Il Camaleonte Fan Fiction

La tregua


RIASSUNTO: Jarod e Miss Parker volano insieme a Parigi, sulle tracce di un vecchio sacerdote che sembra essere a conoscenza del segreto di Catherine Parker… il mio personale seguito alla 4a serie.

DATA COMPOSIZIONE: 30 giugno 2002

VALUTAZIONE: adatto a tutti

DISCLAIMER
Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito “Jarod il Camaleonte Italia”, e che tutti i personaggi della serie “Jarod il Camaleonte / The Pretender” utilizzati nel racconto sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.


Casa di Miss Parker, Blue Cove – ore 10:00 p.m.

Era tarda sera e Miss Parker, più nauseata del solito, poté finalmente chiudersi la porta di casa alle spalle, lasciando così il Centro fuori dalla sua vita, almeno per qualche ora.
Con gesti stanchi, senza neppure accendere la luce, si liberò delle sue costosissime scarpe, facendole volare con noncuranza sul pavimento, poi si sfilò la giacca del suo impeccabile tailleur grigio, lasciandola cadere a terra insieme alla gonna, quindi si sbottonò la camicetta di seta azzurra, si versò da bere e si lasciò cadere sfinita sul divano.
Cercando invano di rilassarsi, chiuse gli occhi ed allungò pigramente le lunghe gambe sul bracciolo, massaggiandosi le tempie doloranti, ma la sua emicrania non voleva saperne di lasciarla in pace, nemmeno dopo il secondo bicchiere di bourbon, ed i pensieri che le attraversavano la mente non facevano che acuire il dolore.
“Ma che ci faccio ancora qui?!” si chiese costernata per l’ennesima volta, cercando di capire cosa ancora la obbligasse a condurre quella vita che detestava: Raines, l’ansimante sacco di ossa, era morto e l’assassinio di sua madre finalmente vendicato, così come l’uscita di scena di Brigitte aveva pareggiato il conto per la perdita del suo Thomas…suo fratello Ethan era oramai libero e al sicuro, lontano dai crudeli aguzzini del Centro…quanto al progetto segreto di Catherine Parker, quello che lei stessa avrebbe dovuto portare a termine, dopo mesi di rischiose indagini, Broots non ne aveva ancora trovato traccia, né negli archivi segreti della Torre e neppure nei dossier lasciati da sua madre, quindi tanto valeva gettare la spugna. Qualunque cosa fosse, quel progetto era scomparso, esattamente come tutte le persone che più aveva amato…
Alla fin fine, Jarod e lo stramaledetto impegno preso anni fa con suo padre sembravano essere l’unico motivo rimasto, l’unica ragione che continuava a tenerla legata al Centro, tuttavia, da qualche tempo, Miss Parker si trovava sempre più spesso a chiedersi quale valore avesse oramai per lei quella promessa e se fosse giusto dover sacrificare Jarod per poter riavere la libertà. Amava moltissimo suo padre ed avrebbe fatto qualsiasi cosa purché fosse fiero di lei, nonostante le tremende delusioni, le bugie meschine e gli assai rari gesti d’affetto con cui l’aveva sempre ricambiata…ma rispettare quel patto…no, non era più tanto sicura di volerlo fare.
“E allora perché rimango?!” continuava a domandarsi esasperata Miss Parker. Non riusciva proprio a capirne il motivo, ma nonostante l’idea di andarsene l’allettasse non poco, non sapeva decidersi…in parte perché non voleva deludere suo padre, ma anche perché aveva l’inspiegabile sensazione che ci fosse dell’altro, qualcosa che non sapeva definire, che forse le derivava da quel senso interiore di cui parlava sua madre…qualcosa che quella sera le stava facendo scoppiare la testa, accidenti! Forse avrebbe dovuto davvero seguire il consiglio di Sydney e mandare al diavolo le sue sensazioni, suo padre, il Centro, la caccia a Jarod…e tutto il resto! Avrebbe dovuto andarsene il più lontano possibile da lì e cercare di rimettere insieme i cocci della sua vita, sempre che ne fossero rimasti…
Sì, avrebbe dovuto…ma sarebbe mai riuscita a farlo?
Giusto in quel momento, il perfetto silenzio della stanza fu spezzato dal trillo del telefono, che risuonò nella sua povera testa dolorante con la stessa irruenza di un martello pneumatico: ecco, mancava solo lui! Il ragazzo prodigio che, come ogni sera o quasi, la chiamava per tormentarla coi suoi dannati giochetti, o per vantarsi della sua inafferrabilità…o forse solo per parlare con qualcuno che lo facesse sentire meno solo, con qualcuno solo quanto lui.
«Che c’è?» esordì laconica al quarto squillo.
«Affabile come sempre, eh Miss Parker?» rispose la voce calda e profonda che ben conosceva, all’altro capo del filo.
«Jarod, stasera non sono proprio dell’umore adatto per sopportare il tuo sarcasmo, quindi…»
«E quando mai lo sei?!» la rimbeccò ironico lui.
Probabilmente era il bourbon che cominciava a fare effetto, o forse Miss Parker era troppo stanca per sostenere la consueta schermaglia verbale col suo eterno antagonista a colpi di battute pungenti, quindi, dopo un lungo sospiro, si limitò a replicare: «Taglia corto, ragazzo prodigio e dimmi cosa vuoi»
Jarod capì che in quel momento non era il caso di stuzzicarla oltre : «Ho delle informazioni molto interessanti su…»
«Ma non mi dire..! – esclamò Miss Parker, ritrovando improvvisamente un pizzico della sua proverbiale presenza di spirito - Bè, visto che il Sig. Grande Ustionato ha tolto il disturbo in via definitiva, chi sarà mai stavolta? Il mio affettuoso paparino o quel maniaco psicotico di mio fratello Lyle?»
«Nessuno dei due...ma è un argomento di cui dobbiamo parlare a quattr’occhi»
«Se mi stai chiedendo di saltare sul primo aereo, per precipitarmi a seguire la tua solita pista inconcludente di briciole di pane …bé scordatelo!» dichiarò categorica Miss Parker.
«Non sarà necessario… - la tranquillizzò Jarod - Lo sai, dovresti almeno assicurarti di aver chiuso le finestre, prima di metterti a girare mezza nuda per casa..!»
«E tu cosa ne..?»
MALEDIZIONE LUI ERA LÌ!!! Miss Parker si alzò di scatto e si precipitò alla finestra, ma scrutando guardinga nell’oscurità del giardino non riuscì a vedere nulla, allora si lanciò fulminea ad aprire la porta e…si trovò di fronte Jarod, che appoggiato allo stipite, la fissava sorridendole con aria sorniona.
Miss Parker fece istintivamente per afferrare qualcosa sulla mensola accanto all’ingresso, ma…
«Cercavi questa?» chiese Jarod mostrandole la sua Smith & Wesson.
«Come diavolo..?!»
La domanda le morì in gola, sopraffatta da un moto di stizza…quel...quel…insomma LUI l’aveva fregata un’altra volta, dannazione!!!
«Posso entrare?» domandò candidamente Jarod, dopo aver lasciato indugiare per un attimo lo sguardo ammirato sul suo corpo seminudo.
«Posso impedirtelo?!» sibilò lei, riservandogli una delle sue gelide occhiate, per poi voltargli decisa le spalle ed avviarsi a lunghi passi verso il salotto, facendo svolazzare la sua camicetta e lasciando intravedere il pizzo blu della sua fine biancheria, prima di affrettarsi a riabbottonarla.
La scarica di adrenalina le aveva fatto dimenticare la sua mise assai poco presentabile, ma per fortuna c’era la sua vestaglia di seta azzurra, provvidenzialmente dimenticata la sera prima sul divano, a toglierla da quell’imbarazzante situazione. Mentre la indossava si scoprì a ripensare allo sguardo malizioso di Jarod di poco prima…e al brivido che le aveva percorso la schiena…e…ma che diavolo stava dicendo?!
«Allora, si può sapere cos’hai scoperto?» chiese brusca Miss Parker fissando il suo interlocutore con aria scocciata.
«Si tratta di tua madre…» cominciò lui, ma…
«CHE COSA?! - sbottò furibonda lei incenerendolo con lo sguardo, prima di aggiungere, in tono perentorio, degno della Regina di Ghiaccio – Senti Jarod: l’ho già vista morire, resuscitare e venire uccisa per la seconda volta…ho dovuto sorbirmi il DSA della sua autopsia e grazie a te ho persino profanato la sua tomba…ADESSO BASTA! E’ arrivato il momento di lasciar riposare in pace mia madre!!!»
«Non ancora purtroppo – ribadì accorato lui, sinceramente dispiaciuto per il profondo dolore che si celava dietro la durezza della sua voce e di cui, suo malgrado, era la causa - Qualcosa è rimasto in sospeso e tu lo sai bene»
«Già, il fantomatico progetto segreto di Catherine Parker…così segreto che non credo sia mai esistito!» commentò Miss Parker con amara ironia, afferrando il suo bicchiere di bourbon e portandoselo alle labbra.
Stava tremando di collera o forse per la frustrazione, non lo sapeva bene, ma aveva assolutamente bisogno di bere.
«Io invece credo di sì e forse ho trovato qualcosa che…»
«Forse, magari, può darsi…io ne ho abbastanza di inseguire illusioni! – l’interruppe lei, quasi gridando – Da anni sto cercando di venire a capo di questa dannata matassa, ma invece di dipanarsi s’ingarbuglia sempre di più e…e io mi sento così impotente…e stanca e..!»
Miss Parker, di nuovo in preda allo sconforto che da giorni ormai la tormentava, fece per bere un altro sorso, ma Jarod le tolse deciso il bicchiere di mano, rimproverandola con fermezza : «Smettila con questa roba, non ti farà certo stare meglio!»
Lei lo squadrò un istante, fredda come il ghiaccio, poi chiuse gli occhi e sospirando gli volse le spalle: non poteva certo correre il rischio di mettersi a piangere proprio davanti a lui…e Dio solo sapeva quanto ne avesse voglia in quel momento.
«So come ti senti. Non sei l’unica che sta cercando di sbrogliare una matassa che sembra non avere né capo né coda – aggiunse più dolcemente lui - Ma non puoi mollare proprio adesso, proprio ora che abbiamo una nuova pista da seguire.Tua madre non lo avrebbe voluto»
Quelle parole ebbero il potere di farla tornare in sé…sì, sua madre non avrebbe voluto che si arrendesse.
«E va bene, ti ascolto» mormorò lei dopo un lungo, silenzioso istante.
«Una notte, tre giorni fa, sono entrato nell’ufficio di tuo padre al Centro e…»
«Tu hai fatto cosa..? – Miss Parker sgranò i suoi splendidi occhi blu cielo - Ma com’è possibile, nessuno me ne ha parlato!»
«Perché nessuno se n’è accorto – replicò Jarod con aria compiaciuta - Lo sai che sono una mago nell’entrare…e soprattutto nell’uscire da là senza essere visto»
«Va avanti…David Copperfield!» lo apostrofò ironica lei.
«Mr. Parker ha uno scomparto segreto nascosto nella sua scrivania, lo sapevi? – la donna, stupita, fece cenno di no – Io l’ho scoperto per caso, ero andato là per curiosare nei files del suo PC. Mi serviva una penna e cercando prenderne una dal suo portapenne mi sono accorto che non si staccava, così ho provato a ruotarla e l’intero portapenne mi è rimasto in mano, rivelando una piccola cavità. Dentro c’era solo una lettera, che naturalmente ho lasciato dove stava, per non destare sospetti. Però ne ho fatto una copia»
Così dicendo, Jarod estrasse un foglio ripiegato dalla tasca della sua giacca e glielo porse: si trattava della fotocopia di una lettera, scritta in perfetto francese, con una calligrafia elegante e minuta, che Miss Parker conosceva molto bene.
«E’ di mia madre – disse con quella tenerezza, che riaffiorava ogni qualvolta scopriva oggetti che le erano appartenuti – E’ indirizzata a Padre Christophe Émeri, un prete cattolico, che era il suo confessore quando studiava a Parigi. Mi parlava spesso di lui, lo considerava un grande amico – istintivamente guardò la data, scritta in alto a destra - Risale al giorno prima della sua morte…quella vera…» osservò poi tristemente, prima di leggere con attenzione il contenuto.
Un passaggio in particolare la colpì :
“…So di metterti in grave pericolo, amico mio, ma non ho altra scelta: devo affidare a te il mio segreto, perché tu possa un giorno rivelarlo alla mia adorata bambina…io purtroppo non sarò in grado di farlo, sento che sta per succedermi qualcosa di terribile…Ti prego, non appena riceverai questa lettera e ciò che contiene scappa, vattene lontano il più possibile e nasconditi…se dovessero arrivare a te saremmo tutti perduti…”
«Devo affidare a te il mio segreto – ripeté pensierosa Miss Parker - Potrebbe essere il dischetto di cui mi parlò Raines, quello che contiene il segreto di mia madre, quello che lui non è mai riuscito a trovare per poterlo distruggere!»
«E’ molto probabile» assentì Jarod.
«Ma se questa lettera è in mano a mio padre significa che il Centro ha già trovato Padre Christophe ed anche il DSA, quindi…»
«Non esattamente – asserì lui, con l’aria di chi la sa lunga - E’ vero, il Centro all’epoca formò una squadra e le affidò il progetto Eraser…»
«Un nome che è tutto un programma»
«Già. L’ordine era di scovare il destinatario della lettera e di…cancellarlo, dopo aver recuperato il dischetto. Però quella squadra riuscì solo a trovare la lettera, ma non Padre Christophe e nemmeno il DSA di Catherine»
«E tu come lo sai?»
«Nel PC di Mr. Parker ho trovato il dossier Eraser: il progetto è stato abbandonato dieci anni fa, perché fu un completo fallimento. Padre Christophe deve aver seguito il consiglio di tua madre e dev’essersi nascosto bene, così bene che nemmeno il Centro è riuscito a trovarlo»
«E tu invece lo avresti rintracciato?» chiese scettica lei.
«Chi altro avrebbe potuto farlo? – replicò Jarod col suo solito piglio impertinente – Stiamo parlando di nascondersi e muoversi sotto mentite spoglie: io sono un’autorità in materia!»
«Modestamente parlando..!» commentò Miss Parker, lasciandosi suo malgrado sfuggire un sorriso.
«Via internet, ho fatto dei confronti incrociati nei registri della curia di Parigi – spiegò lui – e ho notato che, in concomitanza con la sparizione di Padre Christophe, che risulta partito come missionario per l’India, è comparso dal nulla un certo Padre Claude Exilé, che qualche anno dopo è sparito a sua volta facendo posto a Clovis Enmarge, poi a César Exclu, quindi a Christian Enfocé e così via. L’ultimo di cui ho trovato notizie è Padre Clément Errant…»
«Sempre le stesse iniziali…e cognomi piuttosto curiosi - osservò prontamente lei – Ma mi sembra un po’ poco per…»
«No, io non credo – affermò convinto lui - Vedi, per qualcuno che deve sparire nel nulla, conservare le proprie iniziali è un modo di mantenere un legame con la vita che ha perduto, di restare aggrappato alla propria identità e…»
«Un po’ come fai tu? E’ per questo che non cambi mai il nome Jarod nelle tue simulazioni, per restare aggrappato alla tua identità?» lo schernì lei.
«Se ne avessi una, probabilmente lo farei per questo – replicò caustico lui - Ma visto che, grazie al Centro, ancora non so chi sono…lo faccio solo perché altrimenti tu non riusciresti mai seguire le mie tracce!»
Miss Parker lo fulminò con lo sguardo, prima di esordire irritata: «Insomma, lo hai trovato o no?!»
«Non ancora – confessò lui - Ma tutti gli elementi che ho scoperto portano nella stessa direzione: Parigi»
«Andiamo, è assurdo! Quello sarà stato il primo posto dove gli spazzini del Centro lo cercarono»
«Sicuramente. Ma io sono pronto a scommettere che in tutti questi anni quell’uomo non si è mai mosso da lì – lei lo squadrò non molto convinta, così Jarod giocò risoluto la sua ultima carta – Senti Parker, fa un po’ come ti pare. Io parto stanotte e ho pensato fosse giusto metterti al corrente, ma se la cosa non ti interessa…»
«Sai benissimo che la cosa mi interessa! – l’interruppe acida lei, come previsto – Che cos’hai in mente?»
«Una tregua, per seguire insieme questa pista e vedere dove porta. Niente armi, niente Centro, solo tu ed io»
Lei lo fissò sospettosa, pensando seriamente di mandarlo al diavolo, o meglio ancora, di catturarlo, riportarlo al Centro e porre fine per sempre a tutti i suoi problemi…ma qualcosa, un’altra delle sue inspiegabili sensazioni glielo impedì.
«D’accordo, tregua sia. Ma solo temporaneamente» assentì infine.
«E’ naturale… – ribadì sarcastico lui – Ora muoviamoci però!»
«Dammi solo il tempo di fare le valige»
«Non ce l’hai il tempo, il nostro aereo parte tra due ore. Metti solo l’essenziale nella mia sacca da viaggio…e indossa qualcosa di comodo, tipo jeans e scarpe da jogging»
«Ti va di scherzare?! Non mi vestivo in modo così sciatto nemmeno quand’ero al liceo! – protestò agguerrita Miss Parker, restia a rinunciare al suo abituale look curato nei minimi dettagli, ma di fronte all’occhiataccia spazientita di Jarod, dovette arrendersi - E va bene…ma posso almeno portarmi lo spazzolino da denti?!»

Parigi, Rue de l’Université – ore 9:00 p.m. del giorno dopo (1° giorno)

Dopo una doccia bollente, Miss Parker era riuscita a liberarsi della fatica del viaggio e si sentiva decisamente meglio, mentre accovacciata sul davanzale interno dell’unica, grande finestra della stanza, il mento appoggiato sulle ginocchia, guardava con aria malinconica la Tour Eiffel, illuminata a giorno, fare capolino dietro ai tetti di Parigi e meditava seccata su quanto era successo nelle ore precedenti il suo arrivo nella capitale francese. Pensava a come, per sviare le possibili indagini del Centro sulle loro mosse, Jarod avesse evitato la first class e prenotato due biglietti in classe turistica, facendole passare le dieci ore più scomode di tutta la sua vita (…anche questo gli avrebbe messo in conto!!!), a nome dei Signori Quest, novelli sposi in luna di miele. Rivedeva la diffidenza della hostess al check-in, perplessa perché non avevano bagaglio e subito rassicurata dalla risposta pronta di Jarod : “Ah, non credo che ci serviranno i vestiti, vero tesoro? – aveva esordito in un tono carico di sottintesi, abbracciando Miss Parker - Sa, siamo in luna di miele!”. A quelle parole, lei si era sentita avvampare come un cerino, aveva ricambiato lo sguardo malizioso della hostess con un sorrisetto tirato e rifilato al ragazzo prodigio un gran calcio negli stinchi…e quello non era stato che l’inizio! Infatti, dopo un viaggio orribile, durante il quale non aveva fatto che rimbeccarsi con Jarod, l’incubo era continuato, quando il taxi su cui erano saliti a Roissy si era fermato al n°10 di Rue de l’Université, davanti ad un tipico, vecchio palazzo del centro, dalle pareti grigie e dal tetto color ardesia, con grandi finestre dagli infissi bianchi, ed un vecchio ascensore li aveva portati fino all’ultimo piano, all’appartamentino ammobiliato che Jarod stesso aveva affittato via internet. Questo constava di un’unica stanza, le cui pareti non vedevano un pennello da almeno vent’anni, arredata con un vecchio fornello, logoro quanto la piccola credenza, un tavolo e due sedie certo non in migliori condizioni, un letto matrimoniale dalle lenzuola in apparenza pulite e un armadio dalle ante sbilenche…ah già, c’era persino il bagno…Dio che squallore!
A quel punto aveva ripreso ad azzuffarsi con Jarod :
«Ma dove l’hai trovato questo buco, sulla guida nazionale delle topaie?!»
«Che ti aspettavi, l’Hotel Plaza?! Guarda che non siamo in vacanza e non dobbiamo dare nell’occhio!»
«Spero almeno che avrai la delicatezza di lasciare a me il letto e di dormire sul divano!»
«Miss Parker, questo è un monolocale: ti sarai senz’altro accorta che non c’è il divano!»
«Vuoi dire che dobbiamo dormire insieme?!»
«Sta tranquilla, nemmeno io faccio salti di gioia all’idea!»

Come diavolo aveva potuto cacciarsi in una situazione simile?! Certo per scoprire finalmente la verità su sua madre e conoscere il suo segreto valeva la pena di correre qualche rischio, però…doveva essere davvero impazzita a farsi guidare dal suo presunto senso interiore e ancor più a fidarsi di Jarod. In fin dei conti, era quella che da anni gli rendeva la vita un inferno e magari lui aveva deciso di toglierla di mezzo…anzi, forse era appena caduta dritta nella sua trappola e…ma allora perché quella vocina dentro di lei insisteva a dirle che aveva fatto la cosa giusta?
“Ah basta! Se continuo così mi farò venire un’altra delle mie emicranie – si disse esasperata Miss Parker – Tanto oramai sono qui, perciò …meglio che mi goda il panorama!”
Parigi, la città dell’arte, dell’amore, dei sogni…già, anche dei suoi sogni, o almeno lo era, quando ancora era una ragazzina ed immaginava di vivere lì, in una romantica, piccola mansarda, magari un po’ meno squallida di quella in cui si trovava in quel momento. Sua madre, coi suoi vivaci racconti e le sue vecchie fotografie, le aveva trasmesso l’ammirazione per la bellissima città in cui aveva trascorso gli anni felici della scuola, così da bambina spesso fantasticava di recarvisi a sua volta per studiare danza classica, la sua grande passione e magari un giorno di ballare all’Opéra…la mamma sarebbe stata così fiera di lei…ma poi sua madre l’aveva lasciata per sempre e lei non aveva mai più ballato, né sognato Parigi.

«Che c’è di tanto interessante là fuori?»
Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Jarod si rese conto che Miss Parker non poteva rispondergli, perché si era addormentata, rannicchiata sul davanzale, la testa abbandonata contro il vetro. Abbozzando un sorriso indulgente, si avvicinò senza fare rumore e rimase in silenzio a guardarla dormire, ad ascoltare il ritmo del suo respiro leggero per un interminabile istante. Contemplando quel bel volto dai lineamenti aggraziati, rischiarato dalla luce fioca proveniente dalla strada, si accorse che aveva pianto, forse pensando a sua madre…
“Oppure a Thomas” aggiunse provando suo malgrado quella strana fitta allo stomaco, come sempre gli accadeva quando pensava a loro due insieme…probabilmente un pizzico d’invidia per il sentimento profondo che era stato loro concesso di condividere, anche se solo per breve tempo…o magari gelosia? “Ma no, figuriamoci! - si disse scacciando subito quell’idea assurda dalla mente, chiedendosi però se infondo fosse poi così assurda - Non sono forse stato io a farli incontrare, ad augurarmi che fossero felici…che lei fosse felice..?”
All’improvviso Miss Parker ebbe un fremito e corrugò la fronte, ma non interruppe il suo sonno…la Regina di Ghiaccio, dolce come il fiele e tenera come uno schiacciasassi..! Eppure sembrava così fragile e indifesa in quel momento, proprio come la ragazzina che aveva pianto sulla sua spalla la perdita della madre e della sorellina Faith…e per la prima volta dopo tanto tempo era così vicina…”Troppo vicina…” pensò Jarod trovandosi improvvisamente a pochi centimetri dal suo viso e resistendo per miracolo all’impulso di prenderla tra le braccia, accarezzare la sua pelle, sfiorare le sue labbra…
“Ma che sto facendo?!” si rimproverò scostandosi bruscamente…per anni non aveva più pensato a lei in quel senso, non consciamente almeno e ora la cosa lo sconvolgeva. Diamine, quella era Miss Parker, la sua nemica, quella che gli dava la caccia e che più di ogni altra cosa desiderava rinchiuderlo in una cella del Centro e buttare via la chiave! Non doveva mai dimenticarlo, mai.
Così dicendo, la sollevò delicatamente, facendo attenzione a non svegliarla, la sistemò con cura sul letto accanto a sé e cercò di prendere sonno a sua volta, nonostante il turbinio di pensieri e sensazioni che continuavano a dargli il tormento.

L’indomani, Parigi centro – ore 6:30 p.m. (2° giorno)

Miss Parker non immaginava proprio che a Parigi ci fossero così tante chiese e, anche se non lo avrebbe mai confessato nemmeno sotto tortura, ringraziò in cuor suo il ragazzo prodigio per averla costretta a non mettere i suoi soliti, vertiginosi tacchi a spillo, visto che non aveva fatto che camminare accanto a lui per tutto il giorno.
Padre Clément Errant non si trovava più presso chiesa indicata negli archivi della Curia, Saint-Séverin e non aveva lasciato alcun recapito, così avevano dovuto visitare un numero incalcolabile di parrocchie grandi e piccole, note e meno note, in ognuna delle quali Padre Jarod (“Padre Jarod? Parola mia, ragazzo prodigio, la tua versatilità non smetterà mai di stupirmi!” gli aveva sussurrato all’orecchio ridacchiando, quando lui si era presentato per la prima volta come tale) aveva chiesto notizie del sacerdote, dicendo di dovergli recare un messaggio da parte di una vecchia amica, ma invano: nessuno sembrava conoscerlo, né tanto meno sapere dove fosse.
Era oramai tardo pomeriggio quando, dopo aver girovagato inutilmente per il Quartiere Latino, si erano seduti entrambi stanchi sul bordo di una fontana, nella piazza antistante la sede della Sorbona.
«Non so tu genio, ma io sono davvero a pezzi – borbottò sfiduciata lei - E francamente comincio a credere che tutto questo sia perfettamente inutile…non riusciremo mai a trovarlo» aggiunse senza poter nascondere il proprio rammarico.
Ancora una volta aveva creduto di essere ad un passo dalla tanto agognata verità e ancora una volta le sue speranze erano state deluse dall’ennesimo buco nell’acqua.
«Dai, non ti abbattere, siamo solo all’inizio – la incoraggiò lui – Vedrai che lo troveremo, a costo di cercare in ogni chiesa di Parigi!»
Miss Parker si volse verso Jarod, con un bizzarro misto di incredulità e tenerezza dipinto sul volto e puntò uno sguardo inquisitorio nei suoi profondi occhi scuri.
«Perché continui a farlo?» gli chiese.
«A fare cosa?»
«Io mi comporto in modo a dir poco detestabile nei tuoi confronti e tu dovresti odiarmi, invece ogni volta che mi sento a terra cerchi di aiutarmi…perché?»
«Perché sono masochista? – replicò lui, fissandola un attimo con piglio beffardo, prima di scoppiare a ridere insieme a lei - Non lo so, è più forte di me – continuò poi più seriamente - Anche se spesso e volentieri mi fai uscire dai gangheri, non riesco a non pensare che sei stata l’unica amica della mia infanzia…non riuscirei mai ad odiarti, nemmeno se volessi» concluse rivolgendole un sorriso agrodolce.
«Bè…detto fra noi, anche se non lo do a vedere, nemmeno io sono mai riuscita ad odiarti…» ammise Miss Parker, meravigliandosi forse più di Jarod per quella confessione inattesa.
Sbalorditi, rimasero a lungo persi l’uno negli occhi dell’altra, come sospesi nel tempo, quasi si stessero guardando per la prima volta, finché lei non distolse lo sguardo, sorridendo imbarazzata.
«Ehm..direi che per oggi possiamo sospendere le indagini…» propose a quel punto lui.
«Mi hai tolto le parole di bocca»
«…e magari concentrare le ricerche su qualcosa di commestibile da mangiare stasera, anche se per la verità non ho una gran voglia di cibo surgelato…o precotto…o…»
«D’accordo, vorrà dire che penserò io alla cena – dichiarò Miss Parker, alzandosi risoluta – Però dobbiamo sbrigarci a trovare una macelleria prima che…»
«Vuoi cucinare tu?!» esordì lui squadrandola un tantino scettico.
«Perché, pensi di essere l’unico ad avere delle doti nascoste, ragazzo prodigio? Guarda che anch’io potrei riuscire a stupirti» replicò ironica lei, scoccandogli una pungente occhiataccia, prima di incamminarsi.
«Non ho il minimo dubbio» sussurrò sorridendo Jarod, mentre si affrettava a seguirla.

Parigi, Rue de l’Université – ore 9:00 p.m. (2° giorno)

Con l’aria soddisfatta, piacevolmente stupita che sempre assumeva quando assaggiava per la prima volta qualcosa di delizioso, Jarod gustò l’ultimo boccone che aveva nel piatto, sotto lo sguardo divertito e compiaciuto di Miss Parker.
«Davvero ottimo! Ma dove hai imparato a cucinare così bene questo…come hai detto che si chiama?»
«Boeuf bourguignon – precisò la donna, sorseggiando un po’ del suo vino rosso - Mia madre adorava stare ai fornelli, anche se raramente aveva occasione di farlo e io adoravo stare con lei, così…»
Lui le rivolse un tenero sorriso, lasciando indugiare il suo sguardo assorto in quei luminosi occhi blu, che lo fissavano languidi di rimando …il tempo sembrava essersi di nuovo fermato, avvolgendoli in un’atmosfera surreale, nella quale il silenzio lasciava spazio al dolce mormorio dei ricordi, alle parole impacciate di due ragazzini troppo soli, in un mondo incurante della loro angoscia, alle prese coi primi turbamenti dell’animo, coi primi sobbalzi del cuore e con gli innocenti brividi del primo amore…
«Perché mi stai fissando?» chiese ad un tratto Miss Parker, abbassando lo sguardo confusa.
«Cosa..? Oh, scusami…è solo che… - balbettò imbarazzato lui - Ecco…mi sembra così strano essere qui con te…forse perché finalmente, dopo tanto tempo, mi parli senza puntarmi contro una pistola! – lei lo scrutò, alzando un sopracciglio e piegando le labbra in una smorfia beffarda - O forse perché è passata un’eternità dall’ultima serata che ho trascorso insieme ad una donna»
«Adesso non venirmi a dire che la tua vita in fuga ti costringe a rinunciare alla compagnia femminile, perché non ci credo affatto!» lo apostrofò caustica Miss Parker, alzandosi per sparecchiare la tavola…non capiva il motivo, ma quell’argomento le risultava a dir poco fastidioso!
«Non ho detto questo, però negli ultimi tempi…» cercò di spiegarle lui, mentre l’aiutava coi piatti, ma…
«Ah si? E che mi dici di Zoe?»
Jarod la guardò perplesso: se non fosse stato assolutamente certo del contrario, avrebbe giurato che fosse gelosia quella nota stonata nella voce di Miss Parker…no, impossibile!
«Sono mesi che non la vedo… - confessò poi mestamente - Sai, credo che l’aver fatto la conoscenza di Lyle e Cox l’abbia turbata più di quanto non voglia ammettere e che, nonostante i nostri sforzi per evitarlo, questo abbia finito con l’influenzare negativamente sul nostro rapporto»
«Il Centro ha di nuovo lasciato il segno, eh? – osservò sarcastica lei - Mi dispiace, Jarod…» gli disse poi, in tono inaspettatamente dolce, sfiorandogli il braccio con la mano.
Era rammaricata nel vederlo così afflitto, ma suo malgrado, anche un pizzico sollevata…chissà poi perché?!
«Probabilmente non era destino» replicò pacato Jarod, con quella malinconica rassegnazione a cui la vita l’aveva ormai abituato.
«Bé, almeno Zoe è ancora viva…Thomas non è stato così fortunato»
Non appena quelle amare parole le furono uscite di bocca, Miss Parker si rese conto, stupita e contrariata, che per due interi giorni non aveva più pensato al suo Tommy ed un opprimente senso di colpa le appesantì il cuore…come aveva potuto dimenticarsi di lui, dell’unico uomo che l’avesse mai amata…dell’unico che lei avesse amato…e come mai, ricordandolo, non sentiva più quella pena straziante che le lacerava l’anima, ma solo una sottile, persistente tristezza per ciò che era stato e che non sarebbe stato più..?
«Ti manca ancora molto…vero?» mormorò lui, scambiando la contrarietà dipinta sul volto della donna per il dolore di una profonda ferita, improvvisamente riaperta.
Miss Parker annuì meccanicamente, sconcertata per quanto aveva appena scoperto e Jarod non poté fare a meno di avvertire ancora quella strana fitta allo stomaco…lei continuava ad esserne innamorata…
Ah maledizione! Non sopportava di vederla soffrire, doveva fare qualcosa…ma cosa?
«Che ne dici di uscire?» esordì poi con brio, interrompendo finalmente quel penoso silenzio.
«Uscire a fare che?»
«A svagarci un po’ – ripose lui, spingendola gentilmente verso la porta - Avrei giusto in mente il posto adatto per lasciarci i pensieri troppo tristi alle spalle, anzi…sotto i piedi!»

Parigi, terzo piano della Tour Eiffel – ore 11:00 p.m. (2° giorno)

Il cielo notturno era sereno e qualche timida stella brillava pallida tra le poche nubi. Un vento glaciale le soffiava sferzante sul volto, attraversava inclemente la sua giacca leggera, facendole accapponare la pelle e le scompigliava sgarbato i lunghi capelli scuri, ma Miss Parker nemmeno se ne accorgeva, intenta com’era ad osservare la “Ville Lumière”, maestosamente stesa ai suoi piedi, nel più romantico sfavillio di luci che si fosse mai offerto al suo sguardo incantato.
“Che meraviglia! – commentò affascinata tra sé e sé - Certo che l’altezza fa un po’ impressione…” pensò poi, guardando la sagoma illuminata della torre che si allungava vertiginosamente verso il basso, oltre la ringhiera alla quale si teneva ben salda.
«Se può interessarti, siamo a 274 metri da terra» la informò una voce alle sue spalle.
«Proprio il posto adatto per lasciarsi i pensieri tristi…sotto i piedi!» replicò lei voltandosi e trovandosi di fronte Jarod, che con aria furbesca, le porgeva una rosa rossa.
«E quella da dove spunta? – chiese sorpresa - La tenevi nascosta nella manica, per caso?»
«In effetti ho lavorato con un prestigiatore, non tanto tempo fa a Las Vegas…ma ti assicuro che questa non è finta!»
Miss Parker sorrise…curioso come lo avesse fatto più spesso negli ultimi due giorni che non negli ultimi due anni!
«Grazie» disse, accettando l’omaggio ed aspirandone il profumo, lo sguardo perso in quello profondo di Jarod.
«So che preferisci le gardenie, ma una rosa mi sembrava più adatta all’occasione..» le sussurrò lui avvicinandosi.
«Quale occasione?»
«Bé…Parigi…la notte…tu ed io…»
«Tu ed io…» ripeté turbata Miss Parker, volgendogli di nuovo le spalle e cercando di ignorare il brivido caldo che aveva scosso il suo corpo, ma soprattutto le licenziose fantasie che avevano inondato la sua mente a quelle parole, quasi fossero improvvisamente uscite da un cassetto tenuto chiuso troppo a lungo…doveva assolutamente ricacciarle da dov’erano venute…e subito!

“Cosa accidenti mi è saltato in mente?! – si rimproverò adirato Jarod – Volevo solo essere carino, tirarle su il morale…come diavolo mi sono uscite quelle stupidaggini di bocca?!”
«Stupidaggini? Ma chi vuoi prendere in giro?!» lo avrebbe apostrofato bonariamente Sydney, se avesse potuto percepire i suoi pensieri.
Eh sì, perché in realtà desiderava dirle quelle parole, così come desiderava pazzamente lei e non perché fosse ormai stanco della sua insopportabile solitudine, non perché sentisse il bisogno di avere una donna accanto…era LEI che voleva, lei che immaginava di stringere tra le braccia, era il suo tenue profumo che anelava respirare, le sue labbra turgide che sognava di assaporare, la sua pelle vellutata che le sue mani bramavano…lei, che era pur sempre la sua avversaria, maledizione! L’ultima donna che avrebbe dovuto amare…AMARE?!
“Ma che sto dicendo?!” si disse costernato, censurando all’istante quella folle idea.
Il cervello gli lanciava inquietanti campanelli d’allarme, gli diceva di andarsene a gambe levate, prima di cacciarsi nel guaio più grosso che la sua mente di simulatore avesse mai potuto concepire, ma i suoi muscoli si rifiutavano di obbedire…lei gli era vicina a tal punto, che i loro corpi potevano quasi sfiorarsi…e stava tremando per il vento gelido…forse avrebbe dovuto abbracciarla…solo per riscaldarla, s’intende…

Miss Parker rabbrividì, continuando tuttavia a non curarsi dell’aria fredda che s’insinuava inesorabile sotto i suoi vestiti e si concentrò nuovamente sulla vista mozzafiato che si godeva dalla terrazza semi deserta: la collina di Montmartre, su cui si ergeva solenne il Sacre Coeur, l’Arco di Trionfo, che dominava l’Étoile con la sua magnifica imponenza, gli Champs Élisées, vestiti a festa di luci multicolori per la lunga notte parigina, l’affollata terrazza del Trocadero, la Senna, che gremita di battelli scorreva lenta ai piedi della torre…
Paris at Night… non era anche il titolo di una poesia di Prévert? Ma sì, quella che sua madre preferiva…com’è che recitavano i versi..?
Tre fiammiferi accesi uno ad uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E il buio assoluto per ricordarmi tutto questo
Mentre ti stringo tra le braccia.
Quanto avrebbe voluto che qualcuno in quel momento stringesse anche lei tra le braccia, sussurrandole parole altrettanto passionali …cioè, veramente non stava pensando ad una persona qualsiasi e, con suo enorme stupore, nemmeno a Thomas. Pensava all’uomo che suo padre e il Centro le avevano imposto di odiare, ma che stranamente era stato l’unico ad esserle davvero vicino nei momenti più dolorosi della sua vita, l’unico, inspiegabilmente che sapesse guardarle dentro, quasi lei fosse un libro aperto…Jarod…era pazzesco, ma in quel preciso istante si rese conto sbalordita che non avrebbe voluto essere lì con nessun’altro se non con lui.
No, era assurdo…che cosa andava farneticando?! Doveva smetterla con quelle stupide fantasie romantiche e tornare subito coi piedi per terra: d’accordo, avevano stabilito una tregua, ma presto sarebbe finita. Lui era ancora il simulatore fuggito dal Centro e lei quella incaricata di catturarlo…e anche se non le era certo indifferente, come poteva esserci qualcosa tra loro..? Era impossibile…
Ma allora perché non aveva opposto resistenza quando le sue braccia le avevano cinto la vita? Come mai si era abbandonata languidamente sul suo petto, deliziandosi di quel caldo contatto e, non contenta, aveva addirittura posato la testa sulla sua spalla, per sentire il suo respiro accarezzarle lieve le tempie? E per quale motivo fremeva inebriata, lasciando che le sue labbra le sfiorassero sensualmente il collo?
Jarod la costrinse dolcemente a voltarsi e l’attirò a sé, imprigionando il suo sguardo nel proprio.
«Io…insomma…che ci sta succedendo…?» mormorò Miss Parker confusa, incapace di sfuggire a quella sorta d’incantesimo.
«Non lo so…ma la cosa non mi dispiace affatto» rispose lui, fissando con insistenza la sua bocca.
«Jarod…senti…non credo che dovremmo…» protestò debolmente lei, quando i loro volti si trovavano ormai a pochi millimetri di distanza.
«Sta zitta Parker e baciami»
Il tenue contatto tra le loro labbra fu come una scossa, che risvegliò in entrambi voluttuosi sogni, immagini a lungo sopite, celate per anni nell’inconscio, ma oramai libere di travolgerli, facendo finalmente affiorare l’indomabile desiderio che provavano l’uno per l’altra e che li spingeva a stringersi fino ad avvinghiarsi, a cercarsi per scoprirsi sempre più in profondità, a sfiorarsi con carezze ogni volta più audaci malgrado l’intralcio dei vestiti, mentre i loro cuori martellavano impetuosi all’unisono, quasi volessero uscir loro dal petto.
«Io devo essere impazzita» sussurrò ansimando Miss Parker, incapace di staccarsi da lui.
«Allora siamo in due» replicò Jarod con voce rauca, impossessandosi di nuovo con ardore della sua bocca e trascinandola ancora con sé nell’impeto incontrollabile della passione, in una dimensione senza spazio né tempo, dove non esistevano che i loro corpi allacciati, le labbra avide di baci roventi, le mani smaniose di contatti sempre più intimi.
Ma proprio allora, un vociferante gruppo di turisti irruppe sulla terrazza e si diresse verso di loro, riportandoli bruscamente alla realtà, costringendoli a staccarsi imbarazzati e ponendo fine di colpo al romantico idillio.
Jarod maledisse in cuor suo l’arrivo di quelle persone: ”Accidenti a loro! Proprio adesso che…”
Per Miss Parker invece: “Oh Santo Cielo, cosa stavo per fare?! Meno male che…”
«Perché non ce ne andiamo in un posto più tranquillo..?» le bisbigliò malizioso all’orecchio, facendo per abbracciarla.
«No Jarod. Non penso proprio che sia il caso» rispose la donna sottraendosi con freddo distacco, di nuovo padrona di sé.
«Ma…io credevo che…» farfugliò attonito lui.
«Bé, credevi male! – sbottò lei furibonda, a dire il vero più con se stessa che con Jarod - Per la miseria, non siamo più due ragazzini! Non possiamo lasciarci trascinare così dalle nostre emozioni!»
«Ma perché?! Cosa ce lo impedisce?!» chiese lui, ancora esterrefatto per quell’improvviso voltafaccia.
«Quello che siamo, il nostro ruolo in questa maledetta storia ce lo impedisce! – replicò caustica lei - Ricordi..? Tu sei quello che scappa ed io quella che ti dà la caccia!»
«Non dev’essere per forza così, se noi non lo vogliamo»
«E tu che diavolo ne sai di quello che voglio io?!» lo aggredì Miss Parker esacerbata.
Si sentiva terribilmente frustrata, perché pur sapendo cosa voleva il suo cuore, era costretta a seguire la ragione, che le diceva spietata quanto i suoi desideri fossero irrealizzabili e le ricordava inflessibile i suoi doveri verso suo padre e verso il Centro…ah, che andassero al diavolo tutti quanti..! Ma purtroppo non aveva altra scelta…
L’incredulità lasciò spazio ad un’amara delusione sul volto di Jarod, che continuava a fissare gli occhi impenetrabili di Miss Parker, incapace di una qualsiasi reazione, tanto era sconvolto: come aveva potuto essere così stupido?! Come aveva potuto anche solo pensare che la ragazzina di cui non si era mai scordato vivesse ancora nel cuore di quella donna di ghiaccio? Cosa gli aveva fatto sperare che lei ricambiasse i suoi sentimenti? Complimenti genio, stavolta hai proprio sbagliato tutto…ma che ci stai a fare ancora qui?!
Senza dire più una parola, le voltò le spalle e fece qualche passo verso l’ascensore, quando lei inaspettatamente lo fermò con voce tremante.
«Jarod… - Dio, non sopportava di averlo ferito a quel modo…doveva almeno dirgli…cioè, non aveva idea di cosa volesse dirgli, ma non poteva lasciarlo andare via senza cercare di…ah insomma! - Jarod, per favore aspetta…»
«A che scopo?! – proruppe risentito lui, frenando a stento la sua rabbia - E’ chiaro che ho commesso un errore madornale, perché tu non provi niente per me e…»
«Ma non dire sciocchezze! Sarei una pazza se non mi sentissi attratta da te!!!» esclamò esasperata lei, senza nemmeno aver avuto il tempo di pensare…aveva gli occhi lucidi e lottava strenuamente per non scoppiare a piangere.
Lui le si avvicinò, guardandola disorientato…no, forse non si era sbagliato: «Allora qual è il problema?» chiese più gentilmente.
Già, qual era? Qual era il vero motivo per cui aveva sempre cercato di reprimere i sentimenti che provava per lui..? Affetto per suo padre? Figuriamoci, non era nemmeno sicura che lui lo volesse… Lealtà verso il Centro? Bé, quei miserabili bastardi meritavano tante cose, ma certamente non i suoi scrupoli..! Senso di colpa nei confronti di Thomas? Forse un po’…
In sostanza qual era la vera ragione che le impediva di lasciarsi andare?
«Il problema è…è che tutto questo non è reale…a pensarci bene, niente della nostra vita è mai stato reale…» esordì confusa.
«Cosa vuoi dire?»
«Voglio dire che il legame che ci unisce non è…naturale - Jarod continuava a fissarla senza capire – Rifletti: tu sei cresciuto fuori dal mondo, prigioniero in una realtà aberrante nella quale io ero l’unica, oltre Sydney, con cui potessi instaurare un rapporto umano, l’unica che potesse ascoltarti e parlare con te come un’adolescente e non come uno strizzacervelli»
«Certo, però cosa c’entra questo con..?»
«Ma non capisci?! – sbottò costernata Miss Parker - Tra di noi è nato qualcosa solo perché era inevitabile, soltanto perché tu non hai avuto modo di vivere normalmente in mezzo ad altre persone, unicamente perché ci sentivamo entrambi soli e bisognosi d’affetto…»
«No, non è vero! – protestò convinto lui – Quello che c’è tra noi è speciale e non solo per l’infanzia infelice che abbiamo condiviso ma…»
«Ne sei sicuro? – lo incalzò disillusa lei - Puoi affermare con certezza che se tu avessi avuto una vita normale, se fossi cresciuto con la tua famiglia anziché al Centro e noi ci fossimo incontrati per caso al college, o al lavoro, o in un bar ti saresti comunque sentito attratto da me ? – lo sguardo turbato di Jarod ed il suo imbarazzato silenzio furono più eloquenti di qualsiasi parola – Lo immaginavo…» commentò Miss Parker con una punta di delusione nella voce, prima di volgergli le spalle.
L’inconscio timore che lui prima o poi si sarebbe reso conto di tutto questo…ecco qual era il problema, ecco cosa l’aveva sempre indotta a soffocare i propri sentimenti…timore che si era rivelato fondato, dovette constatare, mentre le lacrime trattenute fino a quel momento iniziavano a rigarle il volto.
«Hai ragione – si decise infine a dire lui, in tono stranamente pacato - Non posso sapere quel che sarebbe successo se le nostre vite fossero state diverse. Ma di una cosa sono assolutamente certo: so che sarei impazzito dentro a quell’inferno, se non fosse stato per Sydney…e soprattutto per una ragazzina di nome Allison…»
Miss Parker si voltò sorpresa e lo guardò con infinita tenerezza: il suo nome, quello che gli aveva sussurrato all’orecchio quando erano bambini, stando bene attenta che nessuno se ne accorgesse…da quanto tempo qualcuno non la chiamava più così..?
«Una ragazzina dagli occhi immensamente tristi e dal sorriso incantevole… – continuò dolcemente lui, asciugandole le lacrime - che non sono mai riuscito a dimenticare, che senza rendermene conto ho sempre cercato in ogni donna che incontravo…»
«Jarod…»
«Io ti amo Parker…credimi, non c’è altro modo di spiegare quello che provo per te…» dichiarò con una semplicità disarmante.
Lei gli sorrise, mentre un nodo le serrava la gola per l’emozione…era sincero, ne era convinta, tuttavia ancora esitava…
«So che hai paura, che l’idea di perdere di nuovo qualcuno a cui tieni ti terrorizza, ma non commettere un’altra volta lo stesso errore…non lasciare che l’amore ti passi accanto e se ne vada prima che tu possa renderti conto di cos’hai perso»
Miss Parker gli prese il viso tra le mani e lo baciò a lungo, dolcemente…appassionatamente…disperatamente…
«Ti amo – gli sussurrò poi continuando a sfiorargli il volto ed il collo con le labbra – Ti amo…ti amo…ti amo…»
A quel punto fu lui a prenderle il volto tra le mani, bisbigliandole con voce roca: «Non sai da quanto aspetto di sentirtelo dire».

Il Centro, Blue Cove – ore 5:00 p.m. (2° giorno)

«Hai scoperto dove si trova tua sorella?» chiese Mr. Parker, seduto dietro la sua imponente scrivania, con la consueta aria austera e distaccata, che non lasciava trasparire la minima emozione.
«Ancora no – replicò annoiato Lyle, guardando distrattamente fuori della grande vetrata – Ho già interrogato sia Sydney che Broots, ma non sanno niente…il suo nome non risulta su nessuna lista passeggeri dei voli partiti nelle ultime quarantotto ore…e al cellulare non risponde»
«Non è da lei sparire così senza avvisare»
«Credi che abbia abbandonato il Centro…definitivamente?»
«No, nemmeno questo è da lei – osservò ironico Mr. Parker – Temo piuttosto che, come al solito, stia cercando di scoprire cose che per il suo bene sarebbe meglio non sapesse»
«Cos’altro dovrebbe scoprire? Il segreto di Catherine? – chiese Lyle con una risatina sarcastica – E’ impossibile che da sola riesca dove perfino il Centro ha fallito…e poi non sa niente della lettera…vero?»
«La lettera è ancora al suo posto – lo rassicurò impassibile Mr. Parker - Ma qualcuno ha usato il mio PC qualche giorno fa…»
«Com’è possibile? Nessuno conosce la tua password»
«Infatti non sono certo che chi lo ha utilizzato sia riuscito a consultare i miei files…se è così, non ha lasciato tracce»
«Andiamo, non penserai che sia stata lei? Che Miss Parker abbia eluso la password e scoperto il dossier Eraser?» domandò scettico l’altro.
«No, non credo che sia stata lei…»
«E chi allora, quell’idiota di Broots?! Non avrebbe mai il coraggio di… - Lyle fissò gli aridi occhi grigi di suo padre, mentre un’idea agghiacciante si faceva di colpo strada nella sua mente – Jarod…»
«Malauguratamente è molto probabile» convenne in tono grave Mr. Parker.
«Jarod sarebbe entrato al Centro, addirittura nel tuo ufficio e avrebbe curiosato nel tuo computer senza che nessuno di noi se ne accorgesse? – provò ad obiettare Lyle, ma, conoscendo il soggetto, l’idea gli parve essere fin troppo plausibile prima ancora di aver concluso la frase – Cosa vuoi che faccia?» domandò quindi risoluto.
«Se tua sorella sta davvero cercando Padre Christophe insieme a Jarod, tu devi metterti sulle sue tracce e trovarlo prima di lei»
«Ma se non sappiamo nemmeno dove si sia diretta! – gli fece osservare irritato Lyle – Dovrei mettermi ad esplorare l’intero pianeta secondo te?!»
«Sì, se fosse necessario. A partire da dove il Centro cominciò vent’anni fa – sentenziò perentorio Mr. Parker - Prendi con te una squadra di spazzini e va subito a Parigi»

Parigi centro – ore 3:00 p.m. (3° giorno)

Di tutto avrebbero potuto aspettarsi Jarod e Miss Parker da quella sorta di collaborazione forzata…tranne forse il fatto che non avrebbero usato il letto solo per dormire (…anzi, a dire il vero la notte precedente avevano dormito molto poco!) e che si sarebbero ritrovati a camminare mano nella mano per le strade di Parigi, accarezzate da un pallido e tiepido sole, scambiandosi sguardi complici, proprio come i due fidanzatini di Peynet…eh, sarebbe stato bello concedersi una romantica vacanza nella più romantica città del mondo, ma purtroppo non potevano dimenticare il motivo per cui si trovavano lì. Ciò che stavano cercando era troppo importante.
«Questa è la nona?» chiese Miss Parker osservando la bianca facciata dell’ennesima chiesa.
«La decima: Notre Dame de la Nativité» replicò Jarod, mentre entrambi varcavano il pesante portone d’ingresso.
Percorsero in silenzio la luminosa navata centrale, sperando d’imbattersi in qualcuno a cui poter rivolgere le solite domande, ma videro soltanto pochi fedeli raccolti in preghiera.
«Come vorrei che questa fosse la volta buona!» si augurò sommessamente Miss Parker.
«In questo caso, dovremmo sempre trovare il modo di capire se questa persona sia davvero Padre Christophe» le fece osservare Jarod.
«Non pensi che sarebbe sufficiente chiederglielo?»
«Scherzi?! Ammettendo che si tratti di lui, come penso, quest’uomo si sta nascondendo da vent’anni e in tutto questo tempo solo la diffidenza e la cautela gli hanno permesso di non essere scoperto…non sarà affatto facile conquistare la sua fiducia»
«Hai ragione…ma che altro possiamo fare? Non abbiamo modo di riconoscerlo»
«Già…nessuno di noi lo ha mai visto, nemmeno in fotografia»
«Magari anni fa sarà capitato di trovarsi faccia a faccia con lui, senza saperlo, persino agli spazzini del Centro!»
«Posso aiutarvi?» chiese ad un tratto una voce diffidente alle loro spalle.
Entrambi si volsero, trovandosi di fronte ad un uomo sulla quarantina in abito talare, dal fisico asciutto, capelli brizzolati e penetranti occhi scuri…“Davvero niente male” pensò Miss Parker, dicendosi che forse anche il sacerdote pensava lo stesso di lei, a giudicare dall’insistenza con cui la stava fissando…bé, perché scandalizzarsi? Aveva preso i voti, ma era pur sempre un uomo!
«Salve, sono Padre Jarod Brown, del Delaware. Sto cercando Padre Clément Errant…»
L’aitante sacerdote si decise a distogliere lo sguardo da Miss Parker: «Sono…sono io. Cosa posso fare per lei?»
I due non fecero molto caso al suo tono incerto, tale fu lo stupore con cui accolsero l’improvvisa rivelazione.
«Ecco…veramente… – esordì Jarod ancora sbalordito - Mi aspettavo una persona…più matura…ma lei è proprio lo stesso Padre Clément Errant che si trovava nella parrocchia di Saint-Séverin, fino a qualche mese fa?»
«Certo…» rispose il parroco con un’impercettibile nota d’inquietudine nella voce…bè, non era molto loquace, poco ma sicuro.
«E’ molto strano…vede, una mia parrocchiana sostiene di essere una sua vecchia amica. Ma stando a quanto mi ha raccontato, lei dovrebbe avere almeno sessant’anni…»
«Ah si..? E come si chiama questa sua parrocchiana?»
«Catherine…Catherine Parker»
«Mi…mi rincresce – ancora quella strana trepidazione nella sua voce, ancora uno sguardo turbato, rivolto a Miss Parker - Non conosco nessuno con quel nome… dev’esserci stato un malinteso…»
«Ma è proprio sicuro che..?» provò ad interrogarlo scettica la donna.
«Mi dispiace ma non posso dedicarvi altro tempo – tagliò corto lui, sempre più nervoso – In questo momento sono molto impegnato»
«Senta…» insistette lei, oltremodo irritata per il comportamento dell’uomo, ma…
«Allora la prego di scusarci per il disturbo, Padre Clément» l’interruppe risoluto Jarod, trascinandola via con sé, prima che potesse aggiungere altro.

«Ma perché ce ne siamo andati?! – lo assalì Miss Parker, mentre si dirigevano verso la fermata del métro - Non hai visto come ha reagito? Quello sa qualcosa e…»
«…e non sarà certo aggredendolo che riusciremo a scoprire cosa – la zittì lui, continuando tranquillo a camminare – Piuttosto vorrei capire per quale motivo ci ha mentito…»
«Lasciami dieci minuti da sola con lui e ti assicuro che…»
«Parker..!»
Lei alzò le spalle imbronciata e non disse più una parola…non sopportava di essere così vicina alla verità senza poter fare nulla per conoscerla!
“Pensa Jarod, pensa… – si diceva intanto lui - Che cosa passava per la sua mente? Perché si è comportato subito con diffidenza? Come mai era già prevenuto prima ancora che gli chiedessimo di Padre Clément..? Forse perché ha ascoltato ciò che stavamo dicendo mentre si avvicinava..? Magari perché ci ha sentiti nominare il Centro..? E quel suo modo di osservare Miss Parker…ma certo!”
«Ma certo! - ripeté ad alta voce – Lui ti ha guardata come se avesse visto un fantasma!»
«E’ vero, ho notato anch’io che il nostro aitante sacerdote mi squadrava in modo strano, ma…» ammise la donna.
«Già, come ti fissano tutti quelli che hanno conosciuto tua madre, visto che sei identica a lei»
«Andiamo, com’è possibile che abbia incontrato mia madre? - obiettò perplessa Miss Parker – E poi non vedo cosa…»
«Forse non l’ha fatto di persona – insistette Jarod - Forse qualcuno gli ha mostrato una sua foto…magari qualcuno che le era amico…»
«Padre Christophe… - esordì lei, cominciando a capire - Tu credi che quel prete sia in contatto con lui e che lo stia proteggendo»
«Penso proprio di sì e sono anche convinto che tenendo d’occhio lui arriveremo al nostro uomo. Presto, torniamo indietro!»
Non avevano fatto che pochi passi, affrettandosi in direzione della chiesa, quando Miss Parker scorse improvvisamente un volto tra la folla e per una frazione di secondo il suo cuore smise di battere, mentre un’espressione sgomenta si dipingeva sul suo viso…non ci voleva accidenti! Senza indugiare oltre, afferrò decisa il braccio di Jarod e lo spinse bruscamente dentro la prima porta che le capitò a tiro, quella di un bar.
«Parker, che ti prende?» protestò lui.
«Zitto!» gl’intimò lei, guardando ansiosa verso la strada.
«Allora?» chiese ancora lui, dopo qualche secondo.
«Credo che il mio caro fratellino sia venuto a cercarci»
«Lyle..?! – esclamò allarmato - Lyle é qui? Ne sei sicura?»
Miss Parker gl’indicò una figura vestita di scuro, che si stava facendo largo lentamente tra i passanti, guardandosi attorno con attenzione…di punto in bianco si fermò, in linea d’aria ad un ventina di metri di fronte alla porta del bar…i suoi crudeli occhi color ghiaccio puntarono insistentemente nella loro direzione per un lungo, terribile attimo, che sembrò non finire mai…poi Lyle si volse verso Willy e Sam, che lo avevano appena raggiunto, probabilmente per riferirgli che una coppia corrispondente alla loro descrizione aveva da poco lasciato Notre Dame de la Nativité. Lui disse qualcosa con aria contrariata, quindi fece cenno ai due spazzini di seguirlo verso una lussuosa auto nera, posteggiata a pochi passi da lì…solo quando videro la berlina allontanarsi, Jarod e Miss Parker poterono riprendere a respirare.
«Dannazione! Il Centro è di nuovo sulle tracce di Padre Christophe – constatò lui - Dobbiamo sbrigarci e trovarlo prima di loro…andiamo!»
In breve, guardandosi sempre cauti alle spalle, raggiunsero di nuovo la chiesa, giusto in tempo per vedere il presunto Padre Clément lasciare in tutta fretta l’edificio: pareva preoccupato, anzi terrorizzato, di certo a causa delle strane visite da poco ricevute…non restava che seguirlo, sperando che le congetture di Jarod si rivelassero fondate.
Dopo qualche minuto di marcia a passo sostenuto, il giovane prete entrò in un vecchio palazzo: Jarod e Miss Parker, addossati alle pareti che odoravano di muffa, lo seguirono lungo le scale immerse nella penombra, fino al secondo piano e lo raggiunsero prima che potesse chiudersi alle spalle la porta di un piccolo appartamento.
Quanto mai risoluta, Miss Parker afferrò con forza l’uomo per il colletto e lo mise spalle al muro, spaventandolo a morte.
«Perdoni l’intrusione, Padre! – sibilò, sfoderando davanti alla sua vittima la crudele freddezza in cui era meastra – Mi dica quello che voglio sapere e nessuno si farà male!»
«Parker..!» protestò Jarod, ma…
«Non c’è più tempo per i convenevoli!» l’interruppe decisa lei, costringendolo ad allargare le braccia in segno di resa.
«Prima domanda: lei chi diavolo é?!»
«Mi…mi chiamo François – farfugliò il poveretto, tremando come una foglia - So…sono davvero un sacerdote, ve lo giuro!»
«Molto bene Padre François. Dov’è Padre Christophe?»
«No, questo non posso dirvelo» asserì con voce incerta, raccogliendo tutto il proprio coraggio.
Miss Parker sospirò ed allentò un tantino la presa : «Senta, ora non ho tempo di spiegarle, ma le assicuro che non è da noi che deve proteggerlo – l’uomo esitò, ma non cedette - Maledizione! Io devo assolutamente parlare con lui, lo capisce?! Mia madre gli confidò il suo segreto perché un giorno lui lo rivelasse a ME!!!» proruppe la donna, oramai a corto di pazienza.
«Allora è davvero la figlia di Catherine… - lei annuì – Sono desolato…io credevo che…»
«Per favore mi dica dov’è!»
Il prete rivolse lo sguardo alla porta infondo al corridoio. Jarod e Miss Parker si precipitarono ad aprirla, trovandosi di fronte un grande letto dalle candide lenzuola, sul quale era adagiato il corpo inerte e minuto di un vecchio: le sue braccia ossute erano abbandonate lungo i fianchi, il pallore del suo volto raggrinzito era quasi cadaverico, solo il lieve movimento del suo torace indicava ancora la presenza di un debole alito di vita.
«E’ malato di leucemia – spiegò Padre François – Sta lottando da anni e purtroppo non gli resta più molto…»
Miss Parker guardò smarrita gli occhi di Jarod, come per chiedere: “E ora che faccio?”. Lui le sorrise, facendole cenno di tentare.
Allora s’inginocchio accanto al capezzale e prese delicatamente la mano del malato.
«Padre Christophe… - il vecchio dischiuse lentamente le palpebre e puntò sulla donna uno sguardo sbalordito. Lei gli sorrise - Sono Par…ehm… sono Allison, la figlia di Catherine…»
L’anziano sacerdote abbozzò a sua volta un sorriso e le strinse la mano con la poca forza di cui disponeva…i suoi occhi stanchi brillavano, come quelli di chi può insperatamente raggiungere il proprio scopo, prima di avviarsi sereno incontro alla morte.
«Le secret de ta mère…»
«Sì…sì mi dica dov’è la prego..!»
«…il se trouve chez l’ange…»
«Si trova con l’angelo…ma che significa?! Padre, la scongiuro..!»
«S…Saint..Sul..Sulpice…» sussurrò il pover’uomo esalando l’ultimo respiro.
«No!!!»
Miss Parker trattene a stento le lacrime di dolore e frustrazione che le bruciavano negli occhi. In rispettoso silenzio, compose le mani sul petto del defunto e cercò conforto tra le braccia di Jarod, lasciando Padre François ad impartire l’estrema unzione…ancora una volta il destino avverso aveva vanificato ogni suo sforzo.
«Saint Sulpice…hai idea di cosa possa essere?» chiese lui, mentre abbandonavano avviliti l’edificio.
Lei fece mestamente segno di no: «E’ inutile scervellarsi, Jarod. Quel poveretto stava delirando…a questo punto non possiamo fare altro che arrenderci, non riusciremo mai a…»
«Bè, qui ci sono vari “Saint-Sulpice”… – continuò lui, per nulla intenzionato a rassegnarsi, sfogliando l’indice della sua guida di Parigi - Uno è una località nei pressi di Arpajon, l’altro è una cattedrale gotica vicino a Chartres…uhm, questo però è il più interessante: una chiesa del XVII secolo, che si trova qui in centro, dalle parti del Palais du Luxembourg ed è nota per una cappella affrescata da Eugène Delacroix…la Chapelle des Saints Anges…vale la pena di dare un’occhiata, non credi?»

Parigi, chiesa di Saint Sulpice – ore 5:45 p.m. (3° giorno)

Jarod e Miss Parker osservarono per qualche istante impressionati le maestose navate della grande chiesa, per poi dirigersi speranzosi verso la prima cappella sulla destra dell’ingresso, la Chapelle des Saints Anges.
«Credi davvero che le parole di Padre Christophe abbiano un senso..? – chiese lei ancora scettica - Il segreto di trova con l’angelo…»
«Diciamo che voglio crederci… - replicò lui - A proposito di angeli…» aggiunse, indicando l’affresco sulla parete sinistra della rientranza, raffigurante un episodio della Genesi: la “Lotta di Giacobbe con l’Angelo”.
Entrambi presero ad esaminare con attenzione le due plastiche figure, concentrandosi in special modo su quella del messaggero divino, nell’intento di cogliere nella sua espressione altera o nel suo sguardo ieratico un qualsiasi particolare che potesse chiarire la frase di Padre Christophe…ma non era poi così facile…
«Davvero notevole, non credete?» esordì una voce cordiale alle loro spalle, facendoli girare di scatto.
Un canuto vecchietto dalla folta barba bianca, vestito di un semplice saio, li stava fissando con aria benevola, appoggiandosi ad un bastone.
«Sono anni che ammiro questo dipinto quasi ogni giorno – continuò il nuovo arrivato - ma rimango sempre colpito dalla grande carica emotiva della pittura di Delacroix…ma forse vi ho disturbati?»
«Nessun disturbo, Padre» lo rassicurò Jarod.
«No, non deve chiamarmi padre, io sono soltanto un povero frate! – si schernì l’anziano uomo sorridendo - Il mio nome è Martin…Martin Lange»
«LANGE?!» esclamarono gli altri due sbalorditi all’unisono…non poteva essere una coincidenza!
Infatti, dopo innumerevoli spiegazioni e rapide presentazioni, Fratello Martin si convinse a consegnare loro un consunto breviario, spiegando che Padre Christophe lo aveva affidato a lui, suo fedele amico, circa vent’anni prima, quando era partito per l’India senza mai fare ritorno. Lo aveva pregato di custodirlo e di non parlarne ad anima viva per nessun motivo, ma di consegnarlo, se un giorno si fosse presentata, solo ad una donna di nome Allison, la figlia di Catherine Parker.
Nascosto nella logora copertina, Jarod e Miss Parker trovarono finalmente il tanto agognato dischetto.

Parigi, Rue de l’Université – ore 7:00 p.m. (3° giorno)

Jarod scambiò uno sguardo d’intesa con Miss Parker, quindi inserì il dischetto nel lettore DSA ed il dolce volto di Catherine, adombrato da un velo d’inquietudine, apparve sullo schermo:

“Bambina mia, mi rivolgo a te perché spero con tutto il cuore che sarai tu a trovare questo mio messaggio e che potrai venire a conoscenza di ciò che ho scoperto.
Non so quanti anni passeranno prima che tu possa ascoltare queste mie parole…sicuramente molti, quindi oramai ti sarai resa conto di quale orribile, spregevole struttura sia di fatto il Centro, ma per quanto precisa sia l’idea che ti sei fatta, non potresti mai nemmeno lontanamente immaginare quello che è in realtà.
Il Triumvirato che controlla il Centro dall’Africa è a capo di una sorta di loggia, che persegue un unico scopo: il potere…ed è disposta tutto pur di ottenerlo. Ciò che tuo padre ancora gestisce, forse ignaro, per loro, non è che un laboratorio dove si mettono a punto, grazie ai simulatori, le strategie che un giorno porteranno la loggia a controllare il mondo intero. Questa organizzazione agisce nell’ombra e, oltre a terroristi e criminali della peggiore specie, comprende capi di stato e di governo, membri dei servizi segreti, magnati dell’industria e della finanza…tutte persone al di sopra di ogni sospetto, che da sempre usano la corruzione e le minacce per raggiungere i propri obiettivi…e dove queste non bastano…omicidi, stragi, attentati, guerre…non si fermano davanti a niente, per togliere di mezzo chiunque si opponga al loro volere…
Il tuo compito è smascherare questo complotto prima che sia troppo tardi. Vorrei tanto non doverti affidare una missione così difficile e pericolosa, tesoro mio, ma purtroppo non posso fare altrimenti…e comunque non sarai sola: io sento qualcosa tra te è il piccolo Jarod, un legame molto forte…spero tanto che lui sia con te quando vedrai questo mio messaggio, perché solo voi due insieme potete fermare il piano criminale di quelle persone, entrando in possesso della lista con tutti loro nomi, che forse è ancora conservata da qualche parte al Centro.
Ricorda che non puoi fidarti di nessuno e non puoi rivolgerti nemmeno alle autorità, non prima di aver trovato quell’elenco e aver capito chi sono le persone coinvolte nel complotto.
Che Dio ti protegga, bambina mia…ti voglio bene…”

Non appena l’immagine svanì dallo schermo, Miss Parker allungò la mano, quasi volesse cercare di afferrarla…un doloroso groppo le serrava la gola, ma era troppo sconvolta persino per piangere…dunque era questo che sua madre aveva scoperto, questo il suo progetto segreto, questo il vero motivo per cui il Triumvirato aveva decretato la sua morte per mano di Raines. Finalmente sapeva la verità.
Senza riuscire a dire una parola, estrasse il dischetto dal lettore e lo tenne a lungo tra le mani giunte, sperando che le infondesse la forza necessaria per portare a termine ciò che sua madre aveva iniziato, ciò per cui aveva dato la sua vita.
«Dobbiamo distruggerlo» disse Jarod, spezzando il lungo silenzio.
«No!» replicò categorica lei, guardandolo inorridita.
«Ragiona, Parker – cercò di persuaderla - Se finisse nelle mani sbagliate, il Centro saprebbe che noi sappiamo. Se invece il Triumvirato continuerà a credere che ancora ignoriamo cosa cercare avremo un discreto vantaggio su di loro»
Aveva ragione e lei lo sapeva, tuttavia ancora indugiava.
«Allison… – disse allora lui, sfiorandole dolcemente la guancia - Lo so cosa rappresenta per te, ma tua madre è già nel tuo cuore, non hai bisogno di uno stupido dischetto per ricordarti di lei»
Miss Parker infine annuì, consegnandogli il DSA e Jarod ne bruciò l’intera superficie con un accendino, rendendolo inutilizzabile.
Improvvisamente la porta dell’appartamento si spalancò, sbattendo rumorosamente contro la parete.
«Sorpresa!» esclamò Willy fissandoli con un ghigno beffardo e puntando loro contro la sua pistola.
Con uno scatto fulmineo, Jarod lo colse di sorpresa e si avventò su di lui disarmandolo, quindi ingaggiò con l’avversario una lotta all’ultimo sangue, a suon di pugni e calci.
Un rumoroso calpestio di passi proveniente dalle scale indicò che il resto della squadra si stava avvicinando, mentre qualcuno stava probabilmente già salendo in ascensore…non c’era via di scampo…non potevano farcela.
Miss Parker raccolse rapidamente la pistola di Willy dal pavimento e la puntò decisa contro Jarod: «Fermo!»
«Parker…ma che stai facendo?!» chiese allibito lui, squadrandola incredulo.
«Spiacente Jarod. La tregua è finita» ribadì freddamente lei, osservando impassibile lo scagnozzo, mentre lo immobilizzava a terra e gli metteva le manette ai polsi…lo sguardo amareggiato di Jarod non si era staccato un attimo da lei…stentava ancora a crederci, eppure lo aveva tradito…
Giusto in quel momento, Lyle fece il suo ingresso nel monolocale, avanzando con aria spocchiosa tra i suoi uomini.
«Sorellina, che piacere rivederti… - esordì sarcastico – E trovarti in così buona compagnia» concluse fissando sprezzante Jarod, che ricambiò con un fiero sguardo di sfida…aveva il cuore a pezzi, ma non avrebbe dato né a lui né alla sua degna sorella la soddisfazione di mostrarsi sconfitto.
«Ce ne hai messo di tempo ad arrivare, ma come vedi ho già la situazione in pugno» commentò Miss Parker con la sua solita ironia, mentre Willy e Sam conducevano Jarod all’ascensore.
«Che cosa?! Ma se siete venuti fin qui insieme! – ribadì scettico Lyle, mentre scendevano – Ammettilo, tu sei d’accordo con lui!»
«Questo è quel che gli ho lasciato credere… - spiegò lei compiaciuta - E a quanto pare anche tu ci sei cascato come un pollo, proprio come il nostro ragazzo prodigio!»
Per Jarod quelle parole furono come una pugnalata in pieno petto, ma la rabbia che gli ribolliva dentro era tale da impedirgli di articolare un qualsiasi suono…doveva calmarsi e pensare solo a come togliersi dai guai.
«Ma davvero? E a che scopo lo avresti fatto?» incalzò ancora Lyle, per nulla convinto mentre raggiungevano l’uscita al seguito del prigioniero e dei due spazzini.
«Per poter trovare il dischetto di mia…di nostra madre, è chiaro. Dopodiché lo avrei catturato…e come vedi ho fatto entrambe le cose senza bisogno del tuo aiuto»
«E no mia cara! – sibilò Lyle, oltremodo irritato dall’aria soddisfatta della sorella - Tu non ti prenderai il merito della sua cattura davanti a Matumbo!» aggiunse picchiandole offensivamente sulla spalla con la mano.
«Perché non dovrei? Lo tenevo già sotto tiro quando tu sei entrato, no?» replicò lei, emulando il suo gesto provocatorio.
«Tu non hai fatto proprio niente! Non hai dovuto setacciare Parigi palmo a palmo per trovarlo!» insistette lui, sempre più in collera, dandole una vera e propria spinta.
«E tu non hai dovuto dormire nello stesso letto con lui!» lo rimbeccò lei, restituendo il colpo con maggiore intensità.
La spintone fece perdere l’equilibrio al fratello, proprio quando il gruppo si trovava sui gradini d’accesso al palazzo, così Lyle cadde di peso addosso a Willy ed insieme stramazzarono a terra, rotolando infondo alle scale.
Jarod non perse tempo e con una poderosa gomitata si liberò di Sam, facendolo capitombolare addosso a Miss Parker…i due si guardarono dritto negli occhi per una frazione di secondo…poi, giusto prima che il resto della squadra li raggiungesse, lui corse via veloce come un lampo, confondendosi in pochi secondi tra la folla e facendo perdere le proprie tracce.
«Razza di idioti!!! Guardate che avete fatto!!!» inveì la donna, alzandosi furibonda, contro i tre uomini ancora a terra.
«E tu perché non l’hai fermato?! Perché non gli hai sparato?!» l’attaccò risentito Lyle.
«Perché la mia pistola sta sotto la pancia di Sam, ecco perché!!!»
Fratello e sorella continuarono a guardarsi in cagnesco, ma non scambiarono più una parola, né durante le operazioni di “pulizia” del rifugio di Jarod, né lungo il tragitto in auto verso l’aeroporto.
«Che c’era su quel dischetto?» si decise infine a chiederle Lyle, una volta a bordo del jet.
«Non ne ho idea – rispose imperturbabile Miss Parker – Lo abbiamo trovato così, danneggiato e del tutto illeggibile»

Casa di Miss Parker, Blue Cove – ore 9:30 p.m. – due giorni dopo

Mentre passeggiava nervosamente su e giù per il salotto come un animale in gabbia, Miss Parker maledì per l’ennesima volta il giorno in cui aveva smesso di fumare, lanciando impazienti occhiate al telefono, inesorabilmente muto.
“Andiamo squilla..!” continuava a chiedergli tacitamente, ma l’apparecchio sembrava non curarsi dei suoi ripetuti appelli.
Le ultime ventiquattro ore dopo il suo rientro da Parigi erano state a dir poco pesanti, aveva dovuto subire le occhiate inquisitorie di suo padre e le non troppo velate accuse di Lyle, nonché il terzo grado di Matumbo circa l’accaduto, tuttavia se l’era cavata brillantemente. Infatti, grazie al suo sangue freddo e alla sua ritrovata determinazione, aveva ribattuto prontamente a tutte le loro insidiose domande, addotto motivazioni plausibili per ogni sua mossa e li aveva convinti che il segreto di sua madre fosse morto insieme a Padre Christophe.
A dire il vero, ciò che la preoccupava in quel momento non era il Centro, bensì il fatto che Jarod non si fosse ancora messo in contatto con lei.
“E se non avesse capito? – seguitava a domandarsi sgomenta, ripensando all’amara delusione che aveva letto nei suoi occhi increduli – Eppure quello sguardo d’intesa, prima che se ne andasse…e se me lo fossi solo immaginato..?”
Proprio allora il cellulare si decise infine a suonare.
«Sì?»
«L’altro ieri sono stato davvero scortese, me ne sono andato senza salutarti…» fu la beffarda risposta.
«Jarod! – esclamò lei sollevata – Dove sei?»
«Ah, ah…la tregua è finita, Miss Parker…»
«Senti io… - forse davvero non aveva capito..? - E va bene, non voglio saperlo, però lascia che ti…»
«Se vuoi posso dirti dove vorrei essere» disse lui, con voce di colpo carezzevole.
«E dove, sentiamo?»
«Vorrei essere seduto su di un comodo divano di velluto blu, accanto alla brunetta con le gambe più sexy che si siano mai viste…e che in questo momento indossa una vestaglia di seta azzurra…»
“No, non è possibile!” pensò lei, precipitandosi ad aprire la porta…e invece sì, Jarod era veramente lì, col telefono ancora appoggiato all’orecchio e quel suo irresistibile sorriso sornione dipinto sulle labbra.
Miss Parker gli regalò a sua volta uno dei suoi sorrisi più radiosi, prima di buttargli le braccia al collo e baciarlo a lungo con trasporto …però improvvisamente ricordò che non erano più a Parigi, ma a Blue Cove, a pochi passi dal Centro e…
«Sei pazzo a venire qui?! La casa potrebbe essere sorvegliata!» lo rimbrottò allarmata, trascinandolo dentro.
«Non lo è, sta tranquilla. Ho controllato»
«Uhm…questo significa che si sono davvero bevuti la mia storia!» commentò compiaciuta.
«A proposito, anch’io devo rimproverarti – esordì Jarod, guardandola con aria severa - Parker, non farmi mai più uno scherzo del genere, capito?! Stavo quasi per cascarci!»
«Mi…mi dispiace, io…»
«Però devo ammetterlo, provocare Lyle in quel modo è stato un colpo da maestra…sei stata grande!»
«Te l’ho detto…non sei l’unico ad avere delle doti nascoste…» replicò ironica la donna, facendogli cenno di sedersi accanto a lei.
Jarod obbedì e stette ad osservarla in silenzio per un lungo istante: «Come ti senti?» chiese poi, prendendole le mani.
«Bè…decisamente meglio, rispetto a qualche giorno fa. Anche se per tutti continuo ad essere la solita, nevrotica Miss Parker, in realtà non lo sono più: ho chiuso coi superalcolici, con le emicranie…e anche con le crisi esistenziali, perché adesso so cosa ci faccio ancora qui!»
«Che vuoi dire?»
«Che finalmente ho capito perché seguitavo a fare mio malgrado una vita che detestavo, perché non riuscivo ad andarmene dal Centro, nonostante lo desiderassi con tutta me stessa – chiarì lei – Io sentivo che dovevo restare, ma non mi spiegavo il motivo e invece ora so che sono qui perché c’è un compito che devo portare a termine»
«Che dobbiamo portare a termine. Tua madre voleva che lo facessimo insieme»
Lei annuì: «Sai, non so se avrei il coraggio di affrontare tutto questo da sola…se non sapessi che tu sarai con me»
«Io credo di sì…testarda come sei non ti tireresti certo indietro! – la schernì affettuosamente lui - E comunque il problema non si pone, perché io non ho nessuna intenzione di lasciarti sola»
«Davvero..?» mormorò Miss Parker con un fil di voce, fissandolo di colpo turbata.
In quel momento non poté fare a meno di pensare alle due persone che più aveva amato e che, a modo loro, le avevano detto la stessa cosa… ma poi il Centro se le era portate via…e se fosse accaduto lo stesso anche a Jarod..?
«Che cosa c’è Parker?» le chiese impensierito lui, prendendole il volto tra le mani.
«Non lo so…è che…che improvvisamente ho paura…paura di quello che potrebbe succedere…forse non dovremmo rischiare tanto, forse siamo ancora in tempo per mollare tutto e andarcene via…lontano il più possibile…»
«Lo sai che non possiamo – replicò lui persuasivo – Scappare adesso vorrebbe dire vivere per sempre da fuggiaschi, perché il Centro continuerebbe a darci la caccia…è questo che vuoi?»
«No, però…se dovessi perdere anche te non credo che potrei sopportarlo…» gli confessò infine angosciata.
«Vieni qui… – le sussurrò prendendola teneramente tra le braccia – Anch’io ho paura, proprio come te. Ma non abbiamo scelta: distruggere il Centro è la nostra unica speranza per essere finalmente liberi»
Come sempre aveva ragione, non avevano altra scelta…quindi doveva farsi coraggio e affrontare la sua paura…sì, sentiva che accanto a lui avrebbe potuto fare qualunque cosa.
«Tu non mi perderai, perché niente e nessuno potrà mai separarci, nemmeno il Centro - disse Jarod convinto, guardandola dritto negli occhi – Tra di noi c’è un legame speciale, anche tua madre lo aveva capito»
«E’ vero…»
«Ricordi le sue parole? Insieme saremo più forti di loro e li fermeremo…non sarà facile e sicuramente sarà rischioso, ma noi due ce la faremo»
«Sì… noi due ce la faremo».

(scritto da Kay)


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