Riassunto: La
caccia scatenata da Nasedo continua, ma con l’aiuto dei loro poteri Max e gli
altri riusciranno ad avere la meglio.
Data di stesura:
dal 14 ottobre all’8 novembre 2001.
Valutazione:
adatto a tutti.
Diritti: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla WB e alla UPN,
e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.
La mia e-mail è
ellis@roswellit.zzn.com
Erano rimasti a lungo in spiaggia ad ascoltare il vento, Liz accoccolata tra le
gambe di Max con la schiena appoggiata al suo petto, persi in un mondo di
serenità mentre il piccolo Jason dormiva tranquillo accuratamente avvolto in
una morbida coperta di lana. Dopo il tentativo di assassinio da parte di Nasedo
i due giovani avevano preso il bimbo ed erano andati a fare una lunga
passeggiata in riva all’oceano.
Nonostante Max avesse eliminato ogni traccia dell’alieno, infatti, Liz si
sentiva rabbrividire ogni volta che guardava la soglia della sua camera da
letto e così avevano deciso di uscire. La giornata era molto bella anche se
fresca, i gabbiani volteggiavano alti nel cielo ed il rumore delle onde che si
frangevano aveva un effetto rilassante che calmò entrambi.
Dopo una certa esitazione Max aveva cominciato a parlare. Di quello che era
successo su Antar, della teoria di Isabel sulle cause della sua amnesia, delle
emozioni che aveva provato nel prendere Jason in braccio per la prima volta,
dei flashback avuti quando si erano baciati sul portico. Del dolore che sapeva
di averle causato. Della sofferenza che provava per aver dimenticato il loro
amore. Ma Liz lo amava troppo per permettere che continuasse a sentirsi in
colpa, lo aveva amato dal giorno in cui le aveva salvato la vita e rivelato la
sua anima, così ad un certo punto si era fermata e, deposto sulla sabbia il
figlioletto, gli aveva preso il volto fra le mani.
- Max, adesso basta, ti prego. E’ tutto finito… Tu sei qui, hai ritrovato la
memoria, ed hai impedito a Nasedo di ucciderci tutti. Siamo di nuovo insieme,
solo questo conta. Tess è il passato, Jason ed io siamo il futuro… Io ti amo,
Max, non dubitarne mai… - Poi lo aveva baciato. Con passione, con fiducia, e
lui l’aveva stretta forte a sé ricambiandola senza alcuna riserva.
Quando si erano separati per riprendere fiato si erano guardati negli occhi ed
il tempo si era fermato. Senza quasi rendersene conto erano scivolati in
ginocchio sulla sabbia tenendosi per la vita, protesi l’uno verso l’altro fino
a toccarsi con la fronte, e le loro menti si erano unite. Nell’avere un
flashback di Tess e Max insieme Liz aveva emesso un piccolo lamento ma il
giovane le aveva coperto le mani con le proprie. - Perdonami, amore mio… - La
sua voce era stata poco più che un sussurro e Liz aveva accennato un timido
sorriso. - Non c’è nulla da perdonarti: quello era il passato, era Zan. Adesso
sei di nuovo Max, e sei con me… -
Allora lui l’aveva baciata, solo uno sfiorare di labbra, ma era bastato per
evocare un’incredibile serie di immagini di loro due e del piccolo Jason che
cresceva dentro Liz, il lento battito del suo cuore, il miracolo della sua
nascita.
Max aveva tremato per l’emozione e l’aveva stretta a sé, poi si era seduto
sulla sabbia attirandosela contro il petto ed insieme avevano guardato l’oceano
finché il bimbo si era svegliato. Allora erano tornati in casa e Liz, dopo un
breve disagio iniziale, si era occupata del figlioletto.
Era stata una giornata strana, breve e allo stesso tempo senza fine. Insieme
avevano giocato con Jason, lo avevano cambiato, lavato, fatto addormentare, e
sembrava che fosse stato sempre così, poi si erano amati ancora una volta prima
che Max andasse all’aeroporto per prendere l’ultimo volo per Albuquerque, e Liz
era tornata nella stanza degli ospiti a guardare il bimbo che dormiva. Un
tenero sorriso le aleggiava sulle labbra: Max le aveva proposto di sposarsi di
lì a due settimane e lei aveva acconsentito con un bacio. Un bacio che il
giovane aveva ricambiato con forte intensità e che ancora lo faceva tremare
mentre guardava assorto la luna dal finestrino dell’aereo che lo stava portando
via dalla sua compagna e da suo figlio.
- Oh, Liz, ma è fantastico! - Maria, nel sentire la voce sognante dell’amica,
scoppiò in un’allegra risata stringendo forte il ricevitore del telefono. Era
davvero contenta per lei, sapeva quanto avesse sofferto in quell’ultimo anno, e
certo meritava finalmente un po’ di gioia. Ascoltò ancora ed annuì con gli
occhi brillanti di eccitazione. - Sì, certo che ti farò da damigella d’onore! -
Si volse per guardare Michael, che la stava fissando incuriosito, e gli ammiccò
divertita. - Ok, ciao! - Deposta la cornetta lanciò un piccolo grido di gioia e
si buttò tra le braccia del ragazzo. - Liz e Max si sposano fra due settimane!
-
Lui fece una piccola smorfia. - Devo dedurre che sua altezza ha ritrovato la
memoria? -
Maria si scostò perplessa. - Sì, infatti. Michael, cosa c’è? -
Il giovane fece un passo indietro e senza rispondere le volse le spalle per
avvicinarsi alla finestra.
Il volto della ragazza si fece scuro. - Oh, capisco, hai paura che ti faccia
pressione perché tu mi sposi, vero? - E davanti al suo silenzio incrociò le
braccia sul petto con aria ancora più bellicosa.
- Beh, stai tranquillo, non lo farò! So perfettamente che se lo facessi non ti
vedrei più, ormai ti conosco molto bene! -
- Piantala… -
- Ah, devo anche piantarla! Certo, lo so che mi ami, però mi farebbe piacere
che tu ogni tanto me lo dicessi!… -
Insofferente per l’attacco verbale Michael si girò bruscamente e tornò verso di
lei, la prese per i polsi scuotendola senza pietà. - Perché devo dirtelo?
Perché ti piacciono tanto le parole? Mi hai sempre tormentato per queste
stramaledette parole! - La strattonò ancora più forte spaventandola. - Allora
apri bene le orecchie, perché te lo dirò solo una volta! - Le sue mani salirono
a serrarle dolorosamente i gomiti. - Io ti amo, senza di te non posso vivere!
Forse un giorno ti sposerò, non lo so! So solo che ti appartengo, e tu mi
appartieni, e non c’è bisogno di una stupida cerimonia per dirlo! Io sono qui!
- La tirò contro di sé prendendole le labbra in un bacio infuocato che
sconvolse Maria, la quale lo abbracciò stringendolo forte. “Oh, Michael, cosa
devo fare con te?” pensò intenerita.
- Ehi, quando sei arrivato? - Isabel reclinò il capo osservando attentamente il
fratello. Aveva l’aria stanca ma gli occhi erano brillanti e vivi come non
succedeva da tempo. All’improvviso capì e sorrise. - Allora è tutto a posto? -
- Sì. Ci sposiamo fra due settimane. Dopo che avrà dato gli ultimi esami del
semestre -
- Oh, Max, sono così felice per te! - Incurante degli studenti che sciamavano
accanto a loro per andare a fare colazione nella mensa universitaria la ragazza
gli gettò le braccia intorno al collo.
- Quindi ti è tornata la memoria? - chiese sottovoce.
- Sì - Sorridendo e ricambiando l’abbraccio il giovane chiuse gli occhi per
trattenere le lacrime. - La amo così tanto… Come ho potuto dimenticare? -
- Non pensarci più, ormai è tutto passato, siete di nuovo insieme… - Isabel gli
diede un affettuoso bacio sulla guancia. - Mamma e papà impazziranno dalla
gioia! -
Max rise suo malgrado. - Sì, credo di sì… - La strinse ancora più forte poi la
lasciò andare. - Vieni, entriamo: ho una fame terribile! -
Di lì a poco sedevano uno di fronte all’altro ad un tavolo miracolosamente
libero. Mentre condiva le frittelle con salsa di tabasco Isabel scosse
sorridendo la testa. - Sei rimasto a San Diego fino all’ultimo, vero? -
- Sì, ho preso l’aereo delle undici e mezza. Sono stanco morto, non sono
riuscito a chiudere occhio per tutto il viaggio… -
- Già, lo immagino… Sono contenta che il mio avvertimento sia giunto in tempo.
Sai, temevo fosse solo un brutto sogno, non volevo allarmarti senza motivo, ma
poi ho preferito non correre rischi… -
- Hai fatto bene. Nasedo è arrivato pochi secondi dopo il tuo messaggio - Max
bevve un lungo sorso di caffè. - E Morgan? Si è accorto di qualcosa? -
- No, non si è svegliato, e non ho ritenuto opportuno raccontargli nulla dopo…
Lui mi ama moltissimo, lo so, ma sento che c’è quella parte di me, di noi, che
non riesce davvero ad accettare… -
- Però continua a restarti accanto. Significa che, nonostante tutto, ti vuole,
non credi? -
La ragazza si strinse nelle spalle. - Immagino di sì -
A quelle parole il fratello le prese delicatamente il polso destro
costringendola a riposare la bottiglietta della salsa. - Smettila, ti stanno
guardando! Ormai quelle frittelle sono abbastanza piccanti anche per i tuoi
gusti! Non c’è motivo di preoccuparsi, credimi… Sei una ragazza stupenda, come
potrebbe non accettarti? -
- Forse, senza che se ne renda neppure conto, ha paura di me -
- Non lo credo. Isabel, lui è tornato dopo che tu l’avevi quasi ucciso! Io non
penso che sia stato solo per curiosità… -
Con un sospiro lei girò la mano facendola scivolare fino a stringere la sua. -
Cosa farei senza di te? - chiese a bassa voce.
Max ricambiò la stretta. - Cos’hai fatto, Isabel, cos’hai fatto… - La fissò
intensamente negli occhi. - Io ti devo tutto -
- Adesso non esagerare! - Lanciò un’occhiata alle sue spalle ed il sorriso
divenne più ampio. - Sta arrivando Patricia. Sarà contenta di sapere che tu e
Liz vi siete rimessi insieme… -
- Devi dirlo proprio a tutti? Cosa vuoi che le importi? -
- Scherzi? Beh, mi spiace disilluderti ma il tuo comportamento, negli ultimi
tempi, aveva sconcertato un bel po’ di gente! -
Il giovane chinò lo sguardo sulle loro dita intrecciate. - L’ho fatta soffrire
molto, vero? -
- Sì, ma ora non pensarci più, va bene? L’importante è che vi siate ritrovati…
- Gli serrò la mano con affetto poi la lasciò andare. - Ciao, Patricia, vieni,
siediti con noi! Sai, Max mi ha appena dato una splendida notizia! -
- Liz! Liz, siamo qui! - Mark agitò allegramente un braccio per farsi notare
dalla ragazza, che si affrettò a raggiungere il gruppetto di amici. -
Buongiorno, gente! -
Charlene si chinò a dare un bacio a Jason facendolo sorridere e agitare
contento le manine. - Questo bimbo è assolutamente splendido, Liz… -
Lei guardò gli occhi spalancati del piccolo, dello stesso colore cangiante dal
nocciola al verde di suo padre. - Sì, è splendido… - rispose convinta.
- Ehi, cosa ti è successo? Sei così strana, stamattina! - esclamò Juliet
fissandola incuriosita.
- Sbaglio o questo fine settimana doveva venire a trovarti Max? - aggiunse
Charlene.
A quelle parole il volto di Liz s’illuminò di un sorriso dolcissimo. - Già,
infatti -
- Beh, non tenerci in sospeso! -
- Ecco… lui… - Ancora incapace di credere a tutto quello che era successo in
quei due giorni la ragazza chiuse un attimo gli occhi poi tornò a guardare i
suoi amici. - Ci sposiamo a metà novembre -
- Wow! - fu il commento di Mark, che le passò un braccio intorno alle spalle
stringendola affettuosamente a sé. - Allora il ragazzo ha messo la testa a
posto? -
- Direi proprio di sì. Letteralmente!… - Liz sorrise divertita e gli cinse i
fianchi incamminandosi con lui verso l’edificio principale del campus mentre
Juliet spingeva la carrozzina facendo mille buffe smorfie a Jason ogni volta
che girava la testa verso di lei.
Durante la mattina Liz fece fatica a prestare attenzione ai professori e fu
contenta quando finalmente poté appartarsi in bagno per allattare il
figlioletto. Mentre lo guardava succhiare beato sorrideva senza neppure
rendersene conto. Il ricordo di Max, dei suoi occhi fissi su di lei, della
luminosità dorata che accendeva la loro pelle ogni volta che si toccavano,
delle emozioni che avevano condiviso la riscaldò e strinse più forte Jason, che
d’improvviso si staccò dal seno e volse la testolina per guardarla con strana
intensità.
Il resto della giornata trascorse tranquillo. Durante la pausa per il pranzo
Jeannie, Juliet e Charlene si sedettero accanto a lei per sapere tutto sul
vestito che avrebbe indossato il giorno del matrimonio e le diedero una
quantità incredibile di consigli contrastanti sull’organizzazione.
Alla fine Liz, alzando le mani in un gesto di resa, scoppiò a ridere. - Ehi,
calma! Lo abbiamo deciso solo ieri! Non abbiamo avuto ancora il tempo di
pensare a nulla! Posso solamente dirvi che sarà a Roswell, e che voi siete
invitate! -
- Evviva! - Juliet lanciò una pallina di pane contro Mark, seduto ad un tavolo
vicino al loro. - Hai sentito, caro mio? Noi siamo state invitate, tu no! -
- Juliet! - Liz lanciò a sua volta una pallina di pane addosso all’amica prima
di girarsi verso il giovane. - Non è vero, Mark, sei invitato anche tu! -
- Grazie, Liz, sei molto gentile - Mark la guardò un attimo negli occhi e
sorrise. Sì, Liz era sempre stata molto gentile, con tutti loro, ed era
contento per lei. Era una ragazza speciale e meritava di avere una vita felice.
Le era sempre piaciuta, con quella sua aria tranquilla e serena, fin da quando
l’aveva vista entrare per la prima volta nell’aula di matematica. Ricordò la
delusione provata nel rendersi conto che era incinta ed ancora innamorata del
padre del suo bambino, ma poi si era rassegnato e non le aveva mai fatto capire
nulla dei sentimenti che nutriva per lei. Non sarebbe stato facile guardarla
mentre sposava un altro, però non poteva impedirsi di approfittare di
quell’ultima occasione che aveva di poterla vedere. Perché sapeva perfettamente
che, non appena avesse finito il ciclo di test di quel semestre, lei sarebbe
tornata all’università di Albuquerque, in New Mexico.
- Liz! Ciao, tesoro, come stai? E Jason? - Nancy Parker depose la pentola piena
d’acqua sul lavandino e si appoggiò al bordo del tavolo per poter chiacchierare
tranquillamente con la figlia. Da quando aveva conosciuto il nipotino sentiva
ancora di più la mancanza della ragazza, avrebbe tanto voluto essere accanto a
lei per aiutarla anche se si rendeva conto che si trattava più di una esigenza
sua che di Liz. Ci aveva pensato sempre più spesso, negli ultimi tempi, ed
aveva compreso che Liz aveva cominciato a diventare davvero indipendente da
quando aveva conosciuto Max. Prima, infatti, era stata un’adolescente molto
tranquilla, poi aveva cominciato a frequentare i due fratelli Evans e Michael
Guerin, aveva lasciato Kyle, e da allora aveva perso ogni controllo su di lei.
Vero che ormai aveva diciannove anni, però rimaneva sempre la sua bambina… Ad
un tratto sussultò. - Scusa, cara, come hai detto?! -
“- Max ed io ci sposiamo fra due settimane. Lì, a Roswell. Verrò da voi venerdì
sera, potete venirmi a prendere all’aeroporto? -”
- Sì, certo, ma…? -
“- Max ha recuperato la memoria, mamma, e non vogliamo perdere altro tempo. Mi
rendo conto che possa sembrarti precipitoso ma la verità è che aspettavo questo
momento da due anni. Due anni, mamma, due anni terribilmente lunghi… Ti prego,
aiutami a realizzare questo sogno! -”
“Sogno? Incubo, semmai… Quel dannato ragazzo è la rovina della nostra
famiglia!”
“- Mamma, sei ancora lì? -”
- Sì, sì, tesoro… Cara, sei proprio sicura di volerlo fare? Anche se è il padre
di Jason non devi sentirti obbligata a sposarlo: sai benissimo che puoi contare
su di noi! -
“- Mamma, io non mi sento obbligata, credimi! E’ semplicemente qualcosa che
desidero da quando avevo sedici anni! Max è speciale, e lo amo tantissimo.
Aspettavo soltanto che anche lui ricordasse di amarmi… -”
- Va bene, Liz. Ok… Ok, se è davvero questo che vuoi… -
“- Sì, mamma. Grazie. Ti voglio bene… -”
- Anch’io. Ciao - Deposto il ricevitore, la donna si portò una mano alla
fronte. “Oh, santo cielo, Liz…”
Con un sospiro guardò il telefono scuotendo la testa e si accinse a scendere
nel locale sottostante per avvertire il marito.
Contemporaneamente, a poche miglia di distanza, anche Diane Evans sentì lo
squillo del telefono e sollevò la cornetta.
“- Mamma? Sono Max -”
La signora Evans emise un gemito silenzioso. “Mamma?” - Max! -
Quando la conversazione ebbe termine la donna corse a chiamare il marito, un
sorriso dipinto sul volto umido di lacrime di gioia.
Isabel guardò il fratello chiudere il cellulare. - Oh, Max, sei stato… regale!…
- Scoppiò a ridere davanti alla sua smorfia. - Davvero! Solamente tu potevi
dirlo in quel modo! Mamma, il quattordici novembre mi sposo con Liz! - Si
raddrizzò scrutandolo con attenzione. - Lo sai che non l’avevi più chiamata
così dal giorno dell’incidente durante la partita di basket? -
- Sì, io… - Il giovane tacque imbarazzato e si alzò in piedi. - E’ stato un
periodo molto difficile… -
- Già, ma adesso è finito. La cosa più importante è che tu non abbia rimpianti.
Mi rendo conto che Antar, quello che rappresenta per tutti noi, e soprattutto
per te, sia sempre nei tuoi pensieri, ma non devi lasciare che condizioni la
tua vita! Hai fatto più di quello che si sarebbe potuto pretendere da te, e ora
hai il diritto di fare quello che vuoi. Te lo sei conquistato a caro prezzo,
credimi… - Si alzò a sua volta per andargli accanto. - Liz ha accettato di
sposarti. E Jason avrà bisogno di te per imparare a controllare i suoi poteri.
Solo questo, adesso, conta! -
- Non è così facile… Continuo a ripensare a Tess e a Nasedo… -
- Beh, è naturale… Sono stati molto importanti nella tua vita, nel bene e nel
male, ma adesso non ci sono più e tu non devi lasciarti condizionare dal loro
ricordo! - Si strinse nelle spalle. - Mettila così: ti hanno aiutato a
crescere. Come alieno e come essere umano. Poteri e sentimenti. Ora sei
completo, e saresti un grande sovrano, ne sono più che sicura!… -
- Isabel… - Incapace di proseguire il giovane se la strinse al petto e rimasero
abbracciati per alcuni minuti, poi la ragazza fece un passo indietro e gli pose
una mano sul torace. - Adesso devi pensare solamente a cose belle - Lo guardò
con affetto negli occhi. - Buona notte, Max… -
- Buonanotte, Isabel - Le diede un bacio sulla fronte, poi accennò un inchino
porgendole il braccio.
- Andiamo, ti accompagno al dormitorio! -
L’indomani, dopo aver fatto colazione con i loro amici, si recarono insieme
nell’aula di chimica. Il professor Mandell, un imponente uomo di cinquant’anni,
entrò subito dopo di loro e cominciò a spiegare. Parlò per quasi un’ora poi
diede una rapida occhiata ai ragazzi seduti davanti a lui. - E adesso vorrei
che veniste alla lavagna per ricostruire quella combinazione molecolare secondo
quello che vi ho appena detto… Dunque… Evans - Fece un piccolo cenno verso la
sua sinistra. - Isabel Evans - precisò.
La ragazza si schiarì la gola e lasciò il suo posto con una certa esitazione
sotto lo sguardo attento del fratello.
- Dunque… - Sforzandosi di ricordare le parole dell’insegnante Isabel cominciò
a scrivere poi s’interruppe bruscamente lasciando cadere a terra il pennarello
che teneva in mano. Si portò entrambe le mani alla testa con un gemito.
- Evans, si sente male? - domandò Mandell perplesso.
- Sì, io… - Dovette mordersi le labbra per non gridare e indietreggiò di
qualche passo come se non riuscisse a mantenersi in equilibrio. Lentamente
scivolò in terra priva di sensi.
- Isabel! - Con uno scatto Max schizzò fuori dal banco e si precipitò accanto
alla sorella. Nel voltarla sulla schiena vide del sangue colarle dal naso. -
Isabel, mi senti? - Fece per sollevarla quando la sua attenzione fu attratta da
alcune gocce scarlatte sulla sua camicetta bianca. - Ma cosa…? - Le gocce
aumentavano sempre di più e, portatosi una mano al naso, scoprì che sanguinava
anche lui. Sgomento, prese in braccio la ragazza e guardò l’insegnante. - La
porto subito in infermeria. Mi scusi… - Si avviò verso la porta, incurante
degli sguardi stupiti fissi su di loro.
Una volta in corridoio si diresse all’uscita. Doveva andare in un posto sicuro,
fuori nel parco, dove nessuno avrebbe potuto vederli. E doveva sbrigarsi:
Isabel aveva cominciato a perdere sangue anche dalle orecchie, e la testa gli
pulsava così forte da annebbiargli la vista. Quando finalmente trovò un angolo
tranquillo depose la sorella sull’erba e le mise una mano sulla fronte
concentrandosi finché lei riaprì gli occhi e lo guardò con espressione stupita.
- Max… che cosa è successo? -
- Non lo so. Sei svenuta all’improvviso, perdevi sangue dal naso… -
- Anche tu - Isabel gli sfiorò le labbra con la punta delle dita.
- Come ti senti? -
- Stordita. Mi fa ancora male la testa… -
- Ti esce di nuovo sangue dal naso -
- Oh! - La ragazza si toccò a sua volta la bocca e poi rimase a fissare
sconcertata la mano sporca.
- Io non capisco… eppure mi hai curata… -
- No, non ho fatto nulla. Voglio dire, ho sigillato i capillari ma non ho
trovato niente che possa averne provocato la rottura - Scosse lentamente il
capo serrando la mascella.
- Max, cosa c’è? Le tue orecchie! -
Con una smorfia il giovane si posò il palmo sotto il lobo destro e lo ritrasse
macchiato di sangue.
- Io… - Chiuse gli occhi trattenendo il respiro per il dolore. - C’è qualcosa…
qualcosa che… - Ansimò con forza cercando di concentrarsi. - Sembra una sonda…
-
In quel momento Isabel vide qualcuno avanzare con cautela verso di loro. - Max!
-
Il giovane seguì lo sguardo della sorella e si appoggiò su un ginocchio per
alzarsi. - Sono loro… lo sento… - Le tese la mano per aiutarla. - Vieni,
dobbiamo andarcene! - Barcollando vistosamente si diresse verso il boschetto
alla sua sinistra. - Non devono raggiungerci… -
- Ma chi sono? - Isabel inciampò e riuscì a stento a non cadere. Con un certo
sforzo affrettò il passo. - Aspettami, ti prego! -
- Isabel! - Voltandosi per controllarla si rese conto che tre uomini li stavano
seguendo. - Non c’è tempo per parlare, adesso! Corri! -
Con un gemito la ragazza si curvò appena in tempo per evitare un ramo basso. -
Max, non ce la faccio più! -
Avevano entrambi un mal di testa feroce, la vista a tratti confusa, ma non
potevano fermarsi. Max continuò a correre tenendo la sorella per mano. - Non
dobbiamo farci prendere! -
Giunsero infine ad uno dei cancelli secondari e da lì si diressero verso il
centro cittadino. Attraversati due incroci si fermarono di colpo vedendo i loro
inseguitori giungere da una strada laterale.
- Maledizione! -
- E adesso? - Isabel guardò sconvolta il fratello. Erano entrambi sfiniti, per
la lunga corsa e la continua emorragia, e Max, dopo aver controllato l’area,
fortunatamente deserta in quel momento, fronteggiò con decisione gli uomini
immobili davanti a loro. - Chi siete? Che cosa volete da noi? - esclamò
rabbioso.
Senza dire una parola il più alto dei tre stese un braccio nella loro
direzione. Nella mano teneva un oggetto scuro che emetteva un debole bagliore e
che, per un istante, divenne più intenso.
- No! - Max, consapevole di quello che stava per succedere, protese a sua volta
il braccio destro creando un campo di forza davanti a loro.
- Max, e se ci ha visto qualcuno? - domandò angosciata la sorella.
- O noi o loro, Isabel. Non avevo scelta - Il giovane inspirò a fondo per
riprendere fiato. - Sono alieni. Dev’essere un’altra delle squadre mandate da
Nasedo. Come avranno fatto a trovarci? -
- Guarda, si stanno avvicinando! -
- Mi serve il tuo aiuto - Il ragazzo si volse un attimo verso di lei tendendo
la mano sinistra. Quando le loro dita furono intrecciate sentì l’energia
scorrere fra di loro. - Adesso! - esclamò, ed un lampo di luce attraversò il
campo di forza dirigendosi subito dopo contro gli avversari, che furono ridotti
in cenere.
Il tutto era durato meno di dieci secondi.
Isabel si lasciò cadere sul marciapiede e si asciugò il naso col dorso della
mano. Una donna con la borsa della spesa apparve da dietro l’angolo e la guardò
con aria sospettosa.
Max si appoggiò al semaforo, lo sguardo fisso al marciapiede opposto. - Ho
percepito i loro pensieri. Si sono serviti delle stesse sonde che hanno usato
anche gli esploratori stellari. Te li ricordi? -
- E come potrei dimenticarli? - Con una smorfia la ragazza si rialzò e gli andò
vicino. - Cosa facciamo, ora? A quanto pare hanno trovato il modo di
rintracciarci… -
- Dobbiamo avvertire Michael… e Liz -
- Liz? -
Il giovane si passò le mani tra i capelli. - Jason è mio figlio. La sua matrice
d’energia è come la nostra, e può essere percepita da quella maledettissima
sonda… -
- Oddio, hai ragione… - Isabel lo guardò sgomenta. - Ma è solo un bambino… -
- Non credo che questo li fermerà - Chiuse un attimo gli occhi. “Non si
fermeranno finché non ci avranno uccisi tutti…”
- Torniamo al campus? -
- Sì. Sì, torniamo indietro. Abbiamo bisogno di darci una ripulita… - Max si
guardò la maglietta sporca di sangue.
Ancora stanca per la lunga corsa la ragazza gli passò un braccio intorno ai
fianchi. - Ok, andiamo… -
- A domani, Liz! -
- Ciao, Juliet, sì, ci vediamo domani! - Liz fece un gran sorriso all’amica, si
aggiustò lo zainetto sulla schiena e si avviò di buon passo verso l’uscita. Non
vedeva l’ora di tornare a casa per poter chiamare Max. Aveva una tale voglia di
sentire la sua voce… Si chinò a fare il solletico al figlio e ne ricevette in
cambio un allegro gorgoglìo.
- Tra poco ti farò un bel bagnetto! - Raggiunto l’incrocio attraversò con
cautela l’ampia strada trafficata, proseguì per un centinaio di metri poi girò
sulla sinistra e si fermò spalancando gli occhi. “La porta è aperta!” Guardò
sconcertata la maniglia. “Eppure sono sicurissima di aver chiuso a chiave prima
di uscire…” Si volse di scatto nel percepire l’improvvisa immagine mentale del
bimbo. Caldo e dolore. Vide un sottile filo di sangue colargli dal naso e
istintivamente lo pulì con un fazzolettino di carta. - Jason, tesoro, cosa c’è?
- Poi, sentendo un rumore soffocato, tornò a guardare la porta d’ingresso.
Piano, un passo dopo l’altro, si avvicinò e tese l’orecchio. Udì altri rumori e
non esitò più. Prese il bambino in braccio, nascose la carrozzina dietro dei
cespugli fioriti e si allontanò velocemente. Non aveva idea di dove andare così
si diresse di nuovo verso l’università ma poi si rese conto dell’errore. “No, a
quest’ora non ci sarà più nessuno…” Si guardò disperata intorno. “Cosa posso
fare? Magari sono soltanto dei ladri ma non posso rischiare… Potrebbero anche
essere uomini di Nasedo…” Incerta sul da farsi perse alcuni secondi preziosi e
d’un tratto si rese conto che qualcuno l’aveva vista. Deglutendo nervosamente
cominciò a camminare in fretta, poi si mise a correre, incurante della
direzione. “Max, ho bisogno di te… Max…” Arrivò alla spiaggia e vide che c’era
solo qualcuno con un cane, troppo lontano perché potesse aiutarla. Lanciò
un’occhiata dietro di sé. “Sono loro!” Riprese a correre terrorizzata ma la
sabbia la rallentava e ben presto si accorse di perdere terreno. - Oh, Jason,
temo che siamo finiti in un bel guaio! - Inciampò e cadde in avanti, riuscendo
a stento a non finire sopra il bambino. - Accidenti! - Si guardò oltre la
spalla. “Sono qui!” Tornò a guardare affranta il figlio. - Jason… - Gli prese
teneramente una mano. - Mi dispiace, tesoro, mi dispiace tanto… - sussurrò con
voce spezzata. Il bimbo la fissò intento negli occhi, come se potesse capire la
sua paura. I loro sguardi s’incontrarono e rimasero incatenati per un
lunghissimo istante, poi il piccolo sorrise ed emise un gridolino di gioia.
Nella mente della madre aveva visto il volto di Max.
- Ehi, che cosa…? - Max scattò a sedere sul letto, bruscamente svegliato da un
tonfo sordo ed un gemito. Accese l’abat-jour e trattenne per un attimo il
fiato. - Liz? -
La ragazza tremava e stringeva convulsamente qualcosa al petto ma nel sentire
il proprio nome alzò di colpo la testa. - Max… - Si protese verso di lui e
lasciò che la prendesse tra le braccia. - Oh, Max, che cosa è successo? -
Lui la cullò teneramente facendo attenzione a non soffocare Jason. - Non lo so.
Stavo dormendo quando il tuo arrivo mi ha svegliato… -
- Io… io ero sulla spiaggia… C’erano degli uomini che mi inseguivano… Prima
erano in casa e poi… poi ci hanno visti e ci sono venuti dietro… Ci avevano
quasi raggiunto, sono caduta… e poi mi sono ritrovata qui! -
- L’importante è che non vi sia successo niente di male! Come ti senti? -
- Bene. Ora bene, grazie… - Con un sospiro si lasciò andare contro il suo corpo
caldo. - Penso che… che quegli uomini fossero alieni… -
A quelle parole il giovane si voltò a guardare il figlio, che si girò verso di
lui gorgheggiando contento. Nel vedere le macchie di sangue sul suo visetto
trasalì. - Sì, hai ragione - disse con voce sorda.
- Come? - Liz si scostò a malincuore.
- Hanno usato una sonda come quella degli esploratori stellari per
rintracciarci. E’ successo anche qui, stamattina. Isabel ed io siamo riusciti
ad eliminarli - Prese Jason in braccio e si recò in bagno per pulirlo. - Siete
stati molto fortunati… - Inumidì un asciugamano prima di passarlo con
delicatezza sul nasino del bimbo. - Ma come avete fatto ad arrivare fin qui? -
- Non lo so - La ragazza scosse piano la testa. - Stavo guardando Jason negli
occhi… Io… ero spaventata a morte… Poi… poi ricordo di aver pensato a te… e mi
sono ritrovata qui… -
- Jason? -
- Sì, lui… mi guardava e… ha sorriso… come… -
- Come se mi avesse visto nella tua mente, e vi ha portati entrambi da me -
Sfiorò dolcemente la guancia morbida del figlioletto prima di curvarsi a
baciarlo sulla fronte. - Io ho bisogno dell’energia dei graniliti per
teletrasportarmi, lui, a quanto pare, no… -
- Vuoi dire che è stato lui? - Liz fece un passo avanti e fissò sbalordita il
bimbo tendere allegro le braccia nella sua direzione.
Per tutta risposta Max glielo porse e si affrettò a lavare via le macchie di
sangue dall’asciugamano.
- Dobbiamo stare molto attenti: se qualcuno lo scopre saremo davvero nei guai!
-
- Sì, me ne rendo conto, ma se è già così forte cosa succederà quando sarà più
grande? Come possiamo fargli capire che cosa non deve assolutamente fare? -
Il giovane rimise a posto l’asciugamano e si volse a guardarla negli occhi. -
Ci riusciremo. Mi dispiace, Liz, ma non posso cancellare il fatto di essere un
alieno. E Jason è mio figlio -
- Lo so… Oh, Max, io non intendevo dire questo! Per me non ha mai avuto
importanza, lo sai… E’ solo che a volte le cose diventano così difficili… -
- Le affronteremo insieme - Con un sospiro le circondò le spalle con un braccio
e la baciò sulla tempia. - Vieni, torniamo di là. Per fortuna Danny, il mio
compagno di stanza, è andato per qualche giorno a casa sua, altrimenti sarebbe
stato un bel problema… -
Liz accennò un debole sorriso. - Sì, immagino di sì… -
Sistemato il bimbo sull’altro letto, i due giovani si sedettero su quello di
Max.
- Hai parlato con i tuoi genitori? - chiese la ragazza intrecciando
nervosamente le dita.
- Sì. Mia madre è stata molto contenta, come prevedeva Isabel… E tu? -
- Sì, anch’io. Ecco… mia madre pensava che io volessi farlo per via di Jason,
ma poi credo che abbia capito… -
- Capito cosa? -
- Che ti amo -
- Liz… - Le mise un dito sotto il mento per costringerla a guardarlo. - Anch’io
ti amo, Liz, e anche se non dovrei dirlo dopo tutto quello che è successo… Il
fatto è che quando decisi di sposare Tess non ero per niente emozionato… - La
sua voce si ridusse ad un sussurro. - Non è che non provassi nulla, solo… era
come se stessi facendo qualcosa di assolutamente normale… Sposare te, invece,
mi fa tremare… senti… - Le prese una mano e se la portò al cuore. - Senti cosa
mi fai… - Si chinò verso di lei e sospirò nello sfiorarle le labbra. - Ti amo,
sei tutta la mia vita, e non capirò mai come abbia potuto dimenticarlo…
Perdonami… -
Con un sorriso la ragazza gli carezzò la spalla nuda poi fece scivolare le dita
fino alla nuca e lo baciò con passione.
Stringendola a sé Max si lasciò scivolare all’indietro senza smettere di
baciarla. “Liz…” I loro pensieri si mescolarono ed il tempo perse ogni
significato.
Era quasi l’alba quando il giovane riaprì gli occhi. Liz era seduta sul letto
di Danny e stava allattando Jason. Si sentì profondamente commosso e non fece
alcun movimento per non disturbarli, limitandosi a godere la tenerezza di
quella scena. Sentiva ancora sul cuscino il profumo dei capelli di Liz e
sorrise tra sé. Quanto tempo era trascorso da quel lontano giorno di fine
estate in cui una pallottola aveva segnato per sempre le loro vite… e quante
cose erano successe… Ma Liz era sempre rimasta accanto a lui, anche quando
nessuno dei due lo sapeva… E alla fine sarebbero tornati insieme a Roswell,
dove tutto era cominciato…
- Ciao! -
- Ciao -
La voce assonnata di Max fece rabbrividire la ragazza, che si alzò per andare a
dargli un bacio veloce. - Buongiorno, amore. Mi dispiace averti svegliato… -
- Perché? Volevi privarmi della tua vista? - Si sollevò su un gomito e le
scostò i capelli dal viso sorridendole con dolcezza. - Non mi stancherò mai di
guardarti… -
- Neppure io… - Liz lo baciò di nuovo poi sorrise. - Jason aveva fame, e a dire
il vero anch’io: ieri abbiamo saltato la cena -
- Oh! Credo di avere dei biscotti da qualche parte! - Max fece per alzarsi ma
lei lo sospinse gentilmente indietro. - No, resta pure lì: posso aspettare… -
- Quando avrai finito dovrò rimandarti indietro. Io… vorrei evitarlo ma… è
l’unico modo, purtroppo… Con l’aereo ci metteresti troppo tempo… -
- Lo so, ma dato che stavolta sarai tu a farlo mi sento più sicura! -
- Ti ringrazio per la fiducia -
Lei lo guardò in silenzio negli occhi poi si chinò a fissare il visetto intento
di Jason. - Hai sentito, birbante? Questa volta ci pensa Max, quindi tu stai
buono e goditi il viaggio, d’accordo? - Rise suo malgrado nel vedere
l’espressione del piccolo. - Tu mi capisci quando ti parlo, vero? Sei un
bambino molto speciale, proprio come il tuo papà! Spero tanto che la tua vita
sia più semplice della sua… -
Max, nel cogliere l’amarezza del suo tono, le mise una mano sul braccio per
confortarla. - Noi saremo sempre con lui - disse piano.
Pochi minuti dopo sedevano entrambi sul pavimento. Liz si era di nuovo
sistemata sulle spalle lo zainetto e teneva il figlio in grembo. - Io… credo di
avere un po’ di paura… - confessò.
- Non preoccuparti, conosco molto bene la tua casa! - Max le sorrise
incoraggiante poi chiuse un attimo gli occhi e nelle sue mani apparvero i due
graniliti. - Preferisco andare sul sicuro… - disse poggiando i gomiti sulle
ginocchia in modo da tenere i due oggetti a poca distanza da Liz ed il bambino.
- Rilassati, e pensa a me - Si curvò in avanti per darle un ultimo bacio, e di
lì a poco era di nuovo solo nella stanza. “Liz, amore…” Si guardò intorno
ricordando ogni particolare di quella insolita visita poi tornò a letto e
rimase a lungo a fissare il soffitto finché lo squillo del cellulare lo
riscosse.
- Liz? - esclamò con voce ansiosa.
“- Sì, Max, sono io. E’ andato tutto bene… Adesso vado a dormire un poco
altrimenti domattina non riuscirò a fare il test di fisica. Però ti sarei grata
se la prossima volta che scopri una squadra di cacciatori alieni mi avvertissi
per tempo… -”
- Puoi contarci, amore mio! Buona notte… - Chiuse la comunicazione e tornò a
sdraiarsi. - In bocca al lupo, Liz… -
Di lì a poco si alzò e andò in bagno per prepararsi ad uscire. Stava
raccogliendo alcuni libri che gli sarebbero serviti quella mattina quando
avvertì un improvviso senso di vuoto ed una violenta vertigine che lo fece
quasi cadere per terra. D’istinto si controllò il naso ma non c’erano macchie
di sangue sulla sua mano. Sconcertato si guardò intorno cercando di capire poi
il respiro gli si fece affannoso e cominciò a tremare. - Liz… Liz, mio dio… - I
due graniliti apparvero tra le sue dita ed in un istante si ritrovò nella casa
della ragazza, ancora immersa nella penombra delle prime luci dell’alba. - Liz!
- Corse nella camera degli ospiti ma il lettino di Jason era vuoto, poi si
precipitò nella stanza di Liz e vide il corpo disteso sulla soglia. - No, Liz!
- Si curvò su di lei per toccare l’impronta argentata incisa sul suo cuore.
Ansimando come se avesse fatto una lunga corsa vi pose sopra il palmo della
propria mano, i lineamenti induriti per la concentrazione. Non successe nulla
ma lui insisté finché grosse gocce di sudore gli apparvero sulla fronte. - No…
No, amore, ti prego… Non lasciarmi… No… No! - Gettò la testa all’indietro
gridando tutto il suo dolore, tutta la sua angoscia. Tornò a guardare Liz, il
suo viso pallido, il torace immobile, e piangendo le carezzò dolcemente la mano
abbandonata lungo il fianco. - Liz… Come posso vivere senza di te… - Curvatosi
su di lei la prese tra le braccia sollevandola piano e se la strinse al petto.
- Ti prego, amore, resta con me… - Chiuse gli occhi e posò la guancia sui suoi
capelli morbidi mentre le lacrime continuavano a scorrergli lungo il viso.
Rimase in quella posizione per un tempo infinito, poi si scosse e prese con
tenerezza la mano sinistra della ragazza portandosela alle labbra. - Io sono
quello che sono… e ti appartengo, come tu appartieni a me… le nostre anime sono
unite… niente ci potrà mai dividere… neppure… questo… - Si alzò continuando a
tenere Liz in braccio e la distese con cura sul letto, poi estrasse i graniliti
dalle tasche dei pantaloni e li guardò per qualche secondo come se non li
vedesse. Dopo una breve esitazione prese il cellulare della ragazza e chiamò la
sorella. - Isabel, ho bisogno di te e di Michael. Dovete raggiungere subito la
caverna nel deserto, è molto importante! E portate le pietre di River Dog con
voi - Riattaccò prima che lei potesse dire una sola parola, dopodiché si sdraiò
accanto a Liz circondandola con entrambe le braccia. I graniliti s’illuminarono
di una forte luce azzurra e i due corpi scomparvero istantaneamente.
Quando si ritrovò nella caverna Max rimase per qualche minuto a fissare la
ragazza distesa al suo fianco. Le sfiorò il volto pallido soffermandosi sulle
labbra con la punta delle dita. - Niente potrà mai più separarmi da te… Insieme
per sempre… Te lo avevo giurato tanto tempo fa… - Lentamente si raddrizzò e
sedette a gambe incrociate vicino a lei. Non riusciva a pensare a nulla, non
poteva, non voleva. Mentre lacrime amare gli scendevano lungo il viso le prese
una mano tra le sue e vi posò sopra la fronte. - Non lasciarmi… - ripeté in un
sussurro.
Meno di un’ora più tardi arrivarono Michael e Maria, che aveva insistito per
accompagnare il ragazzo, e grande fu la loro sorpresa nello scoprire il motivo
di quella chiamata.
- Liz! - Maria si precipitò accanto all’amica e fissò inorridita l’impronta sul
suo petto. - O mio dio… -
Max alzò lo sguardo su di lei. - Non sono riuscito a farla tornare in vita… Le
pietre sono la mia unica speranza… - disse con voce soffocata.
- E Jason? - chiese Michael preoccupato.
- Lo hanno portato via. Quando Liz starà di nuovo bene andrò a cercarlo… -
“Quando? Oh, Max, spero per tutti noi che ci riusciremo! Non oso pensare a
quello che potresti fare se Liz non dovesse tornare a vivere…” Michael fissò il
giovane con compassione.
Dovettero attendere ancora un’ora e mezza prima che arrivasse anche Isabel, poi
si ritrovarono tutti quanti in piedi attorno a Liz.
- Liz! Santo cielo, Max, ma cosa è successo? -
Il ragazzo non guardò neppure la sorella mentre rispondeva. - Gli uomini di
Nasedo che l’avevano seguita ieri pomeriggio sono tornati stamattina. E l’hanno
uccisa - Strinse la pietra color ambra tra le mani e chiuse gli occhi. - Ho
bisogno di voi, della vostra energia… Liz ne ha bisogno… - mormorò.
Maria, che aveva voluto inserirsi nel cerchio, diede un’ultima occhiata alla
sua amica prima di concentrarsi. “Liz, non è giusto quello che ti è successo…
Tu devi tornare. Da Jason… da Max… Loro hanno così tanto bisogno di te…”
Trattenendo a fatica le lacrime serrò le palpebre e svuotò la mente da ogni
pensiero che non fosse il risveglio dei poteri della pietra che teneva nel cavo
delle mani.
Nella caverna si fece un silenzio profondo, poi dei bagliori dorati si
sprigionarono dalle pietre che i giovani stringevano con cura. Il corpo di Liz
brillò per qualche istante ma poi tutto tornò come prima. Max, che aveva aperto
gli occhi nel sentire l’emanazione di energia, emise un lamento e si protese
verso di lei. - Liz, no! - Si lasciò cadere in ginocchio, il viso stravolto dal
dolore. Mormorando parole incoerenti si accovacciò dietro di lei e la sollevò
per le spalle in modo che la sua schiena poggiasse contro di lui. Allora le
mise una mano sul segno argentato mentre con l’altra continuava a serrare
convulsamente la pietra. - Riproviamo - disse con improvvisa, lucida
determinazione.
Il gruppo di ragazzi si concentrò di nuovo, e stavolta la luce avvolse a lungo
il corpo di Liz, in cui si riversarono anche tutta la forza di Max, il suo
amore, i suoi ricordi. Nel punto in cui si trovava l’impronta che aveva causato
la morte della giovane apparve una piccola sfera di energia e la mente di Max
si fuse con quella di Liz. Il cuore riprese a battere all’improvviso sotto le
dita dell’alieno, che sussultò come percorso da una scarica elettrica e crollò
all’indietro, completamente esausto, trascinando con sé la ragazza.
Fu Michael il primo a precipitarsi verso di loro. Liberò Liz dalla presa ferrea
di Max e l’aiutò a mettersi a sedere su una grossa pietra poco distante, poi
sostenne l’amico per le spalle e lo fece girare su di un fianco. - Coraggio, ce
l’hai fatta! - disse dandogli una pacca affettuosa sul braccio.
Troppo debole per rispondere, il giovane distese le lunghe gambe e fece vagare
lo sguardo intorno a sé. “Liz…” Finalmente la vide, allora accennò un sorriso e
perse i sensi.
- Max! - Isabel si chinò spaventata su di lui.
- Tranquilla, è solo sfinito! Dagli il tempo di riprendersi e sarà di nuovo
arrogante ed insopportabile come sempre… - borbottò Michael per nascondere la
sua stessa ansietà.
- Liz, ma cosa diavolo è successo? - chiese Maria, sedutasi con fare protettivo
accanto all’amica.
- Oh… io… credo di avere le idee un po’ confuse… - La ragazza si accorse di Max
e gemette forte.
- Non è niente, è solo svenuto - Michael si appoggiò alla parete di pietra e la
guardò incuriosito. - Si può sapere, allora, che cosa è accaduto? -
- Io… Ieri… almeno credo fosse ieri… stavo tornando a casa… La porta era
aperta, non sapevo se ci fosse ancora qualcuno dentro… Poi ho sentito dei
rumori… Allora ho preso in braccio Jason e sono scappata… Eravamo sulla
spiaggia, ci stavano per raggiungere… Io ho pensato a Max e all’improvviso ci
siamo ritrovati nella sua stanza, al campus… -
- Come avete fatto? - domandò stupita Isabel.
- Secondo Max è stato Jason… Ha sentito i miei pensieri e deve aver deciso di
raggiungerlo… Poi Max ci ha rimandati indietro, a San Diego, ma poco dopo
quegli uomini sono tornati e uno di loro mi ha toccato… Io… non ricordo altro…
- Spalancò gli occhi. - Jason! Dov’è? -
Fu Michael a risponderle. - Lo hanno preso gli agenti di Nasedo. Ma stai
tranquilla, tra il suo potere e quello di Max sarà presto di nuovo qui, al
sicuro… -
- Come puoi dirlo? - s’intromise Maria.
- Beh, secondo me basterà che Max lo chiami col pensiero e lui gli risponderà.
A quanto pare il teletrasporto è una cosa comune tra i maschi della famiglia
reale… -
In quel momento Max mosse piano la testa e Liz si trascinò faticosamente al suo
fianco. - Max… Amore, va tutto bene? - Si chinò a baciarlo sulla tempia, poi
gli scostò i capelli dalla fronte e gli diede tanti piccoli baci sulle guance e
sulle labbra.
- Liz? - Con un gemito il giovane sollevò le palpebre e rimase per un attimo
senza fiato nel trovarsi davanti il volto di lei. - Sei qui… con me… - Alzò
lentamente una mano per posargliela sul collo e sorrise con dolcezza. - Amore
mio… - Accolse con un sospiro il profondo bacio, poi si raddrizzò e si mise a
sedere. - Scusa, mi gira un poco la testa… Ma tu come ti senti? -
- Bene. Oh, Max, ti ringrazio per avermi salvato di nuovo la vita! -
Lui si accorse delle lacrime nei suoi occhi e distolse per un attimo lo
sguardo. - Riporterò indietro Jason, stai tranquilla! - disse con voce molto
bassa. Pur sentendosi sfinito materializzò i graniliti nelle sue mani e si
concentrò. Le dita si contrassero spasmodicamente sui trasmettitori d’energia e
tutto il corpo di Max si tese nello sforzo.
Jason apparve all’improvviso in grembo al giovane. Gli occhioni, in quel
momento di un verde intenso, fissavano assorti Max, come se fosse in contatto
con lui. Poi il bimbo emise un trillo di gioia e lasciò che le braccia del
padre lo stringessero contro quel petto ampio e forte.
- Jason! - Liz quasi cadde addosso ai due esseri che più amava al mondo,
ridendo e piangendo allo stesso tempo.
Maria, commossa, si avvicinò a Michael e lo prese per mano intrecciando
strettamente le loro dita, mentre Isabel guardava perplessa la scena. - Max,
hai combinato qualcosa, vero? -
A quelle parole il giovane serrò per un attimo le mascelle. - Ho bloccato i
comandi della loro astronave. Non possono tornare indietro, ma solo proseguire
verso Antar. E stavolta credo che capiranno il messaggio… -
- Già. Non conosciamo a fondo i nostri poteri, nessuno li conosce, ma mi sembra
chiaro che non sia il caso di stuzzicarci. Giusto? -
- Giusto - Max guardò il figlioletto e Liz. “Sì, poteri e sentimenti. Hai
ragione, Isabel, adesso siamo completi. E sono stati loro ad operare il
miracolo…”
Diane Evans si strinse commossa al marito. Era così felice per il suo ragazzo,
ed il piccolo Jason era un bimbo meraviglioso… Sarebbe sempre stata grata al
destino che aveva fatto entrare Liz nella vita di Max.
Anche Nancy Parker aveva gli occhi lucidi di lacrime. Liz era bellissima nel
suo abito bianco, semplice ed elegante, e doveva ammettere che anche Max aveva
un certo fascino, con un completo blu che sottolineava la sua figura snella e
muscolosa.
Maria, che teneva fra le braccia un Jason molto tranquillo e attento, fissava
incantata la giovane coppia, consapevole della mano di Michael sul suo fianco.
Accanto a loro stavano Isabel e Morgan, che aveva fatto di tutto per essere
presente sapendo quanto lei fosse legata al fratello. Si tenevano per mano, e
Diane era certa che fra non molto avrebbe dovuto darsi da fare per organizzare
un secondo matrimonio.
Era una splendida giornata, il sole brillava nel cielo terso ed una brezza
leggera giocherellava allegramente con i nastri bianchi che decoravano il
giardino di casa Evans.
Liz guardò sorridendo Max prenderle la mano sinistra, e fremette nel sentire le
sue parole.
- Io sono quello che sono, e tu mi hai accettato. Resterò sempre al tuo fianco,
non mi sentirai mai andare via. Camminerò con te, respirerò con te, vivrò con
te. Finché sarai con me. Per sempre. Io ti amo, Liz Parker, e voglio che tu sia
mia moglie -
Tremando impercettibilmente Liz prese a sua volta il sottile cerchio d’oro e lo
infilò all’anulare di Max. Con voce decisa ripeté le sue stesse parole
guardandolo negli occhi. - Io sono quella che sono, e tu mi hai accettato.
Resterò sempre al tuo fianco, non mi sentirai mai andare via. Camminerò con te,
respirerò con te, vivrò con te. Finché sarai con me. Per sempre. Io ti amo, Max
Evans, e voglio che tu sia mio marito -
Scritta da Elisa |