Il Camaleonte Fan Fiction

Un carro armato e un orsacchiotto


Breve riassunto della storia: Un carro armato e un orsacchiotto doneranno un momento di riflessione per Jarod e Parker in cui rifletteranno di sé stessi e del loro destino.

Data di composizione: 11/12 maggio 2002

Racconto adatto a: tutti

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e che tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati nel racconto sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.


Respira.
Inspira.
Respira.
Inspira.
Inspira più forte fino a far dolere i polmoni.
Inspira tutta l’aria che hai dentro.
E ora.
Spara.
Uno due, tre, quattro colpi dalla semiautomatica.
Miss Parker fece scattare la sicura e scaricò il caricatore vuoto con un gesto sicuro, poi prese l’altro caricatore che aveva alla sua sinistra e lo infilò nell’arma con la velocità di un felino. Sorrise a sé stessa della sua abilità.
Sparare le piaceva.
Ad un cartone di plastica scura, in quel poligono di tiro non era certo il massimo, ma non si lamentava, aspettava “bersagli” migliori. Come Jarod, ad esempio.
Riprese la posizione di tiro, gambe leggermente divaricate con il peso corporeo ripartito su entrambe, braccia tese ma non rigide, schiena leggermente incurvata in avanti e stretta sulla pistola come se fosse l’ultima cosa che l’appigliasse al mondo prima di cadere nel baratro. Riprese a respirare e inspirare, iperventilando, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero.
Era per questo che le piaceva sparare, tutti i suoi pensieri, le sue preoccupazioni si volatilizzavano, si liquefacevano al sole della lucidità. Una lucidità paradossale che consisteva nel semplice fatto: centra il bersaglio, e distruggilo.
Il suo dito posava leggero sul grilletto, quando una sagoma le comparve dinanzi.
Sollevò le braccia di scatto, cercando di mettere a fuoco la figura, poi lo riconobbe e si tolse gli occhiali che usava per mirare. <<Jarod, accidenti! Sei pazzo! Ti stavo ammazzando!>> urlò lei istintivamente, senza rendersi conto dell’implicito senso nascosto in quelle parole.
Lui scavalcò il muretto che conteneva la zona tiro e si avvicinò a lei, sorridendole e guardandola.
<<Perché ti lamenti? Ti offro la più grossa possibilità della tua vita su di un piatto d’argento e tu la sprechi così? Mi stupisci Parker! Ti avverto non sarò sempre così generoso!>> il suo tono era ironico, ma non voleva irritarla.
La rabbia aggiungeva sempre un ulteriore strato di ghiaccio che le permeava il cuore, e la allontanava da lui.
Lei sollevò le spalle e riprese la sua naturale compostezza: <<Non ci avrei trovato gusto, sarebbe stato troppo semplice. Mi voglio divertire con te!>> aggiunse maliziosa.
Rimasero in silenzio per qualche istante, consci nell’apprendere che i loro respiri si stavano confondendo piano piano, mescendosi nell’aria satura di tensione e polvere da sparo.
Miss Parker ruppe l’incanto: <<Che cosa vuoi?>>
<<Quid pro quo. Io do a te e tu dai a me. Il nostro patto, ho delle novità.>> aggiunse in fretta. Poi osservandosi attorno, notò l’ingrandimento a video del bersaglio colpito da Parker. <<Sei su sette. I miei complimenti!>> disse sorridendo. <<Ma riusciresti a colpire il centro, in mezzo alla folla, con voci ed emozioni che ti distraggono?>> chiese, aggiungendo la solita malizia al suo tono di voce.
Lei non mosse un singolo muscolo, lasciò che solo i suoi occhi parlassero: <<Sta a guardare genio. Osserva e impara. Vedrai cose che non puoi nemmeno immaginare di simulare!>>
Miss Parker riprese con naturalezza la posizione standard di tiro. Mirò il bersaglio ed iniziò a concentrare tutta la sua attenzione su quel minuscolo pallino nero al centro del bersaglio.
Jarod le si fece accanto, avvicinò il viso al suo. Lo sfiorò con le labbra, delicatamente, percorse le guance, poi raggiunse gli zigomi, e su fino alla tenera cartilagine dell’orecchio, tutto nel tentativo di distrarla, mentì spudoratamente a se stesso.
Parker non resistette e fece fuoco.
Sbagliò di netto.
La pallottola raggiunse il contorno esterno del bersaglio.
<<Merda!>> sibilò.
Jarod sorrise al suo fianco. <<Sei su otto non è una brutta media, essere distratti capita a tutti!>>
Lei non disse nulla si limitò a ricaricare l’arma, poi gliela porse, con voce sepolcrale: <<Fa’ di meglio, se ci riesci!>>
Jarod adorava “giocare” a quel modo con lei. Era eccezionale come lei riuscisse a prendere di petto ogni singola situazione e a trasformarla in questione personale. Lui brandì l’arma e la osservò a fondo, la rigirò tra le mani, cercò di carpirne tutti i suoi segreti, simulando, fingendo, comprendendo a pieno la sua essenza.
Quando ritenne d’essere pronto riprese: <<Quando ero bambino Sid mi regalò un piccolo carro armato. Un giocattolo a carica meccanica. Aveva un rapporto di trasmissione basso e questo gli permetteva di superare qualsiasi ostacolo, vedevi che si aggrappava ad ogni cosa e la superava…>> Jarod puntò l’arma e fece fuoco: centro. <<Ma quando trovava un impedimento insuperabile…>> fuoco, fuoco, fuoco, centro, centro, centro. <<Non si arrendeva, ci girava attorno e riprendeva la sua corsa. Tu sei come quel piccolo carro armato Parker.>> fece nuovamente fuoco, e colpì nuovamente il centro del bersaglio, fuoco e fuoco, centro e centro. <<Non ti arrendi mai.>>
<<Ti ho raggiunta, sei su sei! Vediamo se ora riesco a superarti…>> ruggì lui.
Lei lo guardò attenta. Osservò ogni singolo centimetro quadro del suo corpo. Lo conosceva a memoria.
Se fosse stata un pittore avrebbe potuto ritrarlo con le sole immagini evocate della sua mente. Era un corpo perfetto quello di Jarod, molte donne avrebbero fatto pazzie per possederlo. Ma era la sua mente oscura che attirava Parker, i suoi segreti, la forza e la sua estrema debolezza. Nonostante avesse attraversato l’inferno Jarod rimaneva eternamente un angelo. Un angelo caduto.
Si scosse, lui stava per tirare nuovamente. E sicuramente avrebbe fatto centro. Miss Parker non avrebbe potuto accettarlo. <<Distrarti eh…>>
Parker si avvicinò a lui. Gli cinse un lungo braccio attorno alle vita, gli girò attorno, e si portò alle sue spalle. Posò il capo sulla sua spalla, era alta quasi quanto lui, reclinò il viso e la sua guancia fu a contatto con la sua. Lo sentì freme impercettibilmente. Sentì il suo corpo tendersi quando premette il grilletto.
<<Centro!>> esclamò Jarod sorridendo. Parker batté un piede a terra nervosa.
<<Sette su sette! Hai perso Parker!>> sentenziò lui. Lei allontanò il suo braccio e per un millesimo di secondo Jarod si sentì morire e poi rinascere, disse: <<Hai ancora un colpo in canna Jarod, e questa volta sono sicura di riuscire a distrarti meglio…>> il suo tono era indecifrabile, ma lui decise di stare al gioco.
Sollevò la pistola, ma a questo punto vide il volto di Miss Parker di fronte al suo. Lentamente, i secondi parvero ore, lei su avvicinò. Con la leggerezza della sua grazia lo baciò, un bacio lungo, una confusione di sospiri, una passione repressa, più volte soffocata. Lui si aggrappò con tutto il suo corpo a lei, estese tutta la sua anima, a quel bacio.
Un contatto. Il contatto.
Da anni non la sfiorava.
Parker si sollevò. Voltò il capo e osservò il bersaglio. Jarod non si era accorto di aver sparato.
<<Hai fatto cilecca, campione. Sette su otto. Nemmeno tu sei perfetto!>>
Jarod si scosse, riprendendo compostamente tutte le sue energie. Provò a dire qualcosa, ma ne uscì un raschio incoerente, ci riprovò: <<Mi hai distratto bene…non mi sono neppure accorto che ho sparato!>>
<<E’ questo lo scopo del gioco!>> sorrise lei.
Lui stava per dire qualcosa che non centrava assolutamente per nulla con tutta quella situazione, quando il cellulare di Miss Parker trillò: <<Sono Broots, ho una nuova pista che ci porta a Jarod!>>
Lei rispose con noncuranza: <<Sto arrivando>>. Poi sollevò la sguardo verso di lui e concluse: <<Devo andare, anche su tutto si rivelerà una bolla di sapone, io devo essere là. Viaggiamo sempre in differita noi due, come in un telefilm, io mi trovo sempre a guardare la puntata precedente. Non riesco a raggiungerti mai.>> A lui parve di scorgere una punta d’amarezza in quelle parole.
<<C’erano delle cose che dovevo dirti…>> tentò lui.
<<La prossima volta Jarod, ci ritroveremo ancora.>> ripose lei.
<<Come vuoi.>> capitolò lui.
La vide allontanarsi, camminando con la sua solita grazia, e mai prima di allora la vide così bella.
Ad un tratto si fermò e si volse nuovamente verso di lui: <<Da ragazzina avevo un piccolo orsacchiotto, era veramente piccolo e per questo lo smarrivo dappertutto. Ma era il mio preferito, perché era un regalo di mio padre, e perché aveva cucito la scritta Parker. Quando me lo donò lo accompagnò a queste parole: “Un nuovo membro della famiglia” perché a quel tempo io volevo un fratellino, “ Starà sempre accanto a te, e ti ricorderà quella che sei”. Ieri sera l’ho ritrovato. E non mi crederai se ti dico quanto ero felice. Come una bambina il giorno del suo compleanno! Ma in tutta quella gioia, mi ha recato anche tristezza. Quell’orsacchiotto, mi ha ricordato quella che ero e quella che sono. E quella che non potrò mai diventare. Tu assomigli a quell’orsacchiotto Jarod.>>
La vide nuovamente allontanarsi, ma questa volta non si voltò più.
 

(scritto da Ingrid)


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