Sogno - parte 2
Miss
Parker si guardò intorno: non c’erano dubbi, era al Centro. Non aveva mai
visto da nessun’altra parte luogo tanto asettico e impersonale. La porta si
aprì, ma non entrò un dottore, bensì Sydney.
L’uomo
si accorse del miglioramento e sorrise – Sapevo che non avresti mollato,
Parker.
- Sydney perché sono qui?
- Non ricordi? Eri a caccia di Jarod e sei stata ferita da un proiettile
vagante. È quasi un mese che sei in coma, e ormai pensavamo che non ti saresti
più svegliata.
Miss Parker continuava a fissare il vuoto – Possibile che sia stato solo un
sogno?
- Vuoi dirmi cosa ti succede?
La donna raccontò a Syd quel che aveva sognato, di quanto le era sembrato reale
e lui le rispose che certe volte i sogni non erano altro che la proiezione dei
desideri dell’inconscio, di sogni che si cercava di reprimere a tutti i costi.
– Tu non ce la fai più a vivere così, non è vero?
- Dimmelo tu, Sydney. Mio padre e mio fratello non si sono neanche preoccupati
di venire quaggiù a vedere se sono viva o morta, Jarod non si farà mai
catturare da me, e io sarò costretta a vivere in quest’inferno fino alla
morte, in altre parole forse per non molto tempo ancora. Ti sembra che i miei
nervi possano reggere ancora per molto?
L’uomo le sfiorò una mano piena di comprensione e le consigliò di riposare,
ci teneva a rivederla in piedi nel minor tempo possibile. Quando rimase da sola,
Miss Parker pensò di nuovo alla vita che sognava di condurre fuori del Centro:
una casa, dei bambini, un marito… Senza rendersene conto si ritrovò a pensare
a Jarod, e non alla preda da catturare, ma all’uomo che era cresciuto con lei
e a cui lei aveva dato il primo bacio.
Contrariamente
agli ordini dei medici, appena fu in grado di alzarsi riprese il suo lavoro al
Centro, con gran gioia della popolazione di spazzini che lavorava lì. Molti la
sognavano di notte, altri si limitavano ad ammirarla da lontano, ma tutti si
erano resi conto che non era la stessa. Aveva un’espressione triste, come se
avesse perso qualcosa, ma nessuno di loro sapeva cosa le fosse successo
veramente dalla notte dello sparo.
Stava riordinando delle carte nel suo ufficio, quando sentì bussare. Suo padre.
L’uomo si avvicinò a lei, anche se sembrava un po’ in imbarazzo, e le
chiese come si sentiva oggi.
- Bene, papà, forse un po’ stanca. Perché?
- Angelo, nessuno si aspetta che tu riprenda subito a lavorare dopo quel che ti
è successo. Ascolta i medici, prenditi una vacanza…
- No, sto bene. Voglio subito rimettermi alla ricerca di Jarod. Sono arrivati
nuovi indizi?
L’uomo la guardò sorpreso – Vuoi dire che Sydney non ti ha detto niente?
La donna entrò come una furia nell’ufficio di Syd – Perché non mi hai
detto che Jarod era stato catturato?
Sydney le sorrise tristemente – Avrebbe
fatto qualche differenza?
- Chi è stato? Come ha fatto?
- Indirettamente sei stata tu, quando sei stata ferita. Jarod ti ha riportato
qui e non è più riuscito a scappare. Ora è Raines il suo supervisore, e a me
non è concesso neanche di vederlo.
- Dove lo tengono?
- Nel SL-20. Ci sono molti uomini di Raines da quelle parti, ed è impossibile
entrarvi senza essere notati.
Jarod di nuovo al Centro. Suonava un po’ assurdo, ma era la verità. Miss
Parker continuò a pensarci fino a quando tornò a casa. Alla fine c’era
riuscita, ma si sentiva stranamente giù di corda, e senza sapere perché.
Quando
il giorno dopo tornò al Centro e andò di corsa da Broots: doveva assolutamente
parlare con Jarod, e sapeva che seguendo i canali ufficiali le sarebbe stato
impossibile.
Il suo amico non la deluse, e simulando una prova antincendio le diede la
possibilità di arrivare indisturbata fino alla cella di Jarod. Miss Parker si
avvicinò alla porta e le diede un colpo leggero, per avvisare l’uomo della
sua presenza. – Jarod, sei qui?
- Miss Parker. Allora sei guarita.
- Solamente grazie a te, Jarod.
- Non ringraziarmi, tu avresti fatto lo stesso per me. Cosa ti ha spinto qui?
Miss Parker fece un respiro profondo – Jarod, perché le cose tra noi sono
diventate così complicate?
- Le circostanze, Parker. Evidentemente non era destino…
- Non m’importa dal destino! – si sorprese ad urlare. – Devo prendere una
decisione che forse sconvolgerà la mia vita e ho bisogno che tu sia sincero con
me.
- Cosa volevi chiedermi?
Miss Parker appoggiò la fronte alla porta. Dio, perché non riusciva a
confessargli di non aver mai smesso d’amarlo?
- Jarod… una volta tu mi dicesti di non aver mai dimenticato la ragazzina che
ti aveva dato il primo bacio. Cosa provi per lei adesso, anche se è tanto
cambiata?
Jarod dall’altra parte stava sorridendo. Immaginava lo sforzo che la donna
stava facendo per aprirgli il suo cuore. – Provo le stesse cose che provavo
allora. Io non ho mai dimenticato Melissa, forse tu sì.
Anche lei stava sorridendo ora – Ho solo messo a tacere il mio cuore e la mia
coscienza. Pensavo di evitare di soffrire, ma mi sbagliavo. Ora non posso più
ignorarli.
Aperta la porta si trovò faccia a faccia con Jarod, e gli si avvicinò. Ora
poteva vederlo chiaramente in faccia, ed aveva notato i lividi che evidentemente
gli uomini di Raines gli avevano provocato. Gli carezzò una guancia e gli
domandò se stava bene. Lui la rassicurò, dicendole che quel che vedeva sarebbe
scomparso in un paio di settimane.
- Invece di parlare di me, voglio sapere cosa
ti ha aperto gli occhi su di noi – le chiese prendendola tra le braccia.
- Quando sono entrata in coma ho cominciato a sognare una vita lontano da qui,
con te, dove nessuno sapeva del Centro. Solo al mio risveglio ho capito quanto
desiderassi una vita normale. È incredibile pensare che mi è occorso un mese
di coma e un colpo in testa per capire quel che volevo davvero!
I
due parlarono dei loro progetti, e giunsero alla ovvia conclusione che finché
fossero rimasti lì non sarebbero mai stati felici. Quando usci da lì, la donna
riuscì ad evitare per un soffio gli spazzini che stavano ritornando ai loro
posti e tornò a casa. Aveva una mezza idea su come far evadere Jarod, ma aveva
bisogno di molta calma e di non avere sguardi e orecchi indiscreti intorno. Ci
volle parecchio tempo per riuscire a chiudere ogni legame e pianificare tutto
senza destare sospetti, ma alla fine Miss Parker poté dirsi soddisfatta. Per
completare il tutto, recitò fino all’ultimo la parte della figlia devota
sull’orlo di una crisi di nervi e bisognosa di una lunga vacanza.
L’occasione di andarsene si presentò qualche giorno più tardi, e coinvolse
come al solito Broots e Sydney, spiegando loro cosa avevano in mente lei e
Jarod.
- Me lo sentivo. Sapevo che voi due stavate tramando qualcosa. È troppo presto
o posso farvi le mie congratulazioni?
- Piantala, Syd. Va da sé che sarete gli unici al corrente della nostra fuga,
ma non vi diremo altro. Meno sapete, meglio è.
E poi fece una cosa molto inusuale per lei: si avvicinò e li abbracciò.
- Grazie di tutto. Siete stati i migliori amici che io potessi mai avere.
Broots le fece i suoi auguri, e lei gli chiese un ultimo favore. Un’ora esatta
dal momento in cui Miss Parker lasciò il Centro, un virus entrato nel sistema
distrusse tutti i DSA che Raines aveva ripreso a Jarod, e mandò in tilt il
sistema. Il centro era in una tale situazione di emergenza che nessuno fece caso
a Jarod che, uscito dalla cella grazie al condotto di aerazione, dopo aver
stordito due agenti lasciò di nuovo il Centro e stavolta per sempre.
Girarono
il mondo per mesi, senza mai incontrarsi, disseminando tracce contraddittorie e
false piste. Quando a loro sembrò di essersi nascosti bene, si misero in
contatto e decisero di incontrarsi al JFK International Airport di New York.
Durante tutto il volo si era sentita nervosa, e quando l’aereo atterrò la
situazione andò peggiorando. Corse a ritirare il bagaglio, e corse fino
all’uscita del terminal. Si guardò intorno: dov’era Jarod? Non lo vedeva.
Oh mio Dio, e se gli fosse successo qualcosa? Lui doveva già essere là…
All’improvviso qualcuno l’abbracciò alle spalle e le mise una mano sugli
occhi.
- Indovina chi è arrivato… - le sussurrò Jarod all’orecchio.
Lei si voltò, il volto illuminato dal suo splendido sorriso, e lui l’abbracciò
sollevandola di un palmo da terra.
- Siamo liberi, Melissa. Per sempre.
E
questa volta, si ripromise Melissa mentre se ne andavano, non sarà solo un
sogno.
(scritto da Ilaria)