Riassunto: Questa
storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore
alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai
fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o
duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più
grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa
ricambiarlo.
Valutazione contenuto:
non adatto ai bambini.
Disclaimer: Ogni
riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori
protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.
Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitolo 43
Max stava ridendo, mentre inseriva la
chiave nella serratura e teneva aperta la porta per lasciar entrare Liz per
prima. Era tardi e stavano giusto ritornando dal Crashdown. I suoi genitori
avevano chiuso il ristorante molto presto ed organizzato una festa privata per
festeggiare il suo diciottesimo compleanno. Tutti i loro familiari e i loro
amici erano lì e quella fu la prima volta in cui si era ritrovati tutti insieme
per una occasione festosa, da oltre un anno.
Maria e Michael avevano trascorso la serata litigando sull’imminente ballo
studentesco. Maria voleva andarci, Michael diceva che era una cosa stupida.
Povero Michael, nonostante la sua forza, avrebbe perso questa guerra. Tutti
loro sapevano che Maria, alla fine avrebbe fatto a modo suo, allora perché
diavolo Michael sprecava il tempo discutendo con lei? Max aveva assistito alla
loro disputa con un sorriso sul viso. Gli sembrava di essere tornato ai vecchi
tempi.
Vide la stessa espressione anche sul volto di Liz. Lei si stava veramente
divertendo, non si sforzava soltanto di sorridere o di ridere quando qualcuno
diceva qualcosa di divertente. I suoi occhi avevano brillato per tutta la notte
ed il suono delle sue risate aveva scaldato il cuore di Max. Ed era stato
quello il più bel regalo di compleanno che avesse mai potuto desiderare.
Max aveva anche notato che Isabel lanciava strane occhiate ad Alex, quando
credeva che nessuno la notasse. Gli aveva confidato che aveva intenzione di
chiedere ad Alex di farle da cavaliere al ballo ed era nervosa perché non
sapeva quale sarebbe stata la sua reazione. Tra loro ora c’era una
soddisfacente amicizia, e lei non voleva correre il rischio che, facendo
prendere alla loro relazione un’altra direzione, la cosa non funzionasse. Alla
prima impressione Alex non sembrava essere il tipo che potesse attrarla, ma
quando l’aveva conosciuto meglio e lo aveva avuto vicino per confortarla
durante gli orrendi avvenimenti dell’anno passato, lei aveva scoperto un lato
differente di lui. Un lato che le aveva fatto capire che c’era molto di più in
lui di quello che appariva in superficie. Lui aveva una forza che la attraeva.
L’anno che era appena passato, li aveva costretti tutti a crescere, incluso
Alex. Ora era molto più introspettivo, più maturo. Isabel aveva avuto bisogno
di qualcuno su cui contare ed Alex era diventato quel qualcuno. Poteva
appoggiarsi a lui, ed avere fiducia in lui e sapeva che con lui, i suoi segreti
sarebbero stati al sicuro. Max non era certo che per loro ci fosse ad
aspettarli un futuro, ma, se il modo in cui quei due si guardavano quando
credevano di essere inosservati era una indicazione, il ballo poteva essere
l’inizio di qualcosa di speciale tra loro.
Sua madre era stata raggiante per tutta la sera e Max pensò che forse stava
tentando di vivere due compleanni invece di uno. Lei aveva mancato il suo
diciassettesimo compleanno. Lui non era a casa. Se qualcosa di buono era venuto
fuori dall’anno passato era nel rapporto che aveva ora con i suoi genitori,
pensò Max mentre li guardava ridere e raccontare storie della sua infanzia.
Avevano acquisito una intimità che lui non avrebbe mai creduto possibile,
mentre cresceva tentando di nascondere la sua vera natura. La loro completa
accettazione di lui, di Isabel e di Michael, e del loro mondo alieno di cui
avevano scoperto di fare parte, lo aveva stupito e gli aveva fatto capire
quanto speciali fossero. Li amava profondamente e non aveva più paura di
manifestare il suo amore.
Aveva notato anche il modo in cui Nancy non aveva mai staccato gli occhi da
Liz. Aveva manifestato grandi riserve sul fatto che Liz se ne andasse da casa
così giovane, come aveva fatto anche Jeff, ma durante i mesi che Max aveva
trascorso in casa loro, avevano capito che la cosa era inevitabile. Le cose che
avevano passato li avevano cambiati per sempre e ora non erano più solamente
una coppia di adolescenti. Erano cresciuti al di là della loro età.
Nancy lo aveva preso da parte, in un momento della serata e, con suo completo
sbalordimento, lo aveva baciato sulla guancia e gli aveva messo le braccia
attorno, stringendolo in un grande abbraccio. Quando lui l’aveva guardata,
imbarazzato, lei gli aveva detto quanto migliorata apparisse adesso Liz e lei
sapeva che era dovuto al modo in cui Max si prendeva cura di lei. Lo aveva
fatto felice sapere di essere stato pienamente accettato da Nancy, e magari
perfino approvato.
Il suo rapporto con Jeff era buono, il che sorprendeva proprio lui per primo.
Dopo tutto, gli avevano preso la sua bambina molto prima che lui fosse pronto a
lasciarla andare. Ma Jeff voleva solo che Liz fosse felice e si riprendesse
dagli incubi dell’anno trascorso. Jeff aveva una conoscenza di Max che mancava
a Nancy, per questo era stato più facile per lui lasciare che Liz se ne andasse
con lui. Il giorno che Max lo aveva guarito dalla ferita al petto, Jeff aveva
visto la profondità dell’amore che Max provava per lei e sapeva che non c’era
possibilità che potesse farle del male. E questo gli bastava per dare loro la
sua benedizione.
Max chiuse la porta e seguì Liz nella cucina del loro appartamento. Lei mise
sul tavolo i pacchetti che stava portando, regali che aveva aperto alla festa e
lo sguardo ridente che lei gli lanciò, lo riempì di gioia.
“Michael crede veramente di averla scampata?” Liz rise, continuando la
conversazione che avevano cominciato tornando a casa. “Farebbe meglio a
procurarsi al più presto un abito elegante perché non c’è possibilità che Maria
si arrenda, questa volta.”
“Lo so.” Fu d’accordo Max, con un sorriso sulla faccia. Mise i pacchetti che
portava sul bancone della cucina e aprì il frigorifero, in cerca di qualcosa da
bere. “E se non si sbriga, l’unica cosa che troverà per la sua taglia sarà uno
di quegli assurdi abiti da sera blu e io di sicuro non vorrei vedere Michael
con indosso un abito così.”
“Maria non si curerà di quello che ha indosso, purché l’accompagni al ballo, è
tutto quello che le importa.” Liz aprì la credenza per prendere un paio di
bicchieri e portarglieli.
Max prese la bottiglia del latte e prese uno dei bicchieri, quando notò che lei
si era girata verso il bancone vicino al lavandino, con uno sguardo distante
negli occhi. La osservò ancora per un minuto, poi il sorriso lasciò la sua
faccia. Posò il latte e il bicchiere e le andò vicino, appoggiandosi alla sua
destra, con le spalle al lavandino e le mani appoggiate sul bordo.
“Vorresti andarci? Al ballo?” chiese piano Max e seppe di aver indovinato
quando gli occhi di lei si posarono un attimo sui suoi, prima di volgersi
altrove. Cominciò a scuotere la testa per dire di no, ma lui continuò. “Posso
chiedere se sono d’accordo a lasciarci partecipare. Voglio dire, lo so che non
frequentiamo più quella scuola, ma potrebbero comunque permetterci di andare.
Considerato che …” fece una pausa, vedendo l’incertezza sulla faccia di Liz.
“Altrimenti possiamo chiedere a Maria di invitare me e a Michael di portare te.
Non importa come siamo registrati, se veramente vuoi andare …”
“No. Non voglio andare, Max.” disse Liz con un cenno di amarezza nella voce
“Non voglio che la gente ci guardi. E tu sai che questo succederà. Ci
infileremmo dritti nella curiosità dei partecipanti al ballo, ed entrambi
finiremmo con detestarlo.”
“Hai ragione.” disse Max guardando in terra. “Mi dispiace, Liz. Hai perso tante
cose per colpa mia.”
“Non dirlo nemmeno.” rispose lei mentre gli si metteva di fronte, passando le
braccia intorno alla sua vita. “Io non sono infelice, Max. Amo stare con te
come stiamo adesso. Andare al college. Se dovessi scegliere tra vivere con te e
andare a scuola, sceglierei questo mille volte.”
“Davvero?” disse Max sentendo il suo animo sollevarsi. Le sue braccia la
circondarono, ricordando ancora quanto fosse speciale per lui.
“Davvero! Ora mangiamoci il dolce.” Lei gli spostò i capelli dalla fronte e
gioì del sorriso che gli era ritornato sul viso. Amava veramente il dolce.
Max tornò a versare nei bicchieri il latte, mentre lei prendeva un piatto dalla
credenza e apriva la scatola che conteneva quello che restava della sua torta
di compleanno. L’aveva portata a casa dal forno nel pomeriggio e lui ne aveva
già mangiata la metà. Lei ne tagliò una grossa fetta e prese una forchetta dal
cassetto dell’argenteria, prima di appoggiarla sul tavolo. Lui vi appoggiò i
bicchieri di latte, spostando i pacchetti al centro del tavolo, prima di
sedersi.
“Ne vorresti un po’?” le chiese, mentre guardava all’insù verso di lei.
“Ne prenderò solo un pezzetto da te.” disse Liz sedendosi confortevolmente sul
suo grembo.
“Okay.” Rispose Max sorridendo e sistemandosela tra gambe, in modo da poter
sentire le sue cosce. La forchetta prese un pezzetto di dolce e si sollevò
verso le labbra di lei. Aprì la bocca e lui fece scivolare la forchetta
all’interno, sorridendo all’intenso piacere che attraversava la faccia di Liz.
“Ummmm, che buon sapore.” gemette lei, posando le mani sulle spalle di lui.
Per qualche ragione le pulsazioni di Max cominciarono a correre, sicuramente
non perché mangiare un pezzo di dolce improvvisamente era così sensuale. La
forchetta ne prese un altro pezzo con una generosa dose di glassa e Liz lo
spruzzo con la salsa Tabasco, mentre lui se la portava alle labbra. Non era
sicuro che un pezzetto di dolce gli fosse mai piaciuto così tanto, prima di
allora. Era molto meglio del dolce che aveva mangiato nel pomeriggio, eppure
era lo stesso dolce.
“Dannazione se è buono!” esclamò Max mandandolo giù e tirando fuori la lingua
per leccare un pezzetto di glassa che gli era rimasto sul labbro.
“Ne hai mancato un pezzetto” disse lei e calandosi in avanti leccò via la
glassa dalle sue labbra.
Lui respirò forte e improvvisamente sentì che la stanza era diventata
tremendamente calda. Cosa gli stava succedendo? Avevano già mangiato del dolce
insieme, prima di allora. Perché ora sentiva che c’era qualcosa di più che
mangiare semplicemente una torta insieme? Prese un altro pezzetto con forchetta
e lentamente lo portò alle labbra di Liz. Lei chiuse gli occhi e aprì la bocca,
pregustando il dolce sapore. Max avrebbe potuto giurare che lei stava
respirando con difficoltà. Lei gemette mandando giù la torta e lui tirò
indietro la forchetta dalle sue labbra scintillanti.
Ne prese un altro pezzo condito con una abbondante dose di Tabasco e sentì un
ricordo affiorargli dai meandri della mente. C’era stata un’altra volta in cui
una torta gli era parsa così buona. Lasciò andare l’ultimo pezzo di dolce tra
le labbra di Liz sporcandole con la glassa. Posò la forchetta e le tolse la
glassa dal labbro con un dito.
“Amo questa glassa.” disse lei e lui pensò che la sua voce non era mai stata
così sensuale. Lei aprì la bocca e quando lui vi infilò il dito le sue labbra
vi si chiusero intorno, succhiandone la glassa. Max liberò lentamente il suo
dito e non poté fare a meno di notare che mangiare il dolce, per lui, era
diventata una cosa piuttosto eccitante. Vide il dito di lei immergersi nella
glassa che era rimasta nel piatto e poi avvicinarsi alla propria bocca. “Lo
vuoi?” gli chiese.
Lui guardò il suo dito, poi la sua faccia, poi ancora il suo dito. Certo che lo
voleva! Aprì la bocca e fu la volta di lei di infilarci il dito e di sentire la
sua lingua leccare la glassa, mentre le labbra lo trattenevano. Lei mosse
sensualmente il dito dentro e fuori la bocca di Max, e lui dovette lasciarle
libera la mano, prima di perdere completamente il controllo. Si alzò in piedi,
facendo rovesciare la sedia sul pavimento, tenendo Liz stretta contro di lui e
strofinandosela contro il corpo, sapendo che lei poteva sentire la sua erezione
anche attraverso i jeans.
“Una volta ho fatto un sogno come questo.” disse Liz affannosamente,
guardandolo negli occhi.
“L’ho fatto anche io.” rispose Max con voce roca. Vide un pezzetto di glassa
sulle labbra di lei e le divorò la bocca con la sua, leccandole le labbra,
prima di infilare la lingua nella sua dolcezza. Infilò la sua mano tra i
capelli di lei, schiacciando le sue labbra contro le proprie, sentendo le sue
pulsazioni cominciare a correre più forte quando la mano di Liz gli aprì la
camicia. Lui le tirò via la maglia, sfilandogliela dalle braccia e lanciandola
per la stanza, prima di toglierle la camicetta ed il reggiseno. Le baciò la
gola e le spalle e il seno mentre lei gli faceva scendere la camicia sulle
braccia. Dovette tirare forte, quando incontrò la resistenza dei bottoni ai
polsi, sentì uno strappo e i bottoni caddero sul pavimento.
Max lanciò anche la camicia e con le mani circondò le sue spalle nude,
premendola forte contro il suo petto, tenendo ancora unite le due bocche.
Poteva sentire i suoi gemiti, sentire le mani di lei percorrere la sua schiena
e le sue unghie graffiargli la pelle. La lingua di Liz sondava la sua bocca,
sapendo ancora di glassa e di dolce e del sapore che era solo suo. La mani di
Liz cercarono la cinta e la zip dei pantaloni, continuando a gemere sempre più
forte mano a mano che si spingeva verso la sua forma risvegliata.
Max le calò i pantaloni sui fianchi e infilò la mano nelle sue mutandine,
trattenendo il respiro quando si accorse di come erano bagnate. Lei gocciolava
di desiderio e questo serviva soltanto a farlo ancora infiammare di più. Toccò
a lei tirargli giù i pantaloni e i boxer e la virilità di Max fu liberata dalla
costrizione, scattando fiera sugli attenti. I loro vestiti erano scivolati
sulle caviglie e quando lui la alzò scarpe e pantaloni caddero sul pavimento.
La sollevò con una mano dietro la schiena e con l’altra le aprì le gambe, così
da potersi infilare in mezzo. Con un movimento veloce, Liz avvinghiò le gambe
intorno a lui, che la penetrò con la sua palpitante erezione.
Freneticamente lui si chinò in avanti e spazzò via dal tavolo il piatto, la
forchetta, i bicchieri e i regali. Il latte si sparse sul pavimento ma nessuno
ci fece caso. I bicchieri andarono in frantumi e fino a settimane dopo, ancora
riuscivano a trovarne minuscoli frammenti sparsi per la cucina. Lui la fece
sdraiare sul tavolo e si spinse dentro di lei che tremava dall’eccitazione di
sentirlo immerso dentro di sé in un abbandono così selvaggio.
Gli occhi di Max erano di fuoco mentre vivevano il sogno che un giorno avevano
condiviso e che nella realtà si dimostrava ancora più intenso. Le mani di Max
le accarezzavano tutto il corpo, lasciandole impronte argentate sulla pelle che
si trattenevano in un unico posto per più di un momento. Le impronte argentate
le facevano risplendere la pelle, vibrare le terminazioni nervose, gridare in
un crescendo di attrazione sessuale. Lui si appoggiò su di lei, penetrando
ancora di più, le mani che attiravano i suoi fianchi contro di lui, fino a che
la frizione dei loro corpi non le fece capire più niente. Con la bocca le
baciava i capezzoli e Max ebbe un fuggevole pensiero dei vari posti sul corpo
di Liz da cui gli sarebbe piaciuto leccare la glassa. Magari più tardi.
Sicuramente più tardi.
La sensazione della bocca sui suoi capezzoli la fece arrivare al culmine ed il
piacere dell’orgasmo la invase, esplodendo non solo dal centro del suo corpo,
ma anche dalle terminazioni nervose che ogni impronta argentata aveva acceso
sulla sua pelle. Lo sguardo in estasi sulla faccia di Liz, fu il segnale per
Max di lasciarsi andare e la raggiunse nella sua estasi sessuale, erompendo in
un orgasmo, il suo nettare eruttò da lui in un soffocato grido di piacere
erotico.
Guardò in giù verso di lei, con un’espressione di completa gioia sul viso e,
nello stesso tempo, di totale confusione alla vista delle impronte argentate
sul suo corpo.
“Max?” disse Liz quando fu in grado di respirare. “Co … Cosa hai fatto?” Lei lo
guardò con un’espressione di totale stupore. La mano di Liz percorse il proprio
corpo, toccandosi lo stomaco, le anche, le costole, il seno e dovunque fossero
le impronte la sensazione era molto più viva che altrove.
Liz che si toccava era per lui una visione così erotica che, ancora immerso
dentro di lei, si sentì sveglio di nuovo. Ma i segni sul suo corpo lo
preoccupavano. Cosa aveva fatto? Non aveva fatto nulla di proposito. Lui voleva
solo toccarla dappertutto, e lo aveva fatto. Le impronte erano solo apparse.
“Non lo so. E’ … successo. Stai bene?”
“Sto bene?” ripeté Liz e cominciò a ridere. “Ti ho chiesto cosa avevi fatto,
solo per essere sicura che potessi essere in grado di farlo ancora!”
Max le infilò le braccia sotto di lei, con una le sorreggeva la schiena e con
l’altra i fianchi. La sollevò e lei lo avvolse tra le gambe, il tutto mentre il
suo membro era ancora immerso profondamente dentro di lei. Max scavalcò la pila
di vestiti ai suoi piedi e si diresse verso la camera da letto, ansioso di
vedere se questo suo nuovo potere era qualcosa che riusciva a ripetere.
“Magari dobbiamo sperimentarlo ancora.” disse con un largo sorriso sulla
faccia. Camminò verso il letto e l’espressione ardente sul viso di lei gli fece
accelerare i battiti del cuore ancora di più, se questo era possibile. Poi si
immobilizzò e tornò svelto in cucina, aprendo prima un mobiletto poi un altro.
Sbuffò soddisfatto e prese una scatola, tornando in camera a passo svelto.
“A cosa serve?” chiese Liz, immaginando già la risposta.
“Dunque,” disse Max sogghignando, mentre entrava in camera e si fermava ai
piedi del loro letto, mostrandole la scatola che aveva in mano. “Le impronte
argentate sono per te, la glassa è per me!”
***
Liz era ferma davanti al negozio di articoli da regalo, godendosi il calore del
sole di maggio sulla schiena, e guardava il Pegaso in vetrina. Si sentiva
sciocca ad avere gli occhi lucidi per una stupida statuina, ma pensava che
Pegaso avrebbe sempre avuto un significato speciale per lei. L’immagine di
Pegaso era indissolubilmente legata al pensiero di Ellie. Le due cose erano
intrecciate.
Pegaso era stato come un amico per lei quando era prigioniera, senza nessuna
reale speranza di essere liberata. Nei suoi sogni lui l’aveva riportata a casa,
in salvo, portandola vicina alle braccia amorose di Max. Ringraziando Dio,
aveva trovato un altro modo per ricongiungersi a lui. In quel periodo in cui
pensava di non poter più resistere, Max era stata l’unica ragione a farle
sopportare le sue giornate.
Lui non sapeva di Pegaso, lei non glielo aveva mai detto. Liz si chiese se mai
avesse voluto dirglielo. Lui aveva già il suo fardello e lei non voleva
appesantirlo. Max si svegliava ancora nel mezzo della notte e lei sapeva che
erano i sogni su Ellie a rubargli il sonno. Tutte le torture del mondo erano
nulla rispetto al dolore che provavano per averla persa.
Liz aprì la porta ed entrò nel negozio, sentendo il campanello che annunciava
il suo arrivo. Amy DeLuca era dietro al bancone ed un ampio sorriso le illuminò
la faccia.
“Liz! E’ così bello rivederti! Come sta Max?” disse Amy eccitata.
“Salve, signora DeLuca,” le ricambiò il sorriso. “Max sta bene.”
“Grande. Veramente grande. Sono proprio contenta. Stai cercando Maria? Non è
qui, ora. Dovrebbe essere dal qualche parte con Michael.”
“Oh.” disse Liz scotendo la testa “No. Non sto cercando Maria. Mi stavo
chiedendo quanto costa quella statua in vetrina. Pegaso.”
“Oh, quella. Non è graziosa? Lasciami vedere …” Amy si diresse verso la vetrina
e prese la statua, per portarla a Liz e farle vedere il prezzo.
“Oh.” mormorò Liz con disappunto. Il prezzo era alto. “Temo che non rientri nel
mio bilancio. Lo sa, sono solo una studentessa.” Liz lo guardò con rimpianto,
poi si avvicinò alla porta. “Dica a Maria che la chiamerò stasera, okay?”
“Certo! Ci vediamo, Liz.” Amy la vide andarsene, notando la sua aria
malinconica. Tornò dietro il bancone e prese il telefono, sentendo una voce
familiare che rispondeva al terzo squillo. “Ciao, Max. Ricordi quando sei
venuto a cercare un regalo per il compleanno di Liz? Bene, credo di sapere cosa
le piace …”
***
Liz, benché addormentata, allungò una mano sopra al lenzuolo per toccarlo. La
mente registrò la sua assenza e lei aprì gli occhi per vedere, anche nel buio
della stanza, che lui non c’era. Le lenzuola dalla sua parte erano fredde. Lui
doveva essersi alzato già da tempo. Liz controllò l’orologio: erano le 3 e 25
di notte. Sarebbe mai più stato capace di dormire una notte intera?
Spostò le lenzuola, prese l’accappatoio per coprire la sua nudità, poi traversò
la stanza ed aprì la porta. Max era seduto sul divano, chino su qualcosa che
lei non riusciva a vedere, interamente assorto in qualunque cosa stesse
facendo. Di solito lo trovava accanto alla finestra, a fissare il cielo
notturno, e lei sapeva che si stava chiedendo dove fosse Ellie e cosa le stava
succedendo. La vista di lui così assorto in qualcosa, così impegnato, la stupì.
Lei si portò alle sue spalle, ma lui era così concentrato che non se ne
accorse. Aveva i capelli scompigliati. Capelli da letto. Non si era preoccupato
di pettinarli, quando si era alzato. La pelle delle spalle e della schiena
risplendevano alla luce della lampada, mentre lui era piegato su qualcosa
appoggiato sulle sue gambe. Una tavoletta. Un grande album da schizzi
appoggiato alle sue gambe nude. Liz sentiva il rumore della matita che correva
sul foglio e si sporse per vedere cosa stesse facendo. Quando vide il disegno,
trattenne il respiro e si portò la mano alla bocca.
Max si voltò e la vide dietro di lui, trasalendo alla sua presenza. Era stato
così preso al disegno che stava facendo, che non l’aveva sentita entrare nella
stanza. “Liz …” disse, preoccupato dalla sua espressione.
Posò la tavoletta sul cuscino del divano e si alzò, affrettandosi al fianco di
lei quando vide lacrime uscirle dagli occhi e il mento cominciare a tremare.
L’abbracciò, ma l’attenzione di Liz era rivolta al disegno. “Mi dispiace. Non
avevo intenzione di scombussolarti. Stavo … stavo facendo il disegno per te,
per il tuo compleanno. Stavo cercando di finirlo per potertelo dare più tardi.
Forse non è stata una buona idea.”
Ci fu silenzio, mentre lei guardava il disegno sul quale aveva lavorato nelle
ultime notti. Era uno schizzo di Ellie, molto dettagliato, basato sui ricordi
di quanto aveva visto quella notte. La notte della sua nascita. I suoi grandi
occhi scuri li guardavano dal foglio, le minuscole dita perfettamente
proporzionate, le sue labbra leggermente aperte, come se il mondo fosse tutta
una sorpresa.
“E’ bella.” sussurrò Liz , superando il groppo che si era formato nella sua
gola. Lei l’aveva vista solo da lontano e i suoi lineamenti non le erano molto
chiari: Max aveva potuto osservarla da vicino. Nessuna meraviglia che Ellie
l’avesse così colpito.
“Lei ti assomiglia molto.” Max guardò il disegno, ricordandola come era quando
l’aveva vista da una distanza di soli pochi passi. I suoi occhi scuri e i
capelli neri gli avevano ricordato così tanto Liz. Lei aveva guardato verso di
lui, con uno sguardo così intelligente, quasi come se avesse capito le parole
che il padre le aveva detto.
“Liz …” cominciò a dire Liz, e poi esitò.
“Mi dispiace, Liz. Non volevo farti piangere.” Lui le alzò il viso ed asciugò
le lacrime sulle sue guance. Lei passò le braccia dietro al suo collo e gli si
aggrappò, mentre le sue labbra gli davano un tenero bacio.
“E’ il più bel regalo che tu mi abbia mai fatto.” gli disse, staccando le
labbra da lui. Guardò nei suoi occhi addolorati e lo vide addolcirsi, mentre
percepiva il significato delle sue parole. Lei gli sorrise e tornò ancora a
guardare il disegno, così pieno di vita che quasi poteva sentire il suono della
risata di un bimbo nella stanza. “E’ finito?”
“Quasi.” rispose Max e si chinò per prendere l’album dal divano. Lo mise
davanti a loro e la mano di Liz si allungò verso la guancia di Ellie,
desiderosa di toccarla, ma timorosa di rovinare il bellissimo lavoro che lui
aveva creato. “Stavo proprio per mettere le mie iniziali e la data all’angolo
del foglio, 17 ottobre, il giorno in cui è nata, e poi lo avrei messo in
cornice per te. Sai dove ti piacerebbe metterlo? Qui nel soggiorno? O forse in
camera da letto?”
“Penso in camera da letto, così potrei vederlo ogni mattina appena mi sveglio
ed ogni sera prima di addormentarmi.”
“Non ti rattristerebbe?” chiese Max, preoccupato che potesse tornare a rivivere
quei giorni di forte depressione.
“Si, mi farebbe sentire triste, ma non voglio dimenticare com’è.” Lo vide
strappare il foglio dall’album e lo seguì in camera da letto, guardandosi
attorno per trovare il posto migliore dove metterlo. Liz prese due puntine dal
cassetto della scrivania e dopo averlo appeso alla parete, fece qualche passo
indietro per osservarlo.
“Perfetto!” sospirò Liz, appoggiando la schiena contro il torace di lui, mentre
Max l’abbracciava. “Grazie.” Erano fermi, in silenzio, entrambi persi nei
propri pensieri, poi la voce di Liz lo svegliò dal suo sogno ad occhi aperti.
“mi chiedo come sarà ora. Ormai ha sette mesi. Probabilmente è molto cambiata.”
Max si sciolse all’improvviso dall’abbraccio e corse in soggiorno. Lei lo
seguì, curiosa e piuttosto stupita dal suo improvviso cambiamento. Lui prese
l’album e girò la pagina, mostrandole un altro disegno che aveva fatto. Era
molto simile al primo, con Ellie in posizione leggermente diversa, con la
faccia girata per guardare qualcosa alla sua destra.
Max fissò il disegno, poi si concentrò intensamente. Vi stese sopra la mano e,
con un respiro affaticato, la passò sopra il foglio. L’immagine si offuscò e
cambiò come se la grafite che lo componeva fosse stata tolta dalla pagina e poi
riassemblata a comporre una nuova immagine.
“Oh, mio Dio!” esclamò Liz dolcemente, quando si rese conto di quello che aveva
fatto Max. L’immagine non rappresentava più una neonata, ma una bambina di
circa sette mesi, dai lineamenti più decisi. La posa era la stessa. La
direzione in cui la bambina guardava era la stessa. Era solo cresciuta. “Credi
veramente che ora sia cosi?”
“Si!” disse Max senza alcun dubbio nella mente. “Non chiedermi come, ma lo so.
Il suo aspetto è questo, adesso.”
Entrambi rimasero a guardare il disegno, sgomenti per quello che era appena
successo. Lui prese la matita e mise le sue iniziali ad un angolo del disegno,
con la scritta ‘Ellie’ seguita da 27 maggio 2001. Tolse il disegno dalla
spirale e ritornò in camera da letto per appenderlo alla parete, accanto al
primo. Tra cinque mesi ne avrebbero appeso un altro, in occasione del primo
compleanno della loro bambina, e ne sarebbe seguito un altro un anno dopo.
Mentre aspettavano …
Capitolo 44
Max appoggiò i sacchetti della spesa sul
tavolo e mise il latte nel frigo, prima di prendere la teglia per il forno.
Voleva preparare una cena speciale per Liz, quella sera, il solito cibo
precotto o i soliti hamburger non sarebbero stati adatti. Non con le novità che
voleva dividere con Liz.
Era stato sorpreso quando Milton, quella mattina, gli aveva parlato della sua
intenzione di vendere il Centro UFO. Max aveva sempre pensato che fosse tutta
la sua vita e non riusciva ad immaginare che potesse fare qualcosa di
differente, ma Milton si era improvvisamente messo in testa che era prossima
una invasione aliena e voleva vendere tutte le sue proprietà e ritirarsi in
collina, dove avrebbe vissuto nascosto finché gli invasori alieni non fossero
stati sconfitti dall’esercito terrestre.
Max era stato costretto a coprirsi la bocca con la mano, per impedire che
Milton vedesse lo vedesse sorridere e si era dovuto mordere le labbra per non
scoppiare a ridere, mentre lui si affrettava ad impacchettare qualcuno dei suoi
più preziosi libri e videotape. Autopsia aliena. Gli alieni sono tra noi. La
cospirazione aliena. Uomini e marziani. A Max piaceva in particolar modo
l’ultimo.
Ma se era stato sorpreso dal progetto di Milton, era rimasto addirittura
sbalordito quando Milton si era offerto di vendere a lui il Centro UFO. Max si
era assunto la direzione del Centro nell’ultimo anno, e Milton gli aveva
lasciato la responsabilità di organizzare il 55° Crash Festival, che sarebbe
avvenuto tra un paio di settimane, senza battere ciglio. In un primo momento,
Max non riuscì a credere a quello che Milton gli stava offrendo. Pensò che
fosse uno scherzo. Lui aveva solo 19 anni e doveva ancora andare al college. E
aveva solo pochi risparmi in banca.
Ma l’affare era buono, e Milton non chiedeva molto. Non avrebbe avuto bisogno
di soldi, nascosto tra le montagne. Appena fu passato lo choc iniziale, Max
aveva portato a suo padre il contratto che Milton aveva preparato, per sapere
cosa ne pensasse. Philip aveva molta esperienza come legale, e disse che come
affare gli sembrava un’ottima opportunità.
Durante gli ultimi due anni, Max era rimasto in stretto contatto con Joshua e
Daniel ed il Centro UFO si era dimostrato un’ottima fonte di riferimento e di
ricerca per quelli della loro specie. Aveva fatto la conoscenza di molti altri
alieni come lui, più di quanti ne avesse mai sognato mentre cresceva, quando
lui, Isabel e Michael avevano pensato di essere soli. Milton sarebbe stato
scioccato nel sapere che aveva vissuto con gli alieni tutti i giorni?
Non era questo quello che Max aveva pensato di fare nella vita, occuparsi di un
esercizio a tema alieno in una città che era una trappola per turisti, ma si
potevano guadagnare un bel po’ di soldi e si sarebbe potuto permettere di dare
a Liz molte più cose di quelle che aveva potuto permettersi fino ad ora.
Avrebbero potuto lasciare il piccolo appartamento dove avevano vissuto per un
anno e mezzo, e avrebbe potuto comprale la casa che sognava di avere. Magari
lei avrebbe potuto desiderare un altro bambino, prima o poi …
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di una chiave nella serratura ed
alzò gli occhi, sorridendo quando la vide entrare. Lei illumina la stanza ogni
volta che entra, pensò Max mentre la guardava sfogliare la posta. Liz poggiò le
chiavi sul tavolo accanto alla porta e la borsa sulla sedia. Era un giorno di
fine giugno, non ancora troppo caldo, e lei sembrava così rilassata e a suo
agio con il prendisole stampato e sopra un maglioncino verde. Mise la posta
sulla scrivania, tranne una lettera che cominciò ad aprire con evidente
aspettativa.
Liz era così concentrate nell’aprire la busta, che non si accorse che Max la
stava guardando dalla cucina. Tolse la lettera dalla busta e la distese,
trattenendo il respiro mentre leggeva le prime righe. Poi emise uno strillo di
gioia e saltò su e giù, tenendo stretta la lettera in mano. Si fermo solo
quando vide Max in fondo alla stanza, con una faccia sorpresa ed uno sguardo
incuriosito.
“Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Sono stata accettata!” gridò Liz fuori di sé
dalla gioia e corse attraverso la stanza per gettare le braccia al collo di Max
ed abbracciarlo eccitata. Per poco il suo impeto non lo gettò in ginocchio, ma
la strinse a sé e la vece volteggiare per la cucina.
“Di cosa stai parlando?” le chiese con una smorfia ridente. La sua felicità, la
sua gioia erano sempre fonte di grande piacere per lui. Sentirla ridere gli
faceva bene al cuore.
“Lo Stato dell’Arizona mi ha accettata nel Programma di Biologia Molecolare! Ci
avresti mai creduto? Posso trasferirmi in autunno.” Non si accorse che il
sorriso si era gelato sul viso di Max. “Mi hanno detto che le lezioni
cominceranno tra due mesi e, sai Max, mi hanno offerto una borsa di studio che
coprirà quasi tutte le spese del primo anno.”
“E’ grande … E’ grande.” disse Max mentre lei lo stringeva forte, saltando per
l’esuberanza. Il sorriso di Max era sparito, mentre cercava di assimilare la
notizia. Era una grande opportunità per lei e avrebbe potuto studiare nel campo
che aveva sempre sognato e questo significava che se ne sarebbe andata.
“Max, non è eccitante?” disse Liz staccandosi da lui.”Voglio dire, ci sarà
tanto lavoro e molte cose da fare prima di partire. Lo so che non è Harward, ma
… Max? Max, cosa c’è che non va?”
“Niente.” e le sorrise, mentre le tendeva le braccia. “E’ una grande
opportunità per te. Hai lavorato così tanto per questo.”
E lo aveva ottenuto. Aveva preparato due anni in uno, frequentando anche i
corsi estivi, sia quell’anno che l’anno precedente, per finire l’intero corso
esattamente in diciotto mesi. Quando avevano parlato del fatto che lei sarebbe
andata via per due anni, era sembrata una cosa astratta, non reale come
sembrava ora. Il petto di Max era soffocato al pensiero di non poterla vedere
tutti i giorni, di non poter dormire con lei tutte le notti.
“Per noi, Max. Una grande opportunità per noi.” disse Liz, improvvisamente
seria.”Te l’ho detto altre volte. Non andrò senza di te.”
“Non voglio trattenerti, Liz.” disse Max guardandola negli occhi “Non posso
venire. Tu lo sai questo. Non posso lasciare Roswell.”
“Si, Max. Si che puoi.” Lui si voltò e lei lo sentì chiudersi.”Max …”
“Troppa gente conta su di me.” disse Max scotendo la testa “Il Centro Ufo è
diventato la Mecca per quelli della mia specie, per studiare, ricercare, e c’è
bisogno di me qui, per mandarlo avanti. Siamo così vicini a scoprire come
funziona la tecnologia aliena, gli esperimenti che stiamo facendo, i
comunicatori che ci permetteranno di contattare altri come noi, in altri mondi.
Non posso abbandonare tutto questo.” Evitò di guardare Liz, non volendo che
vedesse lo sguardo triste che era sicuro di avere.
Lei gli si avvicinò da dietro, sentendo la tensione nel suo corpo quando gli
toccò la spalla. Non era solo il lavoro che lui non voleva lasciare. Aveva
paura di partire. Lì si sentiva a suo agio, circondato da gente che conosceva.
Si sentiva al sicuro. Fuori di lì, fuori nel mondo, c’era gente che non
conosceva, gente che avrebbe potuto scoprire il suo segreto, gente che avrebbe
potuto di nuovo farlo prigioniero, se avesse scoperto chi era veramente.
“Max …” gli disse allungando le braccia e stringendolo alla vita. Le mani di
Max presero le sue e stettero in silenzio, come se ognuno di loro pensasse che
la propria vita aveva raggiunto un bivio. Liz aveva sempre pensato che quando
fosse arrivato il momento, lui sarebbe stato in grado di affrontare le sue
paure e sconfiggerle. L’idea di partire senza di lui non era neppure degna di
considerazione. Non per lei. “Io non andrò senza di te, Max. Se tu vuoi
rimanere, resterò con te.”
“Liz,” disse lui girandosi e prendendola tra le braccia “Questo è quello che
hai sempre desiderato, fin da quando ti ho conosciuta. Non posso togliertelo.
Devi andare.”
“Solo se tu vieni con me!”
“Oggi Milton mi ha offerto l’acquisto del centro UFO. Sai cosa significa?”
Guardò verso di lei, che lo osservava con gli occhi spalancati.” Mio padre dice
che mi farà un prestito per comprarlo, e i termini sono i più favorevoli che
lui abbia mai visto. Una volta nelle mie mani, con Milton fuori dal gioco,
possiamo operare senza riserbo. Non posso lasciarmi scappare l’occasione.” I
suoi occhi la implorarono perché comprendesse, mentre si chiedeva come avrebbe
fatto a sopravvivere senza di lei.
“Hai ragione, Max. E’ un’occasione che non puoi lasciarti sfuggire. Lo
capisco.” gli prese la mano e lo condusse in cucina, dove prepararono in
silenzio la cena, che nessuno dei due aveva più voglia di mangiare.
***
“Sei impazzita?” esclamò Maria e quasi versò la bevanda di Liz sul bancone. “Tu
non ci andrai? Come puoi NON andarci? L’hai voluto per tutta la vita! Cosa dice
Max di tutto questo?”
“Maria” disse Liz con un sospiro, cercando di tenere bassa la voce. “Max
insiste perché vada, ma lui non può venire e io non voglio andare senza di lui.
Maria, se devo scegliere tra Max e la scuola, sceglierei Max mille volte. Lui
significa tutto per me.”
“Max non può venire o Max non vuole venire?” chiese Maria, pur conoscendo già
la risposta, riconfermata dall’espressione dell’amica.”Okay, è sbagliato. Non
posso credere che il Centro UFO sia più importante per lui che stare con te.
Non dopo tutto quello che avete passato.”
“Maria, non è questo il motivo, e tu lo sai.” mormorò Liz, mentre giocherellava
col gelato alla vaniglia nella sua coppa. Nessuno avrebbe mai potuto
comprendere quello che avevano passato o come quegli eventi li avessero segnati
per il resto delle loro vite. “Il mondo non è un posto sicuro per Max.”
“Ora lasciami analizzare un momento il problema.” disse Maria sporgendosi verso
di lei e portandole il cucchiaio alla bocca. “Tu vuoi frequentare l’ A.S.U. , e
la scuola sta a Tempe, proprio fuori Phoenix. Ora, se non mi sbaglio, a Phoenix
risiede una indubbia popolazione aliena, alieni che il tuo ragazzo ha avuto
modo di conoscere piuttosto bene, giusto? Così perché non chiedere aiuto a
Daniel per trovare un posto con un amabile vicinato alieno?”
“E cosa mi dici del lavoro che Max sta facendo al Centro UFO?” arguì Liz “Max
non vorrà di certo lasciarlo.”
“Questa è una scusa e tu lo sai. Liz qui si sente al sicuro e non vuole
andarsene, ma non potete vivere con la paura per tutta la vita. Quello che vi è
successo è stato orribile, inumano, ma voi non dovete lasciarvi condizionare. E
fino a che il Centro UFO cammina, Michael può prendere il posto di Max. In ogni
caso trascorre lì la maggior parte del suo tempo.” argomentò Maria “ Può
nominarlo Direttore.Dio sa quanto desidera andarsene dal Crashdown, senza
offesa per tuo padre. E Max ne sarebbe il proprietario assente. Quei due
potrebbero diventare i ben e Jerry del mondo UFO!” esclamò Maria riempiendo il
cucchiaio di gelato e puntandolo in direzione di Liz.
“Hey.” chiamò Max andando dalla porta del Crashdown verso Liz e prendendola tra
le braccia. “Cosa stanno cospirando le mie due ragazze preferite?” Guardava
dall’una all’altra, sentendo le rotelline che giravano. “Cosa? Cosa?”
***
“Non ho mai pensato di poter avere la possibilità di lasciare Roswell.” disse
Max fissando il soffitto della camera da letto. Liz era al suo fianco, con la
testa appoggiata sulla sua spalla e le dita che tracciavano circoletti sul suo
petto. Aveva le gambe poggiate sulla sua coscia muscolosa e la mano di Max
scivolava pigramente sulla pelle di lei, dal fianco al ginocchio e ancora verso
il fianco. “Non per più di qualche giorno, in ogni caso.”
“Davvero?” replicò Liz, guardando la sua faccia da un lato.
“Davvero.” Max stesse per un momento in silenzio, poi disse qualcosa che lei
aveva sempre saputo, ma che lui non aveva mai detto ad alta voce. “Ho sempre
avuto paura di non appartenere a nessun altro posto, fuori di qui. Di non
appartenere a nessun posto. Che non sarei nemmeno dovuto esistere. Che Dio
aveva fatto un grosso sbaglio quando mi aveva fatto.”
“Io ringrazio Dio ogni giorno, perché sei qui, con me.” disse Liz girandosi
sulla pancia e guardandolo ancora. Poi alzò la mano per spostargli un ciuffo di
capelli dalla fronte. “Tutti i giorni.”
Max si allungò per prenderle la mano e la strinse dolcemente, mentre la
guardava negli occhi. Poteva sentire il suo seno contro il suo petto mentre lei
si girava, le gambe nude contro le sue, le dita dei suoi piedi che scorrevano
sulla propria pelle. Le guance di Liz erano ancora arrossate per aver appena
fatto l’amore e i suoi capelli erano scompigliati, selvaggi, e il tenue lume
della candela dava alla sua pelle un affascinante splendore. Lei era
incantevole, ammaliante, e le parole gli uscirono dalla bocca prima ancora che
Max si fosse reso conto che stava dicendole.
“Elizabeth Parker, vuoi sposarmi?”
“Cosa?” sussurrò lei, completamente sorpresa. Lei aveva sempre pensato che un
giorno si sarebbero sposati, ma pensava anche che avrebbero dovuto aspettare.
Stava parlando di sposarsi ora? Avevano solo 19 anni. O intendeva dire prima o
poi? Doveva essere così. Un giorno o l’altro si sarebbero sposati.
Max si sedette e si chinò sopra di lei. “Voglio sposarti, Liz. Prima di
lasciare Roswell. Prima di cominciare una nuova vita fuori, nel mondo. Voglio
che tu sia mia moglie.” I suoi occhi cercarono quelli di lei, tentando di
decifrare la sua reazione. Le stava forse chiedendo troppo? Oltre al
trasferimento in un altro stato, con l’inizio di una scuola nuova, oltre alla
ricerca di un posto dove vivere, di nuovi lavori.
“Vuoi sposarmi? Prima di partire?” disse Liz, guardandolo ad occhi spalancati.
Un sorriso le passò sulla faccia e strinse le mani di Max tra le sue.
“Si!” rispose lui ricambiando il sorriso. ”In agosto, prima di partire. Così
tutti i nostri amici e i nostri parenti potranno venire e saranno qui. Cosa ne
pensi?”
“Cosa ne penso?” ripeté lei e lo vide inclinare la testa nell’attesa “SI!”
gridò e si lanciò sopra di lui, gettandolo indietro nel letto. Gli riempì la
faccia sorridente di baci mentre ripeteva “SI. SI. SI.” ancora ed ancora. Le
braccia di Max la circondarono e, con un rapido movimento, la fecero girare
sulla schiena, bloccandola sotto di lui.
“Non vuoi un po’ di tempo per pensarci?” le chiese, per vederla scuotere la
testa a dire no. “Non vuoi prima parlarne con tua madre?” e lei scosse ancora
la testa. “Non vuoi aspettare finché siamo un po’ più grandi?” e lei si limitò
a guardarlo. “No?” disse Max e lei gli sorrise.
“La domanda è stata fatta e le risposta è stata data.” disse Liz, ancora
ridendo “Ora non puoi più tirarti indietro.”
“Tu mi rendi l’uomo più felice sulla faccia della Terra, Liz Parker, prossima
signora Evans. Posso aspettare a malapena.” Lei lo attirò a sé e lui la baciò
con al stessa passione con cui fu ricambiato. I loro corpi risposero
ardentemente, per la seconda volta, uno alle richieste dell’altro e fecero
lentamente e appassionatamente l’amore, ogni singolo tocco, ogni tenera
carezza, ogni movimento del loro corpo in perfetto equilibrio con quelli
dell’altro.
***
Max stava nervosamente davanti allo specchio, litigando con la sua cravatta.
Imprecò sottovoce e si arrese, chiedendosi che diavolo gli stesse succedendo.
Oh si, pensò, forse aveva qualcosa a che fare col fatto che oggi era il giorno
del suo matrimonio. Aveva lo stomaco sottosopra, le mani che tremavano ed era
già tutto sudato. Fece un profondo respiro ed espirò forte, prima di
ricominciare a lottare con la mancanza di cooperazione della cravatta.
“Rilassati, Maxwell.” disse Michael e girò Max verso di lui. ”Ma guardati.
‘Mister calma e freddezza’ che sembra un fascio di nervi.” Michael domò
velocemente la cravatta e diede a Max un piccolo pugno sul mento. “Ti ci sei
cacciato da solo, in questa situazione, e allora devi biasimare solo te stesso.
Avevi una simpatica sistemazione, che funzionava meravigliosamente, ed hai
dovuto rovinarla chiedendole di sposarti.”
“Grazie.” disse Max infilandosi il dito tra il collo e la camicia, sentendo che
la cravatta stava per strangolarlo. “Non posso averlo senza laccio nemmeno per
l’ultima volta!”
“Cosa?” chiese Michael aggrottando le sopracciglia “L’ultima volta?”
“Non farci caso.” disse Max scuotendo la testa e borbottando “Solo un sogno che
io e Liz abbiamo fatto tanto tempo fa.”
“Cosa? Ma di cosa stai parlando?” ripeté Michael, cercando di capire di cosa
stesse blaterando. Posò le mani sulle spalle di Max e gli disse “Amico, ti stai
perdendo. Sarà meglio che ti sposi prima di andare del tutto fuori di testa.”
Spinse Max attraverso la porta e fecero il loro ingresso nella cappella.
“Lo sai, vero, che non ti perdonerò mai per tutto questo?” disse Michael,
mentre guardavano gli accompagnatori aiutare gli invitati a trovare il loro
posto.
“Ma di cosa parli?” chiese Max distratto. Poteva vedere i suoi genitori in
prima fila, a sinistra, con zii, zie e cugini dietro di loro. Un paio di file
indietro c’erano Daniel con sua moglie Sarah, insieme a Josh, Annie e Joey.
Vedeva Jim Valenti ed era venuto anche Kyle. Nancy Parker era contrapposta a
sua madre, sul lato destro, stavano parlando e fu sicuro di vederle sorridere
entrambe. Meglio così. Era sicuro che, più tardi, avrebbero cominciato a
piangere.
“Di cosa sto parlando?” chiese Michael incredulo. “Max, hai notato il modo in
Maria mi guarda, da qualche settimana? Grazie a te, si aspetta che io le faccia
la domanda di matrimonio. Sta cominciando a chiedermi che genere di porcellana
mi piaccia e a mostrarmi servizi di argenteria. Come se mi importasse un
accidente se le forchette sono di metallo o di plastica!”
Max gli sorrise comprensivo. Povero Michael! Ora sapeva cosa Maria stava
cercando di ottenere, in un modo o nell’altro. Per lui, era una battaglia senza
speranza. Michael non aveva altra speranza che pregare. “E quando glielo
chiederai?
“La prossima settimana.”
***
Max era in piedi davanti all’altare, con un elegante abito blu ed un bocciolo
di rosa bianca sul bavero. Mentre Alex scortava Isabel lungo la navata, seguiti
a pochi passi da Michael e Maria. Liz aveva scelto per le damigelle d’onore
abiti col corpetto di velluto nero e la gonna bianca, perché aveva detto che
sarebbero stati molto bene su di loro e, guardando le ragazze venire verso di
lui, Max pensò che aveva avuto ragione. Sia Isabel che Maria avevano i capelli
raccolti sulla testa ed un sorriso contagioso. Alex si mise alla destra di Max
e Michael restò in piedi tra di loro, prendendo il suo posto di testimone dello
sposo. Isabel e Maria si misero alla sua sinistra e tutti i presenti si
voltarono in aspettativa, verso il fondo della cappella.
La musica cambiò nel tradizionale suono della Marcia Nuziale ed il respiro di
Max si fermò quando la vide. Liz scivolava nella navata al braccio di suo
padre, ma Max vide solo lei. I suoi occhi splendenti, la sua pelle luminosa, le
sue labbra perfette, il suo viso bellissimo. Liz si era rifiutata di indossare
il velo, dicendo che voleva vederlo chiaramente dal momento del suo ingresso in
chiesa fino a quando sarebbero usciti come marito e moglie.
Il vestito le lasciava scoperte le spalle e i suoi capelli neri, legati sopra
la testa, le scendevano in riccioli sul collo elegante. Nei suoi riccioli erano
intrecciati teneri boccioli di roselline bianche, proprio come il giorno in cui
si erano promessi l’amore l’un l’altra, in un sogno di tanto tempo prima. Il
corpetto satinato del suo abito era aderente e la gonna, ornata di merletti, la
avvolgeva come una nuvola. Il bouquet che teneva davanti a sé era composto da
roselline bianche, nastrini e merletti. Sul suo viso, un sorriso di pura
felicità mentre si fermava davanti a lui e Jeff Parker le prendeva la mano di
Liz per posarla in quella di Max.
Il ministro cominciò la cerimonia con le tradizionali parole “Cari fratelli …”
ma Max sentiva solo il suono del suo cuore pulsare nelle vene e i polmoni che
gli ricordavano che doveva respirare. Dopo la preghiera, il celebrante toccò il
braccio di Max, indicandogli che era il suo momento. Fece un respiro profondo e
si schiarì la gola, senza lasciare mai lo sguardo di Liz. Le disse parole che
le aveva già detto una volta.
“Io, Max Evans, amo te, Elizabeth Parker, con tutto il mio cuore e con tutta la
mia anima. Tu sei il mio amore e la mia vita e io voglio che tu sia mia moglie.
Questa è la promessa che ti faccio. Io ti amerò per il resto della mia vita e
avrò caro ogni momento che passeremo insieme. sei la luce che mi scalda il
cuore. Sei l’acqua che disseta la mia anima. Tu significhi tutto per me, ed il
tuo amore ha fatto di me una persona completa. Vuoi essere mia moglie?”
“Lo voglio.” disse Liz, con le lacrime agli occhi. Gli strinse le mani nelle
sue, cercando di placare il tremore della sua voce mentre diceva “Io, Elizabeth
Parker, amo te, Max Evans, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Tu sei le
fondamenta su cui poggio, la luce che guida i miei passi, l’altra metà della
mia anima. Questa è la promessa che ti faccio. Io ti amerò per sempre, farò
tesoro di ogni momento che divideremo, ti porterò nel cuore fino alla mia
morte. Vuoi essere mio marito?”
“Lo voglio.” disse Max, quasi con un gemito. Si girò e Michael prese l’anello
dal taschino, posandoli sulla sua mano tesa. Max si girò verso Liz e
prendendole la mano le infilò l’anello al dito. “Con questo anello io ti sposo
e ti dono in pegno il mio amore per sempre.”
Liz si girò e prese l’anello dal pollice di Maria, dove l’aveva messo per
sicurezza. Si girò verso Max , e dopo aver battuto diverse volte gli occhi per
schiarirsi la vista, gli infilò l’anello al dito dicendo “Con questo anello io
ti sposo e ti dono in pegno il mio amore per sempre.”
“Poiché avete espresso la volontà di vivere nel Santo Matrimonio,” il
celebrante alzò il tono della voce per farsi udire da tutti “e avete scambiato
la promessa solenne di amarvi l’un l’altra, avete unito le mani e vi siete
scambiati gli anelli, io vi dichiaro Marito e Moglie. Quello che Dio ha unito,
nessun uomo divida. Congratulazioni, Max, puoi baciare la tua sposa.”
Max fece scivolare le braccia sulla vita di Liz, attirandola vicino a sé, e
sfiorando le sue labbra con le proprie, baciò per la prima volta sua moglie.
Liz si fuse con lui, unendo le loro labbra, le braccia sulle sue spalle larghe,
mentre ricambiava il bacio di suo marito.
Il ministro aprì le braccia, accogliendo la coppia avanti a lui e le famiglie e
gli amici in attesa. “Signore e signori, sono lieto di presentarvi Max e Liz
Evans.”
Persino tra gli scrosci di applausi e di risate, Max e Liz non udirono nulla,
mentre si baciavano e si baciavano e si baciavano …
Capitolo 45
“Guarda questa!” disse Liz eccitata
mentre mostrava a Max la foto. Avevano ritirato dal fotografo il servizio del
loro matrimonio ed erano seduti al tavolo della cucina guardando le istantanee
prese al ricevimento.
“E’ una sequenza. Questa foto ci mostra mentre tagliamo la torta e nella
seguente ne stai mettendo una fetta nel piatto. Quella dopo ancora, mentre mi
stai imboccando e questa mostra me che te ne do un boccone.”
“E’ così che lo chiami?” disse Max scuotendo la testa. “Me ne hai infilata una
fetta in una sola volta! Avevo la glassa perfino nel naso.”
Liz lanciò uno sguardo innocente a Michael e a Maria. “Max ama le torte, lo
sapete.”
“Si, ma mi piace mangiarle, non respirarle.” le ricordò Max.
“Oh! Ce n’è una dove mi stai togliendo la giarrettiera. Guarda che faccia buffa
che hai, Max!” Liz spinse la foto verso Max e lui lanciò a Michael uno sguardo
d’intesa.
“Si, appena prima di usarla come un elastico e di colpire Michael proprio sulla
faccia.” rise Max.
“Oops! Hanno fotografato anche quello.” Liz rise mostrando loro la foto.”Che
mira. L’hai preso proprio tra gli occhi.”
“Forse se Maria non mi avesse strillato nelle orecchie, avrei fatto più
attenzione.” disse Michael soffocando una risata.
“Strillato? Strillato? Mi vendicherò, Michael Guerin.”
“Maria,” la interruppe svelta Liz “C’è quella in cui hai preso al volo il
bouquet!”
“DOVE?” gridò Maria, ignorando Michael.
Michael tentò di nascondere il sorriso, mentre guardava Maria che maneggiava la
foto. Max gli lanciò un altro sguardo d’intesa poi prese la mano di Liz sotto
il tavolo e la strinse. Le aveva detto che Michael aveva intenzione di
dichiararsi a Maria quella settimana e lo avrebbe fatto quella sera. Liz gli
strinse la mano in risposta. Tutti e tre stavano immaginando quale sarebbe
stata la reazione di Maria a quelle tre piccole parole.
Quella sarebbe stata una serata dolceamara, l’ultima notte che Max e Liz
avrebbero passato seduti a quel tavolo, in quell’appartamento, in quella città.
Il giorno successivo, avrebbero finito di caricare il rimorchio, lo avrebbero
attaccato alla jeep e avrebbero lasciato Roswell, destinazione Phoenix.
Sarebbero tornati, naturalmente. Sarebbero tornati spesso, con Max nuovo
proprietario del Centro UFO e le loro famiglie e i loro amici che vivevano
tutti lì, ma non sarebbe più stata la stessa cosa. Sarebbero anche potuti
tornare a vivere a Roswell, dopo che Liz avesse ottenuto la sua laurea, ma Max
se ne sarebbe stupito. Solo il tempo poteva dirlo.
In un certo modo, una volta accettata l’idea di lasciare Roswell, Max l’aveva
abbracciata completamente. Per molto tempo era stato certo che non sarebbe mai
partito da Roswell. Perché partire voleva dire esporsi ad essere scoperto ed
alla possibilità di subire ancora una volta quello che aveva passato per mano
di Miller. Alla fine si era preoccupato del fatto di non adattarsi a vivere nel
mondo esterno, di voler nascondere chi e che cosa fosse realmente. Le sue paure
erano diventate soffocanti. Ora che erano sulla soglia di un mondo sconosciuto
e tutta una vita si apriva davanti a loro, si sentiva stranamente libero.
“Sai, se non finiamo di preparare i pacchi, non saremo pronti a partire domani
mattina.” disse a Max la sempre pratica Liz.
“Michael, i mobili ci stanno chiamando.” e Max si alzò in piedi. “ Dobbiamo
caricare tutto sul rimorchio questa sera. Chiaramente, tutto tranne il letto.
Non abbiamo ancora finito con il letto.”
“Scommetto di no.” rimarcò Michael seguendolo nel soggiorno.
“Intendevo dire che ci dobbiamo dormire stanotte.” rise Max.
“Giusto, Max. Ma chi vuoi prendere in giro?”
Liz si alzò dal tavolo con un sorriso sulla faccia, mentre vedeva i ragazzi
lasciare la stanza. Le sarebbero mancate le risposte sarcastiche di Michael, e
le simpatiche battute di Maria, e le costanti punzecchiature tra Michael e
Maria. Le sarebbero mancati i suoi amici.
Prese una scatola vuota ed aprì la credenza accanto al frigorifero, l’ultima
rimasta da svuotare. Maria le porse lo zucchero e a farina e il mix da forno,
entrambe che pensavano in silenzio a cosa avrebbe portato loro il futuro.
Almeno questa volta Maria sapeva dove Liz sarebbe andata e avrebbero potuto
sentirsi al telefono ogni settimana e non sarebbe rimasta sola a Roswell a
chiedersi se lei fosse viva o morta. Quei mesi che Liz era stata via, erano
stati duri anche per Maria, che non sapeva se avrebbe mai più rivisto la sua
amica. Le loro dita si toccarono quando Maria le passò una scatola di cereali e
si ritrovarono una nelle braccia dell’altra, con le lacrime agli occhi,
lamentandosi “Mi mancherai.” Si abbracciarono strette, tirando su col naso ed
asciugandosi le lacrime.
“Devi chiamarmi tutte le domeniche sera.” Ordinò Maria allentando la stretta.
“E intendo tutte le domeniche sera.”
“Lo prometto.” disse Liz asciugandosi le lacrime dalle guance.
“E devi tornare per tutte le vacanze.” tirò su col naso Maria.
“Naturalmente.” annuì vigorosamente Liz. “Fine settimana lunghi e compleanni e
Giorno del Ringraziamento e Natale e faremo una grande festa per Capodanno.”
“D’accordo, allora.” disse Maria e la abbracciò ancora. Maria tornò alla
credenza e finì di svuotarla, porgendo a Liz il contenuto da mettere nella
scatola che si stava riempiendo velocemente. Poi aprì lo sportello da destra
dello scomparto ormai vuoto e si bloccò alla vista davanti a lei. “Liz? Come
mai avete tutta questa glassa?” chiese curiosa e si girò a guardare l’amica con
gli occhi stretti.
“Um,” rispose Liz, voltando la faccia da Maria. “Ti ho detto che a Max
piacciono i dolci. Lo sai che è goloso.”
“Liz,” continuò Maria incrociando le braccia sul petto e fissando la sua
migliore amica. “Se a Max piacciono così tanto i dolci, perché hai 20 scatole
di glassa, di tutti i sapori immaginabili, nessuno escluso, e una sola scatola
di mix per dolci?”
“La glassa è buona anche sui crackers e sui biscotti e … su tante altre cose.”
balbettò Liz.
“Liz, qui non ci sono né crackers né biscotti. Ho la strana sensazione che a
Max piaccia la glassa su Liz.” Maria vide il rossore infiltrarsi nelle guance
dell’amica e le sue mani sventolarono nell’aria. “Oh, mio Dio! Vado ad aiutare
Michael nell’altra stanza. Non voglio sapere cosa fate voi due col cibo, da
queste parti.”
Liz si coprì le guance che bruciavano, mentre Maria usciva dalla cucina. In
realtà, la glassa era buona su tante cose. Prese le scatole ed un sorriso le
illuminò il viso. La vaniglia era sempre buona, ed anche la fragola e Max amava
tanto, ma tanto il cioccolato fondente …
***
Max uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla vita ed un sorriso sulle
labbra. Il telefono aveva appena squillato e lui capì chi fosse a chiamare
dalla faccia di Liz. Lei ascoltava attentamente, al bordo del letto, annuendo
senza dire una parola. Max piombò sul letto e si sedette accanto a Liz,
inchinandosi su di lei e bisbigliandole nell’orecchio.
“E’ Maria?” chiese e lei fece di si con la testa.
“Sta piangendo?” disse ancora e lei lo guardò come se avesse fatto una domanda
stupida.
“Sta parlando a 78 giri?” Max rise e lei annuì vigorosamente.
“Maria, sono così felice per te.” disse Liz sentendo le dita di Max sui bottoni
della sua camicia, aprendoli lentamente uno dopo l’altro.
“Cosa ti ha detto?” chiese Liz cercando di concentrarsi mentre sentiva Max
sfilarle la camicia dalle spalle, passare le labbra sulla sua pelle, succhiarle
i punti sensibili sotto le orecchie.
“L’ha fatto? In ginocchio?” La camicia fu tolta e Max aprì i ganci del
reggiseno, sfilandole le bretelline dalle spalle, giù per le braccia, via dal
suo seno perfetto.
“Uh huh,” tentò di dire Liz, con le mani di Max chiuse a coppa sul suo seno,
stimolandole i capezzoli e rendendole difficile respirare.
“Si, ti sto ascoltando. Dimmi tutto.” Max le infilò il viso nell’incavo del
collo, mentre ascoltava la sua parte di conversazione, sentendo la sua schiena
contro il proprio torace, il seno contro i palmi delle mani e i suoi sospiri
che lo facevano ridere.
“Il fiatone? No, sto solo qui seduta ad ascoltarti.” disse Liz chiudendo gli
occhi, quando la mano di lui scese a sbottonarle i pantaloni. Max tirò giù la
zip ed infilò la mano dentro le sue mutandine, ridendo alla sua improvvisa
inspirazione, il suo stesso respiro accelerava mentre le sue dita incontravano
l’umido centro di Liz.
“Oh!” esclamò lei e si alzò in piedi. “Voglio dire, sono così eccitata per
te.”Liz tentò di coprire la sua uscita e chiuse gli occhi mentre Max le calava
i pantaloni dai fianchi sulle gambe. La spinse sul letto facendola stendere
sulla schiena, una dea nuda con un telefono all’orecchio. Le labbra di lui le
baciarono l’addome e poi il torace, fermandosi a succhiare il suo seno, prima
di risalire verso la gola. la mano di Max le prese il telefono e lui si rotolò
sulla schiena.
“Ciao, Maria. Così Michael alla fine, ti ha fatto la domanda?” chiese Max,
facendo una smorfia a Liz che fingeva il broncio. La vide sedersi con una
espressione diabolica sul viso e cominciò a chiedersi se si fosse cacciato in
un guaio. Correzione, sapeva di essersi cacciato in un guaio. Ascoltò Maria
raccontargli tutti i dettagli della proposta di Michael mentre una Liz nuda
strisciava verso di lui con un sinistro balenio negli occhi. Le gambe di lei
erano divaricate sulle sue cosce e la sua bocca scendeva lentamente sul suo
torace, le labbra aperte sul suo capezzolo destro, la sua lingua che gli girava
attorno, lasciando una traccia umida mentre si spostava sull’altro.
“E tu cosa hai risposto?” chiese Max , senza ascoltare mentre la lingua di Liz
scendeva verso il suo stomaco, girava attorno al suo ombelico e si spingeva
ancora più in basso. Con una mano gli tolse la salvietta che portava intorno
alla vita, tirandola ai piedi del letto.
“Oh,” disse Max con un lungo gemito, mentre la lingua si muoveva verso la parte
del corpo che stava sull’attenti. “Cosa sto facendo? Sto ascoltando te.” disse,
mordendosi le labbra. Non poteva riagganciare il telefono. Stavano per lasciare
Roswell e lui non avrebbe rivisto Maria per settimane e Michael le aveva appena
fatto la proposta di matrimonio e questa era la notte più importante della sua
vita e lui disse avventatamente “Sono così cooooo …” mentre Liz apriva la bocca
e lo risucchiava dentro “ …contento per te. Parleremo più tardi. Ciao.” Spinse
il bottone di disconnessione ma lo mancò, appoggiò il telefono sul comodino,
non accorgendosi della voce di Maria che gli chiedeva cosa stesse accadendo.
“Pronto? Max? Max? Max ci sei? Cosa sta succedendo lì? Dove sei? Max? Max, hai
aperto una scatola di glassa? Ragazzi volete smetterla? Pronto? Max? Liz? Liz?
Max? Posso sentirvi. State facendo quello che io penso che stiate facendo? ‘Oh,
Dio, Liz!’ E’ quello che hai appena detto Max? Non posso crederci. La notte più
importante della mia vita e loro non riescono a tenere le mani lontane l’uno
dall’altra. E a giudicare dai suoni, non solo le mani. Hey! Non vi esaurite
tutte le energie in una notte, ragazzi. Domani dovete fare un lungo viaggio! Mi
meraviglio di quante volte dovrete fermarvi solo per avere un po’ più … “ e poi
la linea cadde e Maria finalmente riattaccò.
***
Liz era sulla soglia e li guardava smontare il letto, suo padre da una parte
del materasso, Max dall’altra. Si fece da parte, quando li vide dirigersi verso
di lei e notò i muscoli di Max che si tendevano e si incurvavano, sotto alla
camicia a maniche corte. Avrebbe potuto osservare il suo corpo muoversi tutto
il santo giorno. In un minuto erano di ritorno per prendere la rete, Il letto
era l’ultima cosa che avevano caricato sul rimorchio e sarebbe stata la prima a
venire fuori quando fossero arrivati a destinazione quella sera.
Annie aveva trovato loro una simpatica casetta con due stanze da letto, non
terribilmente lontano dal college e con un affitto ragionevole. Ma la cosa
migliore è che era vicina alla casa di Annie e Josh e Liz avrebbe potuto vedere
ancora Joey e Amber. Con gli occhi azzurri di Joshua e il viso a cuore di Annie,
Joey tra qualche anno, avrebbe fatto soffrire parecchi cuori. E Amber … ogni
volta che Liz vedeva le sue rotondette guance da bambina e i sottili capelli
biondi le veniva da piangere, ma in un senso buono. Era così felice per Joshua
e Annie, sembravano una famiglia perfetta, se non avesse saputo il segreto che
dovevano nascondere al mondo.
Max camminò dietro di lei di ritorno dalla stanza da letto, per prendere le
rete ed il suo passo rallentò notando lo sguardo assente dei suoi occhi. Le
toccò lievemente un braccio e lei rimise a fuoco l’attenzione, guardandolo con
un tenue sorriso. “A cosa stai pensando?” le chiese dolcemente.
“A quanto ti amo.” gli disse guardando i suoi lineamenti tesi e gli occhi di
Max brillarono.
“Questo è proprio quello che mi piace sentire.” le disse, baciandola dolcemente
sulla fronte ed andò in camera da letto per recuperare la rete. Lei lo vide
sollevare la rete in aria e, quando fu fuori dalla casa, lei tornò in camera da
letto. C’era altra roba da imballare, quella che aveva lasciato per ultima.
Attraversò la stanza per prendere la carta da pacchi appoggiata in terra e la
prese in mano, quando vide i disegni sulle pareti. Le foto del loro matrimonio
erano già state impacchettate, così pure quelle dei loro genitori e dei loro
amici. Restavano solo i disegni di Ellie.
Tolse il primo, tenendo saldamente la cornice tra le mani, guardando gli occhi
della sua bambina appena nata. Si sentì appannare gli occhi e si rimproverò,
ricordando a se stessa di non rendere le cose più difficili di quanto non
fossero già. Baciò il vetro sopra la guancia di Ellie e la ripose con cura,
perché non si danneggiasse durante il viaggio.
Tolse il coperchio della scatola ai suoi piedi e posò piano il quadro accanto
al Pegaso che Max le aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno, l’anno
prima. Per tutto quel tempo, la statua era stata sul guardaroba, silente
sentinella a guardia delle immagini sulla parete. Liz si rialzò e prese l’altra
cornice quando avvertì la presenza di Max dietro di lei, che la prese per lei e
gliela porse.
Il disegno mostrava Ellie che gattonava, con un sorriso sulle piccole, dolci
labbra e uno scintillio nei suoi occhi scuri. Max si era svegliato, una notte,
con quella visione chiara nella mente e l’aveva disegnata in fretta, timoroso
di perdere l’immagine se non l’avesse fermata subito sulla carta. Pochi mesi
dopo il disegno di Ellie che trotterellava i suoi primi passi, si era unito
agli altri.
“Sembra …” cominciò a dire Max, trattenendo ancora il disegno nelle sue mani,
mentre entrambi guardavano il visino di Ellie “Sembra quasi che ce la stiamo
lasciando alle spalle.” disse in tono pacato. Una parte di lui aveva paura che
andare via, allontanandosi dal posto dove l’avevano vista l’ultima volta,
voleva dire che lei non avrebbe più trovato la strada per tornare indietro da
loro. Se fossero rimasti lì, un giorno lui avrebbe potuto girare un angolo e
trovarla davanti a lui, che lo aspettava, sapendo che era lì che lei avrebbe
potuto trovarlo.
“Dovunque saremo, Max, lì ci sarà anche lei. Sarà sempre nei nostri cuori,
sempre nei nostri pensieri. Tu la stai tenendo viva per noi, Max. Tu la stai
tenendo viva per me.” Liz sentì il suo braccio avvolgerla, tenendo lei e la
cornice tra di loro, l’unico modo in cui potevano stare insieme ad Ellie.
Sussurrarono una silenziosa preghiera a Dio, perché un giorno potesse riunirli
e si separarono per finire di fare quello che andava fatto.
***
Liz diede un ultimo forte abbraccio a Diane, ricacciando indietro le lacrime
che derivano sempre dagli addii. Max stava stringendo la mano del padre, che lo
stava mettendo in guardia sul pericolo di fare viaggi troppo lunghi senza
fermarsi per sgranchire le gambe o per mangiare qualcosa. Max annuì agli
ammonimenti del padre, sorridendo mentre il padre lo stringeva in un grande
abbraccio. Passarono ai genitori di lei, e Liz non seppe più trattenere le
lacrime quando sua madre strinse le braccia attorno a lei e le sussurrò
nell’orecchi “Ti voglio bene”. Jeff strinse la mano a Max e gli ricordò che si
aspettava la massima attenzione da parte sua nel prendersi cura della piccola.
“Papà, non sono più una bambina.” lo rimproverò Liz mentre gli buttava le
braccia al collo per salutarlo.
“Lizzy, tu sarai sempre la mia bambina!” replicò Jeff, ricambiando l’abbraccio
e baciandola sulla fronte.
“Mi mancherai, papà.” pianse lei, mentre tornava ancora ad abbracciarlo. Jeff
la strinse forte, poi fece segno a Max di portarla via. Max le mise una mano
sulla spalla e gentilmente l’allontanò dai suoi genitori, spingendola verso la
macchina e aiutandola a salire dalla parte del passeggero. Chiuse la portiera,
fece il giro dell’ auto e, con un profondo sospiro, si sedette dietro al
volante.
Fece partire il motore e le loro mani si cercarono, unendosi l’un l’altra,
provando il conforto che veniva loro dal toccarsi. Era stata una settimana
piena di emozioni, con il matrimonio ed il trasloco ed ora una mattina di
difficili addii. “Sei pronta?” chiese Max, guardandola negli occhi pieni di
lacrime.
“No … Si… No… “ Liz gli sorrise, sapendo che lui avrebbe capito. Lui le strinse
la mano ed insieme guardarono la folla radunata sul marciapiedi. I genitori di
Liz, i genitori di Max, Isabel e Alex, Michael e Maria, tutti presenti per
augurare loro buon viaggio, ciascuno di loro triste nel vederli partire.
Max mise in moto il mezzo e gridarono gli ultimi addii sventolando le mani,
mentre, imboccata la curva si dirigevano per la loro strada. Stavano iniziando
un nuovo capitolo della loro vita, con tante speranze per un nuovo futuro da
affrontare coraggiosamente …e guidato da un incontro col passato.
Capitolo 46
Le settimane volarono mentre Max e Liz si
gettavano a capofitto nello studio, lei nel campo della Biologia Molecolare,
come aveva sempre sognato, ed lui tornando a scuola per specializzarsi nel
campo della Psicologia Infantile. Essere il proprietario assente di un
esercizio commerciale in un altro stato non era facile, ma Michael aveva
abbracciato il suo nuovo ruolo di Direttore, prendendo sempre più confidenza
con le attività quotidiane e dando a Max la libertà di concentrarsi sullo
studio.
Il Centro UFO stava velocemente diventando un’impresa a conduzione di famiglia,
con Max come proprietario, Michael come Direttore ed Alex come Addetto ai
Sistemi Informatici. Il loro sistema di computer si stava espandendo e
diversificando e l’esperienza che Alex aveva del Web Design stava facendo del
loro sito roswelliano uno dei siti più popolari del mondo nel loro campo.
Entusiasti degli UFO si radunavano nel sito per ottenere gli aggiornamenti
sugli avvistamenti UFO e per avere le informazioni sul più famoso incidente UFO
della storia. Spendevano inoltre cifre oltraggiose per acquistare scadenti
gingilli alieni, libri e calendari, t-shirt e cappellini. Gli affari non erano
mai andati meglio.
Ormai Max e Michael potevano ridere della copertura
‘nascondersi-stando-in-piena-vista’ con cui erano cresciuti. Se solo la gente
avesse saputo la verità sulla tecnologia aliena che studiavano dietro le
quinte, mentre gli alieni erano realmente tra loro.
Le loro giornate assunsero una routine familiare, scuola studio e lavoro per
pagare i conti. Liz aveva trovato lavoro presso l’Ufficio di Stato Civile che
le consentiva di seguire il suo programma scolastico; Max trascorreva il
pomeriggio con Joshua e Daniel imparando quanto più possibile sul suo passato e
sulla tecnologia che lo aveva portato sulla terra. Le loro giornate erano
piene.
E, di notte, Max si introduceva qualche volta in un mondo differente …
Le teneva la minuscola manina, mentre camminavano nel familiare campo d’ erba,
diretti verso il rifugio creato dall’ombra degli alberi. Max camminava piano,
fermandosi quando lei si fermava per indicare un fiore selvatico o per
sorreggerla quando i suoi piedini inciampavano sul terreno irregolare. Lei
sollevò le braccia verso di lui e lui sorrise, sollevandola e stringendola al
petto.
I suo lunghi capelli ondulati, così simili a quelli della madre, le arrivavano
a metà della schiena. I suoi grandi occhi scuri brillavano di intelligenza, le
sue piccole dita formavano una V, mentre diceva con una voce dolcissima “Io ho
tanti anni così domani, papà.”
“Si, Ellie, è vero. Domani compirai due anni. Buon compleanno, piccola.” Max
sorrise con soddisfazione quando lei gli strinse le piccole braccia intorno al
collo e gli diede un bacio sulla guancia.
“Ti voio bene, papà.” gli disse, mentre i suoi grandi occhi luminosi lo
guardavano.
“Anche io ti voglio bene, Ellie.” disse Max, strofinando il naso contro il suo.
“Andiamo a vedere dov’è la mamma. Scommetto che ha un regalo per te.”
Ellie si girò per guardare sua madre che, seduta su una coperta stesa
sull’erba, aspettava la fine della loro passeggiata. Batté le manine eccitata e
si dimenò per scendere dalle braccia di Max. Lui si inginocchiò e la mise in
terra, tenendola per una spalla e dicendole con voce seria. “Ricordati quello
che ti ho detto, Ellie. Non lasciare che nessuno si accorga che sei differente.
Tu sai quelle cose speciali che sei in grado di fare, quelle di cui ti ho
parlato e che ti ho mostrato? Non lasciare che nessuno ti veda mentre le fai.
Se qualcuno ti chiede di fare una di queste cose speciali, devi dire che non
sei capace di farle. Puoi ricordarlo, piccola?”
“Io ricoddo.” disse Ellie altrettanto seria ed annuì. “Io sono una bimba baava.”
“Così è la mia bambina.” disse Max stringendola forte, per vederla poi correre
tra l’erba e volare tra le braccia tese di Liz …
Lentamente Max uscì dal sogno, mentre una parte di lui sarebbe voluta restare
per sempre nel mondo dei sogni. Allungò una mano per toccare Liz ma non la
trovò, il posto accanto a lui vuoto ma ancora caldo. Si doveva essere alzata da
poco. Alzò la testa e girò lo sguardo nella stanza, fermandosi quando vide la
sua piccola figura vicino alla finestra.
I capelli le ricadevano sulle spalle e solo un lato del viso era visibile,
illuminato da un raggio di luna. Anche così Max scorse sulla sua guancia le
lacrime che stava versando in silenzio. Aveva le braccia incrociate sul petto,
come se stesse abbracciando se stessa, e la sentì lasciare andare un grande
sospiro. Max spostò la coperta da una parte e, senza fare rumore, si diresse
verso di lei.
Quando le fu dietro, fece scivolare una mano sulla pelle soffice del suo
stomaco ed appoggiò la guancia contro un lato della sua testa, sussurrandole in
un orecchio “Ti senti bene?” pur sapendo che così non era.
Liz appoggiò la schiena contro di lui e chiuse gli occhi, sentendo la forza del
petto e delle braccia di lui, il calore del suo contatto, il suono confortante
della sua voce. Intrecciò le dita con quelle di lui, trattenendo la sua mano
sulla pancia, girando verso di lui la testa e guardando i suoi occhi
preoccupati. “E’ solo … oggi.” disse Liz dopo una pausa.
“Lo so.” rispose Max sottovoce. Due anni prima, quella notte, era nata Ellie.
Lui, almeno, poteva averla nei suoi sogni, pensò Max. Una parte di lui sapeva
che erano molto di più che sogni, ma non poteva esserne sicuro. Non erano così
reali come le passeggiate nei sogni che aveva diviso con Liz, ma non erano
nemmeno semplici sogni o, almeno, lui non credeva che lo fossero.
Erano cominciati diversi mesi prima, nebulosi e vaghi all’inizio e poi più
nitidi e definiti nei mesi successivi. Lui si era chiesto se dipendesse dal
fatto che Ellie era molto piccola, e la loro connessione non pienamente
sviluppata. Lo stupiva comunque il fatto che lei riuscisse a mettersi in
comunicazione con lui, perché di questo si trattava; che lei, così piccola,
avesse il potere di cominciare le passeggiate nei sogni. Il loro contatto era
sempre effimero e di breve durata, mai così lungo da resistere ad un tentativo
da parte di Isabel per raggiungerla, come aveva fatto con Liz.
Mano a mano che il tempo passava e la sua abilità di esprimersi migliorava,
Ellie era passata da semplici parole alla capacità di formare intere frasi. Era
intelligente per la sua età, si esprimeva molto bene per avere solo due anni, e
Max sapeva che prima o poi la sua descrizione del posto dove si trovava non
sarebbe stata così limitata e lei sarebbe stata in grado di aiutarli a
ritrovarla. Ma, per ora, si accontentava dei pochi minuti che erano in grado di
dividere qualche volta, durante la notte.
Purtroppo Liz non poteva dividere quei sogni. La sua capacità di entrare nei
sogni era cessata con la nascita di Ellie e quando Max aveva tentato di
dividerla con lei, non era stata la stessa cosa. Per Ellie, Max aveva dovuto
ricreare l’immagine di Liz nel sogno, così che Ellie potesse conoscerla e
parlare con lei e toccarla ed essere tra le braccia di sua madre, anche se non
era reale.
“Perché non torni a letto, Liz?” mormorò Max “Hai lezione presto domani. Devi
dormire.”
“Non voglio dormire, Max.” Liz si girò verso di lui, guardandolo negli occhi,
il viso illuminato dalla luce della luna che penetrava dalla finestra. Aprì le
dita della sua mano destra e gliela appoggiò sul petto, sopra il cuore, mentre
con la mano sinistra gli accarezzava la guancia. “Ci ho pensato molto, e so
benissimo che siamo ancora giovani e che ci sono mille ragioni per cui dovremmo
aspettare, ma … ma io non voglio.”
“Non capisco.” disse Max scuotendo la testa. Odiava vederla infelice. I suoi
occhi scuri avevano il potere di far volare in alto il suo cuore per la gioia o
di farlo precipitare nelle profondità della disperazione. Avrebbe fatto
qualsiasi cosa in suo potere per farla felice.
“Voglio avere un altro bambino, Max.” Lei lo guardò ancora negli occhi, notando
come la sua espressione si fosse congelata. Max non si aspettava che fosse
questa la sua richiesta. Liz lo sapeva che lui avrebbe detto che non era una
buona idea. Lei aveva a malapena cominciato le lezioni e anche dopo che si
fosse laureata, doveva impegnarsi per il dottorato. Ma nessuna di queste cose
era paragonabile a quello che desiderava più di tutto. Avere un bambino
dall’uomo che aveva reso la sua vita degna di essere vissuta.
“Liz …” Cosa doveva dire? Che era solo la tristezza perché era quel giorno e
lei desiderava qualcosa che avrebbe potuto mandare via il dolore? No, Liz era
troppo intelligente per pensare che qualcosa o qualcuno potesse prendere il
posto di Ellie. Max guardò i suoi occhi e comprese la verità che era celata
nella loro profondità. Lei voleva un bambino, esattamente come lo voleva lui.
Un sorriso comparve sulla sua faccia mentre diceva “Lo voglio anche io.”
“Lo vuoi?” chiese lei, sorpresa.
“Si.” rispose Max, con un’espressione radiosa “Io non ero … Io non ero sicuro
che tu avresti … voluto rivivere quell’esperienza. A causa di … quello che è
successo a … “ balbettò Max, inciampando nelle parole.
“A causa di Ellie.”
“Si.” annuì lui.
“Io non voglio rimpiazzarla …” disse Liz con veemenza.
“Lo so.”
“E non è solo per riempire un vuoto nel mio cuore …” continuò.
“So anche questo.”
“E tu … E tu vuoi che noi …”
“Si.” le sorrise Max.” Anche io voglio avere un altro bambino.” Si chinò e la
baciò, un bacio dolce e delicato, pieno dell’amore profondo che provava per
lei. “Ma,” disse alla fine staccandosi da lei “Dobbiamo essere realistici a
questo proposito. Non possiamo lasciare che questo interferisca con i tuoi
studi.”
“Max … “ disse lei con disappunto. Lui stava per dirle che dovevano agire da
adulti responsabili e che avrebbero dovuto aspettare altri due, tre o forse
altri quattro anni, fino a che lei avesse completato i suoi studi.
“Non dirmi ‘Max’.” borbottò “Tu sai quanto sia importante per te.”
“Non così importante quando tu stai con me.” disse Liz e, mentre la guardava,
Max si rese conto che lo aveva detto con ogni fibra del suo cuore e della sua
anima.
“Cosa ho fatto per meritarmi che tu ti innamorassi di me.” chiese Max,
prendendole le mani.
“Oh, forse è qualcosa che a che fare con quei tuoi occhi, di cui non mi sazio
mai.” disse Liz prendendolo in giro “O forse per la tua voce che mi fa
sciogliere dentro. O forse perché tu hai il corpo più sexy che abbia mai
visto.”
“Veramente? Ti piace il mio corpo?” fu la volta di Max di scherzare.
“Si. Effettivamente, si.” Si baciarono ancora, questa volta con più passione,
entrambi acutamente consapevoli del fatto che stavano al chiaro di luna, nudi e
che si desideravano l’uno con l’altra.
“Liz, se stiamo attenti, e usiamo la testa invece che gli ormoni, possiamo
programmarlo in modo che il bimbo nasca la prossima estate, e tu non dovresti
assentarti dalle lezioni. Io potrei saltare il semestre autunnale, anche
l’intero anno se è necessario, e prendermi cura del bambino mentre tu finisci
l’università e prendi la tua laurea.”
“Faresti questo, Max?” chiese Liz “Cioè, non ti dispiace lasciare i tuoi
studi?”
Invece di risponderle, Max si chinò e la baciò ancora. Un dolce, profondo,
sentito bacio che le fece capire quanto l’amava, quanto la voleva, cosa
significava per lui. Max la sollevò portandola sul letto, sapendo che il
bambino non sarebbe stato concepito quella notte, ma sapendo anche che fare un
po’ di pratica non avrebbe potuto nuocere.
***
Max sentì il campanello della porta e posò il bicchiere sul tavolo della
cucina, dirigendosi verso l’ingresso principale della casa dei suoi genitori.
Lui e Liz erano arrivati a Roswell la sera prima, per trascorrere le due
settimane di festa per Natale e Capodanno con le loro famiglie e i loro amici.
Aprì la porta, sorpreso di vedere Jim Valenti sulla soglia.
“Salve, Sceriffo. Cosa ti porta qui a quest’ora della mattina?” chiese Max
sentendosi leggermente apprensivo. Erano a malapena le 8 di mattina, troppo
presto per una visita di cortesia.
“Ciao, Max. Maria mi ha detto che tu e Liz siete tornati ieri sera.” disse Jim,
togliendosi il cappello e tenendolo in mano. “Senti, Max, è successo qualcosa.
Puoi venire alla stazione.”
Il sorriso si gelò sul viso di Max. Qualcosa non andava.
Jim Valenti non gli avrebbe chiesto di andare alla stazione di polizia, a
quell’ora di domenica mattina, tre giorni prima di Natale, se non fosse stato
qualcosa di grave. “Cosa c’è Jim? E’ successo qualcosa a Michael?” Era stata
Maria a dirgli di venire? Michael era stato ferito?
“No, no. Ho visto Maria e Michael che stavano facendo colazione al Crashdown.
Sono stati loro a dirmi che eravate qui.” Jim fece una pausa ed un orribile
pensiero colpì Max. Jim aveva avuto notizie di Ellie? Qualche brutta notizia?
Qualcosa di cui non voleva parlare lì, dove Liz poteva sentire?
“Cosa è successo, Jim?” disse Max con voce tesa. “E’… E’ qualcosa che … che
riguarda … Ellie?”
“Oh, Dio, no, Max. Gesù, non intendevo spaventarti così, Max.” disse Jim con
rammarico. “C’è un caso sul quale sto lavorando, il rapimento di un bambino
fuori Dexter. Pensavo che forse avresti potuto usare i tuoi, um, poteri per
darci una mano.”
“Oh.” Max fece un sospiro di sollievo. La sua più grande paura era di ricevere
una telefonata o sentire qualcuno bussare alla porta con la notizia che era
stato ritrovato un corpo. Una bambina. Ellie. “Certo! Ma come posso esservi
utile, Jim?”
“Abbiamo un bambino di dieci anni, rapito mentre tornava a casa da scuola
giovedì scorso e l’unica testimone è la sua sorellina di sei anni. E’ molto
scossa da quello che è successo e non è in grado di darci una descrizione
dell’aggressore né della macchina o di altro. Credo che la traccia si stia
raffreddando. Pensavo che magari, tu avresti potuto usare la tua capacità di
connetterti, di entrare nella sua mente e forse di vedere il colpevole.
Potresti fare il suo disegno e potremmo diramarlo nello stato o in TV.”
“Vuoi che io …” disse Max, sorpreso dalla richiesta.
“Odio chiedertelo Max, ma ti prometto che terrò fuori la tua identità. Per
tutti quelli che lo chiederanno, sarai un disegnatore della polizia che tirerà
fuori un identikit da quello che racconterà la bambina. Max, quel bambino ha il
diabete, e se non prende l’insulina subito …”
“Lasciami prendere la giacca ed avvertire Liz di dove sto andando.” disse Max e
Jim tirò un sospiro di sollievo.
***
Max era seduto nella stanza degli interrogatori, la stessa stanza che Valenti
aveva usato per sottoporlo alla macchina della verità, due anni e mezzo prima.
C’era ancora il tavolo verde scuro e le sedie, e le pareti erano ancora dello
stesso squallido beige. Sentì un brivido al ricordo di quei giorni, Poteva
ancora sentire Valenti sondarlo con le sue domande, chiedergli cosa avesse
fatto a Liz. Chiedergli se l’avesse uccisa. Cercò di allontanare quelle
memorie, ricordando a se stesso che ora le cose erano differenti.
La porta si aprì e Max si alzò in piedi quando una bambina intimidita entrò
nella stanza, tenuta per mano da una donna. Dal suo aspetto, Max presuppose che
fosse sua madre e che il bambino rapito fosse suo figlio. La bambina si teneva
stretta alla gamba della madre e i suoi occhi erano gonfi e arrossati, come se
avesse pianto solo pochi istanti prima.
“Max, questa è Cindy Robbins. “ disse Valenti presentando la donna. “E questa è
Samantha.”
Max fece un cenno di saluto alla donna e poi si inginocchiò di fronte alla
bambina. Aveva la faccia pallida e gli occhi cerchiati di rosso. I capelli
biondi le coronavano il viso di ricci . Il suo labbro inferiore tremava e Max
si accorse di quanto fosse spaventata.
“Ciao!” cercò di rassicurarla “Io mi chiamo Max. Mi farebbe piacere se tu mi
aiutassi a fare un disegno. Ti piace disegnare? La bambina guardò la madre e
poi Max, annuendo impercettibilmente. Lui le stese la mano e lei la guardò con
circospezione prima di farvi scivolare dentro la sua manina. Samantha guardò
indietro verso sua madre mentre Max la guidava verso il tavolo e la faceva
sedere accanto a sé sulla dura sedia verde. Valenti condusse Cindy Robbins
fuori dalla porta e rimasero a guardarli silenziosamente dalla vetrata.
“Preferisci essere chiamata Sam o Sammy o Samantha?” chiese Max in tono
gentile, cercando di calmarla.
“La mamma mi chiama Samantha, ma mio fratello mi chiama Sam.” lei parlava
sottovoce ”Mi piace di più Sam, anche se Billy mi ha detto che mi chiama così
perché avrebbe voluto un fratello invece che una sorella.”
“Ha detto così, huh?” Max sorrise ed aprì l’album da schizzi che aveva portato
con sé. “Ti piacciono i cavalli, Sam? Ho qualche disegno di cavalli con le ali,
che volano in cielo. Vuoi vederli?” La bimba annuì e Max girò la pagina per
mostrarle Pegaso rampante nell’aria, con le ali distese. “A mia moglie
piacciono i cavalli con le ali.”
“Parcegus.” disse Sam guardando il disegno.
“Si, Pegaso.” Max sorrise e lasciò che le dita le accarezzassero lievemente la
guancia. Appoggiò il suo pollice alla tempia della bambina per un momento e
sondò piano la sua mente, misurando le sue reazioni, accertandosi di quanto
fosse aperta. Immagini lampeggiarono veloci verso di lui, la faccia di un
ragazzino, una Barbie, uno strato gatto grigio, luci rosse lampeggianti, il
viso piangente di sua madre. Max riprese in mano l’album e girò la pagina per
mostrare a Sam il viso di una bambina.
“Chi è” chiese Sam, incuriosita dal disegno che Max le stava mostrando.
“Questa è mia figlia.” disse piano Max e toccò ancora il viso di Sam, lasciando
più a lungo il pollice sulla sua tempia. Altre immagini arrivarono dalla sua
mente: un dente di leone, una farfalla, un bambino che si sistemava il cappello
da baseball. “Ti ricordi quello che è successo a tuo fratello?” chiese Max ed
improvvisamente le immagini gli assalirono la mente. Una grande mano che le
afferrava il braccio, un ragazzino che cercava di liberarla, un camioncino blu
con una striscia bianca, una maglietta grigia con un nome scritto sul petto.
Una faccia.
“No.” disse Sam con la voce scossa ed il labbro inferiore che cominciava a
tremare.
“Va bene. Allora fammi la descrizione del tuo gatto.” disse Max per distrarla.
“E’ grigio chiaro con le strisce scure e si chiama Tigre.” Sam guardò Max
disegnare il gatto come l’aveva visto nella sua mente. Rimase a bocca aperta
mentre la matita si muoveva rapida e l’immagine le appariva davanti. “E’
Tigre!”
“Vuoi tenerlo?” le disse Max e Sam annuì con entusiasmo. Staccò la pagina dal
blocco e la mise davanti a Sam, poi le diede un foglio bianco ed una scatola di
colori. “Ora, perché non disegni un po’? Fammi vedere se sai fare una
farfalla.”
Mentre Sam era assorta nel suo compito, Max cercò di lavorare all’immagine che
aveva visto , l’uomo che aveva rapito suo fratello. Aveva visto molto di più
della sua faccia. Il nome ricamato sul petto era Kevin. I primi tre numeri di
targa del camioncino erano 257. Max disegnava svelto e l’immagine divenne viva
sul foglio. Quando Sam finì la sua farfalla, Max chiuse il blocco.
“Tieni, Max, è per te.” disse Sam felice.
“Grazie, Sam. E’ una farfalla molto bella.” Dopo averle accarezzato ancora una
volta la guancia, si girò per richiamare Valenti e la mamma di Sam nella
stanza. “Può portarla a casa, ora.”
***
“Credo che il suo nome sia Kevin.” Max informò Valenti mentre si dirigevano nel
suo ufficio. “in ogni caso indossava un’uniforme con un nome sul petto, come un
meccanico o qualcosa di simile. Guidava un camioncino Ford, e i primi numeri
della targa sono 257. Questo è il suo aspetto.” Max aprì il suo album e Valenti
guardò il disegno dettagliato.
“Sei riuscito a vederlo così chiaramente nella sua testa?” chiese stupito Jim.
“Si, si ci sono riuscito. Andava dietro a Sam, non a Billy. Aveva afferrato il
braccio di Sam e stava tentando di portarla nel camioncino, quando Billy ha
cercato di impedirglielo. Ha cercato di proteggere sua sorella. Lei è corsa via
e quando si è girata ha visto l’uomo portare via Billy e scappare.”
“Povero bambino.” disse Jim scuotendo la testa.”Dobbiamo trovarlo. Tra tre
giorni è Natale. E voglio che Billy Robbins sia a casa per allora. Appena la
faccia di questo tipo apparirà su tutte le cabine telefoniche, notiziari,
vetrine dei negozi, per non parlare della TV, lo prenderemo presto. Non potrò
mai ringraziarti abbastanza, Max.” disse Valenti battendogli la mano sulla
spalla.
“Sono contento di essere stato utile. Spero solo …”
“Tutti e due, Max.” disse Jim “Tutti e due.”
Capitolo 47
Max tagliò una generosa fetta di torta di
zucca e la ricoprì con una grossa cucchiaiata di panna montata. Sapeva che non
avrebbe dovuto mangiarla. Sua madre l’aveva preparata per domani, per la cena
della vigilia di Natale, ma era così profumata quando era stata sformata, e sua
madre ne aveva preparate due, e ora che si era raffreddata, non aveva saputo
resistere. Domattina lei l’avrebbe ucciso, ma se ne sarebbe preoccupato dopo.
Ritornò in soggiorno con il dolce, un bicchiere di latte e due forchette e si
sedette sul divano al fianco di Liz. Si mise comodo, allungando le gambe sul
tavolino da caffè e sistemandosi il piatto sullo stomaco. Le mise un braccio
attorno alla spalla e Liz si chinò verso di lui, dandogli un frettoloso bacio,
prima di usare una delle forchette per prendere un pezzo di dolce.
“Ummmm, è proprio buono!”mormorò sorridendogli.
“Meglio stare attenti o soddisferò la mia fantasia di adolescente di fare
l’amore con te nel mio letto.” la prese in giro Max.
“Fantasticavi di fare l’amore con me?” chiese sorpresa Liz.
“Naturalmente. Stai scherzando? Facevo quei sogni in cui ero il capo di una
banda di rinnegati dello spazio, combattevo l’impero del male e quando tornavo
a casa dalla battaglia, tu eri lì che mi aspettavi. “Max sorrise al ricordo.
“Davvero?” disse Liz, ridacchiando.
“Si. E tu avevi indosso la tua piccola uniforme del Crashdown ed io ti
trascinavo nella mia stanza, nella stazione spaziale, la strappavo via e facevo
l’amore con te, follemente ed appassionatamente.”
Disse Max ridendo di se stesso adesso “O comunque quello che la mia mente di 16
enne pensava fosse follemente ed appassionatamente….”
“E l’immagine fantasiosa che avevi di me, si avvicina alla realtà?” Chiese Liz
aggrottando un sopracciglio
“Veramente tu sei un po’ ‘abbondante’ qui …” cominciò a dire Max e lei lo
tempestò di piccoli pugni.
“Max Evans! Stai cercando di dire che il mio corpo non è abbastanza bello?” Liz
alzò la voce in tono di finta indignazione, colpendolo più forte, mentre lui si
copriva la testa, ridendo di lei.
“Le mie fantasie non potevano essere perfette come sei tu.” disse Max
prendendole le mani ed attirandola verso di sé.”Il tuo corpo è un tempio che
venero.” I suoi occhi brillavano come le luci dell’albero di Natale e il suo
sorriso illuminò il viso di Liz. “Questo suona meglio?”
“Molto.” rispose Liz, strofinando leggermente le labbra contro le sue.
“Inoltre, non vogliamo parlare di certo delle tue limitazioni fisiche …”
“Le mie cosa?” disse Max sollevando le sopracciglia.
“Vedi, Max, se devo dire la verità …” disse Liz, senza guardarlo negli occhi.
“Cosa?” Si raddrizzo, diventando serio. Posò il piatto col dolce sul tavolino a
caffé, improvvisamente gli era passato l’appetito.
“Max, lasciamo perdere. Vuoi vedere un film?” disse Liz allegramente, cercando
il telecomando.
“Liz? Non cambiare argomento. Stai cercando di dirmi che io non …io non sono
…valido abbastanza … o … o…”
“Oh, Max.” sospirò Liz. “Veramente è più una questione di dimensione.”
“Cosa? Dici sul serio? Io non ho …” Stava cercando di guardarla in faccia ma
lei cercava quel dannato telecomando. “Liz?”
Liz si stava mordendo le labbra nel tentativo di non scoppiare a ridere. Lei
non aveva immaginato che si sentisse insicuro sui suoi attributi fisici. Dio
sapeva che non ce n’era motivo, ma se lui voleva fare questo gioco, dopo tutto,
aveva cominciato lui con la storia dell’ ‘abbondante’. “Trovato!” esclamò Liz
afferrando il telecomando. “Cosa vuoi vedere?”
“Non voglio vedere niente!” disse Max prendendole il telecomando dalle mani e
buttandolo da una parte. “Io … Io … Io non so cosa dire … “ Liz fece l’errore
di guardare la sua espressione da povero, piccolo bambino… e sentì la risata
uscire fuori. Max vide la sua espressione e cominciò a sorridere. “Ti stai
prendendo gioco di me?”
La risata di Liz riempì l’aria e lei si alzò per sedersi a cavalcioni su di
Max. “Bene, Max. Forse potresti mostrarmelo,” disse Liz, seducente “così avrei
modo di giudicarlo meglio ancora...”
“Tu … Tu vorresti … in casa dei miei genitori?”
“No, se tu non vuoi farlo.” disse Liz, muovendo i fianchi e strofinandosi
contro il suo inguine. “Tu non lo vuoi?”
“Io … Io non …?” Max deglutì. Lei dondolò ancora i fianchi contro di lui e Max
sorrise “Lo voglio. Certo che lo voglio.”
Lei si alzò e lo tirò in piedi, strofinando la mano sul rigonfiamento dei suoi
pantaloni. “Sei sicuro? Non avrai qualche problema di prestazione, qui, con i
tuoi genitori proprio in fondo al corridoio?” lo canzonò.
“Te le faccio vedere io le prestazioni!” brontolò Max, guardandola dall’alto in
basso. La suo mano ondeggiò davanti a lei e i suoi vestiti si trasformarono
improvvisamente da un paio di pantaloni ed un maglia, nella uniforme verde e
argento del Crashdown. Liz spalancò gli occhi per la sorpresa e Max la prese in
braccio, dirigendosi di corsa verso la sua stanza. Chiuse la porta, la serrò e,
lentamente, attraversò la stanza per posare Liz nel mezzo del suo letto.
Liz lo stava guardando con le guance arrossate ed uno sguardo di desiderio
negli occhi, lo stesso su cui aveva fantasticato tante volte. Si tirò via la
camicia, sfilandosela dalla testa, i suoi capelli arruffati che si adattavano
allo sguardo selvaggio nei suoi occhi. Aveva il respiro veloce per
l’eccitazione e non riusciva a staccare gli occhi da Liz che si inginocchiava
nel letto, guardando verso di lui. Le mani di Max stavano per aprire il vestito
e la guardò affascinato mentre lo apriva lei stessa, rivelando al di sotto il
suo corpo completamente nudo.
Gli occhi di Liz si spostarono sul suo torace muscoloso, poi al solco dello
stomaco. Il suo corpo era perfetto. Le spalle erano larghe e convogliavano lo
sguardo sugli smisurati bicipiti delle braccia. Il suo petto era un capolavoro
di cesello, la pelle che brillava di un colore dorato, con i capezzoli ombrati
di bruno. Si passò la lingua sulle labbra per inumidirle, mentre i suoi occhi
scendevano sui muscoli del suo addome, così finemente dettagliati ed ancora più
giù, sul rigonfiamento che tendeva i suoi pantaloni.
Lo sguardo affamato negli occhi di Liz, mentre si spostavano sul suo corpo
eccitò a Max, che si slacciò la cintura ed aprì la zip, si sfilò i pantaloni e
li fece volare per la stanza. Stava davanti a lei in tutta la sua magnificenza,
con le cosce muscolose che incorniciavano la sua fiera virilità.
“E’ questo quello che vuoi, Liz?” chiese Max con voce decisa mentre, con la
mano, aumentava la portata della sua erezione. Lei annuì e si leccò ancora le
labbra asciutte con la lingua. “E come lo giudichi ora, Liz?”
“Perfetto” Liz deglutì, vedendo come con la mano si toccava eroticamente. Con
grande difficoltà, distolse lo sguardo e gli chiese “Qual’ è la tua fantasia,
Max?”
“Tu! Tu sei la mia fantasia, Liz.” Il suo respiro divenne difficoltoso quando
lei gli venne vicino, togliendogli la mano e rimpiazzandola con la sua,
strofinando la pelle di velluto prima di aprire la bocca ed attirarlo dentro.
Le dita di Max si infilarono nei capelli di lei, chiudendosi a pugno, mentre
Liz prendeva un ritmo che, ne era sicura, l’avrebbe fatto impazzire. I fianchi
di lui si mossero contro la sua volontà, spingendosi in avanti mentre il suo
piacere aumentava. I muscoli delle cosce tremavano col crescere della tensione
sessuale, e fu incapace di chiederle di fermarsi, anche se ne aveva
l’intenzione. Il suo corpo arrivò al culmine del piacere tremando e lui si
sorprese di come fosse avvenuto in fretta. Doveva essere stata l’uniforme,
sorrise tra sé e sé. Quando era ragazzo aveva avuto tante fantasie su quell’uniforme.
Lei lasciò libero il suo membro ormai morbido e lo guardò con un sorriso.
“Quali altre fantasie avevi, Max?”
“Avrei voluto fare questo …” Max sorrise guardando l’uniforme che le copriva il
corpo. La stese con la schiena sul letto, aprendo i lembi dell’uniforme per
esporle pienamente il seno. “E’ veramente perfetto, lo sai?”
“Cosa?” chiese Liz, sentendo l’esame accurato cui era sottoposta.
“Il tuo seno, il tuo corpo, tutto di te.” Le sue labbra si unirono a quelle di
lei, mentre la sua mano scendeva oltre il petto, sopra i fianchi e giù verso il
punto delicato all’attaccatura delle gambe. Con le dita esplorò l’umido calore,
ne divise dolcemente le porte, poi la sua mano esperta toccò il punto che a lei
piaceva.
Le lasciò la bocca, puntando al capezzolo eretto e pensando che lei sembrava
molto più eccitata, stasera , di quanto l’avesse mai vista prima. Bastò il
tocco della punta della sua lingua sul capezzolo, per farla gemere. Sembrava
già vicina all’orgasmo e lui l’aveva a malapena toccata. Forse anche a lei
piaceva l’uniforme.
Prese ancora il suo capezzolo e sorrise mentre lei arcuava la schiena e gemeva.
Il respiro di Liz era veloce, mentre lui passava dall’altra parte, leccandolo
prima di risucchiarlo dentro la bocca. Il suo pollice trovò la protuberanza tra
le pieghe della sua femminilità e la premette leggermente, accarezzandola in un
moto circolare e facendole tremare le gambe.
“Max …” gemette lei quando lui la portò al culmine del piacere. I suoi
capezzoli erano così sensibili, molto più del solito, e la sua mano tra le
gambe sapeva esattamente cosa doveva fare. Max sentì la tensione crescere in
lei, udì il suono che eruppe dalla sua gola. Liz si lamentò quando le sue
labbra le lasciarono il seno e poi fremette di aspettativa quando le sue labbra
si fecero strada più in basso.
Max la guardò in faccia e sorrise. Aveva gli occhi chiusi, la bocca leggermente
aperta, aspettando di arrivare in quel meraviglioso posto in cui lui la stava
portando. Lui le aprì ancora di più le gambe, guardando in giù verso il cuore
della sua femminilità e lo raggiunse con la lingua. Lei aspirò forte, quando
lui la toccò, raccolto sopra di lei, succhiando i suoi sensibili tessuti. La
lingua di Max la accarezzava, facendosi strada dentro di lei e stimolandole
ogni centimetro di pelle. I suoi fianchi si muovevano, mentre lui le spingeva
dentro la lingua, in dolce imitazione e le mani di Liz gli afferrarono i
capelli e l’orgasmo dilagò su di lei come da un argine infranto. Si coprì la
bocca con la mano, cercando di trattenersi dal gridare il nome di lui.
L’orgasmo fu lungo ed intenso, protratto dal modo in cui la sua bocca
l’accarezzava.
“Dio, Max!” respirò Liz. “Le cose che mi fai …”
“Hai ancora problemi con le mie prestazioni?” chiese Max risalendo il suo
corpo, fermandosi davanti a i suoi seni perfetti e sorridendo per il suono che
le usciva dalla gola.
“Oh, no.” sospirò Liz, guardando la parte bassa del corpo di lui e notando che
era di nuovo sveglia.
Non gli ci era voluto molto per tornare ad essere duro come una roccia, solo la
vista del corpo di lei ed i suoni che emetteva. Si pose sopra di lei,con il
peso del corpo sostenuto dalle mani e dalle ginocchia, fissando il viso di Liz,
volendo di più da lei.
“Vieni qui, tu.” ringhiò Max, facendo scivolare una mano sotto la sua testa e
tirandola su, così da poterla baciare. Schiacciò la bocca contro la sua,
baciandola con avidità mentre lei si inarcava contro di lui. La mano di Liz
girovagò sul suo torace e sul suo addome, e poi più in giù fino a chiudersi
intorno al suo membro, ormai duro come una roccia, e strofinandolo nel modo che
a lui piaceva. La bocca di Max scese sulla sua gola, succhiandone la pelle
delicata fino a scendere ai seni, la sua meta preferita.
Gli piaceva vedere come i suoi capezzoli diventavano rigidi, quando lui li
toccava. Aveva sempre fantasticato di fare l’amore con lei nella sua stanza.
Nei suoi sogni, l’avevano fatto lì, nel suo letto, e sulla sedia davanti al
computer, e sul pavimento sotto la finestra e anche nel suo bagno.
La sua bocca si chiuse su un capezzolo ed il suono che lei emise lo accese
ancora di più. Tolse la mano da sotto la testa di Liz , che ricadde sul letto,
con i capelli sparsi sulle lenzuola e le guance rosse di desiderio. Indossava
ancora l’uniforme, aperta per esporre il corpo, che le dava un’aria seducente.
Lei si poggiò le mani sul petto, stuzzicandosi i capezzoli con le dita, sapendo
come lo eccitava vederla toccarsi. Lui si mise in ginocchio sul letto e le
prese i fianchi con le mani, avvicinandoli a sé.
Si posizionò alla sua entrata e si lamento di piacere mentre scivolava dentro
di lei. Si guardò scomparire al suo interno e poi si tirò fuori, lucido della
sua umidità. Si spinse dentro di lei ancora e ancora, tenendola saldamente per
i fianchi mentre sprofondava dentro di lei. Il suo pollice si fece strava verso
il suo sensibile nucleo, stimolandolo per accrescere il suo piacere. Liz gemeva
piano, sentendo il crescente formicolio del suo piacere e l’orgasmo che era
vicino, sempre più vicino. Il pollice di Max si mosse più velocemente,
avvertendo la sua eccitazione, sentendo il modo in cui il corpo di lei
cominciava a tremare. Lei soffocò un urlo quando esplose il suo orgasmo e Max
sentì le sue pareti interne stringersi sul di lui.
Stava quasi per raggiungerla, quando si tirò indietro, non avendo ancora chiuso
la partita con lei. Le concesse un momento per riprendere fiato, poi si sporse
su di lei. guardandola negli occhi.
“Ancora nessun reclamo da fare sulle mie prestazioni?” le chiese con uno
scintillio negli occhi.
“No.” lei scosse la testa, sorridendo “Non ancora.”
“Non ho ancora finito con te!” mugugnò, tirando i suoi fianchi contro di sé e
spingendosi profondamente dentro di lei. Le passò le braccia intorno e l’alzò
dal letto, attraversando la stanza. “Avevo l’abitudine di fare i compiti
davanti al computer, ma non ero in grado di concentrarmi, perché l’unica cosa a
cui riuscivo a pensare era cosa si provava a fare l’amore con te.” Tirò
indietro la sedia e si sedette con le gambe di Liz divaricate su di lui e la
sua asta ancora saldamente affondata dentro di lei.
“Ora lo sai.” disse Liz con voce rauca, guardando i suoi occhi accesi. Lei
spinse i fianchi in avanti, sentendolo scivolare dentro e fuori di lei, il suo
membro che si affilava nel suo corpo. Si inarcò all’indietro, sollevandosi il
seno per permettergli di baciarlo ancora, mentre tentava di soffocare i suoni
che le uscivano quando lui ricominciò a baciarle i capezzoli. Le mani di Max le
tenevano i fianchi per aiutarla nei movimenti, sentendo arrivare sempre più
vicino il suo culmine.
“Cos’altro sognavi, Max?” disse Liz che voleva soddisfare tutte le fantasie.
“Volevo sole te, Liz.” mormorò lui, a malapena capace di parlare. Con una mano
le sfilò l’uniforme e la lasciò cadere a terra. La sollevò ancora, alzandosi
per tornare verso il letto. Erano lì, in piedi, baciandosi avidamente l’un
l’altro, Max che la teneva saldamente contro di lui con un braccio e con
l’altro le carezzava i capelli e Liz, con le gambe avvinghiate ai suoi fianchi
e le dita che gli scompigliavano i capelli. Arrivò fino al letto e si abbassò,
tenendola sotto di lui e spingendosi di nuovo dentro, mentre lei cadeva sul
materasso.
Liz alzò i fianchi per incontrarlo, mentre si immergeva il lei, muovendosi più
in fretta mentre sentiva arrivare il suo orgasmo. Le sue braccia la avvolsero,
mentre sentiva il suo corpo tremare come quello di lei, e si precipitarono
insieme verso la soddisfazione del loro piacere. Max le coprì la bocca con la
sua, baciandola per coprire le sue grida mentre dividevano l’orgasmo e spinse
il suo seme con un’intensità che gli tolse il respiro. Il suo fluido riempì
l’interno di Liz, scorrendo da lui in un getto caldo mentre il suo corpo
fremeva nel rilasciarlo.
Si riposò accanto a lei ansimando, i loro corpi caldi e sudati e le pulsazioni
veloci. I muscoli contratti nel bagliore residuo dell’amore appena fatto,
mentre ascoltavano i suoni sommessi dell’appagamento l’uno dell’altra. Liz fece
un sospiro profondo e Max sentì il torace di lei espandersi mentre si riempiva
d’aria i polmoni.
“Wow!” disse piano Liz, sazia della loro unione fisica.
“Visto?” sorrise Max guardandola negli occhi. “Nessun problema di prestazione.”
“No.” Liz gli rese il sorriso, passando le dita tra i capelli che gli coprivano
la fronte. “Né adesso, né mai.”
Max la baciò teneramente e poi rotolò via, sdraiandosi sulla schiena nel posto
accanto a lei. Le prese la mano, intrecciando le loro dita, con le spalle e le
gambe che si toccavano, e lasciarono raffreddare i loro corpi. Le fronti si
toccavano, mentre loro si sorridevano l’un l’altra, quando all’improvviso Max
balzò a sedere sul letto e guardò Liz con tutta serietà.
“Cosa c’è?” chiese Liz, mettendosi a sedere accanto a lui, piuttosto
preoccupata dall’ espressione che scorgeva sulla sua faccia.
“Non ho finito il mio dolce!” esclamò.
“Oh, vedo.” gridò Liz, colpendolo sul petto. “Non sono passati nemmeno due
minuti e sono già un ricordo lontano.”
“Ma io ho fame.” rise Max, massaggiandosi il punto in cui lei lo aveva
picchiato.”E, comunque, sto ancora pensando a te.”
“Che cosa ha a che fare il tuo dolce con me?” sbuffò Liz con finta
indignazione.
“Perché,”disse Max sensuale, baciandola sulla fronte e strofinandole il naso su
un orecchio “stavo pensando a tutti i posti sui quali è buona la panna.”
“Max!” Liz arrossì, girandosi verso di lui. Lo cacciò via dal letto e lui si
infilò i boxer, poi si fermò a guardarla, sorridendo alla vista del suo corpo
nudo sul letto.
“Non ti muovere!” Max la guardò con occhi cupidi.” Torno subito.”
Liz prese le lenzuola per coprirsi, mentre Max apriva la porta per andare in
soggiorno. Prese il dolce dal tavolino da caffé dove l’aveva lasciato ed infilò
il dito nella panna montata, sorridendo mentre tornava nella sua camera. Lo
squillo del telefono ruppe il silenzio e Max si gelò. Guardò l’apparecchio,
posato sul tavolo accanto al divano e poi guardò l’orologio sulla parete. Quasi
mezzanotte. Chi poteva chiamare a quell’ora? Le telefonate notturne lo
preoccupavano sempre.
Guardò ancora il telefono per un momento, e poi lo sollevo e con un tono di
voce diffidente, disse “Pronto?”
“Max, sono Jim. Sta guardando la TV?”
La TV? si stupì Max. perché Jim Valenti lo chiamava a mezzanotte, chiedendogli
se stava guardando la TV?
Udì Valenti chiamare ancora il suo nome, dandogli l’impressione che chiamasse
da un cellulare con un sacco di attività in sottofondo.
“Sintonizzati su Canale 4.” disse Jim eccitato.
“Solo un minuto.” rispose Max e prese il telecomando dal tavolino dove l’aveva
poggiato prima Liz. Lo puntò verso la TV e spinse il bottone di accensione. Sul
video comparvero le immagini di luci rosse lampeggianti dietro ad una donna che
impugnava un microfono e le parole ‘Edizione Straordinaria’ scritta sul fondo
dello schermo. Sentì Liz arrivare dietro di lui e mettergli una mano sulla
spalla mentre insieme guardavano la TV.
“Lo abbiamo trovato, Max!” gridava Jim oltre il rumore di sottofondo. “Grazie a
te, abbiamo trovato Billy Robbins. Lo stanno portando in ospedale, ma solo per
misura precauzionale, ma sta bene, Max! Billy sta proprio bene.”
“Cosa c’è, Max?” chiese Liz allarmata.
“Si tratta di Billy.” disse Max, commosso dalle immagini sullo schermo. “Hanno
ritrovato Billy Robbins.”
“Sta bene?” chiese lei piano.
“Si.” annuì Max ed un largo sorriso gli apparve sul volto, mentre sentiva un
grande senso di soddisfazione. Le facce di Cindy Robbins, un uomo, che lui
pensò essere il marito, e della piccola Sam lo guardavano dalla TV, ridendo e
piangendo nello stesso tempo. Una famiglia che lui aveva contribuito a riunire.
“Grazie, Jim.” disse Max nel microfono. “Grazie per avermelo fatto sapere.”
“No, Max.” disse Jim, alzando la sua voce sopra il caos che lo circondava.
“Grazie a te. E’ per merito tuo se quel ragazzino è al sicuro, stanotte.”
Capitolo 48
Max era steso nel letto, con il corpo
piegato contro quello di Liz ed il suono dei loro respiri era calmo e regolare,
mentre dormivano. Il suo braccio era posato sopra di lei e la testa di Liz era
appoggiata contro il petto di lui. Gli occhi di lui si muovevano avanti e
indietro sotto le sue palpebre, mentre varcava la soglia del suo speciale mondo
dei sogni …
Max attraversò il campo, sentendo l’erba alta che si strofinava contro le gambe
ed il calore del sole dietro la schiena. Girava in cerchio, guardandosi
intorno, ma era solo. Si sedette sulla terra calda, appoggiandosi su un gomito
ed allungando una gamba e piegando l’altra. raccolse un filo d’erba e lo tenne
per un po’ in mano, prima di infilarselo tra le labbra, mentre un leggero
soffio di brezza gli scompigliò i capelli. Stava aspettando che lei arrivasse.
All’improvviso piccole mani gli coprirono gli occhi e capì che era dietro di
lui. “Indovina chi è, papà!”disse una piccola voce.
“Chi potrebbe essere?” chiese Max, sorridendo da un orecchio all’altro. “Sei
Maria?”
“No.” trillò Ellie.
“Sei Isabel?” poteva avvertire la sua effervescenza. Eccitati sbuffi d’aria lo
colpivano sulla nuca, mentre lei rideva.
“No! Pova antoa!”gridò.
“Sei Michael?” scherzò Max, sapendo che cominciava ad irritarsi.
“Non sono un ragazzo. Tu sei sciocco.”
“Io sono sciocco?” Max allungò una mano dietro di sé e l’afferrò, mettendosela
in braccio e facendole il solletico. “Io non sono sciocco. Tu sei sciocca.”
“Io non sono sciocca. Io sono Ellie!” la sua risata riempiva l’aria, mentre le
faceva il solletico. Lei si dimenava, scalciava e cercava di tenergli ferme le
mani mentre gridava “Papà!” ridendo di cuore.
“Sei tu la mia Ellie?” rise Max.
“Si.” strillò la piccola.
“Allora dai un bacio a papà!” Max la sollevò e poi la poggiò in terra, tra le
sue gambe. Ellie gli buttò le braccia intorno al collo, e lui cadde
all’indietro lasciandole pensare che era stata lei a farlo cadere.
Lei rise ancora e poi posò le sue labbra sulla guancia del padre, dandogli un
grosso bacio. Lui la guardò e, dopo averle dato un bacio sulla fronte, le disse
“Sei stata bene, Ellie?”
“Benissimo!”
Max studiò la sua espressione, per vedere se ci fosse un indizio di quello che
pensava e sentiva veramente.
Lei rispondeva sempre che stava bene e non aggiungeva altro e lui non voleva
farle pressione. Quando, precedentemente, aveva cercato di ottenere qualche
informazione, aveva perso la connessione con lei, come se il suo tentativo
l’avesse spaventata o avesse interferito con la sua capacità di unirsi a lui.
Un giorno o l’altro avrebbe ottenuto molto di più da lei. Doveva solo avere
pazienza ed aspettare.
“Cosa quello?” chiese Ellie, indicando la bocca di Max.
“Cosa è cosa?” chiese Max.
“Quello.” Allungò le sue piccole dita ed toccò il filo d’erba che lui teneva
tra le labbra.
“Questo?” chiese Max stupito. Ellie era nell’età in cui tutto era ‘cosa’ o
‘perché’ o ’come’. Lei annuì e lui le disse “E’ un filo d’erba.”
“Ebba? Ebba Vedde?”
“Si.” sorrise “L’erba è verde.” Raccolse un altro filo d’erba da terra e le
solleticò il naso prima di porgerglielo. Lei lo guardò da vicino e poi lo
infilò in bocca. Lo masticò per un attimo e poi arricciò il naso.
“Cattivo!” esclamò, sputandolo. “Pecché lo mangi?”
Max rise ed appoggiò la faccia contro il suo collo “Perché non posso mangiare
te!” ed infilò un lampone tra le sue labbra. Lei si allontanò ridendo, per
gettarsi poi nell’erba, accanto a lui. Stettero lì, sdraiati sulla schiena,
fianco a fianco. Poi Ellie alzò un braccio, puntandolo contro qualcosa.
“Blu.” disse e Max impiegò qualche secondo per capire cosa volesse dire.
“Blu.” annuì “Il cielo è blu.”
“Cielo?” ripeté Ellie con gli occhi spalancati “Cosa è cielo?”
Cosa è il cielo? Max non era sicuro di saper spiegare ad una bambina di due
anni cosa fosse il cielo.Stava tentando di farlo, quando la sua manina indicò
ancora e chiese “Cosa quello?”
Max seguì la direzione del ditino e sorrise rispondendo “E’ una nuvola. Una
nuvola bianca.”
“Nuvola bianca.” ripeté Ellie. Inclinò leggermente la testa per guardare
attentamente la nuvola e poi esclamò “Cimmia.”
Max inclinò la testa come lei e rimase impietrito. Ellie aveva ragione. La
nuvola aveva la forma di una scimmia. Come mai lei non conosceva un filo
d’erba, o il cielo o una nuvola, ma era stata in grado di riconoscere una
scimmia? Una scimmia … come in un laboratorio di animali … in gabbia?
“Ellie.” Max si sedette e la prese in braccio, scostandole i capelli dalla
faccia e guardandola intensamente negli occhi. “Ellie, esci mai fuori?” Lei lo
guardò assente e lui si sentì stringere il cuore.”Ellie, vai mai a giocare
sull’erba o a camminare dove c’è il cielo sopra di te?”
“Io gioco sull’ebba con te, papà.” rispose Ellie.
Max deglutì e provò ancora, sentendosi terrorizzato. “Voglio dire altri posti
come questo, dove vai senza di me. Vai mai a giocare fuori, dove ci sono l’erba
e il cielo?”
“Io gioco fuori con te, papà”
Max sentì le sua mani tremare, mentre guardava i suoi grandi occhi scuri. Si
sentiva bruciare gli occhi e stava per perdere il controllo delle sue emozioni,
ma non poteva permettersi di lasciarle capire quanto fosse sconvolto. La prese
tra le braccia, stringendo a sé il suo corpicino, mentre con la mente gridava
la sua disperazione. Non la lasciavano mai uscire all’aperto. Ellie conosceva
gli animali da laboratorio, ma non aveva mai visto una nuvola in cielo.
“Papà?” disse Ellie preoccupata.
Max sentì che la connessione cominciava a vacillare. La stava spaventando ed
allora decise di accantonare le sue paure per non far finire il loro tempo
insieme.
La sollevò a braccia tese, stampandosi un sorriso sulla faccia, e disse “Non
andare via, Ellie.”
Le pizzicò il naso tra l’indice e il medio, poi tirò via la sua mano e fece
scivolare il pollice tra le due dita. “Non puoi andare da nessuna parte, perché
io ho il tuo naso!”
Gli occhi di Ellie si spalancarono e la sua manina afferrò quella del padre,
cercando di riprendere il suo naso. Ora rideva ancora, ma il suono della sua
risata non riusciva a scacciare completamente il freddo dal cuore di Max. Ellie
aprì la sua mano cercando il suo naso, e lo guardò sorpresa quando su accorse
che la mano era vuota.
“E’ qui!” esclamò Max, toccandole il naso con l’indice. Lei allungò la mano e
se lo toccò, per essere sicura che fosse al suo posto, e poi si slanciò ancora
contro di lui. Le sue braccine erano intorno al collo di Max e lui la tenne
stretta, la sua grande mano che le accarezzava la schiena.
Improvvisamente lei si fece quieta, la risata che le moriva nella gola.
“Ellie?” chiese Max, chiedendosi cosa non andasse.
“Mamma è qui.”
“Mamma? Max sapeva che Ellie era abituata a vedere Liz lì con loro. Gli costava
uno sforzo enorme fare in modo che Liz apparisse realistica agli occhi di Ellie.
Lui, di solito, passava un po’ di tempo da solo con Ellie, in modo da avere
tutta la sua attenzione e solo alla fine portava Liz nel sogno, così che lei
imparasse a conoscere anche sua madre. Ma perché Ellie pensava che Liz fosse
lì, ora? Lui non l’aveva ancora creata. Max seguì lo sguardo della bambina e i
suoi occhi si posarono su Liz, seduta in lontananza, accanto alla familiare
macchia di alberi, con la schiena rivolta verso di loro. Come poteva essere?
“La mia vea mamma è qui!” sussurrò Ellie.
***
Liz stava sotto gli alberi. guardando il paesaggio familiare.Era passato tanto
tempo da quando era stata qui l’ultima volta. Forse Max aveva trovato il modo
di portarla con se nel mondo dei suoi sogni o l’aveva fatto Ellie? Ellie. Era
qui? Liz si girò guardandosi intorno e il respiro le si fermò quando li vide.
Max la stava guardando da lontano, ma non era il solo ad attirare la sua
attenzione. Accanto a lui, arrivandogli a malapena alle ginocchia, c’era la
cosa più bella che lei avesse mai visto. La riconobbe immediatamente dai
disegni che erano nella sua stanza da letto. Max aveva colto perfettamente i
suoi lineamenti. I suoi occhi erano quelli che attiravano maggiormente
l’attenzione, occhi che ti facevano perdere nella loro profondità. la sua
boccuccia era aperta per la sorpresa. “Ellie?” sussurrò Liz.
Ellie guardò verso Max e disse piano “Mamma è venuta a vedemmi.” Poi sorrise.
Il sorriso più radioso che Max avesse mai visto sul suo viso.Lui si mise in
ginocchio accanto a lei, poggiandole una mano dietro la schiena.
“Va da lei, Ellie. Va a vedere mamma.”Max le diede una piccola spinta, lei fece
un tentativo di camminare e poi tornò da lui con uno sguardo apprensivo sulla
faccia. Era preoccupata della reazione di Liz?Era spaventata? Max le sorrise e
la tranquillizzò “Va tutto bene, Ellie. Anche lei vuole vederti!”
Liz vide Ellie fare un altro tentativo di andare verso di lei. Si coprì la
bocca con la mano, tremando mentre guardava sua figlia, il mondo che si
appannava mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
“Ellie.” sussurrò e cominciò a correre in mezzo all’erba, cadendo in ginocchio
quando Ellie le corse incontro. Volò tra le braccia della madre e Liz la
strinse forte, le braccia che stringevano la bambina che non aveva mai potuto
toccare prima di allora. Le lacrime le scorrevano sulle guance, mentre si
dondolava con Ellie, avanti e indietro, godendosi la sensazione divederla, di
toccarla, di stringerla.
Max era in piedi e le guardava col cuore impazzito nel petto. Sapeva
esattamente cosa Liz stava provando in questo momento e si fermò permettendole
di avere un po’ di tempo da sola con lei. Poteva sentire i singhiozzi di Liz,
ed anche di Ellie, e i suoi occhi si annebbiarono. Avanzò lentamente,
diminuendo la distanza, e poi cadde in ginocchio accanto a loro. Le sue braccia
le avvolsero entrambi, sua moglie e sua figlia, le due persone che lui amava di
più al mondo. Ora Max le aveva tutte e due, loro tre insieme per la prima volta
e così vicine alla realtà quanto il suo mondo di sogno poteva permettere.
L’aria intorno a loro profumava di fresco, il sole scaldava la loro pelle e la
terra sotto di loro, le lacrime sulle loro facce sembravano vere e, per il
breve periodo che avrebbero trascorso insieme, questo posto sarebbe diventato
la loro realtà.
Liz si sedette a terra, con Ellie in grembo e Max accanto a lei, e parlavano e
ridevano e gridavano. Liz teneva le braccia attorno a sua figlia, con le mani
in costante movimento per toccarle la faccia e i capelli e le mani e le gambe,
mentre Ellie parlava a mille all’ora di tutte le cose che papà le aveva
mostrato nel loro posto speciale.
La dolce voce di Ellie riempiva l’aria mentre parlava a sua madre della
farfalla che papà aveva preso per lei e di come lui correva nel campo ma non la
raggiungeva mai. Parlò a Liz del gattino che viveva nei cespugli e che qualche
volta usciva per giocare con loro e dei pesci che vivevano nel ruscello e delle
smorfie che papà aveva fatto loro, quando venivano a galla. Liz ascoltò molto
attentamente quello che le diceva, facendole domande e sorridendo a Max,
immaginando tutto quello che lei raccontava.
Dopo un po’ Max notò che Ellie cominciava a sbadigliare e ad appoggiare la
testa sul seno di Liz. Era un segno che gli era familiare e che significava che
lei si stava stancando e che la connessione stava per interrompersi. Anche Liz
se ne accorse e si tenne ancora Ellie vicina perché non voleva che al
passeggiata nel sogno finisse, ma sapendo che doveva accadere. Le sue dita
accarezzarono le guance di seta di Ellie, baciandola sulla fronte e tentando di
rimandare l’inevitabile.
“Sono stanca.” disse Ellie, sbadigliando ancora. I suoi occhi si chiusero
mentre sussurrava “Mamma.” e se ne andò.
Una sensazione di vuoto scese sopra Liz e lei scoppiò a piangere, piangendo la
sua mancanza come non mai. Ellie le era parsa così reale, seduta sul suo
grembo, il suono della sua voce sembrava musica alle sue orecchie e il suo
dolce profumo di bambina riempiva l’aria. Max la prese tra le braccia,
premendole dolcemente la faccia contro il suo petto, conoscendo bene il senso
di perdita che lei stava provando. Le accarezzava i capelli, mormorandole
parole dolci, mentre le sue lacrime le bagnavano la camicia. Quando i suoi
singhiozzi si furono calmati, lei si staccò da lui e i suoi occhi arrossati
guardarono quelli di Max.
“E’ così bella,” disse Liz in tono accorato, col mento che le tremava e le
lacrime che le inondavano il viso.
“Si.” annuì Max, con la voce rotta dall’emozione. “Si. Si, lo è.”
***
Max si svegliò con la soffice sensazione della seta contro le sue guance. Aprì
gli occhi per vedere il rosa luccicante della sua camicia da notte e il suono
del battito veloce del suo cuore nell’orecchio. Lui alzò la testa dal suo seno,
guardando verso il viso di Liz, mentre usciva da sonno. Lei aprì gli occhi e il
suo sorriso era dolceamaro, e rifletteva insieme la sua gioia e la sua
tristezza.
“Grazie.” gli disse piano, carezzandogli la guancia con la mano.
“Per cosa?” chiese Max, cambiando posizione e sistemandosi più in alto nel
letto, così da avere gli occhi all’altezza di quelli di lei.
“Per avermi portata nel sogno.” replicò Liz, prendendogli una mano tra le sue
ed intrecciando insieme le loro dita.
“Liz, non sono stato io. Se avessi avuto il potere di portarti nei sogni con
me, l’avrei già fatto da molto tempo.”
“Allora, deve essere stata Ellie.” sospirò Liz, appoggiando la testa sulla
spalla di lui.
Lui annuì, in silenzioso assenso e tese un braccio per passarlo attorno alla
sua spalla ed attirarla contro si sé, mentre in silenzio ripensavano al sogno
che avevano condiviso. Era stato meraviglioso, con Liz che finalmente era stata
in grado di vedere Ellie nel modo in cui lui la poteva vederla, eppure, nello
stesso tempo penoso, quando la connessione era terminata e lui e Liz erano
rimasti soli, senza di lei.
Max si irrigidì improvvisamente, trattenendo il respiro quando la percezione lo
raggiunse. I suoi occhi si spalancarono mentre osservava Liz e la vedeva in una
luce completamente nuova. Liz ricambiò lo sguardo con un’espressione
interrogativa, chiedendosi perché Max la stesse guardando in quel modo.
“Cosa c’è?” chiese, con un sorriso instabile sul viso e le sopracciglia
corrucciate.
“Liz, non ti ho portata io nel sogno.” riuscì a dire Max.
“Lo so.” rispose lei, non comprendendo ancora perché la stesse guardando in
quel modo. “Me lo hai già detto.”
“Ma … ma non può averlo fatto nemmeno Ellie.” disse Max. continuando a
guardarla in quel modo strano.
“Cosa vuoi dire? Deve essere stata lei.”
“Ellie si e addormentata, Liz. Era stanca e la connessione è svanita, ma tu ed
io siamo rimasti nel sogno.” Lui si alzò su un gomito e guardò giù, nei suoi
grandi occhi scuri. “Liz, non è stata Ellie e non sono stato io. Tu sei venuta
nel sogno per conto tuo. Tu ti sei unita al tuo sogno per conto tuo e sei
rimasta dopo che Ellie se n’ è andata.”
“Ma io non posso …” e allora capì cosa volesse dire. C’era solo una possibilità
che lei potesse unirsi ai sogni con le sue sole forze, in un solo caso lei
poteva sostenere la connessione. E i suoi occhi si spalancarono come quelli di
Max.
I suoi occhi si staccarono dal viso di lei, e seguirono il movimento della sua
mano che posò sulla pancia di Liz.
Lei la coprì con la sua. I loro occhi si incontrarono ancora ed un sorriso
spuntò sopra i loro volti. Si guardarono in silenzio l’un l’altra e poi Max
disse a voce alta quello che tutti e due avevano intuito. “Liz, penso che
aspettiamo un bambino.”
Continua...
Scritta
da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di
Coccy85 |