La
Virtual Season 6
di "Jarod il Camaleonte"
Episodio 10: Un amore contrastato
Racconto
appartenente alla
Virtual Season 6 di "Jarod il Camaleonte",
scritto da
Maura
e Rossella
e pubblicato in esclusiva su
Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di
proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della
serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e
sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di
lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due
autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod".
IL CAST
JAROD |
MISS PARKER |
SIDNEY |
BROOTS |
ANGELO |
IL CENTRO, ore 11.32 a.m.
Parker si diresse verso l’ufficio di Sidney senza troppa voglia di vedere lui e Broots. Era passata solo una settimana dalla morte di Michael, e lei si sentiva ancora in colpa. Profondamente in colpa. Sidney e Broots cercavano di farle cambiare idea, ma loro non capivano come si sentisse. Non era la prima volta che qualcosa di terribile accadeva per colpa sua, e nemmeno una visita al cimitero per sfogarsi un po’ l’aveva calmata. Si sentiva molto triste e anche molto sola. E in quel momento Jarod le mancava più che mai.
"Buongiorno..." sussurrò entrando nell’ufficio di Sid.
"Buongiorno, Miss Parker..." rispose Broots.
Sidney e Broots iniziarono a lanciarsi sguardi di reciproco intendimento. Sembrava che la compatissero notevolmente.
"Beh, che c'è?" chiese lei notando di essere al centro dell’attenzione.
"Come stai oggi? Non hai un bell'aspetto..." spiegò Sidney.
"Oggi? Solo oggi? Non ne posso più di arrivare in ufficio la mattina e sentirmi chiedere se sto bene...non sono fatta di ceramica, d’accordo?"
"E' naturale che ci preoccupiamo per te...è già una settimana che ti stai tormentando per la morte di Michael. Ora dovresti andare avanti e smetterla coi sensi di colpa...non è stata colpa tua!" replicò Sidney.
"Invece sì, Sid...è stata colpa mia...Se solo fossimo stati un po' più attenti a non farci scoprire da mio padre...ora forse Michael sarebbe ancora vivo...E non è la prima volta che qualcuno...muore x colpa mia..." rispose lei.
Era una settimana, infatti, che continuava a pensare alle persone care che aveva perso: a Tommy, alla sua bambina...
"Ehi, senti...se qualcuno doveva stare più attento, quello dovevo essere io. Mi sono occupato io delle ricerche, ricordi?" cercò di tranquillizzarla Broots.
"La colpa non è di nessuno di noi...ma solo di tuo padre, di Raines e di Lyle!" si intromise Sidney.
"Sentite...lasciamo perdere, d'accordo?” gridò lei esasperata. I due annuirono e allora Parker cambiò argomento: “Indizi su Jarod?"
"Nessuno...ma oggi sono entrato nel tuo ufficio e ho visto che ti è arrivata un'e-mail..."
"E perché diavolo sei entrato nel mio ufficio?" chiese lei vicina all’usare le mani contro di lui.
"Ehm...non vuoi sapere cosa c'è scritto? Io non l'ho letta!" cercò di difendersi lui.
"Va bene...non sparire perché riprendiamo il discorso più tardi, tu ed io!" lo minacciò Parker.
"E chi si muove?" sorrise Broots.
Nel frattempo Jarod si trovava nel New Jersey. Stava preparando l’appartamento per quelli del Centro e stava leggendo soddisfatto l’articolo di giornale che spiegava di una bambina liberata dopo essere stata rapita per due settimane.
Lo appoggiò sul tavolo e sorrise, poi sentì il computer suonare. Capì immediatamente che gli era arrivata un e-mail e, pensando che si trattasse di suo padre o di sua sorella, la aprì sorridendo. Ma non era nessuno di loro: era senza mittente e senza oggetto, ma il messaggio scritto era molto chiaro.
Ti aspetto per
parlare di una faccenda molto importante.
Incontriamoci questo pomeriggio alle quattro in un albergo di New York, si
chiama Capital Hotel. Sarò nella cantina.
Parker continuò a leggere curiosa di sapere chi fosse ad avere inviato l’e-mail.
Mi auguro che
tu venga sola, non dire a nessuno del nostro incontro.
Ti voglio bene.
“Firmato...mamma...” sussurrò Parker sorridendo. Guardò stupita e felice lo schermo.
“Mamma...” sorrise Jarod. Non poteva credere di aver davvero ricevuto quel messaggio...
CAPITAL HOTEL, NEW YORK, ore 4.00 p.m.
Parker entrò facendo attenzione. Premette uno degli interruttori che illuminò la parte iniziale della stanza. Quel posto non le sembrava molto frequentato: era la cantina dell’hotel e sembrava più che altro un piccolo magazzino per merci in disuso. C’erano alcune sedie, un paio di poltrone con sopra dei veli e anche una televisione che sembrava non funzionare. Parker si guardò intorno senza vedere niente, poi accese un’altra luce che mostrò l’ultimo pezzo della cantina. Scese le scale ed iniziò a muoversi verso la porta in fondo alla stanza.
Sentì dei rumori provenire da lì dentro, così prese la pistola e la diresse verso la porta.
"Mamma...sei tu?"
Nessuno rispose.
Una volta avvicinata sentì una voce alle sue spalle.
“Ma guarda che sorpresa..."
Si voltò di scatto e dietro di lei, di fronte a sé, vide Jarod. Gli puntò contro la pistola guardandolo male e lui rispose con un’espressione corrucciata.
"Cosa diavolo ci fai tu qui?" gridò lei arrabbiandosi.
"Tu, cosa ci fai qui...anzi no, non dirmelo...Mi hai inviato tu quell'e-mail spacciandoti per mia madre, e tutto per catturarmi! Questo non me lo sarei aspettato da te..." spiegò lui.
"Forse è la stessa che ho ricevuto io...l'ha scritta tua madre invitandoti qui?"
"Dovresti conoscerla meglio di me...visto che me l'hai mandata tu!"
"Mi spiace deluderti, Jarod...ma non sono stata io...in ogni caso tu sei qui....e questa volta non farò fatica a riportarti al Centro..." concluse lei sorridendo. Lui la guardò senza credere alle sue orecchie e si arrabbiò anche più di prima. Si sentiva profondamente deluso dal suo comportamento. Eppure erano quasi due mesi che non si vedevano e non si sentivano.
Parker gli indicò la porta e Jarod fece per muoversi, quando la porta della cantina si chiuse. I due si guardarono stupefatti e poi si mossero verso di essa cercando di aprirla, ma con scarsi risultati.
"E' inutile...ho idea che dovremo restare per un po’ qui dentro..."
"Perfetto...grandioso!" gridò Parker esasperata tornando al centro della stanza. Prese in mano il cellulare e chiamò immediatamente Sidney.
"Sono Sidney!"
"Sidney...per caso hai qualche minuto libero?" chiese lei ironicamente.
"Va tutto bene?" domandò lui sentendola arrabbiata.
"Non sto affatto bene, Sidney... – rispose lei guardando Jarod - Non solo ho un gran problema, ma la compagnia non è delle migliori..."
Jarod la guardò con somma ira.
"Parli forse...di Jarod?" chiese lui sorridendo.
"Come hai fatto ad indovinare? Senti...sono bloccata in una cantina a..."
"Lo so dove sei!"
"E come fai a saperlo?"
"Broots ha sbirciato nella tua casella e-mail!"
"Giuro che lo uccido se non la pianta di farsi gli affari miei!" gridò lei scocciata.
Sidney scoppiò a ridere.
"Senti...muovetevi a venirmi a prendere!" rispose lei. Poi riattaccò.
Mise via il cellulare e puntò nuovamente la pistola contro Jarod, che nel frattempo era tornato al centro della stanza.
Lei si guardò intorno e alla fine trovò una corda che univa insieme alcune sedie vecchie.
"Metti le mani dietro la schiena..."
"Cosa?" domandò lui stupito. Già non sopportava l’idea di sentirsi puntare contro una pistola, ma addirittura che Parker lo legasse gli pareva assurdo.
"Non farla tanto lunga, sai benissimo che devo riportarti al Centro...questo è il mio compito. Darti la caccia!"
Lui abbozzò un sorriso ed incrociò le braccia: "Tanto so che non mi spareresti, Parker..."
Lei senza attendere un secondo, sparò un colpo contro il muro dietro di lui e poi riportò la pistola puntata contro Jarod.
"Non mi fiderei, se fossi in te..."
Lui la guardò male di nuovo e poi si sedette sulla poltrona.
"Cosa pensavi di fare con quell'e-mail? Ti sei consegnato con le tue mani..." sorrise lei.
"Non sono stato io a mandare quell'e-mail!"
"Nemmeno io...e chi è stato allora?"
"E chi, se non tu? Sei l'unica a sapere il mio indirizzo e-mail, a parte Sidney!"
"Ti ripeto che non sono stata io!" gridò lei all’esasperazione.
I due si guardarono male qualche secondo, poi Parker cedette.
"Comunque...non mi interessa saperlo...lo scoprirà Broots...ora metti le mani dietro la schiena..."
"Se vuoi sparare, fallo...Ma non mi farò legare!”
Parker lo guardò male.
"E comunque non posso andare da nessuna parte. Quando ci tireranno fuori di qui, avrai tutto il tempo di portarmi al Centro, no?"
Lei lo guardò di nuovo e poi gettò la corda sulle sedie e si sedette sulla poltrona di fronte a lui.
"Non posso credere che resterò bloccata qui con te...chissà quanto ci vorrà!"
"Fino a qualche settimana fa, però, non mi odiavi cosi tanto!"
"Le persone cambiano Jarod...e anche i loro sentimenti..."
"Il tuo unico difetto è che ti sei sempre fidata di tuo padre...lui ti ha sempre mentito...ma questo te l'ho già ripetuto un sacco di volte..."
"E tu invece? Non hai mai risposto a nessuna delle domande che ti facevo, mi hai fatto viaggiare anni per tutti gli Stati Uniti facendomi impazzire con indovinelli assurdi...e per colpa tua mi è anche venuta l'ulcera!"
"Io credo invece che sia stato il Centro, e anche la tua famiglia...loro ti tengono prigioniera, proprio come facevano con me! Noi due siamo simili...due pezzi dello stesso puzzle..." sussurrò.
"Taglia corto con questa storia...non lo siamo mai stati! Per colpa tua...mia figlia è morta..."
"Nostra figlia...” replicò lui. Soffriva ancora tremendamente per aver perso una bambina, la possibilità di essere padre. E quando Parker parlò di quella faccenda come se lui ne fosse estraneo si sentì profondamente ferito. Eppure non poteva credere che fosse ancora in collera con lui per l’incidente, dato che l’avevano superato insieme...
"So che è stata in parte colpa mia...e mi dispiace..."
"Non sono stata io a volermi allontanare dal Centro per vederci...tu mi hai chiamato..." replicò lei cercando di ricordare quel giorno terribile.
"Pronto?"
"Voglio vederti Parker...e conosco il luogo adatto!"
"Non so Jarod...sei sicuro
che questo posto non nasconda qualche sorpresa?"
"Puoi
star tranquilla, Parker...è un mio rifugio. Lo sai che i miei rifugi sono sempre
sicuri...altrimenti mi avresti già preso da un pezzo!" sussurrò in tono
provocatorio. Parker sorrise compiaciuta.
"Può darsi...ma non sono
sicura di poter venire e poi...non saprei Jarod..."
"Parker
ti prego...ci sono tante cose che devo dirti...e penso che ne abbia anche tu...sbaglio?"
Parker si toccò delicatamente la pancia e poi concluse: "D'accordo...sarò lì nel
pomeriggio Jarod...ci vediamo più tardi..."
Jarod in quel momento non sapeva ancora che Parker fosse incinta; lei lo ricordò come se fosse stato il giorno prima, eppure era già passato un anno...
"E' stata la prova che non avrei mai dovuto fidarmi di te..." sussurrò Parker.
"Credevo avessimo superato tutto questo!" replicò lui.
"Non è così, Jarod...io ho perso una figlia...lei...era diventata parte di me..."
CAPITAL HOTEL, ore 5.00 p.m.
Era trascorsa una mezz’oretta in cui nessuno dei due aveva parlato. Il dolore nel ricordare il giorno dell’incidente, li aveva fatti chiudere in loro stessi. Tuttavia Jarod trovò il coraggio per riprendere a parlare.
"Sai Parker, se proprio vogliamo parlare di colpe...allora anche tu ne hai qualcuna...Ne hai combinati di guai anche tu, ma per fortuna non hai mai fatto danni irreparabili!"
"Ma di che diavolo stai parlando?” chiese lei toccandosi la testa. Tutto il gran urlare di un’ora prima le aveva fatto venire il mal di testa.
"Vogliamo parlare di quella volta in cui avevo simulato di essere il padre di quel bambino rapito? Tu eri riuscita a prendermi...ti avevo pregato di lasciarmi andare ma tu non ne hai voluto sapere..."
"Miss Parker
ascoltami, devi lasciarmi andare...hanno rapito un bambino e morirà se non mi
presento all'appuntamento con il rapitore!"
"Ci penseranno le autorità!"
"No! Non c'è tempo..."
"Basta, Jarod! E' finita!"
Parker lo aveva costretto a seguirla al Centro, ma in quel momento Willie era
sbucato dal corridoio e in un momento di distrazione Jarod era scappato.
"E' stata una fortuna che poi io sia riuscito a scappare...per una volta devo ringraziare Willie che distraendoti mi ha dato la possibilità di fuggire!"
"E' sempre stato il mio compito, quello di portarti al Centro...non potevo far altro..." cercò di giustificarsi lei.
"Oh, certo...ed era compito tuo anche quando c'era quell’altro bambino rapito dal Centro, Davy Simkins, a cui Raines aveva fatto il lavaggio del cervello! Per te in quel momento era più importante catturarmi, piuttosto che salvare la vita di quel bambino!"
"Se non inietto
subito questa sostanza al bambino, non ritornerà più normale!"
"Nessuno fa niente...finchè non capisco che sta succedendo!"
"Se vuoi sparare, fallo e piantala!"
Miss Parker aveva sparato in aria bloccando Jarod che, sentendo il rumore, si
era bloccato. "Falso eroismo. Non l'ho mai cercato in un uomo!"
Parker aveva preso la provetta dalle sue mani e allora era intervenuto Angelo.
"Aiutaci! La tua povera mamma...che forse era anche la mia...è morta cercando di
salvare bambini come Davy...ti prego!"
Parker aveva guardato la provetta e poi aveva sospirato: "Va bene..."
Ma in quel momento qualcuno era entrato dalla porta e aveva spinto Parker, a cui
era caduta di mano la provetta...
"Angelo si è sacrificato per quel bambino, ma se a te non fosse caduta quella provetta, si sarebbero salvati entrambi..."
"E' stato un incidente, Jarod...non avrei mai voluto rovinargli la vita..."
"E poi ti sei pentita e hai deciso di non consegnarmi al Centro...ah no scusa, ricordo che invece poi sono arrivati gli spazzini e stavamo andando proprio là..." replicò lui amaramente.
"Proprio una
bella mossa! Tua madre sarebbe fiera di te!" aveva detto Jarod trascinato dagli
spazzini verso l’aereo del Centro.
"Finiscila!" gli aveva risposto lei gridando.
"Ho visto la tua espressione mentre moriva...si è sacrificata per te!" le aveva
detto lui parlando di sua madre.
Angelo, poi, si era sentito male e in quel momento Jarod era riuscito a scappare
e a salvare almeno il bambino...
"E ancora una volta ringrazio Angelo per avermi salvato!"
"Ne ho abbastanza!" gridò Parker.
Si alzò e si mosse verso la porticina della stanza: "Dove diavolo saranno quei due?"
Poi Parker si voltò e Jarod, ancora arrabbiato, si mosse verso la porta per vedere se qualcuno arrivava.
"Strano che tu abbia chiamato solo Sidney e Broots, e non anche il tuo spazzino...a proposito, come procede il vostro rapporto?" chiese Jarod ironicamente.
Lei lo guardò sconvolta e le venne in mente la settimana precedente. Rivide nuovamente suo padre entrare nella stanza e sparare, senza aspettare un secondo, a Michael.
Jarod vide la sua espressione sconvolta e si mosse verso di lei scendendo dalle scale.
"Parker!"
Fece per raggiungerla, ma perse l’equilibrio e cadde dall’ultimo scalino dopo essere inciampato in un gradino.
Parker sentì il tonfo e corse verso di lui preoccupata: "Stai bene?"
"Mi sono fatto male alla caviglia...credo sia una storta..." rispose lui tastandola.
Poi i loro sguardi si incrociarono un momento e Parker lo aiutò ad alzarsi, facendolo poi sedere sul divanetto.
"Sembravi sconvolta quando ti ho nominato Michael...è successo qualcosa?"
Lei sussultò un attimo, poi si decise a parlare.
"Michael è morto...l'ha ucciso mio padre..." sussurrò.
Jarod la guardò impietrito pentendosi di averglielo nominato.
"Io e Broots avevamo fatto delle ricerche scoprendo che lo spazzino che doveva venire al Centro era nero...non bianco...poi ho scoperto un distintivo da poliziotto nel suo ufficio e quando gli ho parlato ha confessato tutto...ci dovevamo incontrare nel suo ufficio la sera stessa, ma mio padre...mi aveva fatto seguire da Lyle ed ha scoperto tutto...lo ha ucciso...”
Si bloccò un attimo non sapendo se continuare, ma poi capì che era giusto che anche lui sapesse la verità su Michael: “Jarod, lo avevano mandato le nostre madri a controllare le azioni del Centro..."
"Le...nostre madri?" ripeté lui stupito.
"Già...nell'ultimo periodo avevamo scoperto anche che il piccolo Parker...viene sfruttato da Raines per...diventare un simulatore...mio padre ha negato, ma io sono certa che è così...e Michael prima di morire stava per dirmi qualcosa riguardo a lui..."
"E il Centro l'ha eliminato perché non venisse fuori la verità..."
Parker annuì. "Mio padre...mi ha ringraziato, dicendomi che era stato grazie a me se avevano scoperto che lui era un infiltrato... ed io mi sento in colpa perché se fossi stata più attenta...MIchael forse sarebbe ancora vivo..."
"La colpa non è tua...ma solo di tuo padre..."
"Mi sembra di sentire Sidney! E' una settimana che ripete le stesse cose..."
"Una settimana? Vuoi dire che Michael è morto da una settimana?" chiese stupito.
Lei annuì, sentendosi un po’ in colpa per averlo tenuto all’oscuro di tutto ciò che accadeva al Centro per più di due mesi.
"Devi smetterla di tormentarti coi sensi di colpa...è questo quello che fa il Centro. Uccide le persone che ami, lasciandoti solo sensi di colpa...E' successo anche a me, con mio fratello e con...Zoe..."
Jarod si bloccò, ricordando che Parker era gelosa di lei...ma poi comprese che finalmente anche lei aveva capito il legame che li univa, così continuò.
"Mi dispiace di averti elencato tutti quegli avvenimenti...per farti sentire in colpa..."
"Non preoccuparti...e scusami per...la storta!"
"Neanche la storta è colpa tua... solo della mia mancanza d'equilibrio!" rispose lui ironicamente. Parker sorrise.
CAPITAL HOTEL, ore 5.34 p.m.
Parker aveva trovato una bottiglietta d’acqua in un angolo della stanza. Le parve strano, ma in fondo pensò che qualche inquilino l’avesse abbandonata per sbaglio. Fece bere Jarod, poi si sedette di nuovo di fronte a lui.
"Noi abbiamo passato brutti momenti...ma ti ricordo che ne abbiamo avuti anche di belli. Ti ricordi del nostro primo Natale insieme?" chiese lui sorridendo.
"Sarebbe impossibile non ricordarlo...è stato il mio primo Natale diverso dopo tanto tempo...e almeno non l'ho vissuto nella monotonia solita di Natale..."
Parker era entrata in casa e lì aveva trovato Jarod ad attenderla.
“Ti aspettavo,
Miss Parker..." aveva visto Jarod di fronte a sé. Istintivamente gli aveva
puntato contro la pistola.
"Jarod...mi hai fatto venire un colpo! E comunque...che diavolo ci fai qui?"
urlò.
"Sono venuto per darti il mio regalo di Natale...te l'avevo detto di controllare
sotto l'albero..." rispose lui sorridendo.
"Beh...non è stata una pensata geniale la tua...e se pensi di essere il regalo
che avrei voluto...ti sbagli di grosso...Sei tu che avrai un bel regalo...una
cella accogliente e calda al Centro...”
Jarod, visibilmente deluso, si era avvicinato ancora un po’ a Parker che lo
aveva guardato minacciosa senza abbassare l’arma.
“In fondo...vogliamo tutti e due una cosa sola...non rimanere da soli...”
Parker aveva abbassato l’arma e aveva deciso di divertirsi anche lei, per una
volta, a Natale...
Parker sorrise ripensando a quella sera come una delle prime volte in cui lui si era fatto trovare in casa sua...
"E poi c'è stata quella volta in cui sono venuto a casa tua...e ti ho confessato di provare qualcosa per te...anche se non te l'ho detto esplicitamente...ma mi sembra di essere stato abbastanza chiaro..." sorrise lui ripensando a quella sera.
Era andato a
casa sua dopo aver parlato un giorno intero con sua sorella.
"Che cosa ci fai qui?" aveva chiesto Parker arrabbiata notando Jarod di fronte
alla sua porta.
"Devo parlarti..." aveva risposto lui seriamente ed anche titubante.
"Beh...Direi che così firmi la tua condanna alla galera..."
"Non so da dove iniziare!" aveva detto lui prendendo tempo.
"Inizia col dirmi perché sei qui..." aveva sussurrato lei, ormai furiosa.
Intanto era entrata in casa e si indirizzava verso l’armadio dove teneva la
pistola, ma non aveva nemmeno fatto in tempo ad aprirlo, perché Jarod l’aveva
interrotta.
"Cercavi questa?" aveva sorriso mostrandole l’arma. Poi aveva chiuso la porta ed
era entrato.
"Jarod – aveva detto lei sorridendo – Perché sei qui? Cosa devi dirmi?"
“Questo!”
E l’aveva baciata...
Parker si ritrovò un momento imbarazzata. Non riusciva a credere che stava ripensando a quei momenti con Jarod, non lo faceva mai nemmeno da sola...si sentiva sempre troppo sola quando lo faceva, e capiva che stava dannatamente male senza di lui...
"Ci sono stati altri momenti in cui...sono stata felice...quando ero arrabbiata con te...e tu mi hai scritto quella lettera...oppure quando mi hai detto per la prima volta...di amarmi..." sussurrò guardandolo. Lui alzò il voltò colpito.
Jarod era di
fronte al computer e stava video chiamando Parker.
"Voglio ringraziarti...per tutto..." le aveva detto lui. Sapeva benissimo che
era lei che aveva molto per cui ringraziarlo.
Parker aveva cercato di chiudere la chiamata, ma Jarod l’aveva richiamata
ancora.
"Parker...”
Lei l’aveva guardato.
“Io ti amo..."
"Non l'avevo mai detto a nessuna prima d’allora...e forse perché sono sempre stato innamorato di te..." confessò lui.
Parker ormai stava piangendo. Non riusciva più a trattenersi: "Mi dispiace..."
"Di cosa?" chiese lui preoccupato.
"Non è vero che sono arrabbiata con te per l'incidente e la bambina...sono riuscita a superarlo..."
"Sì, l'avevo capito che non eri più arrabbiata con me per quella storia..."
"Non è solo questo...io non ti ho lasciato per le ragioni che credi...quelle che ti ho confessato..."
"Sicuramente sarà stato tuo padre a ordinarti di lasciarmi, come ho sempre pensato..."
"Già, ma non solo per causa sua...dopo l'incidente il dottore mi ha rivelato che...sarà difficile che io possa avere degli altri figli, a causa della mia ulcera...ed io un giorno ho sentito per caso una...conversazione fra te e Sidney in cui gli confidavi di volere avere dei figli, una famiglia...e io non potevo sopportare l'idea di non riuscire a darti quello che desideravi..."
"Ma come hai potuto pensare una cosa simile? Io ti amo lo stesso...e poi se una coppia non può avere figli li può sempre adottare!"
"Non ne sono molto convinta...ma sono felice che tu non sia deluso...né arrabbiato...in ogni caso...non me la sento di tornare con te, Jarod..."
"Rispetto la tua decisione, ma...ho bisogno di sapere...se mi ami ancora..." sussurrò. Quel dilemma l’aveva fatto stare sveglio ogni notte da quando si erano lasciati. Non capiva se era stato per colpa sua, e stava troppo male. Ora era il momento di scoprire la verità.
Lei lo guardò e fece per rispondere, quando da fuori si sentì la voce di Broots che chiamava.
"Miss Parker!"
"Broots! – gridò lei asciugandosi gli occhi - Adorabile idiota, siamo qui!"
Dopo qualche secondo la porta si aprì e Broots e Sidney entrarono sorridendo.
"State bene?" chiese Sidney..
"A parte una caviglia slogata, sì..." sussurrò jarod facendosi aiutare da Sidney ad alzarsi.
"Miss Parker...ora che siamo liberi, mi porterai al Centro?" le chiese.
I tre la guardarono e Parker rispose solo allo sguardo di Jarod.
"Non sei mai stato qui...e nemmeno io"
detto ciò si avviò verso la porta e uscì.
Jarod guardò Sidney e Broots, che sorrisero.
IL CENTRO, ore 8.00 p.m.
Sidney era nel suo ufficio con Miss Parker.
"Stai bene, Miss Parker?"
"Sì..." sorrise lei.
"Ti vedo più serena ora...è da un po’ che non eri più così...rilassata!"
"Ho parlato a lungo con Jarod...non posso negare di provare ancora qualcosa per lui, ma finchè il Centro esisterà...non potrà esserci niente fra noi due..."
Cercò di sorridere un po’ affranta, poi si avviò alla porta.
“Buona notte, Sidney...e grazie di tutto...” sussurrò.
Lui le fece un cenno con la mano e poi, assicuratosi che fosse andata via, corse al telefono e chiamò Broots, che era a casa.
"Pronto?"
"Il nostro piano di intrappolarli in quella cantina ha funzionato, Broots..." gli disse sorridendo.
"Dici davvero, Sidney? Sono tornati insieme?"
"Purtroppo no, ma si sono chiariti e perdonati a vicenda...E credo che quando tutta questa storia del Centro sarà finita, avranno modo di stare insieme..."
"Anch'io ne sono sicuro, Sidney...Beh, allora...a domani mattina!"
Sidney annuì: "Buonanotte!"
Riappese il telefono e poi, guardando il suo computer su cui aleggiava, fra le e-mail inviate, l’oggetto dell’equivoco fra i suoi prediletti, scoppiò a ridere e la eliminò...
Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004/05 Antonio Genna