Riassunto: Questa
storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore
alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai
fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o
duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più
grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa
ricambiarlo.
Valutazione contenuto:
non adatto ai bambini.
Disclaimer: Ogni
riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori
protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.
Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitoli 43-48
Capitoli 49-54
Capitoli 55-60
Capitoli 61-66
Capitoli 67-72
Capitoli 73-78
Capitoli 79-84
Capitoli 85-90
Capitoli 91-96
Capitoli 97-102
Capitoli 103-108
Capitoli 109-114
Capitolo 115
Max guardò Ellie che dormiva
saporitamente nel mezzo del loro letto. La loro prima mattinata insieme era
trascorsa tranquilla e ora lei stava facendo il suo sonnellino. Né lui né
Liz sapevano cosa aspettarsi, ma quando Ellie cominciò a sbadigliare, non vi
volle uno scienziato per capire che aveva sonno. Si era addormentata in un
baleno e ora appariva così serena, con la mano sotto il mento e gli ondulati
capelli scuri sparsi sul cuscino.
“Mi chiedo per quanto dormirà.” disse Max quando sentì Liz arrivargli
vicino.
“Non ne ho idea.” ammise Liz. Nemmeno lei aveva molta esperienza con una
bambina di due anni. Almeno non con una in carne e ossa.
“Potrei stare qui per sempre, a guardarla.” le disse lui dolcemente,
sentendo il braccio di Liz posarsi intorno alle sue spalle.
“So quello che senti.” lei poggiò la testa contro di lui.
“E’ meglio che vada.” Max la baciò sulla fronte ed uscirono dalla stanza da
letto. Lui stava andando nell’appartamento di Beardsley Road, per prendere
le cose di Ellie e sperava di tornare prima che lei si svegliasse. Non
voleva perdere nemmeno un momento di lei.
“Vorrei venire anche io.” si lamentò Liz, quando furono arrivati sulla porta
d’ingresso. Avrebbero potuto aspettare e poi andare tutti insieme, ma lei
non voleva che Ellie tornasse in quel posto. Mai più.
“Tornerò alla svelta.” Max l’abbracciò e la salutò con un bacio, prima di
uscire dalla porta.
***
Max uscì dall’ascensore e, per un istante, fu preso alla sprovvista
dall’attività che ferveva davanti a lui. Gente andava e veniva dal
laboratorio e sulla parete più distante erano allineate gabbie piene di
animali. Max vide Daniel Lansing traversare l’atrio per raggiungerlo.
“Che succede?” chiese Max e fece un passo indietro per fare spazio a Josh,
che usciva dal laboratorio portando alcune scatole.
“Stiamo facendo pulizia. “spiegò Daniel. “Johnson aveva un sacco di
registrazioni. Esperimenti che stava portando avanti e non tutti sulla
natura umana.”
“Oh.” Max comprese. Daniel intendeva parlare di Ellie. Lui sapeva che
Johnson aveva fatto degli esperimenti su di lei, ma guardando scatole su
scatole piene di quell’evidenza lo faceva stare male.
“Cosa ti porta qui?” chiese Daniel. “Carl sta arrivando, così potremo finire
la pulizia, ma ci aveva detto che saresti stato a casa per un po’.”
“Sono venuto a prendere qualcuna delle cose di Ellie. Noi non abbiamo …” Max
gli fece un mezzo sorriso, poi si strinse nelle spalle. “… niente.”
“Credo di sapere perché.” Daniel rimase impassibile. Poteva solo immaginare
quello che stava provando Max in quel momento.
“Sono venuto a prendere qualcuna delle sue cose preferite.” spiegò Max.
“così che non si senta completamente sradicata.”
Il movimento dell’ascensore attrasse l’attenzione di Daniel, che annuì in
quella direzione. “Sommetto che anche lei si sente così.”
Max si girò per vedere Mary nell’ascensore accanto a Carl, con le mani che
strofinavano nervosamente le braccia, come se avesse freddo. Portava ancora
lo stesso vestito della notte scorsa e, quando si voltò verso di lui, Max si
accorse delle ombre scure sotto i suoi occhi.
“Immagino che sia qui per prendere le sue cose.” osservò Daniel.
Max si accorse che Mary era trasalita nel vederlo ed il suo nervosismo era
cresciuto. Attraverso Ellie, credeva di avere imparato a conoscere un po’
come era fatta Mary, e le si avvicinò per alleviare i suoi timori.
“Come ti va, Max?” Quando il ragazzo gli fu vicino, Carl gli strinse
amichevolmente la spalla.
“Bene.” Max annuì e la sua espressione indicava che era vero. “ Io sto …” e
la sua faccia di aprì in un largo sorriso. “veramente benissimo.” Rivolse lo
sguardo a Mary e le disse “Felice di vederla, Mary.”
“Salve signor Ev … agente Evans.” Mary spostò lo sguardo, sentendosi in
imbarazzo. Non si era aspettata che lui fosse lì. Non poteva fare a meno di
chiedersi quanto l’avesse considerata colpevole per il dolore di vivere
senza sua figlia per tutti quegli anni. L’avrebbe fatta accusare di
qualcosa? Sarebbe andata in prigione? Avrebbero mai creduto che lei era
all’oscuro di quello che il Dottore stava facendo?
“Mary,” le disse Max con un sorriso disinvolto. “Il signor Evans è mio padre
e vive a Roswell, New Mexico, e agente Evans suona un po’ troppo formale per
me, non crede? Il mio nome è Max e, grazie a lei, ora posso anche rispondere
al nome di papà..” Vide gli occhi di Mary inumidirsi di lacrime, mentre
voltava la testa perché lui non la vedesse piangere.
“Ho accompagnato Mary a prendere qualcuna delle sue cose.” disse Carl per
cambiare argomento e dare a Mary modo di riprendersi. Era preoccupato per
lei. Si sarebbe portata sulle spalle una quantità di sensi di colpa.
“Perché non lasci che sia io a prendermi cura di Mary?” si offrì Max. Sapeva
che l’accesso a quella parte era limitato solo al personale autorizzato.
Mary avrebbe dovuto essere accompagnata e Carl si era offerto. Avrebbe
dovuto essere lì in ogni caso. “So che Daniel ti sta aspettando.”
“Certo.” Carl guardò Max poi Mary. Pensò che quei due avevano molte cose da
dirsi. “Chiamami se hai bisogno di me.”
Carl si diresse verso il laboratorio e Max portò la sua attenzione su Mary.
Le posò una mano sul braccio e fu colpito da un flash. La sua mascella si
strinse all’ immagine che lo colpì, insieme con le emozioni che
l’accompagnavano.
Mary seduta sul letto accanto alla sorella morente, con la testa poggiata
sul bordo del materasso e la mano di Martha nelle sue. Sola. Si sentiva così
sola. Senza le risate di una bambina innocente, una bambina che amava e che
sentiva come sua. Mary piangeva quello che era una parte di lei.
“Agente Evans … Max?” Mary lo guardò preoccupata.
“Penso che debba prendere le sue cose, adesso.” Max scacciò via la visione.
Le posò delicatamente la mano sulla spalla e le sorrise. “Andiamo.”
***
Max era in piedi davanti alla piccola scrivania e guardava l’album di Ellie,
pieno di immagini familiari. Poteva vedere la somiglianza col disegno di se
stesso e di Liz, e di Ellie. Sorrise alla vista del fagottino in braccio a
Liz, sapendo che era Matthew. Ellie doveva esercitarsi a disegnare i
neonati. Vide quello che sembrava essere un cucciolo e suppose che avrebbe
risposto al nome di King e una piccola macchia di colore che probabilmente
si sarebbe avvicinata se l’avesse chiamata Smokey. Una ruota panoramica
riempiva tutta una pagina, sotto un cielo illuminato dai fuochi d’artificio.
un coniglio dominava un’altra pagina, e Max si chiese perché le avesse
attribuito tanta importanza.
“Lei ama disegnare.” disse Mary dalla soglia della porta. “Credo che le
farebbe piacere averlo.”
“Grazie.” Max chiuse la copertina e lo appoggiò sul letto, dove aveva
accumulato una pila di cose per Ellie.
“Questi sono alcuni dei suoi vestiti preferiti.” Mary entrò nella stanza e
li mise nella valigia che era aperta sul letto. “Io avevo cominciato a
preparare i bagagli … ieri … prima che il Dottore tornasse a casa …”
“Si stava preparando a partire?” chiese Max. “A portare via Ellie?”
“Aspettavamo il buio, così che il sole non potesse nuocerle …”
“Perché lei credeva …”
“Si.” Mary annuì e si sedette sul bordo del letto, sentendosi così stanca,
emozionalmente e fisicamente stanca. “Io ho creduto alle sue bugie …”
“Non biasimi se stessa, Mary.” Max si sedette accanto a lei. “L’unica cosa
di cui si è resa colpevole, è stata quella di amare mia figlia e per questo
la ringrazio.”
“E’ una bambina così facile da amare.” Il sorriso di Mary era malinconico.
Svanì velocemente mentre diceva “Ci sono tante cose che non capisco. Come
faceva a conoscere te, e sua madre e un fratellino che era appena nato? Come
e perché abbiamo diviso gli stessi sogni? Io …”
“Mary.” Max coprì la sua mano con le sue. “Ci sono tante cose che vorrei
dirle, e lo farò. Le darò tutte le risposte che sta cercando, ma …”
“Ma ora ci sono cose più importanti.” Mary annuì. “Come portare queste cose
a una bambina così speciale.” Mary indicò la pila sul letto.
“E altre cose.” Max le strinse la mano.
***
“Avete finito?” Carl si guardò intorno nel soggiorno, vedendo un paio di
scatole e due valigie in mezzo alla stanza.
“Quasi?” Max mise uno sgabello in cima alla pila. Ellie sarebbe stata in
grado di arrivare al lavandino, ora. Girandosi verso Carl, gli fece la
domanda che non aveva avuto modo di fare dalla sera prima. “Come hai fatto a
trovare questo posto ieri sera? Quando mi hai mandato a casa, non eravamo
nemmeno vicini ad immaginarlo. Liz mi ha detto che sei arrivato appena io
sono entrato e anche Chris e Tully. Come hai fatto a saperlo?”
“Buon vecchio lavoro di investigazione.” Carl gli fece un sorrisetto
compiaciuto. Avrebbe avuto modo di fornirgli i dettagli più tardi. “E tu?”
“Oh,” Max sorrise radiosamente al suo collega. “Buona vecchia magia aliena.”
I due uomini condivisero una risata sulle loro capacità individuali e sul
raggiungimento di uno scopo comune. Infatti, una volta avuto il tempo per
pensarci e per parlarne, si sarebbero resi conto che se avessero agito da
soli il risultato sarebbe stato differente. Max non sarebbe stato in grado
di liberare Ellie per conto suo. Johnson l’avrebbe portata via nella notte e
l’incubo non avrebbe mai avuto fine. Chris sarebbe morto in una pozza di
sangue se no fosse stato per il tocco di una piccola mano. Carl e gli altri
non sarebbero mai sopravvissuti se Max non avesse usato i suoi poteri
speciali, nel laboratorio. C’erano volute le forze di tutti loro, alieni ed
umani, per arrivare ad un risultato positivo.
Mary si unì agli uomini in soggiorno e si guardò intorno per l’ultima volta.
Aveva trascorso quasi tre anni della sua vita lì dentro ma, dopo oggi, non
avrebbe mai più visto quel posto. Aveva molti ricordi meravigliosi, raccolti
mentre vedeva crescere una piccola vita e sperava che quei ricordi fossero
sufficienti per darle la forza di andare avanti.
“E’ pronta?” disse Carl, disponibile ad accompagnare Mary ovunque volesse
andare.
“Posso accompagnarla io, Carl.” Max guardò il suo amico. Carl annuì e Max si
volse verso Mary. C’era qualcosa che andava fatto e che solo lui poteva fare
per lei, e il tempo era prezioso.
***
Max prese il trolley dal bagagliaio della sua macchina e lo poggiò per
terra. Tirò in su la maniglia e Mary allungò la mano per prenderlo, dicendo
“Grazie, per avermi accompagnato qui. Avrei avuto qualche difficoltà a
portare la valigia sull’autobus.”
“La porto io.” Max spostò la mano di Mary. “Mi mostri solo la strada.” Max
la seguì all’interno della clinica e si avviarono verso la stanza di Martha.
“E’ proprio in fondo al corridoio.” protestò Mary. “Puoi lasciarla lì”
“Non si preoccupi.” La rassicurò Max. “Inoltre c’è qualcosa che devo fare.”
Mary lo guardò perplessa, ma lui cominciò a camminare, cambiando discorso.
“Ha idea di dove andrà a stare, adesso?”
“C’è un piccolo motel proprio in fondo alla strada.” Sospirò Mary.
“Probabilmente starò lì, finché …”
“Capisco.” Max abbassò lo sguardo ed annuì. Sapeva cosa voleva dire. “E
poi?”
“Non ne ho idea.” Mary cercò di trattenere il tremito della sua voce. Martha
era tutto quello che le era rimasto, ormai, e una volta che se ne fosse
andata, non avrebbe avuto più nessuno. Si strofinò gli occhi e si fermò
davanti ad una porta. “Ci siamo. Questa è la stanza di Martha. Per favore
di' a Jen … Ellie che la ricorderò sempre.”
“Oh, spero che glielo possa dire lei stessa, questa sera a cena.” Max le
sorrise incoraggiante.
“Cosa?” disse Mary sorpresa.
“A cena. Stasera. Sempre che le faccia piacere venire …”
“Sarei felicissima!” le parole le corsero fuori dalla bocca.
“Bene.” Max la fece entrare nella stanza di Martha. “Questo farà Ellie, e
noi, veramente felici. E’ tutto il giorno che chiede di lei. E’ preoccupata
per lei.”
“Si?” Mary si portò la mano alla gola.
“Certo.” Max le strinse la spalla. “Ellie le vuole veramente molto bene. E
niente cambierà questo affetto.”
“Grazie.” Mary ricacciò indietro le lacrime. Forse avrebbe ancora potuto
vedere Ellie una volta ogni tanto. Poteva sempre sperare.
“Mary.” Max le porse l’unica sedia della stanza e la fece sedere. Poi si
mise in ginocchio davanti a lei e le prese le mani. “Lei sa che c’è qualcosa
di diverso in Ellie, vero?” la vide spalancare gli occhi ed annuire. “Lei ha
ereditato queste … differenze, da me. Ora non ho il tempo per spiegarle
tutto, ma … io vorrei aiutarla, Mary. Voglio che abbia la possibilità di
parlare ancora una volta con sua sorella.”
“Ma …?” Mary guardò Martha distesa sul letto. Non c’era possibilità che
potesse ancora parlare. Non era nemmeno consapevole che ci fosse qualcuno
nella stanza.
Max si alzò e traversò la stanza per chiudere la porta in modo di avere un
po’ di riserbo. “So che non ci conosciamo, Mary, ma io mi fido di lei e sono
sicuro che quello che accadrà ora rimarrà tra noi due.”
Mary ora lo fissava apertamente, non sapendo come interpretare quello che
aveva detto, ma quando le chiese di sedersi sul letto, lo fece senza
esitare. Stavano uno di fronte all’altra, Max da un lato del letto, Mary
dall’altro e Max le disse “Prenda la mano di Martha …” La vide esitare,
confusa, e la incoraggiò “Non abbia paura.”
Mary fece quello che le aveva chiesto, stringendo le dita intorno alla mano
rugosa della sorella e poi Max, in silenzio, le tese la propria. Lei fece
scivolare la mano in quella di lui, sentendone il calore scorrere dentro di
lei, poi Max prese la mano destra di Martha con l’altra mano, formando un
circolo tra di loro.
Lei lo vide chiudere gli occhi, concentrandosi. Si chiese cosa stesse
facendo, poi la stanza cominciò a svanire. Mary sentì il cuore aumentare il
battito per un istante, poi una sensazione di pace scese su di lei …
Le pareti scomparvero e l’odore dell’agonia e della morte si trasformò nel
profumo di fiori di un giorno d’estate. Il sole splendeva sopra di lei,
quando avvertì un movimento alla sua sinistra.
“Alla mamma è sempre piaciuto il giardino.” Disse Martha con la voce chiara
e allegra. Stava davanti alle rose e, come la sorella, aveva un debole per
quelle rosse.
“Martha?” Mary fece fatica per credere a quello che stava vedendo. Sua
sorella era tornata giovane, con lo splendore della vita sulle sue guance.
“Martha? Come è possibile?”
“Sei stata una brava sorella, Mary.” Martha lasciò i fiori e si voltò verso
la sorella minore. “Abbiamo gli alti e i bassi nella nostra vita, ma siamo
sempre state vicine una all’altra, vero?”
“Si.” Mary annuì, con le lacrime agli occhi. Aveva versato secchi di lacrime
nelle ultime 24 ore.
“Io me ne andrò presto.” Martha le porse le mani e Mary le prese tra le sue.
“Posso sentire papà che mo chiama. Lui e la mamma mi stanno aspettando e ora
sono pronta ad unirmi a loro. Sono così felice di aver avuto la possibilità
di dirti addio.”
“Martha.” gridò Mary. “Cosa farò senza di te?”
“Oh, Mary.” Martha sorrise e la abbracciò. “Tu non sarai sola. Hai ancora
tanti anni da vivere, anni meravigliosi. Saranno gli anni più belli della
tua vita.” Martha prese il viso di Mary tra le mani. “Tu hai ancora molto da
vedere. Ora vai, cara, e non preoccuparti per me. Hai delle piccole persone
che ti stanno aspettando. Sono loro che hanno bisogno di te.”
“Martha …”
“Sii felice, Mary.” Le sussurrò Martha, poi la visione sbiadì. Le ultime
parole di Martha echeggiarono nel giardino, mentre lei scompariva “Mamma e
papà ti mandano il loro amore, Mary. Tutti noi vogliamo bene …”
Mary ansimò, mentre la stanza tornava normale, poi si rese conto della
presenza del ragazzo di fronte a lei. Era crollato sul letto, con la fronte
madida di sudore ed il respiro teso ed affannato. Si affrettò accanto a lui,
senza esitazione o riserbo, e gli toccò il braccio chiedendogli “Max? va
tutto bene? Max?”
“E’ riuscita … a vedere …?” riuscì a dire Max, con estrema difficoltà.
“Martha? Si, ma … come …?” Mary lo aiutò a sedersi sulla sedia e lui vi
cadde pesantemente sopra. Prima ancora che lui riuscisse a rispondere alla
domanda, lei gli strinse la mano e disse “Non importa! Il come non è
importante. Quello che è importante sei tu e se tu stai bene.”
“Lo sarò tra un minuto.” Max la guardò negli occhi, vedendoci solo la
preoccupazione per lui. Lasciò andare un profondo respiro, felice di sapere
che il Club ‘Io Conosco Un Alieno’ aveva appena acquisito un nuovo membro.
Capitolo 116
Liz era seduta sul bordo del letto e
guardava Ellie mentre dormiva, sapendo che si sarebbe svegliata molto
presto. Il suo faccino angelico appariva tranquillo e rilassato e Liz
avrebbe voluto pizzicarsi per convincersi che era tutto vero, che lei non
era un sogno. Ellie si mosse, cominciò ad aprire lentamente gli occhi ed un
sorriso assonnato le si allargò sul viso.
“Ciao, mamma.” Ellie si stirò e si raddrizzo per farsi abbracciare.
“Ciao, bambina. “ Liz la avvolse tra le braccia e la strinse al petto. Aveva
giurato a se stessa che non avrebbe più pianto, che era troppo felice per
piangere, ma sentire Ellie tra le sue braccia, in qualche modo le faceva
annebbiare la vista.
“Posso andare Fuori ora?” chiese Ellie speranzosa. Papà l’aveva portata
Fuori dopo colazione e l’aveva lasciata giocare nel giardino posteriore. La
sensazione dell’erba sotto i suoi piedi era stata gradevole, ma il sole
l’aveva fatta sentire veramente felice.
“Si, possiamo uscire.” Liz si alzò dal letto e tese la mano a sua figlia.
Ellie era stata segregata per tutta la sua vita, e il Fuori era un mondo
tutto nuovo per lei. Un mondo infinitamente più grande di poche stanze nel
piano interrato di un edificio.
“Dov’è papà?” Ellie fece scivolare la sua mano in quella della madre, mentre
saltava fuori dal letto.
“E’ andato a prendere qualcuna delle tue cose.” Le sorrise Liz. “I tuoi
vestiti, la tua bambola ed altro. Tornerà presto.” Raggiunsero la porta
scorrevole della cucina che conduceva al retro della casa e il viso di Ellie
si illuminò. Corse fuori, piena di vitalità e di vivacità e Liz le corse
dietro, mentre il suono delle loro risate riempiva l’aria.
***
“Avete una casa molto carina.” Disse Mary quando Max parcheggiò nel viale.
La casa non era molto grande, ma era graziosa come una cartolina, circondata
da fiori colorati. Ellie aveva avuto ragione a proposito delle rose. C’erano
rose bianche dappertutto, sparse tra i fiori colorati.
“Grazie.” Max tolse le chiavi dal cruscotto ed aprì la portiera. Vide Mary
esitare e si affrettò dalla sua parte per aiutarla.
Mary guardò la casa, sentendosi fuori posto. Non riusciva a dimenticare
l’orrore di cui aveva fatto involontariamente parte, l’incubo che questo
ragazzo e la sua famiglia avevano dovuto sopportare. Lui avrebbe avuto tutte
le ragioni di impedirle di vedere Ellie per sempre.
“Si sente bene?” Max le appoggiò gentilmente la mano sulla spalla.
“Forse non dovrei …” Mary lo guardò con il dispiacere negli occhi. “Forse
sarebbe meglio per lei se me ne andassi …”
“Mary.” Max le strinse la spalla. “Ellie ha chiesto di lei. Le vuole bene e
ha bisogno di lei. Lei è stata la persona più importante della sua vita e io
non voglio che la perda.” Porgendole la mano, Max le sorrise incoraggiandola
e dicendo “Andiamo da lei.”
Mary fece scivolare la mano nella sua e si lasciò aiutare a scendere
dall’auto. Si girò verso la casa, ancora con un po’ di apprensione, fino a
che la porta di aprì e un fascio di energia si precipitò nel portico. Il
viso di Ellie irradiava felicità, mentre i suoi piedini sporchi di erba
correvano nel viale e lei gridava il nome di Mary per l’intero percorso.
“Mary! Mary!” Ellie si gettò nel caldo abbraccio di Mary, strofinando il
viso nel caldo, morbido seno familiare.
“Ciao, Ellie.” Lacrime scesero sul viso di Mary mentre prendeva tra le mani
il viso della bambina e lo riempiva di baci.
Liz le guardo dalla porta, tenendo in braccio Matthew e cullandolo
dolcemente. Non era gelosa dell’affetto che Ellie provava per Mary, solo
delle cose che Mary aveva sperimentato con Ellie e che lei non avrebbe mai
avuto. Tutte le cose che le erano mancate. Portò lo sguardo su Max , i loro
occhi si incontrarono e lei si chiese se anche lui stava pensando alla
stessa cosa. Nonostante i loro sogni, Mary conosceva la figlia meglio di
loro.
“Vieni,” Ellie tirò il braccio di Mary. “Ti faccio vedere tutto” La sua
nuova casa era così eccitante!
“Va bene, tesoro.” Mary rise della sua esuberanza.
“Aspetta, Ellie.” Max si chinò sul sedile posteriore della macchina e prese
la sua bambola, porgendogliela. “Credo che questa sia tua.”
“E’ mia!” esclamò lei e la prese tra le mani. La strinse al petto gridando
felice. “Grattie, papà!” Si girò verso Mary con gli occhi che le brillavano.
“Guarda cosa mi ha dato papà!”
“Ho visto.” Mary la guardava incantata. Era ancora stupita del fatto che
Ellie conoscesse i suoi genitori, senza contare il fatto che lei sembrava
essere completamente a proprio agio con loro, come se non fossero mai stati
separati. C’erano molte cose in quella storia che lei non capiva, ma avrebbe
aspettato le spiegazioni di Max. Per adesso, era solo contenta di poterne
fare parte. “Il tuo papà ha altre cose per te lì dietro.”
Ellie girò attorno a loro per andare a vedere e infatti, c’erano il suo
album da disegno e i suoi colori, e i suoi occhi si spalancarono quando vide
il suo libro preferito. Anche ‘Il Coniglio di Velluto’! Si infilò nel sedile
posteriore e cominciò a raccattare tutto.
“Lascia che ti aiuti, tesoro.” Max fece un largo sorriso e si allungò per
prendere l’album.
“Faccio me!” Ellie lo prese e lo appoggiò sul sedile. L’album cadde e lei
sospirò “Oops!”.
“Ellie …” Max si chinò per aiutarla.
“Faccio me!” Ellie poggiò la sua bambola sull’album e lottò per rialzarsi.
Era un album grande per una bambina piccola. Fece qualche passo in direzione
della casa e gridò eccitata alla madre “Papà mi ha preso le cose. Ti fasso
vedere … oops!”
“Ellie, amore …” Max fece un passo verso di lei per aiutarla, ma Mary lo
fermò.
“Ti avevo detto che era testarda” Mary gli sorrise, ancora con la mano sul
suo braccio.
“Credo che abbia preso dalla madre.” Max fece una risata.
“Tta ferma!” ordinò Ellie e rimise la bambola sull’album. Il palmo della sua
mano brillò di una luce purpurea e la bambola si incollò all’album, così non
sarebbe più caduta. Raccolse il tutto e portò con successo i suoi tesori in
casa.
“Cosa … ?” Mary guardò la bambina senza capire più nulla. Rimase a bocca
aperta, mentre cercava una spiegazione razionale per quello che aveva visto
e sentito nelle ultime 24 ore, ma non credeva ce ne fosse nessuna.
“Venga dentro, Mary.” Max la sospinse poggiandole una mano sulla spalla.
“Abbiamo una storia da raccontarle, e ci vorrà un po’ di tempo.”
***
“Oh, mio Dio!” Quando la storia arrivò alla fine, Mary si poggiò una mano
sul petto. Quella storia era strana, inimmaginabile, impossibile da credere,
ma lei aveva accettato per vera ogni parola che Max le aveva detto. Gli
Alieni sono tra noi. Lei ne aveva cresciuta una dalla nascita, sospettando
qualcosa di insolito solo nelle ultime settimane. Non poteva negare le cose
che aveva visto, o sentito, o percepito. Per quanto potesse sembrare strano,
era tutto vero.
“Va tutto bene, Mary?” le chiese Max, sapendo che choc doveva essere stato
per lei. Non solo l’ammissione della loro vera natura. C’era anche tutto il
resto. Nelle ultime 24 ore il suo mondo si era capovolto.
“Allora … tu sei … un …” Mary non riuscì a dirlo. In tutta la sua vita, lei
non aveva creduto alla vita tra le stelle. Era inconcepibile … ma tutto
aveva senso. Perché il Dottore aveva nascosto Ellie sottoterra, in modo che
nessuno la vedesse. La sua spiegazione sulla ‘malattia’ di Ellie le era
andata dritta al cuore. E naturalmente, lei avrebbe fatto di tutto per
proteggere la povera cara da quel morbo tremendo.
Aveva pensato che era strano che portasse una bambina così piccola in
laboratorio, ma aveva anche pensato che stesse cercando di trovare una cura
per la debilitante infermità di ‘Jenny’. Era per una nobile causa, o almeno
così aveva creduto. Ora, poteva solo piangere sul quello cui aveva preso
inconsciamente parte.
“Può dirlo, Mary.” Le disse Max. “Io sono un Alieno. Io provengo da un mondo
che è morto e sulla mia strada ho trovato l’unica e la sola persona cui
appartengo.” Max tese la mano a Liz e il loro contatto disse più di quello
che le parole avrebbero mai potuto dire. “Come era scritto nelle stelle.”
Aggiunse, con uno sguardo pieno d’amore rivolto a sua moglie.
“E ecco perché Ellie può fare quelle cose.” Disse Mary dopo un minuto.
“Condividere i sogni, far brillare la sua mano e … guarire, come puoi fare
tu.”
“Si.” Max annuì. Mary la stava prendendo molto bene. Forse perché il seme
era stato già piantato quando Ellie le aveva parlato dei sogni. Lei aveva
sospettato qualcosa … ma non questo.
“Credo sia ora di preparare la cena.” Annunciò Liz e si alzò dalla tavola.
Mary avrebbe avuto bisogno di tempo per assimilare tutto quello che aveva
sentito. Proprio in quel momento Matthew, con il suo incredibile tempismo,
fece sentire la sua presenza. Poteva anche essere mezzo alieno, ma era solo
un neonato e piangere era quello che sapeva fare meglio.
Anche Mary si alzò dalla tavola, volgendo la sua attenzione in direzione di
Liz. “Sembra che qualcuno reclami la tua presenza.” Disse sorridendo. “Io
sono abbastanza esperta in cucina, ho preparato da mangiare per la mia
intera vita. Se per te va bene, sarei felice di cominciare a preparare la
cena, mentre ti prendi cura del tuo bellissimo bambino.” Inoltre, aveva
bisogno di tenere occupate le mani.
Max e Liz si scambiarono uno sguardo, sollevati dal fatto che Mary avesse
preso tutto abbastanza bene. Non era facile per loro aprirsi e lasciare che
qualcuno entrasse nelle loro vite, ma Mary era la benvenuta, con tutto il
cuore.
***
Max portò la bambina addormentata in casa e chiuse in silenzio la porta
dietro di se. Sentiva le sue braccine intorno al collo e la testa che
riposava sulla sua spalla, e si fermò proprio dietro la porta, prendendosi
un momento per pensare a quanto fosse cambiata la sua vita. La sua mano
accarezzò dolcemente la schiena della piccola, in un gesto rasserenante,
tanto per lei come per lui.
Il loro primo giorno insieme, era stato un giorno denso di avvenimenti.
Si guardò attorno per vedere l’ambiente familiare, con i mobili proprio come
li voleva Liz, la sedia blu ad un lato del camino e quella stampata
dall’altro. La libreria era piena di statue di Pegaso, che per lei era
diventato il simbolo della fine delle loro sofferenze e ora Max sapeva che
aveva lo stesso significato anche per Ellie. Lo attestava il disegno del
cavallo volante che aveva nel suo album. La mensola sopra il caminetto era
piena di fotografie della famiglia, in cui risaltava un disegno a matita.
Max era felice del fatto che ora avrebbe potuto toglierlo e sostituirlo con
una foto della famiglia. Una famiglia di quattro persone.
“Papà?” Ellie si mosse tra le sue braccia e lo riscosse dal suo sogno.
“Cosa c’è, Ellie?” Max passò le dita tra i suoi capelli morbidi.
Lei si strofinò gli occhi col dorso della mano e trattenne a stento uno
sbadiglio, prima di guardarlo e di chiedergli con la sua vocina “Perché Mary
non può stare qui con noi?”
“Non abbiamo abbastanza spazio per Mary.” Le rispose onestamente Max e
cominciò a dirigersi verso la stanza da letto. Erano appena tornati dopo
aver accompagnato Mary a ‘casa’, alla stanza del motel che occupava per il
momento. A Max non aveva fatto piacere lasciarla lì, ma era vicina alla
clinica, e lui sapeva quanto fosse importante per Mary in quel momento.
“Può dormire con noi.” Ellie appoggiò di nuovo la testa sulla forte spalla
del padre e Max non poté fare a meno di sorridere della sua dolce innocenza.
L’immagine di se stesso, di Liz, di Ellie e … di Mary, che cercavano di
dormire nello stesso letto era troppo divertente.
“Credo che Mary abbia bisogno del suo letto per dormire, tesoro.” Max le
baciò la fronte.
“Oh.” Rispose Ellie, perdendo la guerra con un altro sbadiglio. E anche Max
non riuscì a trattenere il suo. Sentì Liz che si stava occupando di Matthew
nell’altra stanza e si fermò sulla soglia della porta per guardarla. Lo
stava sistemando nella culla e i suoi occhi allegri, si alzarono per
incontrare il suo sguardo. Anche lei doveva aver sentito quello che aveva
detto Ellie.
Max proseguì per il corridoio verso la loro stanza e vide che Liz aveva
preparato sul letto, una camicia da notte per Ellie. Donna sveglia, pensò
tra se. Se l’avesse lasciata prendere a lui, avrebbe certamente scelto
qualcosa di completamente inappropriato. Si sedette sul bordo del letto e
appoggiò Ellie sulle sue gambe, cercando di slacciare i piccoli bottoni sul
retro del suo speciale vestito di ‘benvenuta a casa’.
“Alza le braccia, Ellie.” Max cercò di persuadere la sua stanca figliola e
lei alzò le braccia al di sopra della testa. Poi le tolse le scarpe e le
calze, le uniche che avevano trovato quel giorno nell’appartamento, e notò
macchie d’erba sui suoi piedini. Probabilmente avrebbe avuto bisogno di un
bagno, ma quella sera erano tutti troppo stanchi. Il bagno avrebbe dovuto
aspettare fino alla mattina dopo. Le mise la camicia da notte dalla testa e
l’aiutò ad infilare le braccia nelle maniche, sfilandole i capelli dal
collo. Lei si appoggiò al suo petto e Max le baciò la testa, gustandosi quel
momento.
“Devi usare il vasetto?” le chiese, e la sentì muovere la testa da un lato
all’altro. “No?”
“No.” Lei scosse ancora la testa.
Max sorrise e l’abbracciò, alzandosi dal letto. Sapeva che gli ci sarebbe
voluto un po’ di tempo per abituarsi alla nuova vita insieme e chiedere ad
una bambina di due anni se aveva bisogno di usare il vasetto era uno di
quegli adattamenti. Ellie si era quasi addormentata tra le sue braccia e lui
decise di soprassedere al lavaggio dei denti per quella sera. Dopotutto, se
le fosse venuta una carie, lui avrebbe potuto curarla.
La stava giusto per mettere sotto le coperte, quando Liz entrò nella stanza
portando qualcosa di speciale tra le mani. Ellie la vide e lui la sentì
sollevarsi tra le sue braccia.
“Mary mi ha detto che ami dormire con questa.” Liz si avvicinò e mise la
bambola tra le braccia tese di Ellie.
“Grattie, mamma.” Ellie se la strinse al petto e Liz sorrise alla sensazione
delle piccole labbra che le baciarono la guancia.
“Prego, tesoro.” Liz le ricambiò il bacio. “la tua bambola ha un nome?” le
chiese, passando la punta delle dita sulla sua guancia morbida.
“Uh, huh.” annuì Ellie . “Si chiama Tesoro, perché papà ti chiama sempre
così.”
“Davvero?” Liz sentì di nuovo i suoi occhi riempirsi di lacrime. Ellie aveva
dato il suo nome alla bambola. Sentì il braccio di Max scivolare sulle sue
spalle e si appoggiò a lui, in cerca di sostegno. Era stato un giorno denso
di emozioni e lei si sentiva esausta, ma felice come non era mai stata
prima.
“Si.” Ellie sbadigliò ancora e mise le braccia intorno al collo di Liz. “Ti
voio bene, mamma.” Abbracciò forte la madre, poi si girò verso Max. “Ti voio
bene, papà.”
“Anche noi ti vogliamo bene, Ellie.” cercò di dire Max attraverso il groppo
che gli stringeva la gola. Erano insieme, stringendosi l’uno alle altre, una
famiglia riunita, poi Ellie ruppe quel magico momento con solo sette parole.
“Ora si che devo andare sul vasetto.”
***
Max cominciò a sbottonarsi la camicia mentre Ellie finiva di lavarsi le
mani. Lo sgabello le dava giusto l’altezza per arrivare al lavandino, ma non
quella per raggiungere l’asciugamano, posto sulla barra in alto. Liz stava
giusto per porgerglielo, quando l’asciugamano cominciò a muoversi da solo,
volando attraverso l’aria per posarsi nelle mani di Ellie.
“Ellie?” le dita di Max si immobilizzarono sul bottone. Diede un’occhiata a
Liz, poi tornò a guardare Ellie. “L’hai fatto tu?”
“Cosa?” Ellie guardò la sua immagine riflessa allo specchio.
“Hai fatto muovere tu l’asciugamano?” le chiese, avvicinandosi a lei.
“Ho fatto bbagliato?” il suo labbro inferiore cominciò a sporgere in fuori.
“No, tesoro.” Max la prese svelto tra le sue braccia. “Non hai fatto nulla
di sbagliato. “ disse in un tono rasserenante. “Devi solo stare attenta
quando usi i tuoi poteri, perché nessun altro deve vederli.”
“Come quando mi hai detto di non farli vedere a papà Dottore?” Ellie
giocherellò col bottone della sua camicia.
“Esattamente.” la rassicurò Max, accarezzandole i capelli che le ricadevano
sulle spalle. “Quando siamo a casa, e siamo solo noi, va bene. Ma quando
siamo fuori o insieme ad altra gente, non devi far capire cosa puoi fare.
Hai capito?”
“Io ricordo.” annuì Ellie. “E’ un segheto.” Guardò in su, verso il padre, e
gli chiese “E Mary? Posso farli vedere a Mary?”
“Si.” Max le baciò la fronte e la riportò a letto. “Mary fa parte della
famiglia. Non dobbiamo avere segreti per lei.” La posò delicatamente al
centro del letto, ma le sue braccia erano ancora strette intorno al suo
collo, ancora non disposta a lasciarlo andare.
“Sono cottenta che mi hai trovato, papà.” Ellie guardò il viso che aveva
riempito per tanto tempo i suoi sogni. “Sono cottenta che mi hai fatto
diventare Reale.”
“Anche io lo sono, bambina.” Max le sorrise, mentre cercava di trattenere le
lacrime che gli riempivano gli occhi. “Possiamo tutti essere Reali, adesso.”
Ellie si infilò sotto le lenzuola, stringendo al cuore la sua bambola, E Max
si tolse in fretta camicia e pantaloni, lasciandoli cadere sul pavimento.
Domani li avrebbe raccolti, ma quella sera erra troppo stanco per curarsene.
Prese una maglietta da un cassetto e si infilò sotto le coperte, con Ellie
da un lato e Liz dall’altro. Dividere il letto con una bambina di due anni
non era una situazione ideale, ma Max e Liz non chiedevano di meglio. Domani
avrebbero pensato a procurarsi un letto più adatto a lei.
Ellie sorrise, abbandonandosi al sonno, sentendo il calore del braccio della
madre su di lei e la solida forza del padre accanto, che la facevano sentire
al sicuro ed amata. Liz fu cullata nel sonno dal dolce rumore del respiro di
sua figlia. La sua mano percepiva il movimento del piccolo petto di Ellie,
così solido e reale sotto le sue dita. Max le teneva abbracciate tutte e due
protettivamente. Le sue ragazze. Sua moglie e sua figlia. I suoi occhi si
chiusero ed un sonno soddisfatto scese sopra di lui.
Quella notte non ci sarebbe stato bisogno di sognare.
Capitolo 117
Max imprecò quando le nocche delle
dita sbatterono nella parte interna della culla e cominciò a scuotere la sua
mano in reazione al dolore improvviso. Stava smontando la culla, o almeno
tentava di farlo, così da poterla riporre in attesa del trasloco. Stavano
lasciando quella casa, e tutto quello che vi avevano diviso, ma i ricordi
avrebbero sempre fatto parte di loro.
Ora avevano bisogno di una casa più grande, con tre stanze da letto invece
di due, e forse anche una sala per giocare, se se la fossero potuta
permettere. Avrebbero cominciato a cercarla tra un paio di settimane, al
ritorno dalla loro visita a Roswell per il matrimonio di Isabel. Nel
frattempo, Max si era ripreso dalla botta alla mano ed era tornato ad
occuparsi della culla.
Il nuovo lettino era arrivato da qualche giorno e Max stava smontando la
culla per fargli posto. Matthew non ne avrebbe avuto bisogno per un altro
mese o giù di lì, mentre Ellie aveva bisogno di un nuovo letto subito. Ne
avevano comprato uno quel giorno quando erano andati tutti insieme al centro
commerciale ed Ellie li sottoposti tutti al test del ‘rimbalzo’.
Era saltata su tutti e quello che avevano comprato era quello che, secondo
lei, ‘rimbalzava’ meglio.
Il centro commerciale era stata una vera esperienza per lei e Max pensò che
era un po’ sovraeccitata da tutta la gente che aveva visto. All’inizio era
rimasta attaccata a lui, con il viso incollato al suo petto, poi la sua
naturale curiosità aveva preso il sopravvento sulla sua paura. Ellie si era
adattata facilmente e Max era grato per questo. Stava scordando le paure per
la vita al di fuori del laboratorio e del piccolo appartamento dove era
stata confinata per tanto tempo. Quando arrivò il momento di uscire dal
centro commerciale, Max era distrutto dall’averle corso dietro. Ellie era
più veloce di qualsiasi altra persona che avesse conosciuto.
Così, dopo aver passato un paio di notti rannicchiata accanto ai suoi
genitori, Ellie ora aveva il suo letto, anche se doveva dividere la camera
con Matthew, e Max non vedeva l’ora di riavere Liz da sola nel loro letto.
Avere finalmente Ellie a casa con loro era la risposta a tutte le loro
preghiere, ma questo non cambiava il fatto che lui non aveva smesso di
desiderare sua moglie.
“Tu continua ad imprecare così,” gli disse Liz dalla soglia della stanza da
letto, “e tua figlia imparerà un sacco di parole nuove! Io non credo che lei
abbia mai sentito quelle parole prima d’ora!”
“Non riesco ad allentare questo bullone.” Max provò ancora, forzando
l’ostinato pezzo di metallo.
“Max.” Liz rise di lui. “Lo sai, potresti usare i tuoi poteri. Non ti
vedrebbe nessuno, tranne noi.”
Max aveva passato così tanti anni a nascondere la sua natura, che non aveva
pensato ad usare i suoi poteri in una situazione come questa. Guardando
imbarazzato Liz, passò la sua mano sopra il fastidioso bullone e lui si
svitò da solo.
“C’è Mary al telefono.” Lo informò lei, quando l’ostinato pezzo di metallo
fu nella sua mano. “Daniel insiste perché stia a casa loro, invece che in
quel motel disastrato.”
“Bene.” Max si sentì sollevato. Non gli piaceva che Mary dormisse in quel
posto. Le avrebbe chiesto di stare da loro, così sarebbe potuta stare
accanto ad Ellie, ma purtroppo non avevano posto.
“Si è offerto di aiutarla a trovare un appartamento vicino alla clinica.
Martha …” Liz era pensierosa. “Non credo che Martha …”
“Lo so.” Max annuì, comprendendo. Non si aspettavano che Martha
sopravvivesse alla settimana. Il suo tempo era arrivato. E tutti i poteri di
guarigione del mondo non avrebbero potuto aiutarla. Max era felice di aver
dato a Mary e a Martha la possibilità di dirsi addio.
“Lei lavora lì, ora.” disse Liz, con tono contento.
“Cosa?” Max posò la chiave e prestò piena attenzione a Liz.
“Mary.” disse lei praticamente. “Lavorerà alla clinica. Come volontaria.
Credo che abbia bisogno di fare qualcosa, di tenersi attiva.”
“Probabilmente hai ragione.” Fu d’accordo Max. Liz le capiva quelle cose.
“Così, stasera, saremo da soli.” disse lei, cambiando improvvisamente
argomento
“Questa sarebbe l’idea.” Max la guardò con gli occhi che brillavano. Si alzò
dal pavimento e si avvicinò furtivamente a lei, e quando la raggiunse, la
attirò a se. Le strinse le braccia dietro la schiena e si chinò ad
assaggiare la sua bocca, lasciando scivolare la lingua finché Liz non aprì
le sue labbra per lasciarlo entrare. Le cose avevano appena cominciato a
farsi interessanti quando un suono li interruppe e Max non riuscì ad
impedire che le sue labbra si piegassero in un sorriso.
“Che ttate facendo?” chiese Ellie dalla soglia della porta.
Più le cose cambiavano, più rimanevano le stesse.
***
Ora la casa era silenziosa, ora che la cena era finita. Max aveva sorriso
mentre mangiava, pensando che i toasts al formaggio grigliato non gli erano
mai parsi così buoni. Aveva mangiato il suo proprio come aveva fatto Ellie,
con una generosa spruzzata di tabasco, tranne che lui lo aveva mangiato
tutto ed Ellie aveva lasciato la crosta nel piatto.
Dopo aver riordinato la cucina, avevano fatto una lunga passeggiata nei
dintorni, con Liz che spingeva il passeggino di Matthew e Max che camminava
mano nella mano con Ellie. Le piaceva stare fuori e faceva domande su tutto
quello che non le era familiare e Max cercava di spiegarle tutto. Una
cassetta della posta all’angolo della strada era qualcosa di nuovo e
sorprendente. Un campanello a vento in un portico suonava dolce alla brezza
leggera. Una moto che rombava sulla strada sembrava pericolosa e selvaggia.
Erano cose che Ellie non aveva mai visto nel suo sconfinamento e le stava
assorbendo come una spugna.
Max e Liz sapevano della curiosità dei vicini sulla bimba che era ‘in
visita’ agli Evans, ma loro non avevano ancora spiegato la verità a nessuno.
Erano loro accadute troppe cose, perché si potessero preoccupare di cosa
pensassero i vicini.
Tornati a casa, Liz si occupò di cambiare Matthew e di allattarlo prima che
si addormentasse, speranzosamente, per la maggior parte della notte. Questo
lasciò a Max il compito ingrato di fare il bagno ad Ellie, cosa alla quale
stava cercando di sopravvivere.
All’inizio era stato un po’ agitato, ma con anni di pratica nel fare il
bagno a Liz, aveva acquisito qualche esperienza. Aveva regolato la
temperatura dell’acqua perché non fosse troppo calda per la sua pelle, e ora
stava cercando di lavarle i capelli senza mandarle lo shampoo negli occhi.
Era riuscito perfino a sciacquarglieli senza affogarla. Allungò la mano per
prendere il sapone e finire di lavarla, e fu più che felice di rinunciare a
quel compito quando Ellie gli tolse il sapone dalle mani dicendo “Faccio
me!”
Max si piegò sulla vasca, appoggiando le braccia al bordo e il mento sulle
mani, e guardandola ridere, spruzzare e giocare con l’acqua. Sorrise
pensando che Mary aveva ragione. Decisamente ad Ellie piaceva fare il bagno.
“Fatto!” proclamò Ellie e si alzò in piedi, tendendo le braccia verso il
padre. Lui la sollevò, la appoggiò sul tappetino e la avvolse in un
asciugamano enorme. Mise grande cura nell’asciugare la sua morbida pelle,
poi usò i suoi poteri per asciugarle i capelli umidi. Dopo averle infilato
una morbida camicia da notte e averle lasciato lavare i denti con il suo
nuovo spazzolino, Max le pulì la bocca dal dentifricio e le diede il famoso
ultimo bicchiere d’acqua, che tutti i bambini chiedono prima di andare a
letto.
Finito tutto, la posò in terra e andarono a trovare Mr. Wiggles per dargli
la buonanotte. Il porcellino d’India era stato sistemato in un angolo del
soggiorno e Ellie si accertò che avesse cibo e acqua prima di lasciarlo per
andare a dormire.
Liz era seduta nella sedia a dondolo in camera di Matthew e lo stava
allattando, mentre ascoltava il cicaleccio tra padre e figlia che si
avvicinavano alla porta della stanza. Non poteva afferrare le parole, ma non
le importava. Poteva sentire quello di cui aveva bisogno, solo dal tono
delle loro voci. E sorrise quando li vide arrivare nella cornice della
porta, Max così alto e attraente e Ellie così piccola e tenera. Gli occhi di
suo marito brillavano mentre guardava sua figlia, prestandole tutta la sua
attenzione, mentre lo sguardo di Ellie diceva che per lei lui era tutto il
mondo. Liz non poteva che essere d’accordo con lei.
“… e poi ti leggo una storia.” finì di dirle Max.
“Okay!” Il viso di Ellie si illuminò e corse a prendere il suo libro
preferito. Si distrasse lungo la strada alla vista di Liz e Matthew sulla
sedia a dondolo e corse ad unirsi a loro. “Ciao, mamma. Ciao, Matthew.”
Prese la manina del fratello e Matthew le strinse un dito nel suo pugno. Gli
piaceva avere vicino sua sorella, ma in quel particolare momento preferiva
il capezzolo della mamma.
“Papà ti leggerà una storia?” chiese Liz, baciando la figlia sulla fronte.
“Si.” Ellie annuì e si avvicinò ancora, godendosi le tenerezze di sua madre.
“Quale racconto vuoi che ti legga?” Max si era avvicinato al piccolo
assortimento che avevano preso dall’appartamento.
“Lo prendo da me.” Ellie diede a Matthew e alla mamma un ultimo bacio e
corse verso il padre, prendendo ‘il Coniglio di Velluto’ dal mucchio e
porgendoglielo. “Mi piase quetto.”
Max le prese il libro dalla mano, per niente sorpreso dalla sua scelta. Lei
lo teneva stretto a se la notte che lui l’aveva trovata e Mary gli aveva
detto che era il suo libro preferito. Ellie si arrampicò sul suo letto
nuovo, scivolando sotto le lenzuola decorate con cavalli volanti. Peggy, il
cavallo alato che Max aveva regalato a Liz non molto tempo prima, faceva la
guardia su tutti loro dai piedi del letto.
Ellie sistemò la bambola al sua fianco, Max allungò la sua lunga forma sul
letto, accanto alla bambina, ed entrambi appoggiarono la testa sullo stesso
cuscino. Tutti ascoltarono soddisfatti la risonante voce di Max che riempì
la stanza …
“C’era una volta un Coniglio di velluto, e all’inizio era veramente
bellissimo …”
***
Max andò davanti allo specchio del bagno e guardò la sua immagine riflessa.
Posò distrattamente l’ asciugamano sul ripiano accanto al lavandino e si
prese il mento con la mano, girando il viso da una parte all’altra, mentre
si passava la mano sulla barba. Sarebbe stato meglio radersi adesso o la
mattina dopo? Non voleva irritare la pelle delicata di Liz, se lei fosse
stata disposta a fare l’amore.
Liz era sulla soglia della porta e lo guardava, sapendo che lui non l’aveva
notata. Ne approfittò per osservarlo un momento e godersi la sua vista. Le
sue spalle ampie e la schiena muscolosa erano abbronzate dal sole estivo e
poteva vedere i suoi muscoli incresparsi ai suoi movimenti. A lui e a Chris
piaceva fermarsi in palestra due o tre volte la settimana, dopo il lavoro, e
i risultati di quell’esercizio si vedevano. Lei era stata attratta dalla sua
apparenza fisica già nelle superiori, ma ora era diventato un uomo e il suo
corpo si era modificato.
I suoi capelli neri si curvavano sulla nuca, sul suo lungo collo elegante e
le spalle larghe lasciavano intuire la forza che si nascondeva nei suoi
muscoli. La schiena si assottigliava in una vita stretta e la sua
abbronzatura finiva appena sotto i fianchi. Il sedere muscoloso appariva
pallido in contrasto alla scura pelle della parte superiore e le cosce
forti, ma lei pensava che lo rendesse maledettamente sexy. Da dietro Liz non
riusciva a scorgere su di lui la minima traccia di grasso e lei sapeva che
la stessa cosa valeva per la parte anteriore. Muscoli duri sotto pelle
dorata.
“Che vista…” disse Liz entrando e chiudendo a chiave la porta del bagno..
Max si girò, sobbalzando al suono improvviso della sua voce ed afferrando
l’asciugamano per coprirsi. Non aveva dimenticato l’improvvisa comparsa di
Ellie davanti a lui, la mattina prima, e ora pensava che l’avesse fatto di
nuovo. Avrebbe dovuto cominciare a chiudere le porte.
“Liz.” lasciò andare un sospiro e si appoggiò contro l’armadietto. “per un
attimo ho pensato che …” poi gli venne meno la voce notando lo sguardo di
lei. Ne conosceva il significato.
“Ellie si è addormentata.” Liz si staccò dalla porta del bagno, lasciando
che il suo sguardo vagasse su e giù per le sue forme flessuose. “E anche
Matthew.”
“Bene.” Max si rilassò e allentò la presa sull’asciugamano. “Ottimo.”
Guardò Liz, affascinato mentre lei diminuiva la distanza tra di loro,
sentendo il proprio corpo reagire allo sguardo avido dei suoi occhi. Ora era
davanti a lui, togliendo lentamente l’asciugamano che ancora lo copriva e
lasciandolo cadere sul pavimento del bagno.
La sua mano gli carezzò i muscoli del petto, per scendere lentamente
sull’addome, all’ombelico, e ancora più in basso tra la peluria che
circondava la sua magnifica bellezza virile. La mano di chiuse rapidamente
attorno al suo membro rigido e lui si lasciò andare ad un sospiro di
piacere.
“Liz …”
Le mani di Max l’ afferrarono per le spalle e lui l’attirò a se, dandole un
bacio sulla fronte e sentendo il fresco della biancheria di seta contro il
corpo nudo. Era una sensazione erotica, essere lì completamente nudo e
completamente sveglio, mentre lei era rivestita di seta. Lui emise un
gemito, quando Liz cominciò a far scorrere dolcemente la mano sul suo membro
e si piegò per prendere il suo capezzolo in bocca.
“Liz …” sospirò ancora, poi smise di respirare del tutto quando lei tracciò
sul suo petto un sentiero con la lingua. Max chiuse gli occhi e mosse la
mano sulla nuca di lei, infilandole le mani tra i capelli. Ora poteva
sentire la bocca e la lingua di lei sul suo addome, poi la sentì
inginocchiarsi davanti a lui.
Cominciò a fremere in anticipo all’idea di quello che lei stava per fare,
poi spalancò gli occhi preoccupato. Guardò in basso verso di lei, per vedere
la sua bocca a pochi centimetri dalla sua asta tesa, e le chiese “E se Ellie
si svegliasse? E se spuntasse all’improvviso dalla porta e ci chiedesse cosa
stiamo facendo? Sai che è veramente brava a fare qualcosa del genere!”
“Max.” Liz lo guardò, cercando di non ridere. Possibile che dovesse sempre
essere preoccupato per qualcosa? “Sta dormendo.” gli disse e riprese a
circondare con la lingua la punta della sua erezione. Liz lo sentì tremare
di desiderio, ma quello sguardo ansioso era ancora presente nei suoi occhi.
Lo stuzzicò ancora con la lingua, poi gli ricordò “Mary ci ha detto che non
si sveglia mai di notte, ma se proprio sei preoccupato che lei possa
entrare, puoi sempre proiettare il tuo campo protettivo davanti alla porta.”
“Credi che funzionerebbe?” le chiese. A quel punto Liz lo prese più
profondamente nella sua bocca e il cervello di Max smise di funzionare. Con
le mani ancora sepolte nei capelli di lei, Max lasciò andare un altro
gemito, poi si lamentò quando lei ritirò la sua bocca.
“Vuoi che mi fermi, Max?” le lo guardò dal basso, lasciando che la sua
lingua passasse sensualmente sul suo labbro superiore.
“No.” si lamentò lui e l’attirò di nuovo contro di se. “Non fermarti …”
Lui gemette quando la bocca di Liz lo coprì ancora. Max pensò per un attimo
a come proiettare una barriera per impedire che i rumori raggiungessero
Ellie, ma il pensiero abbandonò presto la sua mente e lui si arrese alle
esperte attenzioni di sua moglie. Accidenti se sapeva come farlo sentire
bene! La sua mano e la sua bocca sapevano esattamente cosa fare e non ci
volle molto perché lui cominciasse a muovere i fianchi per adattarsi al
ritmo di lei. Sentiva la tensione crescere nei testicoli e lungo la spina
dorsale e le sue gambe cominciarono a tremare. Proprio nel momento in cui
stava per tirarsi indietro, le mani di Liz lo trattennero e lui esplose
nella sua bocca.
“Liz …” Max soffocò un grido mentre, pulsazione dopo pulsazione, la sua
essenza usciva da lui. L’orgasmo gli percorse tutto il corpo, passando
attraverso le terminazioni nervose in ondate di intensa soddisfazione. Liz
sapeva fargli cose magiche. Lei lo lasciò solo dopo che aveva cominciato a
diventare piccolo e lui la fece alzare, posando la bocca su quella di lei.
La seta della biancheria di lei era fredda contro il suo membro infiammato e
rinnovò l’eccitazione del suo corpo. La strinse contro di se, schiacciando
insieme i loro fianchi, poi si sporse e liberò il ripiano, facendo cadere
tutto in terra.
La fece sedere sulla toeletta, esponendo la sua pelle delicata. Liz tirò la
testa all’indietro, mentre lui faceva scendere la sua bocca sulla gola e sul
collo di lei, fino al sodo globo che stringeva nella mano. Il capezzolo era
duro e prominente, quasi una sfida a prenderlo, e lui la raccolse con gusto.
Lo succhiò, assaggiando il gusto dolce del suo latte, sapendo che la sua
sensibilità era aumentata dalla sua recente gravidanza, e innalzava la sua
stimolazione. I gemiti crescenti di Liz, non lasciavano dubbi in proposito.
Lui spostò dall’altra parte, usando la lingua e i denti per aumentare il
piacere, mentre la mano scendeva verso il suo caldo centro.
“Max …” lei disse il suo nome gemendo, sentendo il proprio corpo diventare
vivo. Entrambi ne avevano passate così tante durante l’ultima settimana ed
entrambi avevano bisogno di quello che stavano facendo. Il sollievo fisico
delle loro energie represse. Le dita di Max la penetrarono, strofinando le
aree che lui sapeva darle il maggior piacere. Dopo tutto il tempo passato
insieme, lui sapeva cosa le piaceva e cosa no, e ora a lei piaceva quello
che lui le stava facendo.
Ora era il turno di Max di dare baci di fuoco lungo il corpo di lei, ed il
suono del suo respiro divenne sempre più elaborato man mano che lui arrivava
a destinazione. Mise le mani sulle cosce di lei per allargarle le gambe e si
tirò indietro per godersi un momento l’esposizione della sua bellezza e il
suo sesso, alla vista, tornò a crescere. Le mani di Liz erano ora tra i suoi
capelli, stringendosi a pugno, come lui aveva fatto prima con lei,
aspettando in anticipazione il suo tocco esperto.
Lui tracciò un sentiero di baci all’interno delle cosce, muovendo il mento
ruvido di barba lungo la carne tenera fino a raggiungere il centro delicato.
Liz faceva fatica a respirare, col crescere della sua eccitazione, e gemette
forte al primo tocco della lingua di lui sulle sue labbra intime.
“Max … Max …” non poté trattenersi. La sua lingua le rendeva vivo il corpo
con sensazioni che la facevano tremare. Bagnata e rigida, divise le sue
labbra e si infilò dentro di lei, assaggiando l’umidità che fuoriusciva
dalle sue pareti interne. Lui giocava dentro di lei, stuzzicandola solo per
sentirla gemere. Max avvertì che il corpo di Liz aveva raggiunto il suo
culmine e, con un movimento rapido, sostituì la sua lingua con un dito,
spostandola sopra il gruppo di nervi, succhiandola fino a condurla in un
orgasmica delizia.
“Max … Max … Oh, Max!” Spingendo i fianchi contro di lui, in lei esplosero
migliaia di sensazioni. A Max piacevano quei movimenti, quando lui le faceva
perdere il controllo e lui mantenne la presa fino che l’orgasmo si dissolse.
Sentì il corpo di lei distendersi e le mani lasciare la presa. Lui si tirò
indietro, asciugando con la mano il mento bagnato, e la guardò in viso, gli
occhi chiusi e le labbra curve in un sorriso soddisfatto.
“Ti è piaciuto?” Max ricominciò a baciarle il corpo. Il suo bisogno era di
nuovo sveglio, il membro tra le gambe di lei rigido e pronto a chiedere.
“Lo sai che mi è piaciuto!” sospirò Liz.
Max ricominciò a baciarle i capezzoli e lei sentì di nuovo crescere la
passione. La mano di Max si posò sul suo membro e, mordicchiandole il collo,
le disse “Ho qualcosa per te …”
La mano di Liz si unì alla sua, accarezzandogli il membro eretto, sentendone
la punta bagnata. Cominciò a stringerlo lentamente, spingendo in avanti i
fianchi nel bisogno di sentirlo dentro di lei.
“Allora dammelo!” Lei aggredì le labbra di Max attirandolo verso di se.
“Stai chiedendo, vero?” mormorò lui contro la sua bocca.
“So quello che voglio.” Gemette lei. “E voglio te.”
Max rispose svelto alla sua richiesta, afferrandola con le mani ed
attirandola sull’orlo del mobile. Il suo desiderio era troppo impellente per
altri preliminari e mentre la spostava in avanti entrò, affondando in lei,
seppellendo il suo sesso tra le pareti ferme e umide di lei. Lei si inarcò
in un gemito di assoluto piacere, cedendo facilmente al desiderio primitivo,
accesa dal calore delle spinte eccitanti. Le dita di Max affondarono nelle
sue cosce e le sue natiche, spingendosi dentro di lei senza limitazioni,
annientandosi dentro di lei con passione, fino a che non fu pronto ad
esplodere.
Avrebbe voluto far l’amore con lei in maniera lenta e dolce, ma l’ultima
settimana era stata un continuo equilibrio tra vita e morte, i loro sogni e
i loro desideri finalmente realizzati e aveva dato origine ad un bisogno
quasi selvaggio di essere insieme in un abbandono totale.
I fianchi di Max spingevano orgogliosamente contro di lei, per darle
piacere. Lui era quasi al limite, ma non voleva ancora lasciarsi andare. Non
senza di lei. Le afferrò il seno con una mano, stringendole il capezzolo, e
lei reagì immediatamente, proprio come lui aveva immaginato. Il grido di
piacere di Liz echeggiò nel bagno e lui le chiuse la bocca con la sua per
attutirne il suono. Le pareti interne di Liz si strinsero attorno a lui,
mentre raggiungeva l’acme, ma a Max ancora non bastava. Non ancora.
Mantenne l’implacabile possesso del suo corpo, immergendo la sua
congestionata rigidezza dentro di lei, cercando l’angolo perfetto per darle
nuove sensazioni. Il suo membro grondava dell’umidità di lei e, mentre i
suoni e gli odori del loro amore riempivano l’aria, lui continuò ad
estasiare il corpo di Liz.
Sapeva di essere quasi alla fine, avvertendo la familiare sensazione lungo
la spina dorsale e la tensione nei testicoli che presagiva il suo rilascio
imminente. Infilò allora la mano tra di loro, per arrivare a toccare il
punto del piacere di lei, carezzandolo col pollice e sentendolo irrigidirsi
al suo tocco, continuando a spingersi nel suo centro di femminilità.
Mordicchiò la sua gola, sussurrandole rocamente “Voglio sentirti, Liz.
Voglio percepire quello che riesco a farti provare.” La sua bocca si posò su
quella di lei, affamata, appassionata, reclamandola come sua. “Tu sei mia,
Liz. Completamente mia. Vieni per me, Liz, e fammi capire che sei mia.”
Lei cedette alla sua richiesta, inarcandosi mentre il suo orgasmo la
attraversava portandola a vette altissime di piacere. Max la raggiunse
immediatamente, eguagliandone l’intensità ad ogni passo. La sua essenza la
riempì, fondendosi con lei, esplodendo da lui in ondate, concludendo la loro
unione. Le loro grida erano soffocate, Liz con il viso appoggiato sulla
spalla di lui e Max con la bocca appoggiata alla gola di lei, con entrambi i
corpi che traversavano un ciclone sessuale. I loro orgasmi imperversarono,
alimentandosi l’uno con l’altro, spingendosi oltre il normale, fino a che
crollarono uno sull’altra, esausti e soddisfatti.
Max la tenne stretta per alcuni minuti, mentre cercava di tornare a
respirare, di rallentare il battito del suo cuore, senza alcuna intenzione
di lasciarla. Quando lei alla fine si mosse, fu per guardarlo negli occhi
con un sorriso trasognato. “Stai diventando ogni volta più bravo!”
“Ci provo.” Lui la guardò con quel suo sguardo fanciullesco che lei amava
tanto. La sua espressione era piena di gioia e solo guardarlo, guariva tutte
le ferite nel cuore di lei. Era un uomo che aveva attraversato l’inferno, ma
era sopravvissuto ed era diventato più forte. Entrambi lo erano. Avevano
provato che, insieme, potevano affrontare qualsiasi cosa.
***
Il livello di attività nel bagno principale si era calmato, con Liz e Max
finalmente soddisfatti e rilassati. Lui era in piedi dietro di lei, nudo, e
le passava le dita tra i capelli, guardandone l’immagine riflessa allo
specchio. Avevano appena fatto la doccia insieme e ora lui stava usando i
suoi poteri per asciugarle i lunghi, sensuali capelli.
“Ricordo la prima volta che lo hai fatto.” Liz guardò nello specchio il
riflesso di Max.
“Quando?” chiese lui, anche se conosceva la risposta. I loro occhi si
incontrarono nello specchio e i loro sguardi si legarono con forza.
“Lo sai quando.” Disse Liz con voce pacata, senza nessuna traccia
dell’orrore che pensare a quel posto le avrebbe potuto destare.
“Lo ricordo come se fosse ieri.” Max le strinse protettivamente le spalle.
Erano passati più di tre anni, ma il ricordo era ancora vivo. Poteva ancora
vedere Liz seduta nel letto della loro piccola cella, con lui seduto accanto
che le passava le mani tra i capelli, entrambi terrorizzati in quella
prigione.
“Max.” Liz si girò per guardarlo. “Io non mi rammarico di quello che è
successo e non voglio che lo faccia tu. Abbiamo vissuto un’esperienza
terribile, ma che ci ha fatto diventare quello che siamo ora. Non ti
cambierei per niente al mondo. Tu, l’uomo che sei diventato, a causa di
quello che abbiamo vissuto. A causa di quello cui siamo sopravvissuti.”
“Ma Liz …” lui fece scivolare le mani dalle spalle sulle sue braccia ed
evitò il suo sguardo. “Se solo potessi cancellare le cose che ti hanno fatto
…” La sua mano si spostò sulla cicatrice che lei aveva sull’addome,
tracciandone la linea con le dita.
“Questo è quello che sto cercando di farti capire, Max.” Liz premette la
mano di lui contro la sua pancia. “Se non avessimo vissuto tutto quello che
abbiamo vissuto, non avremmo avuto Ellie. Non avremmo Matthew. Sai
perfettamente, come lo so anche io, che se avessi avuto una vita normale,
solo ora staremmo pensando al matrimonio. E forse avremmo avuto dei bambini,
ma non sarebbero stati questi bambini. Non sarebbero stati Ellie e Matthew.
Max, non posso rammaricarmi di quello che è successo, perché non posso
rammaricarmi della vita che abbiamo ora. Ho te. Ho due bambini che adoro.
Sto studiando per laurearmi nel campo che ho sempre voluto. Mi manca solo
una cosa e poi sarò in pace, come non lo sono stata da tanto tempo.
“Cosa, Liz?” Max alla fine incontrò lo sguardo di lei. “Cos’è la cosa che ti
manca?”
La sensazione del suo corpo contro quello di lei, le sue braccia che la
stringevano in modo così confortante, le dettero la forza di dire la verità
a voce alta.
“Il tempo che non ho trascorso con Ellie. E’ l’unica cosa che manca al mio
cuore.”
Max stette in silenzio per un momento, con lo sguardo incollato a quello di
lei, poi, lentamente, lo abbassò nel punto in cui erano uniti, coprendo la
pelle scolorita sotto l’ombelico di lei. La cicatrice era l’ultima
indicazione fisica di quello che era successo, di quello che avevano
vissuto. Una volta lei gli aveva fatto una promessa, un voto, e ora era
arrivato il momento di mantenere quella promessa.
“Liz.” La voce di Max era calma e il suo tocco delicato. “Ora voglio guarire
questa.”
La mano di Liz coprì quella di lui e lei disse l’unica parola che riuscì a
dire “Si.”
Max lasciò andare un profondo respiro, come se qualcuno gli avesse tolto un
peso e cadde in ginocchio davanti a lei. La sua mano percorse l’addome di
Liz. Coprendo la lunga linea di tessuto cicatrizzato. Poggiò la fronte
contro la soffice pelle sotto il suo seno e chiuse gli occhi, ricordando la
notte in cui quella ferita le era stata inflitta: la notte in cui era nata
Ellie. Ma ora Ellie era a casa e loro non avevano più bisogno di ricordare.
Dal suo palmo si sprigionò calore, accompagnato da una luminosità dorata, e
Liz sentì formicolare la pelle. Finì subito e la luminosità scomparve e
sotto la sua impronta rimase solo la pelle originaria. Intatta. Senza
cicatrice. L’imperfezione era ormai solo un ricordo.
Max premette le labbra sopra la pelle integra e strinse Liz tra le braccia,
seppellendo il viso contro la carne morbida. Liz avvertì l’umidità sulle
guance di lui, le ultime lacrime che lui avrebbe mai versato, e lo abbracciò
con amore.
Il passato era passato. Non poteva più ferirli.
Capitolo 118
Matthew era accoccolato nella sua
culla, avvolto nella sua calda copertina e con un sorriso che gli increspava
le labbra. I suoi occhi andavano avanti e indietro sotto le palpebre, mentre
sognava che un cucciolo gli lappava la faccia. Nel suo sogno era abbastanza
grande per correre e il cucciolo lo inseguiva scodinzolando allegramente.
Non ci mancava molto perché lui e papà facessero cedere la mamma e la
convincessero a prendere veramente un cucciolo e a portarlo a casa. Era solo
questione di tempo. Fino ad allora, si sarebbe limitato a sognare King e il
divertimento che avrebbero condiviso …
Il prato era pieno dell’abbaiare di un cucciolo e delle risate di un
bambino. Il bastoncino volò in aria e King gli corse appresso, la coda che
si agitava e la lingua che gli pendeva fuori dalla bocca. Lo riprese
velocemente e corse indietro verso il ragazzino, fermandosi ai suoi piedi e
aspettando che Matthew lo tirasse ancora. Rincorrere il bastoncino era il
gioco migliore che avessero mai inventato, per quel che riguardava King. Era
ancora meglio che andare a caccia del gattino che viveva oltre la siepe.
Matthew riprese il bastoncino e lo tirò ancora una volta e lui gli corse
dietro, abbaiando felice …
Ellie stava proprio dalla parte opposta della stanza. La camera in cui
dormiva quella notte le era familiare, grazie ai sogni che lei e Matthew
avevano condiviso. In qualche modo, quei sogni le avevano facilitato
l’adattamento a questo nuovo mondo in cui stava vivendo. I suoi genitori le
erano familiari grazie ai sogni. Matthew e quella stanza le erano familiari
grazie ai sogni. Molte delle persone che ora per lei erano reali, le erano
familiari grazie ai sogni. Senza quei sogni, l’accettazione del Fuori
sarebbe stata differente.
Il papà si era rivelato esattamente come lei pensava che fosse. Sapeva tutto
e conosceva tutti, in quel mondo così grande. Anche la mamma era la mamma
migliore del mondo intero, e i suoi baci e i suoi abbracci erano ancora più
belli nel mondo reale che nei suoi sogni.
Sistemata confortevolmente nel letto nuovo, Ellie era caduta in un sonno
profondo, cominciando a sognare. la mamma e il papà non erano più nei suoi
sogni, ma questo ormai non era più importante. Ormai aveva la sua mamma e il
suo papà tutto il giorno ed era meglio che averli nei sogni. Ma c’era
qualcuno di cui sentiva la mancanza.
Mary. Le mancava Mary.
La sua mente cercò la presenza familiare e la trovò nel giardino, proprio
dove Ellie era sicuro che fosse …
***
Dall’altra parte della città, in una piccola camera di un economico motel,
Mary stava trascorrendo la sua ultima notte in quel posto. Il simpatico
Daniel Lansing la stava aiutando a trovare un appartamento ammobiliato e lei
aveva un piccolo gruzzolo in banca che le avrebbe coperto l’affitto per
qualche mese. Daniel e Sarah avevano insistito perché stesse con loro fino a
che avrebbe trovato un altro posto dove stare per conto suo e la mattina
dopo sarebbero passati a prenderla.
Era passata attraverso tanti di quei cambiamenti, negli ultimi giorni, che
non era più sicura di niente, ma sapeva che il suo cuore sentiva la mancanza
della bambina cui voleva tanto bene.
Era stato un giorno estenuante e si addormentò subito, scivolando nei sogni
…
Mary stava tra i fiori e i vividi colori la aiutavano a rasserenare la sua
mente tormentata, ma si sentiva sola. Prima si allora, non le era mai pesata
la solitudine nella tranquillità del giardino, ma i suoi giorni non erano
mai stati così pieni di questa diversa solitudine ed il silenzio del sogno
aumentava il suo senso di perdita.
Ma Ellie non era sua, anche se l’amava come se fosse sua. Ellie stava con la
sua mamma e il suo papà, che avevano passato anni a cercarla, non importa
quanto difficile fosse per lei, Mary sapeva che avrebbe dovuto lasciarla
andare. Gli Evans erano stati più che gentili con lei, e l’avevano fatta
sentire benvenuta nella loro casa, ma non era la stessa cosa che dividere
ogni singolo minuto con Ellie. Le visite domenicali erano tutto quello che
poteva avere, ora.
un suono attirò Mary fuori dalle sue riflessioni e si voltò per vedere una
palla di energia correre verso di lei. lasciò cadere in terra le cesoie e
scivolò in ginocchio, aprendo le braccia mentre Ellie le si precipitava
incontro.
“Mary!” gridò Ellie gioiosamente. “Mary! Mi sei mancata!”
“Anche tu mi sei mancata, Ellie!” Mary la abbracciò forte. “Raccontami cosa
fai.”
Si mossero tra i fiori, camminando mano nella mano sotto i caldi raggi del
sole. Ellie chiacchierava senza sosta e il viso di Mary era un inno alla
gioia. Potevano stare insieme solo nei sogni, ma per adesso era sufficiente
…
***
Max si infilò in un paio di boxers e li tirò sui fianchi. Era strato
costretto ad imparare ad usarli per dormire. Non poteva girare in vestito
adamitico ora che c’era una bambina in casa. Ne aveva sentite abbastanza da
Tully, per sapere che i bambini avevano la sinistra tendenza a fare visite
notturne in camera da letto dei genitori per un ultimo bicchiere d’acqua o
per essere consolati dopo un brutto sogno o anche solo per un po’ di
coccole. Portare i boxers a letto era un sacrificio molto piccolo pur di
avere Ellie a casa.
Vide la camicia da notte di Liz fasciare il suo corpo e la vide spianarle le
pieghe contro le curve attraenti. Sentì l’onnipresente desiderio nei suoi
lombi, quello che arrivava ogni volta che la guardava, ma sapeva che avrebbe
dovuto aspettare ancora un po’. Ora aveva bisogno di qualcosa di più
importante. Aveva un regalo per Liz. Forse il più grande regalo che lui
avrebbe mai potuto farle.
Si avvicinò all’armadio dove stava lei e le poggiò le mani sulle spalle. La
fece girare lentamente e la guardò negli occhi che gli sorridevano,
diventando curiosi allo sguardo che vide in quelli di lui. Prima ancora che
lei avesse la possibilità di chiedergli a cosa stesse pensando, Max le disse
“Ho qualcosa da darti. Un regalo …”
Lui non si mosse per andare a prenderlo e la curiosità di Liz aumentò. Max
non stava nascondendo nulla dietro di lui e, a meno che non fosse nelle sue
mutande, lei non aveva idea di cosa lui intendesse dire.
“Un regalo?” gli fece eco Liz.
“Vieni qui.” La sua mano scivolò in quella di lei e la condusse verso il
letto. Lei lo seguì senza esitazioni e si sedettero in mezzo al letto, uno
di fronte all’altro, con le gambe incrociate e le mani allacciate assieme.
“Che cos’è, Max?” chiese Liz. Lui sembrava serio, ma nello stesso tempo
agitato.
“Poco fa hai detto che ti sei rassegnata all’idea del tempo perduto nella
vita di Ellie.” Appena pronunciate queste parole, la sentì tendersi. Lei
poteva anche essersi arresa, ma Max sapeva che il dolore non sarebbe mai
passato. Forse il suo regalo avrebbe potuto aiutarla.
“Ieri, quando sono andato in quell’appartamento, per prendere le cose di
Ellie,” cominciò a dire Max, tenendole strette le mani “mentre mi muovevo lì
attorno e toccavo le cose, ho avuto dei flashes … delle visioni … momenti
della sua vita.” La mano di Liz strinse la sua e la sentì tremare al
nominare i flashes , quasi terrorizzata da quello che stava per dirle. “L’ho
vista neonata tra le braccia di Mary.” continuò Max. “Ho visto la prima
volta che ha sorriso. Il suo primo dentino. L’ho sentita pronunciare la sua
prima parola.”
La mano di Max si posò sulla sua guancia, carezzandola dolcemente e gli
occhi di Liz si riempirono di lacrime quando le disse “La sua prima parola è
stata ‘mamma’.”
La sentì singhiozzare in silenzio e l’attirò contro di se, poggiandole il
mento sulla testa e circondandola con il suo amore. “Ho visto la prima volta
che ha mangiato i piselli.” Max le passò le dita tra i capelli. “ e ti posso
assicurare che non le sono piaciuti.” Max rise al ricordo che ormai era suo
e sentì che anche Liz rideva.
Lei si scostò dal petto di lui e gli sorrise tra le lacrime. “Anche adesso
non le piacciono. Me l’ha detto prima, mentre mi stava aiutando a preparare
la cena e io le ho chiesto quali fossero le verdure che le piacevano.”
“Liz.” Max le prese il viso tra le mani. “Voglio che tu veda tutto quello
che ho visto io. Sentire le cose che io ho sentito. Posso regalarti questi
ricordi, Liz. Non posso ridarti il tempo che abbiamo perduto, ma i ricordi
sono reali.”
Liz sentì le sue mani forti stringere delicatamente il suo viso ed annuì
lentamente, incapace di parlare. Max aveva passato anni a rimproverarsi le
sofferenze che lei aveva sopportato, ma la verità era che non si era mai
dato il merito di tutte le cose meravigliose che solo lui avrebbe potuto
darle e che le aveva dato, in ogni giorno della vita passata insieme.
Nessun’altro avrebbe potuto trasformare dolore e disperazione in speranza e
fiducia, come faceva lui. Nessun’altro avrebbe potuto restituirle le cose
che le erano state sottratte. Solo Max avrebbe potuto chiudere la ferita nel
suo cuore. Lei avrebbe potuto e voluto sopportare tutto, se il risultato
finale era una vita passata insieme a lui. La mano di Max si posò su quella
di Liz e lei annuì ancora lentamente. I suoi occhi erano incollati a quelli
di lui, mentre gli diceva fermamente “Fammeli vedere …”
Sul viso di Max passò un sorriso, mentre il suo pollice accarezzava la
guancia di lei. Aveva voluto aspettare fino a che fossero soli, perché
sapeva che per lei sarebbe stata un’esperienza commovente. Le baciò la
fronte dolcemente e la guardò negli occhi. Odiava vederla piangere, ma
sapeva che ora le lacrime nei suoi occhi erano purificatrici, lacrime
benvenute, lacrime di gioia, non di dispiacere.
“Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho odiato chi sono, cosa sono
…”
“Max, non …” Liz cercò di fermarlo, ma lui le coprì le labbra con un dito.
“E’ vero.” le tenne il viso stretto tra le mani. “Ma stasera, sono felice di
essere quello che sono. Perché posso darti questo …” La baciò teneramente,
poi la guardò negli occhi, dicendole le stesse parole che le aveva detto
tanti anni prima. “Fai un respiro profondo e cerca di liberare la tua mente
…”
Come quel giorno, quando erano adolescenti innocenti e stavano al centro di
un ristorante vuoto, le immagini corsero nella sua mente, mentre Max le
passava tutte le cose che aveva visto e sentito. Ricordi che erano rimasti
impressi tra le pareti e gli oggetti dove Ellie aveva trascorso i suoi primi
anni. Ricordi di Mary, che lui aveva acquisito quando si era connessa con
lei alla clinica. Max li raccolse insieme e li donò a Liz.
Lei vide Mary portare in braccio Ellie, cantandole una melodia familiare e
anche sapendo che le dita di Ellie erano strette attorno al dito di Mary,
Liz le sentì come se il dito fosse il suo. La vide fare il bagnetto nel
lavandino della cucina, mentre i suoi occhi curiosi si posavano su Mary, ma
Liz sentì che stava guardando lei. Vide Ellie imparare a gattonare, correre
sul tappeto in una stanza che Liz non aveva mai visto, ma l’orgoglio che
Mary aveva provato all’impresa di Ellie, ora era l’orgoglio di Liz. I
piselli che Ellie aveva sputato, erano finiti addosso a Liz, e lo sguardo di
comica repulsione che era passato sul viso di Ellie al sapore e alla
consistenza delle verdi palline fece scoppiare a ridere Liz.
Lacrime scorrevano sulle sue guance man mano che le immagini scorrevano,
insieme con le emozioni che erano state catturate con loro. In quasi tutti i
momenti importanti della vita di Ellie, c’era l’amorevole presenza di Mary,
ma mai quella di Johnson. Max aveva filtrato tutto quello che le avrebbe
mostrato, per proteggere Liz dalle immagini dell’uomo che le aveva procurato
tanto dolore.
Ellie non era mai stata legata all’uomo che aveva la pretesa di essere suo
padre e ora Max poteva capire perché. Per quanto potesse sembrare
impossibile, era certo che Ellie avesse sempre saputo. Ellie non si era mai
lasciata ingannare da Johnson, nemmeno per un momento aveva creduto
all’asserzione che lui fosse suo padre, perché ricordava la verità. In uno
dei sogni, Ellie gli aveva detto di ricordare di averli visti piangere
mentre la stavano portando via e ora Max sapeva che non era solo una
fantasia da parte della piccola. Lei ricordava quella notte, la notte in cui
era nata, ed era questo che aveva tenuta accesa la sua fiducia per tutto
quel tempo, la certezza che il suo varo papà un giorno l’avrebbe ritrovata e
l’avrebbe portata a casa.
Per tutto quel tempo, aveva conservato nella sua mente l’immagine del suo
vero padre, come l’aveva visto la notte in cui si era precipitato in una
sala operatoria e in cui era stato costretto a prendere la decisione più
importante della sua vita. Ellie si era legata a lui nel momento in cui i
loro occhi si erano incontrati e niente di quello che Johnson avrebbe potuto
dire, sarebbe stato in grado di ingannarla.
Le immagini rallentarono e Liz cadde tra le braccia di Max, sopraffatta da
quello che aveva visto e sentito. All’inizio non riuscì a dire nulla mentre
tentava di assorbirle, ma poi le parole vennero e rimasero svegli quasi
tutta la notte a parlare, a ridere, a piangere … rivivendo ricordi che ormai
erano loro.
***
Max strinse la piccola mano di Ellie nella sua, diretti verso la macchina,
mentre Ellie salutava con l’altra mano Mary che, ferma nel portico della
loro casa, ricambiava il saluto sorridendo.
Max aprì la portiera dell’auto e Ellie si arrampicò sul sedile posteriore e
si sistemo sul suo seggiolino, che Max aveva comprato per lei un paio di
settimane prima. Ormai si era abituata ad andare in macchina e vedere posti
nuovi e cose nuove. Oggi ci sarebbe stata un’altra avventura affascinante.
“Perché Mary non viene con noi?” chiese Ellie, alzando le braccia in aria,
mentre Max assicurava la cintura.
“Lei custodirà la casa per noi mentre saremo a Roswell.” rispose Max e
controllò di averla assicurata bene.
“Perché?” chiese Ellie.
“Perché così potrà dare l’acqua alle piante e prendersi cura di Mr. Wiggles,”
Max sistemò l’album e le matite colorate sul sedile accanto a lei. Sarebbero
serviti a distrarla nel lungo viaggio verso Roswell.
“Perché?” chiese ancora lei.
“Così Mr. Wiggles non soffrirà la fame mentre noi saremo via.” le spiegò
Max. Una volta aveva letto che i bambini passavano la fase dei mille ‘perché’.
Ora sapeva che era vero.
“Oh.” Ellie assorbì le risposte. “E perché Mary e Mr. Wiggles non vengono
con noi?”
“Perché,” Max le scompigliò i capelli. “Mary ha detto che preferiva rimanere
qui.”
“E perché ha detto così?” chiese Ellie e Liz cercò di non ridere allo
sguardo che fece Max mentre assicurava il seggiolino di Matthew.
“Perché Mary preferisce incontrare tutti ad ottobre.” rispose pazientemente
Max. “Quando verranno tutti qui per il tuo compleanno.”
“Perché?” ripeté Ellie.
Ora Liz si stava coprendo la bocca con la mano, nel tentativo di reprimere
una risata, pensando che Max aveva la pazienza di un santo.
“Sai cosa ti dico, tesoro.” Max le strinse la mano. Non sarebbero mai
riusciti a partire se Ellie continuava con i suoi ‘perché’. “Lo chiederemo a
Mary, non appena saremo tornati a casa, va bene?”
“Okay, papà.” Ellie sembrava soddisfatta … per ora.
“Siete tutti a posto?” chiese Max scivolando sul sedile ed infilando la
chiave di accensione. Era un lungo viaggio fino a Roswell, e avrebbero fatto
bene a muoversi. Salutarono Mary tutti insieme e Max si immise nel viale,
iniziando il loro viaggio.
Traversarono Phoenix in poco tempo e quando raggiunsero il limite della
città, Liz toccò un argomento sul quale aveva riflettuto molto, negli ultimi
giorni. Si girò verso il sedile posteriore per vedere Matthew già beatamente
addormentato ed Ellie tutta presa dai disegni.
“Max,” Liz tornò a guardare davanti. “Sai che ho deciso di saltare il
prossimo trimestre …”
“Si.” lui si voltò a guardarla un attimo, mentre guidava.
“Ma cosa mi dici di te, Max?” Lei studiò la sua faccia. “Cosa hai intenzione
di fare, ora?”
“Cosa vuoi dire?” Lui aggrottò le sopracciglia.
“Quando siamo venuti qui,” Liz fece scivolare la mano in quella di lui,
intrecciando le dita alle sue. “Tutti e due eravamo intenzionati a
laurearci. Io in Biologia Molecolare e tu in Psicologia Infantile.”
“Ricordo.” annuì Max. Teneva un occhio sulla strada e uno su di lei,
avvertendo la sensazione delle dita tra la sua mano, e godendola, mentre
aspettava che lei finisse di parlare.
“E’ ancora questo quello che vuoi fare?” chiese Liz. “Voglio dire,
laurearti?”
“Non lo so.” rispose onestamente Max. “Non ci ho pensato molto ultimamente.
Perché me ne stai parlando ora?”
“Il trimestre autunnale comincerà tra poco.” Liz vide il paesaggio cambiare,
quando si furono lasciati la città alle spalle. “Potresti tornare a
studiare, se è ancora quello che desideri. Non ti mancherebbe molto per
laurearti. Dopo di che potresti lavorare dovunque. Potremmo andare dove
vogliamo. California. Colorado. New York. Se lo desideri potremmo anche
tornare a Roswell.”
“Vuoi andare via?” Max le rivolse uno sguardo sconcertato. “Via da Phoenix?”
“No, non sto dicendo questo.” Liz scosse la testa. “Quello che intendo dire,
è che noi possiamo andare se tu lo vuoi. Voglio che tu sappia che io ti
seguirò dovunque tu voglia andare.” I loro sguardi si incontrarono e Liz
vide che quello di lui era pieno di sollievo. “Max, so che il lavoro che fai
è duro. Ti chiede un sacrificio fisico ed emozionale. Se tu volessi cambiare
…”
“Tu non vuoi che io cambi lavoro?” Max era di nuovo accigliato.
“No, Max.” disse sinceramente Liz, cercando di farsi capire. “Non si tratta
di me e di quello che io voglio. Si tratta di te.” lei gli strinse la mano.
“Voglio che tu sia felice. Tu pensi sempre prima agli altri. Tanto per
cambiare, voglio che per una volta tu pensi prima a te stesso. A quello di
cui tu hai bisogno.”
“Liz.” Max le indirizzò uno dei suoi sorrisi e le strinse la mano. “Io ho
esattamente tutto quello di cui ho bisogno, proprio dentro questa macchina.”
Vide il sorriso che illuminò il viso di sua moglie, ma anche la
determinazione nei suoi occhi. “Ci penserò, va bene? So che se prendessi la
laurea, potremmo andare dappertutto. Un giorno potrei anche aprire uno
studio per conto mio da qualche parte, magari a Roswell. ‘Dottor Max
Evans’.” si prese in giro Max.
“Sarebbe una bella targa.” Liz rise con lui.
“Ma in realtà, Liz,” disse serio “mi piace quello che faccio. E’ vero,
qualche volta è duro e fa male, ma posso aiutare tanti bambini, proprio
quando ne hanno più bisogno, prima che le cicatrici nella loro psiche
abbiano la possibilità di formarsi.”
“Lo sai?” Liz gli passò la mano tra i capelli. “Sei veramente qualcosa di
incredibile. Ti ho chiesto, per fare una cosa nuova, di pensare a te stesso
e tu cosa fai? Cominci a pensare a come puoi aiutare gli altri. Sei un caso
senza speranza ed è solo uno dei motivi per cui ti amo così tanto.”
Max le rivolse un sorriso imbarazzato e cercò di tenere gli occhi sulla
strada. “ti dico una cosa. Ci penserò e quando saremo tornati a casa, dopo
il matrimonio, deciderò se tornare a studiare o meno. Forse il destino mi
darà un segno,” Max rise. “che mi guiderà su cosa fare …”
“Papà, fermati!” gridò Ellie dal sedile posteriore.
“Cosa c’è, amore?” Max la guardò riflessa sul retrovisore.
“Dobbiamo fermarci, papà.” Ellie si agitò sul seggiolino.
“Ti serve il vasetto?” chiese Max. La cosa divertente, pensò, era che un
paio di settimane prima, quella parola non era nemmeno nel vocabolario. Ora
la usava molto spesso. Si girò verso Liz, dicendole serio “Ha usato il
vasetto prima di partire. Non dovrebbe averne bisogno così presto.”
“Dobbiamo tornare dietro, papà.” Insistette Ellie, girandosi nel seggiolino
verso il lunotto posteriore.
“Indietro dove?” Max guardò ancora nel retrovisore, chiedendosi cosa la
preoccupasse. Dopo tutto, non sembrava un problema di vasetto.
“Dietro lì.” puntò Ellie. L’avrebbero perso se non si fermavano subito.
“Mamma.” Ellie rivolse uno sguardo implorante a Liz.
“Fai inversione, Max, alla prossima uscita.” disse Liz, avvertendo il
turbamento di Ellie. Vide una strada correre parallela alla statale e
tornarono indietro percorrendo quella. Max le lanciò un’occhiata
interrogativa, ma lei si limitò a scuotere la testa. Non aveva idea di cosa
Ellie avesse visto o del perché voleva che tornassero indietro, ma c’era
qualcosa che aveva bisogno di una fiducia cieca e che doveva essere sentita
con il cuore.
Max inserì il lampeggiatore appena l’uscita successiva apparve in distanza,
continuando a guardare Ellie dal retrovisore. Era stata eccitata da
qualcosa, ma lui non aveva capito di cosa si trattasse. Erano in una
campagna interrotta da colline, piante grasse, cactus e qualche occasionale
macchia di alberi. Rallentando l’andatura, lasciò la statale al primo
incrocio e girò a destra, tornando nella direzione da cui erano venuti. Ora
Ellie stava guardando avanti, strattonando le cinture del seggiolino per
cercare di vedere dal cristallo anteriore.
“Cosa c’è, Ellie?” Liz la guardava preoccupata. Non l’aveva mai vista
comportarsi così né nei sogni, né nel mondo reale.
Ellie posò la mano sul suo album, coprendo la scena familiare che aveva
disegnato tante volte. Guardando dal finestrino, sentì che erano arrivati.
Ora doveva solo trovarlo.
Max avvertì il cambiamento nella macchina, l’improvvisa tensione che
riempiva l’aria. Cosa aveva visto Ellie? Cosa sperava di trovare? Sentiva
che era qualcosa legata alla loro natura aliena, qualcosa che l’aveva
attratta ma che non riusciva a vedere.
“Lì, papà.” Ellie indicò a sinistra, quando ebbero passato l’incrocio
successivo. Max frenò e fece marcia indietro, felice che non arrivassero
altre auto. Seguì l’indicazione fornita dalla mano di Ellie, dirigendosi
perpendicolarmente alla statale.
Poche case punteggiavano il paesaggio tra le due strade. La civilizzazione
andava a rilento fuori dalla metropoli, aumentando i sobborghi, ma ancora
non era arrivata così lontano. Gli alberi al lato della strada cominciavano
ad aumentare e il sole filtrava dal fogliame, ombreggiando la macchina,
mentre la macchina continuava la gita non programmata.
Liz osservava attentamente fuori dal finestrino, sentendo crescere dentro di
lei l’eccitazione di Ellie. Non erano mai stati lì prima, nulla era
familiare … o lo era? Aveva già visto quella collinetta prima di allora?
Forse … una volta … in un sogno?
“Max.” Liz prese la sua mano, stringendola forte, parlando quasi in un
sussurro. “Puoi sentirlo, Max?”
“Si.” Anche lui le strinse la mano. Non era mai stato qui prima, eppure …
c’era qualcosa …di familiare … la sensazione che qualcosa … stesse
aspettando proprio loro …
“Hai paura?” sussurrò Max. Liz aveva tutto il diritto di sentirsi spaventata
quando cominciavano a succedere strane cose aliene.
“No.” Lei scosse la testa. Non era affatto spaventata. Quello che stavano
facendo ora, qualsiasi cosa fosse, sembrava così … giusta. Distolse lo
sguardo dal panorama e gli disse “E tu?”
“No.” rispose Max, ma una parte di lui lo era. Solo Dio sapeva dove erano
diretti. Veramente, pensò guardando lo specchietto, solo Dio e Ellie.
Ellie continuava a sporgersi per vedere fuori, guardando il panorama che
fuggiva via, con un’espressione concentrata. Lei era sicura che fosse lì.
Vicino. Doveva solo trovarlo.
Liz si girò verso Ellie nel sedile posteriore. Allungò la mano per toccare
la figlia, chiedendole “Sai dove stiamo and …”
Le parole le morirono sulla bocca, quando Ellie afferrò la sua mano e la
premette sul disegno che aveva fatto. Gli occhi di Liz si spalancarono,
mentre le immagini scorrevano davanti a lei e Ellie le diceva con i disegni
quello che non riusciva a dire con le parole. Liz rimase a bocca aperta
quando i disegni acquistarono significato e il suo cuore cominciò a battere
all’impazzata. Si girò a guardare fuori, scrutando l’orizzonte, scivolando
sul panorama punteggiato dagli alberi, chiedendosi se era possibile che
fosse vero.
“Cosa?” Sbraitò Max con crescente preoccupazione. “Cosa c’è?”
“Quella strada, papà!” Ellie puntò insistentemente una stradina polverosa
sulla destra.
Sentì un’improvvisa ondata di panico e fermò immediatamente la macchina,
ricordando che una volta la curiosità aveva cambiato per sempre le loro
vite. E se ci fosse stato qualcosa che li stava attirando? Qualcosa di
alieno, qualcosa come il globo. Qualcosa che già una volta li aveva quasi
distrutti. E se stava portando la sua famiglia in un nuovo incubo?
“Max.” Liz gli prese la mano, percependo la sua preoccupazione, ma sapendo
che il suo panico era infondato. “Ascoltala. E’ dove noi apparteniamo.”
“Come fai a saperlo?” Quello poteva essere il più grande errore della loro
vita.
“Perché, Max,” il viso di Liz brillava da dentro, illuminato da una fiducia
interna. “sento che è una cosa bella, come non l’ho mai sentito prima
d’ora.”
Max sentiva che l’aria entrava ed usciva dai suoi polmoni con difficoltà.
Loro, sia Liz che Ellie, sembravano così sicure e tutto quello che lui
doveva fare era un atto di fede. Ma Dio non lo aveva mai favorito in passato
e la fede poteva andare facilmente in frantumi. Poteva credere ancora che
Dio non avrebbe voluto dividere quello che aveva riunito da così poco tempo?
O quella fede era stata era stata troppo messa alla prova per poter vivere
ancora? Guardando Liz, vide la risposta scritta sul suo viso. Non importava
tutto il resto, la sua fede in lei non avrebbe mai vacillato. Rimise in moto
la macchina e andò avanti.
Il fondo stradale non era buono e l’asfalto lasciava spazio a tratti
polverosi. L’auto sobbalzava su dossi e buche che sarebbero stati più adatti
alla Jeep, ma lui non si fermò. Oltrepassarono un vecchio segnale,
parzialmente coperto dalla vegetazione, inchiodato al tronco di un albero.
Non riuscirono a leggere le parole ormai sbiadite e Max sperò che non si
trattasse di un segnale di ‘Non oltrepassare’.
Arrischiò uno sguardo al sedile posteriore, per accertarsi che Matthew non
fosse sballottato a causa del fondo sconnesso e fu sorpreso di vederlo con
gli occhi aperti, ma silenzioso. Anche Matthew stava percependo l’atmosfera
di attesa. Max guardò di nuovo avanti e proseguì, passando sotto baldacchino
di foglie, e fu allora che lo vide.
Fermò la macchina inchiodando.
“Oh, mio Dio.” si sporse in avanti, guardando attraverso il parabrezza e
sentendo le dita di Liz conficcarsi nel suo braccio. L’aria rimase
intrappolata nei suoi polmoni, come se si fosse dimenticato di respirare,
fino a che Ellie parlò.
“Me l’ha trovato!” Ellie guardava eccitata attraverso il finestrino.
Incapace di aspettare che il suo lento e imbambolato papà la sciogliesse,
usò i suoi poteri per liberarsi della cintura che la teneva legata al
seggiolino e si dibatté per scendere.
“Come faceva a saperlo?” la voce di Max era piena di sgomento.
“E’ tua figlia, Max.” gli disse Liz, come se fosse una spiegazione
sufficiente. “Lei è speciale, proprio come lo sei tu.”
Max aprì la portiera della macchina e uscì nel calore dell’aria estiva.
Davanti a loro si stendeva un prato, il loro prato, quello che aveva
riempito i loro sogni e dominato tanta parte delle loro vite.
Sulla destra, a poca distanza, c’era la macchia di alberi dove Liz si era
unita, per la prima volta, al suo sogno. In quel posto speciale, lui le
aveva chiesto di sposarlo. Aveva raccolto fiori selvatici per i suoi capelli
proprio lì, sul bordo del prato. Si erano distesi sopra l’erba accanto a
quegli alberi e avevano sentito Ellie muoversi sotto la pelle della pancia
di Liz, unendosi a lei prima ancora che nascesse.
Qui Max aveva camminato nell’erba alta, tenendo la mano di Ellie quando era
ancora troppo piccola per camminare da sola, sul terreno irregolare, senza
cadere. In quel campo era corso dietro alle farfalle per lei e una rana
aveva avuto la meglio su di lui nel ruscello che sentivano gorgogliare in
lontananza.
Ellie aveva mostrato loro il suo scudo purpureo, proprio lì, mentre si
stavano rilassando dopo un picnic. Era la prima volta che lui si era reso
conto che lei stava sviluppando dei poteri alieni. La prima volta che lui si
era reso conto di quanto Ellie fosse simile a lui. Aveva sempre saputo che
il suo DNA alieno scorreva nelle sue vene, ma era la prima volta che lo
avvertiva nella sua anima. Ellie non era solo sua figlia. Una parte della
sua vera razza sopravviveva attraverso lei. Non era solo un essere umano, ma
una prova vivente che un pianeta chiamato Antar era una volta esistito,
pieno di vita, e che quella vita continuava a fiorire.
“Max?” Liz girò attorno alla macchina e gli andò vicino. “E’ il nostro,
vero? Voglio dire, non è solo che sembra il prato dei nostri sogni. E’ quel
prato, vero?”
“Si.” Max fece scivolare un braccio attorno a lei. “Lo è. Non so come sia
possibile, ma è il nostro prato.” Camminarono nell’erba, sentendo il sole
che brillava sopra di loro, come aveva fatto tante altre volte.
Ellie non riuscì ad aprire la portiera posteriore, così scivolò sul sedile
davanti. Si precipitò fuori dall’auto e cominciò a correre nell’erba alta,
come aveva fatto tante volte nei loro sogni. I fili d’erba le colpivano il
viso e le braccia, ma le sembrava giusto, normale, una sensazione cui era
abituata da molto tempo.
“Papà! Vedi?” Ellie correva nell’erba, cercando di prendere il vento con le
braccia spalancate.
“Ti stiamo vedendo, Ellie.” cercò di dire Max, prima di stringere Liz tra le
braccia. “E’ un segno, Liz.” Max le prese il viso tra le mani. “E’ il nostro
prato. E’ qui che apparteniamo. Questa è la nostra casa.”
“Non è ‘nostro’” Liz cercò di essere razionale. “Qualcun’altro ne ha la
proprietà, non noi.”
Max si liberò all’improvviso dal suo abbraccio e corse nel campo,
oltrepassando la macchina e sparendo nella direzione dalla quale erano
arrivati. Riapparve qualche istante dopo con in mano qualcosa, qualcosa
largo e piatto … un segnale. Lui aveva chiesto un segno e ora ne aveva
proprio uno in mano.
“E’ in vendita, Liz.” gridò Max e le porse il segnale perché lei potesse
vederlo. L’eccitazione nel suo animo si accrebbe mentre spaziava lo sguardo
sul prato, il loro prato, il posto dove si era sempre sentito come a casa.
Forse, dopo tutto, Dio lo amava. Corse verso Liz col cartello sbiadito in
mano.
“Sembra che sia in vendita da molto tempo.” Liz si avvicinò e cercò di
decifrare il numero.
“Forse stava aspettando noi.” disse Max in tono pacato, ancora sgomento
dell’esistenza di quel posto. L’espressione sul suo viso rifletteva sorpresa
e meraviglia e anche qualcos’altro. Qualcosa di più profondo. Guardando nei
suoi occhi, Liz vi lesse una pace interiore che non vi aveva mai visto
prima.
“Come è possibile, Max?” lei gli afferrò un braccio.
“Io non lo so.” rispose lui, onestamente. “Non so come mai abbiamo sognato
questo posto. Non so come Ellie abbia fatto a trovarlo. Non c’è una
spiegazione razionale per tutto questo, ma è qui. Esiste. E potrebbe essere
nostro.”
“Il segnale è vecchio.” disse lei con stretta logica alla Liz Parker.
“Potrebbe non essere più in vendita.”
“Non lo sapremo mai, se non chiamiamo.” controbatté Max.
“C’è una quantità di terreno, qui. Potrebbe essere costoso.” si preoccupò
Liz.
“Venderò la mia quota del centro UFO.” disse Max senza esitazione. “Potrebbe
comprarla Michael, o Alex.” Max le prese le guance tra le mani e guardò nei
suoi occhi profondi. Farò tutto quello che posso per farlo diventare nostro.
Noi apparteniamo a questo posto, Liz.”
Liz vide la fede, la certezza nel suo sguardo e coprì la mano di Max con la
sua. Aveva assolutamente ragione. Loro appartenevano a quel posto. “Allora
chiamiamo. Abbiamo una proprietà da comprare.”
Liz tornò alla macchina per prendere Matthew e Max prese il suo cellulare
formando il numero a malapena leggibile sul cartello. Liz lo guardò
attentamente e, mentre liberava Matthew dal seggiolino e se lo appoggiava
alla spalla, Max si voltò verso di lei col il sorriso che andava da un
orecchio all’altro.
Oltre la spalla del marito, vedeva Ellie correre nell’erba dietro a una
farfalla, e il suono delle sue risate cantava nella brezza.
Max si avvicinò a Liz, mettendole un braccio attorno alla vita e tirandola a
se. Lei gli appoggiò la testa sulla spalla e chiese “E allora?”
Max la baciò sulla fronte e la guardò negli occhi, prima di spostare lo
sguardo sul prato.
Emise un sospiro e, invece di risponderle direttamente, le fece una domanda
“Vuoi costruire un ripostiglio o due?”
Epilogo
Mary riempì, fino all’orlo, il
bicchiere con la sua marca preferita di limonata ghiacciata e lo sistemò sul
vassoio con gli altri. I bicchieri con la cannuccia verde erano solo per
quelli che percepivano i sapori. Quelli con le cannucce rosa erano per
quelli meno avventurosi. La bottiglia di Tabasco vuota rimase sul bancone.
Spinse il vassoio sul bordo del ripiano della cucina e stava giusto per
prenderlo, quando, con la coda dell’occhio, notò un movimento. Guardando
verso il pavimento, si trovò a fissare un paio di grandi occhi scuri.
“e tu cosa pensi di fare?” disse Mary con le mani piantate sui fianchi. Il
silenzio fu l’unica risposta, ma lui spostò la testa da un lato, drizzò le
orecchie e fece penzolare la lingua da un lato della bocca. Si chiese per un
attimo se lei gli stesse offrendo qualcosa, poi cominciò a scodinzolare e ad
abbaiare allegramente.
“bella la vita!” borbottò Mary e si diresse verso la dispensa, dove
conservava i biscotti per il cane. “E’ questo che vuoi?” glielo tese,
prendendolo amabilmente in giro. Lui cominciò a correre intorno ai suoi
piedi, abbaiando per il biscotto e Mary non riuscì trattenere un sorriso.
Era veramente adorabile, per essere un cane. “Sarà meglio che tu lo porti
fuori, mi hai sentito? Non voglio che tu faccia la pipì sul pavimento della
mia cucina.”
King abbaiò il suo assenso e prese il biscotto in bocca quando Mary glielo
tirò. Corse fuori felice con la cosa che scodinzolava a mille.
Mary scosse la testa e tornò al vassoio che la stava aspettando sul bancone
della cucina. Lo prese e si diresse nella stessa direzione in cui King era
appena andato. Era una bellissima giornata di metà ottobre e tutti erano
arrivati per i festeggiamenti. Spinse la zanzariera ed uscì nel portico
anteriore, lasciando che lo sguardo spaziasse sulla vista davanti a lei.
Il sole brillava in un cielo azzurro ed il prato era coperto da sedie e
tavoli ripieni di un assortimento di cibo. Palloni e striscioni di ‘Buon
Compleanno’ si muovevano alla brezza leggera e decoravano la staccionata che
circondava il portico. Una palla di energia, con un cappellino di Compleanno
in testa, corse nell’erba e, quando si fermò, agitò la manina per salutare.
“Mary!” Ellie sorrise eccitata. “Quetta è per me?”
“Certo!” Mary sorrise in risposta e scese i gradini della facciata della
casa appena costruita.
“Mary, lei è un’ancora di salvezza.” Max la baciò sulla guancia e prese uno
dei bicchieri prima ancora che lei avesse la possibilità di appoggiarlo sul
tavolo. Ne bevve la metà in un solo sorso, poi si allontanò, con in testa un
cappello da cuoco e una pinza da barbecue in mano, gridando “Chi è pronto
per mangiare un hotdog?”
Mary depose il vassoio e raddrizzò il cappellino sulla testa di Ellie,
mentre la bambina allungava la mano per avere il suo bicchiere di limonata
piccante. Ne prese un lungo sorso, come aveva fatto suo padre, poi
ricominciò a correre verso le nuove altalene che Max e quel bravo ragazzo di
Michael Guerin avevano finito di installare quella mattina. Quel grazioso
ragazzino, Bobby Hitchner, la seguiva come un cucciolo e, proprio in quel
momento, stava facendo a gara con Shane Tollefson per vedere chi avrebbe
spinto la sua altalena per primo. Santo Cielo, quella ragazzina avrebbe
spezzato diversi cuori, tra poco tempo.
Gli uomini si avvicinarono al barbecue, aspettando pazientemente che Max
riempisse i loro piatti, mentre le signore sistemavano le pietanze sulla
tavola. Ormai Mary li conosceva tutti e sapeva attribuire il nome ad ogni
singolo volto. Jeff Parker era quello arrivato con quella mostruosità di
Winnebago, parcheggiato nel viale già da un paio di giorni. Sua moglie Nancy
gli stava togliendo un bicchiere di birra dalle mani, per rimpiazzarlo con
uno di limonata, con la cannuccia rosa.
L’uomo alto era il signor Evans, di cui Max si era burlato con lei quel
giorno della scorsa estate, quando il suo mondo si era sconvolto. Mary
sorrise pensando che Philip poteva anche avere l’aspetto di un orso, ma era
dolce come suo figlio. Anche sua moglie Diane era affascinante e ora Mary
capiva perché Max, scherzando, chiamava sua madre ‘piccola ingorda’. Tra lei
e Nancy, Matthew e Ellie erano monopolizzati e sommersi di attenzioni.
Gli sposini novelli erano a pochi passi uno dall’altra e Mary aveva per caso
sentito Liz che si burlava del suo amico d’infanzia, dandogli un pugno nello
stomaco e dicendogli che la vita da sposato gli faceva bene. Alex fu
sinceramente d’accordo con lei, e quando sussurrò qualcosa all’orecchio di
Isabel, la fece arrossire. Mary pensò che formavano una bella coppia.
Michael Guerin, di solito molto serio, sembrava trascorrere una giornata
felice, e quando il ragazzo sorrideva era veramente una bella visione. In
apparenza, aveva una predilezione per la Snapple, perché sembrava averne
sempre una in mano. All’inizio si era chiesta se non ci fosse un qualche
collegamento alieno, come per la salsa Tabasco, ma lui era l’unico a
consumarne una grande quantità, quindi pensò che non si trattasse di questo.
Maria, la sua fidanzata, era un tipetto tutto pepe e grazie a questo, era
riuscita a convincere il suo uomo a fissare una data per le nozze. I
matrimoni di primavera erano sempre belli.
Il lungo braccio della legge sembrava essere ben rappresentato, con l’agente
Tully che faceva conoscenza con lo Sceriffo di Roswell. Lui aveva fatto
parecchia strada per una visita, ma Mary sapeva che tra lui e Max c’era una
vecchia storia, non sempre buona. ma ormai erano amici da anni e Jim era
considerato parte della famiglia.
Mary notò con piacere che anche Chris Palmer era troppo preso da quella
simpatica ragazza che era Tracy per parlare con il suo collega. Mary aveva
capito che Chris aveva smesso di fare il playboy e si chiese se fosse stata
Tracy a calmare i suoi bollenti spiriti o un piccolo angelo con l’impronta
della mano argentata. Quale che ne fosse il motivo, aveva sentito Max
parlare del suo cambiamento di vita. Mary non lo aveva conosciuto prima, ma
c’era una sola parola che poteva usare per definire l’uomo che sembrava
essere ora. Sembrava felice.
Un rumore le giunse all’orecchio e Mary si voltò per veder arrivare un
grosso van. Josh Lansing e la sua famiglia, furono accolti da un caldo
benvenuto e le giovani donne si affrettarono immediatamente attorno ad Annie,
chiedendole come si sentisse, se le nausee mattutine andassero meglio e se
avesse già sentito il bambino muoversi. Martha si sarebbe sorpresa di una
gravidanza che durava solo sei mesi? Santo Cielo!
Daniel e Sarah uscirono dal retro del van e Mary sorrise alla loro vista.
Erano stati amorosamente gentili con lei in quei primi giorni, dopo la
terribile scoperta. Lei era una perfetta estranea per loro, ma l’avevano
accolta in casa loro quando non sapeva dove andare. Daniel l’aveva aiutata a
trovare una sistemazione temporanea dove vivere, aiutata a trasportare le
sue cose e le aveva anche prestato del danaro fino a che aveva sistemato il
suo conto in banca.
Quei vecchi film di fantascienza degli anni ’50, non potevano sbagliarsi di
più. Non erano gli alieni ad essere dei mostri. Mary ne aveva la prova di
prima mano.
Nel viale apparve un’altra macchina e Mary pensò che ora la festa era al
completo. Carl parcheggiò accanto al van ed uscì dall’auto, con
l’espressione del gatto che ha appena mangiato il canarino. Mary si chiese
cosa nascondesse e non le ci volle molto a capirlo. Rachel uscì a precipizio
dalla macchina, tenendo davanti a se la mano sinistra e, anche da quella
distanza, Mary distinse il bagliore del diamante al suo anulare.
Le grida di eccitazione di Liz le arrivarono all’orecchio, mentre le due
giovani donne si abbracciavano e saltavano di gioia. Max poggiò le pinze, si
tolse il grembiale con scritto ‘Baciate il cuoco’ e attraversò di corsa il
prato, sorridendo e stringendo la mano di Carl per congratularsi, prima di
stringere l’uomo più anziano in un abbraccio vigoroso. Per essere un uomo la
cui faccia era stata la meta una grande quantità di guantoni da pugile, Carl
aveva un bellissimo sorriso.
Nessuno di loro lo sapeva ancora, né Mary che guardava la famiglia estesa di
cui ora faceva parte, né Max, che sorrideva da orecchio a orecchio
circondato da parenti ed amici, né Max che rideva eccitata, ma l’anno
seguente sarebbe stato veramente pieno di eventi.
Alex stava per diventare socio del Centro UFO per aver acquistato parte
della quota di Max. Isabel avrebbe creato una firma che avrebbe sconvolto il
mondo della moda con il suo ultimo disegno, il più grazioso alieno dopo E.T.
Maria si stava facendo strada nel mondo della musica, con un brano che, a
sorpresa, stava raggiungendo la vetta delle classifiche. Era quasi bello
come la canzone che avrebbe cantato per suo marito la sera delle nozze.
Quasi.
Tully avrebbe avuto la macchina nuova alla quale pensava, una che fosse più
grande di una scatola di sardine. E all’inferno l’innaffiatrice automatica
per il giardino. Non aveva bisogno di togliersi quella voglia, dopotutto.
Ormai era affezionato al vecchio tubo per innaffiare a mano.
Chris stava per impegnarsi per la prima volta nella sua vita, chiedendo a
Tracy di andare a vivere con lui. Sembrava non interessargli più avere una
donna diversa nel suo letto ogni notte. Tracy gli avrebbe detto di si. Anche
lei aveva finalmente trovato l’Uomo Giusto.
Carl e Rachel stavano per avere l’anno più eccitante della loro vita. Un
matrimonio in inverno, completo di Carl, sposo nervosissimo, e di Max, suo
calmo e composto testimone. Rachel sarebbe stata una bellissima, timida
sposa, con Liz come damigella d’onore serena al suo fianco. Durante l’anno
successivo, Carl avrebbe avuto in dono qualcosa che non aveva mai neppure
sognato. Due gemelli. Un maschio e una femmina.
Matthew aveva già tutto quello che desiderava. La sua sorellina maggiore era
a casa e tutti erano felici. Ora, se solo la nonna lo avesse messo giù,
forse avrebbe potuto giocare con King.
Ellie stava per trascorrere l’anno più bello della sua vita, ma questo era
facile da predire. Tutti i suoi sogni si erano realizzati ed ogni giorno nel
mondo Reale era più bello del precedente. Il suo passatempo preferito era
giocare … Fuori.
Liz si era presa il trimestre autunnale di pausa, proprio come aveva
progettato, ma aveva fatto buon uso di quel tempo. Tra il crescere un figlio
e una figlia e ricoprire di amorevoli attenzioni suo marito, avrebbe
trascorso il suo tempo libero studiando gli appunti di Johnson sugli
esperimenti che stava conducendo prima della sua morte.
La sua diligenza le avrebbe permesso di trovare il collegamento che mancava
nel lavoro di Johnson, un collegamento che avrebbe portato ad una cura per
il Morbo di Gunther. Liz Parker Evans era sulla strada per vincere il suo
primo Premio Nobel per la medicina, proprio come le aveva predetto il suo
Professore.
La più grande soddisfazione per Max, oltre ai successi di sua moglie,
sarebbe stata quella di togliere la parola ‘Apprendista’ accanto al suo nome
e ricevere il suo distintivo da Agente. Sarebbe stato Carl a
consegnarglielo, con orgoglio, subito dopo il suo ventunesimo compleanno. Il
Dipartimento riponeva in lui un grande interesse e si aspettava grandi cose
da quel ragazzo silenzioso.
Sul fronte alieno, il nome di Max circolava già per il primo posto libero
nel Consiglio di Governo. Il rispetto che la sua comunità aveva per lui
cresceva a grandi passi e non solo perché era un guaritore. Quelli che lo
conoscevano lo rispettavano per l’uomo che era, un’anima gentile con forti
convinzioni, ed un amore immenso per la sua famiglia. Col passare del tempo,
sarebbe diventato il più giovane membro del Clan mai designato per quella
carica. Avrebbe assunto un ruolo di comando, come se fosse nato per quello.
E per quello che riguardava Mary, Martha aveva avuto ragione. Mary aveva
ancora tanti anni da vivere e sarebbero stati gli anni migliori della sua
vita. Ora aveva una famiglia di cui prendersi cura e dei piccoli da amare e
non era mai stata così felice.
“Mary.” Liz arrivò accanto all’anziana donna e l’abbracciò. “Non viene a
mangiare?”
“Oh, si.” Mary le prese la mano affettuosamente. “Non preoccuparti per me,
cara. Credo che il tuo meraviglioso marito mi abbia tenuto da parte del
petto di pollo.”
“Allora, non lo faccia aspettare troppo.” la esortò Liz. “Tra un po’ servirò
il gelato.”
“Liz, cara.” Mary scosse la testa costernata. “Ancora non capisco perché non
hai voluto una torta di compleanno per Ellie.”
“Mi creda, Mary.” Liz strinse tra le braccia la donna. “In questa famiglia
non è salutare mettere insieme torte e ospiti.”
Mary alzò un sopracciglio, ma Liz non se ne accorse. Era troppo occupata ad
osservare suo marito. Tuttavia Mary non si lasciò sfuggire lo sguardo o il
modo in cui Max si era voltato, con uno sguardo appassionato, quando lei
aveva nominato la torta, anche se era troppo lontano per sentirla. O no?
Mary vide Liz andare nella sua direzione, con Max che non le toglieva gli
occhi di dosso, e si ricordò che aveva qualcosa da fare. La sua cena poteva
aspettare ancora qualche minuto. Si fece strada tra i tavoli e passò dietro
i due ripostigli, camminando verso una direzione ben definita. Il suo
piccolo cottage non era lontano, solo quanto bastava per dare alla famiglia,
che viveva nella casa principale, il senso di intimità di cui aveva bisogno.
Quando fu arrivata alla porta d’ingresso, si fermò ad ispezionare le rose
che crescevano nel suo giardino. Tra poco tempo, quando le piante avessero
messo radici e fossero cresciute, il suo giardino sarebbe diventato pieno e
rigoglioso.
Fino ad allora, c’era un particolare cespuglio di rose che fioriva con
meraviglioso splendore, ed era li che lei era diretta. Quando si era
meravigliata di quella crescita precoce, Max si era limitato a farle
l’occhiolino e a dire che doveva essere stato il fertilizzante. Ma Mary
conosceva la differenza. Non era stata una sorpresa che la pianta che era
cresciuta di più, e che fioriva tutto l’anno, era quella di rose bianche.
Mary prese le cesoie e scelse una rosa perfetta, una che aveva appena
cominciato a schiudersi. Sarebbe stata perfetta per il tavolo della
colazione di Liz.
***
“Vieni qui, tu.” Max sollevò in aria Ellie e le solleticò la pancia con il
naso.
“Papà!” il sorriso di Ellie si trasformò in una risata. “Papà! Papà, batta!
PAPA’!” Muoveva le gambe agitata, mentre la sua risata volava sopra il
prato.
“Cosa c’è, Ellie?” Max tolse il naso e rise con lei. “Vuoi che la smetta?”
“No, papà.” ridacchiò lei. “Antoa sollettoto!”
Max appoggiò il naso sul cappellini di compleanno e le fece una pernacchia,
ridendo al suono della sua risata. C’era al mondo un suono più bello per un
padre, della risata dei suoi bambini? Il primo compleanno di Ellie con loro
era come lo avevano sognato e anche di più. Avere tutti i loro parenti e gli
amici a festeggiarlo con loro era stata la ciliegina sulla torta.
“Guarda!” Max portò l’attenzione di Ellie verso Liz, che scendeva i gradini
dell’ingresso, con in mano una coppa speciale.
“Quetta è per me?” Ellie battè le mani felice. Liz si diresse verso di lei,
eccitata come la figlia. La coppa che portava aveva tre gusti differenti di
gelato messi in fila, con una candelina sopra ciascuno. Maria cominciò a
cantare per prima, poi il prato si riempì di un coro di voci che cantavano
“Happy birthday to you, happy birthday to you, happy birthday cara Ellie,
happy birthday to you!”
Sentire il suo nome in bocca a tante persone, lasciò per un attimo Ellie
senza parole, e questa era una cosa che non accadeva spesso. la Signorina
Chiacchierona non era mai a corto di parole, ma non aveva mai avuto un
compleanno come questo, prima. Quando la canzone terminò, Max le diede un
bacio sulla fronte e la mise a sedere sulla panca da picnic. Le si sedette
accanto, mentre Liz le metteva davanti la coppa.
“Esprimi un desiderio, Ellie.” Liz le diede un bacio sulla guancia. “E poi
spegni tutte le candeline.”
“Un desiderio?” Ellie arricciò il naso. Cosa poteva desiderare? Aveva tutto
quello che voleva. Tutti i suoi desideri si erano realizzati. Una volta
aveva detto a Mary che voleva vivere con la sua mamma e il suo papà e il suo
fratellino in una grande casa nel sole. Quel sogno ora era la realtà,
proprio come tutti i suoi altri sogni.
Ellie guardò tutti i volti ai tavoli intorno a lei e le sue labbra si
curvarono in un sorriso segreto. Chiuse gli occhi ed espresse un desiderio,
poi fece un forte soffio, spegnendo tutte le candeline. Fu ricompensata con
un applauso e Mary cominciò a servire le coppe di gelato, partendo dai
bambini e finendo con gli adulti.
Max prese una coppa e vide Liz che faceva altrettanto, poi marito e moglie
divisero uno sguardo complice. Mary poteva pensare che fosse strano, ma il
gelato di compleanno aveva perfettamente senso per loro. Dopo tutto, il
gelato era il dolce preferito di Ellie, ed era certamente più innocuo di una
torta.
Max allungò la mano sul tavolo per prendere la bottiglietta del Tabasco e
quando si trovò accanto alla spalla di Ellie, le sussurrò in un orecchio
“Cosa hai desiderato, tesoro?”
Ellie si stava infilando una cucchiaiata di gelato in bocca, ma si fermò
alle parole del padre e lanciò un’occhiata attraverso il tavolo. Bobby era
seduto proprio di fronte a lei ed aveva altrettanto gelato sulla sua faccia
che nella sua coppa. Una cosa era certa, prima che il suo desiderio si
avverasse e lei riuscisse a farsi dare un bacio di compleanno da lui, Bobby
avrebbe dovuto lavarsi il viso.
***
La zanzariera si aprì con un debole scricchiolio e Liz uscì nel portico. Si
fermò per un istante, ascoltando il dolce rumore del giorno che finiva e
della notte che si stava preparando. Il tramonto colorava tutto di arancio e
rosa e rosso, colori che si adattavano alla fine della loro giornata
tumultuosa.
“Si è addormentata?” la voce di Max le arrivò dall’ombra e sentì la mano di
lui allungarsi in cerca delle sue.
“Appena la sua testa ha toccato il cuscino.” Liz sorrise, nell’oscurità
crescente. Fece scivolare la sua mano in quella di Max e si unì a lui sul
grande dondolo del portico.
“Le feste di compleanno tendono a fare questo.” Max passò il braccio attorno
a lei e la attirò accanto a se, sentendola accoccolarsi contro il suo petto.
“Specialmente quando hai solo tre anni.”
“E’ stata una giornata campale, vero?” sospirò Liz felice.
“Si, lo è stata.” Max rimase un attimo in silenzio, ascoltando i suoni della
sera e limitandosi a pensare. Carezzando la nuca di Liz, si chinò e le posò
un bacio sulla fronte prima di dire sottovoce “Ricordi quello che abbiamo
fatto il giorno del suo primo compleanno?”
Max sentì la sentì annuire contro il suo petto e dire “Mi hai dato un nuovo
disegno di Ellie, e abbiamo pianto e fatto l’amore.”
“Si.” Max passò le dita tra i capelli di lei, mentre entrambi rivivevano
quei ricordi. “Ricordi quello che abbiamo fatto il suo secondo compleanno?”
“Abbiamo parlato di avere Matthew e abbiamo pianto per Ellie.” Liz mise il
viso accanto all’orecchio di lui. “Poi abbiamo fatto l’amore per il resto
della notte.”
Max annuì, poi le sussurrò contro la guancia “Abbiamo creato una
tradizione.”
“si.” Liz cambiò posizione e guardò gli occhi del marito, che riflettevano i
colori del tramonto, brillando di sfumature d’ambra. “Però non penso che
piangeremo, quest’anno.”
“No, quest’anno no.” disse Max, prima che le sue labbra reclamassero quelle
di lei. Il suo bacio fu tenero, amoroso, un’espressione di tutto quello che
sentiva nel cuore. La sua mano si posò sul viso di lei in un gesto
familiare, un tocco speciale di cui Liz non era mai stanca. Il bacio si
interruppe lentamente, e lui fece passare un braccio sotto le gambe di lei,
e se la mise in grembo.
“Sei felice, Liz?” le chiese, poggiando la fronte contro la sua.
“Più di quello che ciascuno abbia diritto di essere.” Liz gli passò le
braccia attorno al collo. “E tu? Sei felice, Max?”
Nella luce che moriva, il sorriso che fece Max fu molto di più del sorriso
di un uomo felice. “Hai catturato il mio cuore dal momento in cui ti ho
vista, Liz, e da allora lo hai tenuto prigioniero. Tu sei la mia vita, la
mia speranza e i miei sogni. Come posso non essere felice? Con te, Ellie e
Matthew, ho tutto quello che ho mai desiderato.”
Soddisfatta, lei gli poggiò la testa sulla spalla e guardò il panorama, il
prato e il ruscello che erano parte delle loro vite. “Qualche volta mi
sembra ancora di vivere in un sogno.” Liz sentì la guancia di lui poggiarsi
sulla sua testa. “E mi chiedo quando mi sveglierò.”
Max la strinse più forte accanto a se, poi si alzò in piedi, sollevando il
suo corpo sottile tra le braccia. mentre gli ultimi raggi di sole
illuminavano i loro volti estasiati, Max le disse con voce rauca “Andiamo a
dare il bacio della buonanotte ai nostri bambini, poi ti mostrerò quanto
tutto questo è reale.” Max la strinse a se, come fosse una rosa delicata,
con gli occhi pieni dell’amore che provava per lei e il viso acceso dalla
passione che lo consumava.
“E come farai, Max?” Il viso di Liz risplendeva.
“Voglio amarti per tutto il resto della notte, come non sei mai stata amata
prima.” Il desiderio sul suo viso non lasciava dubbi sul fatto che intendeva
mantenere ogni singola parola.
“E cosa mi dici dei bambini?” Liz strofinò le labbra contro le sue. “Si
sveglieranno alle prime luci dell’alba.”
“Mary si prenderà cura di loro.” Max sorrise con affetto al pensiero. “Le
vogliono bene e lei li adora e le piace prendersi cura di loro. Vive per
quello.”
“Sei un uomo buono, Max.” Liz gli accarezzò il viso.
“Solo perché tu mi hai fatto diventare così.” Max la baciò, dandole un
assaggio di quello che l’aspettava. “Andiamo dentro. Abbiamo una tradizione
da rispettare.”
Liz si rannicchiò tra le sue braccia, mentre la portava in casa. La
zanzariera si chiuse dietro di loro, con un debole rumore che chiudeva fuori
la notte. Il sole sparì all’orizzonte e la notte scese sopra il prato, con i
bozzoli del buoi che avvolgevano tutto in un abbraccio di velluto. Oggi era
stata la festa per il compleanno di una bambina speciale. Quella notte,
mentre avrebbero fatto l’amore lentamente e serenamente, dando e prendendo
tenerezza, Max e Liz avrebbero celebrato la loro vita insieme e la promessa
del loro futuro.
Ora le loro vite erano complete. Ricche, piene e …Reali.
Fine
P.S.
E abbiamo finito. Se da una parte non vedevo l'ora, dall'altra si affaccia
una lieve malinconia.
La traduzione di questa ff è nata per caso, dalla dolcezza che mi aveva
lasciato la fantasia e la capacità di Breathless di far rivivere un sogno e
dalla voglia di condividerlo con chi non era in grado di leggere l'inglese.
Per sette mesi mi ha accompagnato durante la giornata e più spesso, durante
la notte. Non sarebbe nata e vissuta senza il vostro continuo
incoraggiamento e senza l'impareggiabile collaborazione di Coccy che ha
fatto dono a me e a voi del suo tempo prezioso (a volte mi sono chiesta se
tra il suo sito, i forum, le sfide di fanart e tutto il resto le rimanga il
tempo di respirare!)
E ora che ho preso il via, vorrei continuare.
Ho già chiesto a qualcun'altra delle autrici delle mie ff preferite
l'autorizzazione a tradurre e a postare i loro racconti. MidwestMax me l'ha
concessa subito e, tra breve, spero di farvi leggere 'Il figlio di nessuno',
la prima delle 5 ff che costituiscono 'The Son series'.
Amo il personaggio di Max e le dolci sfaccettature del suo carattere: la sua
insicurezza, il suo senso di responsabilità, la sua generosità nel pensare
sempre prima agli altri. Lui non sarà il protagonista di questa ff, ma sarà
presente al pari di tutti gli altri personaggi, così da non fare torto a
nessuno.
I protagonisti saranno Nate e Alyssa. Non voglio anticiparvi nulla, per non
togliervi il gusto della scoperta ma, come dice l'autrice, questa storia ha
luogo dopo 17 anni da ‘Four Aliens and a Baby’ e con questa informazione non
ci vuole uno scienziato spaziale per capite chi è Nate e perché avrà vita
difficile col futuro suocero.
Spero che mi seguirete e mi sosterrete con lo stesso calore con cui avete
seguito "Cuori Prigionieri".
PC
Scritta
da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di
Coccy85 |