Jarod il Camaleonte Italia

La Virtual Season
di "Jarod il Camaleonte"

Episodio 9: Gelosie


Racconto appartenente alla Virtual Season di "Jarod il Camaleonte" scritto da Maura e Rossella e pubblicato in esclusiva su Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod". Le partecipazioni degli attori indicati in fotografia come "guest-star" non sono reali ma servono soltanto a dare un'idea del personaggio.


IL CAST


JAROD

MISS PARKER

SIDNEY

BROOTS
 

GUEST STAR


RACHEL BURKE

HARRY WILSON

BRUCE SILVER

SARAH

SIMON TACHER
 

L'EPISODIO

CASA DI MISS PARKER, ore 9.00 a.m.

Parker stava finendo di prepararsi per andare al Centro. Prese in mano le chiavi, gli occhiali da sole e la giacca e si avviò verso la porta. In quel momento, però, le squillò il cellulare.

Chiuse a chiave la porta dietro di sé e rispose con noncuranza.

"Pronto?"

"Voglio vederti Parker..."

"Buon giorno anche a te, Jarod! Comunque... - si bloccò e pensò - Sì...sarebbe meglio..."

Parker si sentiva in colpa di non aver detto ancora nulla a Jarod riguardo al bambino. Sapeva che era arrivato il momento giusto per farlo.

"Qualcosa non va?" domandò lui dall’altra parte notando che ci impiegava molto a rispondere.

"No...ma anch'io ho bisogno di parlarti, ti devo dire una cosa molto importante..."

"Bene...verrò da te prestissimo, probabilmente per stasera!"

"Allora ti aspetto...a stasera!"

Jarod riattaccò mentre Parker, pensierosa e nervosa, salì in macchina.

Anche Jarod come Parker, stava per prendere le chiavi ed andarsene. Afferrò il telecomando della Tv, ma al momento di spegnere si accorse che al telegiornale stavano parlando di una cosa piuttosto grave.

“...Quindi ancora nessuna notizia del piccolo Simon Tacher, il ragazzino di 8 anni che è stato rapito l’altra notte. La polizia pensa che il rapitore possa essere ancora il misterioso killer, che di recente ha ucciso sette bambini dopo averli rapiti dalle loro case...”

Jarod alzò il volume e guardò con tristezza le immagini che venivano trasmesse: mostravano le famiglie dei bambini che erano stati assassinati.

“L’F.B.I. inizierà ad occuparsi del caso fra pochi giorni, ma nel frattempo la polizia invita i genitori a non lasciare mai soli i propri bambini! Ed ora passiamo a...”

Jarod spense il televisore furioso: la cosa che odiava di più in assoluto erano quei pazzi maniaci che se la prendevano con dei bambini innocenti.

Si convinse immediatamente che avrebbe pensato a sistemare una volta per tutte quel criminale, ma nel frattempo gli vennero in mente alcune immagini della sua prima infanzia...il momento in cui i suoi genitori avevano pianto disperati dopo il suo rapimento.

Ti prometto che ti darò una mano Simon...

Ci sono simulatori tra noi 
Jarod: “Sono stato tolto alla mia famiglia”
Sidney: “36 ore e sta già dimostrando molto più talento di ogni altro”
Jarod: “Quante persone sono morte per quello che io inventavo?”
            “Da quando sono fuggito ogni momento lo dedico alla ricerca del mio passato”
Miss Parker: “E’ un simulatore… un genio che può diventare chiunque voglia”
Sidney: “Il centro lo vuole vivo”
Miss Parker: “Preferibilmente” 
Miss Parker: “Difende i deboli e i derelitti”
Jarod: “La vita  è un dono”
Paziente: “Lei è un dottore?”
Jarod: “Sì… oggi sì”

ATLANTA, GEORGIA, ore 11.00 p.m. 

Jarod entrò nell’ufficio che gli era stato indicato dalla segretaria all’entrata. Aveva preso il primo volo e aveva raggiunto di corsa il luogo in cui i membri dell’F.B.I. si erano riuniti per investigare sul killer.

Un uomo vestito elegante e che stava lavorando con alcuni oggetti, notò il suo ingresso e si alzò sorridendo.

"Benvenuto...signor..."

"Piacere, sono Jarod Wilkes!”

"Io sono Bruce Silver...Sei un altro membro della squadra?”

"A dire il vero mi hanno mandato qui di gran carriera, ma non so ancora nulla del caso..." rispose Jarod.

"Bene...ti dirò tutto brevemente. Il nostro serial killer ha già ucciso sette bambini, perciò dobbiamo trovarlo alla svelta, prima che...uccida anche Simon...”

Si bloccò un attimo, era notevolmente nervoso a parlare di quell’argomento e Jarod notò che lanciava uno sguardo ad una foto che si trovava sulla sua scrivania: ritraeva lui con una donna e due bambini.

“A casa del bambino, nella sua stanza, abbiamo trovato un paio di guanti. Si presume che il bambino, cercando di difendersi, sia riuscito a toglierli. La scientifica li ha analizzati: uno dei due presentava dei resti di un metallo...”

Jarod prese in mano il foglio che proveniva dalla scientifica e notò che il metallo non era comune.

"Bene...questo ci aiuta parecchio: quel metallo si usa quasi essenzialmente per le protesi: il nostro uomo ha una mano metallica!"

"Già....proprio come hanno detto alla scientifica! – rispose Bruce stupito -  Abbiamo trovato anche un altro indizio: le telecamere di sicurezza della casa ha rilevato un immagine del rapitore...un tatuaggio sul braccio, che rappresenta un numero"

"Mmm...sembrerebbe tipico del carcere...sarà meglio iniziare a controllare fra gli ex detenuti che hanno una protesi...purtroppo il numero non si capisce bene, quindi non possiamo fare una selezione...ma un uomo con una mano metallica è facile da individuare!"

"E' quello che ho pensato anch'io...infatti stavo per mettermi a cercare fra gli ex detenuti"

"Benissimo...credi che potresti farmi avere i rapporti di quelli che sono stati rilasciati negli ultimi...direi cinque mesi?"

"Non c'è bisogno che ti scomodi Bruce, ci ho già pensato io a prenderli!" disse una voce femminile alle loro spalle.

Jarod si voltò e di fronte a sé trovò una persona che conosceva piuttosto bene.

"Rachel!" esclamò, non troppo sorpreso. Infatti di fronte a lui c’era Rachel Burke: aveva già avuto modo di lavorare con lei, era una donna molto in gamba.

"Che piacere rivederti, Jarod!" rispose lei con aria leggermente maliziosa.

Lui si limitò a stringerle la mano.

"Aspettate un attimo...voi due vi conoscete?" domandò Bruce.

"Amici di vecchia data" spiegò Rachel.

Jarod sorrise un po’ imbarazzato, ma anche Rachel non smetteva di mostrare la sua felicità nel rivederlo.

CENTRO, ore 12.00 p.m.

Parker entrò nell’ufficio di Sidney con calma. Era dovuta andare in giro tutto il giorno per sbrigare degli affari del Centro e non dare troppo nell’occhio col fatto che non si stava più interessando per niente di dare la caccia a Jarod.

Broots stava ridacchiando e parlando con Sidney.

"Buon giorno... – bofonchiò un po’ sorpresa di vedere Broots così contento - Si può sapere che diavolo hai?"

"Beh...Parker – spiegò Sidney - Il fatto è che...lui sa tutto!"

"Congratulazioni Miss Parker!" confermò Broots ridendo.

"Grazie Broots...Sidney, tanto valeva appendere qualche avviso o qualche manifesto all'entrata dell'ufficio di mio fratello, se volevi dirlo a tutti!" gridò piuttosto arrabbiata. Poi si andò a sedere sulla sedia di Sidney e continuò: "Mi avevi promesso un po' di discrezione, Sidney..."

"Ma io non sono tutti Miss Parker...sono tuo amico e non ho nessuna intenzione di dirlo ad anima viva. Puoi fidarti di me!" rispose Broots seccato della poca fiducia di Parker nei suoi confronti.

"Se non mi fossi fidato ciecamente di Broots, non glielo avrei mai detto Parker, credimi!"

"Sì...comunque ho sentito Jarod, Sid...penso che lo vedrò molto presto e gli dirò tutto..."

I due si guardarono e Sidney parlò per primo: "Cosa? Quindi...terrai il bambino?"

"Beh, ci ho ripensato...non dirmi che anche tu hai cambiato idea al riguardo!"

"Al contrario...io sono felicissimo che tu abbia deciso di non abortire!"

"Bene...ora se mi volete scusare me ne vado nel mio ufficio...devo cercare di...darmi da fare per trovare Jarod...e anche tu Broots!”

Lui sorrise sotto i baffi e Parker uscì salutando.

Broots guardò Sidney sorridendo.

"Devo ammettere che Miss Parker sembra felice, anche se non lo da a vedere... sembra un'altra!” disse a Sidney.

"Già...nonostante sia nel mirino del Triumvirato...ma la proteggeremo da questo!"

Broots annuì e poi tornò nel suo ufficio pronto a cercare informazioni su Jarod.

ATLANTA, ore 1.00 p.m.

"...E comunque dobbiamo riguardare meglio, non è possibile che non ci siano altri indizi a parte questo...ho letto che nei rapimenti precedenti ha sempre lasciato almeno tre indizi, noi qui ne abbiamo solo due..."

"Forse sta cambiando stile...ma anch'io sono convinta che il rapitore abbia lasciato il terzo indizio...lo sento. In ogni caso ho chiesto agli uomini di controllare meglio sul luogo del rapimento" rispose Rachel senza smettere di controllare i rapporti della scientifica.

Lei e Jarod, infatti, ci stavano lavorando da almeno tre ore senza riuscire a venirne a capo.

"Beh non mi sento abbastanza sicuro...se non salta fuori qualcos'altro andrò io stesso a casa del bambino..."

“...E io verrò con te" concluse lei sorridendo.

Jarod si limitò a sorridere, un po' imbarazzato dalla sua risposta che lasciava trasparire ben altro oltre che gli interessi per il lavoro.

"Sai...da quando te ne sei andato...mi sono sempre chiesta che fine avessi fatto... Perché poi te ne sei andato?"

"Beh...ecco...non è una cosa di cui posso parlare, comunque avevo un po' di problemi con la mia...diciamo <<famiglia>>"

"E ora li hai risolti?"

"In parte sì...ma non è stato facile arrivare qui, credimi!"

"Ma ora sei qui...Questo vuol dire che sei tornato per me, vero?" domandò lei speranzosa.

"Rachel...è un po' difficile da spiegare, ma non è proprio come pensi tu..."

Jarod stava per spiegarle ogni cosa, ma non voleva deluderla. Così decise di tentare di cambiare argomento.

"Sarà meglio concentrarsi su Simon...che ne dici?"

"D'accordo...avremo tutto il tempo di parlare dopo il caso, a meno che...tu non voglia andartene di nuovo..." sussurrò.

Jarod non rispose e stette in attesa: lei si avvicinò sempre più a lui, fece per baciarlo, ma fu subita interrotta.

"Rachel ho..."

Bruce era appena entrato dalla stanza e aveva in mano dei fogli.

"Vi ho forse interrotto?" domandò imbarazzato.

I due si allontanarono l’uno dall’atra in fretta e lei si schiarì la voce rispondendo: "No...no affatto"

"No..." si sbrigò a dire anche Jarod.

"Qualche notizia Bruce?" chiese Rachel.

"Beh, sì...Ho controllato negli archivi degli ex detenuti e ho ristretto il campo a 15 uomini che portano un tatuaggio. Purtroppo però nessuno di loro ha una mano metallica o comunque una protesi"

"Non è possibile...fammi vedere i rapporti...li controllerò anch’io!" disse Jarod desolato. Bruce gli porse i faldoni dei detenuti e poi uscì di nuovo dalla stanza.

UFFICIO DI MISS PARKER, ore 1.30 p.m.

Parker stava riposando da qualche minuto sul divano; continuava a pensare a cosa avrebbe detto a Jarod, a come spiegargli quello che era successo e a quale sarebbe stata la sua reazione.

Fu interrotta, però, dallo squillare del telefono. Corse alla scrivania e rispose:

"Pronto!"

"Ancora al lavoro?"

"Jarod! - esclamò lei sorpresa - Da dove mi chiami?"

"Ah ah...mi ricordo ancora che sei l’addetta alla mia cattura..."

"Se ti cercassi come devo...a quest'ora sarei già arrivata dove ti trovi, lo sai benissimo...non ti fidi ancora di me?"

"Lo sai che mi fido ciecamente...forse persino troppo...ma è il luogo in cui ti trovi che mi spaventa...conoscendo tuo fratello e Raines, potrebbero aver messo sotto controllo i telefoni..."

"Già..." notò lei contrariata

"E siccome non posso fidarmi completamente, mi limiterò a farti capire quello che devo dirti...”

"Ossia?"

"Ricordi quello che ti ho detto stamattina? Purtroppo la cosa è rimandata, mi sto occupando di un caso molto importante..."

"Oh... - rispose un po' delusa - Immagino...però ti ricordi che anch'io ti dovevo parlare di una cosa?"

"Sì...dimmi pure!"

"Ecco...io..."

Miss Parker esitò un po’, non riusciva a trovare le parole adatte per spiegare tutto a Jarod; si era quasi convinta a parlare, quando sentì una voce femminile che pronunciava una frase dall’altra parte.

"Jarod...tesoro, vieni a pranzo con me? Conosco un posto dove fanno degli hot dog favolosi..."

"Vengo subito...ti richiamerò Parker!"

"Jarod!"

Ma lui aveva riattaccato e così Parker rimase dubbiosa nel suo ufficio. Riappoggiò il cellulare sul tavolo e riprese a pensare.

ATLANTA, ore 2.30 p.m.

Jarod entrò nell’ufficio di Rachel sperando che avesse scoperto qualcosa di nuovo in quei venti minuti in cui erano tornati dal pranzo.

Lei era seduta alla scrivania e stava mangiando una cosa che lui non aveva mai visto.

"Lo sai che tutte quelle calorie ti possono fare ingrassare?" notò lui. Lei, un po’ imbarazzata, appoggiò il cucchiaino sul contenitore di plastica.

"Non mi preoccupo...non mi sembra di essere sovrappeso. Tu che ne dici?"

"No...sei decisamente in linea perfetta...comunque che cos'è, gelato al cioccolato?"

"No...è Tiramisù!" rispose lei dopo una risatina.

"Oh...e che cos'è?"

Rachel sollevò lo sguardo sorpresa e fissò intensamente Jarod.

"Non l'hai mai mangiato?" lui si limitò a scuotere la testa.

“Beh...è un dolce italiano, lo prendo in un ristorante qui vicino, è la cucina migliore del mondo...”

Jarod prese un po’ di dolce su un altro cucchiaino e lo assaggiò.

"Ehi, ma è buonissimo! E il retrogusto di caffè è fantastico!"

"E' quello che penso anch'io..." replicò lei senza smettere di mangiare.

Qualche minuto dopo i due stavano ridendo e mangiando, quando Bruce entrò di corsa nell’ufficio.

"Rachel...Jarod...ho trovato un altro indizio importante!"

"Cioè?" chiese lei.

"Nel soggiorno della casa del bambino, in un vaso, la scientifica ha trovato un pezzo di carta con su scritto un numero...332!”

I due si guardarono con aria interrogativa...

CENTRO, ore 3.00 p.m.

Parker non riusciva a smettere di pensare e ripensare alla telefonata di Jarod: l’aveva sorpresa incredibilmente.

Fino a quel momento, infatti, non aveva messo in dubbio la sua sincerità, era convinta che lui l’avesse amata da sempre.

Iniziò a chiedersi se ci fosse mai stato un momento in cui lei avesse pensato male di Jarod, o l’avesse odiato per qualcosa che le aveva fatto.

E allora le venne in mente.

Jarod era in area simulazione, come al solito, e Sidney si trovava di fronte a lui. Stavano misurando i suoi battiti del cuore e le sue onde celebrali.

Parker stava osservando dalla porta senza entrare. Voleva andare a trovare Jarod. Ma ad un certo punto Sidney portò da lui un’altra bambina, che subito si avvicinò al vetro, proprio come aveva fatto lei qualche tempo prima.

“Jarod, questa è Sarah, ti affiancherà nella prossima simulazione!”

Parker, notando che lui aveva reagito sorridendo e con un aumento notevole del ritmo cardiaco, era corsa via.

Parker tornò alla realtà riprendendosi da quel ricordo; rimase fortemente turbata e riprese a pensare dubbiosa.

ATLANTA, ore 3.45 p.m.

Jarod e Rachel non si erano mai staccati un attimo dai rapporti dei carceri: stavano cercando quel dato mancante che li avrebbe condotti all’uomo in questione.

Rachel continuava a camminare avanti e indietro arrabbiata e nervosa.

"Non è possibile...non abbiamo ancora trovato nulla! Cerchiamo un uomo con una mano metallica...ma nessuno tra gli ex-detenuti ha una protesi?"

"Stai calma Rachel...tutto arriva a chi sa aspettare...” rispose Jarod. Stava leggendo l’ennesima volta un rapporto alla voce Eventi particolari e si stava incuriosendo. Ad un certo punto si illuminò e proseguì la sua frase: “E cercare! Ci siamo!"

"Cosa?" domandò lei avvicinandosi.

"Guarda qua! Questo detenuto ha avuto un incidente alla mano poco prima di essere rimesso in libertà vigilata, era stato trasferito proprio il giorno dell'incidente in un ospedale! E indovina un po'...si era lesionato gravemente una mano sotto una pressa..."

"Tu credi sia lui?"

"Beh...è l'unica possibilità che abbiamo...ma il mio istinto non mi ha mai deluso...c'è scritto dove abita: è un posto sperduto in un bosco, secondo me è perfetto..."

"Avverto gli altri! Dobbiamo organizzare immediatamente una spedizione...lo voglio trovare quel bastardo, è da più di cinque mesi che gli stiamo dietro!"

Si avvicinò al telefono ed iniziò a comporre il numero per chiamare Bruce.

 

CENTRO, ore 4.00 p.m.

 

Parker si era leggermente assopita sul divano del suo ufficio; stava sognando e allo stesso tempo ricordando, così il suo sonno era abbastanza agitato.

 

Sì...era andata da Jarod per sapere quello che aveva pensato e provato una volta vista Sarah. L’aveva raggiunto mentre stava disegnando proprio il volto di una bambina su un foglio bianco: per ora aveva solo la faccia e le mancavano i capelli.

“Ciao Jarod...ho saputo che hai fatto una nuova simulazione...”

“Sì...infatti...” aveva risposto lui senza smettere  di disegnare.

“Chi era quella bambina?”

“So solo che si chiama Sarah...”

“Ah...sai anche il suo nome!”

“Sì, me l’ha detto Sidney...”

“Cosa stai disegnando?”chiese lei seccata e allo stesso tempo curiosa.

“Una ragazza...”

“E chi è?”

“Non lo so...”

“Dimmi una cosa Jarod: che ne pensi di Sarah?” chiese nuovamente

“E’ molto carina...” aveva risposto lui distrattamente.

Parker, a questo punto, era scappata via ancor più arrabbiata...

Parker sentì bussare e si svegliò di scatto: si sistemò i capelli e cercò di riprendere un’aria tranquilla.

"Avanti..." disse poco convinta.

"Ah...bene ci sei!" sorrise Sidney entrando.

“E dove dovrei essere?"

"Credevo non ci fossi...è un po’ che sto bussando!"

"Scusami Sid...stavo dormendo..."

"Volevo solo avvisarti che Jarod ha lasciato delle tracce nell'Ohio...Lyle ci ha già preceduto!" sussurrò un po' preoccupato.

Parker, però, sembrava pensare a tutt’altro e non gli rispondeva.

"Parker...tutto bene?"

"Cosa?"

"Sei strana...qualcosa non va?"

"No...è solo che...tu credi che Jarod sia sincero con me?"

"Una caratteristica di Jarod è proprio la sincerità...lui non mentirebbe mai a nessuno!"

"Lo so, lo so...ma mi chiedo se stia bene con me, se non stia cercando altre... passioni..."

"Ma che stai dicendo? E' tanto che lui voleva stare con te, credimi. Ma perchè questi dubbi?"

"Niente...non preoccuparti...ora vai pure, tanto non ci muoveremo di certo per arrivare a Jarod prima di quell'idiota di Lyle...e senza di me lui non riesce a trovare nemmeno la sua ombra..."

"Torno nel mio ufficio allora!"

Sidney la guardò un pochino preoccupato, ma poi ritornò sui suoi passi ed uscì dall’ufficio.

GEORGIA, ore 4.20 p.m.

Rachel e Jarod erano corsi verso la piccola casetta in legno di fronte a loro ed erano arrivati sotto al portico cercando di fare meno rumore possibile.

Poliziotti erano intorno alla casa e setacciavano la zona nel caso il rapitore avesse pensato di scappare; giunti di fronte alla porta, i due contarono insieme e poi entrarono dopo che Jarod ebbe sfondato la porta.

Nello stesso momento un’altra squadra era entrata dall’ingresso posteriore; non ci impiegarono molto a trovare il criminale, che certamente non si aspettava il loro arrivo così presto.

Bruce ed un altro poliziotto lo stesero a terra e lo ammanettarono, ma lui non riusciva a smettere di ridere.

“Harry Wilson! La dichiaro in arresto per molteplice omicidio!”

“Era ora che arrivaste...chissà quanti altri bambini avrei ucciso senza questa azione!”

Bruce gli diede un calcio nell’addome e lui smise di parlare.

“Ora vieni con noi, schifoso bastardo!” gridò Jarod trascinandolo in auto.

Un’ora dopo erano di nuovo in ufficio ed avevano iniziato gli interrogatori; le squadre dell’FBI avevano cercato in casa, nel bosco, ovunque, ma del bambino non c’era traccia. Wilson non aveva ancora parlato e non era intenzionato a rivelare dove avesse nascosto Simon.

Rachel stava camminando di nuovo avanti e indietro nel suo ufficio; Jarod rientrò e lei si voltò speranzosa verso di lui che, però, si limitò a scuotere la testa.

"Dannazione...quel bastardo non vuole dirci dove ha nascosto il bambino! Ci dev'essere un modo per scoprirlo!"

"Senti...non combineremo mai niente finchè rimarremo qui...come possiamo trovare quel bambino se non lo cerchiamo?"

"Si ma dove, Jarod? Il problema è che non sappiamo nemmeno dove cercarlo!"

"Senti...se io fossi lui...lo metterei in un posto nascosto: lui lascia indizi, quindi sa benissimo di rischiare di poter essere trovato...ma due indizi ci hanno portato alla sua casa...e che cosa manca? Il 332...quello non l'abbiamo ancora utilizzato...Io dico che è la chiave per trovare Simon..."

Rachel, in quel momento, ebbe una sensazione, come spesso le succedeva. Vide di fronte a sé la casa di Wilson e il bosco intorno: tutto taceva.

"Torniamo là...a casa di Wilson!”

“Hai cambiato idea?”

“Sento che il bambino è lì, da qualche parte..."

"D'accordo..." rispose Jarod.

Si alzarono ed uscirono di corsa dall’ufficio.

CENTRO, ore 5.30 p.m.

Parker si trovava di fronte all’ufficio di Sidney; sospirò e poi si decise a bussare.

"Avanti!"

"Sid...posso venire un momento?"

"Parker...di solito non bussi mai! – disse lui sorpreso - Ma certo, entra! E' successo qualcosa?”

"Com'è andata la battuta di caccia di mio fratello?" domandò lei sorridendo.

"E' tornato con un pugno di mosche in mano...come immaginavo!"

"Non avevo dubbi al riguardo...in ogni caso...non penso che vedrò Jarod questa sera...prima mi ha contattato dicendomi di essere impegnato..."

"Beh...sai com'è...lui aiuta continuamente il prossimo! Ma sono sicuro che verrà presto da te...e tu finalmente gli potrai dire del bambino..."

Sidney scoppiò in una tenera risatina.

"Sarei proprio curioso di vedere la sua faccia quando glielo dirai..."

"Sid...forse...ti devi abituare all'idea che...non glielo dirò affatto..."

"Cosa? Ma che stai dicendo? Non avevi detto che..."

"Sidney...basta! Non mi va di parlarne ora, ma...ho deciso di troncare questa storia...e non gli dirò niente del bambino!"

"Ma perché?"

"Forse abbiamo tutti quanti un'idea di Jarod troppo elevata...per ciò che è in realtà...ora scusami, ma torno a casa...sono piuttosto stanca e ho una fame pazzesca..."

Si sforzò di sorridere, ma Sidney non stava facendo lo stesso mentre lei usciva dal suo ufficio...

GEORGIA, ore 9.00 p.m.

Jarod e Rachel erano a casa di Wilson da più di due ore e non avevano ancora trovato niente. Il buio era calato ed ora sarebbe stato ancora più difficile trovare Simon.

Avevano controllato ogni numero, ogni segno, ogni pietra...ma non aveva scoperto nulla di nuovo.

“Se fossi io il rapitore...lo metterei in un posto riparato, desolato, di modo che anche se lui urlasse...nessuno lo sentirebbe!”

“Un posto rumoroso quindi...” continuò Rachel.

“Esatto...”

Rachel guardò la casa: l’interno era buio e umido, faceva freddo ora che era venuta sera. Iniziò ad avere alcune visioni e nel frattempo descriveva a Jarod ciò che vedeva.

“E’ un posto umido...lo ha portato in un posto umido per farlo sentire come lui, come si sente solo in questa casa...lo ha trascinato...al buio...”

Jarod ascoltò attentamente, ma poi gli venne in mente un dettaglio che avevano trascurato. Prese in mano una mappa della zona e chiamò a sé Rachel.

“Guarda...a qualche miglio da qui c’è una diga! E’ una diga molto grande, ma praticamente auto gestita...”

Rachel sorrise e poi tornarono simultaneamente in macchina diretti là.

Ci impiegarono poco meno di venti minuti a raggiungerla e iniziarono a setacciare gli spazi esterni.

Su ogni comparto c’era un numero ad indicarlo, così si divisero cercando il 332.

“Jarod! Eccolo!” gridò ad un certo punto Rachel.

Lui la raggiunse ed insieme entrarono dalla porta; dopo qualche minuto giunsero in una stanza umida e buia, senza illuminazione.

Jarod accese la torcia e controllò in ogni angolo; non riusciva a distinguere nulla, così iniziò a chiamare Simon a gran voce. Ad un certo punto notò un fagotto di coperte muoversi e entrambi si avviarono verso di esso.

Rachel tolse le coperte e finalmente, dopo tanto tempo, trovò Simon.

Gli tolse la fascia che gli bloccava la bocca e la benda che aveva sugli occhi, poi Jarod lo prese in braccio ed uscirono.

“Calmati Simon...è tutto finito... – sussurrò cercando di calmarlo – E’ tutto finito...”

“Voglio tornare dalla mamma...” riuscì a dire lui singhiozzando.

“La mamma ti sta aspettando...chiamo la centrale, Jarod!” rispose Rachel sorridendo.

ATLANTA, LA MATTINA DOPO, ore 9.00 a.m.

"Bene...sono davvero contento di averti aiutato a risolvere la situazione, Rachel..." stava dicendo Jarod.

"Anch'io sono contenta che tu sia tornato...per aiutarmi!"

Rachel si avvicinò a lui e cercò nuovamente di accattivarselo.

“Non ci posso credere...in un giorno hai trovato un pazzo che noi stavamo cercando da mesi...sei davvero incredibile...”

Fece di nuovo per baciarlo, ma questa volta Jarod si spostò dalla sua presa.

"Rachel... – le disse allontanandosi - Senti...tu sei una donna fantastica, intelligente...e bellissima..."

Lei sorrise pronta quasi ad una dichiarazione.

"Ma...vedi...tu non mi piaci, perchè io...amo un'altra donna..."

A questo punto, visibilmente delusa, si fece più seria e si sedette.

"Già...capisco...deve essere davvero speciale per aver rubato il tuo cuore...”

Jarod sorrise pensando a Parker.

“Lei è molto fortunata comunque..."

"Beh...sono io molto fortunato ad averla trovata...e comunque ti auguro di trovare un uomo...che sia degno di te..."

"E io ti auguro buona fortuna!" concluse abbracciandolo.

"Alla prossima..." sussurrò lui. Poi le fece l’occhiolino ed uscì.

Jarod non fece in tempo a salire in macchina, perché gli squillò il cellulare.

“Pronto?”

"Ancora ad aiutare il prossimo?"

"Sidney! Come va la vita al Centro? Ho sentito dire che Lyle ha appena fatto un buco nell'acqua..."

"Te l'ha detto Miss Parker?" domandò speranzoso.

"No...a dire la verità non la sento da ieri pomeriggio...l'ho chiamata mentre ero con una collega, ma poi ho dovuto riattaccare...sta bene?"

"In effetti...non tanto! Ho l'impressione che tu l'abbia un po’ trascurata ultimamente..."

"Beh...Sid, ho avuto da fare...e poi prima passavamo anche interi giorni senza mai sentirci..."

"Ma adesso le cose sono cambiate tra voi!"

"Senti Sid...lei ha accettato il fatto che finchè le cose non cambieranno...il nostro amore sarà sempre ostacolato...però non penso che lei possa mettere in dubbio la mia fedeltà..."

"Mi ha fatto strane domande...per esempio se ho mai dubitato della tua sincerità! Come se non si fidasse più tanto di te...”

"E perchè mai dovrebbe dubitare?"

Ma poi gli venne in mente che il giorno prima, quando erano al telefono, l’aveva sentito parlare con Rachel.

"Ah...forse ho capito..."

"Sei ancora in tempo per farti perdonare, Jarod!"

"Ci penserò immediatamente...che ore sono lì adesso? Le sette?"

"Sì...perché?"

Ma Jarod aveva ormai riattaccato.

CASA DI MISS PARKER, ore 9.00 a.m.

Parker si svegliò di malavoglia; si mise la vestaglia diretta in cucina e arrivò distrattamente in soggiorno.

Prese la posta che era stata infilata dalla fessura nella porta, si voltò gettandola sul tavolo...ed allora notò la novità.

Di fronte a sé c’era un immenso mazzo di rose rosse e altre erano sparse per tutta la cucina e sul tavolo.

Sorrise e andò a controllare il bigliettino che pendeva dal mazzo principale. Sopra c’era scritto Be My Valentine a caratteri cubitali.

In quel momento il suo telefono squillò e si affrettò a rispondere.

“Pronto...” sussurrò annusando l’odore che i fiori emanavano.

"Spero che le rose ti siano piaciute!"

"Non capisco come mai, Jarod...oggi non è San Valentino...sebbene non dimentichi mai quelli che abbiamo passato insieme..."

"Volevo scusarmi con te...ti ho trascurata in quest'ultimo periodo!"

"Perché pensi una cosa del genere?" chiese lei, immaginando che Sidney avesse chiamato Jarod.

"Devo ammettere che è stato Sidney ad aprirmi gli occhi..."

"Beh...comunque sono contenta che l'abbia fatto...ci sono rimasta un po' male ieri quando..."

"Lo so...ti riferisci alla donna che c'era con me...non c'è niente tra noi, era solo una vecchia amica e collega di lavoro!"

Lei sorrise sollevata.

“Ha detto che tu sei molto fortunata...ma il fortunato sono io...tengo molto a te, Parker!"

"Lo so, Jarod...e comunque...volevo dirti..."

"Si?"

Parker cercò di dirgli ogni cosa, di raccontargli del bambino. Ma all’ultimo le sue parole furono ben altre.

Scosse la testa e cercò di sorridere mentre riprendeva il dialogo.

"Che anch'io tengo molto a te...e non vedo l'ora di rivederti..."

Jarod riattaccò sorridendo, ma Parker non era dello stesso umore: una lacrima le scese dai suoi bellissimi occhi. Però poi, ripensando al colore, al profumo e al numero immenso di quelle rose, sorrise di nuovo e andò a prepararsi per andare al lavoro.

Jarod, al contrario, si stese sul letto sereno: anche lui non faceva altro che pensare e ripensare e stranamente gli venne in mente un ricordo un po’ ingarbugliato.

Parker era scappata via...non mi aveva lasciato spiegare...e non aveva capito che quella bambina...non mi ricordo come si chiamasse...Era solo una simulazione, come tutto...Solo lei non è mai stata una simulazione per me!

Jarod, infatti, subito dopo che Parker era scappata indignata, aveva concluso il suo disegno aggiungendo i capelli alla bambina. Erano lisci e castani, e i suoi occhi erano azzurri come il cielo.

Jarod sorrise e prese in mano il suo portafogli: nello spazio per le foto aveva una stupenda immagine di sua madre, una dei suoi fratelli...e poi, da sempre...

Una foto di Miss Parker.


Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004 Antonio Genna

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