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FINE DI UN SOGNO


RIASSUNTO: (seguito ideale dell'ultima puntata della prima serie) Max riesce a convincere Liz che, nonostante tutto, non è Tess il suo destino, e passa la notte con lei. La forza di quei momenti contribuisce a sbloccargli la memoria ed i ricordi gli consentono di liberare anche gli altri alieni. L'energia mentale ora sprigionata in tutta la sua forza fa da richiamo per i nemici dei quattro ragazzi, che devono affrontare ciò per cui sono stati mandati sulla Terra.

Data di stesura: dal 10 al 24 maggio 2001.

Valutazione: adatto a tutti.

Disclaimer: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.


“Mi chiamo Liz Parker, e sono disperata”  Liz chiuse per un attimo gli occhi serrando involontariamente la penna tra le dita poi emise un profondo sospiro e ricominciò a scrivere. “Lottare tanto per un amore e poi doverlo lasciar andare è qualcosa di terribile, ma non voglio costringere Max a rinnegare il suo destino. E un giorno, forse, mi convincerò di aver fatto la scelta giusta…” Chiuso il diario, si lasciò andare contro lo schienale della sedia a sdraio. Come attirato da una calamita, lo sguardo corse alle centinaia di stelle che brillavano nel cielo terso di quella notte estiva. Era molto tardi ma troppi pensieri agitavano la sua mente per permetterle di dormire così rimase ad ascoltare il silenzio che la circondava senza neppure accorgersi delle lacrime che le scivolavano lente lungo le guance. 

- Mio dio, Liz, hai una faccia da spavento! - Maria guardò preoccupata l’amica. - Che cosa ti è successo? -
Liz si strinse i libri al petto e scosse piano la testa. - Adesso non mi va di parlarne, scusami… -
A quelle parole la ragazza roteò gli occhi sbuffando. - Ho capito, si tratta di Max. Santo cielo, ma è possibile che con i ragazzi ci debbano essere solo problemi?!? - In quel momento vide Michael, seguito da Max, comparire in fondo al corridoio e gli fece un frenetico cenno negativo con la testa.
Il ragazzo, tuttavia, comprese il messaggio solo quando Max, superato a sua volta l’angolo, si bloccò come paralizzato alla vista delle due amiche. - Io l’ho sempre detto che non dovevamo avere relazioni, accidenti! - disse fra i denti.
Riportato alla realtà dalle parole del giovane, Max si scosse e lo guardò con espressione desolata. - Non ho una relazione con Liz. Non ho più niente… - Chinò leggermente il capo affrettandosi a raggiungere l’aula di scienze, dove aveva la prima lezione di quella giornata.
Isabel, intenta a chiacchierare con le sue amiche, aveva seguito la scena da lontano e, nel vedere il fratello passare accanto a Liz e Maria senza alzare lo sguardo, corrugò la fronte senza più prestare attenzione a quello che le stavano dicendo. “Maledizione, Max non può fare così!” - Scusate, devo scappare, ci vediamo dopo - salutò distrattamente affrettandosi dietro di lui.
- Max! -
Nel sentire la voce della sorella il giovane si fermò e si volse ad aspettarla.
- Accidenti, Max, ti rendi conto di quello che stai facendo? - Isabel riuscì a stento a parlare a bassa voce, tanta era la rabbia che l’agitava. - Abbiamo appena mandato un biglietto d’invito ai nostri nemici e tu, anziché pensare ad organizzare qualcosa, ti disperi dietro Liz!… Cosa c’è, vuoi morire un’altra volta?!? -
Al colmo della frustrazione il ragazzo serrò più volte la mascella prima di riprendere il controllo di sé abbastanza da poter parlare con uguale tono sommesso. - Non abbiamo idea di quando si faranno vivi, quindi oggi posso pensare ad altro! -
- Max, scusami, lo so che stai soffrendo, ma lei ha deciso così, ed è meglio per tutti, davvero! Io ti voglio bene e non voglio perderti di nuovo, lo capisci? Non dimenticare che io so esattamente cosa ti ha fatto Pierce, e sono certa che non sia niente a confronto di quello che ti farebbero coloro che hanno distrutto la nostra gente! Metti da parte i tuoi sentimenti, per un poco, e risolviamo una cosa alla volta, ok? -
Max fissò la sorella con espressione intensa. - Io sono stanco di tutta questa storia! Non mi sento un leader! Non ho alcuna idea di come scoprire i nostri nemici, figuriamoci eliminarli! - Si volse di scatto e se ne andò.
Rimasta sola, la ragazza scosse sconsolata la testa e si diresse verso l’aula d’inglese.

- Parker, è con noi? -
Risatine soffocate accompagnarono la domanda retorica dell’insegnante, e Maria si allungò verso l’amica per tirarle la manica nel tentativo di attirarne l’attenzione. - Liz! Ehi, Liz! -
La ragazza trasalì violentemente e si voltò di scatto a guardare Maria. - Cosa…? -
- Parker? -
Stavolta Liz comprese e guardò il professore con aria colpevole.
- Le sarei grata se volesse stare più attenta: le ho chiesto la differenza tra la prosa di… -
“Oddio, Liz è proprio andata… Io non la capisco proprio: che bisogno c’era di lasciare Max dato che lui non ha nessuna intenzione di mettersi con Tess? E dire che credevo strano Michael…” Maria mordicchiò con fare pensoso la matita con cui stava prendendo appunti, poi lanciò un’occhiata di sottecchi all’amica. “E’ davvero giù…”
Non appena la lezione ebbe termine si alzò dalla sedia e le andò vicino. - Senti, Liz, che ne dici se stasera andiamo al cinema? Hai decisamente bisogno di distrarti, sai? -
Liz accennò un sorriso triste. - Si vede tanto? -
- Sì - Maria si passò una mano tra i capelli. - A dire il vero ho voglia di distrarmi anch’io. Allora? -
- Va bene -
- Perfetto! - Il grazioso volto della ragazza s’illuminò e, presa l’amica sottobraccio, la sospinse allegramente verso l’uscita.
Il resto della mattinata trascorse senza problemi poi le due ragazze si ritrovarono sedute allo stesso tavolo nel parco che circondava la scuola e dopo pochi minuti furono raggiunte da Alex, a sua volta armato di sandwich e bicchierone di coca cola. - Posso unirmi a voi? -
Maria lo guardò con aria scanzonata. - Cosa c’è, un altro cuore infranto? -
- Come? -
- No, niente, lascia perdere… -
- Ehi, aspetta un momento! Hai parlato di cuori infranti, l’ho sentito! A chi ti riferisci? -
- Alex, ti ho detto di lasciar perdere -
- No, Maria, aspetta: anche lui ha il diritto di sapere… - Liz incontrò lo sguardo perplesso del ragazzo. - Max, e Isabel, Tess e Michael hanno trovato un messaggio, nella grotta tra le montagne, che rivela la loro identità. Max è il principe ereditario del pianeta da cui provengono, ed è sposato con Tess, e Isabel è fidanzata a Michael. A quanto pare, nel tentativo di organizzare un’ultima difesa, i genitori di Max ed Isabel hanno creato… dei replicanti… unendo la loro essenza aliena a DNA umano -
- E che bisogno c’era di creare dei replicanti? -
Liz guardò con aria assente il bicchiere che aveva davanti. - I nemici che hanno attaccato il loro pianeta hanno ucciso sia Max sia gli altri. E ora dovranno tornare da dove sono venuti per liberare la loro gente -
- Stai scherzando - Alex diede un bel morso al panino e masticò a lungo per schiarirsi le idee. - Sì, stai scherzando. Hanno solo diciassette anni, e sono in quattro: come possono riuscire a liberare un intero pianeta? -
- Non lo so - Liz serrò le labbra, gli occhi lucidi. - So solo che li ho visti mentre ascoltavano il messaggio. Ora che sanno la verità, non si fermeranno davanti a niente pur di fare quello che gli è stato chiesto. Anche a costo di… - Incapace di completare la frase, la ragazza si alzò di scatto e corse via.
- Anche a costo di… cosa? -
- Santo cielo, Alex! - Esasperata, Maria serrò i pugni agitandoli in aria. - Ma lo fai apposta? - Raccolse in fretta e furia le sue cose e se ne andò stizzita.
Rimasto solo, il giovane terminò sconcertato il suo panino poi, d’improvviso, capì e sbarrò gli occhi per l’orrore. “Isabel!” Gettò nel vicino cesto dei rifiuti tutto quello che era rimasto sul tavolo poi si diresse di nuovo verso l’edificio in cerca della ragazza.
Isabel vide subito il giovane mentre varcava il portone d’ingresso ed emise un profondo sospiro. “Oh, Alex…” Lasciò che lui la raggiungesse e gli sorrise debolmente. - Ciao -
- Ciao - Il ragazzo la guardò negli occhi per un attimo breve ma intenso. - Liz mi ha detto tutto - riuscì soltanto a dire.
- Alex, mi spiace. Io… io non so… -
- Tu lo ami? -
- Come, scusa? -
Imbarazzato, Alex abbassò la testa. - Ami Michael, vero? E andrai con lui sul tuo pianeta… -
La giovane tese un braccio e gli prese la mano. - Alex, ti prego, cerca di capirmi… Io ti voglio bene, ma prima di tutto devo aiutare mio fratello e gli altri a liberare la nostra gente. Siamo stati creati per questo, ed è l’ultimo desiderio di mia madre… -
- Sì, d’accordo, ho capito. Va bene… Ciao… - Profondamente sconvolto, il ragazzo sottrasse con delicatezza la mano alla presa di Isabel e si allontanò senza voltarsi indietro.

Appoggiato contro un albero Max osservava pensieroso il parapetto della piccola terrazza dietro cui, era certo, si trovava Liz, magari intenta a scrivere nel suo diario. Avrebbe tanto voluto raggiungerla ma conosceva la sua determinazione e si rendeva conto che, anche se le avesse parlato, non sarebbe riuscito a convincerla. Così, adesso, tutto quello che poteva avere era pensare a lei stando sul lato opposto della strada in cui abitava. Era tutto talmente assurdo… Da quando avevano trovato quel messaggio le cose erano cambiate in maniera drastica: quello che prima era un pensiero nebuloso, che solo Michael voleva davvero chiarire, era diventato un mondo reale, più vicino a loro di quello in cui vivevano, più concreto di Roswell stesso. Ora si sentiva completamente proiettato verso un futuro diverso da quello che aveva sempre immaginato, ma non per questo Liz gli mancava di meno… Rendendosi conto che ormai restavano solo poche ore all’alba studiò ancora una volta i contorni dell’edificio che aveva davanti, quasi a volersi imprimere per sempre nella memoria ogni singolo mattone, poi si mise le mani in tasca e tornò a casa.
Si era appena seduto sul letto, lo sguardo perduto oltre la finestra, quando sentì la porta della sua camera aprirsi e, voltandosi, vide Isabel. Senza dire una parola lasciò che le si sedesse accanto e l’abbracciò dando e ricevendo conforto.
- E’ più difficile di quanto pensassi… - mormorò ad un tratto la ragazza.
- Sì, lo so - Max la strinse più forte a sé poi le diede un bacio sulla tempia e sorrise tristemente. - Ce la faremo. Spero… -
Isabel ricambiò il sorriso con la stessa espressione mesta e si sciolse dall’abbraccio. - Buona notte -
- Buona notte -
Poche ore dopo si ritrovarono a scuola insieme a Michael e Tess. Quel giorno avevano quasi tutte le lezioni in comune, e nel vederli sempre insieme nessuno dei loro amici si azzardò ad avvicinarli, neppure durante la pausa del pranzo.
Nel pomeriggio, poi, i quattro alieni si ritrovarono a casa di Tess, l’unico posto sicuro in cui poter parlare liberamente, e cominciarono a studiare il modo di portare a termine l’incarico loro assegnato dalla famiglia reale.
Era notte inoltrata quando finalmente la riunione si sciolse, e Isabel era così stanca che si addormentò durante il tragitto in macchina per venire poi svegliata dal fratello una volta arrivati davanti casa loro. - Sono distrutta… - borbottò mentre Max la sospingeva con gentilezza verso l’ingresso.

Il giorno successivo fu l’esatta replica del precedente, solo che Michael dovette andarsene all’ora di cena perché era di turno al Crashdown Café, dove fu trattato molto freddamente da Maria.
Quando anche gli Evans lasciarono la casa di Tess, Max, approfittando del fatto che la sorella si fosse già avviata verso la macchina, si girò verso la sua presupposta sposa e la fissò impassibile negli occhi. - A scanso di equivoci te lo ripeto un’ultima volta: tutto questo non significa che io intenda considerarmi legato a te, chiaro? Tu sei solo una di noi -
Tess ricambiò il suo sguardo senza abbassare la testa. - Anche tua madre ha detto che sono tua moglie! - disse con voce decisa.
- Mia madre è morta. Noi, siamo morti -
- Tu vuoi sempre Liz! - Il tono della ragazza fu quasi sprezzante, ma l’occhiata glaciale che le lanciò Max prima di voltarle le spalle la fece tremare internamente. “Max…”
Quando arrivarono a casa Max era ancora molto teso e Isabel non osò dirgli nulla mentre raggiungevano le rispettive stanze. Rimase in silenzio a guardare la porta chiudersi dietro il fratello e sospirò. No, le cose non erano per niente facili…
Non era passata neppure un’ora quando Max, incapace di prendere sonno, si alzò e, rivestitosi in fretta, prese le chiavi della jeep e uscì senza far rumore. Guidò in maniera automatica fino al Crashdown Café e rimase per qualche minuto a fissare l’edificio immerso nel buio e nel silenzio della notte, poi scese dalla macchina e attraversò la strada. Con agilità salì lungo la scala d’emergenza e raggiunse il parapetto della terrazza, dove rimase un istante immobile prima di superarlo facendo un lievissimo fruscio.
Liz, che stava per rientrare nella sua cameretta scavalcando, come di consueto, la finestra, si volse di scatto e lo fissò stupita. - Max! -
Lui la raggiunse lentamente, quasi temendo di spaventarla. - Questa volta sono io a pregarti di ripensarci. Ti prego, Liz, ti prego… Ho bisogno di te… -
- Ma tu… -
- Io ti amo - la interruppe Max, poi le circondò il volto con le mani e la baciò appassionatamente.
Sconvolta, la ragazza non poté fare altro che ricambiare il bacio. Senza rendersi conto di quello che faceva gli passò le braccia intorno alla vita e lo strinse a sé. Continuò a baciarlo anche quando di nuovo le immagini delle torture subite nella stanza bianca le attraversarono fulminee il cervello, serrandosi ancor più a lui al pensiero di quello che aveva dovuto sopportare, ma poi emise un gemito angosciato e staccò le labbra dalle sue, gli occhi colmi di lacrime. - Max… -
Il giovane, ansimando per l’emozione, la fissò con uno sguardo stranamente deciso per il suo carattere di solito mite. Aveva visto se stesso nei suoi pensieri, era consapevole della forza dell’amore che Liz provava per lui, e non avrebbe permesso a niente e nessuno di separarli, tuttavia l’aveva sentita tremare con violenza contro il suo corpo, aveva sentito il suo terrore.
Liz sollevò piano un braccio e gli accarezzò teneramente il viso. - Max… - ripeté trattenendo a fatica i singhiozzi. - Mio dio… -
- Cos’hai visto? Cos’è successo? -
- Ho visto… ho visto la tua morte… - Incapace di sostenere il suo sguardo serrò gli occhi e gli circondò il collo con le mani posando la fronte sulla sua spalla. - Stringimi forte, ti prego… - Ebbe un breve sorriso nel sentirsi abbracciare e trasse un profondo sospiro di gratitudine nell’avvertire il suo calore avvilupparla dandole forza e coraggio. - Ti ho visto combattere… Hai pilotato astronavi, e hai lottato in mezzo a tanta gente… Poi eri in un enorme palazzo e… e stavi indossando un’uniforme… ma eri tu e non eri tu… non so… non so spiegarlo… eri tu, però eri diverso… e… quello era il giorno del tuo matrimonio… Quando stavi per raggiungere tua moglie… ti hanno sparato alla schiena… - Liz tremò al ricordo dell’immagine del corpo che si accasciava inerte, il viso bello e strano al contempo che si girava piano su un lato mentre gli occhi perdevano la loro lucentezza prima di chiudersi per sempre. - Ti hanno ucciso prima che potessi sposarti… ed hanno ucciso tua moglie, i tuoi parenti, i tuoi amici… Li hai visti morire mentre morivi anche tu… E’ stato orribile!… -
Scosso dalle rivelazioni di Liz, Max la serrò fino quasi a farle male. - Liz, mi dispiace… Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo… Forse hai ragione tu… è meglio se lasciamo perdere… Io ti amo, ma ti faccio soffrire così tanto… -
Aveva parlato a voce bassissima, ma la ragazza sentì perfettamente le sue parole e con un movimento brusco del capo incontrò di nuovo il suo sguardo. - No, Max, al contrario… Ora ho capito… Tu sei un’altra persona… Sì, una parte di te è quel principe alieno, ma una parte di te è il ragazzo umano di cui sono innamorata… Tu sei il mio Max… - Sorridendo tra le lacrime che, senza accorgersene, le avevano rigato il viso, cominciò a slacciargli la camicia.
Inconsapevolmente il giovane allentò la stretta e mosse le spalle per facilitare Liz, la quale continuava a deporre piccoli baci sulla pelle che andava man mano scoprendo.
Ricordando la scena simile che non molto tempo prima si era svolta a casa di Michael, Max inspirò a fondo per poi irrigidirsi quando lei gli diede un bacio vicino all’ascella. - Liz… -
- Sì, Max, ti prego… - La risposta della ragazza fu poco più di un sussurro, ed il giovane cominciò a sollevarle la maglietta.
Come allora seguì incantato la luminosità soffusa che accendeva la pelle di seta di Liz mentre le sue dita la sfioravano leggere, poi con le mani arrivò a toccarle il seno e la sentì rabbrividire. Di paura ed eccitazione. Automaticamente s’interruppe ma dopo una brevissima esitazione la ragazza si inarcò un poco premendo i fianchi contro i suoi ed ogni altro pensiero svanì dalla loro mente.
Senza neppure preoccuparsi di stendere qualcosa sotto di loro, si sdraiarono sul pavimento cercandosi e trovandosi d’istinto. Liz accolse con gioia frenetica il peso di Max su di sé, e il dolore forte ma breve che sentì quando lui la fece sua scomparve nell’incredibile piacere che provò subito dopo.
I movimenti ritmici e veloci del ragazzo la fecero impazzire, ma la sua inesperienza non le consentì di comprendere il piacere che, allo stesso tempo, lei gli stava donando finché, dopo essersi accasciato sul suo corpo, Max si raddrizzò e, tenendosi sollevato su un gomito, la contemplò con amore sotto la luce della luna.
In quel momento, allora, realizzò esattamente cos’era successo e tremando per la vergogna e l’imbarazzo tentò di coprirsi per sottrarsi al suo sguardo, ma il giovane le prese una mano e le baciò il palmo, un’espressione seria sul bel viso dai lineamenti fini, poi si chinò di nuovo su di lei e ricominciò a baciarla ed accarezzarla.
Incapace di pensare coerentemente, Liz tenne gli occhi fissi nei suoi mentre lo toccava eccitandolo come lui faceva con lei, e lo baciò a fondo quando lo sentì entrare di nuovo. Rimasero poi abbracciati per un po’, in silenzio, ma quando Max le mise una mano sul seno rise piano e gli diede un bacio leggero sulla bocca.
- Aspetta, andiamo dentro… -
Non più a disagio per la sua nudità, Liz si curvò a raccogliere gli indumenti sparpagliati intorno a loro prima di passare oltre la finestra aperta e andare a sdraiarsi sul letto, subito raggiunta dal giovane. Fecero di nuovo l’amore, poi si addormentarono sfiniti l’uno contro l’altro.

Quella sera, prima di uscire sul terrazzo, la ragazza si era dimenticata di caricare la sveglia ma i primi raggi del sole la destarono ugualmente e, dopo un attimo di sconcerto, trovò del tutto naturale scivolare sopra il corpo di Max e sentirsi stringere a lui mentre cercava le sue labbra. Poi lo sentì entrare senza alcun preavviso e le sfuggì una risatina, subito trasformata in gemito quando, in pochi istanti, raggiunse il culmine del piacere.
Si lasciò allora cadere su di lui baciandolo e accarezzandogli i capelli, e non si accorse del dicreto bussare seguito dal rumore della porta che si apriva.
- Tesoro, alzati o farai tardi a scuola! -
La voce tranquilla di sua madre penetrò a stento nel cervello di Liz, ancora stretta tra le braccia di Max, e tutto quello che riuscì a fare fu girarsi lentamente verso di lei.
Per un interminabile secondo ci fu un silenzio di tomba, poi la ragazza spalancò gli occhi. - Oh mio dio!… -
Max incontrò lo sguardo sconvolto della signora Parker ed arrossì violentemente.
- Come… come avete osato… - Furibonda, la donna corse via in cerca del marito, e i due giovani si lanciarono un’occhiata di rimpianto. Con pochi gesti rapidi e precisi si vestirono e uscirono a loro volta dalla stanza.

- Isabel, tuo fratello non è nella sua camera! - La signora Evans guardò allibita la figlia, che si affrettò a seguirla fino alla stanza di Max. - Guarda, non ha neppure disfatto il letto! -
Isabel fissò sconcertata la sovraccoperta appena smossa. “Ieri sera era in uno stato terribile… Dove diavolo può essere andato?” Nel tentativo di calmare la madre si sforzò di apparire tranquilla. - Siamo rientrati insieme, ma poi sarà uscito di nuovo, forse per andare da Michael. Aspetta, sento subito se è da lui! - “Oddio, Max, spero che tu non abbia commesso qualche sciocchezza…”
Ma Michael non aveva più visto l’amico dopo che se n’era andato dalla casa di Tess, né aveva idea di dove potesse essere. O meglio, un’idea ce l’aveva, ma non l’avrebbe mai confidata a nessuno…
Fu il padre di Liz, a risolvere il problema. Isabel aveva appena riattaccato il telefono quando questo squillò, e trasalì nel sentire la voce pericolosamente calma dell’uomo. Mordendosi il labbro inferiore porse il ricevitore alla madre e si avvicinò alla finestra imprecando in silenzio.
Di lì a mezz’ora le famiglie Evans e Parker al completo si trovavano riunite nel piccolo salotto dell’appartamento sopra il Crashdown Café.
- Io non posso ancora credere a quello che ho visto - La signora Parker fissava un punto indefinito del pavimento e parlava con voce vibrante di collera. - Dopo quello che era successo a primavera, quando avete passato la notte soli in mezzo al deserto… Allora eravate riusciti a convincermi che non era successo niente, tutti eravamo convinti che non fosse successo niente! - Lanciò una rapida occhiata circolare, poi fissò lo sguardo sulla figlia. - Devo dedurre che ci avevate presi in giro? -
A quelle parole le labbra di Liz tremarono per la pena. - No, mamma, non vi avevamo preso in giro… Quella volta… non… -
- Quella volta non successe nulla - terminò Max per lei.
- Max, ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti rendi conto che hai rovinato la vita di Liz? - La madre di Max era distrutta dal dolore. Proprio non riusciva a capacitarsi che suo figlio, il ragazzo dolce e sensibile che le diceva di amarla, avesse potuto comportarsi con così tanta leggerezza… Vero che una volta, a scuola, li avevano chiamati per il comportamento scorretto che i due ragazzi avevano tenuto, ma anche allora era sembrato, in fin dei conti, tutto così innocente… Come avevano potuto, adesso…
Incapace di trattenere le lacrime, Liz fece un passo verso di lei. - Max non mi ha rovinato la vita! Max me l’ha donata… -
A quelle parole suo padre la guardò truce. - Che cosa intendi dire? -
- Come? - Liz si volse a fissarlo, rendendosi conto della gravità di quello che le era sfuggito. Spaventata, si girò verso Max.
Fino a quel momento il giovane si era tenuto in disparte, consapevole di essere dalla parte del torto, ma nel vedere la muta richiesta d’aiuto negli occhi di Liz non poté più tacere. - Io amo Liz, e anche se non era la cosa più giusta da fare ho dormito con lei. Io… le ho donato la vita come donna… Era questo che voleva dire… -
- Voi due non vi vedrete mai più. Non al di fuori della scuola. Mancano ormai solo pochi giorni, poi il semestre sarà finito e tu, Max, andrai al college a Phoenix - Il signor Evans guardò accigliato il figlio.
- Ma è in Arizona! - La protesta sgorgò spontanea dalle labbra di Isabel, che fissò angosciata il fratello.
- O ci va Max o ci va Liz. Di certo non andranno insieme ad Albuquerque! - La risposta, fredda e scostante, giunse dal padre di Liz.
A quel punto s’inserì di nuovo la signora Parker. - E gradirei che Max non venisse più al Café -
Isabel scosse la testa, troppo arrabbiata con Max per poter dire una parola di più in sua difesa, e si alzò dalla poltroncina su cui aveva preso posto. - Si è fatto tardi, vado a scuola -

- Michael, aspettami, devo parlarti! - Isabel corse dietro al ragazzo, incurante delle occhiate feroci che le lanciò Maria. - Michael, quel pazzo di Max ha fatto l’amore con Liz, si è fatto scoprire da sua madre, e adesso nostro padre ha deciso di mandarlo a studiare a Phoenix -
- Ma bene! Il nostro signore e padrone ha combinato proprio un bel casino, accidenti! - Michael si voltò verso la parete e sferrò un pugno contro il muro. - Maledizione! -
- Ehi, cosa c’è? - Tess, sopraggiunta in quel momento, rimase perplessa a fissare la schiena dell’amico poi guardò Isabel in attesa di chiarimenti.
- Max ha combinato un guaio, e dovrà frequentare il college di Phoenix, anziché quello di Albuquerque -
- Beh, dov’è il problema, scusa? Andiamo anche noi a Phoenix, no? -
- Dimentichi un particolare - s’intromise Michael. - Anzi, più d’uno… Primo, io non ho i soldi per andare al college; secondo, tutto quello che ci lega al nostro mondo d’origine si trova qui o nei dintorni: se ci allontaniamo, non avremo più nulla! -
Tess si morse meditabonda le labbra. Michael aveva ragione, ma loro non potevano dividersi, soprattutto non potevano lasciare solo Max. Sarebbe stato troppo facile, per i loro nemici, colpirlo. Perché non c’era alcun dubbio che in qualche modo, con l’attivazione del messaggio della regina, la loro presenza era stata segnalata a chi li stava cercando. - Andrò io con lui! - disse decisa.
- Nemmeno per sogno! Io sono sua sorella, e tocca a me -
Michael sogghignò malignamente nel vedere l’espressione di Tess. - Isabel ha ragione, - disse con voluta cattiveria. - Max ha bisogno di aiuto, non di altri guai… - e con un sorrisetto strafottente si portò due dita alla fronte in segno di saluto prima di andare nel laboratorio di chimica.
Un’ora più tardi, mentre il professore di storia iniziava a parlare, la porta dell’aula si aprì ed entrò Max. Dopo aver mormorato una veloce frase di scuse si avvicinò al posto libero accanto a Michael, cui diede una brevissima occhiata, poi si concentrò sulla lezione.
Più tardi, mentre camminavano per i corridoi verso l’aula successiva, Michael fissò l’amico con espressione seccata. - Ma bravo, Max, davvero!… Ti rendi conto di cos’hai fatto? -
- Senti, ormai è andata, va bene? Adesso piantala! - Max non si girò neppure a guardarlo, troppo risentito lui stesso per rispondergli con più pacatezza, ma ad un tratto vide arrivare Liz e gli occhi gli si illuminarono.
- Liz… -
La ragazza lo vide nello stesso momento. Accennò un piccolo sorriso triste e fece per proseguire poi ci ripensò e con passo deciso si diresse verso di lui.
Senza parlare il ragazzo aprì le braccia e se la strinse forte al petto baciandola come se fossero soli. Qualcuno applaudì, qualcun altro si mise a ridere, ma Tess e Isabel, che apparvero in quel momento in fondo al corridoio, fissarono la scena con aria disgustata.
“Santo cielo, Max, non è possibile!…” Sua sorella scosse il capo rassegnata. Era consapevole che il sentimento che univa i due ragazzi era molto più forte e solido di quello che legava lei ad Alex, ma sapeva anche che la situazione si era fatta troppo delicata perché Max fosse preso così totalmente dai suoi problemi con Liz, e non poteva permettere che tutto quello che avevano rischiato fino ad allora fosse reso inutile dalla sua incapacità di stare lontanto da lei. Con un sospiro di esasperazione li guardò stringersi e baciarsi fino a quando l’arrivo del preside li costrinse a separarsi. - Evans, Parker, venite, devo parlarvi un attimo - e fece loro segno di seguirlo nel suo ufficio.
A quel punto Isabel si voltò con espressione truce verso l’amica. - Non dire niente! - disse tra le labbra serrate prima di incamminarsi di nuovo verso l’aula dove avrebbe dovuto seguire la lezione successiva.

Il discorso del preside fu molto breve ma incisivo. Era stato avvertito dai genitori dei due ragazzi e sapeva che non avrebbero dovuto stare insieme ma, dato che avevano molti corsi in comune, promise loro che li avrebbe continuamente tenuti d’occhio e che sarebbe stato meglio per tutti se avessero obbedito all’ingiunzione.
Quando uscirono dall’ufficio avevano entrambi un’aria impassibile ma, dopo una piccola esitazione, si avvicinarono impercettibilmente l’uno all’altro e si presero per mano per separarsi solo davanti alla porta dell’aula dove si teneva la loro prossima lezione.
Durante la pausa del pranzo Maria assillò l’amica di domande finché questa, guardandola decisa in faccia, le rispose brusca. - Stanotte Max è venuto da me e abbiamo fatto l’amore, e stamattina mia madre ci ha trovati a letto insieme -
- Ooops! - Maria sgranò gli occhi incredula. Ricordava benissimo la reazione di sua madre quando aveva sorpreso lei a letto con Michael, ma loro erano vestiti, più o meno, e non avevano fatto nient’altro che dormire, mentre in questo caso… - E ora? -
- E ora io andrò all’università nella capitale e Max in Arizona. Isabel andrà con lui per non lasciarlo solo, ora che le cose si sono messe in moto -
- E Michael? -
- Non so cosa farà Michael, e scusami, Maria, ma è l’ultimo dei miei pensieri! - La voce le si spezzò e gli occhi le si riempirono di lacrime mentre un dolce sorriso trasformava il suo volto. - Oh, Maria, è stato bellissimo… -
- Liz… - Commossa, la ragazza l’abbracciò affettuosamente cercando di farle coraggio. - Andrà tutto bene, vedrai! - sussurrò cercando di sembrare convinta ma tremando dentro di sé all’idea di quello che sarebbe potuto succedere, ora che i nemici di Max e gli altri sapevano della loro presenza sulla Terra.
- Nasedo ci aiuterà, vedrai! Ora che si fa passare per Pierce può tenere tutto sotto controllo e ci avvertirà non appena scoprirà qualcosa. In fin dei conti il suo compito primario è proteggerci, no?… - Tess sorrise incoraggiante ad Isabel, che camminava al suo fianco a piccoli passi veloci nel tentativo di proteggersi dalla fastidiosa pioggerella che aveva cominciato a cadere non appena uscite dall’edificio scolastico, ma avevano solo un ombrello in due e la cosa non era tanto facile.
- Max ha molte cose da imparare, e purtroppo deve farlo da solo. Qui o a Phoenix è la stessa cosa, Isabel, credimi! Non è poi così importante restare a Roswell… -
- Ma tutto quello che ci unisce al nostro passato è qui, e se ce ne andiamo ora rischiamo di perdere ogni possibilità di tornare indietro! -
- Lascia che sia Michael a preoccuparsi di questo: tu e Max dovete sviluppare appieno i vostri poteri, e il resto verrà da solo, credimi! -

“Ma lui pensa solamente a Liz, maledizione…” Imbronciata, Isabel non replicò e si diresse verso la sua macchina. - Vieni, ti accompagno a casa -
- Grazie! - Il sorriso di Tess si allargò. Nonostante l’espressione burbera Isabel era una ragazza molto dolce e affettuosa, e sinceramente affezionata ai suoi amici. Le piaceva molto, e così anche gli altri: per la prima volta in tutta la sua vita non si sentiva sola ed era felice, nonostante le incognite del futuro che li aspettava.
- Aspettatemi, vengo con voi! - Michael corse verso di loro sfidando la pioggia sempre più forte e si tuffò letteralmente nell’automobile. - Avete visto Max? -
- Pensavo fosse con te. Oh, no, sarà di nuovo con Liz!… Santo cielo, non ci posso credere… - Esasperata, Isabel chinò la testa sul volante.
- Vado a cercarli. Se li scoprono, i Parker faranno il finimondo e questo non è il momento più opportuno! - Sbuffando Michael riaprì lo sportello e tornò indietro. Vagò a lungo per i corridoi dell’edificio, non osando chiamare i suoi amici nel timore di essere sentito dalle persone sbagliate, poi arrivò alla stanza dei cancellini e con fare deciso fece scattare la serratura sorprendendo così i due ragazzi abbracciati.
Con un sospiro Max curvò la fronte su quella di Liz, poi le diede un ultimo bacio leggero e si staccò da lei. - E’ l’ultimo giorno, Michael, potevi lasciarci in pace almeno tu… -
- Dannazione, se fossi stato il preside sareste già in un mare di guai! - Il ragazzo fece un passo indietro per consentir loro di uscire dall’angusto locale ma non appena vide Liz si mise le mani nei capelli. - Max, diavolo, fai qualcosa o Liz dovrà rimanere qui dentro per sempre! -
- Cosa…? - Il giovane si voltò verso la ragazza ed emise un fischio silenzioso. - Liz… -
Lei guardò entrambi con espressione ansiosa. - Che cosa c’è? Cos’avete, tutti e due, da fissarmi così? -
Senza parlare Max le passò gentilmente i capelli dietro le spalle e si mise a sfiorarla con cura meticolosa sul decolleté. - Esci un attimo, Michael, per favore -
Non appena la porta si fu richiusa dietro di lui Liz notò la forte luminescenza sugli avambracci ed emise un gemito sordo. - Oh, no… -
- Oh sì… Dai, togliti la maglietta! - Cominciò a passarle le dita sul torace, la fronte aggrottata per la concentrazione. - Sembri coperta di polvere di stelle… - Alzò un attimo gli occhi ad incontrare i suoi, poi le sorrise e lei lo ricambiò con la dolcezza di sempre. - Adesso voltati, per favore, dobbiamo fare in fretta… -
Quando finalmente ebbe finito la sospinse gentilmente verso la porta. - Ora puoi uscire -
Mentre camminavano tutti e tre insieme Liz diede un rapido sguardo al suo compagno. Non poteva credere che quella fosse l’ultima volta che stava insieme a lui. Non voleva pensare che dal giorno dopo non avrebbe più potuto vederlo. Non sopportava l’idea di non toccarlo, di non baciarlo, di non essere stretta dalle sue braccia. Mordendosi le labbra per l’agitazione affrettò involontariamente il passo e, proprio mentre il preside appariva sulla soglia del suo ufficio, si fermò un poco avanti rispetto agli altri. Fissò l’uomo per un lungo istante poi si strinse i libri al petto e si volse verso Max. - Io ti amerò sempre, e non ti tradirò mai… - Pronunciò le ultime parole con enfasi, volendo che capisse quello che intendeva davvero dire, e si sollevò in punta di piedi per baciarlo. - Addio -
“Addio, amore…” Il giovane rimase fermo a guardarla scomparire attraverso il portone d’ingresso e poi oltre il fitto velo di pioggia, gli occhi colmi di lacrime, incurante dell’espressione severa del preside e delle discrete sollecitazioni di Michael a proseguire. “Non so nemmeno se potrò rivederti… Liz…”
- Dai, Max, andiamo! - Sbuffando, l’amico lo prese per il gomito e lo sospinse verso l’uscita.

L’indomani splendeva il sole ed era una bellissima giornata. La cerimonia di consegna dei diplomi si svolse con la consueta allegria ma gli alieni ed i loro amici umani, divisi in due gruppi ben distanti e controllati dai signori Parker ed Evans, non ne apprezzarono neppure un momento. Quando il tutto ebbe finalmente termine, Max consegnò a Michael una busta.
- Cosa c’è dentro? - chiese il giovane soppesandola perplesso.
- Le chiavi e i documenti della jeep -
- Come? -
- Mio padre ha preso i biglietti per l’aereo per oggi pomeriggio. Ce lo ha detto solo stamattina -
- E’ un vero pasticcio… -
- Già. Ma ci terremo in contatto grazie a Isabel. Ciao - Fece un piccolo cenno di saluto con la testa e se ne andò.
La ragazza accennò un sorriso triste. - Sì, cercherò di collegarmi con te il più spesso possibile, devo fare esercizio… Mi mancherai, Michael! - Lo abbracciò con forza e gli diede un bacio sulla guancia. - Sii gentile con Tess, mi raccomando… - aggiunse pianissimo.
- E tu non litigare con Max. A volte si diverte a fare il capo, ma per la maggior parte del tempo è un bravo ragazzo. E ama davvero Liz. Stagli vicino… -
- Certo - Isabel lo abbracciò ancora una volta poi si rivolse a Tess. - A presto… -
- A presto - La ragazza si infilò imbarazzata le mani in tasca. - Salutami Max, per favore -
- Sì, stai tranquilla… - Isabel era un po’ dispiaciuta per il fatto che il fratello si fosse mostrato così distaccato quando, poco prima, la giovane aliena gli si era avvicinata per abbracciarlo ma, notata l’espressione del suo viso, aveva rinunciato e si era ritirata in buon ordine. Sicuramente Tess aveva la sua parte di colpa, aveva fatto un gioco un po’ crudele con Max e Liz, ma ormai era acqua passata e c’erano cose ben più importanti di cui preoccuparsi. Dovevano rimanere uniti almeno con lo spirito, e il rancore ed il risentimento non avrebbero certo facilitato il compito. Diede un rapido sguardo al viso incupito del giovane, ormai lontano tra la folla, e sospirò.
- Ciao, Isabel. Spero di poterti venire a trovare, un giorno… - Alex, l’espressione rattristata, le prese la mano destra fra le sue. - E chiamami, se dovessi avere bisogno di me: sai che puoi chiedermi qualunque cosa… -
- Sì, lo so. Grazie - Sforzandosi di sorridere la ragazza lo abbracciò. - Sei molto caro… -
Qualche metro più in là, entrambe serie e pensose, Maria e Liz guardavano i loro amici salutarsi.
- Immagino che questo voglia dire che Isabel e Max partono oggi stesso - osservò Maria.
- Sì, forse hai ragione - Liz rispose con voce piatta. Suo padre le era rimasto vicino per tutta la durata della cerimonia e oltre, impedendole di avvicinarsi a Max, e il pensiero della solitudine che l’aspettava le fece venire i brividi. “Stai attento, ti prego!…”
- Vieni, mia madre ci sta chiamando - Con una scrollata del capo la ragazza prese l’amica sottobraccio e la condusse via.

- Sia ben chiaro che, nonostante quello che è successo, io ho ancora fiducia in te, Liz, e spero che, nel caso dovessi scoprire di… - la signora Parker si morse imbarazzata il labbro inferiore - di essere incinta tu ne parleri con me prima di prendere una qualsiasi decisione. Posso contarci? -
A quelle parole la ragazza chiuse gli occhi per un istante. “Incinta… Magari è questo il motivo per cui l’altro giorno la mia pelle… Sarebbe meraviglioso!…” L’improvvisa luce che apparve nel suo sguardo impensierì non poco la madre. - Liz, devi dirmi qualcosa? -
Sorridendo con fare assente Liz scosse la testa. - No, è ancora troppo presto - poi si avvicinò alle scale che l’avrebbero condotta nel locale sottostante. - Vado a dare una mano a Maria… -
- Santo cielo, Liz, vuoi stare più attenta? - Maria prese una spugnetta e si mise a pulire con decisione il ripiano su cui l’amica aveva fatto cadere una quantità incredibile di caffè. - Max è partito da una settimana, ormai, e se pensi di continuare a vivere tra le nuvole sarà meglio che cambi lavoro… o forse è meglio se lo cambio io! -
- Scusami… - La ragazza si appoggiò con i gomiti sul bancone e guardò trasognata oltre la porta del Crashdown Café. - Non ci avevo pensato ma… potrei anche aspettare un bambino… Ti rendi conto, Maria? Un bambino mio e di Max… - Accennò una risatina - Chissà come sarebbe? In fin dei conti Max è un miscuglio di cose, umane e non, e il suo aspetto originario era diverso da quello che ha ora… -
- E tu cosa nei sai? - Maria si passò le mani umide sul grembiulino argenteo che indossava come parte dell’uniforme e le si accostò incuriosita.
- L’ho visto quando l’ho baciato prima di fare l’amore la notte in cui è venuto a casa mia… - Il viso della ragazza s’incupì al ricordo. - Lo hanno ucciso a tradimento il giorno delle nozze, e con lui quasi tutti i suoi parenti ed amici, compresi Michael ed Isabel. Tutto sommato è un bene che non sappiano nulla del loro passato… Troppo dolore, troppi morti - Sospirò e si raddrizzò accarezzandosi dolcemente la pancia. - Staremo a vedere… -
- Ma davvero potresti essere incinta? -
- Non lo so. Davvero, Maria, non ne ho idea -
- Quand’è che parti per Albuquerque? -
- Fra dieci giorni. Sentirò la tua mancanza… - Con un gemito sommesso abbracciò l’amica. - Mi manca, Maria, mi manca da morire… - sussurrò.
Maria la strinse per consolarla, ed in quel momento vide sopraggiungere Michael, dato che era quasi mezzogiorno. Facendo una piccola smorfia, si staccò da Liz e le toccò la guancia umida. - Vai a sciacquarti il viso, ne hai bisogno… e non preoccuparti per il resto. Non appena i tuoi genitori si saranno calmati ti permetteranno di stare con lui, specie se… - e la guardò significativamente.
- Lo spero, lo spero proprio… - Liz si passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e andò nel piccolo bagno di servizio, seguita dallo sguardo attento di Michael.
- Come sta? - chiese quest’ultimo non appena rimase solo con Maria.
- Da cani. E Max? Hai sue notizie? -
- Sì. Si sono iscritti a tutti i corsi scientifici disponibili, nella speranza di imparare qualcosa di utile ai nostri scopi. Isabel dice che stanno bene, anche se lui è ancora più chiuso di prima… -
- Liz invece è sempre più distratta. Mi ha detto che partirà fra dieci giorni. E tu? -
- Io resto qui, te l’ho già detto: non ho i soldi per andare al college! - Sbuffando seccato cominciò a preparare la piastra per gli hamburger. - Tu, invece? - chiese fingendo indifferenza.
- Mm… Io potrei anche andare a Oxford, se volessi… ma preferisco rimanere a Roswell - Il tono sarcastico di Maria colpì Michael, che si girò verso di lei con aria interrogativa.
- Neanche io ho i soldi, stupido! - chiarì lei risentita.
- Bene - Con un sorrisetto malizioso il ragazzo si pulì le mani con uno strofinaccio e l’afferrò alla vita dandole un bacio mozzafiato.
Colta di sorpresa, Maria impiegò qualche secondo a realizzare quello che stava succedendo, poi alzò le braccia per afferrarlo alle spalle e restituì il bacio con una passione tale da farle dimenticare dove si trovavano finché lo sceriffo Valenti, appena entrato per fare uno spuntino, li salutò ad alta voce. - Salve, ragazzi! -
I due si staccarono bruscamente e Maria, rossa come un pomodoro, si affrettò a prendere una brocca di caffè e a versare il liquido bollente in una tazza. - Buongiorno, sceriffo, cosa desidera mangiare? -
- Il solito, per favore, e una doppia fetta di torta: oggi voglio festeggiare!-

- Oh, e cosa? -
- Kyle ha superato le prove di ammissione all’Accademia. Partirà dopodomani -
- Non pensavo che volesse entrare in polizia… - Maria fissò stupita l’uomo. - Come mai questa decisione? -
- Forse ha scoperto che, nonostante tutto, è un lavoro interessante. E i vostri amici come stanno? -
In quel momento ritornò Liz, che a quelle parole si volse speranzosa verso Michael. - Hai notizie di Max? -
- Sì, beh, che corsi ha scelto, il suo compagno di stanza, le solite cose… Scusa ma… non ti ha mai telefonato? -
La ragazza si strinse nelle spalle. - No. No, e a dire il vero non l’ho chiamato neppure io… Pensavo che… - Abbassò gli occhi e si fissò le mani intrecciate nervosamente.
- Pensava che l’avrebbe fatto lui - terminò al suo posto Maria polemica. - Ma naturalmente voi maschi non avete la più pallida idea di come si tratta una ragazza! - Disgustata, si allontanò per andare a prendere l’ordinazione dello sceriffo.
L’uomo nascose un sorrisetto mentre si portava alle labbra la tazza colma di caffè. “E con il tempo non si migliora…” commentò in silenzio.

Max moriva dalla voglia di parlare con Liz, di sentire la sua voce, ma sapeva che non gli sarebbe bastato, che avrebbe voluto averla accanto, e preferiva evitare di soffrire ancora di più, pur sapendo che per lei era altrettanto difficile. Il pensiero che Liz potesse essere rimasta incinta lo aveva sfiorato solo per un attimo, finché non aveva ripensato al giorno in cui l’aveva monitorata quando la sua pelle brillava di luce interna, ed allora si era tranquillizzato. E un po’ dispiaciuto. Ma forse era meglio così. Anzi, sicuramente, visto come stavano le cose… Comunque, non appena il caos che era la sua vita fosse finito, sarebbe tornato a prenderla e non l’avrebbe mai più lasciata andare!
Fu con un notevole sforzo che riuscì a concentrarsi di nuovo sul libro che teneva tra le mani. Tutte quelle formule gli danzavano davanti agli occhi facendolo impazzire per la frustrazione: ogni volta che le guardava gli tornavano in mente i simboli tracciati sulla parete della caverna nella riserva indiana e gli veniva mal di testa. Riuscì a studiare soltanto mezz’ora prima che si distraesse di nuovo, così chiuse il libro con violenza e spinse indietro la sedia facendo sussultare John, il suo compagno di stanza, un mite ragazzo occhialuto e dal volto ricoperto di lentiggini. - Vado a fare un giro - disse bruscamente.
Il giovane, molto intelligente e sensibile, lo osservò con attenzione. Non riusciva a capire come mai Max, di solito tranquillo e posato, all’improvviso avesse quelle reazioni eccessive, soprattutto quando si metteva a studiare matematica. Forse aveva delle difficoltà, e se glielo avesse chiesto lui sarebbe stato ben felice di aiutarlo, ma dubitava fortemente che lo avrebbe mai fatto. Era un tipo molto chiuso, al contrario di sua sorella. Lui adorava Isabel, la sua bellezza solare, la sua gentilezza, e gli sembrava impossibile che Max, così cupo, fosse suo fratello, anche perché non si somigliavano neppure fisicamente.
Intanto Max era arrivato in fondo al vialetto che portava alla biblioteca, dove incontrò proprio Isabel.
La ragazza, vedendo la sua espressione corrucciata, si scusò con l’amica con cui stava parlando e si affrettò a raggiungerlo. - Max, non puoi continuare così! Che cosa ti sta succedendo? Sei pallido da far paura, e stai dimagrendo a vista d’occhio… Dannazione, se è per Liz manda tutti al diavolo, prendi il primo aereo e vai da lei! Cosa mai potrebbero farti?!? -
A quelle parole il giovane accennò un sorriso. - Già, cosa potrebbero farmi?… Ma non è Liz… almeno, non è sempre per lei… Io… non lo so, Isabel, non capisco che cosa stia succedendo… Ogni volta che mi metto a studiare mi vengono in mente quei maledetti simboli e vado in tilt! - Parlava piano mentre continuava a camminare e la sorella faticava a stargli dietro.
- Max, fermati, ti prego, non stai correndo la maratona! - Esasperata, Isabel lo afferrò per un braccio e lo guardò in faccia. - Che cosa c’è? - chiese di nuovo.
- Non lo so, davvero… Da quando siamo partiti da Roswell non riesco a dormire più di tre ore a notte per colpa degli incubi, e dopo un poco che studio perdo letteralmente la testa! -
- Vuoi dire che vai in trance? -
- Non lo so, sì, forse… Vedo i simboli, le incubatrici, l’ologramma… Mi sembra di impazzire!… -
- E gli incubi? - lo incalzò la sorella.
Con una scrollata di spalle il ragazzo si fermò e socchiuse gli occhi. - Gli incubi… Sono orribili… Di solito iniziano con Pierce e i suoi giochetti, poi vedo Liz… ma qualche volta sei tu, o Michael, o mamma, o papà… vi allontanate fino quasi a scomparire e io sono rinchiuso in un guscio da cui non riesco in nessun modo a liberarmi… E poi vedo i vostri corpi senza vita, e so che non ho potuto fare niente per salvarvi… -

A quelle parole gli occhi di Isabel si riempirono di lacrime. - Oh, Max… - Tremando per l’emozione lo abbracciò e tentò di confortarlo. - Liz sta bene, e così pure Michael e i nostri genitori, credimi! Forse questi sogni sono dei messaggi di allarme… In fondo sappiamo che è solo questione di tempo perché i nostri nemici ci rintraccino, e il fatto che tu sia rinchiuso… - Inspirando a fondo si scostò un poco da lui e gli prese il viso tra le mani. - Tu sei davvero chiuso, Max… Sei sempre stato molto riservato, ma da quando siamo qui… Forse essere stato con Liz ti ha in parte sbloccato… Io… vorrei entrare nei tuoi pensieri… Posso? - E davanti al cenno affermativo del fratello lo prese per mano e si avviò verso la palazzina che ospitava il dormitorio femminile.
- Vieni, andiamo nella mia stanza. Alice è a lezione e potremo stare tranquilli… -
Giunti a destinazione Max si sdraiò sul letto e Isabel gli si sedette accanto posando una mano fresca sulla sua fronte. - Adesso rilassati e cerca di non pensare a niente. Non voglio che ci siano interferenze… -
Il leggero tocco della sorella calmò finalmente Max, che a poco a poco scivolò in un sonno leggero, quasi uno stato ipnotico indotto, e ancora una volta il suo inferno personale si scatenò.
La serie di immagini, vivide eppure sfuggenti, sembrava una galleria degli orrori. Gli esperimenti di Pierce si alternavano a scene di battaglia piene di sangue e violenza in una sequenza senza fine, ritornando più e più volte come in un girotondo diabolico. Il corpo di Max cominciò ad essere scosso da brividi sempre più forti mentre dalle sue labbra sfuggivano lamenti rochi e spezzati ed Isabel, preoccupata, si chinò su di lui per toccargli entrambe le tempie e aumentare la forza del contatto. - Max, svegliati! Max, ti prego, torna in te! Non ce la faccio a rimanere lì, per favore, vieni via con me! -
Adesso erano entrambi bagnati di sudore per la strana lotta che stavano combattendo contro la violenza dei ricordi di Max, che pian piano li risucchiava in un abisso di follia.
Disperata, Isabel tolse le mani dalla testa del fratello e gliele posò sul petto premendo con forza nel tentativo di farsi sentire. - Ti prego, Max, ti prego!… -
Piangendo per il terrore nel percepire il battito impazzito del suo cuore, sentiva le pareti del guscio che racchiudeva il ragazzo in una prigione immaginaria premere contro di lei soffocandola, e in un ultimo tentativo di aiutarlo si proiettò con tutta la sua forza ed il suo amore dentro quelle scene raccapriccianti. Fu un attimo: una luce intensa spazzò via tutto, e rimase solo un’immagine dapprima confusa, poi sempre più chiara.
Imbarazzata, Isabel vide con gli occhi della mente il fratello sdraiato accanto a Liz mentre faceva l’amore con lei, sentì la pace e la serenità che emanavano da loro, e una frazione di secondo più tardi l’ondata di passione che li travolse e, allo stesso tempo, frantumò le sbarre della prigione mentale di Max. Tremando per l’emozione interruppe il contatto e si lasciò scivolare in ginocchio accanto al letto. Con la punta delle dita sfiorò il viso del giovane e lo chiamò sottovoce finché vide le sue palpebre fremere ed infine sollevarsi. Sorridendo lo fissò negli occhi. - Bentornato, Max… - disse piano.
Il ragazzo ricambiò il suo sguardo, un’espressione intensa sul volto madido di sudore. - Ora so chi siamo, e cosa dobbiamo fare - disse con un filo di voce.
- Bene, ma adesso riposati. Sei stato privo di sensi per quasi due ore, e sono sicura che se abbiamo aspettato undici anni prima di saperlo, possiamo aspettare ancora un giorno… -
Max accennò un debole sorriso, poi chiuse di nuovo gli occhi e si addormentò.
Di lì a pochi minuti la porta si aprì ed Alice fece il suo ingresso nella graziosa stanza che le due ragazze dividevano. - Ciao, perché non sei venuta a lezione? - Poi vide il giovane sul letto dell’amica e si portò una mano alla bocca. - Ehi, ma non è…? -
- Sì, è mio fratello Max. Non si sentiva troppo bene così ho preferito portarlo qui e stargli accanto, nel caso avesse avuto bisogno di qualcosa - Isabel parlò con tono disinvolto, nonostante tenesse ancora le dita strette attorno al polso del giovane per controllarne il battito cardiaco. - Hai preso molti appunti? -
- Sì, lo sai che Russell dice sempre molte più cose rispetto a quello che è scritto nei suoi libri… - Alice posò sulla scrivania la pila di quaderni che teneva sotto il braccio e si lasciò cadere sulla sedia più vicina. - E’ proprio carino… E’ libero? -
Isabel scosse sorridendo la testa. - Oh no, non esiste ragazzo più impegnato di lui! Il suo mondo inizia e finisce con Liz Parker… -
- Mm… ed è qui anche lei? -
- No, frequenta l’università del New Mexico -
- Già, è vero, voi venite da Roswell… Ma è vero che lì sono atterrati gli alieni? -
La ragazza si voltò a guardare il fratello addormentato. - No, a Roswell ci sono solo esseri umani - “Fin troppo umani… Mio dio, Max, è stato il tuo amore per Liz a incrinare il guscio che ti racchiudeva… Papà e mamma non dovevano punirti così…” Si chinò a sfiorargli la fronte con un bacio, ed Alice la guardò incuriosita. - Gli vuoi molto bene, vero? -
- Sì, è un ragazzo davvero speciale - fu la risposta sommessa di Isabel.
Era quasi l’ora di cena quando finalmente Max si svegliò. Impiegò qualche secondo per capire dove si trovasse poi si volse su un fianco e guardò la schiena della sorella, seduta alla scrivania intenta a studiare. - Isabel - disse soltanto, a bassa voce.
Con un sussulto la ragazza si voltò e sorrise piacevolmente sorpresa. - Ciao! Come ti senti? -
- Meglio, grazie. Mi dispiace di avere invaso la vostra stanza… Posso invitarvi a cena per sdebitarmi? -
- Certo! - Alice scattò in piedi allungando una mano verso il giubbetto di jeans abbandonato in fondo al letto.
- Ma ti prego, andiamo subito, ho una fame!… -

L’indomani, al termine delle lezioni, Max cercò la sorella e la condusse in un punto un po’ appartato del parco che circondava il campus.
- Allora, cos’hai scoperto? - domandò subito Isabel guardandolo in viso.
- I simboli rappresentano le coordinate del nostro pianeta e la rotta che bisogna seguire per raggiungerlo. Nella caverna dove si trovano le incubatrici c’è una porta nascosta che conduce all’astronave. Io non ne sono del tutto sicuro, ma penso che quando sarò lì ricorderò cosa fare. Ero al comando della difesa aerea, e sapevo pilotare perfino gli apparecchi del nemico… -
- Cosa vuoi dire? -
- Che il nemico è di un altro pianeta. Un pianeta alleato, che ad un certo punto ha deciso di conquistarci. Nostro padre non si era mai fidato veramente del Consiglio di Zoltar, e per questo aveva fatto in modo di conoscere ogni aspetto della sua tecnologia. Il Consiglio pensava di coglierci di sorpresa, invece noi eravamo ben organizzati e potemmo opporre una notevole resistenza. Ma non immaginavamo che molti dei nostri uomini più importanti fossero dalla loro parte, così alla fine la guerra si è trasformata in un massacro…-
- Allora siamo stati traditi? - Isabel fissò affranta il fratello. - Pensi che i nostri veri genitori siano riusciti a sopravvivere? -
- Non lo so… Vedi, nostro padre cercò di rinsaldare certi legami nel tentativo di salvare il pianeta, ma… - Max scosse tristemente il capo e tacque.
- Ma poi siamo stati uccisi… - concluse piano la ragazza.
- Già, e i legami si sono spezzati ancor prima di essere allacciati - fu l’amaro commento del giovane.
- Intendi dire tu e Tess? -
- Esattamente. Il nostro era un matrimonio combinato, o, per meglio dire, il prezzo del ricatto del padre di Tess-
Isabel fissò sconvolta il fratello. - Non posso credere che i nostri genitori avessero accettato… -
- Io non ero contrario - Al ricordo Max si lasciò andare contro lo schienale della panchina su cui si erano seduti. - Non so dirti cosa provassi davvero per lei, e comunque persone che credevamo amiche attaccarono il palazzo reale dall’interno proprio il giorno delle nozze uccidendoci quasi tutti. Il resto lo conosci anche tu -
- Già, i costrutti… - Isabel si morse pensosamente il labbro inferiore. - E cosa mi dici dei nostri poteri? -
- Sono connaturati in noi, ma nel programmare i nostri nuovi corpi li hanno potenziati. Gli unici limiti che abbiamo sono quelli della nostra memoria -
- Cioè le nostre barriere mentali? -
- Sì. Sono state costruite per proteggerci dagli agenti del Consiglio. Dovevamo diventare adulti, e in grado di difenderci, prima di poterci rivelare… Quei poteri emanano una enorme quantità di energia e una volta liberati ci rendono, per così dire, visibili -
- E’ per questo che Nasedo diceva che non eravamo ancora pronti? -

- Già. Ma ora il momento è giunto… Fra due settimane sarà la festa del Ringraziamento e potremo tornare a Roswell senza insospettire papà e mamma… -
- Io credo che sia giunto il momento di dirgli la verità. Max, per favore! - aggiunse nel vedere l’espressione del suo viso. - Cosa gli diremo quando lasceremo la Terra? -
A quelle parole il giovane si incupì ulteriormente. - Va bene -
Più tardi, mentre Alice dormiva tranquilla nel suo letto, Isabel si proiettò nei pensieri di Michael e gli trasmise tutte le informazioni che aveva avuto da Max.

- Ecco i vostri anelli di Saturno! - Liz depose i piatti sul tavolino e nel raddrizzarsi lo sguardo le cadde sulla porta d’ingresso del Crashdown, dove aveva ripreso a lavorare il giorno stesso del suo ritorno da Albuquerque per trascorrere con la famiglia le vacanze per il giorno del Ringraziamento. “Max!…” Sentì il cuore balzarle in gola e gli occhi inumidirsi. Aveva sognato quel momento fin da quando il padre le aveva mandato i soldi per il biglietto aereo, nella speranza che anche Max tornasse a casa per l’occasione, e adesso non riusciva a convincersi del fatto che lui fosse davvero lì. Per un lunghissimo istante rimase a guardarlo entrare e fissarla con quell’espressione seria che conosceva così bene, poi un sorriso timido le distese le labbra e fece un passo verso di lui.
Nel frattempo anche Maria si era accorta di Max, nonché di Isabel, entrata subito dopo. - Michael, guarda un po’ chi c’è… - disse voltandosi verso il ragazzo.

Michael seguì il suo sguardo e si tolse il fazzoletto che portava in testa per proteggersi dal sudore. - Torno subito - disse dirigendosi verso il tavolo cui si erano accomodati.
Max era seduto davanti alla sorella ma poi, vedendo Liz avvicinarsi, si alzò in piedi e la fissò intensamente negli occhi mentre le sfiorava la guancia in una carezza gentile. “Mi dispiace averti lasciato sola…”
La ragazza spalancò gli occhi scuri sorpresa. Aveva sentito il pensiero di Max, aveva avvertito la sua desolazione ed il rimpianto, e con un singhiozzo soffocato coprì la sua mano con la propria. - Max… - riuscì solamente a dire prima di sentirsi abbracciare così forte da farle mancare il fiato. Sollevò il viso per ricevere il suo bacio, inconsapevole delle lacrime di felicità che avevano cominciato a scenderle lungo le guance.
- Oddio, si ricomincia… - Michael guardò esasperato la coppia, poi lanciò un’occhiata di sottecchi a Maria, occupata con un avventore.
Isabel sorrise indulgente. - Però è a questo che si deve la liberazione di Max, non dimenticarlo -
Sbuffando, il giovane le rivolse tutta la sua attenzione. - Ok, allora quando si comincia? -
- Stanotte. Sei invitato a cena a casa nostra, con Tess, e dopo andremo alla caverna nel deserto. Nasedo sarà lì ad aspettarci. Ha sentito la mente di Max ed ha telefonato su tutte le furie per sapere cosa stessimo combinando… -
- Già, per lui non siamo ancora in grado di affrontare i nostri nemici, però non fa niente per aiutarci! A volte ho l’impressione che ci abbiano mandato qui solo per perpetuare la specie… -
- Ma nostra madre ha detto che ci aspettano per liberarli! - obiettò prontamente la ragazza.
- Dopo tutto questo tempo? - fu il commento scettico di Michael.
In quel momento Max si sedette al suo posto trascinando Liz con sé.
- Max, non posso restare qui! Devo servire ai tavoli… - il bisbiglio imbarazzato della ragazza fece sorridere ironicamente Michael, che disse a voce altrettanto bassa chinandosi verso l’amico: - E come se non bastasse, sta arrivando il signor Parker! -
A quelle parole Liz si voltò di scatto e vide il padre incombere su di lei.
- Ti avevo detto di non farti più vedere qui - L’uomo si rivolse con freddezza a Max senza degnare la figlia di uno sguardo.
Il giovane avrebbe voluto protestare ma fu preceduto da Liz, che si alzò lentamente in piedi. - Papà, io amo Max, e devi fartene una ragione… - Le tremarono le labbra e serrò i pugni per farsi coraggio. - Non ci siamo visti per due mesi, non è abbastanza? -
Parker si girò a guardarla con un’espressione triste sul volto indurito dal rancore. - No, Liz. Tu hai tradito la fiducia che tua madre ed io avevamo in te. E Max Evans è un mascalzone che si è portato a letto una ragazzina di diciassette anni! -
A quelle parole Max s’irrigidì per l’ira. - Non ha alcun diritto di trattarla così, signore - disse gelido. - Liz è degna del massimo rispetto, e se oggi sono venuto qui, nonostante il suo divieto, è perché fra pochi giorni partirò di nuovo e non so se e quando ritornerò. E poiché l’amo davvero volevo salutarla. Mi dispiace se a lei la cosa non va, ma a me importa solo la felicità di Liz - Volse il capo ad incontrare lo sguardo sorpreso e disperato della ragazza e, incurante della presenza del padre di lei, le accarezzò il viso e la baciò delicatamente un’ultima volta sulle labbra. “Ti amo, Liz, con tutto il cuore!”
Il pensiero, caldo e forte, colpì Liz come un maglio lasciandola senza respiro e incapace di dire o fare qualunque cosa mentre Max se ne andava via, seguito dalla sorella e da Michael.
Rimasti soli, padre e figlia si guardarono negli occhi in silenzio, poi Liz tornò a sedersi voltandogli le spalle, lo sguardo fisso alle proprie mani tremanti appoggiate sul tavolo.
- Tesoro, mi dispiace, ma sei ancora troppo giovane per queste cose, e non puoi legare già da ora la tua vita ad una persona!… Hai ancora tanto tempo per conoscere gente, fare altre amicizie, trovare magari qualcuno più interessante… -
Liz sollevò la testa, continuando a dare le spalle al padre. - Non esiste un altro ragazzo come Max - disse piano. - Non c’è, non ci sarà mai, un altro come lui su tutta la terra, e se io dovessi perderlo non te lo perdonerò finché vivo - Muovendosi piano, quasi temesse di andare in frantumi, si alzò e andò nella sua stanza.
Maria, che aveva assistito a tutta la scena, posò con fare deciso il vassoio colmo di piatti e bicchieri sporchi sul bancone e corse dietro l’amica. Dovette bussare a lungo prima che Liz le aprisse, e nel vedere la sua espressione sconvolta le prese le mani sospingendola con dolcezza sul letto. - Liz, ma cosa è successo? -
- Io… non lo so… Max ha detto… ha detto che sta per partire e non sa se e quando tornerà… Lui è… è diverso, ora, è cambiato… Maria, sono terrorizzata! - Scoppiò in un pianto dirotto e la ragazza la fissò perplessa. - Hai paura di lui? - chiese con voce incerta.
- No! - Liz si passò una mano sul volto per asciugarsi le lacrime. - No, non ho paura di lui, ho paura per lui! - Con gesto nervoso si tolse il cerchietto con le antenne che faceva parte della bizzarra uniforme del Crashdown Café e lo lanciò attraverso la stanza. - Io penso che si tratti della loro ricerca, ma non ho potuto chiedergli niente per via di mio padre! -
A quelle parole Maria impallidì. - Vuoi dire che… stanno per lasciare la Terra?!? -
- Non ne ho idea - Liz si alzò e si mise a cercare qualcosa nell’armadio.
- Che stai facendo? -
- Vado a chiederglielo, e al diavolo i miei genitori! - Esasperata, la ragazza si strappò quasi di dosso gli abiti da lavoro e si cambiò. Mentre si avvicinava alla finestra per andarsene dalla scala di sicurezza esterna si volse un’ultima volta. - Digli pure dove sono, non me ne importa più nulla -
- Brava, così mi piaci! - mormorò Maria agitando il pugno in un gesto di trionfo. “Se solo quello stupido di Michael meritasse altrettanto! Mmmm, che rabbia!”

Dovette suonare a lungo  poi, finalmente, il signor Evans aprì la porta e fissò sorpreso la ragazza ferma sotto la pioggia battente.
- Max è in casa? -
- Sì, accomodati pure… -
Nell’entrare Liz vide Isabel e la salutò imbarazzata. La ragazza era, come sempre, vestita all’ultima moda mentre lei si sentiva un disastro, fradicia e infreddolita.
- Santo cielo, Liz, sei bagnata fino alle ossa! Vieni in camera mia, ti do qualcosa per cambiarti… -
Stavano per entrare nella stanza di Isabel quando Max apparve sulla soglia della sua camera. - Liz! -
Ridendo, Isabel si tirò dietro la ragazza. - Dopo, Max, dopo! - e gli chiuse la porta in faccia.
Asciugatasi e indossati pantaloni e maglioncino puliti, Liz si sentì molto meglio e fece un profondo respiro prima di rivolgersi all’amica. - Grazie per i vestiti, Isabel, ma adesso ti prego di dirmi la verità: state per lasciare la Terra? -
Isabel le sorrise comprensiva. - Non so esattamente cosa succederà, mi dispiace… E credo che neppure Max lo sappia. Forse questa notte… -
- Questa notte, cosa? -
La ragazza scrollò le spalle. - Max ha scoperto qualcosa e stanotte vuole fare un esperimento -
- Dove? -
- Liz, ti prego, non insistere! Fino ad ora non ti abbiamo nascosto niente, ma adesso è diverso! Ora c’è gente che vuole distruggerci, e più cose saprai di noi più sarai in pericolo! -
- Io penso che sia vero l’opposto - La voce di Liz risuonò stanca. Non ne poteva più di tutti quei segreti, quei sotterfugi, lei voleva che le cose tornassero semplici come all’inizio del suo rapporto con Max, e a testa bassa uscì dalla stanza.
Quando fu nel soggiorno la signora Evans le andò incontro esitante. - Ciao, Liz, vuoi trattenerti a cena con noi? Ci sono anche Tess e Michael… -
A quelle parole la ragazza cercò con lo sguardo Isabel e ne colse l’espressione ansiosa. Sapeva che i signori Evans erano all’oscuro della vera identità dei loro figli adottivi, e comprese che la sua angoscia non era nulla a paragone di quello che dovevano provare Max e la sorella. Abbassò gli occhi a disagio ricordando l’imbarazzante scena di due mesi prima, e l’idea di dover affrontare tutta quella gente che sapeva… Ma poi realizzò che quella era l’ultima occasione che aveva per stare insieme a Max, così rialzò lo sguardo e sorrise gentilmente alla donna. - Sì, grazie. Le spiace se telefono ai miei per avvertirli? -
- Prego, fai pure… - Le indicò l’apparecchio sul tavolino all’ingresso e andò a prendere l’occorrente per apparecchiare.
Liz fu molto rapida, anche perché non lasciò alla madre il tempo di obiettare, poi si appoggiò alla parete con espressione pensosa e così la trovò Max. - Ciao - la salutò sorridendo.
- Ciao. Mi spiace per quello che è successo al Crashdown… -
Il giovane scosse la testa con noncuranza poi la fissò negli occhi. - Grazie per aver accettato di restare. Ci è rimasto così poco tempo… -
Abbassando la voce a poco più di un sussurro Liz gli sfiorò il torace in una carezza affettuosa. - I sabel mi ha accennato ad un esperimento. Non correre rischi, ti prego… -
Invece di risponderle Max le mise una mano dietro la nuca e si chinò a baciarla.
Durante la cena la conversazione fu piacevole anche se a volte un po’ forzata. La signora Evans sentiva che c’era qualcosa che non andava e ogni tanto, nell’incontrare lo sguardo del marito, lo fissava con espressione interrogativa, quasi a cercare il suo aiuto. Poi, dopo aver bevuto l’ultima tazza di caffè, Max tese la mano a coprire quella di Liz, seduta alla sua destra, e lanciò un’occhiata al padre. - Noi adesso usciamo. Probabilmente faremo tardi -
- E dove andate? - Fu sua madre ad intervenire. - Scusate se lo chiedo ma cercate di capirmi… Max, dopo quello che è successo credi sia opportuno uscire stasera con Liz? - La donna si rivolse preoccupata verso la ragazza. - Lo faccio per i tuoi genitori, cara, non per te, credimi! Io sono contenta che tu e Max stiate insieme, so che mio figlio non avrebbe potuto trovare di meglio, ma… - Non riuscì a continuare, e Max intrecciò le dita con quelle di Liz. - Ti prometto che l’accompagneremo subito a casa. Però rientrerò molto tardi con Isabel: ci sono delle cose che dobbiamo fare insieme a Tess e Michael -
- Max, ti prego, portami con te! -
- Non posso, Liz. Ma non me ne andrò senza salutarti, credimi! - Il giovane la guardò dritto negli occhi stringendole forte la mano. - Credimi… - ripeté piano.
Liz dovette cedere davanti alla sua decisione. - Ti credo - mormorò abbassando la testa.
Con dolcezza Max le diede un bacio sulla tempia. - Grazie… -
I signori Evans rimasero impassibili davanti al gesto del figlio ma respirarono più sollevati quando si alzarono tutti da tavola.
- Siate prudenti, ragazzi, mi raccomando! - fu il loro saluto nell’accompagnare il gruppo fin sulla porta di casa.
Nessuno parlò mentre si dirigevano verso il Crashdown Cafè, poi Max scese dall’auto insieme a Liz e la scortò fino al locale. Quando furono sulla soglia il giovane le prese il volto fra le mani. - Io non so se riuscirò a fare quello che devo, stanotte… Si tratta di qualcosa che ho solo percepito nei miei ricordi… Potrebbe non succedere niente, e allora domani sarà tutto come sempre, ma se riuscirò le cose cambieranno in un modo che non posso neppure immaginare! In ogni caso, se sopravviverò a tutto questo, ricordati che ti amo e che tornerò da te. Non dimenticarlo mai, ti prego… -
- No, amore… Ma sarà dura aspettarti senza sapere cosa… - Gli occhi improvvisamente pieni di lacrime, Liz si morse le labbra e si sforzò di sorridere. - Ti amo così tanto… - Si sporse un poco verso di lui per baciarlo con passione, e vivide immagini le riempirono la mente.
Quando infine si separarono la ragazza si serrò le braccia al petto. - E’ così strano, il tuo mondo… Fai molta attenzione, e saluta gli altri per me - Accennò un ultimo sorriso, poi si volse ed entrò nel locale.
Max la guardò sparire oltre la porta a vetri, salutare Maria che stava servendo l’ultimo cliente e dirigersi verso le scale che conducevano all’appartamento soprastante. Con un sospiro tornò alla jeep e Michael rimise in moto.

- Allora, cosa intendete fare? - Nasedo-Pierce squadrò sospettoso i quattro alieni.
Max ricambiò l’occhiata fredda dell’uomo. - Risvegliare i nostri ricordi. So come procedere ma ho bisogno della tua supervisione. Ti sei accorto subito dell’aumento di attività elettrica nel mio cervello, quindi immagino che, se riuscirà, il mio esperimento attirerà qui un bel po’ di gente indesiderata, non credi? Sempre ammesso che i nostri nemici si trovino qui sulla Terra… -
- Su questo puoi contarci, altezza -
Nell’udire il titolo onorifico il giovane lo fissò senza espressione prima di voltarsi verso gli altri. - Mettetevi come vi ho detto… -
Poco dopo si trovavano disposti su quattro lati, mentre Nasedo teneva sotto controllo l’area circostante, poi Max chiuse gli occhi e si concentrò. I suoi pensieri cominciarono a schizzare in mille direzioni. Liz, Pierce, il corpo della ragazza caldo e tenero sotto di lui, il bisturi che gli incideva il petto, Michael ricoperto dal bozzolo, Valenti in lacrime chino sul figlio senza vita, la sua mano sulla ferita mortale di Liz, l’ologramma di sua madre, la pistola puntata contro di lui da Hubble, il cacciatore di alieni. Tremando per la tensione, sollevò il viso verso il cielo, tornato sereno, ed emise un grido senza suono. D’improvviso delle linee azzurre di energia si sprigionarono dalla sua testa dirigendosi verso Isabel, Michael e Tess.
La violenza del contatto fece sussultare i tre ragazzi, che subito dopo avanzarono verso Max per potersi prendere per mano.
Sentendosi per la prima volta davvero parte di qualcosa, Michael guardò l’amico con riconoscenza. - E’ una sensazione meravigliosa. Grazie -
Isabel, invece, rimase in silenzio, ricordando le emozioni che aveva percepito nel fratello quando si era liberato da solo e ringraziandolo mentalmente per il dono che aveva fatto di se stesso.
Anche Tess non disse nulla, mentre si voltava verso Max. “Sei davvero un leader… La forza della tua mente è incredibile, per questo tua madre era così sicura di poter contare su di te…”
Il giovane ricambiò i loro sguardi colmi di attesa e si volse verso l’imbocco della caverna. - Andiamo - disse semplicemente.
Una volta all’interno si diresse senza esitare verso un punto ben preciso della parete più interna e premette entrambe le mani contro la pietra, che sembrò dissolversi sotto il suo tocco.
Mentre gli altri si guardavano intorno senza parole per lo stupore, lui raggiunse la piccola cabina di pilotaggio ed inserì i due graniliti improvvisamente comparsi nelle sue mani nelle apposite nicchie davanti ai sedili.
- Come hai fatto? - gli chiese ad un tratto Isabel.
Max sfiorò con espressione intenta i comandi ordinatamente disposti sul pannello sopra una delle due nicchie.
- Ho ricordato - Lo sguardo gli si incupì. - I graniliti non sono solo dei trasmettitori, sono anche una fonte di energia. La fonte che fa muovere quest’astronave -
- Vuoi dire che adesso possiamo tornare sul pianeta da cui proveniamo? - chiese Michael con sguardo brillante e pieno di aspettativa.
- Sì. I simboli nella caverna di River Dog indicano la rotta da seguire. Possiamo partire anche subito, arrivare là, e morire ancora prima di aver toccato il suolo… -
- Come? -
Fu Tess a rispondere. - Max ha ragione. Dobbiamo prima studiare un piano. Forse Nasedo…? -
A quel punto si inserì Isabel. - Nasedo è solo una baby sitter. Sta a noi decidere come muoverci, quindi cominciate a tirare fuori idee sensate! - Girò bruscamente le spalle agli amici e andò a sedersi al posto accanto al fratello. - Michael, tu eri il braccio destro di Max: cosa suggerisci? -
Preso alla sprovvista, il ragazzo si passò una mano tra i folti capelli biondi. - Dammi tempo, ho ancora le idee un po’ confuse… -
- Sentite, torniamo a casa, pensiamoci un po’ su, e domani ne riparliamo con calma! E’ chiaro che ormai abbiamo fatto sapere a tutti della nostra presenza qui e quindi non c’è tempo da perdere, ma se non stabiliamo un piano d’azione in grado di funzionare non credo che usciremo vivi da Roswell… -
A quelle parole i tre amici si voltarono verso Max, finalmente consapevoli di quello che significava la conquista del loro passato.
Dopo una notte insonne Max si alzò all’alba e andò nella stanza della sorella. - Isabel? Isabel, sei sveglia? -
Con un gemito la ragazza nascose la testa sotto il cuscino. - A cosa serve chiudersi a chiave se poi tu entri lo stesso? -
- Dai, Isabel, è importante! E’ una cosa cui tieni moltissimo… -
A quelle parole lei sollevò il cuscino per guardare il fratello, poi richiuse gli occhi tirando giù il lenzuolo che la copriva fino al mento. - Ok, sentiamo! -
- Dobbiamo parlare a mamma e papà -
- Come?!? - Isabel scattò in piedi. - Adesso? -
Max la guardò con dolcezza. - Possono accadere un sacco di cose, nei prossimi giorni, ed è meglio avvertirli subito -
- Già… -

Attese che tutti avessero finito di fare colazione, poi Max si appoggiò allo schienale e diede un’occhiata rapida ma intensa prima alla madre poi al padre. - C’è una cosa molto importante che dobbiamo dirvi… Una cosa che riguarda la nostra vera famiglia… -
La signora Evans poggiò il mento sulla mano per darsi un contegno. Aveva sempre temuto che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, e con un senso di vuoto nello stomaco concentrò tutta la sua attenzione sul bel volto del figlio.
- In realtà qualcosa la conoscevamo già da tempo, ma di recente abbiamo scoperto dell’altro - Max si girò un attimo verso la sorella prima di cercare gli occhi della madre. - Noi veniamo da un altro mondo. C’era una guerra, e sia io che Isabel siamo rimasti uccisi. E così pure Michael e Tess… - Si rivolse al padre, avendo sentito il suo ansito di sorpresa. - I nostri veri genitori hanno prelevato il DNA di tutti e quattro e lo hanno consegnato ad una squadra di esploratori. Nel 1947 un’astronave precipitò davvero nel deserto, qui in New Mexico: due degli esploratori morirono nell’impatto, uno è morto qualche anno fa, il quarto è ancora vivo e fa tutto quello che è in suo potere per proteggerci dai nemici che ci hanno seguito dal nostro mondo e dai cacciatori di alieni dell’FBI. Quando uscimmo dalle nostre incubatrici nell’astronave non c’era nessuno. Avevamo l’aspetto di bambini di cinque anni e non sapevamo niente del nostro passato, e camminammo nel deserto finché ci trovarono e ci portarono all’orfanotrofio. Negli ultimi mesi sono successe… delle cose… che hanno risvegliato la mia mente, e qualche giorno fa la memoria mi si è sbloccata del tutto. Ma ora i nostri nemici sanno che siamo qui e verranno a cercarci. Dovremo combatterli, e potremmo anche non farcela… -
- Max! -
L’esclamazione della donna lo fece voltare verso di lei. - Mi dispiace, mamma, per non averti detto niente, nemmeno quando mi hai pregato di farlo, ma ora capisci perché non potevo… Adesso però dovete sapere tutto per poterci aiutare -
- Cosa possiamo fare per voi? -
- Non dite nulla di tutto questo a nessuno, nemmeno agli agenti federali. E se dovessimo sparire improvvisamente dalla circolazione non cercateci: potrebbe essere pericoloso sia per noi che per voi… Io spero di riuscire a fare quello per cui siamo stati creati, e… non so cosa succederà dopo… - Il suo sguardo aperto e franco costrinse il signor Evans a credere l’incredibile, e nel silenzio improvvisamente sceso Isabel si alzò per andare ad abbracciare la madre. - Mi dispiace, mamma… - sussurrò con voce incrinata dal pianto.
La donna ricambiò affettuosamente la stretta. Quello che aveva appena sentito sembrava assurdo, ma ricordava le lunghe ore passate a studiare i filmini girati ai suoi figli quando erano piccoli, e i sospetti dello sceriffo sul modo in cui Max aveva spento l’incendio in cucina. - Lo sceriffo Valenti lo sa? - chiese ad un tratto cercando lo sguardo del figlio, che si limitò a chinare la testa in cenno d’assenso.
- Ci ha aiutato in più di un’occasione - spiegò Isabel.
- E ora dovete partire? - chiese il padre.
- Sì -
In quel momento qualcuno suonò alla porta e Isabel, dopo aver stretto con dolcezza una spalla della madre, andò ad aprire. - Michael! -
Il ragazzo entrò in fretta chiudendosi la porta alle spalle. - Nasedo ha visto qualcosa. Dobbiamo andare alla riserva indiana, lui è già  lì -
- D’accordo. Chiamo Max… - Mentre si girava per tornare in sala da pranzo vide sopraggiungere il padre. Gli sorrise con una punta d’imbarazzo. - Scusa, papà, ma dobbiamo andare. Sembra che la caccia sia già cominciata… -
Michael s’irrigidì. - Glielo avete detto! - disse con tono d’accusa.
- Potremmo rimanere uccisi. Qui o sul nostro mondo. Avevano il diritto di sapere! - Seccata per la sua reazione,  Isabel distolse bruscamente lo sguardo dall’amico e corse a chiamare il fratello.

- Ho trovato delle tracce di pneumatici nei pressi della caverna e River Dog mi ha confermato la presenza di estranei. Chiunque sia entrato qui dentro ora sa dell’esistenza dell’astronave, dato che ha trovato le indicazioni della rotta per il pianeta Antar. Dobbiamo studiare bene queste impronte e poi controllare l’area intorno alla grotta… -
Max fissò attentamente i segni sul terreno morbido e sentì qualcosa scattare nella sua mente. Si girò piano verso Michael incontrandone lo sguardo e un sorrisetto gli distese le labbra: ormai la loro vera personalità era venuta alla luce in tutta la sua interezza e la caccia che li aspettava era qualcosa di molto familiare.
Impiegarono buona parte della giornata per rintracciare i tre uomini che avevano trovato i simboli nella caverna e, con l’aiuto di Nasedo, li eliminarono usando i loro poteri mentali. Una volta assicuratisi che non ci fosse nessun altro alieno nei paraggi, si recarono all’astronave per verificarne il funzionamento e avviare le procedure di stand by.
Tornati a Roswell,  Isabel e Max cercarono di trascorrere una serata tranquilla insieme ai loro genitori e a Michael e Tess gustando l’ottimo tacchino ripieno preparato per la festa del Ringraziamento dalla signora Evans, mentre Nasedo, seduto in macchina vicino alla loro casa, teneva d’occhio la strada, ma la tensione era forte e dopo cena i ragazzi si ritirarono nella stanza di Max.
Finita l’eccitazione della caccia, i quattro giovani si erano ritrovati a fare i conti con il peso delle loro doppie personalità. Michael era ancora sconvolto per aver dovuto uccidere di nuovo ed Isabel e Tess non sapevano cosa dire per rasserenarlo. Incerto su come agire, Max stava appoggiato alla parete e fissava in silenzio il giovane sdraiato sul letto. Nonostante i ricordi delle centinaia di missioni militari cui avevano partecipato insieme fin dall’inizio della guerra che aveva insanguinato il loro mondo, e la consapevolezza che Michael fosse addirittura specializzato in sabotaggi e avesse una particolare predisposizione per i piani strategici, non cambiava il fatto che davanti a lui non ci fosse solo il suo vice, come lui non era l’erede al trono di Antar, ma un ragazzo di diciassette anni allevato da un uomo ubriacone e manesco, che aveva da poco finito il liceo… Pieno di compassione per lui, gli si avvicinò e fece per toccarlo.
- No, lasciami in pace! - Il giovane agitò un braccio per allontanare la sua mano ma Max lo schivò abilmente e si sedette al suo fianco. - Posso farti rilassare. Per favore, lascia che ti aiuti! Sei sempre stato un dannato individualista, ma adesso stai lottando per me, e stai soffrendo per questo… Me lo devi, accidenti a te! -
Sorpreso per la sua veemenza, Michael lo lasciò fare. - Se sei così duro con gli amici non oso pensare a come tratterai i tuoi nemici!… -
Fu Tess a raccogliere la battuta. - Il principe di Antar era noto per la sua forza e la sua integrità morale -
Isabel fece una smorfia. - Sì, il principe perfettino… E stava anche per sposarti, pur di proteggere il pianeta… - disse a mezza bocca.
Max però la udì, o meglio percepì le sue emozioni e sorrise mentre l’amico si distendeva al tocco delle sue dita sulla fronte. - Noi siamo diversi rispetto a quello che eravamo su Antar - Si voltò verso la sorella. - La nostra parte umana è molto forte, soprattutto perché siamo cresciuti senza la guida di Nasedo. I principi di Antar e i loro compagni non esistono più, sono morti da oltre cinquant’anni: ora ci siamo noi… - Si alzò lentamente in piedi. - Domani mattina partiamo per New York. Nasedo ha controllato alcune informazioni ricevute dagli agenti dell’FBI e pensa che sia meglio andare a vedere di persona. Restate a dormire qui, io devo uscire, e poi userò il divano in salotto. Buonanotte… -
- Buonanotte -
- Buonanotte - Tess lo guardò imbronciata poi si accorse del sorrisetto malizioso di Isabel e si strinse nelle spalle. - Beh, mi piace, cosa posso farci? - disse mentre la ragazza apriva l’armadio per tirarne fuori lenzuola e coperte.

Lo sceriffo radunò le pratiche inevase e le ripose nel cassetto poi, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e vide Max Evans in piedi sulla soglia del suo ufficio avvolto nella penombra.
- Salve, sceriffo -
- Max! Vieni, è successo qualcosa? -
- Sì. Ho bisogno di un favore… - Il giovane si avvicinò lentamente alla scrivania e cercò lo sguardo di Jim Valenti. - Stiamo per lasciare Roswell, e vorrei che lei tenesse d’occhio Liz. E avverta anche Kyle. Nel guarirli  li ho… diciamo segnati, e quelli che ci cercano potrebbero sentirlo. Faccia molta attenzione alle facce nuove che vedrà nei prossimi giorni… - Accennò un sorriso di saluto e se ne andò silenziosamente come era arrivato.
Controllando di non essere seguito, attraversò la città deserta data l’ora tarda e si diresse al Crashdown Café.
“Max!” Liz posò bruscamente la spazzola sul comodino e corse alla finestra. L’aprì tremando per la folata di aria gelida che fece condensare il suo respiro ed uscì sulla terrazza. Max era lì, accanto alla scala d’emergenza. - Max! - Corse ad abbracciarlo poi lo prese per mano. - Entriamo, ti prego, qua fuori si gela! -
Il giovane scavalcò la finestra dietro di lei, poi le mise le mani sulle spalle e le diede un bacio sul collo. - Mi sei mancata… - disse piano.
Sorridendo, Liz reclinò la nuca contro la sua spalla. - Anche tu - Si girò lentamente per guardarlo in viso e nel vedere i suoi occhi capì. - Sei venuto a salutarmi - disse con voce triste.
- Sì - Max le accarezzò la guancia con la punta delle dita. - Ho chiesto a Valenti di vegliare su di te e su Kyle. Ma sono preoccupato soprattutto per te, perché abbiamo fatto l’amore e questo ha rafforzato la mia impronta… Ti prego di fare molta attenzione e di non muoverti mai da sola. Me lo prometti? -
La ragazza annuì in silenzio poi gli mise le braccia intorno al collo e lo baciò a lungo sforzandosi di combattere l’emozione.
Nel sentire il suo corpo caldo e abbandonato contro di sé il giovane l’abbracciò più forte baciandola con foga.
- Liz… Liz… - La guardò un istante negli occhi poi tornò a baciarla come se ne andasse della sua stessa vita. Travolta dal desiderio, Liz fece scivolare le mani lungo la sua schiena e gli si aggrappò ai fianchi gemendo sommessamente.
Incapace di resistere, Max la sospinse verso il letto e la spogliò in fretta mentre lei gli sfilava il giubbotto di pelle e la camicia prima di slacciargli i jeans.
Il torace del giovane era liscio e muscoloso, e la ragazza lo accarezzò con forza amando il calore che le trasmetteva. Il grido di piacere che le nacque dentro quando Max si unì a lei fu soffocato dall’ennesimo bacio e le sue unghie lo graffiarono quasi a sangue poi, incapace di parlare, lo serrò forte come se non volesse più lasciarlo andar via.
- Liz, ti amo da impazzire… - Max parlò dolcemente contro il suo orecchio. - Non so cosa mi aspetta, ma farò di tutto per tornare, te lo giuro… - Le diede tanti piccoli baci lungo la guancia fino a sfiorarle di nuovo le labbra. - I miei sanno la verità, adesso, così, se hai bisogno di qualsiasi cosa, rivolgiti a loro, va bene? Io spero che riusciremo a neutralizzare tutti gli alieni che ci danno la caccia, prima di lasciare la Terra, ma tu fai sempre molta attenzione: ho bisogno di te, ricordalo! - La baciò con dolce violenza poi si sollevò su un gomito per guardarla. - Il mio cuore è nelle tue mani… - disse piano sorridendole in quel modo che la faceva sciogliere tutta.
- E tu hai il mio… - rispose fissandolo negli occhi. - Per sempre… -
Le diede un ultimo bacio e si sciolse delicatamente dall’abbraccio. - A presto, amore -
- A presto - Trattenendo a fatica un singhiozzo Liz gli accarezzò un’ultima volta la schiena e gli diede un bacio leggero su una spalla, poi lo guardò rivestirsi.
Ormai pronto per andarsene, il giovane si volse verso di lei. - C’è ancora una cosa, che posso fare… - Le posò gentilmente la mano destra sul basso ventre e dalle sue dita scaturì una lieve luminescenza. - E’ meglio saperlo subito, se sei rimasta incinta… - disse piano.
A quelle parole la ragazza lo fissò sorpresa ma prima che potesse dire qualcosa lui scosse la testa. - No, non è successo -
- Mi dispiace… - La voce di Liz risuonò triste, e Max le sfiorò con affetto i capelli. - E’ meglio così, amore mio. Questo non sarebbe stato il momento migliore… - Poi andò alla finestra e la scavalcò, sparendo nella notte.
Rimasta sola, Liz nascose il viso contro il materasso e pianse fino allo sfinimento.

- E’ ora di alzarsi! - Max scosse gentilmente la sorella, che lottò per aprire gli occhi. - Ok -
Tess, sdraiata accanto a lei, si svegliò di colpo. - Max! -
- La colazione è pronta e Michael è già in piedi: se vi sbrigate mangiamo tutti insieme… -
- D’accordo… - Con voce assonnata Isabel scostò le coperte. - Arriviamo tra cinque minuti -
- Bene -
Sentendo suonare la porta, Max cercò di ravviarsi i capelli. “Chi può essere a quest’ora?”
- Ciao. Michael è qui? -
- Maria! Sì, entra! - Il giovane le fece un cenno col braccio. - Di là in cucina. Hai già fatto colazione? -
- No, e non ho fame, grazie - La ragazza alzò il mento con fare sdegnoso. - Quell’essere me l’ha fatta passare - borbottò mentre si dirigeva verso la stanza indicata.
- Ciao… - Con la solita espressione timida e imbarazzata, Alex, che stava alle spalle di Maria, fece a sua volta un passo in avanti. - Ero al Crashdown quando Liz ha detto a Maria che stavate per partire e… ecco, volevo salutare Isabel. E’ già sveglia, immagino… -
Accennando di sì con la testa Max indicò la strada all’amico e richiuse la porta dietro di lui.
La cucina si riempì di ragazzi e voci basse ma concitate. Maria aggredì verbalmente Michael non appena lo vide, rinfacciandogli di non aver avuto il coraggio di andare da lei.
Isabel, invece, era arrossita nel vedere Alex, poi l’aveva abbracciato con tenerezza. - Mi dispiace, Alex, ma pensavo che fosse più facile non dirti niente… Grazie per essere venuto… -
Improvvisamente rattristato, Max volse le spalle alla sorella ed agli amici e si mise a preparare la colazione, poi andò a chiamare i genitori.
A dire la verità nessuno di loro aveva molta fame, data l’emozione che provavano, poi i quattro alieni radunarono le ultime cose e salutarono i signori Evans e i loro amici. Nell’abbracciare la madre, Isabel scoppiò in lacrime. - Mi mancherai, mamma… -
- Torna sana e salva, ti prego… - La donna la strinse forte e le accarezzò teneramente i capelli. - Max, per favore, fate molta attenzione… - Diede una lunga occhiata al figlio adottivo poi gli sfiorò una guancia. - Mi dispiace averti tenuto lontano da Liz… -
- Non preoccuparti, mamma. Abbi cura di te… -
Michael, invece, dopo aver ascoltato in silenzio le ennesime accuse mossegli da Maria, le bloccò la nuca in una presa ferrea e la baciò con forza poi se ne andò con gli altri.
Senza fiato, la ragazza rimase immobile mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Salito sull’auto di Nasedo, il gruppo si allontanò a velocità sostenuta.
Il suono del motore attirò Liz fuori del Café. Nel vedere l’automobile grigio argento passare davanti al locale trattenne un grido soffocato. - Max! -
Il volto del giovane, pallido e serio, era girato verso il finestrino e la ragazza poté vederlo solo di sfuggita ma le bastò per cogliere il suo sguardo dolente. - Ti amo, Max… -

Il frastuono di New York colpì sgradevolmente i giovani che, dopo aver vagato per un giorno intero nei meandri della città, decisero di allontanarsene per poter controllare la situazione da un punto che offrisse loro una visione d’insieme. Nasedo li condusse fino alla cima del World Trade Center e da lì ammirarono a lungo l’immensa distesa di grattacieli e luci.
- Come facciamo a trovarli? Non sappiamo chi o quanti siano… - Isabel si strofinò sovrappensiero le braccia, poi si volse verso il fratello. - Max… Max? -
Il giovane non sembrò averla sentita. Il suo sguardo era perso nel vuoto, ma il pulsare di una vena sulla mascella fece capire a Nasedo che c’era qualcosa di strano. - Altezza? -
Michael lanciò un’occhiata ironica all’uomo, poi studiò un attimo il suo amico e senza dire una parola gli si mise alle spalle, schiena contro schiena, gli occhi fissi nel vuoto.
Stupita, Isabel guardò interrogativamente Tess, che si strinse nelle spalle.
- Stanno monitorando la città - disse all’improvviso Nasedo. - Possono percepire la presenza di altri come voi -
- Ed essere percepiti? -
- Sì -
Isabel si morse le labbra e rimase in silenzio a fissare la città fino a quando i due ragazzi non si scossero.
- Avete scoperto qualcosa? -
Il fratello sbatté lentamente le palpebre. - Sì, laggiù - e indicò un punto preciso alla sua destra.
Di lì a due ore camminavano con cautela nei paraggi dell’edificio individuato da Max, poi tutto accadde in pochi istanti. Degli uomini uscirono all’improvviso sparando brevi raffiche di raggi luminosi bluastri che sprigionavano un forte odore di ozono ogni volta che toccavano qualcosa.
I quattro amici si sparpagliarono immediatamente per offrire il minor bersaglio possibile mentre Nasedo cercava di evitare che li aggirassero alle spalle.
Non ci fu il tempo di esitare o di farsi scrupoli. Si trattava di uccidere o di essere uccisi, e nessuno di loro si sottrasse al suo dovere, anche se, quando fu tutto finito, Isabel si precipitò tra le braccia del fratello cercando conforto.
Tess guardò i due con un po’ di tristezza. Il fatto di essersi spostata di frequente insieme a Nasedo non le aveva consentito di stringere molte amicizie poi, quando aveva trovato i due Evans, e riconosciuto in Max il suo perduto sposo, si era sentita al settimo cielo. Ma la preferenza del ragazzo per Liz e l’estrema riservatezza con cui le si rivolgeva le facevano male al cuore. Sospirando, si volse in direzione di Nasedo. - E adesso? - chiese sommessamente.
- Adesso si ricomincia. C’è ancora molto da fare prima di poter partire per Antar - L’uomo guardò impassibile Max, che teneva ancora la sorella tra le braccia. - Sì, c’è molto da fare… -
Dopo un’accurata ricerca nell’appartamento che i loro nemici avevano utilizzato come base, scoprirono che la rete di spie che da tempo cercava le tracce dell’erede al trono e dei suoi compagni copriva non solo il territorio degli Stati Uniti ma l’intero pianeta.
Nasedo, che lo aveva sospettato fin da quando la famiglia reale gli aveva affidato l’incarico di vegliare sulla sopravvivenza dei ragazzi, era molto preoccupato per la forte umanità presente nei suoi protetti, soprattutto per quello che riguardava Max il quale, come erede al trono, non avrebbe mai dovuto presentare segni di debolezza. Soddisfatto per il comportamento di tutti davanti al nemico, si rendeva però conto che alcuni dei tratti caratteriali degli originali erano andati perduti nei cloni-costrutti, e non sapeva cosa ciò avrebbe comportato una volta tornati su Antar.
Dal giorno successivo, comunque, grazie ai suoi contatti con l’FBI, l’uomo poté seguire una serie di indizi che condusse il gruppo in vari Stati e, lentamente, il cerchio di controllo si spezzò.

“Ormai Natale è passato, e così i ricordi di un giorno lontano, quando una pallottola vagante ha cambiato per sempre la mia vita. Non ho più saputo niente di Max, neppure i suoi genitori ne hanno avuto notizie, ma l’uomo che ieri mi pedinava e che lo sceriffo ha arrestato mi fa sperare che sia ancora vivo. Che siano ancora tutti vivi. Altrimenti che senso avrebbe mandare qualcuno a spiarmi? Dopodomani ripartirò per Albuquerque e lo studio mi aiuterà ad andare avanti. Forse non dovrei più tornare a Roswell finché questa storia non sarà finita, se mai finirà…Maria e Alex sono preoccupati per me, vorrebbero che uscissi, che incontrassi altri ragazzi, ma come posso farlo quando il mio cuore, la mia anima, piangono per Max?” Liz chiuse il diario e con gesti lenti lo ripose nel suo nascondiglio, un doppiofondo che aveva pazientemente cucito dentro la borsa da viaggio. Da quando era stata scoperta con Max, era sicura che di tanto in tanto sua madre entrasse nella sua stanza e frugasse alla ricerca di chissà quali segreti. Lei aveva un solo segreto, ed era troppo importante perché ne lasciasse tracce in giro. Ricordava il terrore che aveva provato quando il suo diario era scomparso, e dopo che Michael glielo aveva restituito aveva provveduto a trovargli un posto assolutamente sicuro.
Si avvicinò alla finestra e guardò nel buio. “Dove sei?” chiese sperando in una impossibile risposta, poi si cambiò per la notte e, nel calduccio del suo letto, prese il portaritratti sul comodino per guardare la foto che la ritraeva accanto al ragazzo. Erano entrambi sorridenti e spensierati, ignari di quello che sarebbe successo di lì a poco, e sentì gli occhi pizzicarle. Con un profondo senso di rammarico rimise l’oggetto a posto e spense la luce per cadere subito dopo nel sonno leggero ed agitato che le era divenuto abituale.

- Max! - Con un grido di orrore Liz spalancò gli occhi e rimase per un istante agghiacciata. La sua compagna di stanza, svegliata di soprassalto, la raggiunse di corsa. Da qualche notte il sonno di Liz era turbato dagli incubi, ma stavolta doveva trattarsi di qualcosa di veramente brutto data la sofferenza che le si poteva leggere in volto. - Liz, sei sveglia? - Patricia O’Neal le mise con gentilezza una mano sulla spalla ma, nel vedere la sua espressione assente, si affrettò ad andare in bagno per prenderle un bicchiere d’acqua.
- Dai, bevi, in fondo è stato solo un brutto sogno!… -
Liz focalizzò lo sguardo sull’amica. - Non è stato un sogno… - disse piano, poi si alzò in cerca del suo cellulare e telefonò a Maria, incurante dell’ora tarda.
Nell’udire che anche la ragazza aveva avuto degli incubi, pur non riuscendo a ricordarne i dettagli, Liz sentì il cuore batterle all’impazzata. Mormorate delle scuse per averla svegliata, salutò l’amica ed interruppe la comunicazione poi si rannicchiò sul letto piangendo in silenzio.
Non sapendo cosa fare, Patricia le si sedette accanto e le carezzò i capelli nel tentativo di calmarla.
Dopo qualche minuto Liz si volse verso di lei. - Torna pure a letto… - disse piano, - e… grazie… - Poi tornò a dondolarsi lentamente con la guancia premuta contro le ginocchia sollevate al petto mentre le immagini di Max ferito a morte continuavano a scorrerle davanti agli occhi.
Quando la sveglia suonò Patricia quasi cadde dal letto ma poi, vedendo l’amica ancora raggomitolata con lo sguardo perso nel vuoto, tornò a sederlesi vicino e le parlò con dolcezza cercando di convincerla ad alzarsi e vestirsi. - Magari non andare alle lezioni, se non te la senti, però devi fare colazione! -
Muovendosi come in sogno Liz obbedì e seguì la ragazza fino alla mensa del college. Finito di mangiare tirò fuori dalla tasca della giacca il cellulare e, dopo una breve esitazione, chiamò i signori Evans, i quali, tuttavia, non avevano novità da comunicarle. Non osò dire loro del sogno premonitore che aveva fatto ma sentì la debole speranza che per un attimo l’aveva riscaldata svanire come neve al sole, e Patricia non riuscì a scuoterla dalla prostrazione in cui cadde da quel momento.

Dopo uno stressante inseguimento da una parte all’altra della Terra, che li aveva visti sempre vincitori grazie ai preziosi consigli di Michael, i cinque alieni erano infine ritornati a Roswell. Non ritenendolo sicuro, preferirono evitare la città e si recarono direttamente alla grotta in cui si celava l’astronave. Fatte le ultime verifiche, sigillarono i due vettori sopravvissuti indenni all’impatto e avviarono le procedure di decollo.
Max e Michael, seduti ai posti di pilotaggio, sembravano perfettamente a loro agio mentre Isabel, rattristata per non aver potuto salutare per l’ultima volta i genitori, si era ritirata in una delle due piccole cabine arredate in modo molto spartano con quattro cuccette retrattili, destinata a lei e Tess.
Quando Tess si era a sua volta ritirata, l’aveva trovata rannicchiata nella cuccetta inferiore immersa in un sonno profondo.
Il viaggio verso Antar durò tre giorni, durante i quali i giovani cercarono di fare dei piani alternativi in grado di fronteggiare qualsiasi situazione avessero trovato una volta giunti sul loro pianeta natale ma la realtà fu, come spesso avviene, più complicata del previsto.
La famiglia reale era stata completamente distrutta, come tutte le principali casate ad essa fedeli, e dopo diciotto anni il Consiglio di Zoltar si era insediato in maniera più o meno stabile alla guida di Antar, nonostante l’esistenza di un deciso fronte di ribellione che aspettava con ansia il ritorno del legittimo erede al trono.
L’arrivo dell’astronave di Nasedo era stato registrato dai sistemi di rilevazione delle forze di resistenza, che per una manciata di ore, e probabilmente per una buona dose di fortuna, erano riuscite a raggiungerla per primi ed avevano portato al sicuro Max e i suoi compagni.
Non fu facile spiegare in breve tutto quello che era successo in quegli anni ma il giovane, recuperato in maniera totale il suo passato, non ebbe alcuna difficoltà ad afferrare anche i significati più nascosti di quella lotta sotterranea e, ancora una volta, Isabel dovette riconoscerne le grandi doti umane e politico-militari. Michael, a dire il vero, non era stato da meno mentre Tess sembrava essersi ritirata in se stessa.
La ragazza, in effetti, era rimasta profondamente ferita dalla scelta di Max e sentiva di non appartenere a nulla, non al suo mancato sposo né tantomeno a quel pianeta profondamente cambiato. Della sua famiglia si erano salvati solo alcuni lontani cugini, che non aveva neppure tentato di contattare, ed aveva deciso di restare al fianco di Nasedo, che in fin dei conti le aveva fatto da padre adottivo.
La presenza del giovane re aveva ridato speranza ai capi della rivolta, e in breve erano stati organizzati attacchi molto duri e decisi al cuore del potere dell’invasore.
Isabel, durante i rari momenti di tranquillità, aveva parlato a lungo col fratello. A differenza di lui, infatti, non era riuscita ad adattarsi completamente a quella nuova vita, le mancavano Alex e le sue amiche, la madre che l’aveva cresciuta circondandola di un amore infinito, e tutto quello spargimento di sangue per la conquista del trono le sembrava una cosa raccapricciante.
E Max le aveva rivelato di sentirsi altrettanto estraneo alla realtà di Antar ma che non poteva sottrarsi al dovere che gli imponeva di riportare la pace sul suo mondo natale. I loro genitori erano morti per difendere Antar, e lui doveva continuare la lotta fino alla liberazione del pianeta. Che gli piacesse o meno. Il suo cuore piangeva per Liz, ma adesso la sua vita era al servizio di Antar.
Michael era rimasto molto deluso nello scoprire come tutto, su quel mondo, ruotasse intorno alla figura di Max come liberatore. Nessuno li considerava per loro stessi, bensì per quello che potevano fare per la lotta dei ribelli. Aveva tanto sperato di trovare una famiglia, una vera famiglia, e invece tutto quello che gli era rimasto era la fedele amicizia di Max e di Isabel. Come già era stato sulla Terra. Lui era solo, era destinato a rimanere solo. Anche se in un angolo profondamente nascosto della sua anima il ricordo del volto di Maria lo riscaldava quasi senza che se ne rendesse conto.
Quel giorno, iniziato come tanti altri, con riunioni ad alto livello per esaminare le informazioni raccolte dalle squadre di spionaggio e coordinare le operazioni di attacco, aveva avuto un’imprevista svolta quando era stato condotto davanti ai due fratelli May Hornem, il braccio destro del presidente del Consiglio di Zoltar.
Il Consiglio era stato messo duramente sotto accusa per la recrudescenza dell’opposizione degli abitanti di Antar e il suo presidente, nel disperato tentativo di salvare tutto quello che aveva costruito negli ultimi cinquant’anni, aveva deciso di scendere a patti con i ribelli. Non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla ricchezza economica ed al potere che gli derivavano dal controllo di quel pianeta, ma il rischio era diventato troppo grande. L’inaspettato ritorno sulla scena del legittimo sovrano aveva modificato profondamente l’equilibrio che era riuscito a raggiungere ed ora doveva correre ai ripari.
L’incontro richiesto da Hornem aveva suscitato i sospetti di tutti i comandanti di Max, che però non aveva voluto sottrarsi al confronto. Il giovane era consapevole di correre un rischio enorme, che probabilmente si trattava di una trappola, ma non vedeva altre alternative per porre fine a quell’estenuante lotta.
Mentre stavano attraversando la città, circondati da un imponente cordone di sicurezza, furono raggiunti da un intero corpo d’assalto di Zoltar, il cui comandante avanzò fino a raggiungere Max e lo fissò a lungo prima di parlare.
- Il Consiglio vuole che la pace torni a regnare su questo pianeta, e l’unica soluzione è che rinunciate alle vostre pretese di erede al trono -
- Avevo capito che l’incontro dovesse avvenire nel palazzo del Governo, non in mezzo alla strada - Il tono sarcastico del giovane mise sul chi vive Michael, che ormai aveva imparato ad interpretare ogni minima sfumatura dell’atteggiamento dell’amico.
- Il Consiglio intende porre fine a questa storia, ad ogni costo, e questo significa scambiare voi, altezza, e vostra sorella, con la concessione di un rapporto federativo -
Max sentì Isabel, Michael e Tess trattenere per un attimo il respiro. Quello era dunque il gioco di Zoltar, far sì che la sua gente sentisse il prezzo da pagare per ottenere tutto quello per cui aveva lottato fin da quando la famiglia reale era stata eliminata, e gli rendesse impossibile continuare quella guerra sanguinosa e inconcludente.
Presa una profonda inspirazione, si concentrò e proiettò i suoi pensieri nella mente della sorella e di Michael, i quali non poterono che concordare con lui, dopodiché si volse verso gli uomini che lo avevano accolto e sostenuto ed utilizzò ancora una volta i suoi poteri. “E’ chiaro, ormai, quello che vuole davvero il Consiglio di Zoltar. La nostra vita in cambio della semi-libertà di Antar. Questa lotta potrebbe andare avanti all’infinito mentre, eliminandoci, sanno che la rivolta avrà finalmente termine. Né io né mia sorella intendiamo essere la causa di altre morti, e abbiamo deciso che l’offerta è accettabile. Cosa ne pensate?”
I sei comandanti ribelli si guardarono ansiosamente negli occhi. La scelta era terribile ma le parole di Max, del loro sovrano, erano giuste. Bastò un piccolo cenno, e il giovane si collegò mentalmente a tutti loro riordinando senza alcuna difficoltà ogni singolo pensiero, ogni singola emozione. Fu questione di pochi secondi, e la decisione fu presa.
Tess, con la disperazione nel cuore, si avvicinò a Max e gli strinse forte una mano dicendogli a bassa voce che avrebbe vegliato lei a che il Consiglio mantenesse la parola data, poi fece un passo indietro lasciandolo libero.
Isabel guardò la ragazza accennando un sorriso di saluto. Sapeva perfettamente quale pericolo stavano correndo, e forse quella era l’ultima volta che la vedeva. Con un sospiro cercò gli occhi del fratello, gli diede la mano ed insieme a lui avanzò verso il comandante nemico.
Dietro di loro, facendo la massima attenzione, Michael scivolò come un’ombra tra i suoi uomini e seguì la coppia a distanza di sicurezza.
Una volta giunti nel palazzo governativo, dove li attendevano May Hornem ed il presidente del Consiglio, furono affiancati da quattro soldati armati e compresero che il loro destino stava per compiersi.
- Penso vi rendiate conto di quale minaccia voi rappresentiate per la stabilità della pace, e purtroppo non posso permettere che qualche ribelle decida di sfidare il Consiglio preferendo voi, e la guerra, al progetto federativo - A quelle parole Max fece un sorrisetto significativo. - Sì, ce ne rendiamo conto… - Strinse leggermente le dita della sorella e passò all’azione.
Sfruttando tutte le loro capacità psichiche i due ragazzi si crearono una via di fuga ed uscirono all’aperto. Inseguiti da un nutrito drappello di militari, scapparono tra le vie ingombre di detriti di quella che una volta era stata l’orgogliosa capitale di Antar, diretti verso il nascondiglio dell’astronave con cui erano arrivati oltre quattro mesi prima.
Più di una volta dovettero fermarsi per fronteggiare gli uomini che li avevano quasi raggiunti, e ad un tratto videro pararsi davanti a loro Michael. - Per di qua! -
Continuarono a correre a perdifiato per diversi chilometri finché Michael mostrò loro uno stretto tunnel. - In fondo a questo passaggio ci sono molte diramazioni: spero che si dividano così ci lasceranno respirare un poco… Seguitemi! -
In effetti con quello stratagemma riuscirono a seminare un bel po’ di soldati ma la caccia era ben lungi dall’essere finita.
Sforzandosi di non perdere di vista il fratello nel buio di quella notte senza luna, Isabel stringeva i denti e correva piegata in due dalla fatica poi, ad un tratto, sentì risuonare delle grida e si girò verso Michael. - Santo cielo, Michael, stanno per raggiungerci! -
- Sta’ zitta e corri più in fretta… - Il giovane le fece cenno di proseguire poi, all’improvviso, inciampò e cadde di lato.
Sorpresa per la sua esclamazione soffocata Isabel si fermò e lo vide a terra. - Max! Aspetta, Michael è caduto! -
Il fratello tornò indietro e aiutò l’amico a sollevarsi.
- Mi hanno colpito alla coscia destra, scusami… - Michael si appoggiò pesantemente contro Max, incapace di sostenersi sulla gamba ferita.
- Non preoccuparti - Isabel lo sostenne dall’altra parte ed insieme ripresero la fuga.
Indebolito dalla continua perdita di sangue, Michael si sforzò di continuare a correre ma era esausto e Max cercò un nascondiglio dove ripararsi.
- Devi guarirlo, altrimenti non ce la faremo mai! - Isabel lo guardò ansiosa poi, comprese le sue intenzioni, diede una rapida occhiata intorno a sé. - Guarda, Max, là dietro! - e indicò un mucchio di rovine di notevoli dimensioni.
- Ok - Il giovane deviò verso quel riparo di fortuna e si curvò a deporre gentilmente l’amico. - Come va? -
- Potrebbe andare meglio… Ti prego, Max, fa un male d’inferno… -
- Coraggio, tra poco sarà tutto a posto! - Gli sorrise con fare comprensivo e si curvò su di lui.
- Aspetta, vado a controllare che non si avvicinino troppo - Isabel si allontanò di pochi metri ma un colpo ben diretto la prese allo stomaco. Con un grido strozzato si sentì gettare all’indietro dall’impatto. Per alcuni secondi giacque stordita  poi, gemendo, tornò indietro trascinandosi sul terreno ingombro di detriti. - Max… mi hanno colpito… Mi dispiace… -
- Isabel! - Disperato, il giovane corse dalla sorella e l’aiutò a distendersi accanto a Michael. - Proverò… - Non finì la frase ma pose una mano su entrambi e si concentrò profondamente. Gocce di sudore gli imperlarono la fronte mentre una tenue luminescenza si sprigionava dalle sue dita e le ferite si rimarginavano piano piano.
La ragazza gli sorrise riconoscente e stava per parlare quando delle ombre più scure apparvero alle spalle di Max.
Colpito ripetutamente alla schiena, Max scivolò in avanti senza un lamento.
- Max! No! - Sconvolta, Isabel sentì il suo peso inerte caderle addosso e piangendo per la disperazione tastò con la mano destra il fianco del fratello alla ricerca della sua pistola. Quando sentì il duro metallo sotto le dita impugnò saldamente l’arma e cominciò a sparare all’impazzata uccidendo i tre uomini che li avevano sorpresi. Allora si sollevò in ginocchio, subito imitata da Michael, e controllò la gola di Max. - Max… Max, ti prego, rispondimi… Max! - Lo scosse gentilmente per una spalla nel tentativo di farlo tornare in sé. - Max, per favore… -
Deglutendo convulsamente Michael si piegò a sua volta sull’amico. - Max… - chiamò piano con voce roca.
Il volto rigato di lacrime, Isabel alzò lo sguardo su di lui. - E’ morto -
- No. No, maledizione, non è possibile! Lui può guarire le ferite, può autorigenerarsi! -
- Michael, è morto! Come fa ad autorigenerarsi se non c’è più?!? -
- Accidenti, accidenti! - Frustrato, il giovane si toccò senza volerlo la gamba di nuovo integra. - Accidenti! - Si raddrizzò pieno di rabbia e prese l’amico in braccio. - Cerchiamo di arrivare all’astronave, non voglio rimanere qui un minuto più del necessario! -
Continuando a singhiozzare Isabel si alzò a sua volta e lo seguì incapace di staccare lo sguardo dalla testa di Max, che dondolava inerte oltre il braccio di Michael.
La debole luce che li accolse una volta a bordo della navicella gli fece sbattere ripetutamente le palpebre e fu quasi a tentoni che raggiunsero la prima cabina e poterono sistemare Max su di una branda, subito intrisa del suo sangue.
- Resto io con lui, Michael, tu, per favore, occupati del decollo. Voglio tornare a casa, sulla Terra, e non voglio mai più sentir parlare di questo maledetto pianeta! - Distrutta dal dolore, Isabel guardò l’amico quasi senza vederlo. - Voglio tornare a Roswell… - disse piano.
Rimasta sola, andò a frugare nel piccolo armadio dove avevano riposto le loro cose e ne tirò fuori un sacchetto di pelle contenente le pietre color ambra donate da River Dog. Ne estrasse una e la serrò forte tra le dita, poi si sedette accanto al fratello tenendogli una mano fra le sue. - Max, ti prego, ascoltami… Max… -
Si chinò fino a posare la fronte su quella di lui sforzandosi di penetrare il buio della sua mente. - Max… -
Trascorse in quella posizione molte ore poi, sfinita dalla stanchezza, si sdraiò accanto al giovane e lo abbracciò stretto. - Riposa anche tu, Max, poi ricominceremo - promise ad entrambi prima di addormentarsi.
Fu così che la trovò Michael quando, avendo bisogno di riposarsi, andò a cercarla per il cambio alla guida dell’astronave.
Sentendo i suoi passi leggeri, tuttavia, Isabel si svegliò e abbozzò un sorriso. - Scusa, ero proprio distrutta…-
- Figurati. Come va? -
Mentre faceva ruotare lentamente la testa per dare sollievo ai muscoli contratti, la ragazza chiuse gli occhi.
- Niente di nuovo. Ma non rinuncio. Non lo lascio… Non permetterò che finisca così… - Si passò le mani tra i capelli ravviandoli dietro le orecchie. - Dormi pure, ci vediamo più tardi - e andò nel modulo di pilotaggio.
Quando poté tornare ad occuparsi del fratello, Isabel si sedette di nuovo al suo fianco e gli prese una mano. “Ti ritroverò, Max, dovunque tu sia… Ma da sola è talmente difficile…” Strinse la pietra per trarne tutta la forza che poteva darle guardando desolata il volto pallidissimo di Max.
La mente del giovane appariva silenziosa e vuota alla sua indagine insistente, senza alcun indizio di attività inconscia, ma la ragazza non aveva nessuna intenzione di mollare così decise di provare un’altra tattica. Di nuovo si curvò fino a toccargli la fronte, ma stavolta fu lei a creare immagini e ricordi. Di loro due bambini, della loro infanzia, del primo giorno di scuola, poi l’ingresso alla Roswell High, i nuovi compagni di studi, i pomeriggi al Crashdown, Michael, Maria, e Liz. Concentrandosi con tutta se stessa cercò di trasmettergli la forza dell’amore che lo univa alla ragazza, nella speranza che almeno quello ridestasse in lui un’eco di vita, quanto bastava per avviare il processo di autorigenerazione.
Insistette a lungo, con caparbietà, e alla fine scoppiò in un pianto liberatorio nel sentire la pelle diventare nuovamente tiepida.
Rimase accanto a Max finché non fu certa che respirasse con regolarità poi corse da Michael per dargli la buona notizia.
Mancava solo un giorno all’arrivo sulla Terra, e Isabel usò quel tempo per controllare la lenta guarigione del fratello finché, poco prima dell’atterraggio, fu ricompensata dal riaprirsi dei suoi occhi. Con un grido di gioia gli gettò allora le braccia al collo e lo strinse forte a sé. - Non osare farlo mai più! - balbettò trattenendo a stento le lacrime.
Confuso, Max ricambiò debolmente l’abbraccio. - Isabel… cosa… cosa è successo? -
- E’ successo che ti hanno sparato e… ti hanno ucciso… Dio mio, è stato orribile! Ma tu hai la capacità di riparare le cellule danneggiate e così ti ho convinto a lavorare su di te… Almeno credo… So solo che è stata un’esperienza terrificante… - Isabel lo accarezzò ancora incredula, poi tornò ad abbracciarlo. - Ti voglio bene, Max!-

- Vai tu ad aprire, cara? -
- Sì! - La signora Evans spense il fuoco sotto la pentola del sugo e si avviò alla porta d’ingresso. - Oh santo cielo! - esclamò nel trovarsi davanti i figli ed il loro amico Michael Guerin. - Siete tornati! Oh mio dio! - Scoppiando, suo malgrado, in un pianto dirotto si protese verso di loro per stringerseli al petto, con grande imbarazzo di Michael, poi chiamò a gran voce il marito.
Fatti infine accomodare i ragazzi in salotto portò loro qualcosa da mangiare e da bere. Avevano tutti e tre un aspetto un po’ sparuto, ma sembravano in ottima salute e questo a lei bastava. Ascoltò tuttavia con molta attenzione quello che era successo dal momento in cui avevano lasciato Roswell, pur rendendosi conto che c’erano delle cose che non avrebbero mai rivelato. Ma lei era felice di rivederli sani e salvi, e così il marito, e nessuno di loro insisté per conoscere maggiori dettagli.
Era ormai sera quando i giovani terminarono il loro resoconto, e Max non poté trattenersi dal chiedere notizie di Liz.
- Liz è ancora ad Albuquerque - fu la risposta di suo padre. - Dovrebbe rientrare fra quattro giorni, ormai il semestre è praticamente finito… Vai pure a trovarla, penserò io a parlare con Parker… -
A quelle parole il volto di Max s’illuminò. - Grazie - disse semplicemente.
“Ma dimmi tu… questo ragazzo è il re di un altro pianeta, e mi ringrazia perché gli permetto di andare dalla sua ragazza… Non posso crederci… non riesco a crederci…” L’uomo lo guardò con affetto. - E’ davvero una brava figliola… trattala bene… -
- Se è per questo, non c’è bisogno che tu glielo dica, papà! Bacerebbe la terra su cui cammina, se potesse… - Isabel diede ridendo un colpetto sulla spalla del fratello. - Ma entrambi si meritano tutta la felicità dell’universo intero! -
Il profondo sguardo di mutua riconoscenza che corse fra i due giovani non passò inosservato ai coniugi Evans, così come non sfuggì loro il profondo disagio di Michael. Non potendo immaginare quale nuovo, enorme segreto legasse i tre amici, la signora Evans si rivolse all’ospite. - Resti a dormire qui, vero? -
Michael assentì con gratitudine. - Volentieri. Il viaggio è stato molto lungo e faticoso… Poi domani Max mi potrà accompagnare a casa prima di prendere l’autostrada per Albuquerque -
- Certo! - Sorridendo, Max si alzò in piedi. - Scusateci, ma siamo davvero distrutti! -
- Allora buonanotte! -
- Buonanotte… -

- Liz Parker… - Il giovane sollevò la bottiglia di birra che teneva in mano verso di lei in segno di saluto.
- Finalmente ti si vede staccata da Patricia!… -
Infastidita, Liz depose sul vassoio il bicchiere ormai vuoto e fissò il compagno di classe che le si era messo davanti, un piede sollevato sopra la sedia appena lasciata libera dalla fedele amica. Senza degnarlo di una risposta, si alzò e gli diede le spalle dirigendosi verso il cestino dei rifiuti.
- Dai, Liz, non essere sempre così scostante! O finirai col rimanere sola… - e diede in una risatina ironica.
A quelle parole la ragazza si girò a guardarlo con occhi gelidi. - Non è affar tuo -
- Oh, abbiamo toccato un tasto sensibile? -
In preda alla disperazione, Liz gli puntò un dito contro. - Tu non sai neppure di cosa stai parlando! Lasciami in pace, o te ne farò pentire! -
- E come? - Seguendola mentre usciva infuriata dalla mensa, il ragazzo continuò a stuzzicarla ma lei non gli diede più retta continuando a camminare a passo svelto lungo i viali del campus con gli occhi lucidi di lacrime trattenute.
Fu così che quasi andò a sbattere contro Patricia, che notò subito la sua aria sconvolta. - Liz! - Corrugò la fronte con fare pensoso. - Di nuovo quello scemo di Dan? -
- Già… - Asciugandosi nervosamente una guancia, Liz sospirò desolata. - Non lo sopporto proprio… -
- Dai, non pensarci! Vai a studiare in biblioteca, oggi pomeriggio? -
La ragazza tirò su col naso ed annuì. - Domani mattina ho l’ultimo test di fisica -
- E dopo verrai alla festa di fine corso? -
- No, Patty, non me la sento… -
- Invece penso che ti farebbe bene: in questi giorni sei troppo depressa! -
- Ti prego, non mettertici anche tu… -
- Chi…? I tuoi genitori? - tirò ad indovinare l’amica.
- Infatti… - Con un mesto cenno di saluto Liz sorrise e proseguì per la sua strada lasciando Patricia perplessa.
In effetti la ragazza si era resa conto che Liz era cambiata dalla notte in cui aveva avuto quel terribile incubo, ma non era mai riuscita a farselo raccontare così non poteva capire il perché di quella tristezza.

L’indomani sera, mentre quasi tutti gli studenti erano radunati nell’enorme palestra del campus adeguatamente trasformata in salone da ballo, Liz si ritrovò a sedere su una panchina con il mento appoggiato su una mano, lo sguardo fisso alle vetrate illuminate. “Max… Il sogno di tutta la mia vita… è rimasto solo un sogno… Amarti così tanto e poi perderti… Come faccio ad andare avanti?”
Assorta com’era nei suoi tristi pensieri non udì il passo leggero che si fermò alle sue spalle e sussultò spaventata nel sentirsi toccare sulla spalla. Cercò di voltarsi ma rimase immobile per la sorpresa quando sentì un bacio sfiorarle la nuca ed un profumo familiare. - Max!?! - Coprì con una mano le dita ancora leggermente strette sulla sua spalla e si girò alzandosi di scatto. - Max! - Trattenendo il respiro gli gettò le braccia al collo. Tremava come una foglia ed il giovane la strinse a sé con forza. - Liz… - Le sorrise teneramente poi chinò un poco la testa e prese a baciarla come se fosse la prima volta.
Piano piano il loro abbraccio si fece più intimo e la ragazza si sentì fremere per l’emozione. - Ho bisogno di te… Ho bisogno di toccarti… - Gli infilò una mano sotto la maglietta e lo accarezzò sullo stomaco e poi sul petto. - Ti voglio da morire… - confessò arrossendo suo malgrado.
- Anch’io ho bisogno di te… Ho bisogno di saperti mia… per sempre… - Con un sospiro cercò di calmarsi e la costrinse dolcemente a piegare la testa sulla sua spalla. - E’ stata un’esperienza molto dura, ma è finita ed ora sono di nuovo qui… Non me ne andrò mai più, Liz, e così Isabel e Michael… Anche loro hanno scelto di tornare a Roswell… La nostra vita adesso è qui, su questo pianeta… Non ti lascerò mai più… -
- Sai… avevo sognato che… che eri… morto… -
La voce soffocata della ragazza fece rabbrividire Max. - Io sono morto - Chiuse gli occhi e l’abbracciò forte.
- E’ successo durante la fuga da Antar. Io non ricordo quasi niente, ma Isabel mi è stata sempre accanto… E’ stata lei ad aiutarmi a tornare indietro… -
Angosciata, Liz ricambiò la stretta. - Oh, Max… - Gli diede un bacio sul collo e cercò di sorridere. - Sono contenta che ci sia riuscita…  Per favore, per favore, andiamo nella mia stanza… -
Senza più parlare la giovane coppia si diresse verso l’edificio che ospitava il dormitorio delle ragazze e si rifugiò nell’accogliente camera che Liz divideva con Patricia. Sempre in silenzio, scambiandosi mille piccoli baci, si spogliarono a vicenda e si adagiarono sul letto.
Max accarezzò a lungo il viso di Liz. Aveva temuto di non vederla mai più e non riusciva a saziarsi di lei, così come lei continuava a sfiorargli il petto quasi a voler essere certa che fosse davvero lì. Sorrise nel vedere la pelle della ragazza illuminarsi debolmente quando la toccava, e sentì il suo ansito sorpreso nel rendersi conto che adesso pure lui brillava sotto le sue dita. - Ora sono marchiato anch’io… - sussurrò, poi si adagiò su di lei e la fece sua.
Continuarono ad amarsi fino a crollare in un sonno profondo, da cui li risvegliò il rientro di Patricia.
La ragazza, inciampata non appena messo piede nella stanza, era stata costretta ad accendere la luce centrale e la vista dell’amica a letto con un uomo l’aveva fatta letteralmente sobbalzare. - Liz! -
- Patricia! - Imbarazzatissima, Liz tirò su le lenzuola e cercò di farsi piccola piccola. - Ciao… Max, Patricia… Patricia, Max… -
Patricia si lasciò cadere sul proprio letto senza riuscire a distogliere lo sguardo dall’amica. - Lui…? -
- E’ Max, sì, il mio ragazzo… Io… è arrivato stasera da Roswell e… non lo vedevo da tanto e… .e… -
- E avevi voglia di stare con lui, sì, lo capisco… Beh, se vi scoprono succede un bel casino!… -
- Immagino di sì… - Liz, recuperato il suo sangue freddo, si volse a dare un bacio leggero sulle labbra del giovane. - Comunque, ad essere sinceri, non me ne importa più niente! -
Max la guardò sorridendo. - Neanche dei tuoi genitori? - mormorò.
- No, non dopo tutto quello che abbiamo passato, che hai passato!… - Continuò a fissarlo negli occhi, ormai dimentica della presenza dell’amica. - L’unica cosa importante è che tu sia di nuovo qui con me -
- Per sempre - le rammentò lui di nuovo serio.
- Per sempre - confermò Liz.

Scritta da Elisa


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