Quando gli incubi diventano realtà
RIASSUNTO: un brutto sogno turba il sonno di Miss Parker, finchè il suo incubo non diventa carne ed ossa…
DATA DI COMPOSIZIONE: dal 27 marzo al 4 aprile 2002
VALUTAZIONE DEL RACCONTO: adatto a tutti gli appassionati di Jarod
DISCLAIMER: si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e che tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The pretender" utilizzati nel racconto sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.
“Nooooooooo!!!!”
Miss Parker allargò le braccia ed accolse il corpo barcollante di Jarod, prima
che cadesse riverso per terra. La donna lo adagiò sul freddo pavimento ed
osservò la sua espressione. Jarod resprirava faticosamente ed alcuni rivoli di
sangue uscivano dalla sua bocca. Miss Parker appoggiò la sua mano su quella di
lui, quasi volesse aiutarlo a fermare il sangue che usciva dal foro provocato
dalla pallottola. Jarod stringeva la propria mano sullo stomaco, ma il sangue
usciva a fiumi. Il respiro affannoso, la vista che gli veniva meno. Cominciava a
vedere solo ombre e le voci rimbombavano nelle sue orecchie in un modo
innaturale. Gli sembrava di essere dentro una capsula di vetro. Non riusciva a
parlare ed a stento distingueva il volto della sua cacciatrice, dallo sfondo
alle spalle di lei. Sentiva cadere sul suo viso le calde lacrime della donna.
Miss Parker fissò con tutta la rabbia che poteva esprimere l’uomo dal volto di
pietra che aveva premuto il grilletto, mentre le lacrime le rigavano il bel
volto.
“Bastardo!!!” continuava ad urlare e nello stesso momento, con la mano, senza
distogliere lo sguardo dal meschino che le stava davanti, cercava la sua
pistola…Era in ginocchio e sulle sue gambe c’era la testa di Jarod il cui
respiro era sempre più flebile. La sua mano vagò finchè non toccò un oggetto
mettalico. Miss Parker lo afferrò e lo puntò verso l’uomo.
Quest’ultimo fece un ghigno e con voce arrogante e troppo sicura di sé esclamò:
“au revoir!!!”.
Il sibilo del proiettile che tagliava l’aria si udiva come un colpo di cannone…a
Miss Parker sembrò quasi di vederlo mentre percorreva la traiettoria nella sua
direzione, finchè non lo sentì penetrarle il petto. Era come se qualcuno
l’avesse spinta. Con la schiena andò all’indietro finchè non incontrò il
pavimento. Osservò il soffitto…riusciva a distiguere appena la luce opaca del
neon circolare che illuminava la stanza. Finchè non fu il buio…
“Ah!!!” esclamò Miss Parker alzandosi di
scatto. Il suo respiro era affannoso ed era tutta sudata. Si guardò in giro con
aria circospetta…era la sua stanza. Aveva fatto un incubo!
Si alzò dal letto ed andò in cucina, aperse il frigo e ne estrasse una bottiglia
d’acqua. Se ne versò un po’ in un bicchiere e bevve avidamente.
“Che brutto sogno!” esclamò. Andò in bagno e si osservò allo specchio, era più
bianca della neve fresca. Un movimento strano alle sue spalle. Si voltò e si
diresse alla finestra e scostò le tendine…
“Ciao!!!”
“Ah…” urlò la donna colta di sorpresa. Con rabbia aprì la finestra e
disse:”Jarod, ti sembra il modo di fare? Mi hai fatto prendere un infarto!!!”
L’uomo, con aria sorniona le rispose: “credevo che non fossi un tipo che si
spaventa per queste sciocchezze!” e dicendo questo entrò in casa dalla finestra.
Miss Parker lo seguì nel salotto, ma poi si diresse in camera sua dove prese la
propria pistola che puntò contro l‘eterno rivale.
“Cosa sei venuto a fare qui nel cuore della notte?” chiese Miss Parker
spazientita.
Jarod le sorrise e con non curanza si sedette su una poltrona ed appoggiò i
piedi sul piccolo tavolo davanti a sé.
Miss Parker lo osservò senza dire nulla, ma dentro di sé si sentiva bollire
dalla rabbia. Non sopportava di vederlo a suo agio nella propria casa. Abbassò
l’arma e ringhiò: “sputa l’osso!!!”
“Abbiamo un nemico in comune!”
Miss Parker sussultò, non perché l’idea di avere un nemico la spaventasse, ma
perché il volto dell’uomo sconosciuto che aveva sognato le si parò davanti, come
se fosse stato in quella stanza realmente.
Jarod la guardò con curiosità, notando la sua reazione e le disse: “vedo che hai
i nervi a fior di pelle…sai qualcosa?”
Miss Parker tornò in sé e facendo finta di non averlo sentito con un gesto della
mano gli indicò di andare avanti. Jarod, sorvolò quella situazione e continuò:
“ho spiato tuo padre in questi giorni - si fermò notando l’espressione di
disapprovazione della sua interlocutrice, ma poi continuò – era sempre in
compagnia di Lyle…”
“Ed allora- lo interruppe la donna –sono padre e figlio…”
“Non è questo il punto, oltre a loro due c’era sempre un altro uomo”
“Ah, si?”
“Sì, un uomo con un attegiamento molto sicuro di sé e molto presuntuoso”
Miss Parker ebbe un altro sussulto, vedeva l’uomo del suo incubo da tutte le
parti in quella stanza.
“Parker, qualcosa non va?” chiese Jarod.
Miss Parker fu tentata di raccontargli il suo sogno, ma si disse che era una
donna realista e di certo non andava dietro alle visioni. “Cosa ti fa credere
che questo uomo sia un nostro nemico comune?” chiese invece.
“Me lo fa credere il fatto che ho ascoltato una loro conversazione e Lyle diceva
che ci voleva entrambi morti”.
La donna fece una risata isterica e di nuovo quell’uomo che le puntava la
pistola e le sparava, le apparve.
“Basta!” urlò senza rendersene conto.
Jarod si alzò dalla poltrona e le andò vicino e prese le mani di lei tra le sue.
Miss Parker si era coperta il volto, ma Jarod la costrinse a guardarlo. Era
sinceramente preoccupato e la sua espressione chiedeva delle spiegazioni.
“Sono stanca di questa vita…” disse semplicemente, mentre le lacrime
cominciavano a fare capolino nei suoi occhi blu.
Jarod non disse una parola, la fece accomodare sul divano ed andò in cucina a
prepararle una tisana. Miss Parker la sorseggiò, ma poi chiese al suo ospite:
“perché vorrebbero morta anche me? Capisco te…”.
“Perché stiamo scoprendo un sacco di cose e molto velocemente…vogliono fermarci
prima che arriviamo alla radice di tutto!” rispose l’uomo.
Parker posò la tazza che teneva fra le mani ed appoggiò la testa sul comodo
schienale e disse, più a se stessa che a Jarod: “perché mio padre permetterebbe
ciò?!”.
Jarod sorrise e con tono sarcastico le rispose: “perché si vergogna dell’essere
meschino che in realtà è…”
Miss Parker si alzò di scatto e con furia si avvicinò a Jarod, gli puntò un dito
e con tono minaccioso: “permettiti di parlare ancora così di mio padre, e ti
farò strisciare come un verme per il resto della tua vita…genio dei miei
stivali!!!!”.
Jarod, non rispose e lei gli diede le spalle, ma si capiva che stava piangendo,
le spalle erano scosse dai singhiozzi e si era voltata per non farsi vedere.
L’uomo le si avvicinò, la girò lentamente e l’accolse tra le braccia. Lei
accettò inconsapevolmente quell’invito e gli si accoccolò al petto…non importava
fosse Jarod la persona che la stava consolando, sapeva solo una cosa ed era che
in quel momento, il calore di un abbraccio, era l’unica cosa che desiderasse.
Si svegliò nel suo letto. Si guardò in
giro…Jarod era sparito. Ricordava di essere stata per molto tempo tra le sue
braccia, sul divano. Probabilmente si era addormentata e lui l’aveva coricata
nel suo letto. Si alzò, andò in bagno e si mise la maschera di tutti i giorni,
quella della regina dei ghiacci: fredda, impenetrabile, dura e sprezzante.
Quando arrivò al Centro, Miss Parker si recò subito nell’ufficio di Sidney.
Entrò con talmente tanta irruenza che l’uomo scattò dalla sedia. La donna lo
fissò con curiosità: “Sid, hai la coda di paglia?”
L’uomo raccolse il fascicolo che aveva fatto cadere per terra nel tentativo di
nasconderlo alla vista di chiunque, indesiderato, fosse entrato nella stanza.
Miss Parker si avvicinò e glielo strappò dalle mani.
“Cos’è?” chiese.
“E’ il curriculum di un uomo che lavora per Reines!”
“Interessante, cosa fa nelle tue mani?”
“Ho chiesto a Broots di procurarmelo, ero molto preoccupato”
“Spiegati meglio…”
Sidney la fissò per alcuni interminabili secondi, mentre lei si sedette sulla
scrivania e sfogliava distratta il fascicolo.
“Sto aspettando Sid…” lo incitò lei.
“Si chiama Voltaire…Maxime Voltaire”
Au revoir….au revoir…au revoir….quel saluto si fece strada nella sua mente come
una cascata. Miss Parker si tenne la testa con le mani, come a voler frenare
quella parola.
“Miss Parker?!” chiese Sidney con tono preoccupato ed alzandosi per avvicinarsi
a lei.
“Sto bene, sto bene…continua!”
Sidney tornò a sedersi un po’ dubbioso e continuò:”Voltaire non è nuovo al
Centro. Diciamo che è il braccio operativo del triunvirato. Ha partecipato a
parecchie missioni in medioriente, in Asia, in Africa. Oltre ad essere un
trafficante d’armi, è un feroce assassino. Ha a suo carico la morte di un paio
di ministri e alcuni attentati a varie ambasciate”.
“Un tipetto docile…” disse sarcastica Miss Parker appoggiando il curriculum
sulla scrivania.
“Quest’uomo ha l’incarico di controllarci. Raines sospetta che noi, invece di
cacciare Jarod, lo copriamo!”.
Miss Parker si sentì gelare il sangue: “perché un uomo con un curriculum così
specializzato, dovrebbe essere messo a fare il cane da guardia a dei poveri ed
onesti lavoratori come noi?” chiese cercando di sdrammatizzare la situazione e
cercando di fermare l’ansia che inaspettatamente l’aveva colta.
“Perché non lavorate bene e non prendete sul serio l’importanza che Jarod ha per
il Centro…” rispose una voce molto profonda, con un forte accento francese, alle
loro spalle.
Sidney e Miss Parker guardarono l’alta figura dell’uomo che stava in piedi sulla
porta.
“Ho cercato di fermarlo…”cercò di scusarsi Broots che era arrivato in quel
momento dirigendosi vicino ai suoi colleghi.
L’uomo dall’accento francese, aveva un espressione marmorea. I suoi lineamenti
sembravano scolpiti nella roccia. Aveva i capelli brizzolati, un uomo sui
quaranta, e profondi occhi neri…occhi indagatori. Sul viso aveva stampato un
sorriso arrogante. Sembrava un uomo fiero e sicuro di sé.
Miss Parker l’osservò a bocca aperta…
“Sono Maxime Voltaire, il vostro cane da guardia!” disse guardando Miss Parker
con ammonizione e sarcasmo. La donna non poteva credere ai suoi occhi, era
lui…era l’uomo del suo incubo. Era lì, in carne ed ossa…Continuava ad
osservarlo, finchè la figura dell’uomo non cominciò a raddoppiare, triplicare,
quadruplicare…finchè non cominciò a vederlo girare insieme alla stanza, finchè
non lo vide più.
“Miss Parker…Miss Parker?”
Chi è che la chiamava? Aprì lentamente gli occhi e vide i volti preoccupati di
Broots e Sidney.
“Dove sono?” chiese con voce stanca.
“Sei in infermeria, sei svenuta!” rispose Broots sottovoce.
“Svenuta?”chiese ancora lei.
“Sì, sei caduta come un sacco di patate. Sapessi lo spavento…”rispose Broots.
“Ti senti bene Parker?” chiese Sidney.
Lei lo guardò e poi rispose:”ho un po’ di mal di testa. Sarà un sintomo di
influenza…sono un essere umano anche io, l’epidemia che c’è in giro avrà
contagiato anche me” rispose continuando a rimanere sdraiata.
“Vuoi che ti accompagni a casa?” chiese Broots.
“Sì, è meglio di sì” rispose la donna alzandosi lentamente, si sentiva come uno
straccio strizzato per benino.
Miss Parker si distese nel letto a pancia in giù. Era la prima volta che sognava
un uomo ed il giorno dopo se lo vedeva apparire davanti. Era diventata veggente?
Sorrise al pensiero. Però, quell’uomo lo aveva sognato uccidere Jarod e poi lei.
Il pensiero la fece rabbrividire…ripensò al volto sofferente di Jarod, alle
lacrime che aveva versato per lui…sembrava tutto così vero…
Jarod era la sua preda, ma non per questo desiderava la sua morte. La notte
passata si era sentita protetta quando lui la teneva stretta tra le braccia. Da
quando era morto Thomas, lei non aveva più avuto nessun altro uomo, quasi aveva
dimenticato cosa significasse l’abbraccio di una persona cara…una persona cara?
Jarod era una persona cara? Sicuramente, se glielo avesse chiesto, lui si
sarebbe fatto in mille per aiutarla, ma il suo orgoglio le impediva di umiliarsi
per chiedere soccorso a Jarod…ma sapeva che lui, non le avrebbe negato nulla,
nulla…
“Jarod” disse a mezza voce…”dove sei?”
Chiuse gli occhi e quando li aprì si accorse di aver dormito un’oretta. Accanto
al suo letto c’era Jarod che la guardava con il mento appoggiato sulle mani
chiuse a pugno.
La donna lo osservò e sorrise, il desiderio di vederlo era stato esaudito.
“Sembra che tu non sia sorpresa nel vedermi…”notò Jarod.
“Ormai, con te, non mi stupisco più di nulla”
“Ho saputo da Sidney che sei svenuta nel suo ufficio ed allora sono venuto a
vedere come stai…”
“Sto bene, ora puoi andare, se non vuoi che ti riporti al Centro!” rispose lei
sgarbata.
“Pensavo che per un attimo ti fossi addolcita ed invece…”
“Senti Jarod, sto veramente bene…ho avuto solo un abbassamento di pressione!”
“E’ per via di quell’uomo, Voltaire, non è vero?”
Miss Parker lo fissò e poi aprendo il cassetto del suo comodino, ne estrasse
fuori un pacchetto di sigarette.
“Non avevi smesso?”chiese Jarod.
Dal canto suo, la donna si accese una sigaretta e gli soffiò in faccia il fumo,
facendolo tossire.
Jarod la fissò con disprezzo per pochi secondi, ma poi le sorrise subito: “non
cambierai mai, vero Miss Parker?”
Lei non gli rispose, ma cambiò argomento:”quell’uomo non mi piace ed è un nemico
comune! Controlla noi che abbiamo il compito di catturarti. Non lo voglio tra i
piedi!!! Devi aiutarmi a mandarlo via!” . Le ultime parole furono quasi una
sorta di implorazione e le uscirono naturali.
“L’ho sognato!” continuò.
“cosa?”
“Ieri notte ho sognato quell’uomo che ci uccideva entrambi e non lo avevo mai
visto prima, te lo giuro!”
“Ti credo!”
Miss Parker osservò Jarod e gli sorrise.
“Devo chiedere a mio padre delle spiegazioni…”
Il campanello interruppe la loro conversazione. Miss Parker si agitò e dicendo a
Jarod di nascondersi, andò ad aprire la porta.
Mr Parker e Voltaire entrarono nella casa.
“Buongiorno angelo mio, stai meglio?” chiese il padre della donna con tono dolce
e cordiale.
“Papà, sto meglio…accomodatevi!” disse da brava padrona di casa.
Voltaire non smetteva di osservarla e lei si sentiva estremamente agitata…,
sembrava un segugio che puntava la sua preda.
“Lo sai che da oggi, il signor Valtaire sarà nella tua squadra?”
“Sì, papà, lo so!”
Maxime fece il suo sorriso arrogante e le chiese: “spero che tu non sia svenuta
solo per l’idea di lavorare con me?”
Miss Parker lo congelò con lo sguardo e gli rispose: “non sono una mocciosa!”
“Su bambina mia, dovete fare amicizia, infondo, sarete sempre a stretto contatto
da domani”
“Bella prospettiva…”
Maxime rise e le disse: “ti abituerai presto a me!”
Miss Parker, con tono infuriato e rivolta a suo padre esclamò: “posso sapere
perché ci avete sguinzagliato addosso un cane da guardia?”
“Angelo…”
“Non chiamarmi così e non cercare di raggirarmi con le tue parole false!” urlò
la donna.
“Non fate bene il vostro lavoro” intervenne Voltaire.
Miss Parker lo fulminò con lo sguardo: “non lavoriamo bene?! Sei mai stato a
caccia con noi? Hai mai inseguito Jarod? Sai chi è Jarod? Sarai pure uno
spietato assassino, ma non sai cosa significhi cacciare Jarod!!!”
Voltaire fece una sonora risata e rispose: “voi aiutate Jarod nel cercare di
smembrare il Centro, non lo avete mai cercato veramente!”
Miss Parker si infuriò, prese il vaso che teneva sul tavolo, gli tolse i fiori e
rovesciò l’acqua contenuta all’interno in faccia a Voltaire. Avrebbe voluto
romperglielo in testa, ma era appartenuto a sua madre e non sarebbe stata
certamente una fine onorevole, per quell’oggetto, essere rotto in testa a quel
viscido essere.
“Sicuramente, Jarod, è molto più utile fuori che dentro al Centro! Ed io, non me
ne potrò mai andare, se lui non tornerà in gabbia…” concluse con una fredda
calma.
Mr Parker si alzò in piedi e si diresse verso la figlia e con delicatezza le
tolse il vaso dalle mani. “Angelo, perdona la sfacciataggine di Monsieur
Voltaire…”
La donna si sganciò dalla stretta del padre che le aveva messo le mani sulle
spalle e con tutta la rabbia che aveva in corpo gli urlò: “tu non fai mai niente
per difendermi!”
Dicendo così, si diresse verso la sua camera e si chiuse a chiave al suo
interno, si appoggiò alla porta con la schiena e si lasciò scivolare fino a
sedersi sul nudo pavimento.
Jarod la osservò senza proferire parola e lei lo guardò in silenzio. Aspettarono
entrambi di sentire andare via l’auto parcheggiata fuori, prima di parlare.
“Quell’uomo, lo odio e l’ho visto solo oggi…è sfacciato e non si preoccupa di
nascondere nulla di ciò che sta alle spalle del suo assoldamento. E mio padre
!?…” non disse più nulla, solo girò lo sguardo a fissare un punto indefinito
della stanza. Avrebbe combattuto quell’uomo e non si sarebbe più fatta
terrorizzare da quell’incubo che dalla notte precedente aveva continuato a
perseguitarla.
“Voltaire, qual è il tuo piano?” chiese un
uomo con il volto nascosto dalla penombra della stanza.
Maxime Voltaire stava seduto a gambe accavallate sulla poltrona di pelle situata
al centro dell’immenso ufficio in cui si trovava. L’arredamento era esuberante,
ma ricco. Oggetti in cristallo ed in argento facevano la loro bella figura sulle
mensole alle pareti, sull’armadio e sulle altre superfici e quadri con scene di
caccia tribale, tappezzavano le pareti. L’uomo nella penombra aspettava una
risposta, ma Maxime fece spallucce e spense la sigaretta nel posacenere di
cristallo sulla scrivania davanti a sé.
“Maxime?”
“Non ne ho idea, so solo che se faccio perdere la pazienza a quei tre, prima o
poi, finiranno per tradirsi! La mia figura ed il mio curriculum li ha
inquietati. Pensavo che l’osso più duro sarebbe stata proprio Miss Parker, ma ho
notato che la mia presenza la turba alquanto.”
“Saprà qualcosa in più sul tuo conto?”
“Almeno che non sei stato tu a parlare o Raines, nessuno sa chi io sia in
realtà…neanche Mr Parker e Lyle!”
L’uomo nella penombra si fece avanti, venendo sotto la luce soffusa della
lampada da tavolo, sul suo volto c’era un sorriso.
“E’ l’ora di riorganizzare il Centro, ma una persona dobbiamo tenerla…”
“Sì Matumbo, Jarod sarà l’unico ad uscirne vivo…”
“Ci tengo, Voltaire!”.
Maxime Voltaire si diresse verso la sua auto,
mentre la pioggia cominciava a scendere. L’uomo si aggiustò il cappello che
portava in testa e si strinse nella giacca dopo che una folata di vento gelido
aveva fatto rabbrividire il suo corpo. Aprì la portiera dell’abitacolo e si
sedette in macchina con molta fretta, il tempo non permetteva di stare fuori a
lungo senza congelarsi. Uscì dai parcheggi del Centro e si diresse lungo la
strada con andamento tranquillo. Si accese la radio ed una sigaretta. Sarebbe
andato a casa a farsi una doccia calda e poi sarebbe uscito a cena. Quella sera
Mr Parker e figlia sarebbero stati a cenare in un ristorante italiano e lui era
stato invitato dal padre della donna. Un ottimo espediente da utilizzare per
mettere Miss Parker alle strette. Voleva chiudere tutto in fretta, quella gente
era stata libera di fare ciò che voleva per molto tempo.
“Ma cosa…” disse facendo morire la frase tra le labbra. Una lunga fila di
macchine procedeva a passo d’uomo e non gli restarono alternative che mettersi
in coda. Fu costretto a fermarsi parecchie volte, finchè non arrivò a vedere la
causa del lungo rallentamento. Un camion merci era riverso al centro della
strada e tutte le casse di frutta ostruivano il passaggio. Sembrava che nessuno
si fosse fatto male…Si fermò al cenno del polizziotto che dirigeva la
circolazione, davanti a sé aveva ancora una decina di auto. Udì scattare la
portiera. Si girò per guardare l’uomo che gli si sedeva accanto. Rimase stupito,
non avrebbe mai immaginato una cosa così ardua, ma doveva aspettarselo.
“Sei venuto a farmi compagnia?” chiese con tono gioviale.
“Riparti…” rispose Jarod indicandogli il poliziotto che aveva fatto cenno di
ripartire.
“Perché questa tua apparizione? lo sai che posso riportarti al Centro senza
darti il tempo di accorgertene?”
Si fermò nuovamente al cenno del polizziotto.
“Credi che non ho preso le mie precauzioni?” chiese Jarod beffardo.
“Hai causato tu questo incidente?”
“Ho fatto in modo che nessuno si facesse del male!”
Voltaire rise sonoramente e gli disse:” credi che non ti possa puntare una
pistola davanti a tutta questa gente?”
“Non puoi, ma io sì”.
Jarod aspettò che Maxime superasse gli agenti ed estrasse la pistola dalla
fondina dell’uomo e gliela puntò in mezzo alle gambe.
Con un sorriso sornione, Jarod, cominciò a parlare:”cosa vuoi dalla squadra di
Parker?”
“Me lo chiedi? Te e le loro teste!”
“Loro non hanno niente a che fare con me, non ho bisogno di loro. Ho abbastanza
cervello per potermela cavare da solo!”
Voltaire lo guardò con curiosità e poi accostò l’auto.
“Mi sei simpatico, Jarod…hai fegato!”
“Chi sei?” chiese il simulatore.
“Sono il braccio operativo del triunvirato!”
“Perché hanno chiamato te?”
“Ma perché al Centro preme riaverti a casa…” disse con tono pateticamente dolce.
“La mia casa non è il Centro!”
“Ma come? Sei cresciuto la dentro…”
Jarod capì che quell’uomo voleva fargli perdere la pazienza e gli rispose: “è la
legge della natura…prima o poi, tutti si devono distaccare dalle ali materne per
andare ad affrontare il mondo!”
Voltaire lo guardò con un sorriso beffardo e gli disse:”i topi da laboratorio
vengono cresciuti per stare in gabbia!”
“Sei un uomo, ci tieni vero?” disse Jarod premendo la canna della pistola
nell’inguine dell’uomo.
Maxime Voltaire rispose:”premi il grilletto!”
Toc..toc..
Qualcuno bussò al vetro della portiera dalla parte del guidatore, Maxime si
voltò e vide una figura indefinita attraverso il finestrino appannato a causa
della pioggia che gli chiedeva di aprirgli. Lui ubbidì e la signora anziana che
gli stava davanti disse, quasi in lacrime: “mi è scoppiata una ruota, non è che
potrebbe darmi una mano?”.
Maxime si voltò verso il suo passeggero, ma questo era sparito portandosi via la
pistola.
Jarod era fradicio, era tornato a casa a
piedi, ma era soddisfatto. Aveva, in pochi minuti di dialogo, raccolto
abbastanza informazioni per il suo scopo.
Si era disteso sul suo letto senza cambiarsi e quando si era rialzato, si
vergognava di se stesso. Era entrato nella mente di Maxime Voltaire, aveva
pensato come lui, aveva ragionato come lui e la cosa non gli piacque…Aveva
provato i sentimenti viscidi di quell’uomo…ma tutto quello gli sarebbe servito
per combattere ad armi pari con lui ed anticipare le sue mosse. Quel dialogo in
auto gli era stato utile per avere elementi a sufficienza su cui fare una
simulazione. Lo aveva capito al primo sguardo che era un uomo pericoloso, quel
francese. Non gli serviva una simulazione per capire che non aveva scrupoli.
Jarod si alzò dal letto mentre gli venne alla mente il sogno di Miss Parker…aveva
avuto una premonizione. Se non facevano qualcosa, lui e Miss Parker avrebbero
fatto una brutta fine.
Prese il cellulare e compose un numero…al quinto squillo, una voce stanca
rispose.
“Qualcosa non va?” chiese
“Non ho dormito per niente in questi due giorni, sono preoccupato per Parker!”
“Lo sono anche io, ma non solo per lei!”
“Chi ti preoccupa?”
“Tu, io, Broots…” rispose Jarod.
Uno sbuffo spezzò il silenzio che si era creato.
“Sidney?”
“Ci sono, ci sono! Tu cosa pensi di questo Voltaire?”
“E' un uomo pericoloso, ma ho parlato con lui il tempo necessario per carpire la
sua personalità!”
“Già, quasi dimenticavo tu fossi un simulatore…cosa hai imparato da quell’uomo?”
“Di tenere tutti i sensi all’erta ed ho capito che lui gioca con la mente, vuole
intimorirci!”
“E' bravo?”
“Devi sapere fare il suo gioco!”
Sidney sorrise, ma non ebbe il tempo di ribattere che la linea era caduta.
“Stavi parlando con Jarod?” chiese Broots a
bassa voce. Era entrato nella stanza a conversazione in corso.
“Sì”
“Ma sei matto? Quel Voltaire ci sta alle costole e tu parli con Jarod?” disse a
denti stretti cercando di non farsi sentire.
Sidney si alzò dalla sedia ed indossando l’impermeabile gli disse con calma:
“vieni, ti offro un caffè!”.
Broots lo guardò stralunato e con aria sconsolata lo seguì.
“Dove state andando?” chiese Miss Parker raggiungendoli lungo il corridoio…
“A prendere un caffè!” rispose Sidney
“Vengo anche io con voi”
Il bar era pieno di gente, ma riuscirono a trovare ugualmente un tavolo al quale
sedersi. Miss Parker aspettò che la cameriera finisse le ordinazioni e poi con
la sua solita impazienza chiese a Sidney: “secondo te cosa sta succedendo? Ho
visto mister “cane da guardia” uscire dalla zona proibita, quella del
triunvirato”
Broots divenne pallido: “siamo messi male!!!”
“Ma di che ti preoccupi?!- sbottò miss Parker – hai la coscienza sporca? Sei tu
che passi le informazioni a Jarod?”.
“No, non sono io!”
Sidney sembrava l’unico sereno tra i tre…”nessuno di noi aiuta Jarod, perché ci
preoccupiamo?”
Miss Parker lo fissò come a voler cercare di capire se quella domanda
nascondesse altro e poi rispose: “nessuno si fida di noi! Io non aiuto Jarod, ma
allo stesso modo cerco di mettere il bastone tra le ruote a Raines e Lyle e
forse questo da fastidio…”concluse.
La cameriera portò tre tazze di caffè ed il conto. Miss Parker osservò con
sguardo accigliato lo scontrino e, gettandolo al centro del tavolo disse: “una
rapina…3 dollari per dell’acqua sporca, una rapina!!!”
Don…don…le due del mattino.
Il rumore della chiave che girava nella toppa, fece svegliare Jarod che con un
balzo felino scattò dalla poltrona e andò a nascondersi nella camera da letto.
Si appiattì contro il muro dietro la porta e attese che i passi si
avvicinassero…Miss Parker entrò nella stanza lanciando un sonoro sbadiglio.
Jarod stava alle sue spalle, mentre lei cominciò a sbottonarsi la camicia. Jarod
rimase per un attimo impietrito dalla tentazione di osservarla denudarsi, ma si
svegliò dal torpore: “Ciao Parker!”
La donna si girò con aria minacciosa estraendo la pistola dalla fondina.
“Ti consiglio di vestirti!” disse Jarod indicandole la camicia aperta che
lasciava vedere la biancheria ed il ventre piatto.
Miss Parker fece un sorriso malizioso: “non hai mai visto una donna seminuda?”
“Non ho mai visto te, seminuda!” rispose Jarod leggermente in imbarazzo.
La donna adagiò l’arma sul letto e come se davanti a lei non ci fosse nessuno,
si tolse la camicia e si mise una felpa piegata su una sedia. Jarod uscì dalla
stanza…quella donna lo faceva sentire a disagio. Lui era un gentiluomo!
Miss Parker lo raggiunse in salotto e gli chiese: “a che devo questa visita?”
“Volevo sapere come era andata la cena con tuo padre e Voltaire…”
“Se fossi stata in una camera a gas, mi sarei sentita meglio!”
“Ti ha provocata, vero?”
“Non ha smesso un minuto di insultarmi…per quanto mi disgusta e mi sembra strano
collaborare con te, Jarod, voglio che quell’uomo sparisca dalla mia vita reale e
dai miei sogni e solo tu puoi aiutarmi!”
Jarod fece un mezzo sorriso per le parole gentili della sua vecchia amica di
infanzia…ma lei era fatta così ed era speciale proprio per quello!
Miss Parker si sedette sul divano e continuò: “quell’uomo è libero di
frequentare gli uffici riservati al triunvirato, quell’uomo è libero di
rispondere a mio padre …e Lyle, che fa? Gli lecca i piedi…non è da lui. Mi
sembra un re!”
“Quell’uomo è molto sicuro di sé, ma ho in mente come neutralizzarlo!”
“Come?”
“Simulare una mia cattura!”
Miss Parker lo guardò interessata ed aggiunse: “bada che quando tutto questo
sarà finito, tu sarai nuovamente la mia preda ed io la tua cacciatrice”
Jarod sorrise: “vedremo…comunque – disse cambiando discorso - lascerò degli
indizi come al solito e…”
L’uomo spiegò il suo piano a Miss Parker nei minimi dettagli e le confermò che
Broots e Sidney avrebbero avuto anch’essi un ruolo nella messa in scena!
“Jarod, ti prometto che il Centro avrà ogni riguardo per te alla fine di tutta
questa storia!”
“Io non tornerò mai più al Centro…non sono un topo da laboratorio, ma un essere
umano con dei sentimenti e dei sogni!” dicendo così uscì dalla casa.
Miss Parker lo osservò chiudersi la porta alle spalle e distendendosi sul divano
pensò alle parole di Jarod…certo, anche lui aveva diritto alla libertà, ma la
libertà di Jarod significava continuare a stare tra le fredde mura del Centro
per lei…doveva scegliere, o lui o lei! E poi, non poteva abbandonare suo padre…
Era passato un mese…Jarod era andato via da
Blu Cove e per rendere il suo piano più veritiero possibile era andato in giro
per gli USA ad aiutare persone bisognose e a lasciare indizi. Aveva aiutato
un’anziana donna vittima di una compagnia di assicurazioni a Boston e poi un
ragazzo accusato ingiustamente di furto a New York. Miss Parker, Broots e
Sidney, erano volati da un luogo ad un altro in cerca di Jarod e Voltaire li
aveva seguiti scrutando ogni loro mossa e cercando di carpire quelle sospette.
“Ti vedo preoccupato…”disse Miss Parker rivolta a Voltaire.
L’uomo le sorrise e rispose:”sono un po’ stanco!”
“Hai visto anche tu che non è semplice inseguire Jarod…”
Maxime non le disse nulla ed alzandosi fece per uscire dall’ufficio di lei, ma
sulla porta si girò e con sguardo minaccioso e profondo la fissò per alcuni
interminabili secondi e poi ruppe il silenzio:”non vi ha mai detto nessuno che
giocare con il fuoco è pericoloso?” e con calma accese l’accendino che aveva
estratto dalla tasca. Lasciò che la piccola fiamma ardesse per altri
interminabili secondi e poi si accese la sigaretta che si era portato alla
bocca. Miss Parker l’osservò senza proferire parola, ma il suo volto aveva
disegnata un’espressione di sfida. Si erano guardati entrambi direttamente negli
occhi e nessuno accennava a desistere, finchè il bussare alla porta fece
distrarre entrambi.
“Ehm…scusate, interrompo?”
“Entra pure Broots, Monsieur “cane da guardia”, stava lasciando l’ufficio!”
rispose con fredda educazione Miss Parker.
Maxime Voltaire le sorrise e facendole l’occhiolino uscì dalla stanza…
“Hai scoperto qualcosa, Broots?” chiese la
donna, una volta accertata che nessuno li ascoltasse.
“La vita privata di Voltaire è un vero mistero. A differenza di tutti noi, non
c’è alcun fascicolo o file che documenti la sua vita fuori dal Centro. Si sa
solo che è nato a Dijon in Borgogna, Francia”.
“Sei entrato negli archivi del comune di quella città”
“Si, ma risulta essersi trasferito in America a 7 anni in una località
indefinita…Sembra che dai 7 anni fino ad adesso, non sia più vissuto!”
“Che sia anche lui una vittima del Centro?”
Broots la guardò con aria interrogativa e poi disse: “Voltaire è nato nel
1957…ed era il 1964 quando aveva sette anni…non saprei…In quel periodo è stato
anche rapito Jarod”.
Miss Parker si picchiettò un dito sul mento ed incrociando le braccia faceva
avanti ed indietro nella stanza.
“Cerca ancora bene, entra negli archivi del triunvirato…forse solo lì si potrà
sapere qualcosa di più sul conto di quell’uomo…”
Broots divenne pallido all’improvviso:”hai presente che se mi scoprissero, sarei
fritto?!”.
“Mi fido di te, Broots!” disse con dolcezza Miss Parker.
L’uomo fece uno sbuffo, se la metteva su quel piano, non avrebbe mai potuto
rifiutarsi.
Il magazzino in cui Miss Parker si trovava
era illuminato da una luce opaca. Un neon circolare stava appeso al soffitto…era
già stata in quel posto, non ricordava quando, ma c’era già stata!
Si guardò in giro, mucchi di scatoloni accatastati l’uno sull’altro riempivano
quel luogo. Dei passi…istintivamente strinse il pugno intorno al calcio della
sua pistola. Rallentò ulteriormente l’andatura e senza fare alcun rumore si
diresse nella direzione da cui proveniva il suono.
“Miss Parker, che piacere vederti qua!” una voce dall’accento francese la fece
sussultare.
Si girò puntando la pistola contro l’uomo che aveva parlato: “Voltaire!”
L’uomo le puntò la sua arma e sparò…Uno squillo di telefono echeggiò nell’aria…
“Ah…” Miss Parker ansimava freneticamente,
era tutta sudata. Si guardò in giro, era nella sua stanza…”un altro incubo”
disse a se stessa e fu in quel momento che si accorse che il suo cellulare stava
suonando.
“si?”
“Parker…”
“Sei tu, Jarod?”
“E' arrivata l’ora della resa dei conti…”
Miss Parker andò in ufficio di buon’ora,
quella mattina si sentiva elettrizzata…forse era l’idea che presto si sarebbe
sbarazzata di Maxime Voltaire a renderla euforica. Notò subito un plico di
fascicoli sulla sua scrivania, con aria incuriosita prese tra le mani il primo
fascicolo. Sulla cartellina c’era scritto: “progetto n.1”.
La donna si accigliò e pensò che quella doveva essere la sorpresa che la notte
prima, Jarod, le aveva promesso al telefono.
Aprì in fretta il fascicolo e con stupore si accorse che riguardava la vita di
Voltaire. Una lettera scritta a penna e datata dicembre 1966 diceva: “Maxime sta
facendo ulteriori progressi, sono fiero di suo figlio…” ed era firmata a nome di
Raines. Il mittente non era indicato…
Miss Parker sfogliò tutti i fascicoli e più andava avanti, più scopriva di avere
tra le mani schede valutative dei progressi di Voltaire, analisi mediche e
psichiatriche. Era stato istruito come un automa, come un robot. Scoprì che
Maxime era stato tolto a Raines per essere affidato direttamente a suo padre.
Suo padre?
“Quale padre…” Miss Parker fece morire la frase tra le labbra. Davanti a sé
c’era lo sguardo minaccioso di Maxime Voltaire!
“Come hai fatto ad entrare in possesso di quella documentazione?!”
La donna non rispose…si sentiva in trappola e mai aveva provato una paura
simile, ma decise di combatterlo:”li ho trovati sulla mia scrivania…”rispose con
finta calma, infondo, era la verità.
“Jarod, non è vero?!” chiese con disprezzo.
“Potrebbe anche essere…”
Maxime Voltaire, senza darle il tempo di capire cosa stesse succedendo, le mise
le mani al collo.
Miss Parker rimase impietrita e lo fissava con le orbite quasi di fuori. Quell’uomo
le stringeva la gola, le forze le mancavano e il respiro veniva meno.
“Io faccio parte del triunvirato!” urlò l’uomo e poi, vedendo che la donna era
sempre più debole, mollò la presa cosicchè la sua vittima riuscì a prendere
aria, e mancandole l’equilibrio, cadde in ginocchio.
“Mio padre è stato uno dei fondatori del Centro ed è lui che ha avuto l’idea di
sfruttare le mie potenzialità per esperimenti che vanno al di là
dell’immaginazione umana!!- rise istericamente– sono il progetto n.1!!!”
“Sei pazzo!” gli urlò Miss Parker, attirandosi l’ira dell’uomo che le piombò
addosso, ma lei riuscì a schivarlo ed a scappare dall’ufficio.
Corse lungo il corridoio ed andò verso l’ufficio di Sidney, ma questo non vi si
trovava.
“Sei in trappola!” disse con calma Voltaire alle sue spalle, sembrava un altro
rispetto a quelli di pochi minuti prima. Era sulla soglia con aria fredda,
distaccata, sicura di sé ed era calmo.
Miss Parker andò dietro alla scrivania e senza togliere lo sguardo dall’uomo
cercò un’arma in uno dei cassetti e quando l’afferrò, la puntò verso Maxime che
non distaccava i suoi occhi da quelli di lei. La donna si avvicinò piano e
quando fu abbastanza vicina, fece per premere il grilletto, ma la pistola si
inceppò. Il francese le afferrò il braccio e stringendole il polso le fece
cadere l’arma e avvicinandosi all’orecchio di lei, le disse: “Non sarai l’unica
a morire, dopo penserò a tuo padre, a Raines, a Lyle ed ai tuoi colleghi.
L’unico a rimanere vivo sarà Jarod, mi occuperò io personalmente di lui.
Insieme, unendo le nostre menti, potremmo dominare il mondo!”
“Pazzo!” gli urlò Miss Parker che con una mossa da maestro, si liberò dalla
morsa dell’uomo e gli sferrò un calcio facendolo cadere per terra.
Corse via e scendendo giù dalle scale, rischiò di ruzzolare di sotto. Un
proiettile le passò sopra la testa…Voltaire era ancora dietro di lei.
Cercò di nascondersi e con mano tremante prese il suo telefonino e cercò di
comporre un numero, ma non riusciva. Qualcuno la chiamò e lei rispose: “ho
bisogno di aiuto!” esclamò senza chiedersi chi fosse a telefonarle.
“Parker, dove sei?”
“Oh Jarod, sono al Centro. Il piano è saltato, Voltaire mi sta inseguendo ed è
armato. Vuole uccidermi e non solo me!”
“Ti raggiungo subito!” disse Jarod interrompendo la chiamata.
Miss Parker correva e correva, era disarmata
ed alle sue spalle c’era un uomo molto pericoloso. I corridoi del SL 15 erano
vuoti e le stanze erano chiuse a chiave. Riuscì a trovare una porta aperta e vi
si intrufolò. Per il momento era riuscita a seminare Voltaire…doveva procurarsi
una pistola o qualcosa di conduntente, qualcosa in grado di spaccare il cranio
di quell’essere viscido. Frugò nell’armadio, nei cassetti…”eccola!” esclamò. Era
una piccola pistola, ma era meglio di niente! Con calma e prudenza uscì nel
corridoio e lo percorse con la schiena a muro. Davanti a lei c’era un enorme
porta aperta, sembrava l’ingresso di un magazzino o rimessa. Vi entrò dentro.
“Mio Dio!” esclamò, era il luogo che aveva sognato…Scatolini accatastati l’uno
sull’altro, neon circolare che illuninava quel luogo di una luce opaca. Strinse
il calcio della pistola e procedette all’interno del magazzino. Poteva scappare,
ma sapeva che prima o poi, doveva affrontare il suo destino. Sapeva che quel
posto poteva essere una trappola, ma proprio per il fatto che era premunita,
allertò maggiormente i sensi.
Dei passi alle sue spalle…non riusciva a vedere chi fosse l’altra persona che le
faceva compagnia in quel luogo perchè gli scatoloni le coprivano la visuale.
Decise di affrontarlo a viso aperto…
“Miss Parker!”
La donna di girò di scatto puntando la pistola verso colui che l’aveva chiamata:
“Voltaire!” esclamò schifata.
L’uomo rise, ma Miss Parker premette il grilletto…”non è possibile!” l’aveva
mancato.
Voltaire puntò la sua arma verso Miss Parker e fece fuoco. Una figura spuntò dal
nulla mettendosi tra Voltaire e la donna in una sorta di scudo.
“Nooooooooo!!!!”
Miss Parker allargò le braccia ed accolse il corpo barcollante di Jarod, prima
che cadesse riverso per terra. La donna lo adagiò sul freddo pavimento ed
osservò la sua espressione.
Quell’incubo si stava realizzando… Miss Parker fissò con tutta la rabbia che
poteva esprimere l’uomo dal volto di pietra che aveva premuto il grilletto,
mentre le lacrime le rigavano il bel volto.
“Bastardo!!!” continuava ad urlare e nello stesso momento, con la mano, senza
distogliere lo sguardo dal meschino che le stava davanti, cercava la sua pistola
caduta nel tentativo di prendere Jarod…Era in ginocchio e sulle sue gambe c’era
la testa di Jarod il cui respiro era…normale, non sanguinava. La sua mano vagò
finchè non toccò un oggetto mettalico. Miss Parker lo afferrò e lo puntò verso
l’uomo.
Quest’ultimo fece un ghigno e con voce arrogante e troppo sicura di sé esclamò:
“Au revoir!!!”.
“Vai all’inferno!!!” esclamò Jarod alzandosi all’improvviso e, lasciando di
sasso Maxime Voltaire, tirò fuori la pistola dalla giacca e premette il
grilletto, colpendo in piena fronte l’uomo. Con la bocca spalancata e le orbite
di fuori, Voltaire cadde in ginocchio e poi in avanti…morto!
Miss Parker rimase per terra ad osservare la scena, mentre Jarod riponeva la sua
arma e si voltava verso la donna che balbettò: “co…co…come…sei stato colpito in
pieno!”
Jarod fece il suo solito sorriso sornione ed aprendo la giacca fece notare il
giubbottino anti proiettile che gli proteggeva il torace e disse: “ho dato retta
al tuo sogno!”.
Miss Parker non aveva parole, solo abbracciò l’uomo che le stava di fronte. Si
sentiva felice e non le importava delle conseguenze che la morte di Maxime
Voltaire avrebbe comportato…
Jarod l’abbracciò con tenerezza e senza rendersene conto, unirono le loro labbra
in un tenero e dolce bacio.
“Non ti illudere, non smetterò mai di darti la caccia, topo da
laboratorio…”disse a mezza voce Miss Parker, staccandosi da Jarod e facendo un
mezzo sorriso.
“E’ bello essere tornati alla vita di sempre!” rispose Jarod.
(scritto da Elena)