Alla fine
Prima e seconda parte
Riassunto: Il Centro sta sfruttando una bambina con un'incredibile capacità simulatrice, tanto da poter simulare di essere Jarod. Ma Jarod non sopporta che altri debbano soffrire come ha sofferto lui... E, suo malgrdo, nemmeno Miss Parker può sopportarlo...
Data di composizione: dal 9 gennaio 2004
Racconto adatto: a tutti
DISCLAIMER:
Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "Jarod il
Camaleonte Italia", e che tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte /
The pretender" utilizzati nel racconto sono di proprietà MTM Productions / 20th
Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di
lucro.
The Centre, Blue Cove,
Delaware.
13 Sept.
La musica che proveniva a basso volume dalle casse del computer era armoniosa e
rilassante. Comodamente seduto sulla poltroncina del suo ufficio, Broots chiuse
gli occhi e sorrise fra sé, perdendosi fra le note della melodia. "Dovrei
concedermi più spesso queste pause di relax", pensò stiracchiandosi. Erano le
undici di sera passate: da 12 ore lavorava quasi ininterrottamente per ritrovare
le tracce di Jarod, il quale, due settimane prima, era sparito lasciando solo
quella maledetta e-mail. Non un gran ché, come pista da seguire. Broots non
aveva voglia di pensarci. Al diavolo il lavoro! Quella musica lo cullava in un
modo così piacevole e lui era tanto stanco...
- Notizie di Jarod? - chiese una voce fin troppo familiare alle sue spalle.
Broots fece un salto sulla sedia.
- Mi-Miss Parker! Ecco, ehm... - farfugliò chiudendo in fretta il programma. La
donna gli lanciò un'occhiataccia. Al contrario di Broots, non mostrava alcun
segno di stanchezza. "La Signora di Ghiaccio", così Jarod era solito chiamarla.
- Allora, nessuna notizia di Jarod? - domandò ancora.
- No, niente... a parte l'e-mail. Ma non capisco cosa volesse dire mandandocela.
- L'e-mail riportava soltanto due parole: "Accadrà ancora".
- Che cosa accadrà di nuovo? - si chiese Broots, accigliato.
Anche la donna se lo stava domandando. Quegli indovinelli la facevano sempre
innervosire: ogni volta che Jarod glie ne proponeva uno, se non fosse stato per
la sua maledetta ulcera, avrebbe volentieri fumato due pacchetti di sigarette.
Ma quella sera anche lei, sebbene non lo desse a vedere, era stanca.
- Lascia stare, per ora. Va' a casa. - gli disse uscendo dall'ufficio. Prima che
l'uomo potesse ringraziarla, era già sparita nel buio del corridoio: si udiva
solo il rumore dei tacchi delle sue scarpe, mentre si allontanava.
Richmond, Virginia.
Sulla sua nuova auto sportiva, acquistata grazie ad uno dei suoi soliti
"prelievi" dai fondi del Centro, Jarod si dirigeva verso la periferia della
città. Ogni tanto, attraverso le lenti degli occhiali da sole, rileggeva qualche
spezzone di ciò che aveva scritto su uno dei suoi quaderni rossi. Tra gli
appunti spiccava la foto di una ragazzina di 12 o 13 anni, sorridente, dai
capelli scuri, corti e ondulati e dai luminosi occhi azzurri. Anche Miss Parker,
da piccola, aveva degli occhi così, ma quella bambina se n'era andata da tanto
tempo. "O forse c'è ancora, da qualche parte..." pensò Jarod. Avrebbe voluto
farle sapere cosa stava succedendo al Centro, non gli piaceva doverle parlare
sempre per enigmi, ma sapeva di non avere scelta: lasciarle qualche informazione
in più sarebbe servito solo a ritrovarsi mezzo Centro alle calcagna e in quel
momento era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
The Centre, Sydney's office
- Parker, ragiona. - disse Sydney da dietro la sua scrivania. - E' inutile
agitarsi. Nessuno può sparire senza una traccia, nemmeno Jarod. E comunque,
credi davvero che lui si divertirebbe a farci cercare una pista inesistente? -
Miss Parker passeggiava avanti e indietro, nervosamente, di fronte a lui.
- E perché non dovrebbe?! - domandò adirata.
- Perché è Jarod... - rispose Sydney sorridendo tra sé. La donna non trovò la
cosa divertente e continuò a misurare il pavimento della stanza con il suo passo
rapido e deciso. D'un tratto si fermò e si voltò verso l'uomo. I penetranti
occhi azzurri lo fissarono.
- Syd... hai una vaga idea di cosa volesse dirci Jarod con quella sua e-mail?
Che cosa accadrà nuovo? -
- Molte cose potrebbero ripetersi: al Centro succede di tutto. -
- Il Centro ha provocato la morte di molta gente. - La voce di Miss Parker
sembrò tremare. Sydney sapeva benissimo che quel "Molta gente" significava, più
che altro, "Mia madre e Thomas". - Forse sarà aggiunto il nome di qualcun altro
nella lista delle persone scomode.- disse lei. Sydney sospirò.
- Può essere come non essere. Quello di Jarod è un indovinello al quale, per
ora, non possiamo dare risposta. Credo sia il caso di dare tempo al tempo e
vedere cosa accadrà.-
Dare tempo al tempo. Miss Parker si accigliò. Detestava aspettare: l'attesa la
faceva sentire impotente, cosa che lei non riusciva a sopportare. Spesso, pur di
avere il controllo della situazione, ergeva una sorta di "muro" tra i suoi
sentimenti e il resto del mondo. Era il suo migliore mezzo di difesa, ma stava
rendendosi conto che, per una parte di lei, più che un'arma era una gabbia.
Stava per uscire quando Broots si precipitò nell'ufficio, scontrandosi contro di
lei.
- BROOTS!! Che diavolo vorresti fare?! - gridò inferocita.
- Mi dispiace... - si scusò lui in fretta, avvampando. - Dovete venire subito,
sta succedendo qualcosa di strano nello studio di Lyle: ci sono perfino due dei
suoi scagnozzi a sorvegliare la porta! -
Gli sguardi di Miss Parker e Sydney si incrociarono per un attimo. Subito il
trio si avviò verso l'ufficio di Lyle, con la donna in testa. Bastò una sua
occhiata per far spostare gli uomini da davanti alla porta, i quali però
impedirono agli altri due di passare.
- Aspetteremo qui. - la rassicurò Sydney. Lei li guardò e si trovò a pensare che
quei due erano i suoi migliori amici. "I miei soli amici" si corresse con
rammarico. Poi spalancò la porta senza bussare ed entrò. Quattro paia di occhi
le si puntarono addosso: quelli di suo padre, di suo fratello, di Raines e di un
uomo che non aveva mai visto prima. Era un bell'uomo: alto, elegante, capelli
castani e occhi di un verde intenso. Si fissarono per un tempo che le parve
interminabile, poi lui le sorrise e si rivolse a Mr. Parker. - Questa dev'essere
sua figlia. Ha i suoi stessi occhi, ma per il resto è identica alla sua prima
moglie. - Miss Parker si accorse in quel momento che la foto di sua madre,
scomparsa durante il secondo matrimonio del signor Parker, era tornata al suo
posto. Un'altra prova che per suo padre Brigitte non era stata altro che
un'incubatrice. "Che lurido verme..." pensò mentre gli rivolgeva il più
abbagliante dei sorrisi.
- Angelo, ti presento il dottor Ryan Gray. - disse Mr. Parker.
- Il nuovo, ottimo acquisto del Centro. - proseguì Raines.
- E potrei sapere a cosa servirà questo nuovo acquisto? - domandò la donna,
mascherando il disprezzo con un altro sorriso.
- Ovviamente no. - rispose Lyle, tra il divertito e il seccato.
- Non ancora. - precisò il dottor Gray. - Spero di poterle dare presto tutte le
spiegazioni che desidera. -
La donna gli lanciò un'occhiataccia e fece per uscire.
- E' stato un vero piacere! - disse l'uomo alle sue spalle. Lei uscì senza
voltarsi. Sydney e Broots erano ancora lì ad aspettarla. Raccontò loro del
dottor Gray e ordinò a Broots di setacciare ogni archivio per trovare tutto il
materiale disponibile su di lui. "Sembra una persona molto interessante", pensò
Miss Parker.
The Centre, Miss Parker's office.
14 Sept.
- Miss Parker! Guarda cos'ho trovato! - disse Broots sventolandole sotto il naso
un plico di fogli. Lei glie li strappò di mano e cominciò a leggere.
- Ryan Gray. Psicologo. Nato il 23 marzo 1963 a Seattle... Broots, sai cosa ci
puoi fare con queste scartoffie? -
- Non sono queste le informazioni importanti. - disse lui, stringendosi nelle
spalle - Va' in fondo, alla parte che ho sottolineato. - Miss Parker passò
all'ultima pagina e lesse.
- Ryan Gray. Progetto "Reversion". - Il resto del foglio era bianco.
- Il materiale era protetto da un'infinità di codici di accesso. - spiegò
Broots. - E' impossibile entrare in quell'archivio se non si conoscono le
passwords. -
- Eppure Jarod c'è riuscito! - esclamò Miss Parker, suo malgrado ammirata. -
Perché è sicuramente a questo progetto che si riferiva nella sua e-mail. -
"Reversion". In chimica "reversione" significa "tornare allo stato precedente".
Ma al Centro cosa poteva significare? Forse il ritorno al passato... Le parole
"Accadrà ancora" lampeggiarono nella sua mente. Certo: il ripetersi di qualcosa
già avvenuto in precedenza. "Ma cosa?" si domandò con rabbia.
Sulla scrivania, sotto a una montagna di cartelline e fogli sparsi, il telefono
squillò. Broots prese a rovistare tra i documenti accatastati, dei quali molti
finirono a terra; Miss Parker lo guardò con aria divertita. Finalmente l'uomo
riuscì a raggiungere la cornetta.
- Broots. Ah, Sydney! Sì, è qui. Cosa? Sì, arriviamo subito. - Riagganciò.
- Che succede adesso? - domandò Miss Parker sospirando.
- Sydney ci aspetta al Sottolivello 7. -
- E cosa dovremmo fare in quella gabbia di matti?! -
Nel Sottolivello 7 venivano eseguiti test di ogni tipo sulle cavie umane del
Centro. Non era un bel posto per un appuntamento: non prometteva nulla di buono.
- Non lo so - rispose Broots raccogliendo in fretta i fogli che erano caduti a
terra. - Ma credo che possa riguardare il progetto "Reversion". -
- Allora muoviti, che aspetti? - disse lei precedendolo fuori dall'ufficio.
Nel giro di tre minuti raggiunsero Sydney, il quale sembrava molto turbato.
Senza una parola li guidò attraverso gli intricati corridoi del Sottolivello.
Attraverso le pareti trasparenti che dividevano le varie stanze si potevano
vedere le più strane persone che la fantasia di Madre Natura fosse riuscita a
creare: nani, giganti, gemelli siamesi, ultrasensitivi, pazzi... E ovviamente
scienziati e strizzacervelli, intenti a studiare le reazioni dei loro
"pazienti/cavie" nelle più svariate situazioni. Un ragazzo, prigioniero di una
camicia di forza, cominciò a urlare appena i tre gli passarono dinanzi e si
scagliò contro la spessa parete trasparente che lo separava da loro; aveva la
bava alla bocca e gli occhi sporgenti. Miss Parker e Broots distolsero lo
sguardo. Sydney invece non si era neanche voltato: sembrava perso nei suoi
pensieri... Il trio giunse in fondo a un lungo corridoio, che terminava con una
porta chiusa. Sydney, sempre in silenzio, inserì una chiave nella serratura e
aprì la porta. I tre si trovarono in una stanzetta buia, dove l'unica
illuminazione era costituita dallo spiraglio di luce che veniva dal corridoio.
Miss Parker fu molto sorpresa: conosceva quella stanza! Jarod glie l'aveva
mostrata quando, da bambini, erano amici! Uno spesso vetro li divideva da una
camera più grande. All'interno si intravedeva il contorno di una sfera
trasparente, grande abbastanza da poter contenere una persona seduta.
- Il "Pensatoio" - sussurrò Miss Parker. Era così che Jarod era solito chiamare
la sfera. Sidney annuì in silenzio: se ne ricordava bene. Quando Jarod aveva
bisogno di concentrarsi per eseguire una simulazione difficile, che mettesse a
prova le sue capacità, lui lo accompagnava alla sfera. Qui, tramite sensori ed
elettrodi, veniva controllata ogni reazione del suo corpo e della sua mente.
Anche quando era appena arrivato al Centro lo avevano portato lì. Miss Parker
non era stata presente, ma sapeva che in quella stanza avevano avuto inizio
tutti gli inganni e le bugie. Improvvisamente si accesero le luci nella stanza
buia. Nel "Pensatoio" c'era qualcuno! Una figura minuta dava le spalle ai tre
che l'osservavano. Broots sbarrò gli occhi per la sorpresa; Miss Parker,
incredula, si appoggiò al vetro con entrambe le mani e fissò la sfera, come
ipnotizzata. Sydney già sapeva: calmo e controllato come sempre, osservò la
scena e tornò mentalmente al passato...
The Center, SL 7.
31 years ago.
- Coraggio Jarod. Concentrati. La soluzione è proprio davanti a te... devi solo
metterla a fuoco.
- Lo so, Sidney, ma non ci riesco! Sono stanco, non possiamo continuare domani?
- No Jarod, bisogna che oggi tu finisca la simulazione.
- E se per la stanchezza mi sbagliassi? Se giungessi alle conclusioni errate...
-
- Non devi sbagliare. Trova la risposta giusta e non ci sarà nulla di cui
preoccuparsi.
- Non ce la faccio.
- Ascolta. Non pensare a ciò che potrebbe accadere. Concentrati sulla
simulazione. Sei solo con la tua domanda. La soluzione c'è, ma non riesci ancora
a vederla. Non pensare a quello che ti aspetta fuori dalla sfera. Concentrati su
ciò che c'è dentro. Cominci a intravedere la risposta?
- Sì...
Nel frattempo la figuretta nel "Pensatoio" si accorse di essere osservata e si
voltò. Poteva avere 12 o 13 anni. I capelli scuri, corti e ondulati,
incorniciavano il suo viso di bambina. Gli occhi, incredibilmente azzurri,
ricolsero ai tre osservatori uno sguardo interrogativoe si fermarono su Miss
Parker. Il ghiaccio che congelava le sue emozioni si sciolse all'istante sotto
quello sguardo, che la colpì profondamente, in un modo che non si sarebbe mai
aspettata. Vi lesse sorpresa, tristezza e qualcos'altro che al momento non seppe
decifrare. Poi vide il proprio riflesso nel vetro al quale era appoggiata: gli
occhi della bambina erano identici ai suoi. Non tanto per il colore, quanto per
ciò che esprimevano. Sorpresa, tristezza e... sì, ora capiva: solitudine.
Richmond, Virginia.
Jarod parcheggiò di fronte a una villetta, scese dalla macchina si avvicinò alla
recinzione. Era una bella casa, con un grande giardino e un orticello in un
angolo. C'erano molte piante da frutto e da fiore, tra le quali spiccava un alto
abete. A Natale doveva sicuramente sembrare fatato, con le luci dorate e la
neve. Mancava ancora molto tempo a Natale: la settimana seguente sarebbe
iniziato l'autunno, ma alcune foglie cominciavano già ad ingiallire. Jarod notò
che il cancelletto era socchiuso. Avrebbe voluto suonare il campanello, ma non
riuscì a trovarlo: l'intera recinzione era ricoperta di una fitta edera. Spinse
il cancelletto e si avvicinò alla casa. Sbirciò da una finestra: una giovane
donna stava seduta su una poltrona del salotto ben arredato. Aveva un libro in
mano e sembrava che stesse leggendo, ma in realtà il suo sguardo era fisso
davanti a sé. Jarod andò alla porta e bussò. Dopo qualche istante vide la donna
sbirciare fuori.
- Sì, chi è? - domandò lei.
- Agente Jarod Moore, della polizia. - Lo sguardo della donna si illuminò.
- Avete trovato Crystal? - chiese subito ansiosa.
- No, mi dispiace... - La luce che per un attimo aveva rischiarato il bel volto
di lei si spense.
- E' da più di un mese che la cercate e ancora non l'avete trovata. - disse con
voce dura.
- E' vero, ma stavolta le darò una buona notizia. So dov'è sua figlia, e sono
certo che sta bene. - "Almeno fisicamente" pensò Jarod. - Però perché io possa
aiutarla dovrà spiegarmi alcune cose -
- Certo agente. Entri pure. - lo invitò lei un po' sollevata.
Un cagnolino bianco alto si e no 20 centimetri fece la sua comparsa
nell'ingresso, abbaiando come un matto contro il nuovo arrivato. Poi gli si
avvicinò, lo annusò e cominciò subito a scodinzolare.
- Ciao, piccolo! - lo salutò Jarod sorridendo. La donna sorrise a sua volta.
- Dev'esserle simpatico. Di norma è diffidente con gli estranei. -
Gli indicò una poltrona dove sedersi, poi prese in braccio il cucciolo e sedette
anche lei.
- So cosa le interessa sapere di Crystal. - cominciò. - Credo sia per quello che
l'hanno rapita. - Si interruppe bruscamente e lo guardò: faticava molto a
parlarne. Si ravviò i capelli con un rapido gesto della mano, poi proseguì. -
Mia figlia ha solo dodici anni, ma ha un'intelligenza eccezionale anche per
persone adulte come lei e me. E' qualcosa di straordinario: riesce a imparare in
un attimo cose che normalmente richiedono anni di studio. So che le parrà
incredibile, ma è così. -"La capisco meglio di quanto crede..." pensò Jarod. La
donna abbassò lo sguardo e accarezzò il cagnolino, che nel frattempo si era
messo tranquillo a sonnecchiare sulle sue ginocchia. Jarod la invitò a
continuare.
- Io e mio marito abbiamo sempre parlato il meno possibile di queste capacità di
nostra figlia: a Crystal non è mai piaciuto dare troppo nell'occhio. La mette in
imbarazzo essere al centro dell'attenzione, ma si serve con piacere del suo dono
per essere d'aiuto agli amici. -
Jarod notò come la donna usasse sempre il tempo presente per parlare della
figlia, come se fosse stata presente anche lei nel salotto, come se non
l'avessero mai portata via.
- E' una ragazzina generosa, altruista. - proseguì lei. - Si fa voler bene da
tutti. -
Alla donna sfuggì un singhiozzo. - Mi manca immensamente... - sussurrò.
Jarod si sentì un nodo in gola, tuttavia disse con decisione: - Le prometto che
farò tutto il possibile per riportarle sua figlia. - Lei notò il suo tono e
rimase leggermente sorpresa. Intuendo i suoi pensieri, Jarod cercò di precisare:
- Per me è una questione molto personale... che lei... che sua figlia...
insomma, che... - Gli si stava spezzando la voce e non terminò il discorso. La
donna lo guardò: i dolci occhi nocciola erano lucidi, alcune lacrime le rigavano
il viso. - Grazie. - disse. Jarod le sorrise, si alzò e lasciò la casa in
silenzio. Chiuse la porta alle sue spalle, uscì dal giardino, salì in macchina e
avviò il motore. Si guardò nello specchietto retrovisore e scoprì di avere gli
occhi lucidi. Con rabbia indossò gli occhiali da sole, per impedire a se stesso
di vedersi piangere. Non poteva sopportare che il Centro stesse facendo a
qualcun altro tutto il male che lui stesso aveva già passato. Pensò a quanto
aveva sofferto in quegli anni, a quante bugie gli erano state raccontate, a
quante cose gli erano state negate. Non avrebbe permesso che tutto ciò accadesse
anche a Crystal.
The Centre, SL 7.
- Bene, vedo che abbiamo visite. - disse Lyle, sornione, sbucando da chissà dove
nella stanza della sfera. Accanto a lui comparve anche Ryan Gray.
- Dottor Gray! - esclamò la bambina mentre i suoi occhi si illuminavano.
- Crystal! Come è andata questa simulazione? - chiese lui allegramente,
avvicinandosi alla sfera. Miss Parker notò che l'affetto del dottore per quella
ragazzina sembrava sincero. Il camice bianco, che teneva slacciato sopra alla
camicia, svolazzava dietro di lui come un paio di ali, facendolo sembrare un
angelo in scarpe da ginnastica... "Scarpe da ginnastica?" si domandò Miss Parker
con un certo disappunto. Non aveva mai visto nessuno al Centro che le
indossasse, a parte Broots, il quale però non era un dottore... da uno psicologo
ci si aspettava una certa classe, ma evidentemente a Gray non importava gran ché
dell'aspetto. Doveva contare non poco, al Centro, perché gli fosse permesso di
fare a modo suo. "Un tipo sempre più interessante" pensò Miss Parker.
- ...è stato così facile per me individuare quella bomba sull'aereo... - stava
raccontando Crystal soddisfatta. - ... e poi nella prossima simulazione
metteteci un po' di fantasia: una bomba! Niente di più banale, vero dottor Gray?
- Miss Parker era sempre più sorpresa: quella bambina era davvero una
simulatrice? Jarod non aveva mai riso o scherzato con nessuno al Centro, a
parte, talvolta, lei stessa, Sidney e qualche semplice inserviente (che
regolarmente veniva sostituito appena si prendeva troppa confidenza). Questa
ragazzina invece pareva considerare il dottor Gray un amico: il suo umore era
completamente mutato appena lui era entrato nella stanza. Sembrava aver
accantonato quei cupi pensieri che mentre era sola la tormentavano...
- Sono orgoglioso di te - disse Gray - e sono certo che anche i tuoi genitori lo
sarebbero. - Lei abbassò lo sguardo. - Mi piacerebbe che potessero vedere che le
mie capacità ora servono ad aiutare la gente... -
Già, la bambina aveva ragione: non c'era fantasia al Centro. Anche con Jarod era
stata usata la stessa menzogna... le simulazioni in realtà non avevano mai fatto
del bene a nessuno, tranne che alle casseforti del Centro stesso.
- Sono certo che ti stanno guardando, da dove sono ora. - disse Lyle tenendo
sollevata la parte superiore della sfera, per permettere a Crystal di uscire.
Miss Parker non era mai stata più stupita: da quando il suo fratellino
criminale, assassino e cannibale era amico dei bambini?
La piccola simulatrice si avvicinò a Ryan Gray. - Chi sono quei tre? - domandò
sottovoce.
- Non ti preoccupare, lavorano al Centro anche loro! - rispose Gray facendoli
entrare.
- Ti presento il dottor Sydney, il dottor Broots...- (che avvampò sentendosi
chiamare dottore) -...e l'incantevole Miss Parker, sorella di Mr. Lyle. -
- Salve... - salutò timidamente la ragazzina. Lyle notò l'espressione della
sorella e disse al dottor Gray di riportare Crystal nella sua stanza. Quando
l'uomo e la bambina se ne furono andati, Miss Parker gli rivolse un sorriso
sardonico e disse: - Non sapevo che fossi tanto premuroso coi bambini. - Gli si
avvicinò e inchiodò il suo sguardo sugli occhi di lui. -Dì un po', cos'hai fatto
ai genitori di quella ragazzina? Quante menzogne le hai raccontato per farle
credere che sono morti per incidente? -
Lyle alzò le mani davanti a sé, come per proteggersi. - Calmati, sorellina. Il
Centro non ha nulla a che fare con la morte dei genitori di Crystal. Dato che la
bambina non ha altri parenti negli Stati Uniti... -
- Ah, bravo! Hai ucciso anche loro? -
- ... il dottor Gray si occuperà di lei, ora. - concluse Lyle alzando la voce e
ignorando l'interruzione.
In quel momento Sydney si avvicinò a Lyle. I due Parker si erano quasi scordati
della sua presenza nella stanza durante l'animata discussione. L'uomo aveva uno
strano sguardo: aveva sentito abbastanza.
- Le hai mentito. - cominciò, con un'espressione che nessuno di loro aveva mai
visto su quel volto sempre imperturbabile. - Anzi, stai facendo qualcosa di
ancora peggiore: la stai portando con l'inganno dalla tua parte! E' l'imbroglio
più... più... - non sapeva quale dispregiativo usare: i peggiori termini che gli
venivano in mente sembravano tutti troppo magnanimi. Proseguì: - Almeno Jarod
sapeva di avere solo me e Catherine dalla sua parte! - Miss Parker sussultò nel
sentir nominare sua madre. - Questa bambina invece si fida di te e si fida del
Centro! Le hai fatto credere di potersi fidare del Centro, quando nemmeno tu ti
fidi di esso! - Il sorriso ironico di Lyle scomparve, lasciando sul suo viso
solo stupore. Sydney continuò ad accusarlo senza timore. - Sfrutterai le sue
simulazioni per i tuoi scopi e per quelli di tuo padre, per mascherare i vostri
intrighi, per uscirne illesi come sempre... -
Si interruppe. Nessuno osò parlare. Per la prima volta Miss Parker si rese conto
di quanta forza ci fosse in quell'uomo e di quanta lui glie ne avesse sempre
data nei momenti difficili. In quei pochi secondi la donna pensò che la vita di
Sydney, come quella di chiunque altro avesse a che fare con il Centro, era stata
completamente sconvolta da esso. Forse persino Raines sarebbe potuto essere una
persona migliore se non fosse stato per il Centro. Provò il desiderio di fuggire
da quella verità, ma sapeva di non potere. Chiunque fosse implicato nei progetti
del Centro sarebbe stato indissolubilmente legato ad esso. Finché il Centro
fosse esistito, non avrebbe potuto esserci libertà.
Sydney riprese a parlare, ma a voce più bassa. - Ho lasciato che a Jarod
venissero raccontate bugie su bugie. Ho commesso un errore imperdonabile, ma non
sbaglierò di nuovo... - da un sussurrò passò ad un urlo: - Non permetterò che tu
usi quella bambina! - Si scagliò contro Lyle con agilità impressionante:
afferrandolo per la camicia lo sbatté a terra e cercò di strangolarlo. Miss
Parker e Broots restarono come pietrificati. Le grida di Lyle richiamarono i
suoi scagnozzi, che afferrarono Sydney per portarlo via. L'uomo pareva un
animale feroce che si sfogasse dopo essere stato troppo tempo in gabbia.
- Parker, non lasciare che accada! - gridò. -Pensa a cosa avrebbe voluto tua
ma...-
Un colpo secco interruppe le sue parole: Sydney si afflosciò a terra. Lo
spazzino che l'aveva colpito nascose il manganello sotto la giacca, poi trascinò
Sydney fuori dalla stanza. L'altro uomo in nero spinse anche l'impotente Broots
fuori dalla stanza.
Lyle guardò la sorella con il suo solito sorrisino soddisfatto, che però
scomparve all'istante quando lui si rese conto di avere una pistola sotto il
mento. L'arma era comparsa tanto velocemente da trovarlo totalmente impreparato.
Gli occhi di Miss Parker sembravano scoccare scintille.
- Se Sydney non sarà libero entro dieci minuti, ti farò saltare quel poco
cervello che hai. -
- Attenta, Parker. Non seguire il cattivo esempio del tuo fedele Sydney. - Lei
provò un irresistibile desiderio di premere il grilletto, ma riuscì a
trattenersi.
- Starà rinchiuso per poco - assicurò Lyle - giusto il tempo di darsi una
calmata. - Le mani della donna tremarono, strette sull'impugnatura della
pistola.
- Lyle... - cominciò, gli occhi ridotti a due fessure ardenti.
- Sai, - la interruppe lui - un uomo della sua età non dovrebbe fare certi
sforzi. -
"Controllati, Parker. Non è ancora il momento di farlo fuori" pensò lei, mentre
una goccia di sudore le scivolava lentamente dalla fronte alla guancia sinistra.
- Soprattutto - proseguì imperterrito Lyle, intuendo i suoi pensieri - tentare
di uccidere il sottoscritto è uno sforzo che sconsiglierei di fare a chiunque. -
Lei si sentiva bruciare dall'ira, ma sapeva che non avrebbe sparato: suo
fratello, pur essendo quell'essere spregevole che era, rimaneva comunque uno dei
perni attorno al quale ruotavano gran parte degli intrighi del Centro. Anche se
l'avrebbe fatto molto volentieri, non poteva eliminarlo. Non ancora.
- Coraggio, sorellina. Metti giù la pistola. -
Miss Parker restò immobile. Lo detestava ancora di più quando la chiamava
"sorellina". Lui la squadrò con espressione di sufficienza. - Cambierai
atteggiamento quando conoscerai lo scopo del progetto "Reversion" - disse,
ignorando la pistola ancora puntata su di lui e uscendo dalla stanza. - Non
preoccuparti per Sydney. Fatti una chiacchierata con il dottor Gray. Ti farà
bene. - concluse, sparendo nel corridoio semibuio.
Miss Parker abbassò la pistola. Era sola, in piedi accanto alla sfera. Non udiva
alcun rumore, a parte il suo stesso respiro. Si sentiva strana... come se non
fosse più sè stessa, ma un'altra persona che stesse riflettendo su ciò che era
la vita di Miss Parker. Aveva passato la maggior parte della sua esistenza
lavorando per il Centro. Ed era stato proprio il Centro a rubarle sua madre e
l'infanzia, a sottrarle Thomas e l'amore, ad impedirle di avere una vita
normale. Il Centro l'aveva sempre tormentata, condizionata, dirigendo le sue
azioni come fa un bambino che gioca con una marionetta. Perché questo era
diventata: uno dei tanti giocattoli del Centro. Niente di più. Miss Parker
sbatté con rabbia un pugno sulla sfera.
Che vita era la sua?
"Ma non resterò qui per sempre" si disse. "Con papà ho un patto che sarà
rispettato". Rinfoderò la pistola, si ravviò i capelli ed uscì dalla stanza.
"Quando avrò preso Jarod io me ne andrò."
Milford, Delaware.
16 Sept.
Appoggiato al bancone del bar, Ryan Gray giocherellava con il mozzicone di
sigaretta che teneva in mano. Erano già dieci minuti che aspettava, ma non aveva
motivo di preoccuparsi: sapeva che Miss Parker non sarebbe mancata
all'appuntamento. Aveva scelto lui stesso quel bar in periferia, dove poter
parlare liberamente senza doversi guardare dalle innumerevoli spie del Centro.
Nel locale, oltre a Gray, c'erano solo due uomini: il barista, che trafficava
sul retro del piccolo bar, e un altro, seduto su una sedia in un angolo, immerso
nella lettura di un quotidiano. La porta si spalancò con un tintinnio di
campanelli, e Miss Parker entrò nel locale, dirigendosi subito verso il bancone.
- Miss Parker. Sono contento che sia venuta. -
- Sapeva che l'avrei fatto, dottor Gray - ribatté lei, fredda e affascinante
come sempre. Non si scusò per il ritardo, ma dopotutto Gray non si aspettava che
lo facesse.
- Vuole una sigaretta? - le domandò.
- Ho smesso di fumare -. Quanto le dava fastidio dover ripetere a tutti quella
frase! "Maledetta ulcera", pensò all'istante.
- Saggia decisione. Sa, anche io avevo provato a smettere... -
- Non siamo qui per chiacchierare del più e del meno - lo interruppe lei.
Lui le lanciò un'occhiata divertita, poi si fece serio: - Il progetto
"Reversion", è questo che le interessa, lo so -. Attese qualche istante, ma la
donna non aveva intenzione di interromperlo nuovamente. Lui respirò
profondamente, poi iniziò a parlare.
- Ho iniziato a lavorare per il Centro a causa di problemi economici. Mio padre
era un forte bevitore, e per cercare di curarlo ho chiesto molti prestiti. Poi
mio padre è morto, e mi sono ritrovato pieno di debiti, pieno di guai che avrei
potuto evitare. Ma come avrei potuto abbandonare mio padre? - Spense la
sigaretta nel posacenere, poi alzò lo sguardo. La donna lo stava fissando. Lui
guardò altrove e proseguì: - L'unico modo per evitare di finire rovinato fu
quello di entrare al Centro. Così facendo potei pagare tutti i miei debiti, ma a
quale prezzo! Credo che lei ne sappia qualcosa. -
"Ne so più di qualcosa..."
- Da quando lavoro per il Centro, non sono più un semplice psicologo. Ho infatti
il compito di trovare e tenere sotto controllo persone con capacità di
simulazione. Non sono l'unico ad avere questo incarico, ma sono stato io a
trovare la bambina. Mr. Lyle mi disse di non perderla d'occhio un solo istante.
Crystal era perfetta per il progetto "Reversion". Non ho mai visto nessun
simulatore dotato quanto lei. Probabilmente nemmeno Jarod lo è -.
"Non ci scommetterei" pensò Miss Parker.
- Il punto è questo - proseguì Ryan Gray - la bambina è la chiave di tutto il
progetto. Crystal può simulare di essere Jarod -.
La donna sgranò gli occhi: - Non è possibile! Come può simulare di essere un
altro simulatore? -
- Le dico che può farlo: ho eseguito decine e decine di test, e tutti confermano
la mia teoria-.
- Dunque sarebbe questo il progetto "Reversion"? E' assurdo. Non funzionerà mai.
-
- Si sbaglia, Miss Parker. Crystal può trovare Jarod, può sapere cosa ha
intenzione di fare ancora prima che lui trasformi in fatti i suoi pensieri.
Dobbiamo solo preparargli un'esca, per permettere alla bambina di capire come
lui reagirà alla situazione creatasi, e quindi anticiparlo -.
Miss Parker aveva dipinta sul viso un'espressione indecifrabile, tra il
divertito e l'incredulo. Gray capì subito che la donna non gli credeva. Le prese
una mano e la strinse con gentilezza.
- Mi creda, con la riuscita di questo progetto, i suoi problemi diverranno solo
un ricordo lontano -.
Le lo guardò: le sembrava così sincero... l'istinto le suggeriva di ritirare la
mano da quella di lui, ma non lo fece. Anzi, la strinse a sua volta e gli
sorrise.
- D'accordo, Gray. Voglio crederle -.
- Lei diventa ancora più bella quando sorride -.
- Grazie. Ora però devo andare -.
Fece per andarsene, ma lui le tenne la mano: - Posso invitala a cena per domani
sera? -
Questa domanda la sorprese, ma le fece anche piacere. Rifletté un attimo, poi
rispose con un sorriso: - Certo. Lei è davvero gentile -.
- Gentile è stata lei, ad accettare il mio invito -.
- Arrivederci -.
La guardò uscire dal locale, salire in macchina ed andarsene. Rimase per un
attimo presso il bancone, immerso nei suoi pensieri, poi anche Gray lasciò il
locale.
- Ma guarda che maleducati - esclamò il barista - Sono rimasti qui un secolo e
non hanno neanche pensato di comprare qualcosa. Una birretta, un aperitivo,
niente! - Irritato, svuotò il posacenere nella pattumiera stracolma, poi si
rivolse all'unica altra persona rimasta nel locale: - Da quando sei comparso tu,
gira gente strana da queste parti... Non è che ce l'hai portata tu, eh? -
Jarod abbassò il giornale e sorrise: - Gente strana? Dici davvero? -
- Non fare lo gnorri! Ho sentito che facevano il tuo nome! -
- Ma và... cosa dovrei avere a che fare, io, con quei due? -
- Beh, mi sentirei fortunato se avessi a che fare con quella donna. - disse il
barista, dando una sbirciatina fuori dalla finestra. - Sarebbe una gran cosa se
passasse più spesso, quella! -
Jarod si fece pensieroso: - Non ne sarei tanto sicuro. Comunque, in un certo
senso hai ragione. Di donne così ce ne sono poche -.
Posò il giornale, si avvicinò al bancone e vi lasciò qualche moneta.
- Arrivederci -. disse, uscendo.
- A presto, Jarod! -
The Centre, Blue Cove. Delaware.
Il cellulare di Miss Parker squillò: "Numero privato", lesse sul piccolo
display. Sapeva già di chi si trattava.
- Jarod: a cosa devo questo onore? -
- Vediamo se indovini, Parker -
- I tuoi giochetti non ti salveranno, stavolta. Ti prenderò -.
- Ah, davvero? -
- E se non ti lascerai prendere con le buone, lo farò con le cattive -
- E' da un po' che dovresti averlo fatto, non trovi? -
- Non fare il prezioso, genio. Ora dimmi quello che hai da dire -.
-Le persone non sono quello che sembrano Parker. Tu ti nascondi dietro una
maschera, ma non sei l'unica a farlo -.
Lei, che non si aspettava un discorso del genere, rimase in silenzio.
- Gli anni felici della nostra esistenza ormai sono trascorsi per sempre. Non è
cercando un ritorno al passato che si risolvono i problemi che oggi ci
attanagliano -.
- Jarod... -
- Non fidarti, Parker. Non fidarti -.
Riagganciò.
Miss Parker rimase immobile, ancora con il telefono in mano, fissando un punto
indefinito davanti a se, tra la rete di inganni che la circondava.
Continua...
(scritto da Ki@retta)