Riassunto: Questa
storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore
alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai
fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o
duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più
grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa
ricambiarlo.
Valutazione contenuto:
non adatto ai bambini.
Disclaimer: Ogni
riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori
protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.
Capitolo 1
Max raggiunse la maniglia della porta,
cercando di apparire calmo e compassato. Non voleva che nessuno capisse cosa
stava realmente provando: dentro era un ammasso di energia nervosa. Aprì la
porta del Crashdown ed entrò. I suoi occhi percorsero rapidamente l’ ambiente,
notando con disappunto che lei non c’era. Non che si fosse realmente aspettato
che lei fosse ancora al lavoro, ma voleva vederla senza aspettare nemmeno un
minuto. Lei gli aveva dato la sola vera felicità che lui avesse mai conosciuto
e ogni minuto che trascorreva lontano da lei era una tortura.
“Ciao, Max.” disse allegramente Maria vedendolo entrare al Crashdown.
“Ciao.” rispose Max dirigendosi verso uno sgabello accanto al bancone.
“Liz è salita a cambiarsi. Sarà pronta in un minuto.”
“Grazie.” disse Max cercando di evitare lo sguardo di Maria.
Max si sentiva a disagio con lei, da quando, la scorsa notte, li aveva sorpresi
insieme a casa di Michael. Max non aveva nulla da rimproverarsi, ma si chiedeva
dove sarebbero arrivate le cose con Liz, se Maria non avesse fatto irruzione.
Un sorriso comparve sulle sue labbra al ricordo di come appariva Liz quella
notte. La luce delle candele danzava nei suoi occhi: quando le gli sorrideva,
tutto al mondo sembrava perdere importanza. Le sue labbra erano così dolci e la
sua pelle così soffice …
“Max. MAX! Pronto, ci sei?” disse Maria con un sorriso stupefatto sulla faccia.
“Cosa?” balbettò Max, uscendo dal suo sogno.
"Ti ho chiesto:vuoi qualcosa da bere, mentre aspetti Liz? Su quale pianeta sei?
Non hai sentito una parola di quello che ho detto!”
“Scusami.” rispose Max con un sorriso imbarazzato.
Max si girò non appena la porta della cucina si aprì e si alzò lentamente
mentre Liz entrava nel locale. Portava i suoi scuri capelli lunghi e sciolti.
Indossava una giacca nera sopra un top azzurro e dei pantaloni neri. Un sorriso
le illuminò il viso quando lo vide, e il cuore di Max perse un battito alla
consapevolezza che quel sorriso era indirizzato a lui. Mentre lei si avvicinò a
lui, i suoi occhi non si distolsero mai dal suo viso.
“Ciao.” disse Liz appena arrivò al fianco di Max. Notò che lui indossava la sua
giacca di pelle nera sopra un maglione grigio scuro e dei blue jeans. Era così
bello con quella giacca, pensò tra sé.
“Ciao.” lui le rese il sorriso.
“Sei pronto per andare?”
“In qualsiasi momento tu voglia.” disse lui.
“Fammi solo avvertire mio padre che sto uscendo. Lo sai, ora devo avvertirlo
ogni volta che esco, dopo quello che è successo ieri notte.” disse Liz
sospirando.
I loro genitori si erano molto arrabbiati con loro per aver trascorso fuori
l’intera notte. Max aveva detto loro che la Jeep aveva avuto un guasto e Liz
aveva aggiunto che non aveva potuto chiamare perché la batteria del cellulare
era scarica. Odiavano mentire ai loro genitori, ma che scelta avevano? Non
potevano certo dire la verità circa trovare nel deserto un comunicatore che
avrebbe potuto aiutare Max a tornare nel suo pianeta di origine!
Liz si diresse verso la cucina proprio nel momento in cui suo padre usciva
dalla porta, asciugandosi le mani. Spostò lo sguardo da Liz a Max e poi ancora
a Liz.
“State uscendo?” chiese alla figlia.
“Si.” replicò Liz “ Stiamo andando in biblioteca. E poi forse ci fermeremo a
mangiare qualcosa, quando avremo finito di studiare.”
“Va bene.” rispose Jeff, riportando l’attenzione su Max.”Voglio che Liz rientri
a casa presto. Domani c’è scuola.”
“Si, signore.” replicò Max in fretta.
“Bene!” disse Jeff volgendosi verso Liz “Ci vediamo più tardi. Buon
divertimento!”
Diede a Liz una stretta sulla spalla e si diresse verso la cucina. Mentre
apriva la porta, si voltò per dare un’ occhiata alla figlia. Si sta
trasformando in una bella giovane donna, pensò ansiosamente. Crescevano così in
fretta. La guardò mentre usciva dal Crashdown e notò il modo in cui Max le
teneva la mano. Liz stava guardando Max in un modo che gli fece desiderare che
lei avesse ancora 7 anni, invece di 17. Jeff si sentiva leggermente apprensivo,
ma non poteva intromettersi oltre. Max era uno di quei tipi tranquilli, ma lui
aveva la sensazione che ci fosse in Max più di quello che lui lasciava vedere.
Qualcosa era presente sotto quella riservata esteriorità, e Jeff sperava
nell’interesse di sua figlia che il ragazzo non nascondesse qualche lato
oscuro. Jeff Parker rientrò in cucina, chiudendosi la porta alle spalle.
***
Era una bellissima serata di inizio primavera mentre Max e Liz guidavano verso
la biblioteca. Max trovava ancora difficile credere che Liz era seduta a fianco
a lui. Lo aveva desiderato da così tanto tempo, ma mai si era concesso di
credere che sarebbe veramente accaduto. Aspettava di svegliarsi da un momento
all’altro e scoprire che non era stato altro che un sogno. Mentre guidava, Max
le lanciò un’occhiata. Gli occhi di lei erano chiusi e le sue labbra si
muovevano seguendo una canzone alla radio. Il suo volto appariva così rilassato
mentre il sole del tramonto si posava sulle sue guance.
Max si allungò e prese la mano di lei. Un sorriso si posò sulle sue labbra, lei
aprì gli occhi e si voltò a guardarlo.
Max rallentò per prepararsi ad entrare nel parcheggio della biblioteca. Fermò
la jeep in un posto vicino e saltò fuori facendo il giro per raggiungere il
lato del passeggero. Quando Liz stava per scendere, lui la raggiunse e la
sollevò con un movimento fluido. Lentamente le fece posare i piedi in terra
vicino a lui. La sua mente stava correndo a tutte le cose che voleva dirle, ma
le parole non venivano. Invece, guardò giù e le sollevò il mento. Per un
momento la fissò con intensità negli occhi scuri, inclinò poi la testa e la
baciò stringendola tra le braccia. In quel momento gli sembrò che loro due
fossero soli sulla faccia della Terra.
“Mamma, guarda, quei due si stanno baciando!” disse una bambina a voce alta.
Max si voltò a guardare la giovane madre che stava passando con quella che
sembrava essere una bimba di circa cinque anni. La bimba sorrise e timidamente,
alzò la mano in un gesto di saluto. Max e Liz si staccarono, sentendosi
entrambi un po’ imbarazzati. Max ricambiò il saluto della bambina, che nascose
la faccia dietro le gambe della mamma.
Max andò nel retro della jeep e prese il suo zaino. Poi prese anche la tracolla
che Liz aveva portato e cominciò a porgergliela.
“Ma cosa ci tieni qui dentro Liz. Pesa una tonnellata!”
Liz prese la borsa e non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
“Bene” gli rispose “Io veramente, ho tutti i libri che mi occorrono per la mia
ricerca. Sono tutti qui dentro. Non ho veramente bisogno di andare in
biblioteca, ma volevo stare un po’ con te.” Inoltre, rammentò a se stessa, non
voleva andare a studiare a casa di Max, dove i suoi genitori li avrebbero
controllati per tutto il tempo.
Max cominciò a ridere. Guardò la borsa di lei e scosse la testa.
“Non ridere di me. Max!” disse Liz colpendolo giocosamente sul braccio. “Non
devo fare nient’ altro che completare la mia ricerca. Ho preso i libri già da
una settimana, appena ci hanno assegnato il compito.”
“No, no.” Disse Max scoppiando in un’ altra risata “Non sto ridendo di te, Liz.
“ Prese il suo zaino e lo aprì in modo da permetterle di vedere dentro. Era
pieno di libri occorrenti per la relazione.”Anche io ho tutto quello che mi
serve.”
Liz sbirciò nello zaino, e poi guardò nei suoi occhi. I suoi occhi
scintillavano e lei si mise una mano davanti alla bocca per nascondere un
sorriso ironico. “Così” disse Liz, tentando di ricomporsi “ tu non hai bisogno
di andare in biblioteca e io non ho bisogno di andare in biblioteca, allora
perché stiamo andando in biblioteca?”
“Questa è una bella domanda. Visto che abbiamo tutto, forse possiamo trovare un
altro posto in cui studiare. Qualche posto … non così pubblico?”
Max le prese la borsa e la mise sulla Jeep; poi ci mise vicino il suo zaino e
si girò verso Liz. “Qualche suggerimento?”
Max aveva sulla faccia un sorriso diabolico e Liz sentì ancora una volta le
farfalle volarle nello stomaco. Ogni volta che lui la guardava in quel modo lei
sentiva le ginocchia venirle meno e lo stomaco sottosopra. Forse stare da sola
con lui non era una buona idea adesso, pensò. Forse era meglio avere vicino i
genitori che la controllavano. Liz ripensò alla scorsa notte, quando era con
Max a casa di Michael,. Se Maria non avesse fatto irruzione come aveva fatto,
Liz non era sicura di cosa sarebbe successo tra lei e Max.
Lei ricordò l’espressione sul volto di lui, quando lei gli aveva chiesto di
togliersi la camicia. Quando aveva accarezzato il suo torace, la sua pelle era
così calda e liscia e i suoi muscoli erano così duri e tesi. Aveva desiderato
sentire la pelle di lui contro la sua. Voleva essere toccata da lui, dove
nessuno l’ aveva mai toccata. Il modo in cui lui l’aveva baciata, aveva
alimentato il fuoco che bruciava dentro di lei.
In realtà, non era successo nulla tra di loro la scorsa notte, ma quando Max
era disteso su di lei da Michael, e poi ancora nel deserto, lei aveva sentito
quanto anche lui la desiderasse. Quando avevano trovato il globo, la loro
passione aveva fatto un passo indietro, ma era ancora lì, in subbuglio appena
sotto la superficie. Liz non era sicura di essere in grado si controllarsi se
lui continuava a guardarla in quel modo.
“Allora?” disse lui, accarezzandole i capelli “Qualche idea?”
“Potremmo tornare al Crashdown.” disse Liz dopo una breve esitazione.
“Nah.” Rispose Max “ Non la penso così”
“Bene. Cosa ne dici di casa tua?” chiese Liz.
“No. I miei genitori hanno la serata del bridge. Non voglio essere vicino a
nulla del genere.” Max le sfiorò la guancia con le dita. “Potremmo tornare da
Michael …” la sua mano si spostò dalla guancia al mento, scendendo sul collo di
lei.
Liz chiuse gli occhi per un momento, persa nelle sensazioni che il suo tocco le
stava facendo provare. Da Michael, potevano andare da Michael. Non avrebbero
studiato se fossero andati da Michael. Liz non avrebbe risposto di se stessa se
fossero andati da Michael. Cercò di pensare, ma era difficile concentrarsi
quando Max la toccava, come stava facendo adesso.
“Dunque …” cominciò Liz “ Michael è … a casa malato, oggi.” La mano di Max si
spostò verso la spalla e tutto quello che toccava sembrava andare a fuoco. “Lui
… probabilmente … non vuole … essere … disturbato.”
L’ atteggiamento di Max cambiò improvvisamente e lei vide i suoi occhi
annuvolarsi. “E’ malato? Che cos’ha? Cos’ ha detto?”
“Oh, no, Max.” disse Liz bruscamente “Io credo che stia bene: Credo che non
avesse voglia di lavorare, oggi.” Lei vide il sollievo traversagli il viso. Max
era sempre preoccupato per tutti. “ Era di un umore veramente nero, oggi, e
abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando se ne è andato a casa. Non credo
che voglia compagnia.”
“Vogliamo andare in biblioteca, allora?” Max si infilò le mani nelle tasche
anteriori dei jeans e guardò verso l’ingresso. Non era molto eccitato dall’idea
di trascorrere la serata lì.
“Potremmo fare un giro” suggerì Liz. Max si voltò a guardarla e lei pensò che
aveva gradito l’idea.
“E un giro sia.” Max aiutò Liz a montare nella Jeep. Si sedette al volante e si
diresse verso Citrus Street. “Quale direzione?” chiese “ Sinistra? Destra?
Dritto?”
“Oh, andiamo a … est. Andiamo a Mirror Lake. Possiamo sederci sulla riva e
studiare. Dovrebbe essere piuttosto bello in questa periodo, ed è troppo presto
per la stagione turistica, così non dovrebbe esserci troppa gente. Cosa ne
pensi?”
“Mirror Lake? Suona bene.” Max girò sulla statale e si diresse fuori città.
Nessuno dei due immaginava che sarebbe passato molto tempo prima di rivedere
ancora Roswell.
Capitolo 2
Il Bottomless Lakes State Park era
giusto qualche miglio ad est di Roswell. Era formato da un gruppo di piccoli
laghi, compresi in un’area relativamente piccola. Non ci volle molto per
raggiungere Mirror Lake. Max parcheggiò in un posto vicino al bordo del lago.
Per la strada non avevano incontrato nessuna macchina.
Max tirò fuori dallo zaino l’oggetto che lui e Liz avevano trovato sul luogo
dell’impatto. Non aveva notato che da quando si erano avvicinati al Mirror Lake
l’oggetto era cambiato. Nascosto sul fondo dello zaino, il globo aveva cambiato
il colore in un rosso acceso come Max era entrato nel Parco. E come fu vicino
al lago, l’oggetto cominciò ad emettere un leggero ronzio, come per mandare un
segnale. Ma tutto questo Max e Liz non lo notarono. Erano felicemente ignari
del pericolo che stavano correndo.
***
Max aiutò Liz ad uscire dalla Jeep e poi raccolse il suo zaino. Immediatamente
ebbe la sensazione che c’era qualcosa di insolito. Lo zaino era caldo al tatto.
Liz si rese conto dal suo sguardo che stava accadendo qualcosa di strano. Max
aprì lo zaino ed insieme guardarono dentro. Si accorsero che il globo brillava
di un rosso acceso, invece dell’originale colore grigio acciaio. Lui tirò fuori
i libri di scuola e notò che una delle copertine aveva un aspetto
bruciacchiato, come se fosse stato accanto ad una fiamma. Max tentò di toccare
il globo con la punta delle dita. Era così bollente che lo avrebbe scottato, se
non fosse stato svelto a togliere le dita.
Guardò Liz e lesse la curiosità sulla sua faccia. Non avevano idea dell’uso che
si poteva fare di quell’oggetto, o di cosa questo cambio di aspetto
significasse. Max non sapeva se doveva sentirsi spaventato o eccitato.
“Mettiamolo da qualche parte, dove nessuno possa vederlo.” disse Max con calma
guardandosi intorno.
Individuò un gruppo di alberi lì vicino.”Andiamo lì.” disse e tenendo lo zaino
in una mano e la mano di Liz nell’altra, si diressero verso gli alberi.
Max spinse velocemente Liz davanti a sé, desideroso di capire cosa stava
succedendo al globo. I piedi di lei inciamparono nel sottobosco e Liz cadde
pesantemente a terra. La sua mano sfregò contro una roccia, che le causò un
taglio sul polso.
Lei lo fissò per un momento e vide il sangue scorre rosso sul palo della mano.
Fu sorpresa dalla quantità di sangue che vide uscire dalla ferita fino a che si
rese conto che il colpo doveva aver reciso un’arteria.
“Oh, mio Dio, Liz.” disse Max allarmato.”Cosa è successo?” Lui posò lo zaino e
si inginocchiò accanto a lei prendendole la mano.
“Sono solo inciampata sui cespugli, Max. Ho colpito quella stupida roccia
tentando di arginare la caduta. Dio, sono così sbadata.”
“E’ un brutto taglio. Hai qualcosa per pulirlo?” disse lui con ansia. Liz
scosse la testa. Max si guardò intorno in cerca di qualcosa con cui pulire il
sangue, così da poter vedere quanto profondo fosse il taglio.
Raccolse una foglia da un cespuglio vicino e fece un gesto con la mano. La
foglia brillò per un momento, e poi si trasformò in un quadrato di tessuto
bianco. Max lo prese e picchiettò il sangue che copriva il polso. Quando la
ferita fu pulita, poté vedere che il taglio era piuttosto profondo. Posò la
mano intorno la polso di lei, il palmo che copriva la zona ferita. Liz sentì il
calore spandersi nel polso, raggiungere il gomito. Dopo un minuto Max tolse la
sua mano. L’unico segno che c’era stata una ferita era il sangue che copriva la
sua mano ed il terreno intorno a lei. Ora il taglio sul polso era sparito,
insieme al dolore.
“Grazie, Max. “ disse Liz, con una traccia di sgomento nella voce. “Non fa più
male. adesso.”
Max le sorrise quasi inconsciamente.
Lui non aveva l‘abitudine di usare i suoi poteri apertamente. Era contento di
essere stato in grado di guarire la ferita, ma usare i suoi poteri gli
ricordava quanto lui fosse differente da lei. Ed era qualcosa che lui non amava
ricordare.
“Oh, Max , guarda, ho sporcato di sangue i tuoi jeans.” Il suo sangue era
gocciolato sulla coscia di lui, quando aveva preso la mano per guarirla. Lui
seguì la direzione in cui era puntato lo sguardo di lei, poi le sorrise.
“Va tutto bene. Ricordi? Io posso rimediare.”
Stava per passare la mano sui suoi pantaloni, quando un rumore catturò la loro
attenzione. Un ronzio prolungato proveniva dal suo zaino. Lui lo prese con la
mano destra e lo rovesciò, facendo cadere il globo per terra. L’erba al di
sotto cominciò a sfrigolare e a mandare fumo per il calore che l’oggetto
emetteva.
“Sai cosa sta succedendo, Max?” Lui poteva sentire nella sua voce la curiosità
ed una punta di paura.
“Non ne ho idea.”
Improvvisamente una bianca luce accecante li circondò. L’ultima cosa che Max
vide prima di cadere nell’incoscienza fu la paura negli occhi di Liz.
***
Max si riprese con la sensazione di freddo acciaio sotto la schiena. Apri gli
occhi lentamente e si trovo a fissare una luce intensa. Gli ci volle un momento
per riprendersi.
Era disteso su un tavolo. C’erano delle cinghie intorno alle sue braccia, al
torace, ed anche alle gambe. Tentò di muoversi, ma le cinghie lo trattenevano
al posto fermamente. Gli erano stati tolti i vestiti e tutto quello che lo
copriva era una sottile coperta argentata, posata sulla parte inferiore del suo
corpo.
Max girò la testa, cercando di capire dove fosse. Alla sua destra c’era una
fila di strani attrezzi. Erano difficili da distinguere, perché la stanza era
in ombra, ma ebbe l’ impressione che fossero una specie di attrezzature
mediche. Sopra la sua testa c’era una grande lampada circolare, del tipo di
quelle usate nelle sale operatorie. La luce intensa gli feriva gli occhi.
Quando si girò alla sua sinistra, il respiro gli si fermò in gola.
Liz era su un tavolo a pochi passi da lui. I suoi occhi erano chiusi e lei
sembrava essere addormentata o priva di conoscenza. Sembrava così piccola e
fragile su quell’enorme tavolo. Anche lei era trattenuta da cinghie alle
braccia, al petto ed alle gambe. Un’altra coperta argentata la copriva dal
petto in giù. Tre figure si muovevano intorno a lei. Erano coperte dalla testa
ai piedi da quelle che sembravano tute spaziali, di quelle usate nei laboratori
di massimo contenimento. Anche le facce erano indistinguibili dietro le
maschere.
Max combatté con le cinghie che lo immobilizzavano, ma non riuscì a muoversi.
Cercò di urlare, ma nessun suono uscì dalla sua gola. Guardo perplesso le
figure che circondavano Liz, pungolandola e bucandola. Aghi erano inseriti
nelle sue braccia. Lei fu girata da un lato ed un grosso ago le fu inserito nel
collo, alla base del cranio. Max li vide estrarre un fluido chiaro, aspirato
dalla siringa. Quando ebbero finito, fu ancora rovesciata sulla schiena.
Max vide le sue palpebre battere e seppe che stava riprendendo conoscenza. I
suoi occhi si aprirono e lui poté vedere un’espressione terrorizzata sul suo
volto.
Liz guardò le figure che la circondavano e cercò di capire cosa le stava
succedendo. Dove si trovava? Chi era questa gente? Cosa le stavano facendo?
L’ultima cosa che ricordava era Max che gettava a terra l’oggetto allo State
Park. Max. Dov’era Max? Cerò di voltare la testa, indifferente per un momento a
quello che le stava accadendo. Doveva sapere dove era Max! Lui era l’unico in
pericolo qui. Era l’unico che aveva bisogno di proteggere il suo segreto.
Girandosi a sinistra, vide solo delle ombre. Si girò a destra ed incontrò i
suoi occhi che erano fissi su di lei. Lui era vicino, solo pochi passi, ma
sembravano chilometri. Quando tentò di raggiungerlo, si rese conto che aveva le
braccia legate al tavolo. Lui stava lottando contro le cinghie che lo
trattenevano e lo sguardo nel suo volto le disse tutto quello che lei aveva
bisogno di sapere.
Erano stati catturati. Da chi, lei non era in grado di saperlo. Forse dall’
FBI, o dalla CIA, o ancora, a qualche branca segreta del governo di cui non
avevano mai sentito parlare. Forse erano stati rapiti dagli alieni. Alieni che
volevano studiare Max. Forse loro avevano lasciato Max e Isabel e Michael a
difendere se stessi sulla Terra, solo per studiarli. Per vedere come loro si
erano integrati nella società terrestre ed ora era giunto il momento di
studiare i risultati. Non importa chi fossero, il risultato non cambiava. Erano
in trappola!
Max teneva lo sguardo fisso su Liz. A malapena notò le figure incappucciate che
ora lo circondavano. Le sue braccia furono alzate e aghi gli perforarono la
pelle, ma lui se ne accorse appena. Dalla parte inferiore del suo braccio fu
prelevato un brandello di pelle, il bisturi che incideva la sua carne calda.
Tutta la sua concentrazione era su Liz e su quello che le stavano facendo. La
sua testa fu girata da un lato e una sonda gli fu dolorosamente inserita in un’
orecchio, ma lui la sentì a stento. Non si curava di quello che gli stava
accadendo. Tutto quello che gli importava era Liz. Era sua responsabilità
tenere Liz al sicuro, e lui aveva fallito miseramente.
Max vide una delle figure prendere uno strumento da un vassoio vicino al tavolo
dove giaceva Liz. Vide la luce riflettersi sulla lama del bisturi. La coperta
che proteggeva Liz fu tolta e la figura accanto a lei le toccò l’ addome. Lui
vide l’ orlo della lama scendere, toccare dal sua pelle da qualche parte tra
l’ombelico e l’ anca. Lui udì il grido quando la lama penetrò dentro di lei.
Vide il sangue cominciare ad uscire dall’incisione.
Liz fu sopraffatta dal dolore della lama che la tagliava. La sua vista si
offuscò e per un momento pensò di stare per svenire. Guardò terrificata la
figura accanto a lei prendere un orribile strumento ed avvicinarlo
all’incisione che aveva praticato. Lo strumento fu inserito nel taglio e Liz
urlò quando il dolore la sommerse.
Atterrito, Max si dimenò più forte tra le cinghie che lo trattenevano. “Cosa le
state facendo?” urlò alla fine, con la gola in fiamme.” LASCIATELA
STARE!”
La figura si distolse da Liz e percorse svelto la corta distanza che lo
separava dal tavolo dove era legato Max. Con forza posò una mano guantata sulla
sua fronte e gli sollevò le palpebre. “Voglio che lui rimanga sedato finché qui
non abbiamo finito!” Max lo udì dire a mo’ di ordine. “Noi non siamo ancora in
grado di sapere esattamente cosa è capace di fare. Datemi la siringa!”
Max fissò duramente la figura in tuta che lo sovrastava. “Perché state facendo
questo?” chiese, la sua furia evidente nel suono della sua voce.
“Credo che tu sappia perché.” gli rispose freddamente.
Una figura apparve al suo fianco con una siringa riempita da un fluido chiaro.
L’ago fu inserito nel suo braccio ed il pistone fu spinto, mandando il liquido
dentro di lui. Max sentì una sensazione di bruciore percorrergli le vene. I
suoi occhi divennero improvvisamente pesanti mentre la droga raggiungeva il suo
cervello e la stanza cominciava a girargli intorno. Il suo ultimo pensiero fu
per Liz e per quello che le stavano facendo, poi scivolò nell’oblio …
Capitolo 3
Max riprese lentamente coscienza. La
prima cosa che notò quando aprì gli occhi fu il biancore che lo circondava. Le
pareti erano di un bianco luminoso, e così anche il pavimento. Immediatamente
si rammentò delle pareti imbottite dei manicomi. Il suo cervello lentamente
registrò il fatto che lui giaceva scompostamente sul pavimento, la faccia
appoggiata sulle fredde mattonelle. Provò a flettere le dita della mano destra,
sentendo un formicolio derivante dall’essere stato a lungo appoggiato malamente
sul braccio.
Cercò di sollevarsi dal pavimento, combattendo le ondate di vertigini che
minacciavano di sopraffarlo. Si mise a fatica in ginocchio, poi dovette
fermarsi e riposare. Ogni movimento gli costava uno sforzo tremendo. La parte
funzionante del suo cervello gli suggeriva che questo aveva a che fare col
sedativo che gli avevano somministrato. Scosse la testa, tentando di
allontanare le ragnatele dalla sua mente. Come i pensieri cominciarono a
schiarirsi, si rese conto improvvisamente di essere completamente nudo. Max
cercò di concentrarsi. Perché si trovava in questa stanza così strana? E perché
era completamente nudo? Immagini cominciarono a balenargli nella mente. Il
tavolo al quale era legato, gli strumenti che lo pungevano e lo tagliavano …
Liz su un tavolo accanto sottoposta ad un trattamento mille volte peggiore di
quello che stavano sperimentando su di lui. Il suono delle sue grida riempì la
mente di Max.
“Liz.” Si lamentò attraverso le labbra riarse. Sollevò la testa e fece girare
lo sguardo per la stanza. “Liz.” ripeté come vide il suo corpo minuto giacere a
terra all’altro angolo della stanza. Lei gli rivolgeva la schiena, le gambe
raccolte in posizione fetale. In circostanze differenti, la vista del suo corpo
nudo avrebbe suscitato una reazione differente in lui. Ma in questa situazione,
il suo unico pensiero era se lei fosse viva o no.
Si spinse a fatica attraverso la stanza verso di lei, con le gambe che ancora
si rifiutavano di muoversi correttamente. Toccò la spalla di lei con mano
tremante e fu rassicurato dal calore della sua pelle sul fatto che lei era
ancora viva. Max girò il suo corpo verso di lui e gli spostò i capelli dalla
faccia. I suoi occhi erano chiusi e la sua pelle era mortalmente pallida.
Percorse con lo sguardo tutto il corpo alla ricerca di ferite. Il suo cervello
registrò la vista del suo seno, il suo piatto stomaco e l’ampiezza dei suoi
fianchi. Mise via quelle immagini e si concentrò sulla ricerca delle ferite che
lei aveva sofferto. Fermò le sue mani sullo stomaco, le dita che sfioravano
prima un taglio, poi gli altri. Le ferite erano ricoperte da sangue coagulato.
Il corpo di Max si tese all’improvviso, come se il dolore che lei aveva provato
quando il bisturi aveva tagliato la sua pelle, lo stesse sommergendo.
Si piegò su se stesso, soffrendo lo stesso dolore atroce che lei aveva sentito
quando la sonda era entrata nel suo corpo. Tirò indietro la sua mano, scioccato
per quello che le avevano fatto. Senza pensare, rimise la mano sull’addome di
lei, tentando di guarire le ferite, ma non successe nulla. Non sapeva cosa gli
avevano fatto, ma i suoi poteri non funzionavano.
“Oh Dio, Liz” disse Max ad alta voce “Non avrei mai voluto che ti succedesse
tutto questo.”
La sua visione periferica notò una pila di vestiti a destra, vicino alla
parete. Appoggiò lentamente Liz sul pavimento e attraversò la stanza. Trovò
quello che sembravano un paio di pantaloni verdi e una camicia da notte di
quelli che si usano in ospedale. Infilò i pantaloni ed afferrò la camicia,
tornò da Liz e con delicatezza la prese tra le braccia. Le appoggiò la veste
sopra e la strinse accanto a sé per qualche minuto, cullandola con dolcezza
avanti e indietro. Un senso di colpa lo sommerse. Tutto questo le era successo
a causa sua. Lui era una disgrazia per lei. Lei era così dolce, premurosa e
amabile e sembrava che tutto quello che lui faceva, finiva per causarle dolore.
Max la sentì agitarsi contro di lui.
Le sue palpebre si mossero e poi si aprirono e lei cercò di mettere a fuoco la
sua faccia. “Max.” sussurrò e poi i suoi denti cominciarono a battere. “Sento
tanto freddo.” Lei osservò la camicia da notte che era drappeggiata su di lei e
poi i suoi occhi vagarono per la stanza. La sua mano si allungò e lo afferrò,
le dita che lo stringevano dolorosamente. Lui vide il terrore nei suoi occhi e
il ricordo di dove fossero e di quello che avevano loro fatto ritornò.
Lui le accarezzò i capelli e le sussurro dolcemente nell’orecchio: “Va tutto
bene, Liz. Stiamo bene.” Cercava di essere rassicurante, ma sapeva che le sue
parole non avevano significato. Erano lontani dallo stare bene. Avrebbero
potuto non stare mai più bene. Il corpo di lei tremava e poteva vedere la pelle
d’oca sulle sua braccia. Lui era quasi sicuro che il freddo che lei sentiva era
più dovuto allo shock che alla temperatura della stanza. La aiutò ad infilare
le braccia nelle corte maniche della camicia e poi la legò sul dietro, fece
scorrere su e giù le mani su di lei, tentando di usare il proprio calore per
scaldarla. Max sentiva freddo di rado, un’altra piccola differenza della sua
fisiologia aliena. La fece sedere sul suo grembo e la avvolse tra le braccia
nel tentativo di usare tutto il suo corpo per scaldarla. Lei teneva le braccia
strette sul petto di lui tentando stargli più vicino possibile. Piegò le gambe
ed appoggiò i piedi sulle cosce di lui. Max si accorse di quanto i suoi piedi
fossero gelati attraverso il sottile tessuto dei ruvidi pantaloni. Ripiegò la
testa di lei sotto il suo mento e le fece appoggiare la guancia sul suo petto.
Sentì una lacrima scivolare sul suo torace nudo.
“Mi dispiace così tanto, Liz” le sussurrò ”E’ tutta colpa mia. Se non fosse
stato per me, ora avresti una vita normale.” In quel momento si odiava, odiava
chi era e quello che era.
“Non è colpa tua, Max.” disse lei con gentilezza, alzando la testa in modo da
poter vedere gli occhi di lui. “Ti prego, non biasimare te stesso.” Vedendo l’
espressione sconfitta nella sua faccia, lei si sollevò e gli prese il viso tra
le mani. “E’ sempre stata una mia scelta, stare con te. Troveremo un modo per
uscire da tutto questo.”
Le sue labbra si posarono teneramente su quelle di Max, cercando di fargli
comprendere che lei non gli avrebbe mai permesso di incolparsi per quello che
stava accadendo loro. Lui le aveva resistito all’ inizio, sapendo che era
meglio tenerla lontana da lui se mai fossero venuti fuori da questa situazione.
Ma il sapore delle sue labbra era troppo dolce. Come poteva resistere? La amava
più della sua stessa vita! Infilò la mano tra i suoi capelli e premette le
labbra contro quelle di lei. Lei accarezzò la sua guancia col palmo della mano
e poi appoggiò la testa contro il suo petto. Erano incollati l’ uno all’ altra,
cercando conforto dall’incubo in cui erano finiti.
***
Max camminò intorno al perimetro della stanza in cui erano prigionieri. Dava
pugni alle pareti ogni pochi centimetri, tentando di trovare una differenza nel
suono o nella consistenza delle pareti che potesse indicare una porta o una
finestra, qualsiasi cosa conducesse all’esterno. Liz lo stava guardando e la
sua frustrazione cresceva. Lei poteva vedere la tensione nella sua schiena e
nell’atteggiamento delle sue mascelle. Lo sentiva imprecare sottovoce. Erano in
questa stanza da ore. La sua gola era secca e il suo stomaco brontolava per la
fame. I loro rapitori non erano a conoscenza dei loro bisogni umani? O, più
semplicemente, non se ne curavano.
Liz era sull’orlo del panico. Aveva avuto paura dei posti chiusi fin da quando
era piccola. Quando aveva quattro anni era caduta in un baule nella soffitta di
sua nonna e il coperchio si era chiuso. Era rimasta intrappolata nell’oscuro,
sporco baule per quelle che le erano sembrate ore, mentre i suoi genitori la
cercavano nel giardino e per la strada. Da allora aveva sofferto di
claustrofobia, che proprio adesso minacciava di sopraffarla. L’unica cosa che
la manteneva sana di mente, era il fatto che Max fosse lì con lei.
Improvvisamente una porta apparve alla loro destra. Liz si alzò e si appoggiò
alla parete dietro di lei. Max fu al suo fianco in un secondo, nel tentativo di
proteggerla da qualsiasi minaccia avessero ora di fronte. Lei trovò la sua mano
e la strinse forte. Max la poteva sentire tremare
Due figure entrarono nella stanza. Indossavano un’uniforme militare, con un
fucile saldamente puntato contro di loro, si piazzarono ognuno ad un lato della
porta. Una terza figura vestita di bianco entrò e fece segno a Max e Liz di
uscire dalla stanza. Per quello che ne sapevano, qualcosa peggiore dell’inferno
poteva aspettarli fuori da quella porta.
Improvvisamente le luci nella stanza si spensero e l’unico chiarore era quello
che proveniva dall’ingresso. Max poteva sentire la tensione crescere dentro di
Liz. L’idea di restare chiusa in quella stanza buia la terrificava. Le spalle
di Max si curvarono. Liz aveva bisogno della sua forza, ma lui si sentiva
completamente impotente. Stringendo forte la mano di lei, le fece strada nel
vano della porta.
Una volta raggiunto il corridoio, Max tentò di memorizzare tutto quello che
vedeva. Erano in un lungo corridoio; anche qui fuori le pareti ed il pavimento
erano di un bianco brillante. Una striscia verde correva per tutta la lunghezza
del corridoio a circa due-terzi della parete; una tripla striscia verde si
allungava dalla parte sinistra del pavimento. Da lontano Max riuscì a vedere le
parole ‘Livello 3’ scritte a grandi lettere sulla parete.
L’uomo vestito di bianco li guidò per il corridoio senza una parola. Max e Liz
erano dietro di lui, con gli uomini armati alla retroguardia. Max ebbe la
flebile immagine di prigionieri portati sul luogo dell’esecuzione.
Dopo aver camminato per diversi minuti, girarono un angolo ed entrarono in un
atrio con due porte aperte. Max riuscì ad intravedere l’angolo di un letto ed
una sedia. Si immaginò che li stavano spostando in un altro alloggio. La figura
vestita di bianco indicò a Max di entrare nella stanza. A questo punto non
vedeva altra scelta che obbedire. Come si fermò sulla soglia, sentì che la mano
di Liz veniva tirata via dalla sua.
Max si girò per vedere che Liz veniva sospinta a forza nell’altra stanza. Sentì
un forte lamento uscire dalla gola di lei, quasi un grido di animale ferito. In
un secondo il suono si trasformò in un grido: “No, No, NO …NO, NO, NOOO.”
Poteva vedere un panico selvaggio nei suoi occhi. Come fece un passo verso di
lei, Liz si liberò dai suoi aguzzini e corse nelle sue braccia. Affondò il viso
nel suo petto e lui la abbracciò con impeto.
“Lei sta con me!” gridò Max ferocemente “Mi avete sentito? LEI STA CON ME!” Max
non era mai stato incline alla violenza, aborriva la violenza, ma in quel
momento avrebbe ucciso volentieri i tre uomini che li circondavano. Stringendo
Liz contro di lui la guidò nella loro nuova cella.
Questa stanza era più piccola dell’altra, o forse sembrava più piccola solo
perché conteneva dei mobili. C’era un letto contro la parete di destra e vicino
un comodino con una piccola lampada. Un tavolo e due sedie erano sul lato
sinistro, insieme ad un piccolo armadio.
Appena Max e Liz furono entrati nella stanza, la porta si chiuse dietro di
loro. Entrambi sobbalzarono al suono che echeggiò dietro di loro. Max provò ad
aprire la maniglia, che si rifiutò di muoversi. Provò ad usare i suoi poteri
per aprirla, ma non accadde nulla. Non era più stato capace di usare i suoi
poteri da quando erano arrivati lì.
Sul tavolo era appoggiato un assortimento di cibi. Potevano vedere frutta,
pane, formaggio ed una brocca d’acqua. Liz afferrò una banana e la sbucciò in
fretta. Erano passate ore da quando aveva mangiato l’ultima volta, ed era
affamata. Max afferrò una mela e la divorò. Riempì un alto bicchiere d’ acqua
per ciascuno e poi si gettarono sul pane. Gustarono il sapore dei cibi freschi
e dell’acqua fredda. Sazi, si sedettero sulle sedie e cominciarono a guardarsi
intorno.
Per la prima volta Liz notò una porta sulla sinistra del letto; attraversò la
stanza e provò la maniglia. Si aprì facilmente e lei fece capolino dentro.
Trovato un interruttore, lo accese. “Max, guarda!” lei gridò con una ritrovata
vivacità nel suono della voce: Max attraversò svelto la stanza per vedere cosa
c’era dietro la porta. Liz aveva trovato un bagno completamente funzionante,
compresa una cabina doccia. E persino sapone e piccole bottigliette di shampoo
e balsamo come in un albergo. “Grazie a Dio.” la sentì dire “ Morivo dal
bisogno di usare un bagno da ore.”
“Vai prima tu.” disse a Liz. Max tornò nella stanza e diede attorno un’occhiata
più attenta. Ispezionò le pareti, il pavimento e i mobili. Non riuscì a trovare
alcun segno di telecamere o di dispositivi di ascolto, ma era sicuro che
qualcuno li osservava. Si sentiva come un topo in gabbia per qualche sinistro
esperimento.
“Tocca a te!” lo chiamò Liz uscendo dal bagno. Max notò che si era lavata il
viso e sembrava un po’ più rilassata di come era apparsa pochi minuti prima. Le
accarezzò la mano, quando passò accanto a lei, ed entrò nel bagno. Quando si fu
liberato dei suoi bisogni, cominciò ad esaminare la stanza. Era completamente
rifornita. Oggetti da toletta, asciugamani, carta igienica, spazzolini da denti
e dentifricio, assorbenti, rasoio elettrico, tutto il necessario. Neppure qui
riuscì a trovare alcun segno di telecamere o di dispositivi di ascolto.
Max ritornò nella stanza principale. Liz stava accanto all’ armadio, col primo
cassetto aperto. Lei lo guardò come fu entrato nella stanza. “Credo che ci
tengano molto alla moda.” Commentò tirando fuori dal cassetto dei pantaloni
verdi, identici a quelli che lui aveva indosso. Guardando ancora dentro, lei
estrasse una camicia da notte da ospedale, come quella che portava.
“E’ tutto. Giusto un cambio di ‘vestiti’ per ciascuno in questo cassetto.” Lo
chiuse ed aprì il secondo. “Oh!” esclamò e tirò fuori un paio di pantofole
bianche e se le mise ai piedi. “Può darsi che ora i miei piedi si
riscalderanno.” disse speranzosa.
Max le si avvicinò alle spalle per vedere cos’altro era nascosto nei cassetti.
Lei tirò fuori un bianco accappatoio di spugna. “Ce n’è uno per ciascuno di
noi.” disse quietamente. Lui poté vedere la paura riaffacciarsi nei suoi occhi
mentre lo guardava. “Max, se loro mi stavano portando nell’altra stanza, perché
questa stanza è preparata per tutti e due?” Max la guardò e scosse la testa.
Non aveva risposte da darle.
Capitolo 4
Liz uscì dalla stanza da bagno avvolta
nel pesante accappatoio, strofinandosi i capelli con un asciugamano per
togliere l’eccesso di acqua. Si sentiva molto meglio ora che aveva avuto la
possibilità di fare una doccia e di lavarsi i capelli. “E’ tutto tuo!” disse
lanciando un’occhiata in direzione di lui. Max era seduto sul bordo del letto e
la guardava. “Cosa c’è?” lei chiese, notando il suo sguardo intenso.
“Ma tu lo sai quanto sei bella?” le chiese ardentemente. Lei spostò lo sguardo
sul pavimento, colta alla sprovvista dal tono ardente della sua voce.
Lui distolse lo sguardo e si schiarì la voce. Sapeva che questo era il posto
sbagliato ed il momento sbagliato per dirle quello che provava per lei. Ma
vedendola in quell’abbigliamento, rilassata per la prima volta da quando erano
lì, non era riuscito a trattenersi. Trovando difficile alleggerire il tono
della voce, appoggiò la mano sul letto, accanto a lui. “Vieni qui. Siediti.”
Liz lo guardò di nuovo e si rilassò quando vide il dolce sorriso sulle sue
labbra. Come si fu seduta sul bordo del letto, lui le prese l’ asciugamano
dalle mani. Si sistemò fino a che fu seduto dietro di lei e prendendo la
salvietta tra le mani, cominciò ad asciugarle i capelli. “Lo sai? Mi sono
sempre piaciuti i tuoi capelli.”
“Si?”
“Oh, certo!” continuò Max “In quinta, quando eravamo nella classe della signora
Elmer ed io sedevo proprio dietro di te, avrei voluto allungare una mano e
toccarli così tante volte”
“Davvero?” lei voltò la testa verso di lui.
“Davvero!” Lui posò le mani ai lati della testa di lei e la fece girare di
nuovo. “E più diventavano lunghi, più mi piacevano. “
Posò l’asciugamano e passò le sue dita tra i suoi capelli. Lei poteva sentire
il calore provenire dalle mani di lui. Fu sorpresa di come si asciugavano in
fretta i suoi capelli, mentre lui continuava a far scorrere le mani tra di
loro. Sembrava che quando Max Evans era nei paraggi, una ragazza non avesse
bisogno del phon.
“Quello fu l’ anno in cui tu e Alex diventaste buoni amici. Ero così geloso di
lui. Era così facile per lui avvicinarsi a te e cominciare a parlarti. Lo
sapevi che aveva una cotta per te?”
Liz si voltò ancora verso Max. “Che vuoi dire? Alex non ha mai avuto una cotta
per me.”
Max sorrise alla sorpresa sulla faccia di lei. “Oh, sì che l’aveva. Non faceva
altro che stare seduto vicino a te e guardarti per tutto il tempo. Ci sono
voluti sei mesi perché accettasse l’idea di essere solo un amico per te.”
Liz guardò giù, in direzione della mani poggiate sul grembo e poi ancora verso
Max. “Perché tu, a quel tempo, non mi hai mai detto nulla? Voglio dire, ti
conoscevo da anni … ma non ti ho mai … conosciuto. Tu a mala pena mi rivolgevi
qualche parola in classe e fuori dalla classe sembrava che tu ignorassi la mia
esistenza.”
Liz sentì una nota di tristezza nel tono della sua voce. “Perché sapevo che non
avrei mai potuto averti. Ed era meglio per me starti il più lontano possibile,
Perché era troppo difficile per me parlarti tutti i giorni e non lasciarti
capire cosa provavo per te. E …”
“E cosa, Max?” lo spronò Liz.
“E sapevo che non era sicuro per te starmi vicino.”
Disse con una voce che lasciava trapelare il dolore. I suoi occhi percorsero la
piccola stanza dove erano tenuti prigionieri e le sue parole rimasero sospese
nell’aria tra di loro. Max ricominciò a passarle le mani tra i capelli. Lei
chiuse gli occhi e tirò indietro la testa per godere della sensazione che
proveniva dal tocco della mani di lui. I suoi occhi si aprirono improvvisamente
e in fretta gli afferrò le mani, girandosi verso di lui.
“Devi fermarti.” gli sussurrò con veemenza e notò lo sguardo ferito che
percorse il volto di lui. “No, Max.” cominciò a dire Liz, lanciando uno sguardo
attorno alla stanza. Poi avvicinò le labbra al suo orecchio e gli disse
sottovoce: “I tuoi poteri, Max. Stanno tornando!” Lei gli strinse una mano.
“Non puoi lasciare che loro se ne accorgano.”
Max realizzò che lei aveva ragione. Stava usando i suoi poteri per mandare
calore alle sue mani ed asciugarle i capelli. Era una cosa che, anni prima, era
solito fare con Isabel perché aveva un effetto rilassante su di lei. Max
riprese l’asciugamano e finse di asciugare l’umidità. Dopo alcuni minuti le
arruffò scherzosamente i capelli e si sedette sul letto.
“E’ il mio turno per la doccia.” Annunciò e si diresse nel bagno.
***
Max uscì con calma dalla stanza da bagno e si diresse verso l’armadio. Aprì il
primo cassetto e prese la coperta di riserva che aveva notato prima, Se la
avvolse intorno al corpo e si sedette su una delle sedie accanto al tavolo.
Prima di chiudere la luce del bagno, aveva notato Liz seduta sul letto. Non
aveva idea di quanto a lungo sarebbero rimasti intrappolati in quel posto, ma
sicuramente avrebbe dovuto pagare il suo pedaggio, con lei. Lui voleva che lei
si riposasse il più possibile. Cercò di trovare una posizione comoda sulla
sedia.
Liz non si era ancora addormentata. Lo aveva sentito uscire dal bagno e sedersi
vicino al tavolo. Lui aveva bisogno di riposare. Prima, lei aveva notato la
stanchezza nei suoi occhi. Se mai avessero trovato una maniera di uscire da
quel maledetto posto, entrambi avevano bisogno di essere svegli e riposati. Liz
si alzò dal letto e andò verso il bagno. Accese la luce e socchiuse la porta,
finché solo un barlume di luce penetrasse nel buio.
Max si era accorto che lei si era alzata dal letto, aveva udito il rumore
dell’interruttore e visto la sua faccia illuminata da un leggero raggio di
luce. I suoi capelli brillavano come una aureola intorno a lei e lui poté
vedere il profilo del suo corpo attraverso il tessuto della camicia da ospedale
che era costretta ad indossare. Lei si mosse con grazia verso di lui, i piedi
nudi che accorciavano la distanza tra di loro. La sua faccia era in ombra, con
la luce dietro di lei, ma lui poteva vedere i suoi larghi occhi fissati su di
lui. Lo raggiunse e gli mise una mano sulla spalla.
“Max, il letto è abbastanza grande per tutti e due. Tu hai bisogno di dormire.”
Lei lo prese per mano e lo fece alzare. Arrivati al letto. Lei scostò le
coperte e salto sopra, spingendosi all’altro lato, così che a lui rimanesse il
posto più vicino alla porta. Lui appoggiò la testa sul cuscino e fissò il
soffitto. Come sarebbe riuscito a dormire, sapendo che lei era solo a pochi
centimetri da lui? Liz era stesa sul fianco sinistro e gli volgeva le spalle.
Lui avrebbe voluto stendere una mano e toccarla, tirarsela accanto, baciare la
pelle delicata del suo collo. Sapeva che questi pensieri erano sbagliati, vista
la situazione in cui erano, ma non riusciva a trattenerli. Avrebbe voluto che
il suo corpo non reagisse in questo modo alla sensazione di averla così vicina.
“Max … “ disse Liz semplicemente, nella notte “Vuoi abbracciarmi?”
Il suono della sua voce lo toccò nel profondo. Lei sembrava così sperduta, così
spaventata, così sola. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, ma al momento era
impotente a portarla via dal quel posto spaventoso. Se abbracciarla poteva
darle il conforto di cui aveva bisogno, per il momento era tutto quello che
poteva fare per lei.
Si spostò verso di lei ed esitante la toccò su una spalla. La mano di lei lo
cercò e attirò il braccio di lui attorno al suo petto, avvicinandolo a lei. Lui
respirava a fondo, quasi sopraffatto dal profumo di lei, così vicina. Il suo
petto premette contro la schiena di Liz. La testa di lei era posata giusto
sotto il suo mento e il suo fondoschiena si adattava perfettamente ai fianchi
di lui. Incapace a controllarsi, sentì il suo pene indurirsi. Tra qualche
istante, la sua erezione avrebbe premuto contro di lei, attraverso il tessuto
della camicia da notte. Lui avvertì l’improvvisa tensione nella schiena di lei
e cercò di allontanarsi, imbarazzato dall’inappropriata reazione del suo corpo,
ma lei lo trattenne stretto. Max cercò di non pensare a cosa lei stava pensando
su di lui in quel momento. Lei era rinchiusa lì a causa sua. Lei era stata
torturata a causa sua, E quando tutto quello che lei voleva era essere
abbracciata, sentirsi sicura, lui non riusciva controllare le reazioni che lei
provocava nel suo corpo.
Con un profondo senso di colpa, lui la tenne stretta. Lei aveva bisogno della
sua forza. Lei aveva bisogno che lui la confortasse. Lei aveva bisogno del
calore del suo corpo per tenere lontano il freddo della notte. Domani sarebbe
arrivato presto e con lui l’ignoto. Questa notte lei aveva solo bisogno di
sentirsi al sicuro tra le sue braccia. Dopo un po’ tutti e due erano caduti in
un sonno inquieto.
***
Isabel teneva la foto di Max tra le mani. Ne aveva vicina un’altra di Liz, nel
caso non fosse riuscita a comunicare tramite lui. Aveva già tentato di
contattare il suo sub-conscio attraverso i suoi sogni la scorsa notte e altre
due volte questa mattina presto, ma non era riuscita a raggiungerlo. Aveva
provato anche con Liz, ma nemmeno con lei aveva avuto successo.
Era seduta sul bordo del divano in casa di Michael. Alex sedeva accanto a lei e
con le braccia, le circondava le spalle, tentando di confortarla. Michael era
in piedi accanto alla finestra, fissando il buio della notte. Maria era accanto
a lui, con il mento posato sul suo braccio. Quando Max e Liz non erano
rientrati la notte scorsa, Isabel dapprima si era arrabbiata, ma mentre la
notte passava, si era resa conto che Max non avrebbe mai fatto una cosa simile
di proposito, non dopo i problemi che lui e Liz avevano avuto la notte scorsa.
Lui non avrebbe rischiato di mandare ancora una volta in collera i genitori di
Liz. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato e lei era l’unica in grado di
capire cosa fosse.
Isabel guardò Alex e si appoggiò allo schienale del divano. Appoggiò le dita
sulla foto del fratello e chiuse gli occhi. Vide turbinare una scura foschia
che lasciava il posto ad un corridoio debolmente illuminato. Da lontano poteva
leggere delle lettere su una parete. Livello 3. Girò un angolo e si ritrovò in
una stanza. Vide Max giacere su un tavolo, figure mascherate muoversi sopra di
lui. I suoi occhi guardavano attraverso la stanza e aveva sul viso
un’espressione terrificata. Isabel si girò verso quello che lui stava guardando
e rimase congelata. Stavano torturando Liz davanti agli occhi di Max, sonde
invadevano il suo corpo, un taglio aperto sull’addome. Lei poteva udire le sue
grida echeggiare nella stanza.
Isabel sapeva di essere nel mondo dei sogni di Max. Lo chiamò tentando di
attirare la sua attenzione. Era evidente che stava nel mezzo di un incubo.
“Max, Max … puoi sentirmi? “ cercò di risvegliarlo, traversando la stanza in
direzione di lui. “Max, Max … dove sei? Max, sai dove sei?”
Max si girò per guardare Isabel. I suoi occhi erano spalancati, in una
combinazione di paura e rabbia.
“La stanno torturando, Isabel. E io non posso fermarli.” La sua voce si incrinò
e tornò a fissare Liz. “Io non posso fermarli.”
“Max, sai dove sei? Cosa è successo?” Lei gli prese la testa fra le mani,
girandogli il viso verso di lei. I suoi occhi continuarono a guardare Liz,
finché Isabel non lo chiamò ancora.
Lui staccò gli occhi da Liz e guardò verso Isabel:
“Io non so dove siamo. Qualcosa di strano è accaduto al globo, e poi, la prima
cosa che ricordo è che eravamo qui. E’ … Ho paura. Io non so cosa vogliono
farci … cosa fanno a Liz.” E girò di nuovo la testa per guardare Liz. Isabel
seguì il suo sguardo. Vide il piccolo corpo giacere sopra il tavolo troppo
grande. I suoi occhi erano fissati su Max e lacrime le scendevano lungo le
guance. Isabel vide la lama del bisturi balenare alla luce che era sopra il
tavolo. La lama fece un arco e scese di nuovo verso il torace di Liz. Max gridò
ed Isabel fu cacciata dal suo sogno. Era sotto shock.
“Oh mio Dio!” urlò, dondolandosi avanti e indietro. Alex la avvolse tra le
braccia per cercare di confortarla, “Oh mio Dio!” ripeté, guardandolo negli
occhi. Lui poteva leggere paura e turbamento nei suoi occhi.
“Cosa hai visto Isabel?” disse Michael, precipitandosi al suo fianco.
“Non lo so … non lo so. Penso che li stessero torturando.” La sua voce e le sua
mani tremavano.
“Ma sono vivi, vero Isabel?” chiese Maria, la voce resa rauca dalla paura.”Sono
vivi tutti e due, vero?”
Isabel guardò Maria e velocemente spostò lo sguardo. Lei sapeva che Max era
vivo, dal suo sogno, ma non era sicura per Liz. Come poteva dire a Maria che
c’erano molte possibilità che Liz fosse morta? Guardò Alex e lesse le stessa
domanda sulla sua faccia. “Si … loro sono ancora vivi.” Poteva solo sperare che
quello che stava dicendo fosse la verità.
“Isabel, cosa hai visto esattamente?” disse Michael sedendo accanto a lei e
posando le mani sulle sue spalle tremanti. Qualsiasi cosa avesse visto, l’aveva
spaventata a morte. “Max ti ha detto qualcosa?”
“Ha detto che qualcosa è successa al globo e dopo loro erano … in quel posto.”
Lei esitò, poi decise di non rivelare loro cosa stava accadendo a Liz. Non
ancora. “Michael, li stanno torturando. Stanno facendo esperimenti medici su di
loro.” Afferrò la mano di Michael e fissò i suoi occhi. “Li dobbiamo portare
fuori da lì.”
“Ma dove sono? Come facciamo a trovarli?” Tutti poterono avvertire la
frustrazione nella sua voce. Nessuno aveva una risposta da dargli.
***
Max uscì dal suo sogno. L’immagine del bisturi che feriva Liz gli bruciava il
cervello. La sua mano si allungò per toccare la spalla di lei e fece un sospiro
di sollievo quando la udì mormorare nel sonno. Era un sogno, solo un sogno.
Si sedette sul letto e fece scorrere le mani sulla faccia. Isabel lo aveva
raggiunto nel sogno. Lui le aveva detto tutto quello che sapeva sul posto dove
erano e non era molto. Ma almeno avevano ottenuto un contatto.
Liz si mosse ancora contro di lui e lui si stese di nuovo accanto a lei. Si era
mossa a malapena, durante la notte, eccetto quando gli incubi avevano invaso il
suo sonno. L’aveva sentita gridare diverse volte. L’aveva calmata come meglio
aveva potuto, tenendola stretta e parlandole in modo rassicurante. Si era
raggomitolata contro di lui, la schiena contro il suo torace. Lui le passò le
dita tra i capelli e ascoltò il disteso rumore del suo respiro. Aveva avuto
ragione qualche mese fa, al Crash Festival, disse a se stesso. Aveva detto a
Liz che non era sicuro per lei stargli vicino. Se solo lui avesse avuto la
forza di volontà di stare alla larga da lei, ora Liz sarebbe stata al sicuro.
Lui era uno scherzo della natura, un mostro, un’aberrazione e a causa sua, lei
era stata torturata in quel terribile posto. Chiuse gli occhi, ma sapeva che
non sarebbe stato capace di dormire.
Capitolo 5
Liz si svegliò di soprassalto. Il letto
non era il suo letto. La camera in cui stava non era la sua camera. Il ricordo
del giorno prima la sommerse. Chiuse gli occhi, tentando di credere che stava
ancora sognando. Tra poco si sarebbe svegliata nel suo letto, tutto questo
nient’altro che un incubo. Dopo un momento, riaprì ancora gli occhi, rassegnata
al fatto che l’incubo era reale.
Sentì le braccia di Max intorno a lei. Il calore della sua mano contro il suo
petto. Coprì la mano di lui con la sua, toccandolo delicatamente per non
disturbarlo. Poteva sentirlo respirare accanto a lei, il suo respiro come una
calda carezza dietro la testa. Il corpo di Max sembrava rilassato adesso, non
in tensione come la notte precedente. Lei chiuse gli occhi, nel tentativo di
tornare alla pace del sonno, ma non ci riuscì.
Liz lo sentì muoversi contro di lei. Le sue gambe si allungarono e lui fece un
profondo respiro. I suoi fianchi premettero contro di lei mentre cambiava
posizione e la sua mano si mosse all’insù, sfiorandole il seno. Lei sentì il
suo corpo tendersi e seppe che era sveglio. Lui allontanò immediatamente la
mano da lei. Liz si girò sulla schiena per guardare negli occhi assonnati di
lui.
“Buon giorno” disse Liz, sentendosi a disagio così vicino a lui. Lei aveva
dormito contro di lui già una volta, la notte che erano crollati addormentati
nel deserto dopo aver trovato il globo, ma ora era molto differente. Lei
avrebbe giurato che neanche lui si sentiva a suo agio.
“giorno.” rispose Max e avvertendo il suo disagio si allontanò leggermente da
lei. Non aveva riposato bene e si sentiva un po’ intontito. Si coprì la bocca
con la mano, cercando senza successo di combattere uno sbadiglio.
“Sembri stanco, Max.” Notò che i suoi occhi erano gonfi e si chiese quanto
avesse dormito la scorsa notte. Il suo stesso sonno era stato perseguitato
dagli incubi e lei era quasi sicura di avere lo stesso aspetto di lui. Si
guardarono l’un l’altra, entrambi incerti sul cosa dire.
“Cosa … cosa pensi che succederà adesso?” chiese Liz. Lei era spaventata, ma
era intenzionata a non fargli capire quanto fosse spaventata. In quel momento
era atterrita. Ieri avevano fatto loro delle cose terribili, ma aveva la
sensazione che le cose sarebbero andate peggio. Molto, molto peggio.
“Non lo so.” rispose Max “ Non so cosa pensare. Non credo che ci lasceranno
soli per molto tempo.”
Lui vide il panico passare sul volto di Liz e poi lei chiuse gli occhi,
cercando di rendersi insensibile all’idea che tra poco sarebbero venuti a
prenderli. Max allungò una mano e la passò tra i suoi lunghi capelli. Lei prese
la mano tra le sue, cercando di essere forte. Il fatto di doversi preoccupare
per lei tutto il tempo, lo avrebbe reso solo più debole. Lei doveva essere
forte, per la sua salvezza.
Max la prese tra le braccia, posandole le mani sulla nuca. Lei poggiò la
guancia contro il suo petto, respirando il suo consolante profumo. Lui poggiò
la guancia sulla sommità della testa di Liz e chiuse gli occhi, sentendo un
senso di colpa calargli addosso per averla messa in quel genere di pericolo.
Riaprì gli occhi, ricordando che Isabel era riuscita a mettersi in contatto con
lui durante la notte.
“Isabel mi ha raggiunto stanotte, passeggiando nel mio sogno.” disse, tentando
di offrirle un raggio di speranza. Liz alzò la testa, uno sguardo interrogativo
negli occhi. “Isabel riesce a volte a raggiungere il subconscio delle persone
mentre stanno sognando.” cercò di spiegarle Max “Le ho detto tutto quello che
sappiamo di questo posto e cosa era successo. Io non so quanto potrà servire,
ma almeno loro sanno che non siamo scappati insieme o qualcosa del genere. Ora
possono cominciare a cercare … questo posto.”
Liz scostò la coperta e si alzò. “Così … tu pensi veramente che possano fare
qualcosa, sai, per trovarci?” Lei sapeva che c’erano poche probabilità, ma
qualsiasi speranza era meglio che nessuna speranza.
“Forse.” disse Max, facendo ciondolare le gambe dal lato del letto. Cercava di
sembrare incoraggiante, ma non voleva darle troppe speranze. Si alzò e si
diresse verso la porta. “Dobbiamo cercare ogni segno che ci possa dare un
indizio di dove siamo. Qualsiasi cosa.” Provo a girare la maniglia della porta,
ma era ancora chiusa, proprio come immaginava. Posizionò la mano sulla
serratura, tentando di usare i suoi poteri per sbloccarla, ma senza risultato.
Qualcosa bloccava i suoi poteri, ma lui non sapeva cosa fosse. Forse lo stavano
drogando, o forse la serratura era inaccessibile ai suoi poteri. Deluso, tornò
da Liz e scosse la testa. Le sue spalle si incurvarono. Aveva sperato che i
suoi poteri tornassero al pieno delle forze questa mattina e che loro sarebbero
stati in grado di fuggire da lì.
Max tornò verso il letto e guardò Liz. “Dovremmo mangiare qualcosa. Non
sappiamo cosa succederà oggi.” Dopo essere stati chiusi per ore in quella
stanza imbottita, ieri, senza cibo e acqua, Liz sapeva che dovevano essere sazi
e riposati, se volevano restare vigili. Max le tese la mano e la aiutò ad
uscire dal letto. Lei si mise in piedi sul pavimento freddo e mano nella mano,
andarono verso il tavolo. Si dovevano accontentare del cibo che era avanzato il
giorno precedente. Il pane era un po’ raffermo, ma la frutta era fresca e
dolce. Liz si rinfrescò per prima nel bagno e poi fu il turno di Max, mentre
lei si sedette al tavolo, aspettando che lui finisse. Si sentiva nervosa, ed
ansiosa, quando lui non le stava vicino, ma lottò contro la pressione del
panico. Doveva mostrargli che lei era forte. Lui doveva sapere di poter contare
su di lei.
Max aprì la porta del bagno e vide Liz, al tavolo, giocherellare col cibo
davanti a lei. Lei si voltò a guardarlo ed il sorriso sulla sua faccia lo fece
sentire rilassato, per la prima volta da quando si era svegliato. Cominciò ad
avvicinarsi a lei, quando improvvisamente, la porta si aprì e tre uomini
vestiti di bianco entrarono nella stanza. Liz si alzò velocemente, facendo
quasi cadere le sedia. Max rimase congelato, chiedendosi cosa sarebbe successo
adesso.
Uno degli uomini fece un passo avanti e la sua voce rombò nella piccola stanza.
“Venite con noi.”
***
Max e Liz furono guidati lungo il corridoio. Max camminava lentamente, cercando
di memorizzare ogni dettaglio di quello che lo circondava. Prese strettamente
la mano di Liz nella sua. La sua espressione non rivelava nulla, ma lui poteva
sentire quanto forte stesse tremando. Dopo aver girato diverse volte, si
fermarono davanti ad una porta. Uno degli uomini bussò due volte ed aprì. Fece
cenno a Maz e a Liz di entrare e loro, cautamente, passarono oltre la soglia.
Gli occhi di Max girarono per la stanza catturando ogni dettaglio. La stanza
non era molto grande, forse 4.5 metri x 6. Scaffali di libri erano allineati
sulla parete di sinistra. Scorrendo i titoli, vide che erano libri di medicina:
biologia, anatomia, fisiologia. Posters di medicina decoravano la parete dietro
di lui. Descrivevano il sistema muscolare, gli organi interni, i sistemi di
riproduzione maschile e femminile. Alla sua destra, c’era un’area di
consultazione, formata da un divano in stile moderno e da due sedie dallo
schienale alto e dall’aspetto confortevole. Davanti a lui c’era una scrivania
di legno, non eccessivamente grande. Un modello di cervello umano era in un
angolo, un telefono nell’altro. Due spessi contenitori manila erano al centro
della scrivania. Max riuscì a leggere il suo nome su uno ed il nome di Liz
sull’altro. L’uomo dietro alla scrivania si alzò in piedi. Max giudicò che
poteva avere circa 50 anni, alto circa 1 metro e 80, con neri capelli che erano
ingrigiti sulle tempie. La dura espressione nei suoi occhi blu acciaio,
smentiva il sorriso sulle sue labbra.
“Benvenuti, signor Evans, signorina Parker. Spero che abbiate dormito bene.”
Max riconobbe la voce. Era l’unica che aveva udito il giorno prima. La voce che
gli aveva detto che lui sapeva perfettamente perché fossero lì. “Lei conosce i
nostri nomi.” disse Max freddamente.
“oh si, naturalmente. Noi sappiamo tutto di te. Ma dove sono finite le mie
buone maniere? Prego, sedetevi.” E indicò le sedie davanti alla sua scrivania.
Quando né Max né Liz si mossero, la sua voce divenne dura. “Sedetevi!”
Liz trasalì al tono brusco. Vide Max stringere gli occhi e serrare le mascelle.
La sua mano strinse quella di lei e per un momento lei si aspettò di vederlo
balzare dietro alla scrivania contro quell’uomo. Liz trattenne la sua mano e
Max si girò verso di lei, ricordando che non era l’unico che poteva rimetterci
lì. Lei gli lasciò la mano e si sedette rigidamente su una delle sedie.
Riluttante, Max sedette nell’altra sedia, accanto a lei.
“Eccoci, ora va meglio.” Continuò l’uomo, rimettendosi a sedere. “Come stavo
dicendo, noi sappiamo tutto di te. Dove vivi … “ si girò e fissò i suoi occhi
su Max. ”Chi sono i tuoi genitori.” I suoi occhi gelidi si posarono su Liz. “I
tuoi migliori amici.” Il tono della sua voce era duro, quasi minaccioso.
Max tentò di controllare le sue emozioni. Era ovvio che questo uomo sapeva cose
su di lui. Era anche ovvio che avrebbe fatto di tutto per ottenere quello che
voleva, qualunque cosa fosse. Max guardò Liz per vedere come stava reagendo.
Poteva vedere la tensione nel suo corpo, ma il viso rimaneva inespressivo.
“Sono il dottor Miller. Signor Evans, noi diventeremo molto intimi nei prossimi
giorni e settimane.”
La mente di Max era sconvolta. Fissò duramente Miller. Settimane. L’uomo aveva
detto settimane. Qualsiasi cosa avesse programmato, era un tempo molto lungo. A
meno che Isabel non fosse stata in grado di trovarli, loro non sarebbero andati
da nessuna parte per molto tempo.
Proprio in quel momento la porta dietro di loro si aprì ed un basso uomo calvo
entrò nella stanza.
“Ah, dottor Johnson, sono contento che abbia potuto unirsi a noi. “ disse
Miller “ Signor Evans, signorina Parker, questo è il dottor Johnson. Sarà il
tuo medico personale finché sarai con noi, signorina Parker.”
“Voi due, cosa pensate di essere?” disse Liz freddamente.
Max la guardò, sorpreso dal tono della sua voce. Apprezzò la determinazione
delle sue parole e il fuoco del suo sguardo. Era uscita dalla paura ed era
entrata nella rabbia.
“Con quale diritto ci tenete qui?” gridò ancora, le mani che stringevano i
braccioli della sedia, le nocche che diventavano bianche.
“Ebbene, signorina Parker.” Miller le si rivolse con freddezza “ A tempo
debito. Avrete le vostre risposte a tempo debito.”
“Cosa avete intenzione di farci?” domandò lei.
“Dottor Johnson, perché non prosegue e dice ai nostri ospiti cosa devono
aspettarsi durante la loro permanenza con noi?” disse Miller, rimettendosi
seduto.
Johnson sedette sul bordo della scrivania. Indossava un camice bianco da
laboratorio sopra dei pantaloni grigi ed aveva l’aspetto del medico di famiglia
di una piccola città. Mezza età, capelli color sabbia che si diradavano sulla
sommità della testa, con qualche chilo di troppo intorno alla vita. I suoi
occhi nocciola sembravano amichevoli ed aveva quel genere di sorriso che ti
faceva sentire a tuo agio, se lo incontravi in un altro posto. Liz non poté
fare a meno di chiedersi come questo uomo, dall’aspetto così amichevole, si
fosse lasciato coinvolgere a far loro quelle orribili cose.
“E’ tutto molto semplice.” Cominciò Johnson “ Cominceremo con gli esami di
routine. Preleveremo sangue e campioni di tessuto. Poi campioni di capelli. Non
vi preoccupate, ne prenderemo solo qualcuno. Non vi chiederemo di rinunciare
alle vostre chiome. Raccoglieremo campioni di saliva, di urine e di feci.
Signor Evans, avremo bisogno di un campione del suo liquido seminale.”
Max sentì la faccia andargli a fuoco. Perché avevano bisogno di questo. Cosa
volevano fare con il liquido seminale?”
“E , signorina Parker, “ continuò il dottor Johnson “ raccoglieremo da te
diversi ovuli. Su, su, non avere quell’aspetto spaventato. Sono solo esami di
routine, non c’è ragione di allarmarsi. Abbiamo fatto una raccolta di campioni,
ieri, e li compareremo con i prossimi prelievi.”
Liz sentì il sangue defluire dalla sua faccia. “Perché?” sussurrò, la rabbia
che lasciava di nuovo il posto alla paura. “Perché ci fate questo?”
“Per un motivo molto semplice, signorina Parker.” rispose Miller”Tu sei umana e
il signor Evans non lo è. Abbiamo bisogno di sapere che genere di influenza la
sua … come posso dire? La sua stretta vicinanza ha avuto su di te.” Disse
Miller alzandosi in piedi. “Possiamo cominciare?”
Capitolo 6
Max camminava avanti e indietro per la
piccola stanza. Avevano appena finito con lui e l’avevano ricondotto in camera
ma Liz non era lì. Camminava come un animale in gabbia, chiedendosi cosa le
stessero facendo. Lui era stato sottoposto ad una batteria di test, ma nessuno
doloroso come quelli subiti il giorno prima. Quando avevano lasciato l’ufficio
di Miller, Max era stato portato in un laboratorio e Liz in un altro. Era
quella l’ultima volta che l’aveva vista. Lei si era voltata verso di lui ed era
stata portata via, e i suoi grandi occhi apparivano spaventati, ma rassegnati a
qualsiasi cosa stava per accadere. Max sperava solo che il trattamento di oggi
fosse migliore di quello di ieri.
Max sentì la maniglia girare e si fermò. Si girò per guardare la porta che si
apriva lentamente e Liz era là, precipitandosi attraverso la porta.
Precipitandosi fra le sue braccia. Affondò la faccia contro il suo petto e le
braccia di lui la avvolsero, una mano poggiata su retro della testa. Guardò la
porta che si chiudeva silenziosamente e dedicò a lei tutta la sua attenzione.
Appoggiò la sua guancia alla sommità della testa di lei e la tenne stretta.
“Stai bene?” le chiese dolcemente. Lei fece un cenno con il capo e lui si
concesse di rilassarsi un po’.
“Avevo solo paura di non ritrovarti qui quando tornavo.” Lui sentiva il respiro
caldo contro il suo petto mentre parlava e poi alzò la testa per guardarlo. “O
che non volessero più lasciarmi con te.”
“Ora siamo di nuovo insieme.” le disse guardando i suoi occhi scuri. Lei
ricambiò lo sguardo per un momento e poi girò la testa, premendo ancora la
guancia contro il suo petto. “Hai fame?” le chiese lui.
“No.”
Max la guidò verso la tavola e le scostò una sedia. “Voglio che mangi, Liz.” le
disse e le indicò il vassoio che era sopra il tavolo. Lei si sedette e lui,
spostando l’altra sedia, le si sedette di fronte. Le prese le mani tra le sue e
si chinò verso di lei. “So che è difficile,Liz, ma non dobbiamo lasciare che
vincano. Troveremo un modo per uscire da qui. Dobbiamo solo crederci.
Lei lo guardò ed annui. Ci sarebbe voluto un miracolo per uscire da lì, ma lui
aveva ragione. Crogiolarsi nella depressione non avrebbe aiutato nessuno. Lei
gli sorrise e poté vedere la sua faccia rilassarsi un po’. Lui le strinse la
mano ed abbassando lo sguardo notò il livido sul suo braccio. La parte interna
del suo braccio sinistro era nera e blu.
“Cosa ti hanno atto, Liz?” chiese, mentre tendeva il braccio per vedere meglio.
Poteva vedere diversi fori di ago. Lei cercò di ritirare il braccio, ma lui lo
trattenne.
“Mi hanno prelevato del sangue.” disse sospirando “Una quantità di sangue. Per
un momento mi sono chiesta se me ne avessero lasciato almeno un po’.” Max fece
scorrere la sua mano sul braccio, e per un momento desiderò di poter usare
ancora una volta i suoi poteri per guarirla. Per tanto tempo aveva desiderato
essere normale, senza poteri speciali che lo facessero sentire diverso da tutti
e ora che avrebbe voluto usarli, non poteva.
“Cos’altro ti hanno fatto?” chiese, gli occhi fissi in quelli di lei.. Liz
sostenne il suo sguardo per un momento poi lasciò la sua mano. Lui la guardò
mentre alzava la camicia esponendo le gambe. Una larga benda di garza copriva
la parte interna della sua coscia sinistra. Lei la sollevò e Max vide al di
sotto la carne sanguinante.
“Hanno prelevato un campione di pelle.” disse Liz con raccapriccio. Un pezzo di
pelle di 5 centimetri era stata rimossa dalla sua coscia. Lei rimise a posto la
fasciatura e rimise giù la camicia. “Almeno questa volta hanno gelato la pelle
prima di tagliare, non come …” Lasciò la frase in sospeso. Non voleva fargli
sapere cos’altro avevano fatto.
“Non come cosa?” Lui la guardava con durezza e lei vide le sue mascelle
serrarsi.
Lei sollevò la camicia ancora di più e gli mostrò il fianco. La pelle era rossa
e sembrava bruciata. “Vogliono vedere quanto guarisce in fretta la mia pelle,
vedere se stare vicino a te mi ha in qualche modo cambiata. Loro sanno che tu
puoi guarire. Li ho sentiti parlare di questo. Vogliono sapere se qualcuno dei
tuoi poteri è, non lo so, è passato a me. Io credo.” Lei abbassò la veste e
distolse lo sguardo. Sapeva che quello che le stavano facendo lo stava
distruggendo dentro. Lo poteva leggere nei suoi occhi.
Max si alzò e cominciò a camminare per la stanza. Si passava le mani nei
capelli, cercando di pensare. Come poteva portarla fuori da lì. Come poteva
fare in modo che loro la lasciassero stare? Attraversò la stanza e tirò la
maniglia. Colpì la porta con un pugno, la sua frustrazione che si riversava in
uno scoppio di rabbia. Vide Liz sobbalzare alla sua improvvisa esplosione e si
rese conto che spaventandola non l’avrebbe aiutata. Si strofinò la faccia con
le mani, sentendo la frustrazione di essere intrappolato tra quelle pareti,
impotente.
Liz si avvicinò il vassoio e tolse il coperchio.”Spero che ti piaccia il pollo”
disse , cercando di spostare la sua attenzione su altri argomenti.”Ha un
profumo piuttosto buono.” Si girò a guardarlo. Stava ancora vicino alla porta e
vide la tensione sul suo volto. “Max, mangiamo prima che si freddi.”
Max incontrò il suo sguardo e l’espressione del suo viso lo attirò a lei.
Attraversò la stanza e le si sedette vicino. Allungò una mano e si avvicinò il
vassoio. Liz mise la mano sul tavolo, accanto a quella di lui, lasciando che le
sue piccole dita lo toccassero. La sensazione della pelle di lei che lo
toccava, fu un’ancora per lui. Liz mosse la mano per coprire quella di lui e
sentì che la tensione cominciava ad allentarsi. Lui girò la sua mano e i palmi
si incontrarono. Lei allacciò le dita a quelle di lui e poi prese la forchetta
con la mano libera. Max fece lo stesso ed in silenzio cominciarono a mangiare
quello che era stato loro dato.
***
Liz uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla testa e con l’accappatoio
allacciato strettamente in vita. “E’ tutto tuo, Max.” gli disse con un sorriso.
Lui la guardò muoversi con grazia per la stanza. Lei tolse l’asciugamano e
scosse la testa, lasciando che i suoi capelli umidi le ricadessero sulle
spalle. Max sapeva che avrebbe potuto passare la notte intera a guardarla, ma
si costrinse ad alzarsi e ad andare nel bagno. Aprì il rubinetto della doccia e
regolò la temperatura. Stava per togliersi i pantaloni, quando si rese conto
che quelli puliti erano rimasti nell’armadio dell’altra stanza. Aprì
silenziosamente la porta del bagno e rimase immobile quando vide Liz. Lei aveva
lasciato cadere l’accappatoio sul pavimento e stava davanti all’armadio
cercando una camicia pulita. La sua schiena era verso di lui e la vista del suo
corpo nudo gli tolse il respiro.
Chiuse svelto la porta prima che lei lo vedesse, ma l’immagine di lei gli
bruciava il cervello. La sua pelle bianca, i capelli sciolti che le ricadevano
intorno, la curva della schiena che si restringeva alla vita, l’ampiezza dei
suoi fianchi e le sue gambe snelle. Lui chiuse gli occhi e si appoggiò contro
porta per sostenersi. No, si disse. Non pensare a lei in questo modo. Pensa a
qualcos’altro. Pensa a due treni diretti uno verso l’altro. Un treno lascia New
York con te a bordo, viaggiando a 40 miglia l’ora. L’altro treno parte da
Chicago portando Liz e marciando a 70 miglia. Dove si incontreranno? Quante
miglia ci sono tra New York e Chicago? Chi è stato il maestro idiota che ha
inventato problemi come questo? L’immagine di Liz nuda nel corridoio del suo
treno balenò nella sua mente. Se non stava attento, il suo treno si sarebbe
scontrato con l’altro treno proprio nella stanza a fianco.
Fece un profondo respiro e cercò di riprendere il controllo di se stesso.
L’ultima cosa di cui lei aveva bisogno era di respingere le sue avances
sessuali. Si allontanò dalla porta, dirigendosi verso la doccia. Tolti i
pantaloni, entrò sotto l’acqua e girò il rubinetto da caldo a freddo. Non è
questo che dicono tutti? Fatti una doccia fredda? “Bene.” brontolò a voce alta.
“Non aiuta.”
***
Liz sedeva sul bordo del letto, aspettando che Max finisse col bagno.
Pigramente si chiese se lui faceva sempre docce così lunghe. Si chiese anche
come fosse là, sotto lo spruzzo dell’acqua. Si immaginò la sua pelle brillante
di umidità. Com’era sotto quei pantaloni che era costretto a portare? Erano
larghi e legati sopra i fianchi, ma qualche volta, quando si muoveva in un
certo modo, lei poteva vedere il contorno di … di tutto. Lei cercava di non
guardarlo, ma qualche volta era difficile non farlo. Fortunatamente, lei non
pensava che lui l’avesse mai sorpresa a guardarlo, ancora. Lei sapeva che Max
era molto timido al riguardo. L’ultima cosa di cui lui aveva bisogno era che
lei lo facesse sentire ancora più a disagio. Naturalmente, lei si sentiva a
disagio in quella stupida veste che era obbligata a portare. Si sentiva così
esposta. Senza biancheria intima, doveva stare attenta ad ogni movimento che
faceva. I suoi pensieri tornarono alla notte precedente, quando aveva sentito
il suo rigonfiamento contro di lei. Liz sapeva che lui doveva sentirsi
imbarazzato, ma una parte di lei avrebbe voluto girarsi verso di lui, stendere
la mano e toccarlo. Considerando quello che stava loro succedendo, lei sapeva
che era sbagliato avere questi pensieri, ma la sensazione di lui che le premeva
contro le aveva fatto battere il cuore più velocemente. Avrebbe voluto mettere
le sue mani intorno a lui e sentirlo tra le sue gambe.
Avvertì la doccia che si chiudeva e tentò di pensare a qualcos’altro, ma la sua
mente non voleva cooperare. Lei lo vedeva uscire dalla doccia, prendere un
asciugamano e passarselo sul corpo. Su tutto il corpo. La porta del bagno si
aprì e lei ebbe un sobbalzo, che la tirò fuori dai suoi pensieri. Lui chiuse la
luce del bagno ed entrò nella stanza.
“Puoi lasciare la luce accesa, Max. Ti dispiace?” gli chiese.
Lui la vide seduta sul letto, così piccola e vulnerabile. “Oh certo. Non mi da
fastidio.” Lui accese la luce e lascio uno spiraglio nella porta. Camminò verso
il letto e guardò giù in direzione di lei. Le sue guance sembravano arrossite e
si chiese se si sentisse bene. “Tutto a posto. Liz?”
“Si, si: Sto bene:” disse facendo un profondo respiro “Sono solo stanca.” Lei
distolse gli occhi e si girò per spegnere la lampada accanto al letto. Poi
scivolò sotto le lenzuola e si sistemò nell’ angolo più lontano del letto.
Max si sistemò accanto a lei, si mise supino e fissò il soffitto. Avrebbe
voluto penderla tra le braccia e stringerla, ma sapeva che il suo corpo aveva
un punto di vista tutto suo. Liz guardava la parete davanti a lei. Poteva
sentire la tensione nell’aria, sentire che il suo braccio era poggiato sulla
coperta, tra di loro. Cercò dietro di lei la mano di lui. Le loro dita si
intrecciarono e dopo un minuto entrambi cominciarono a rilassarsi. Soltanto
toccarsi reciprocamente aveva un effetto calmante su di loro. Lei si girò verso
di lui e si accostò più vicino. Lui sollevò un braccio e lei restò con la testa
contro il suo petto. Il braccio di lui le avvolse le spalle e lei lasciò che le
sue braccia si posassero contro il suo petto. Poi avvicinò il suo corpo a
quello di lui e i loro piedi si toccarono. Lui sospirò profondamente,
sentendosi a casa, con lei così vicina e la baciò sulla sommità della testa
“La tua pelle è così fredda, Max.” disse Liz con un tono di curiosità nella
voce.
Max sorrise. “Tu puoi scaldarmi.” Disse, scostando i capelli dal viso di lei.
“Buona notte, Liz.”
Lei chiuse gli occhi, sommersa da un senso di pace. “Buona notte, Max.”
Continua...
Scritta
da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di
Coccy85 |