RIASSUNTO:
Max
rivela a Liz delle sue insicurezze e la ragazza lo consola e gli rinnova tutto
il suo amore, ma non sono soli, perché nell’ombra qualcuno li spia...
DATA
DI COMPOSIZIONE:
21/2/2001
CONTENUTO:
adatto a tutti.
DISCLAIMER:
tutti i diritti dei personaggi che compaiono in questo breve racconto sono di
proprietà della WB,
salvo per il personaggio di Luca Tribbiani
che è nato
dalla penna e dalla fantasia dell’ autore, il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.
E-MAIL:
doria77@hotmail.com
CAPITOLO QUINTO
Quella
doveva essere una tranquilla e romantica serata, iniziata al ristorante cinese
davanti a piatti dai mille odori e colori, tra un’atmosfera soffusa e
gradevole, continuata al cinema, e conclusa con una passeggiata al chiaro si
luna in una Roswell deserta e sprofondata in un sonno atavico.
Appunto…doveva essere, perché in fieri tutto è sempre perfetto, ma nella
realtà spesso succede tutt’altro.
Max e Liz stavano camminando mano nella mano assaporando a pieni polmoni
l’aria frizzante della sera, godendo di quei momenti che per loro erano
speciali. Procedevano lentamente, senza fretta, il tempo, quando stavano
assieme,era un insignificante regolatore di vita, troppo scontato perché
riuscisse ad influenzare la loro passione impetuosa, che riusciva a superare
ostacoli d’ogni sorta.
Il cielo era una vasta distesa scura, costellata di tanti puntini scintillanti,
che attorniavano una grossa sfera che emanava una luce soffice e carezzevole:
la luna.
Senza accorgersene erano arrivati in una zona un po’ fuori mano, leggermente
sopraelevata rispetto al centro cittadino, costellata di villette e di zone
verdeggianti. Il silenzio era imperante, nulla sembrava essere vivente, escluso
il palpitare dei loro cuori e dei loro corpi.
Giunti
in una piazzola un po’ in disparte, si fermarono e sempre in silenzio
osservarono la città che si stendeva ai loro piedi , colta nel suo momento di
massima quiete, resa meno mortifera solo dallo scintillare di luci e di insegne
luminose, il tutto immortalato dal caldo abbraccio della volta celeste.
Max era assorto in pensieri che lo portavano a vagare lontano, in realtà
nebulose e indistinte.
“Max, mi sembri pensieroso…c’è forse qualcosa che non va?”
“No…. è solo che ogni volta che osservo il cielo stellato non posso fare a
meno di chiedermi quale sia il luogo da cui provengo, se nella vastità
dell’universo ci sia qualcuno che mi sta aspettando e che si chiede dove
sono, cosa sto facendo….e ogni volta una sorta di tristezza mi coglie…”
Liz si avvicinò a Max e lo abbracciò, cercando di trasmettergli tutto il suo
calore e il suo amore.
“….sai questo non l’ho mai detto né a Michael né a Isabel, non voglio
che mi sentano dire queste cose, perché devono sempre vedermi come colui che
è sicuro, deciso, che non si perde a fantasticare su cose di questo genere,
come colui che non ha dubbi, non ha rimpianti, vive il presente e basta,
senza
uscire dagli schemi ponendosi domande e interrogativi su chi sia o da dove
venga.
“Max,
non c’è niente di male in tutto questo…”
“Sì…ma in questi momenti mi coglie uno sconforto profondo, mi chiedo chi
sono in realtà, perché non sono umano come te, come Maria, e allora che
diavolo di essere sono…e se fossi una creatura
orribile, se un giorno mi svegliassi e al posto del corpo umano avessi delle
sembianze mostruose e cominciassi ad uccidere tutti….sì ora sono così, ma
chi può dirlo per domani, per dopodomani…tra un anno, due, chi può
dirlo….”
Liz
lo interruppe scossa da quelle parole, ma sicura che Max non fosse nulla di
tutto quello.
“Chi può dirlo? Forse nessuno scienziato, nessuno psicologo, nessun
astrologo, ma quello di cui sono certa è quello che dice il mio cuore:
ho di fronte a me
la persona più buona del mondo, più sensibile, più gentile, più
speciale, della quale sono innamorata e con la quale voglio trascorrere tutta
la mia vita, e tutto il resto non conta, non importa chi tu sia, da dove tu
venga, io so quello che provo per te e questa è la migliore delle garanzie.”
Detto questo scoppiò in lacrime. Max la attirò a sé e la baciò.
“Ti amo anch’io con tutto me stesso, ed è questo quello che importa. Tutto
quello che verrà sarà rilevante solo se no saremo assieme altrimenti non avrà
più alcun valore.”
Detto questo la attirò a sé e la tenne stretta per lungo tempo.
Rimasero
abbracciati su di una panchina per quasi un’ora, le parole non contavano più,
ora quel silenzio armonioso valeva più di mille discorsi.
Liz si era addormentata sulla spalla di Max, e quest’ultimo stava per cedere,
pure lui, alle lusinghe di Morfeo, quando un fruscio alle sue spalle lo fece
trasalire. Che ci fosse qualcuno?
Senza svegliare Liz si alzò e si guardò con fare circospetto tutt’attorno.
Tutto sembrava quieto, eppure…Vide un po’ più in là un cespuglio che si
muoveva leggermente, e un’ombra fugace che spariva al suo interno. Senza
pensarci si precipitò verso quella parte, si infilò fra gli arbustie,sbucò
in un giardinetto incolto pieno di erbacce. Nulla, tutto era tornato alla
tranquillità. Eppure…
“Max, Max.”
Quella era la voce di Liz. Con il cuore in gola si precipitò verso la
panchina, ma per fortuna non era successo nulla, lei era lì, preoccupata solo
di non averlo visto al suo risveglio.
“Che è successo, hai una faccia così tirata…dove eri finito?”
“Niente di grave, è solo che devo aver preso freddo e dopo la mangiata…sai
non mi sento molto bene.”
“Poverino, è meglio che torniamo.”
“Già, è meglio.”
Mestamente
si avviarono verso casa, sempre osservati da un losco figuro appostato
nell’ombra.
Scritta
da Doria |