordando l’imbarazzante scena di due mesi prima, e l’idea
di dover affrontare tutta quella gente che sapeva… Ma poi realizzò che
quella era l’ultima occasione che aveva per stare insieme a Max, così rialzò
lo sguardo e sorrise gentilmente alla donna. - Sì, grazie. Le spiace se
telefono ai miei per avvertirli? -
- Prego, fai pure… - Le indicò l’apparecchio sul tavolino all’ingresso e
andò a prendere l’occorrente per apparecchiare.
Liz fu molto rapida, anche perché non lasciò alla madre il tempo di
obiettare, poi si appoggiò alla parete con espressione pensosa e così la trovò
Max. - Ciao - la salutò sorridendo.
- Ciao. Mi spiace per quello che è successo al Crashdown… -
Il giovane scosse la testa con noncuranza poi la fissò negli occhi. - Grazie
per aver accettato di restare. Ci è rimasto così poco tempo… -
Abbassando la voce a poco più di un sussurro Liz gli sfiorò il torace in una
carezza affettuosa. - I sabel mi ha accennato ad un esperimento. Non correre
rischi, ti prego… -
Invece di risponderle Max le mise una mano dietro la nuca e si chinò a
baciarla.
Durante la cena la conversazione fu piacevole anche se a volte un po’
forzata. La signora Evans sentiva che c’era qualcosa che non andava e ogni
tanto, nell’incontrare lo sguardo del marito, lo fissava con espressione
interrogativa, quasi a cercare il suo aiuto. Poi, dopo aver bevuto l’ultima
tazza di caffè, Max tese la mano a coprire quella di Liz, seduta alla sua
destra, e lanciò un’occhiata al padre. - Noi adesso usciamo. Probabilmente
faremo tardi -
- E dove andate? - Fu sua madre ad intervenire. - Scusate se lo chiedo ma
cercate di capirmi… Max, dopo quello che è successo credi sia opportuno
uscire stasera con Liz? - La donna si rivolse preoccupata verso la ragazza. -
Lo faccio per i tuoi genitori, cara, non per te, credimi! Io sono contenta che
tu e Max stiate insieme, so che mio figlio non avrebbe potuto trovare di
meglio, ma… - Non riuscì a continuare, e Max intrecciò le dita con quelle
di Liz. - Ti prometto che l’accompagneremo subito a casa. Però rientrerò
molto tardi con Isabel: ci sono delle cose che dobbiamo fare insieme a Tess e
Michael -
- Max, ti prego, portami con te! -
- Non posso, Liz. Ma non me ne andrò senza salutarti, credimi! - Il giovane la
guardò dritto negli occhi stringendole forte la mano. - Credimi… - ripeté
piano.
Liz dovette cedere davanti alla sua decisione. - Ti credo - mormorò abbassando
la testa.
Con dolcezza Max le diede un bacio sulla tempia. - Grazie… -
I signori Evans rimasero impassibili davanti al gesto del figlio ma respirarono
più sollevati quando si alzarono tutti da tavola.
- Siate prudenti, ragazzi, mi raccomando! - fu il loro saluto
nell’accompagnare il gruppo fin sulla porta di casa.
Nessuno parlò mentre si dirigevano verso il Crashdown Cafè, poi Max scese
dall’auto insieme a Liz e la scortò fino al locale. Quando furono sulla
soglia il giovane le prese il volto fra le mani. - Io non so se riuscirò a
fare quello che devo, stanotte… Si tratta di qualcosa che ho solo percepito
nei miei ricordi… Potrebbe non succedere niente, e allora domani sarà tutto
come sempre, ma se riuscirò le cose cambieranno in un modo che non posso
neppure immaginare! In ogni caso, se sopravviverò a tutto questo, ricordati
che ti amo e che tornerò da te. Non dimenticarlo mai, ti prego… -
- No, amore… Ma sarà dura aspettarti senza sapere cosa… - Gli occhi
improvvisamente pieni di lacrime, Liz si morse le labbra e si sforzò di
sorridere. - Ti amo così tanto… - Si sporse un poco verso di lui per
baciarlo con passione, e vivide immagini le riempirono la mente.
Quando infine si separarono la ragazza si serrò le braccia al petto. - E’
così strano, il tuo mondo… Fai molta attenzione, e saluta gli altri per me -
Accennò un ultimo sorriso, poi si volse ed entrò nel locale.
Max la guardò sparire oltre la porta a vetri, salutare Maria che stava
servendo l’ultimo cliente e dirigersi verso le scale che conducevano
all’appartamento soprastante. Con un sospiro tornò alla jeep e Michael
rimise in moto.
-
Allora, cosa intendete fare? - Nasedo-Pierce squadrò sospettoso i quattro
alieni.
Max ricambiò l’occhiata fredda dell’uomo. - Risvegliare i nostri ricordi.
So come procedere ma ho bisogno della tua supervisione. Ti sei accorto subito
dell’aumento di attività elettrica nel mio cervello, quindi immagino che, se
riuscirà, il mio esperimento attirerà qui un bel po’ di gente indesiderata,
non credi? Sempre ammesso che i nostri nemici si trovino qui sulla Terra… -
- Su questo puoi contarci, altezza -
Nell’udire il titolo onorifico il giovane lo fissò senza espressione prima
di voltarsi verso gli altri. - Mettetevi come vi ho detto… -
Poco dopo si trovavano disposti su quattro lati, mentre Nasedo teneva sotto
controllo l’area circostante, poi Max chiuse gli occhi e si concentrò. I
suoi pensieri cominciarono a schizzare in mille direzioni. Liz, Pierce, il
corpo della ragazza caldo e tenero sotto di lui, il bisturi che gli incideva il
petto, Michael ricoperto dal bozzolo, Valenti in lacrime chino sul figlio senza
vita, la sua mano sulla ferita mortale di Liz, l’ologramma di sua madre, la
pistola puntata contro di lui da Hubble, il cacciatore di alieni. Tremando per
la tensione, sollevò il viso verso il cielo, tornato sereno, ed emise un grido
senza suono. D’improvviso delle linee azzurre di energia si sprigionarono
dalla sua testa dirigendosi verso Isabel, Michael e Tess.
La violenza del contatto fece sussultare i tre ragazzi, che subito dopo
avanzarono verso Max per potersi prendere per mano.
Sentendosi per la prima volta davvero parte di qualcosa, Michael guardò
l’amico con riconoscenza. - E’ una sensazione meravigliosa. Grazie -
Isabel, invece, rimase in silenzio, ricordando le emozioni che aveva percepito
nel fratello quando si era liberato da solo e ringraziandolo mentalmente per il
dono che aveva fatto di se stesso.
Anche Tess non disse nulla, mentre si voltava verso Max. “Sei davvero un
leader… La forza della tua mente è incredibile, per questo tua madre era così
sicura di poter contare su di te…”
Il giovane ricambiò i loro sguardi colmi di attesa e si volse verso
l’imbocco della caverna. - Andiamo - disse semplicemente.
Una volta all’interno si diresse senza esitare verso un punto ben preciso
della parete più interna e premette entrambe le mani contro la pietra, che
sembrò dissolversi sotto il suo tocco.
Mentre gli altri si guardavano intorno senza parole per lo stupore, lui
raggiunse la piccola cabina di pilotaggio ed inserì i due graniliti
improvvisamente comparsi nelle sue mani nelle apposite nicchie davanti ai
sedili.
- Come hai fatto? - gli chiese ad un tratto Isabel.
Max sfiorò con espressione intenta i comandi ordinatamente disposti sul
pannello sopra una delle due nicchie.
- Ho ricordato - Lo sguardo gli si incupì. - I graniliti non sono solo dei
trasmettitori, sono anche una fonte di energia. La fonte che fa muovere
quest’astronave -
- Vuoi dire che adesso possiamo tornare sul pianeta da cui proveniamo? - chiese
Michael con sguardo brillante e pieno di aspettativa.
- Sì. I simboli nella caverna di River Dog indicano la rotta da seguire.
Possiamo partire anche subito, arrivare là, e morire ancora prima di aver
toccato il suolo… -
- Come? -
Fu Tess a rispondere. - Max ha ragione. Dobbiamo prima studiare un piano. Forse
Nasedo…? -
A quel punto si inserì Isabel. - Nasedo è solo una baby sitter. Sta a noi
decidere come muoverci, quindi cominciate a tirare fuori idee sensate! - Girò
bruscamente le spalle agli amici e andò a sedersi al posto accanto al
fratello. - Michael, tu eri il braccio destro di Max: cosa suggerisci? -
Preso alla sprovvista, il ragazzo si passò una mano tra i folti capelli
biondi. - Dammi tempo, ho ancora le idee un po’ confuse… -
- Sentite, torniamo a casa, pensiamoci un po’ su, e domani ne riparliamo con
calma! E’ chiaro che ormai abbiamo fatto sapere a tutti della nostra presenza
qui e quindi non c’è tempo da perdere, ma se non stabiliamo un piano
d’azione in grado di funzionare non credo che usciremo vivi da Roswell… -
A quelle parole i tre amici si voltarono verso Max, finalmente consapevoli di
quello che significava la conquista del loro passato.
Dopo una notte insonne Max si alzò all’alba e andò nella stanza della
sorella. - Isabel? Isabel, sei sveglia? -
Con un gemito la ragazza nascose la testa sotto il cuscino. - A cosa serve
chiudersi a chiave se poi tu entri lo stesso? -
- Dai, Isabel, è importante! E’ una cosa cui tieni moltissimo… -
A quelle parole lei sollevò il cuscino per guardare il fratello, poi richiuse
gli occhi tirando giù il lenzuolo che la copriva fino al mento. - Ok,
sentiamo! -
- Dobbiamo parlare a mamma e papà -
- Come?!? - Isabel scattò in piedi. - Adesso? -
Max la guardò con dolcezza. - Possono accadere un sacco di cose, nei prossimi
giorni, ed è meglio avvertirli subito -
- Già… -
Attese
che tutti avessero finito di fare colazione, poi Max si appoggiò allo
schienale e diede un’occhiata rapida ma intensa prima alla madre poi al
padre. - C’è una cosa molto importante che dobbiamo dirvi… Una cosa che
riguarda la nostra vera famiglia… -
La signora Evans poggiò il mento sulla mano per darsi un contegno. Aveva
sempre temuto che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, e con un senso di
vuoto nello stomaco concentrò tutta la sua attenzione sul bel volto del
figlio.
- In realtà qualcosa la conoscevamo già da tempo, ma di recente abbiamo
scoperto dell’altro - Max si girò un attimo verso la sorella prima di
cercare gli occhi della madre. - Noi veniamo da un altro mondo. C’era una
guerra, e sia io che Isabel siamo rimasti uccisi. E così pure Michael e
Tess… - Si rivolse al padre, avendo sentito il suo ansito di sorpresa. - I
nostri veri genitori hanno prelevato il DNA di tutti e quattro e lo hanno
consegnato ad una squadra di esploratori. Nel 1947 un’astronave precipitò
davvero nel deserto, qui in New Mexico: due degli esploratori morirono
nell’impatto, uno è morto qualche anno fa, il quarto è ancora vivo e fa
tutto quello che è in suo potere per proteggerci dai nemici che ci hanno
seguito dal nostro mondo e dai cacciatori di alieni dell’FBI. Quando uscimmo
dalle nostre incubatrici nell’astronave non c’era nessuno. Avevamo
l’aspetto di bambini di cinque anni e non sapevamo niente del nostro passato,
e camminammo nel deserto finché ci trovarono e ci portarono
all’orfanotrofio. Negli ultimi mesi sono successe… delle cose… che hanno
risvegliato la mia mente, e qualche giorno fa la memoria mi si è sbloccata del
tutto. Ma ora i nostri nemici sanno che siamo qui e verranno a cercarci.
Dovremo combatterli, e potremmo anche non farcela… -
- Max! -
L’esclamazione della donna lo fece voltare verso di lei. - Mi dispiace,
mamma, per non averti detto niente, nemmeno quando mi hai pregato di farlo, ma
ora capisci perché non potevo… Adesso però dovete sapere tutto per poterci
aiutare -
- Cosa possiamo fare per voi? -
- Non dite nulla di tutto questo a nessuno, nemmeno agli agenti federali. E se
dovessimo sparire improvvisamente dalla circolazione non cercateci: potrebbe
essere pericoloso sia per noi che per voi… Io spero di riuscire a fare quello
per cui siamo stati creati, e… non so cosa succederà dopo… - Il suo
sguardo aperto e franco costrinse il signor Evans a credere l’incredibile, e
nel silenzio improvvisamente sceso Isabel si alzò per andare ad abbracciare la
madre. - Mi dispiace, mamma… - sussurrò con voce incrinata dal pianto.
La donna ricambiò affettuosamente la stretta. Quello che aveva appena sentito
sembrava assurdo, ma ricordava le lunghe ore passate a studiare i filmini
girati ai suoi figli quando erano piccoli, e i sospetti dello sceriffo sul modo
in cui Max aveva spento l’incendio in cucina. - Lo sceriffo Valenti lo sa? -
chiese ad un tratto cercando lo sguardo del figlio, che si limitò a chinare la
testa in cenno d’assenso.
- Ci ha aiutato in più di un’occasione - spiegò Isabel.
- E ora dovete partire? - chiese il padre.
- Sì -
In quel momento qualcuno suonò alla porta e Isabel, dopo aver stretto
con dolcezza una spalla della madre, andò ad aprire. - Michael! -
Il ragazzo entrò in fretta chiudendosi la porta alle spalle. - Nasedo ha visto
qualcosa. Dobbiamo andare alla riserva indiana, lui è già
lì -
- D’accordo. Chiamo Max… - Mentre si girava per tornare in sala da pranzo
vide sopraggiungere il padre. Gli sorrise con una punta d’imbarazzo. - Scusa,
papà, ma dobbiamo andare. Sembra che la caccia sia già cominciata… -
Michael s’irrigidì. - Glielo avete detto! - disse con tono d’accusa.
- Potremmo rimanere uccisi. Qui o sul nostro mondo. Avevano il diritto di
sapere! - Seccata per la sua reazione, Isabel
distolse bruscamente lo sguardo dall’amico e corse a chiamare il fratello.
- Ho trovato delle tracce
di pneumatici nei pressi della caverna e River Dog mi ha confermato la presenza
di estranei. Chiunque sia entrato qui dentro ora sa dell’esistenza
dell’astronave, dato che ha trovato le indicazioni della rotta per il pianeta
Antar. Dobbiamo studiare bene queste impronte e poi controllare l’area
intorno alla grotta… -
Max fissò attentamente i segni sul terreno morbido e sentì qualcosa scattare
nella sua mente. Si girò piano verso Michael incontrandone lo sguardo e un
sorrisetto gli distese le labbra: ormai la loro vera personalità era venuta
alla luce in tutta la sua interezza e la caccia che li aspettava era qualcosa
di molto familiare.
Impiegarono buona parte della giornata per rintracciare i tre uomini che
avevano trovato i simboli nella caverna e, con l’aiuto di Nasedo, li
eliminarono usando i loro poteri mentali. Una volta assicuratisi che non ci
fosse nessun altro alieno nei paraggi, si recarono all’astronave per
verificarne il funzionamento e avviare le procedure di stand by.
Tornati a Roswell, Isabel e Max
cercarono di trascorrere una serata tranquilla insieme ai loro genitori e a
Michael e Tess gustando l’ottimo tacchino ripieno preparato per la festa del
Ringraziamento dalla signora Evans, mentre Nasedo, seduto in macchina vicino
alla loro casa, teneva d’occhio la strada, ma la tensione era forte e dopo
cena i ragazzi si ritirarono nella stanza di Max.
Finita l’eccitazione della caccia, i quattro giovani si erano ritrovati a
fare i conti con il peso delle loro doppie personalità. Michael era ancora
sconvolto per aver dovuto uccidere di nuovo ed Isabel e Tess non sapevano cosa
dire per rasserenarlo. Incerto su come agire, Max stava appoggiato alla parete
e fissava in silenzio il giovane sdraiato sul letto. Nonostante i ricordi delle
centinaia di missioni militari cui avevano partecipato insieme fin
dall’inizio della guerra che aveva insanguinato il loro mondo, e la
consapevolezza che Michael fosse addirittura specializzato in sabotaggi e
avesse una particolare predisposizione per i piani strategici, non cambiava il
fatto che davanti a lui non ci fosse solo il suo vice, come lui non era
l’erede al trono di Antar, ma un ragazzo di diciassette anni allevato da un
uomo ubriacone e manesco, che aveva da poco finito il liceo… Pieno di
compassione per lui, gli si avvicinò e fece per toccarlo.
- No, lasciami in pace! - Il giovane agitò un braccio per allontanare la sua
mano ma Max lo schivò abilmente e si sedette al suo fianco. - Posso farti
rilassare. Per favore, lascia che ti aiuti! Sei sempre stato un dannato
individualista, ma adesso stai lottando per me, e stai soffrendo per questo…
Me lo devi, accidenti a te! -
Sorpreso per la sua veemenza, Michael lo lasciò fare. - Se sei così duro con
gli amici non oso pensare a come tratterai i tuoi nemici!… -
Fu Tess a raccogliere la battuta. - Il principe di Antar era noto per la sua
forza e la sua integrità morale -
Isabel fece una smorfia. - Sì, il principe perfettino… E stava anche per
sposarti, pur di proteggere il pianeta… - disse a mezza bocca.
Max però la udì, o meglio percepì le sue emozioni e sorrise mentre l’amico
si distendeva al tocco delle sue dita sulla fronte. - Noi siamo diversi
rispetto a quello che eravamo su Antar - Si voltò verso la sorella. - La
nostra parte umana è molto forte, soprattutto perché siamo cresciuti senza la
guida di Nasedo. I principi di Antar e i loro compagni non esistono più, sono
morti da oltre cinquant’anni: ora ci siamo noi… - Si alzò lentamente in
piedi. - Domani mattina partiamo per New York. Nasedo ha controllato alcune
informazioni ricevute dagli agenti dell’FBI e pensa che sia meglio andare a
vedere di persona. Restate a dormire qui, io devo uscire, e poi userò il
divano in salotto. Buonanotte… -
- Buonanotte -
- Buonanotte - Tess lo guardò imbronciata poi si accorse del sorrisetto
malizioso di Isabel e si strinse nelle spalle. - Beh, mi piace, cosa posso
farci? - disse mentre la ragazza apriva l’armadio per tirarne fuori lenzuola
e coperte.
Lo sceriffo radunò le
pratiche inevase e le ripose nel cassetto poi, sentendosi osservato, alzò lo
sguardo e vide Max Evans in piedi sulla soglia del suo ufficio avvolto nella
penombra.
- Salve, sceriffo -
- Max! Vieni, è successo qualcosa? -
- Sì. Ho bisogno di un favore… - Il giovane si avvicinò lentamente alla
scrivania e cercò lo sguardo di Jim Valenti. - Stiamo per lasciare Roswell, e
vorrei che lei tenesse d’occhio Liz. E avverta anche Kyle. Nel guarirli
li ho… diciamo segnati, e quelli che ci cercano potrebbero sentirlo.
Faccia molta attenzione alle facce nuove che vedrà nei prossimi giorni… -
Accennò un sorriso di saluto e se ne andò silenziosamente come era arrivato.
Controllando di non essere seguito, attraversò la città deserta data l’ora
tarda e si diresse al Crashdown Café.
“Max!” Liz posò bruscamente la spazzola sul comodino e corse alla
finestra. L’aprì tremando per la folata di aria gelida che fece condensare
il suo respiro ed uscì sulla terrazza. Max era lì, accanto alla scala
d’emergenza. - Max! - Corse ad abbracciarlo poi lo prese per mano. -
Entriamo, ti prego, qua fuori si gela! -
Il giovane scavalcò la finestra dietro di lei, poi le mise le mani sulle
spalle e le diede un bacio sul collo. - Mi sei mancata… - disse piano.
Sorridendo, Liz reclinò la nuca contro la sua spalla. - Anche tu - Si girò
lentamente per guardarlo in viso e nel vedere i suoi occhi capì. - Sei venuto
a salutarmi - disse con voce triste.
- Sì - Max le accarezzò la guancia con la punta delle dita. - Ho chiesto a
Valenti di vegliare su di te e su Kyle. Ma sono preoccupato soprattutto per te,
perché abbiamo fatto l’amore e questo ha rafforzato la mia impronta… Ti
prego di fare molta attenzione e di non muoverti mai da sola. Me lo prometti? -
La ragazza annuì in silenzio poi gli mise le braccia intorno al collo e lo
baciò a lungo sforzandosi di combattere l’emozione.
Nel sentire il suo corpo caldo e abbandonato contro di sé il giovane
l’abbracciò più forte baciandola con foga.
- Liz… Liz… - La guardò un istante negli occhi poi tornò a baciarla come
se ne andasse della sua stessa vita. Travolta dal desiderio, Liz fece scivolare
le mani lungo la sua schiena e gli si aggrappò ai fianchi gemendo
sommessamente.
Incapace di resistere, Max la sospinse verso il letto e la spogliò in fretta
mentre lei gli sfilava il giubbotto di pelle e la camicia prima di slacciargli
i jeans.
Il torace del giovane era liscio e muscoloso, e la ragazza lo accarezzò con
forza amando il calore che le trasmetteva. Il grido di piacere che le nacque
dentro quando Max si unì a lei fu soffocato dall’ennesimo bacio e le sue
unghie lo graffiarono quasi a sangue poi, incapace di parlare, lo serrò forte
come se non volesse più lasciarlo andar via.
- Liz, ti amo da impazzire… - Max parlò dolcemente contro il suo orecchio. -
Non so cosa mi aspetta, ma farò di tutto per tornare, te lo giuro… - Le
diede tanti piccoli baci lungo la guancia fino a sfiorarle di nuovo le labbra.
- I miei sanno la verità, adesso, così, se hai bisogno di qualsiasi cosa,
rivolgiti a loro, va bene? Io spero che riusciremo a neutralizzare tutti gli
alieni che ci danno la caccia, prima di lasciare la Terra, ma tu fai sempre
molta attenzione: ho bisogno di te, ricordalo! - La baciò con dolce violenza
poi si sollevò su un gomito per guardarla. - Il mio cuore è nelle tue mani…
- disse piano sorridendole in quel modo che la faceva sciogliere tutta.
- E tu hai il mio… - rispose fissandolo negli occhi. - Per sempre… -
Le diede un ultimo bacio e si sciolse delicatamente dall’abbraccio. - A
presto, amore -
- A presto - Trattenendo a fatica un singhiozzo Liz gli accarezzò un’ultima
volta la schiena e gli diede un bacio leggero su una spalla, poi lo guardò
rivestirsi.
Ormai pronto per andarsene, il giovane si volse verso di lei. - C’è ancora
una cosa, che posso fare… - Le posò gentilmente la mano destra sul basso
ventre e dalle sue dita scaturì una lieve luminescenza. - E’ meglio saperlo
subito, se sei rimasta incinta… - disse piano.
A quelle parole la ragazza lo fissò sorpresa ma prima che potesse dire
qualcosa lui scosse la testa. - No, non è successo -
- Mi dispiace… - La voce di Liz risuonò triste, e Max le sfiorò con affetto
i capelli. - E’ meglio così, amore mio. Questo non sarebbe stato il momento
migliore… - Poi andò alla finestra e la scavalcò, sparendo nella notte.
Rimasta sola, Liz nascose il viso contro il materasso e pianse fino allo
sfinimento.
- E’ ora di alzarsi! -
Max scosse gentilmente la sorella, che lottò per aprire gli occhi. - Ok -
Tess, sdraiata accanto a lei, si svegliò di colpo. - Max! -
- La colazione è pronta e Michael è già in piedi: se vi sbrigate mangiamo
tutti insieme… -
- D’accordo… - Con voce assonnata Isabel scostò le coperte. - Arriviamo
tra cinque minuti -
- Bene -
Sentendo suonare la porta, Max cercò di ravviarsi i capelli. “Chi può
essere a quest’ora?”
- Ciao. Michael è qui? -
- Maria! Sì, entra! - Il giovane le fece un cenno col braccio. - Di là in
cucina. Hai già fatto colazione? -
- No, e non ho fame, grazie - La ragazza alzò il mento con fare sdegnoso. -
Quell’essere me l’ha fatta passare - borbottò mentre si dirigeva verso la
stanza indicata.
- Ciao… - Con la solita espressione timida e imbarazzata, Alex, che stava
alle spalle di Maria, fece a sua volta un passo in avanti. - Ero al Crashdown
quando Liz ha detto a Maria che stavate per partire e… ecco, volevo salutare
Isabel. E’ già sveglia, immagino… -
Accennando di sì con la testa Max indicò la strada all’amico e richiuse la
porta dietro di lui.
La cucina si riempì di ragazzi e voci basse ma concitate. Maria aggredì
verbalmente Michael non appena lo vide, rinfacciandogli di non aver avuto il
coraggio di andare da lei.
Isabel, invece, era arrossita nel vedere Alex, poi l’aveva abbracciato con
tenerezza. - Mi dispiace, Alex, ma pensavo che fosse più facile non dirti
niente… Grazie per essere venuto… -
Improvvisamente rattristato, Max volse le spalle alla sorella ed agli amici e
si mise a preparare la colazione, poi andò a chiamare i genitori.
A dire la verità nessuno di loro aveva molta fame, data l’emozione che
provavano, poi i quattro alieni radunarono le ultime cose e salutarono i
signori Evans e i loro amici. Nell’abbracciare la madre, Isabel scoppiò in
lacrime. - Mi mancherai, mamma… -
- Torna sana e salva, ti prego… - La donna la strinse forte e le accarezzò
teneramente i capelli. - Max, per favore, fate molta attenzione… - Diede una
lunga occhiata al figlio adottivo poi gli sfiorò una guancia. - Mi dispiace
averti tenuto lontano da Liz… -
- Non preoccuparti, mamma. Abbi cura di te… -
Michael, invece, dopo aver ascoltato in silenzio le ennesime accuse mossegli da
Maria, le bloccò la nuca in una presa ferrea e la baciò con forza poi se ne
andò con gli altri.
Senza fiato, la ragazza rimase immobile mentre gli occhi le si riempivano di
lacrime.
Salito sull’auto di Nasedo, il gruppo si allontanò a velocità sostenuta.
Il suono del motore attirò Liz fuori del Café. Nel vedere l’automobile
grigio argento passare davanti al locale trattenne un grido soffocato. - Max! -
Il volto del giovane, pallido e serio, era girato verso il finestrino e la
ragazza poté vederlo solo di sfuggita ma le bastò per cogliere il suo sguardo
dolente. - Ti amo, Max… -
Il frastuono di New York
colpì sgradevolmente i giovani che, dopo aver vagato per un giorno intero nei
meandri della città, decisero di allontanarsene per poter controllare la
situazione da un punto che offrisse loro una visione d’insieme. Nasedo li
condusse fino alla cima del World Trade Center e da lì ammirarono a lungo
l’immensa distesa di grattacieli e luci.
- Come facciamo a trovarli? Non sappiamo chi o quanti siano… - Isabel si
strofinò sovrappensiero le braccia, poi si volse verso il fratello. - Max…
Max? -
Il giovane non sembrò averla sentita. Il suo sguardo era perso nel vuoto, ma
il pulsare di una vena sulla mascella fece capire a Nasedo che c’era qualcosa
di strano. - Altezza? -
Michael lanciò un’occhiata ironica all’uomo, poi studiò un attimo il suo
amico e senza dire una parola gli si mise alle spalle, schiena contro schiena,
gli occhi fissi nel vuoto.
Stupita, Isabel guardò interrogativamente Tess, che si strinse nelle spalle.
- Stanno monitorando la città - disse all’improvviso Nasedo. - Possono
percepire la presenza di altri come voi -
- Ed essere percepiti? -
- Sì -
Isabel si morse le labbra e rimase in silenzio a fissare la città fino a
quando i due ragazzi non si scossero.
- Avete scoperto qualcosa? -
Il fratello sbatté lentamente le palpebre. - Sì, laggiù - e indicò un punto
preciso alla sua destra.
Di lì a due ore camminavano con cautela nei paraggi dell’edificio
individuato da Max, poi tutto accadde in pochi istanti. Degli uomini uscirono
all’improvviso sparando brevi raffiche di raggi luminosi bluastri che
sprigionavano un forte odore di ozono ogni volta che toccavano qualcosa.
I quattro amici si sparpagliarono immediatamente per offrire il minor bersaglio
possibile mentre Nasedo cercava di evitare che li aggirassero alle spalle.
Non ci fu il tempo di esitare o di farsi scrupoli. Si trattava di uccidere o di
essere uccisi, e nessuno di loro si sottrasse al suo dovere, anche se, quando
fu tutto finito, Isabel si precipitò tra le braccia del fratello cercando
conforto.
Tess guardò i due con un po’ di tristezza. Il fatto di essersi spostata di
frequente insieme a Nasedo non le aveva consentito di stringere molte amicizie
poi, quando aveva trovato i due Evans, e riconosciuto in Max il suo perduto
sposo, si era sentita al settimo cielo. Ma la preferenza del ragazzo per Liz e
l’estrema riservatezza con cui le si rivolgeva le facevano male al cuore.
Sospirando, si volse in direzione di Nasedo. - E adesso? - chiese
sommessamente.
- Adesso si ricomincia. C’è ancora molto da fare prima di poter partire per
Antar - L’uomo guardò impassibile Max, che teneva ancora la sorella tra le
braccia. - Sì, c’è molto da fare… -
Dopo un’accurata ricerca nell’appartamento che i loro nemici avevano
utilizzato come base, scoprirono che la rete di spie che da tempo cercava le
tracce dell’erede al trono e dei suoi compagni copriva non solo il territorio
degli Stati Uniti ma l’intero pianeta.
Nasedo, che lo aveva sospettato fin da quando la famiglia reale gli aveva
affidato l’incarico di vegliare sulla sopravvivenza dei ragazzi, era molto
preoccupato per la forte umanità presente nei suoi protetti, soprattutto per
quello che riguardava Max il quale, come erede al trono, non avrebbe mai dovuto
presentare segni di debolezza. Soddisfatto per il comportamento di tutti
davanti al nemico, si rendeva però conto che alcuni dei tratti caratteriali
degli originali erano andati perduti nei cloni-costrutti, e non sapeva cosa ciò
avrebbe comportato una volta tornati su Antar.
Dal giorno successivo, comunque, grazie ai suoi contatti con l’FBI, l’uomo
poté seguire una serie di indizi che condusse il gruppo in vari Stati e,
lentamente, il cerchio di controllo si spezzò.
“Ormai
Natale è passato, e così i ricordi di un giorno lontano, quando una
pallottola vagante ha cambiato per sempre la mia vita. Non ho più saputo
niente di Max, neppure i suoi genitori ne hanno avuto notizie, ma l’uomo che
ieri mi pedinava e che lo sceriffo ha arrestato mi fa sperare che sia ancora
vivo. Che siano ancora tutti vivi. Altrimenti che senso avrebbe mandare
qualcuno a spiarmi? Dopodomani ripartirò per Albuquerque e lo studio mi aiuterà
ad andare avanti. Forse non dovrei più tornare a Roswell finché questa storia
non sarà finita, se mai finirà…Maria e Alex sono preoccupati per me,
vorrebbero che uscissi, che incontrassi altri ragazzi, ma come posso farlo
quando il mio cuore, la mia anima, piangono per Max?”
Liz chiuse il diario e con gesti lenti lo ripose nel suo nascondiglio, un
doppiofondo che aveva pazientemente cucito dentro la borsa da viaggio. Da
quando era stata scoperta con Max, era sicura che di tanto in tanto sua madre
entrasse nella sua stanza e frugasse alla ricerca di chissà quali segreti. Lei
aveva un solo segreto, ed era troppo importante perché ne lasciasse tracce in
giro. Ricordava il terrore che aveva provato quando il suo diario era
scomparso, e dopo che Michael glielo aveva restituito aveva provveduto a
trovargli un posto assolutamente sicuro.
Si avvicinò alla finestra e guardò nel buio. “Dove sei?” chiese sperando
in una impossibile risposta, poi si cambiò per la notte e, nel calduccio del
suo letto, prese il portaritratti sul comodino per guardare la foto che la
ritraeva accanto al ragazzo. Erano entrambi sorridenti e spensierati, ignari di
quello che sarebbe successo di lì a poco, e sentì gli occhi pizzicarle. Con
un profondo senso di rammarico rimise l’oggetto a posto e spense la luce per
cadere subito dopo nel sonno leggero ed agitato che le era divenuto abituale.
- Max! - Con un grido di
orrore Liz spalancò gli occhi e rimase per un istante agghiacciata. La sua
compagna di stanza, svegliata di soprassalto, la raggiunse di corsa. Da qualche
notte il sonno di Liz era turbato dagli incubi, ma stavolta doveva trattarsi di
qualcosa di veramente brutto data la sofferenza che le si poteva leggere in
volto. - Liz, sei sveglia? - Patricia O’Neal le mise con gentilezza una mano
sulla spalla ma, nel vedere la sua espressione assente, si affrettò ad andare
in bagno per prenderle un bicchiere d’acqua.
- Dai, bevi, in fondo è stato solo un brutto sogno!… -
Liz focalizzò lo sguardo sull’amica. - Non è stato un sogno… - disse
piano, poi si alzò in cerca del suo cellulare e telefonò a Maria, incurante
dell’ora tarda.
Nell’udire che anche la ragazza aveva avuto degli incubi, pur non riuscendo a
ricordarne i dettagli, Liz sentì il cuore batterle all’impazzata. Mormorate
delle scuse per averla svegliata, salutò l’amica ed interruppe la
comunicazione poi si rannicchiò sul letto piangendo in silenzio.
Non sapendo cosa fare, Patricia le si sedette accanto e le carezzò i capelli
nel tentativo di calmarla.
Dopo qualche minuto Liz si volse verso di lei. - Torna pure a letto… - disse
piano, - e… grazie… - Poi tornò a dondolarsi lentamente con la guancia
premuta contro le ginocchia sollevate al petto mentre le immagini di Max ferito
a morte continuavano a scorrerle davanti agli occhi.
Quando la sveglia suonò Patricia quasi cadde dal letto ma poi, vedendo
l’amica ancora raggomitolata con lo sguardo perso nel vuoto, tornò a
sederlesi vicino e le parlò con dolcezza cercando di convincerla ad alzarsi e
vestirsi. - Magari non andare alle lezioni, se non te la senti, però devi fare
colazione! -
Muovendosi come in sogno Liz obbedì e seguì la ragazza fino alla mensa del
college. Finito di mangiare tirò fuori dalla tasca della giacca il cellulare
e, dopo una breve esitazione, chiamò i signori Evans, i quali, tuttavia, non
avevano novità da comunicarle. Non osò dire loro del sogno premonitore che
aveva fatto ma sentì la debole speranza che per un attimo l’aveva riscaldata
svanire come neve al sole, e Patricia non riuscì a scuoterla dalla
prostrazione in cui cadde da quel momento.
Dopo uno stressante
inseguimento da una parte all’altra della Terra, che li aveva visti sempre
vincitori grazie ai preziosi consigli di Michael, i cinque alieni erano infine
ritornati a Roswell. Non ritenendolo sicuro, preferirono evitare la città e si
recarono direttamente alla grotta in cui si celava l’astronave. Fatte le
ultime verifiche, sigillarono i due vettori sopravvissuti indenni all’impatto
e avviarono le procedure di decollo.
Max e Michael, seduti ai posti di pilotaggio, sembravano perfettamente a loro
agio mentre Isabel, rattristata per non aver potuto salutare per l’ultima
volta i genitori, si era ritirata in una delle due piccole cabine arredate in
modo molto spartano con quattro cuccette retrattili, destinata a lei e Tess.
Quando Tess si era a sua volta ritirata, l’aveva trovata rannicchiata nella
cuccetta inferiore immersa in un sonno profondo.
Il viaggio verso Antar durò tre giorni, durante i quali i giovani cercarono di
fare dei piani alternativi in grado di fronteggiare qualsiasi situazione
avessero trovato una volta giunti sul loro pianeta natale ma la realtà fu,
come spesso avviene, più complicata del previsto.
La famiglia reale era stata completamente distrutta, come tutte le principali
casate ad essa fedeli, e dopo diciotto anni il Consiglio di Zoltar si era
insediato in maniera più o meno stabile alla guida di Antar, nonostante
l’esistenza di un deciso fronte di ribellione che aspettava con ansia il
ritorno del legittimo erede al trono.
L’arrivo dell’astronave di Nasedo era stato registrato dai sistemi di
rilevazione delle forze di resistenza, che per una manciata di ore, e
probabilmente per una buona dose di fortuna, erano riuscite a raggiungerla per
primi ed avevano portato al sicuro Max e i suoi compagni.
Non fu facile spiegare in breve tutto quello che era successo in quegli anni ma
il giovane, recuperato in maniera totale il suo passato, non ebbe alcuna
difficoltà ad afferrare anche i significati più nascosti di quella lotta
sotterranea e, ancora una volta, Isabel dovette riconoscerne le grandi doti
umane e politico-militari. Michael, a dire il vero, non era stato da meno
mentre Tess sembrava essersi ritirata in se stessa.
La ragazza, in effetti, era rimasta profondamente ferita dalla scelta di Max e
sentiva di non appartenere a nulla, non al suo mancato sposo né tantomeno a
quel pianeta profondamente cambiato. Della sua famiglia si erano salvati solo
alcuni lontani cugini, che non aveva neppure tentato di contattare, ed aveva
deciso di restare al fianco di Nasedo, che in fin dei conti le aveva fatto da
padre adottivo.
La presenza del giovane re aveva ridato speranza ai capi della rivolta, e in
breve erano stati organizzati attacchi molto duri e decisi al cuore del potere
dell’invasore.
Isabel, durante i rari momenti di tranquillità, aveva parlato a lungo col
fratello. A differenza di lui, infatti, non era riuscita ad adattarsi
completamente a quella nuova vita, le mancavano Alex e le sue amiche, la madre
che l’aveva cresciuta circondandola di un amore infinito, e tutto quello
spargimento di sangue per la conquista del trono le sembrava una cosa
raccapricciante.
E Max le aveva rivelato di sentirsi altrettanto estraneo alla realtà di Antar
ma che non poteva sottrarsi al dovere che gli imponeva di riportare la pace sul
suo mondo natale. I loro genitori erano morti per difendere Antar, e lui doveva
continuare la lotta fino alla liberazione del pianeta. Che gli piacesse o meno.
Il suo cuore piangeva per Liz, ma adesso la sua vita era al servizio di Antar.
Michael era rimasto molto deluso nello scoprire come tutto, su quel mondo,
ruotasse intorno alla figura di Max come liberatore. Nessuno li considerava per
loro stessi, bensì per quello che potevano fare per la lotta dei ribelli.
Aveva tanto sperato di trovare una famiglia, una vera famiglia, e invece tutto
quello che gli era rimasto era la fedele amicizia di Max e di Isabel. Come già
era stato sulla Terra. Lui era solo, era destinato a rimanere solo. Anche se in
un angolo profondamente nascosto della sua anima il ricordo del volto di Maria
lo riscaldava quasi senza che se ne rendesse conto.
Quel giorno, iniziato come tanti altri, con riunioni ad alto livello per
esaminare le informazioni raccolte dalle squadre di spionaggio e coordinare le
operazioni di attacco, aveva avuto un’imprevista svolta quando era stato
condotto davanti ai due fratelli May Hornem, il braccio destro del presidente
del Consiglio di Zoltar.
Il Consiglio era stato messo duramente sotto accusa per la recrudescenza
dell’opposizione degli abitanti di Antar e il suo presidente, nel disperato
tentativo di salvare tutto quello che aveva costruito negli ultimi
cinquant’anni, aveva deciso di scendere a patti con i ribelli. Non aveva
nessuna intenzione di rinunciare alla ricchezza economica ed al potere che gli
derivavano dal controllo di quel pianeta, ma il rischio era diventato troppo
grande. L’inaspettato ritorno sulla scena del legittimo sovrano aveva
modificato profondamente l’equilibrio che era riuscito a raggiungere ed ora
doveva correre ai ripari.
L’incontro richiesto da Hornem aveva suscitato i sospetti di tutti i
comandanti di Max, che però non aveva voluto sottrarsi al confronto. Il
giovane era consapevole di correre un rischio enorme, che probabilmente si
trattava di una trappola, ma non vedeva altre alternative per porre fine a
quell’estenuante lotta.
Mentre stavano attraversando la città, circondati da un imponente cordone di
sicurezza, furono raggiunti da un intero corpo d’assalto di Zoltar, il cui
comandante avanzò fino a raggiungere Max e lo fissò a lungo prima di parlare.
- Il Consiglio vuole che la pace torni a regnare su questo pianeta, e l’unica
soluzione è che rinunciate alle vostre pretese di erede al trono -
- Avevo capito che l’incontro dovesse avvenire nel palazzo del Governo, non
in mezzo alla strada - Il tono sarcastico del giovane mise sul chi vive
Michael, che ormai aveva imparato ad interpretare ogni minima sfumatura
dell’atteggiamento dell’amico.
- Il Consiglio intende porre fine a questa storia, ad ogni costo, e questo
significa scambiare voi, altezza, e vostra sorella, con la concessione di un
rapporto federativo -
Max sentì Isabel, Michael e Tess trattenere per un attimo il respiro. Quello
era dunque il gioco di Zoltar, far sì che la sua gente sentisse il prezzo da
pagare per ottenere tutto quello per cui aveva lottato fin da quando la
famiglia reale era stata eliminata, e gli rendesse impossibile continuare
quella guerra sanguinosa e inconcludente.
Presa una profonda inspirazione, si concentrò e proiettò i suoi pensieri
nella mente della sorella e di Michael, i quali non poterono che concordare con
lui, dopodiché si volse verso gli uomini che lo avevano accolto e sostenuto ed
utilizzò ancora una volta i suoi poteri. “E’ chiaro, ormai, quello che
vuole davvero il Consiglio di Zoltar. La nostra vita in cambio della
semi-libertà di Antar. Questa lotta potrebbe andare avanti all’infinito
mentre, eliminandoci, sanno che la rivolta avrà finalmente termine. Né io né
mia sorella intendiamo essere la causa di altre morti, e abbiamo deciso che
l’offerta è accettabile. Cosa ne pensate?”
I sei comandanti ribelli si guardarono ansiosamente negli occhi. La scelta era
terribile ma le parole di Max, del loro sovrano, erano giuste. Bastò un
piccolo cenno, e il giovane si collegò mentalmente a tutti loro riordinando
senza alcuna difficoltà ogni singolo pensiero, ogni singola emozione. Fu
questione di pochi secondi, e la decisione fu presa.
Tess, con la disperazione nel cuore, si avvicinò a Max e gli strinse forte una
mano dicendogli a bassa voce che avrebbe vegliato lei a che il Consiglio
mantenesse la parola data, poi fece un passo indietro lasciandolo libero.
Isabel guardò la ragazza accennando un sorriso di saluto. Sapeva perfettamente
quale pericolo stavano correndo, e forse quella era l’ultima volta che la
vedeva. Con un sospiro cercò gli occhi del fratello, gli diede la mano ed
insieme a lui avanzò verso il comandante nemico.
Dietro di loro, facendo la massima attenzione, Michael scivolò come un’ombra
tra i suoi uomini e seguì la coppia a distanza di sicurezza.
Una volta giunti nel palazzo governativo, dove li attendevano May Hornem ed il
presidente del Consiglio, furono affiancati da quattro soldati armati e
compresero che il loro destino stava per compiersi.
- Penso vi rendiate conto di quale minaccia voi rappresentiate per la stabilità
della pace, e purtroppo non posso permettere che qualche ribelle decida di
sfidare il Consiglio preferendo voi, e la guerra, al progetto federativo - A
quelle parole Max fece un sorrisetto significativo. - Sì, ce ne rendiamo
conto… - Strinse leggermente le dita della sorella e passò all’azione.
Sfruttando tutte le loro capacità psichiche i due ragazzi si crearono una via
di fuga ed uscirono all’aperto. Inseguiti da un nutrito drappello di
militari, scapparono tra le vie ingombre di detriti di quella che una volta era
stata l’orgogliosa capitale di Antar, diretti verso il nascondiglio
dell’astronave con cui erano arrivati oltre quattro mesi prima.
Più di una volta dovettero fermarsi per fronteggiare gli uomini che li avevano
quasi raggiunti, e ad un tratto videro pararsi davanti a loro Michael. - Per di
qua! -
Continuarono a correre a perdifiato per diversi chilometri finché Michael
mostrò loro uno stretto tunnel. - In fondo a questo passaggio ci sono molte
diramazioni: spero che si dividano così ci lasceranno respirare un poco…
Seguitemi! -
In effetti con quello stratagemma riuscirono a seminare un bel po’ di soldati
ma la caccia era ben lungi dall’essere finita.
Sforzandosi di non perdere di vista il fratello nel buio di quella notte senza
luna, Isabel stringeva i denti e correva piegata in due dalla fatica poi, ad un
tratto, sentì risuonare delle grida e si girò verso Michael. - Santo cielo,
Michael, stanno per raggiungerci! -
- Sta’ zitta e corri più in fretta… - Il giovane le fece cenno di
proseguire poi, all’improvviso, inciampò e cadde di lato.
Sorpresa per la sua esclamazione soffocata Isabel si fermò e lo vide a terra.
- Max! Aspetta, Michael è caduto! -
Il fratello tornò indietro e aiutò l’amico a sollevarsi.
- Mi hanno colpito alla coscia destra, scusami… - Michael si appoggiò
pesantemente contro Max, incapace di sostenersi sulla gamba ferita.
- Non preoccuparti - Isabel lo sostenne dall’altra parte ed insieme ripresero
la fuga.
Indebolito dalla continua perdita di sangue, Michael si sforzò di continuare a
correre ma era esausto e Max cercò un nascondiglio dove ripararsi.
- Devi guarirlo, altrimenti non ce la faremo mai! - Isabel lo guardò ansiosa
poi, comprese le sue intenzioni, diede una rapida occhiata intorno a sé. -
Guarda, Max, là dietro! - e indicò un mucchio di rovine di notevoli
dimensioni.
- Ok - Il giovane deviò verso quel riparo di fortuna e si curvò a deporre
gentilmente l’amico. - Come va? -
- Potrebbe andare meglio… Ti prego, Max, fa un male d’inferno… -
- Coraggio, tra poco sarà tutto a posto! - Gli sorrise con fare comprensivo e
si curvò su di lui.
- Aspetta, vado a controllare che non si avvicinino troppo - Isabel si allontanò
di pochi metri ma un colpo ben diretto la prese allo stomaco. Con un grido
strozzato si sentì gettare all’indietro dall’impatto. Per alcuni secondi
giacque stordita poi, gemendo,
tornò indietro trascinandosi sul terreno ingombro di detriti. - Max… mi
hanno colpito… Mi dispiace… -
- Isabel! - Disperato, il giovane corse dalla sorella e l’aiutò a
distendersi accanto a Michael. - Proverò… - Non finì la frase ma pose una
mano su entrambi e si concentrò profondamente. Gocce di sudore gli imperlarono
la fronte mentre una tenue luminescenza si sprigionava dalle sue dita e le
ferite si rimarginavano piano piano.
La ragazza gli sorrise riconoscente e stava per parlare quando delle ombre più
scure apparvero alle spalle di Max.
Colpito ripetutamente alla schiena, Max scivolò in avanti senza un lamento.
- Max! No! - Sconvolta, Isabel sentì il suo peso inerte caderle addosso e
piangendo per la disperazione tastò con la mano destra il fianco del fratello
alla ricerca della sua pistola. Quando sentì il duro metallo sotto le dita
impugnò saldamente l’arma e cominciò a sparare all’impazzata uccidendo i
tre uomini che li avevano sorpresi. Allora si sollevò in ginocchio, subito
imitata da Michael, e controllò la gola di Max. - Max… Max, ti prego,
rispondimi… Max! - Lo scosse gentilmente per una spalla nel tentativo di
farlo tornare in sé. - Max, per favore… -
Deglutendo convulsamente Michael si piegò a sua volta sull’amico. - Max… -
chiamò piano con voce roca.
Il volto rigato di lacrime, Isabel alzò lo sguardo su di lui. - E’ morto -
- No. No, maledizione, non è possibile! Lui può guarire le ferite, può
autorigenerarsi! -
- Michael, è morto! Come fa ad autorigenerarsi se non c’è più?!? -
- Accidenti, accidenti! - Frustrato, il giovane si toccò senza volerlo la
gamba di nuovo integra. - Accidenti! - Si raddrizzò pieno di rabbia e prese
l’amico in braccio. - Cerchiamo di arrivare all’astronave, non voglio
rimanere qui un minuto più del necessario! -
Continuando a singhiozzare Isabel si alzò a sua volta e lo seguì incapace di
staccare lo sguardo dalla testa di Max, che dondolava inerte oltre il braccio
di Michael.
La debole luce che li accolse una volta a bordo della navicella gli fece
sbattere ripetutamente le palpebre e fu quasi a tentoni che raggiunsero la
prima cabina e poterono sistemare Max su di una branda, subito intrisa del suo
sangue.
- Resto io con lui, Michael, tu, per favore, occupati del decollo. Voglio
tornare a casa, sulla Terra, e non voglio mai più sentir parlare di questo
maledetto pianeta! - Distrutta dal dolore, Isabel guardò l’amico quasi senza
vederlo. - Voglio tornare a Roswell… - disse piano.
Rimasta sola, andò a frugare nel piccolo armadio dove avevano riposto le loro
cose e ne tirò fuori un sacchetto di pelle contenente le pietre color ambra
donate da River Dog. Ne estrasse una e la serrò forte tra le dita, poi si
sedette accanto al fratello tenendogli una mano fra le sue. - Max, ti prego,
ascoltami… Max… -
Si chinò fino a posare la fronte su quella di lui sforzandosi di penetrare il
buio della sua mente. - Max… -
Trascorse in quella posizione molte ore poi, sfinita dalla stanchezza, si sdraiò
accanto al giovane e lo abbracciò stretto. - Riposa anche tu, Max, poi
ricominceremo - promise ad entrambi prima di addormentarsi.
Fu così che la trovò Michael quando, avendo bisogno di riposarsi, andò a
cercarla per il cambio alla guida dell’astronave.
Sentendo i suoi passi leggeri, tuttavia, Isabel si svegliò e abbozzò un
sorriso. - Scusa, ero proprio distrutta…-
- Figurati. Come va? -
Mentre faceva ruotare lentamente la testa per dare sollievo ai muscoli
contratti, la ragazza chiuse gli occhi.
- Niente di nuovo. Ma non rinuncio. Non lo lascio… Non permetterò che
finisca così… - Si passò le mani tra i capelli ravviandoli dietro le
orecchie. - Dormi pure, ci vediamo più tardi - e andò nel modulo di
pilotaggio.
Quando poté tornare ad occuparsi del fratello, Isabel si sedette di nuovo al
suo fianco e gli prese una mano. “Ti ritroverò, Max, dovunque tu sia… Ma
da sola è talmente difficile…” Strinse la pietra per trarne tutta la forza
che poteva darle guardando desolata il volto pallidissimo di Max.
La mente del giovane appariva silenziosa e vuota alla sua indagine insistente,
senza alcun indizio di attività inconscia, ma la ragazza non aveva nessuna
intenzione di mollare così decise di provare un’altra tattica. Di nuovo si
curvò fino a toccargli la fronte, ma stavolta fu lei a creare immagini e
ricordi. Di loro due bambini, della loro infanzia, del primo giorno di scuola,
poi l’ingresso alla Roswell High, i nuovi compagni di studi, i pomeriggi al
Crashdown, Michael, Maria, e Liz. Concentrandosi con tutta se stessa cercò di
trasmettergli la forza dell’amore che lo univa alla ragazza, nella speranza
che almeno quello ridestasse in lui un’eco di vita, quanto bastava per
avviare il processo di autorigenerazione.
Insistette a lungo, con caparbietà, e alla fine scoppiò in un pianto
liberatorio nel sentire la pelle diventare nuovamente tiepida.
Rimase accanto a Max finché non fu certa che respirasse con regolarità poi
corse da Michael per dargli la buona notizia.
Mancava solo un giorno all’arrivo sulla Terra, e Isabel usò quel tempo per
controllare la lenta guarigione del fratello finché, poco prima
dell’atterraggio, fu ricompensata dal riaprirsi dei suoi occhi. Con un grido
di gioia gli gettò allora le braccia al collo e lo strinse forte a sé. - Non
osare farlo mai più! - balbettò trattenendo a stento le lacrime.
Confuso, Max ricambiò debolmente l’abbraccio. - Isabel… cosa… cosa è
successo? -
- E’ successo che ti hanno sparato e… ti hanno ucciso… Dio mio, è stato
orribile! Ma tu hai la capacità di riparare le cellule danneggiate e così ti
ho convinto a lavorare su di te… Almeno credo… So solo che è stata
un’esperienza terrificante… - Isabel lo accarezzò ancora incredula, poi
tornò ad abbracciarlo. - Ti voglio bene, Max!-
- Vai tu ad aprire, cara? -
- Sì! - La signora Evans spense il fuoco sotto la pentola del sugo e si avviò
alla porta d’ingresso. - Oh santo cielo! - esclamò nel trovarsi davanti i
figli ed il loro amico Michael Guerin. - Siete tornati! Oh mio dio! -
Scoppiando, suo malgrado, in un pianto dirotto si protese verso di loro per
stringerseli al petto, con grande imbarazzo di Michael, poi chiamò a gran voce
il marito.
Fatti infine accomodare i ragazzi in salotto portò loro qualcosa da mangiare e
da bere. Avevano tutti e tre un aspetto un po’ sparuto, ma sembravano in
ottima salute e questo a lei bastava. Ascoltò tuttavia con molta attenzione
quello che era successo dal momento in cui avevano lasciato Roswell, pur
rendendosi conto che c’erano delle cose che non avrebbero mai rivelato. Ma
lei era felice di rivederli sani e salvi, e così il marito, e nessuno di loro
insisté per conoscere maggiori dettagli.
Era ormai sera quando i giovani terminarono il loro resoconto, e Max non poté
trattenersi dal chiedere notizie di Liz.
- Liz è ancora ad Albuquerque - fu la risposta di suo padre. - Dovrebbe
rientrare fra quattro giorni, ormai il semestre è praticamente finito… Vai
pure a trovarla, penserò io a parlare con Parker… -
A quelle parole il volto di Max s’illuminò. - Grazie - disse semplicemente.
“Ma dimmi tu… questo ragazzo è il re di un altro pianeta, e mi ringrazia
perché gli permetto di andare dalla sua ragazza… Non posso crederci… non
riesco a crederci…” L’uomo lo guardò con affetto. - E’ davvero una
brava figliola… trattala bene… -
- Se è per questo, non c’è bisogno che tu glielo dica, papà! Bacerebbe la
terra su cui cammina, se potesse… - Isabel diede ridendo un colpetto sulla
spalla del fratello. - Ma entrambi si meritano tutta la felicità
dell’universo intero! -
Il profondo sguardo di mutua riconoscenza che corse fra i due giovani non passò
inosservato ai coniugi Evans, così come non sfuggì loro il profondo disagio
di Michael. Non potendo immaginare quale nuovo, enorme segreto legasse i tre
amici, la signora Evans si rivolse all’ospite. - Resti a dormire qui, vero? -
Michael assentì con gratitudine. - Volentieri. Il viaggio è stato molto lungo
e faticoso… Poi domani Max mi potrà accompagnare a casa prima di prendere
l’autostrada per Albuquerque -
- Certo! - Sorridendo, Max si alzò in piedi. - Scusateci, ma siamo davvero
distrutti! -
- Allora buonanotte! -
- Buonanotte… -
- Liz Parker… - Il
giovane sollevò la bottiglia di birra che teneva in mano verso di lei in segno
di saluto.
- Finalmente ti si vede staccata da Patricia!… -
Infastidita, Liz depose sul vassoio il bicchiere ormai vuoto e fissò il
compagno di classe che le si era messo davanti, un piede sollevato sopra la
sedia appena lasciata libera dalla fedele amica. Senza degnarlo di una
risposta, si alzò e gli diede le spalle dirigendosi verso il cestino dei
rifiuti.
- Dai, Liz, non essere sempre così scostante! O finirai col rimanere sola… -
e diede in una risatina ironica.
A quelle parole la ragazza si girò a guardarlo con occhi gelidi. - Non è
affar tuo -
- Oh, abbiamo toccato un tasto sensibile? -
In preda alla disperazione, Liz gli puntò un dito contro. - Tu non sai neppure
di cosa stai parlando! Lasciami in pace, o te ne farò pentire! -
- E come? - Seguendola mentre usciva infuriata dalla mensa, il ragazzo continuò
a stuzzicarla ma lei non gli diede più retta continuando a camminare a passo
svelto lungo i viali del campus con gli occhi lucidi di lacrime trattenute.
Fu così che quasi andò a sbattere contro Patricia, che notò subito la sua
aria sconvolta. - Liz! - Corrugò la fronte con fare pensoso. - Di nuovo quello
scemo di Dan? -
- Già… - Asciugandosi nervosamente una guancia, Liz sospirò desolata. - Non
lo sopporto proprio… -
- Dai, non pensarci! Vai a studiare in biblioteca, oggi pomeriggio? -
La ragazza tirò su col naso ed annuì. - Domani mattina ho l’ultimo test di
fisica -
- E dopo verrai alla festa di fine corso? -
- No, Patty, non me la sento… -
- Invece penso che ti farebbe bene: in questi giorni sei troppo depressa! -
- Ti prego, non mettertici anche tu… -
- Chi…? I tuoi genitori? - tirò ad indovinare l’amica.
- Infatti… - Con un mesto cenno di saluto Liz sorrise e proseguì per la sua
strada lasciando Patricia perplessa.
In effetti la ragazza si era resa conto che Liz era cambiata dalla notte in cui
aveva avuto quel terribile incubo, ma non era mai riuscita a farselo raccontare
così non poteva capire il perché di quella tristezza.
L’indomani sera, mentre
quasi tutti gli studenti erano radunati nell’enorme palestra del campus
adeguatamente trasformata in salone da ballo, Liz si ritrovò a sedere su una
panchina con il mento appoggiato su una mano, lo sguardo fisso alle vetrate
illuminate. “Max… Il sogno di tutta la mia vita… è rimasto solo un
sogno… Amarti così tanto e poi perderti… Come faccio ad andare avanti?”
Assorta com’era nei suoi tristi pensieri non udì il passo leggero che si
fermò alle sue spalle e sussultò spaventata nel sentirsi toccare sulla
spalla. Cercò di voltarsi ma rimase immobile per la sorpresa quando sentì un
bacio sfiorarle la nuca ed un profumo familiare. - Max!?! - Coprì con una mano
le dita ancora leggermente strette sulla sua spalla e si girò alzandosi di
scatto. - Max! - Trattenendo il respiro gli gettò le braccia al collo. Tremava
come una foglia ed il giovane la strinse a sé con forza. - Liz… - Le sorrise
teneramente poi chinò un poco la testa e prese a baciarla come se fosse la
prima volta.
Piano piano il loro abbraccio si fece più intimo e la ragazza si sentì
fremere per l’emozione. - Ho bisogno di te… Ho bisogno di toccarti… - Gli
infilò una mano sotto la maglietta e lo accarezzò sullo stomaco e poi sul
petto. - Ti voglio da morire… - confessò arrossendo suo malgrado.
- Anch’io ho bisogno di te… Ho bisogno di saperti mia… per sempre… -
Con un sospiro cercò di calmarsi e la costrinse dolcemente a piegare la testa
sulla sua spalla. - E’ stata un’esperienza molto dura, ma è finita ed ora
sono di nuovo qui… Non me ne andrò mai più, Liz, e così Isabel e
Michael… Anche loro hanno scelto di tornare a Roswell… La nostra vita
adesso è qui, su questo pianeta… Non ti lascerò mai più… -
- Sai… avevo sognato che… che eri… morto… -
La voce soffocata della ragazza fece rabbrividire Max. - Io sono morto - Chiuse
gli occhi e l’abbracciò forte.
- E’ successo durante la fuga da Antar. Io non ricordo quasi niente, ma
Isabel mi è stata sempre accanto… E’ stata lei ad aiutarmi a tornare
indietro… -
Angosciata, Liz ricambiò la stretta. - Oh, Max… - Gli diede un bacio sul
collo e cercò di sorridere. - Sono contenta che ci sia riuscita… Per
favore, per favore, andiamo nella mia stanza… -
Senza più parlare la giovane coppia si diresse verso l’edificio che ospitava
il dormitorio delle ragazze e si rifugiò nell’accogliente camera che Liz
divideva con Patricia. Sempre in silenzio, scambiandosi mille piccoli baci, si
spogliarono a vicenda e si adagiarono sul letto.
Max accarezzò a lungo il viso di Liz. Aveva temuto di non vederla mai più e
non riusciva a saziarsi di lei, così come lei continuava a sfiorargli il petto
quasi a voler essere certa che fosse davvero lì. Sorrise nel vedere la pelle
della ragazza illuminarsi debolmente quando la toccava, e sentì il suo ansito
sorpreso nel rendersi conto che adesso pure lui brillava sotto le sue dita. -
Ora sono marchiato anch’io… - sussurrò, poi si adagiò su di lei e la fece
sua.
Continuarono ad amarsi fino a crollare in un sonno profondo, da cui li risvegliò
il rientro di Patricia.
La ragazza, inciampata non appena messo piede nella stanza, era stata costretta
ad accendere la luce centrale e la vista dell’amica a letto con un uomo
l’aveva fatta letteralmente sobbalzare. - Liz! -
- Patricia! - Imbarazzatissima, Liz tirò su le lenzuola e cercò di farsi
piccola piccola. - Ciao… Max, Patricia… Patricia, Max… -
Patricia si lasciò cadere sul proprio letto senza riuscire a distogliere lo
sguardo dall’amica. - Lui…? -
- E’ Max, sì, il mio ragazzo… Io… è arrivato stasera da Roswell e…
non lo vedevo da tanto e… .e… -
- E avevi voglia di stare con lui, sì, lo capisco… Beh, se vi scoprono
succede un bel casino!… -
- Immagino di sì… - Liz, recuperato il suo sangue freddo, si volse a dare un
bacio leggero sulle labbra del giovane. - Comunque, ad essere sinceri, non me
ne importa più niente! -
Max la guardò sorridendo. - Neanche dei tuoi genitori? - mormorò.
- No, non dopo tutto quello che abbiamo passato, che hai passato!… - Continuò
a fissarlo negli occhi, ormai dimentica della presenza dell’amica. -
L’unica cosa importante è che tu sia di nuovo qui con me -
- Per sempre - le rammentò lui di nuovo serio.
-
Per sempre - confermò Liz.
Scritta
da Elisa |