La
Virtual Season 6
di "Jarod il Camaleonte"
Episodio 15: Profezie svelate (2)
Racconto
appartenente alla
Virtual Season 6 di "Jarod il Camaleonte",
scritto da
Maura
e Rossella
e pubblicato in esclusiva su
Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di
proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della
serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e
sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di
lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due
autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod".
IL CAST
JAROD |
MISS PARKER |
SIDNEY |
BROOTS |
MR. LYLE |
MR. RAINES |
MR. PARKER |
ANGELO |
CATHERINE PARKER |
MARGARETH |
RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE
Miss Parker: “Ho sentito mio padre parlare con Lyle… sanno dove ti trovi,
Jarod”
Miss Paker: “Per sicurezza sarebbe meglio se tu venissi nella casa di campagna
di Sidney per qualche tempo”
Jarod: “E’ inutile tentare di dissuaderti vero?”
Broots: “Che significano quei microfoni nel mio ufficio Sidney?”
Sidney: “Sicuramente il Centro ci sta spiando Broots”
Broots: “Ma allora il Centro saprà anche dell’appuntamento tra Jarod e Miss
Parker”
Gli spazzini catturano Jarod
Jarod: “Mi hai tradito… mi fidavo di te”
Miss Parker: “Jarod, io non c’entro con tutto questo”
Mr Parker: “Finalmente Jarod è a casa. Lunga vita al Centro”
Sidney: Ti aiuteremo ad uscire di qui… vedrai”
Jarod: “Non cercherò più di scappare… non ho più nessuno su cui poter contare.
Non mi fido più nemmeno di te, Sidney”
Miss Parker “Mamma!”
CIMITERO, 24 MAGGIO, ore 8.04 p.m.
Miss Parker corse ad abbracciare sua madre; in quel momento le sembrava che tutti quegli anni di solitudine fossero spariti, era come se lei non fosse mai sparita. Cominciò a piangere senza capire nemmeno se lo faceva per la gioia di vederla viva e di poterla di nuovo riabbracciare o per la tristezza di aver speso tanto tempo lontana da lei per colpa di suo padre...
"Tesoro, mi sei mancata tanto..." sussurrò Catherine accarezzandole teneramente i capelli, come faceva quando era piccola. Non le sembrava vero di poter stringere fra le braccia sua figlia. Piangeva anche lei e non riusciva a fermarsi, in ogni caso non voleva farlo.
"Anche tu mamma...per tutti questi anni in cui ti ho creduta morta...non sai come ho sofferto da sola, senza di te..." sussurrò Parker senza lasciare la presa.
"Mi dispiace se in tutto questo tempo ti ho fatto credere di essere morta...ma dovevo, capisci? Era per proteggere sia te che me..."
"Lo so mamma...e hai fatto bene a farlo, sul serio...ma ora come mai sei qui?"
concluse Miss Parker staccandosi dall’abbraccio e tornando ad osservare sua madre. Era ancora bellissima, gli anni non erano pesati sul suo stupendo volto e nemmeno le continue fughe alla ricerca di un modo per porre fine alla supremazia del Centro.
"Sono venuta da te perché tra poco sarà tutto finito..."
"Cosa vuoi dire, mamma? Ti riferisci al..."
"Al Centro, sì esatto...Presto verrà distrutto!”
Le due donne iniziarono a camminare nel cimitero, senza nemmeno pensare di fare attenzione. Entrambe sentivano di essere al sicuro in quel luogo così importante per entrambe.
"Mamma...non posso credere che tu sia qui, con me e...non in quella tomba...Come facevi a sapere che mi avresti trovato qui?" domandò Miss Parker sorridendo.
Catherine sorrise a sua volta rendendosi conto di quanto sua figlia le assomigliasse; poi le indicò il suo cuore.
“Il tuo senso interiore migliora di giorno in giorno, tesoro...Sono riuscita a sentire il tuo dolore e capivo che l’unico posto in cui avresti trovato un po’ di pace...era proprio questo...ed io avevo tanta voglia di vederti! Sei diventata una donna fantastica, lo sai?”
Parker sorrise e le strinse forte la mano.
"Ma dove sei stata in tutto questo tempo? Cosa hai fatto?" chiese infine, combattuta fra la curiosità e la consapevolezza di non poter sapere tutto in pochi minuti.
"In tutti questi anni io e Margareth siamo sempre vissute in luoghi diversi, ma sempre in fuga dal Centro, che ci cercava e sapeva che ero ancora viva..."
"Capisco cosa intendi...anche Jarod ha vissuto scappando e nascondendosi negli ultimi sei anni... – si bloccò un attimo, rendendosi conto di ciò che sua madre aveva detto - Ma...papà sapeva che eri viva?!"
Catherine non sapeva cosa rispondere, ma capiva che era tempo che sua figlia sapesse tutta la verità sul conto di quello che credeva essere suo padre: "L'ha sempre saputo..."
"Cosa? In tutti questi anni lui ha sempre finto di essere addolorato per la tua morte...e invece sapeva che eri ancora viva! Certo, voleva ritrovarti..."
Catherine annuì e proseguì il suo racconto: "Quando siamo arrivate sull'isola di Carthis volevamo finalmente riabbracciarvi, ma poi quando hanno tentato di uccidere Margareth e lei è rimasta ferita...abbiamo capito che anche lì eravamo in pericolo, perciò ce ne siamo andate in tutta fretta, con gli altri abitanti dell'isola. Dopo la visita che io ho fatto a Jarod, qualche mese fa, e che Margareth fece a te...ci siamo rese conto che non potevamo lasciarti sola al Centro, perché volevano uccidere anche te...così abbiamo ingaggiato quel poliziotto, Michael, perché ti proteggesse fingendosi un nuovo spazzino mandato dal Triumvirato per catturare Jarod!"
"In realtà...lui doveva uccidere Jarod..." puntualizzò Parker.
"Questo deve essere senz'altro stato un ordine di tuo padre, non mio!" ridacchiò Catherine.
"Mi sento molto in colpa per la sua morte...gli volevo bene...e mi sento in colpa anche per la cattura di Jarod, in parte è stata colpa mia..."
"Già...sento quello che provi, ma non devi assolutamente sentirti in colpa per quello che è successo a Michael e a Jarod, non è stata colpa tua ma di tuo padre e di Raines!"
Parker la guardò con occhi lucidi e l’abbracciò nuovamente. Voleva approfittare di ogni momento passato con lei, da quel momento in poi.
"Ora devo andare, ma ti prometto che presto potremo riunirci di nuovo...Non perdere mai la speranza, perché questa storia finirà presto!" concluse Catherine.
"Ti voglio bene mamma..."
"Te ne voglio anch'io..."
Parker la lasciò andare e subito dopo sentì un rumore provenire dalla boscaglia intorno alle tombe. Si voltò di scatto, ma non vide nulla. Quando si rivoltò, sua madre era sparita.
Parker sorrise
e, ripresasi dal momento di tristezza che l’avvolgeva da quel pomeriggio, si
mise in marcia verso il Centro.
Se vogliono chiudere la pratica, questa volta non starò a guardare...
IL CENTRO, UFFICIO DI SIDNEY, 24 MAGGIO, ore 9.00 p.m.
Miss Parker concluse il racconto della sua serata. Sidney l’aveva ascoltata senza dire una parola, tanta era la curiosità di sapere cosa fosse successo a Catherine e Margareth negli ultimi anni...
"Così...hai ritrovato tua madre!"
Parker sembrava rinata: Sidney non l’aveva mai vista così felice.
"Già..."
"Come ti è sembrata? Sta bene?"
"E' in gamba, Sid...Non sai quanto sono stata felice di poterla riabbracciare... e lei mi ha raccontato di essere sopravvissuta nascondendosi tutti questi anni...un po' come Jarod..." sussurrò.
Sid s’incupì improvvisamente e capì che doveva toccare anche quell’argomento.
"Sid...devi assolutamente avvisarlo...deve tenersi pronto all'arrivo delle nostre madri..."
"Questa mattina sono andato a parlargli. Temo non sarà facile convincerlo... Crede che io, te e Broots l'abbiamo tradito!"
"Non posso biasimarlo, Sid...eppure mi sembra strano che non si fidi nemmeno di te...forse era solo un po' sconvolto..."
"Può darsi...ma non preoccuparti, andrò seduta stante a parlargli...Lo convincerò..."
"Sono certa che ti darà ascolto...tu sai come farti ascoltare da Jarod...ora me ne vado, devo parlare con Broots...a più tardi!"
Parker uscì dall’ufficio lasciando Sidney solo. Doveva pensare al modo per comunicare con Jarod senza che gli altri capissero quello che si dicevano...
CELLA DI DETENZIONE, 24 MAGGIO, ore 10.00 p.m.
"Ciao Jarod, come stai?"
Sidney non sapeva come attirare l’attenzione di Jarod, ma di certo voleva capire se aveva intenzione di ascoltarlo.
Lui era seduto sul lettino e guardava fisso il pavimento, senza alzare il volto nemmeno per fare dei cenni con la testa.
"Jarod, vorrei che tu mi concedessi un attimo di attenzione..."
Jarod capì immediatamente che Sidney cercava di attirare la sua attenzione; il modo in cui parlava era stato concordato molti anni prima fra loro due.
Alzò il volto ed annuì. Sidney, allora, continuò: "Volevo solo dirti che farò di tutto per tornare ad essere il tuo tutore...e voglio che tu sappia che non ti ho mai deluso..."
Jarod sorrise: "Dopotutto, Sidney...Mi farebbe piacere averti di nuovo come insegnante...”
Sidney sorrise: Jarod aveva capito il codice e anche il fatto che non l’aveva assolutamente tradito.
"Miss Parker ti saluta...ha detto che se ne andrà dopo aver fatto finire Raines al cimitero per vendicare sua madre...Dopotutto è stata colpa sua se Catherine se n'è andata!"
Jarod lo guardò spalancando gli occhi: Parker non solo aveva rivisto sua madre, ma di certo avevano parlato di qualcosa di molto importante.
"Io vorrei solo...che lei fosse felice...dato che io rischio di non poter mai più uscire da qui..."
"Comunque verrà molto presto a salutarti..."
Jarod capì il messaggio: le due madri si erano organizzate e stavano per venire a liberarlo. A liberare tutti quanti dalla schiavitù del Centro.
"Allora l'aspetterò..." sorrise Jarod.
Sidney sorrise facendogli un cenno d’intesa e se ne andò dalla sala, lasciando Jarod solo.
UFFICIO DI DISNEY, 25 MAGGIO, ore 9.00 a.m.
Sia Sidney che Parker avevano passato la notte al Centro senza riuscire a dormire; avevano troppa paura che succedesse qualcosa a Jarod, così avevano controllato a turno le telecamere della camera di detenzione. Fortunatamente Jarod era tranquillo nella sua branda, nessuno l’aveva contattato.
I due stavano parlando nell’ufficio di Parker, quando Broots entrò interrompendoli bruscamente.
"Sidney, Sidney...oh Miss Parker!"
"Beh? Che c'è?" gridò lei notando che Broots esitava.
"E' proprio come avevamo sospettato: Raines e Lyle stanno architettando qualcosa...li ho sentiti parlare e dai loro discorsi ho capito che vogliono portare Jarod nel SL 27 questa notte!"
"Ne sei sicuro, Broots?"
"Al 100%...mentre voi controllavate Jarod, io ho tenuto sotto controllo i loro uffici...e sapete con cosa?"
I due ascoltatori lo guardarono incuriositi; Broots sorrise e mostrò loro i microfonini che aveva trovato il giorno prima nei loro uffici.
Parker e Sidney scoppiarono a ridere.
"In ogni caso...temo che vogliano fare qualcosa a Jarod..."
"Lo penso anch'io..." concordò Sidney.
"Bene...allora vorrà dire che non mancheremo nemmeno noi all'appello..." concluse Parker alzandosi e guardando la foto di sua madre sulla sua scrivania.
SOTTOLIVELLO 27, 25 MAGGIO, ore 5.00 p.m.
Jarod seguiva il suo secondino che lo stava portando in qualche altro sottolivello del Centro. Stava contando le scale che gli stavano facendo fare, eppure si rendeva conto di non esserci mai stato, in quella zona del Centro.
Una volta arrivato di fronte ad una porta senza indicazione, l’uomo lo fece entrare: nella stanza c’erano Raines, Lyle e il signor Parker ad attenderlo.
"Cos'è questa, una riunione di famiglia?" rise Jarod.
Il signor Parker si limitò a sorridere.
"Tra qualche minuto non farai cosi tanto lo spiritoso..."
Senza aspettare nemmeno prelevò una pistola dalla tasca della giacca e gliela puntò contro; Jarod, un po’ impaurito, si tirò leggermente indietro. Ora capiva per quale motivo non l’avevano nemmeno legato.
“Non posso permettere che tu, l'eletto, ponga fine al Centro...ucciderti è l'unico modo che abbiamo perché le profezie delle pergamene non si avverino e perché il Centro sopravviva. Il piccolo Parker sarà la chiave del nostro futuro...diventerà molto presto un simulatore. In verità volevamo usare le doti del bambino anche per trovarti e successivamente ucciderti, ma siccome tu ora sei qui, non serve più addestrarlo a questo scopo...”
Jarod si dimenò e così dei secondini lo presero e lo spinsero contro il muro. Guardò con sommo odio il signor Parker.
“Lunga vita al Centro!" rispose lui.
Fece per sparare, quando udì una voce all’ingresso della stanza.
"Fermo!"
Tutti si voltarono: Miss Parker, Sidney e Broots erano all’ingresso della sala. Jarod sorrise e la guardò teneramente. La donna, tuttavia, si mosse e si mise di fronte a lui ponendosi lungo la traiettoria mirata da suo padre.
"Miss Parker, sei impazzita? Togliti!" gridò Jarod.
"Non ho intenzione di farlo Jarod... – rispose senza smettere di guardare con odio il padre - Se vuoi uccidere Jarod...allora dovrai prima uccidere me!"
Il signor Parker abboccò un sorriso.
"Mi hai fatto risparmiare del tempo prezioso, venendo qui di tua spontanea volontà...dal momento che ucciderò anche te!"
Parker spalancò gli occhi stupita.
"Ricordi? Le pergamene dicono che l'eletto verrà aiutato dall'angelo a distruggere il Centro e noi non possiamo permettere che l'angelo sopravviva!"
"Ma che razza di uomo ho pensato che fossi fino a qualche tempo fa? Un padre...che razza di padre è un uomo come te?"
Lui quasi si sentì lusingato dalle parole di quella che era stata sua figlia fino a pochi giorni prima.
"C'è una cosa che non ho capito...se volevi così tanto trovare Jarod...perchè non avete recuperato Ethan? Mi hai spiato per mesi e sapevi benissimo dove si trovasse...perchè non sei andato e riprenderlo?" gridò Parker, cercando di guadagnare tempo.
"Avevamo scoperto da tempo dove era nascosto Ethan, ma non l'abbiamo catturato per non destare in te sospetti...l'abbiamo lasciato dov'era...e poi tu ci servivi per catturare Jarod...l'avremmo trovato più facilmente se fossi stata proprio tu...a cercarlo..."
Parker si voltò verso Jarod quasi a chiedergli di perdonarla, ma lui ricambiò lo sguardo e sorrise.
"Quando qualche tempo prima avevate trovato quei DSA che riguardavano il bambino nell'ufficio di Raines, in realtà ve li avevamo fatti trovare apposta. Volevamo che voi sapeste tutto!"
"Insomma...l'unico vero scopo era quello di mirare a Jarod...solo quello..." sussurrò lei.
Il signor Parker si limitò ad annuire.
"Ecco perché ti servivo ancora...viva..."
Lui non disse nulla e per un attimo la guardò con pietà.
"Come ho fatto a considerarti un padre e fidarmi per così tanto tempo di te? Io ti odio..."
Parker fece un cenno con la testa e, colpito da quelle parole, sparò contro la figlia.
Parker chiuse gli occhi e cercò di coprire Jarod, per quanto le era possibile; lui, d’altro canto, era troppo sorpreso di aver sentito lo sparo partire dalla pistola di Parker, non lo credeva capace di sparare proprio a lei.
Ma quando Miss Parker aprì gli occhi, capì che non era stata colpita: di fronte a lei giaceva un’altra persona che aveva fatto da bersaglio mettendosi davanti a lei e Jarod.
Sidney non riusciva a credere a ciò che vedeva e nemmeno il signor Parker, che si bloccò un attimo sbalordito.
La persona a terra era Raines.
Parker si stese in terra di fianco a lui controllando la ferita.
"Perché diavolo l'hai fatto?" gridò.
Jarod riuscì a non farsi notare dagli spazzini e si mosse anche lui piegandosi di fianco all’uomo che giaceva, ormai inerme, di fronte a loro.
Gli controllò il battito del cuore e non ci mise molto a rendersi conto che la ferita era vicina al cuore.
"C'è poco da fare...la ferita è profonda ed è proprio vicina al cuore!" spiegò agli altri.
"J...Jarod, Miss Parker...figli miei..." bofonchiò lui.
Jarod e Parker si guardarono senza capire il significato di quell’affermazione, così come il signor Parker e Lyle.
"No, non è esatto..." gridò una voce alle loro spalle.
Tutti si voltarono, vedendo apparire Margareth e Catherine nella stanza.
"Jarod non è tuo figlio!" concluse Margareth.
Jarod non poteva ancora credere ai suoi occhi: di fronte a lui c’era sua madre...
"Mamma!" gridò.
Margareth lo guardò sorridendo e Jarod contraccambiò quel gesto d’affetto.
"Cosa significa? Perché lui ha detto figli miei?" domandò poi un po’ turbato.
"Anni prima che tu venissi rapito dal Centro...io e tuo padre volevamo da tempo un altro bambino, e cosi dopo vari tentativi falliti avevamo deciso di affidarci a Raines perché lo conoscevamo bene...ma allora non sapevamo chi fosse veramente. Pensavamo di poterci fidare di lui...Il compito di Raines sarebbe stato quello di fecondare i miei ovuli con il gene di tuo padre...ma non tutto andò come doveva andare. Raines fecondò i miei ovuli con il suo gene e non con quelli di tuo padre, come poi ci fece credere...”
Jarod guardò con odio l’uomo sdraiato di fronte a lui, ma poi ripuntò l’attenzione su sua madre.
“Dopo vari tentativi falliti finalmente nacque un bambino in laboratorio...un bambino stupendo... – sorrise - Raines però scoprì che questo bambino non era... come tutti gli altri, poiché possedeva un'anomalia genetica nel sangue. Quando io e tuo padre andammo da Raines a prenderlo per portarlo a casa...lui non ce lo affidò, e ci confessò che in parte quello era anche suo figlio, poiché aveva usato il suo gene, quindi gli spettava. Lo tenne in isolamento per analizzarlo. Io e tuo padre non sapevamo più come fare, eravamo disperati. Finché un giorno io, Catherine e Fenigore, riuscimmo a liberarlo e a portarlo via dal Centro..."
Parker sembrava stupita di sentire di nuovo quel nome.
"Fenigore?" gridò.
"Sì, lui era a capo di questo progetto...Sapeva tutto quello che era successo. Infatti pochi anni fa stava per rivelarvi questo segreto, non è vero?"
Parker e Jarod si guardarono. Ricordavano esattamente tutto quello che era successo dopo che l’uomo aveva cercato di rivelare loro la verità.
Jarod annuì mestamente: "Lui ci disse che Catherine Parker era stata uccisa da mio padre, ma...Aspetta un attimo...Mio padre aveva ucciso Catherine...non si riferiva al maggiore Charles ma a...”
Guardò Raines, che sorrise.
"Quindi è lui il mio vero padre!” gridò Jarod.
"No...tu sei il figlio di Margareth e del maggiore Charles!" rispose Catherine.
Jarod la guardò stupito: sembrava non capire più nulla.
"Quando Margareth si rivolse a Raines per questa fecondazione tu eri già nato..."
"Questo vuol dire che...l'altro bambino era Kyle!" sorrise Jarod, ripensando al fratello.
Parker, senza volerlo, lanciò uno sguardo d’odio a Lyle, che contraccambiò.
Margareth annuì rivolta verso Jarod.
"Ma allora perchè Fenigore ha detto...quella frase?" chiese Parker curiosa.
"Quando Jarod è stato rapito dal Centro, Raines disse a Fenigore che era quel bambino nato in laboratorio, ecco perché poi lui vi disse quella frase!"
"Dunque...Jarod non è mio figlio?" sussurrò Raines.
"No Raines...il bambino nato in laboratorio era Kyle..." rispose Margareth.
"Quando...ho fatto rapire Jarod, l'ho fatto perché credevo che fosse mio figlio...e lo rivolevo indietro!" spiegò Raines.
"Tu mi consideravi una tua proprietà?" ringhiò Jarod.
"Io ti ho sempre considerato mio figlio...mi dispiace per ciò che ti ho fatto... mi dispiace di averti portato via dalla tua famiglia...perdonami!"
Jarod lo guardò con odio: pensava a tutto quello che aveva subito per trent’anni per colpa sua, a tutta la sofferenza che aveva provato. Si rese conto che ormai...non gli importava più. Lo guardò calmandosi e annuì.
Raines, allora, voltò lo sguardo verso Miss Parker.
"Questo vale anche per te...ti ho sempre considerata mia figlia...ecco perché ora ti ho salvata...finalmente ho potuto...fare una cosa buona...” tossicchiò lui.
Parker lo guardò e riuscì ad abbozzare un sorriso; gli accarezzò il volto e poi Raines, senza più forze, si sdraiò definitivamente a terra. Era morto.
"Ora basta, abbiamo già perso fin troppo tempo!” gridò il signor Parker muovendo la pistola verso la figlia.
"Non farlo! – gridò Catherine alzando il braccio - Abbiamo piazzato una bomba... non ti azzardare a toccare mia figlia o la faremo saltare prima del tempo..."
In mano aveva un telecomando a distanza che poteva fare saltare in aria la bomba in qualsiasi momento. Il Signor Parker, impaurito, abbassò l’arma. Jarod corse verso sua madre e l’abbracciò, mentre Parker tirava fuori la sua pistola.
"Avremo tempo di parlare più tardi Jarod...adesso non c'è più tempo, dobbiamo uscire di qui! Tra poco esploderà la bomba..." spiegò Margareth.
"Io e Margareth prenderemo il bambino e poi usciremo...Voi andate!" spiegò Catherine.
"Ci vediamo fuori..." disse Broots uscendo.
"Buona fortuna..." sussurrò Sidney a Catherine, sfiorandole il braccio.
Lyle scappò velocemente, ma Parker aveva soffermato la sua arma sul padre.
"Mamma..." sussurrò Jarod senza lasciare Margareth.
"Jarod, vai...fuori ci sono tuo padre, Ethan, tua sorella e il tuo fratellino ad aspettarti..."
Jarod annuì, ma voleva assolutamente che Parker uscisse con lui.
"Andiamo Miss Parker!" le disse cercando di trascinarla. Ma lei continuava a fissare il padre puntando l’arma contro di lui.
"Io non ti perdonerò mai per quello che hai fatto...per colpa tua...le persone che amavo hanno sofferto per trent'anni..."
"Ti prego, angelo...non uccidermi..." sussurrò lui.
"Perché non dovrei vendicarmi? Come padre...non sei mai stato un granché...mi dispiace solo di aver ritrovato il mio vero padre...troppo tardi..."
Jarod la bloccò: "Miss Parker...non ne vale la pena. Andiamocene..."
"Jarod ha ragione...Non farlo..." si intromise Margareth.
Parker incrociò lo sguardo di sua madre: non le servì sentire la sua voce per capire che non voleva che lei si vendicasse in quel modo.
"Sai, papà...sei molto fortunato perché loro hanno ragione...e non meriti nemmeno di morire così...E non chiamarmi mai più angelo...non sono il tuo angelo...”
Jarod la prese per mano e i due si mossero verso la porta.
“State attente, mamma!" gridò lei.
"Non temere..." rispose Catherine sorridendole. Parker lo fece a sua volta e poi seguì Jarod verso l’esterno dell’edificio.
Tutti erano fuori ad attendere il momento dell’esplosione e con loro c’erano anche Angelo e Lyle. Parker si avvicinò a Sidney chiedendogli se stessero tutti bene e lui annuì. Poi tornò con Jarod ad attendere l’uscita delle loro madri dal Centro, ma non arrivavano. Nel frattempo stava albeggiando e ormai il sole stava per fare il suo ingresso all’orizzonte.
Un mucchio di gente usciva dal Centro: tutti i dipendenti, i segretari e anche tutti quelli che non sapevano nulla del vero significato di quel posto.
Sidney e Broots, infatti, avevano dato l’allarme e avevano fatto evacuare il posto.
Jarod guardò l’orologio: le cinque e mezza in punto.
Sentirono un botto incredibile e il Centro iniziò a bruciare e a cospargere fumo nell’aria. Tutti erano riusciti a mettersi in salvo, ma i due non vedevano le madri apparire all’orizzonte.
"Noooooo!" gridò Parker.
Jarod l’abbracciò cercando di calmarla, ma non riusciva nemmeno lui a farlo.
"Mamma..." sussurrò.
Proprio quando i due stavano per perdere le speranze, Sidney gridò: “Ehi!”
Jarod alzò il volto e così anche Parker: Margareth e Catherine camminavano verso di loro con in braccio il piccolo Parker.
Corsero loro incontro e le abbracciarono, felici di poterlo fare liberamente. Poi Catherine corse a salutare Sidney e, insieme alla figlia, si diresse verso Lyle.
"Sorellina..." sussurrò lui.
"Non chiamarmi sorellina...Tu sei solo un mio fratello biologico, ma non lo sei...non lo sei mai stato! Ora vattene e non farti mai più rivedere...o giuro che non riusciranno a contare le dita che ti saranno rimaste..."
Catherine lo guardò male, pensando a quanto fosse dispiaciuta dell’uomo che era diventato suo figlio.
Lyle, rendendosi conto di essere in netta minoranza, capì che era il momento di andarsene.
"Già...è una buona idea...Non ce la faccio più a rimanere qui in questa gabbia di matti!" concluse.
"Compreso te, Lyle!" sussurrò Parker.
Lyle sorrise e poi se ne andò. Jarod passò tutto il tempo a controllare che se ne fosse effettivamente andato, poi corse ad abbracciare Parker ed insieme si voltarono verso il Centro in fiamme.
Per un attimo Parker sentì il dolore provato dal padre, nel momento dell’esplosione. Ma capì che era l’unica cosa che si meritasse.
"Beh...ora qualcuno dovrà occuparsi di lui!" disse Margareth guardando il bambino che teneva ancora in braccio. Il piccolo era svenuto nel grande caos dell’esplosione, in quel momento dormiva.
"Sapete, non credo che sia una buona idea affidarlo ad un'altra famiglia... anche perchè ha già...noi due..." sussurrò Jarod rivolto verso Miss Parker.
Lei si voltò verso di lui ridacchiando, Sidney osservò la scena con gioia, così come tutti gli altri.
"Noi due?"
Jarod annuì e Parker, dopo qualche secondo, sorrise. Lo abbracciò e finalmente trovò il coraggio per dirgli quello che non gli aveva mai detto.
"Ti amo, Jarod..."
Jarod sospirò e poi sorrise.
"Ti amo anch'io..."
La baciò teneramente e poi si mosse verso sua madre, prendendo in braccio il piccolo Parker.
“Che nome gli darete?” domandò curiosa Catherine.
Jarod, rendendosi conto che in effetti il bambino era sempre stato chiamato come piccolo Parker, si voltò verso Sidney.
"Beh...io un nome in mente già ce l'avrei!"
"Cosa? Vuoi chiamare il bambino come me?" domandò lui sorridendo.
Jarod annuì e Sidney sorrise: si sentiva profondamente onorato da quella cosa.
Parker prese in braccio il bambino e Angelo le si avvicinò sorridendo.
"Te l'avevo detto che avresti avuto un altro bambino, Miss Parker..." le disse.
Lei sorrise ripensando a tutto il dolore che aveva provato inutilmente, quando aveva saputo dei problemi causati dal suo incidente. Diede un bacio sulla fronte ad Angelo e poi si avvicinò a Jarod.
Tutti quanti osservarono quel posto che aveva segnato le loro vite nel momento del suo affondamento: non potevano credere di essere finalmente liberi di crearsi una vita, di andar ognuno per la propria strada...Ma qualunque cosa sarebbe successa, sapevano che avrebbero affrontato il futuro insieme, uniti nella gioia e nel dolore.
And if the darkness is to keep us apart
And if the daylight feels like it's a long way off
And if your glass heart should crack
Before the second you turn back
Oh no, be strong
Walk on
Walk on
What you got, they can't steal it
No they can't even feel it
Walk on
Walk on
Stay safe tonight
You're packing a suitcase for a place
None of us has been
A place that has to be believed
To be seen
You could have flown away
A singing bird
In an open cage
Who will only fly
Only fly for freedom
Walk on
Walk on
What you got
You can't deny it
Can't sell it or buy it
Walk on
Walk on
You stay safe tonight
And I know it aches
How your heart it breaks
You can only take so much
Walk on
Walk on
Home
Hard to know what it is
If you never had one
Home
I can't say where it is
But I know I'm going
Home
That's where the heart is
And I know it aches
And your heart it breaks
You can only take so much
Walk on
Leave it behind
You've got to leave it behind
La
vita può
essere una grande avventura
E vale la pena viverla con le persone che amiamo.
Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004/05 Antonio Genna