Jarod il Camaleonte Italia

La Virtual Season 6
di "Jarod il Camaleonte"

Episodio 11: Il codice infranto


Racconto appartenente alla Virtual Season 6 di "Jarod il Camaleonte", scritto da Maura e Rossella e pubblicato in esclusiva su Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod".


IL CAST


JAROD

MISS PARKER

SIDNEY

BROOTS

MR. PARKER

ETHAN

CATHERINE PARKER
 

GUEST STAR


DANIEL CAFFEY

CHRIS CHAMPION

JULIAN O' CONNELL

MICHAEL CAFFEY

MARIA RODRIGUEZ
 

CASA DI MISS PARKER, ore 3.00 a.m.

Parker dormiva pacificamente; da quando aveva messo un po’ di chiarezza in sé, riusciva perlomeno a farsi qualche ora di sonno durante la notte. Tuttavia si sentiva piuttosto agitata, quella sera, ed era riuscita ad assopirsi solo verso le due, cadendo comunque in un sonno agitato.

La vide: sua madre di fronte a sé, la stava chiamando. Era vestita di bianco e correva in mezzo al prato, forse un giardino molto grande dove stavano giocando a nascondino. La chiamò, ma lei non le rispose. Così iniziò a seguirla. Era piccola, aveva solo sei anni...E ad un tratto la vide che la chiamava, si ritrovò in una radura, attorniata dalla nebbia e si guardò intorno cercandola.

<<Sono qui, tesoro...>>

<<Mamma!>>

<<Promettimi una cosa, bambina mia...Stai attenta a tuo padre! Non fidarti mai di lui...>>

Poi le diede un bacio sulla fronte e sparì in mezzo alla nebbia. Miss Parker iniziò a gridare il suo nome, ma più gridava più si accorgeva di essere rimasta sola.

“Mamma!” gridò

Ma non c’era più nessun giardino: era nel suo letto. Era stato solo un sogno. E sua madre le aveva detto...di non fidarsi di suo padre...

E’ un simulatore
Sidney: “Devi concentrarti, Jarod!”
Separato dalla sua famiglia…
Jarod: “Un giorno…anch’io troverò mia madre”
…Ne aveva trovata un’altra
Jarod a Sidney: “Sei ancora…la mia famiglia”
Jarod a Miss Parker “ In fondo vogliamo tutti e due una sola cosa...non rimanere da soli”
E’ fuggito
Jarod a Miss Parker: “Grazie per non avermi fatto catturare”
E ora ha ritrovato la sua
Jarod: “Sei una sorella fantastica!”
Emily: “E tu un fratello straordinario!”
…E ha trovato l’amore
Miss Parker: “Jarod, perché sei qui?” (Jarod bacia Miss Parker)
Paziente: "La ringrazio..."
Jarod: "Jarod Overstreet... per oggi…"

WASHINGTON, ore 11.00 a.m. 

Jarod s’incamminò verso i posti a sedere nell’aula. Strinse la sua borsa sotto il braccio e sorrise vedendo andargli incontro i due genitori del suo assistito, Harold Dixon.

 "La ringrazio per quello che ha fatto per noi, Jarod!" gli disse il padre stringendogli la mano. La madre si limitò ad abbracciarlo ancora commossa dopo aver sentito il verdetto finale della giuria che aveva scagionato suo figlio.

"Ho solo fatto il mio dovere...Harold era innocente ed era giusto che fosse scagionato..."

In quel momento il suo assistito fu lasciato andare dai PM e arrivò velocemente verso di lui; lo abbracciò piangendo.

"Non so come ringraziarti, Jarod. Mi hai ridato la libertà!"

"Era giusto così...in bocca al lupo, Harold..."

Dixon gli strinse la mano e poi la madre lo guardò nuovamente sorridendo. Nel frattempo il pubblico ministero, guardando un po’ amareggiato Jarod, si avvicinò alla famiglia.

"Grazie ancora..."

I tre se ne andarono, mentre Jarod si avvicinava al pubblico ministero sorridendo. Lui gli strinse la mano con un sorriso un po’ forzato.

"Te la sei cavata bene..."

"Beh...nonostante tutto anche tu, Michael..." rispose Jarod.

"Devo ammettere che sei un asso nel difendere le persone...è tanto che fai questo lavoro?"

"Beh...in effetti da un bel po' di tempo... – sorrise Jarod - Andiamo a mangiare qualcosa?"

"Volentieri...però offri tu!"

"Certo, si offre sempre ai perdenti!"

Jarod sorrise e indicò la porta dell’aula a Michael che lo seguì. Lui si voltò un attimo ad osservare il tavolo della corte e pensò quanto gli piaceva cimentarsi nell’arte forense, ogni tanto.

IL CENTRO, ore 11.30 a.m.

Parker entrò nell’ufficio di Sidney senza bussare; aveva l’aria ancora traumatizzata, non era più riuscita a chiudere occhio dopo aver sognato sua madre.

"Buongiorno, Miss Parker!" sorrise Broots.

Lei non rispose e, al contrario, lo guardò talmente male che lui capì immediatamente che non era il momento più adatto per restare.

"Ho capito...vado nel mio ufficio!"

"Qualcosa non va Parker?" domandò Sidney curioso.

Lei sospirò e si sedette pronta a confidarsi con lui.

"Ho sognato di nuovo mia madre, Sidney...in un giardino...io ero ancora una bambina e la stavo cercando e quando l'ho trovata lei mi ha detto...di non fidarmi di mio padre..."

"Forse tua madre cerca di mettersi in contatto con te!"

"E secondo te cosa dovrei fare?"

"Se vuoi un mio parere...vai da Ethan...l'ultima volta che l'hai visto ti ha aiutato parecchio...forse anche questa volta saprà risolvere il tuo problema. E' l'unico che può farlo!"

Lei lo guardò. Sapeva che quella, molto probabilmente, era l’unica soluzione possibile.

WASHINGTON, ore 1.00 p.m.

Jarod scoppiò a ridere. Non aveva ancora finito di ascoltare la storia esilarante che Michael gli stava raccontando, ma non riusciva a trattenersi.

“...e pensa che mio cugino Daniel lo ha difeso senza scrupoli. Ha parlato con il pubblico ministero ed è riuscito a patteggiare...e il suo difeso era accusato di possesso di marijuana...peccato che invece pensasse che fosse origano!"

Jarod scoppiò a ridere e poi continuò a mangiare le patatine fritte che aveva sul tavolo.

"Ma senti, Michael...come mai se tuo cugino era un così bravo difensore...tu hai preso la carriera opposta e sei un pubblico ministero?"

"Beh, diciamo che ho voluto cambiare un po’ la tradizione di famiglia...anche mio zio, il padre di Danny, era un difensore!"

Jarod annuì, poi sentì il suo cellulare squillare e rispose.

"Pronto?"

"Avvocato Clayton?"

"Sì..."

"Chiamo dal Jag...c'è bisogno di lei. Un soldato della marina è stato accusato di aver causato la morte di un commilitone, che è precipitato con l'aereo qualche sera fa! Lo stanno portando qui a Washington per l’interrogatorio..."

"D'accordo, arrivo subito..." concluse mettendo via il telefono.

Prese dei soldi e li gettò sul tavolo, poi salutò Michael.

"Mi dispiace Michael, ti devo lasciare...il lavoro mi chiama!"

"Buona fortuna!" sorrise lui.

MEZZ’ORA DOPO

Jarod fece il saluto al tenente che controllava la camera di detenzione per il suo prossimo assistito, Chris Champion. Aveva preso il suo faldone ed era corso a parlare con lui.

Entrò nella cella e il ragazzo immediatamente si alzò e gli fece il saluto, a cui lui rispose prontamente. Dopo avergli chiesto se aveva firmato la dichiarazione rilasciata il giorno prima, iniziò a parlare con lui apertamente.

"Senti Chris...Ora mi devi spiegare cos'è successo quella notte, senza tralasciare nessun dettaglio...d'accordo?"

Chris annuì e sospirò prima di iniziare il suo racconto.

"Il mio compagno Tommy Anderson quella notte doveva fare un'esercitazione insieme a me, ma il suo aereo è caduto...Siccome nel pomeriggio avevamo avuto una lite, tutti hanno subito dato la colpa a me. Il suo aereo presentava una manomissione al sistema di volo, e gli altri credono che io ne sia l'artefice!"

"Per quale motivo avevi litigato con lui?" domandò Jarod prendendo appunti.

“Beh...nessun motivo particolare...sa, litigi tra amici..." rispose lui.

"Sì, certo... – gridò Jarod ironicamente - Dimmi la verità, avanti..."

"A lei non si può nascondere proprio niente eh?" domandò lui sorridendo amareggiato.

"Beh...ho bisogno di capire ogni cosa per aiutarti...anche se sono un tuo superiore..."

"Tommy credeva che io mi fossi innamorato della nostra compagna, Maria Rodriguez...lei era la sua fidanzata...Nessuno doveva sapere di questa relazione, perché non è consentito...lei non dirà niente, vero avvocato?"

"Non ho intenzione di dirlo a nessuno...se non servirà ai fini della causa...ma ho bisogno di sapere...qual è il rapporto fra te e il soldato Rodriguez..."

"Siamo solo amici, nient'altro...purtroppo Tommy non la pensava così...ecco perché abbiamo litigato..." concluse Chris.

Jarod annuì silenzioso, poi si alzò.

"Bene...per il momento è tutto, ma penso che ci vedremo di nuovo...stai tranquillo, farò di tutto per aiutarti..."

"La ringrazio avvocato..." rispose Chris. Si alzò e gli fece il saluto, poi Jarod uscì dalla stanza diretto al suo ufficio.

IL CENTRO, ore 3.00 p.m.

Parker guardava il telefono immobile senza muovere un dito. Era così da almeno mezz’ora, continuava a pensare a quello che avrebbe detto una volta composto il numero di Jarod, ma ogni cosa che le veniva in mente sembrava assurda.

Proprio mentre stava per rinunciare, il suo cellulare squillò: il nominativo sullo schermo lasciava poca immaginazione...

"Pronto..." sussurrò.

"Come te la passi Parker? Sempre a caccia?" domandò lui ironicamente.

"Ovviamente, Jarod..."

"Come stai? Intendo dopo quello che è successo in quella cantina...non dev'essere stato facile per te...non portarmi al Centro una volta fuori!"

"Potrei stare meglio, in effetti...specialmente dopo la lunga permanenza in una stanza insieme a te!"

"Comunque...nonostante tutte le nostre divergenze, io non voglio escluderti dalla mia vita...sei troppo importante per me...tu cosa ne pensi?"

Lei si bloccò un momento, poi cambiò discorso.

"Sai...hai fatto bene a chiamare...avrei bisogno di parlare con Ethan e...volevo sapere se si trova ancora dove sono andata a trovarlo l'ultima volta..."

"Sai benissimo che non l'ho mai fatto andar via di lì...mi avresti chiamato solo per chiedermi questo, sapendo già la risposta?"

Lei sorrise fra sé e sé, ma non gli diede la soddisfazione di conoscere la risposta a quella domanda.

"Devo andare Jarod..."

Lui, dall’altro capo della cornetta, sorrise e mise via il cellulare.

OCEANO ATLANTICO, ore 5.00 p.m.

Jarod si era fatto portare con l’elicottero sulla portaerei di Chris Champion e Tommy Anderson. Si diresse verso la stanza 39, dove Tommy aveva passato le ultime giornate con un suo compagno, Julian O’Connell. Una volta fuori dalla stanza bussò ed entrò.

"Julian O’Connell?"

"Caporale Julian O’Connell signore!” gridò lui alzandosi e mettendosi in riga.

"Riposo, soldato...sono l'avvocato Jarod Clayton della marina degli Stati Uniti...sono qui per farti qualche domanda su Tommy Anderson e sul suo rapporto con l'accusato, Chris Champion..."

"D'accordo avvocato...chieda pure tutto quello che vuole!"

"Beh...prima di tutto vorrei sapere cosa pensi di Chris, dato che è l'accusato per l'omicidio di Tommy...e voglio che parli liberamente..."

"Secondo me è stato lui a manomettere l'aereo di Tommy...lui l'odiava perché Tommy era fidanzato con Maria, la ragazza che amava anche Chris!"

"Non c'è nessuno che...odiava Tommy, magari per altri motivi?"

"Al contrario, gli volevano tutti bene! Stava anche per diventare sergente...e ora purtroppo non potrà realizzare il suo grande sogno...quello di diventare un generale..." rispose lui.

"Chi è stato scelto al posto di Tommy per l'aumento di grado?"

"Non ne ho proprio idea, avvocato...”

Jarod lo guardò e iniziò a pensare...

IL GIORNO DOPO, MISSOULA, Montana, ore 11.00 a.m.

Parker scese dall’auto sorridendo: non vedeva l’ora di rivedere Ethan dopo un anno che non andava a trovarlo. Si era ripromessa più e più volte di farlo, ma con tutto quello che era successo e i controlli del Centro, non era riuscita a muoversi da Blue Cove.

Si mosse verso l’ingresso del ricovero e arrivò sotto il solito porticato; gli alberi perdevano tutte le foglie in quel periodo dell’anno, e nel giardino immenso del posto c’erano dei colori splendidi ovunque.

In pochi minuti una suora la intravide e le si avvicinò.

"Buongiorno, posso aiutarla?"

"Sì...potrei vedere Ethan, per piacere?"

"Ethan? Ah si certo...prego aspetti qui, vado a chiamarlo!" sorrise la donna.

Parker annuì e poi si sedette sulla sedia di vimini guardando il parco.

In quel momento sentì una voce, di nuovo. Si alzò di scatto e si trovò in piedi di fronte al giardino dove si era già trovata prima. Corse verso la voce e finalmente vide sua madre. Era come la ricordava, come l’aveva vista l’ultima volta in Africa. La chiamò a gran voce e corse ad abbracciarla.
“Mamma...”
“Ciao tesoro mio...”
“Mi manchi tanto, voglio che torni a casa!”
“Anch’io, tesoro...ma non devi preoccuparti, presto torneremo di nuovo insieme...ma mi raccomando, bambina mia...non fidarti di tuo padre!”
“Mamma, ti prego torna da me!”
“Manca poco, ormai...”

Parker si svegliò di soprassalto: si trovava in terra e Ethan la stava chiamando a gran voce, mentre la suora che aveva appena visto la schiaffeggiava dolcemente per svegliarla.

"Miss Parker...Miss Parker, va tutto bene?"

"...Sì, certo...scusatemi, devo aver avuto un capogiro...ora però sto meglio..."

I due l’aiutarono ad alzarsi e la fecero sedere sulla poltrona.

"Si sente bene?" chiese la suora.

"Sì, non si preoccupi...ora andrò a sedermi..."

“Le porterò dell’acqua allora...”

“Grazie...”

Parker guardò Ethan che si sedeva di fianco a lei e cercò di sorridere per fargli capire che ora stava meglio, ma non era affatto così...

OCEANO ATLANTICO, ore 1.00 p.m.

Jarod stava scendendo di nuovo nelle cabine: stava cercando Maria Rodriguez per parlare con lei dopo i due interrogatori degli amici di Tommy Anderson. Doveva chiarire la situazione una volta per tutte.

Una volta nel corridoio indicatogli dal comandante in seconda, stava per muoversi verso la sua cabina, quando sentì delle urla provenire da essa. Erano un uomo ed una donna che litigavano. Si fermò e restò in ascolto.

"E guai a te se dici qualcosa a quell'avvocato impiccione, chiaro? Attenta a quello che fai Maria...potresti anche avere dei problemi se apri bocca!"

"Va bene, terrò la bocca chiusa..." gridò lei piangendo.

"Sarà meglio per te..." gridò l’uomo uscendo.

Jarod lo vide sbattere la porta, ma non lo riconobbe perché non lo vide in faccia.

Jarod, una volta certo che l’uomo se ne fosse andato, si avvicinò alla porta di Maria e bussò con calma.

"Posso entrare?" domandò.

Lei lo guardò e cercò di alzarsi per fargli il saluto.

“Oh, mi scusi signore...”

“Non preoccuparti...” la bloccò lui.

Lei annuì come per ringraziarlo e poi lo guardò capendo di non volere visite.

“Beh, a dire la verità vorrei restare sola..."

Lui entrò lo stesso e chiuse la porta dietro di sé.

"Ma chi è lei?"

Jarod, notando che stava ancora piangendo, le porse un fazzoletto.

"Una persona che vuole aiutarti...Tommy ti deve mancare moltissimo, vero?"

Lei prese il fazzoletto e, quasi a capire di potersi fidare di lui, rispose.

"Avevamo deciso di sposarci, ma lui era sempre così geloso e testardo...aveva spesso crisi di gelosia e...ma chi è lei esattamente?"

"Sono l'avvocato di Chris Champion...lui è stato accusato della morte di Tommy, lo sapevi?"

Lei alzò gli occhi per non guardarlo e capì che non poteva parlare con un avvocato.

"senta, voglio restare da sola, se ne vada...Non voglio parlare con lei!"

"Non vuoi o...non puoi?"

"Cosa intende dire?"

"Che ho sentito la lite che hai avuto poco fa...non so chi fosse quel ragazzo, ma stai pur certa che lo scoprirò..."

"Perché mi sta facendo il terzo grado?"

"Beh, questo è il mio lavoro...comunque volevo solo chiederti...se pensi che sia la lite con Chris ad aver causato la morte di Tommy...perchè a quanto pare lui è accusato di aver sabotato il condotto di caricamento del carburante del suo aereo..."

"No, no...non è possibile che sia stato Chris a sabotare l'aereo, loro erano amici. Quella sera avevano solo bevuto un po’, ecco perchè hanno litigato!"

"Beh...prenderò in dovuta considerazione le tue parole, Maria...ma sappi solo che...puoi fidarti di me...e farò giustizia per Tommy!"

Jarod si alzò e Maria lo guardò abbozzando un sorriso. Jarod lo fece a sua volta e poi uscì dalla cabina.

MISSOULA, quindici minuti dopo

"Sai, questi sogni di cui mi hai parlato sono un buon segno. Significa che anche tu ora puoi comunicare con la mamma..."

"In realtà mi era già capitato altre volte, ma...solo quando ero in serio pericolo, come quando era esploso il treno in metropolitana...oppure quando una voce dentro di me mi diceva cosa fare se avevo dei problemi...non era mai stato così...intenso..."

"Ormai sei in grado di controllare il tuo senso interiore. Vedrai che tra poco riuscirai anche a trovare la mamma!"

"Perché tu...riesci a metterti in contatto con lei? L'hai vista di recente?"

"Sì...il suo potere è veramente straordinario. Pensa che è riuscita a trovarmi in poco tempo...Lei non sapeva dove fossi nascosto, eppure mi ha trovato. Un paio di settimane fa è venuta a trovarmi! Sta bene e mi ha detto che presto metterà fine al Centro..."

"Non vedo l'ora di poterla riabbracciare..." sospirò Parker.

"Mi ha detto la stessa cosa anche lei, riguardo a te..."

Parker si alzò, sentiva di avere ancora qualcos’altro di cui parlare, ma non ne aveva il coraggio.

"Aspetta, Miss Parker!" la chiamò Ethan prendendole il braccio.

Lei lo guardò con fare interrogativo.

"Sento che qualcos'altro ti preoccupa..."

Lei sorrise: il problema si era risolto da sé. Si sedette di nuovo.

"Nostra madre...hai detto che è stata qui un paio di settimane fa...ma è più o meno da tre settimane che è morto il poliziotto che aveva mandato al Centro per indagare...lei è al corrente della sua morte?"

"Che stai dicendo Parker? Lei mi ha detto che si stavano tenendo in contatto... mi stai dicendo che lei potrebbe non saperlo?"

"No...non lo sa...Lo sento – sussurrò lei sconvolta - Grazie Ethan...mi ha aiutato davvero molto rivederti..."

"Miss Parker...stai molto attenta a tuo padre...fidati sempre del tuo senso interiore!"

Lei annuì e si alzò, questa volta pronta a tornare a casa.

WASHINGTON, ore 5.00 p.m.

Jarod stava cercando di venire fuori dalla questione di Chris Champion; un po’ non riusciva perchè sentiva che gli stava nascondendo qualcosa, un po’ perchè continuava a pensare a Parker ed Ethan. Ormai doveva essere di certo andata da lui e temeva che quelli del Centro la scoprissero.

Tuttavia fu fermato nei suoi pensieri dall’apparizione di Michael sulla porta del suo ufficio.

"Ehi! Scusa, ma non è un buon momento, sto aspettando l'avvocato che si occupa dell'accusa di Chris Champion e..."

"Guarda caso sono stato scelto io per occuparmi di questo caso...naturalmente contro di lui" sorrise lui.

"Il mio cliente è innocente, Michael...anche se può sembrare di no, sono convinto che si sia qualcun altro dietro a questa faccenda..."

"Ah no, questa volta ti batterò caro collega...Ho dei testimoni che affermano di aver visto Chris uscire quella notte! Invece di starsene nella sua branda a dormire, lui è uscito sovraccoperta...ed era addirittura in punizione per la litigata del giorno prima con Tommy! Quindi c’è anche reato di disobbedienza agli ordini!"

Jarod lo guardò visibilmente arrabbiato.

DIECI MINUTI DOPO

Jarod entrò nella cella di detenzione di Chris sbattendo la porta.

"Mi avevi detto di aver partecipato alla missione con lui...ora non solo scopro che eri in punizione, ma anche che sei uscito nel cuore della notte e dovevi essere in punizione nella tua stanza!"

"Ehi, ehi, calma avvocato! Di cosa sta parlando?”

"E' stata proprio Maria a dire di averti visto uscire..."

"Ripeto, non so di che parla!"

"Chris...capiamoci...non posso difenderti se non mi dici tutta la verità...Dio, e poi venirlo a sapere da Michael Caffey, l'avvocato dell'accusa...è proprio il massimo, non credi?" gridò arrabbiato.

Chris sospirò e poi decise di parlare.

"E va bene è vero...Quella sera sono uscito perché volevo chiedere scusa a Tommy prima che partisse col volo...Tommy mi aveva perdonato, chiedendomi anche scusa per la sua crisi di gelosia, e poi mi ha anche mostrato l'anello che voleva dare a Maria il giorno seguente...era felicissimo perché le avrebbe chiesto di sposarlo..."

Chris scoppiò a piangere.

“Io gli volevo bene...non avrei mai potuto fare del male al mio migliore amico!"

Jarod, in colpa per aver gridato, gli mise un braccio sulla spalla e cercò di consolarlo un po’...

IL CENTRO, ore 7.00 p.m.

Parker non aspettò un minuto di più: appena messo piede al Centro corse nell’ufficio di Sidney e lo trovò stranamente solo.

"Sidney...ti devo parlare immediatamente...ma...dov'è Broots?"

"Sta facendo alcune ricerche...hai bisogno di lui?"

"No...in realtà volevo proprio parlare sola con te...ho visto Ethan..."

"Bene...ti ha chiarito le idee?"

"Sì, mi ha spiegato molte cose...ma non è questo il punto...mi ha detto di aver visto mia madre...e quando gli ho chiesto se lei è al corrente della morte di Michael...lui mi ha detto di no! Sidney, mia madre e Margareth non sanno che lui è morto!"

"Calmati! Risolveremo la faccenda...In ogni caso...tu hai idea di chi sia a spacciarsi Michael?"

"No! E' quello che dobbiamo scoprire...perché qualcuno invia loro e-mail da almeno tre settimane...E non mi stupirei di veder piombare Broots qui dentro da un momento all’altro..."

La porta si aprì di scatto, ma Parker non si spaventò: si aspettava un entrata trionfale di Broots, come sempre.

"Sidney...oh ciao Miss Parker, sei tornata!"

"Vedo che hai fretta, Broots...scoperto qualcosa di interessante?"

"Oh, altroché...ho scoperto un'informazione importantissima...non la indovinerai mai...devi sapere che..."

"C'è qualcuno del Centro che invia e-mail a nome di Michael a mia madre e Margareth?" lo interruppe lei.

"Sì...e tu come fai a saperlo? Io credevo di dare la rivelazione dell'anno... chi te lo ha detto?"

"Dammi qua..." sorrise lei prendendo i fogli che aveva in mano.

"Tutto bene, manca poco tempo. Sua figlia sta bene ed è sempre in contatto con lui. A presto..." lesse poi ad alta voce.

"A chi sono inviate?" domandò Sidney.

"L'oggetto è marcat...un nome in codice...nemmeno troppo originale, in effetti..." rispose Parker.

"Chi le ha mandate?" gridò poi verso Broots.

"Beh, ho escluso tutti i terminali del Centro...l'unico rimasto...è quello dell'ufficio di tuo padre!"

Parker si ricordò le sue ultime due visioni, poi si voltò pensierosa verso Sidney, che condivideva di certo il suo stesso pensiero...

IL GIORNO DOPO, WASHINGTON, ore 11.00 a.m.

Jarod entrò nella zona schedari per cercare alcune informazioni sulle persone con cui aveva a che fare. Il faldone di Chris lo aveva già letto da cima a fondo, ma voleva controllare quelli di Maria, Tommy e Julian.

Tutti e tre avevano una condotta di servizio impeccabile, non poteva dire niente per parlare contro di loro.

Decise allora di controllare le promozioni recenti e capì che la chiave si trovava nella promozione di Tommy: una volta scoperto chi l’avesse presa al suo posto, avrebbe scoperto l’assassino.

Iniziò a controllare nei file dell’ammiraglio della marina che controllava la nave di Tommy e finalmente trovò un file che indicava proprio la faccenda in questione. Lo aprì avidamente e vide spiegati i motivi per cui la promozione non poteva più essere affidata a Tommy, data la sua recente scomparsa, e quindi doveva essere scelto un altro commilitone. Jarod lesse velocemente il suo nome:

“Julian O’Connell...”

OCEANO ATLANTICO, ore 3.00 p.m.

Jarod vide sulla portaerei Maria: era sovraccoperta e stava guardando l’oceano di fronte a lei. Erano stati particolarmente buoni con lei in quella settimana, dato che si sapeva, anche se tacitamente, della sua relazione con Tommy.

“Cosa diavolo è questo?" gridò mettendole nelle mani i fogli che aveva stampato poche ore prima.

Lei fece finta di leggerli senza nemmeno guardarli.

"Non ne so niente!"

"Non dire fesserie! Tu lo sapevi benissimo...sapevi che Julian stava diventando sergente al posto di Tommy e oltretutto sei stata minacciata da lui di non dire nulla...vi ho sentiti l'altro giorno, non devi nasconderlo!"

Maria lo guardò ormai in lacrime: non riusciva più a tenere quel terribile segreto.

"Maria...se non parli...non solo non potrò vendicare Tommy...ma non potrò nemmeno far scagionare Chris...lui era il migliore amico di Tommy e gli voleva bene...e ne vuole molto anche a te..."

Lei sospirò e poi, infine, parlò.

"E va bene...è stato Julian! Quella notte l'ho visto andare a sovraccoperta, è allora che deve aver manomesso l'aereo di Tommy!"

"Come fai a saperlo? Perché lo hai visto, non dovevi essere in branda?"

"Ero andata in sovraccoperta per vedere se era tutto a posto...e ho visto tutto..."

"Ma perchè hai fatto incolpare Chris...sapevi benissimo che era andato da Tommy solo per scusarsi..."

"Julian quella notte si è reso conto che io l'avevo visto e mi ha obbligato a non dire nulla...altrimenti avrebbe ucciso sia me che Chris!"

Jarod sorrise: "Molto bene, Maria...ti prometto che giustizia sarà fatta...e Chris sarà libero in breve tempo..."

WASHINGTON, ORE 6.00 p.m.

Jarod era tornato in tribunale da un’ora e stava cercando Michael disperatamente. Lo trovò proprio in aula, mentre stava parlando con un giudice di una causa che aveva tenuto quella mattina. Lui lo tirò un momento in disparte per parlargli.

"Michael... mi serve il tuo aiuto per sistemare...una piccola faccenda..."

"Di che si tratta?" chiese curioso lui.

Jarod lo guardò sorridendo...

Dieci minuti dopo stava chiamando Julian per invitarlo sulla terra ferma per un altro piccolo interrogatorio; lui, molto gentile, rispose che sarebbe venuto immediatamente se aveva il permesso dei suoi superiori.

Jarod riattaccò il telefono e sorrise soddisfatto, mentre Michael rideva.

WASHINGTON, ore 9.00 p.m.

Julian entrò in tribunale, dove Jarod gli aveva detto che lo avrebbe aspettato.

Arrivò vicino al tavolo della corte ed iniziò a chiamarlo, dato che non vedeva nessuno.

"Ti stavo aspettando, Julian...vieni pure avanti..."

"Perché mi ha fatto venire proprio qui?" gli chiese sorridendo.

In quel momento Julian sentì una forte botta alla testa e cadde a terra privo di sensi. Quando si risvegliò era legato alla sedia del banco dei testimoni; aveva un riflettore puntato addosso e così non riusciva a vedere niente di fronte a sé.

"Ahi, la mia testa...ma dove sono?"

"Non ci siamo, signor O'Connell...durante un interrogatorio il teste è tenuto solo a rispondere alle domande, non a farle..."

"Che sta succedendo?"

"Ancora? Mi sembra evidente..." rispose Jarod spostando il riflettore e lasciando intravedere l’oggetto di fianco a sé. Era un mitra che aveva legata una piccola cordicella al grilletto; questa si trovava nelle mani di Jarod, che si muoveva gironzolando di fianco a Julian.

"Che vuoi fare? Sei matto..."

"Già...sono così pazzo che se ora non dici tutta la verità, nient'altro che la verità e così Dio ti aiuti...ti ucciderò..." sorrise lui avvicinandosi.

"Ma che stai dicendo? Quale verità, io non ho fatto niente!"

"Vedi questa cordicina? Mi basta tirarla per fare scattare il grilletto..."

"Che cosa vuoi?"

"Maria mi ha detto tutto, Julian...ha detto di averti visto uscire sovraccoperta...e delle minacce che le hai fatto perchè non parlasse e facesse incolpare Chris...Sei stato tu a manomettere l'aereo...e solo per avere una promozione..."

"E tu le credi? E' una bugia, non sono stato io a manomettere quell'aereo!"

Jarod scosse la testa sospirando, poi fece per tirare la corda.

"No... non farlo...va bene, va bene! Sono stato io a manomettere l’aereo e poi ho anche minacciato Maria di ucciderla, se avesse parlato! Ora lasciami andare!"

"Oh no...ora la giuria deve emettere il verdetto...ed è unanime…” disse Jarod guardando il mitra.

“Morte..."

Julian iniziò a gridare, mentre Jarod usciva dalla stanza tirando la corda. Ma quando il grilletto si premette, il fucile non sparò. Dalla canna uscì solamente un simpatico fazzoletto con scritto in grande BANG.

Dieci secondi dopo un gruppo di PM e Michael entrarono nella stanza e si avvicinarono a Julian prendendolo di peso dalla sedia.

"Julian O'Connell...lei è in arresto per l'omicidio di Thomas Anderson!” gridò Michael.

Mentre uscivano dall’aula, Maria e Chris si avvicinarono al ragazzo che veniva portato via. Lei lo guardò piangendo e poi gli tirò uno schiaffo.

Chris, invece, lo guardò senza commentare, ma facendogli capire il sommo odio che provava per lui. Poi prese Maria stringendola e si diressero verso Jarod.

"Grazie avvocato..." gli disse lei.

Jarod l’abbracciò, poi fece lo stesso con Chris.

"Lei mi ha salvato la vita!" sussurrò Chris.

"Era il mio dovere...ed ora il tuo...è occuparti di lei, d'accordo? Buona fortuna ragazzi...e chissà Chris...magari la promozione ora la prenderai tu..."

Jarod sorrise e poi uscì dall’aula. 

IL CENTRO, ore 11.00 p.m.

Parker uscì dal suo ufficio; erano anni che non faceva così tardi, e aveva una voglia matta di tornare a casa.

Stava ancora pensando alle e-mail che Broots aveva trovato: non riusciva a credere a quante cose aveva scoperto su suo padre negli ultimi due anni...ed ora sentiva sempre più quanto sia sua madre che Jarod avessero sempre avuto ragione sul fatto di non fidarsi di lui.

In quel momento vide proprio il Signor Parker avvicinarsi, così cercò di assumere un’aria tranquilla.

"Ah...ciao angelo – le disse abbracciandola – Ti stavo cercando...Stai andando a casa?"

Lei lo guardò stralunata, non riusciva a capire cosa ancora le nascondesse.

"Sì..." si limitò a rispondere.

"E' tutto a posto? Sei strana"

"Sì, tutto a posto..."

"Bene, allora...a domani..." sussurrò lui poco convinto.

Lei lo guardò ancora per qualche secondo mentre si allontanava, poi si avviò al garage sempre più dubbiosa.

Ma anche il Signor Parker restò un momento a guardarla andare a casa, sempre più convinto che lei stesse scoprendo troppe cose...

IL GIORNO DOPO, WASHINGTON, ore 11.00 a.m.

Jarod, felice di non essere più in divisa, vide Michael raggiungerlo all’entrata del JAG. Era molto contento di poterlo salutare senza dover temere attacchi del Centro.

"Grazie per ciò che hai fatto...mi ha dato da pensare! Penso che sia meglio difendere i buoni piuttosto che rischiare di mettere in libertà dei criminali..." gli disse avvicinandosi.

"Quindi...diventerai un avvocato difensore? Così rispetterai la tradizione famigliare..." sorrise lui.

Michael annuì sorridendo: "E’ la cosa giusta!"

"Beh...ti dico che non devi dimostrare niente a nessuno...sei un avvocato straordinario...E sei in gamba almeno quanto tuo cugino Daniel!"

"Lo puoi dire forte!" gridò un altro ragazzo avvicinandosi a loro. Jarod lo guardò con fare interrogativo.

"Daniel Caffey!" gli disse stringendogli la mano.

"Caspita, il divino Daniel Caffey! Mi hanno detto che sei persino più geniale di me...complimenti, davvero..."

"Grazie, ma...anche mio cugino è un ottimo avvocato! Sono felice che tu l’abbia convinto a schierarsi dalla parte dei buoni!"

Jarod annuì: “Sempre aiutare un avvocato inferiore a te!” sorrise.

Michael scoppiò a ridere.

"Grazie ancora, Jarod!" gli disse abbracciandolo.

Jarod salutò Daniel facendogli il saluto, poi si avviò al di là della strada.

"Ah...Jarod!"

Lui si voltò.

"Ci rivediamo...in giro per le aule?" gli chiese.

Jarod sospirò e lo guardò con un po’ di malinconia.

"Lo spero..." sorrise.

E, salutato con un cenno della mano i due cugini, se ne andò, senza tralasciare la sua solita, immancabile, solitudine...


Nota di una delle autrici: la puntata è liberamente ispirata al film "Codice d'onore", in cui l’avvocato Daniel Caffey (Tom Cruise) riesce a far arrestare il pluridecorato Col. Jessep (Jack Nicholson) e a far liberare due marines accusati di non avere obbedito agli ordini del proprio tenente. Consiglio a tutti di vederlo.


Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004/05 Antonio Genna

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