Intervista a MARIO CORDOVA
In esclusiva per il sito IL MONDO DEI DOPPIATORI, una nuova intervista ad un doppiatore italiano. E' il turno di Mario Cordova, voce italiana di Richard Gere e Jeremy Irons, ma anche di Bruce Willis nella divertente serie "Moonlighting".
Intervista effettuata da Antonio Genna il 28 marzo 2008. È assolutamente vietato riprodurre questa intervista – anche in modo parziale – senza autorizzazione.
PICCOLA CARTA D'IDENTITA' |
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Nome:
MARIO Cognome: CORDOVA Nato a Catania il 9 marzo 1955.
Curriculum: |
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L'INTERVISTA
Sei nato a Catania, adesso
vivi a Roma: come è nato il tuo interesse per il mondo dello spettacolo?
Niente di speciale. Diciamo che ero un ragazzino un po' ribelle che
faceva divertire parenti e amici. Raccontavo barzellette e storielle e loro
dicevano sorridendo: "Questo è un attore nato!" Ho finito per crederci!
Certo, mi piaceva essere al centro dell'attenzione, ma chissà se era
veramente quello per cui ero nato. Siamo così facilmente condizionabili...
Poi a 15 anni, un'amica di mio fratello mi telefona per avvisarmi che si è
iscritta a una scuola di teatro e mi dice che, viste le mie capacità, dovrei
iscrivermi anch'io. Così ho fatto. Insomma mi ci hanno buttato!
Come è cominciata la tua
attività nel campo del doppiaggio?
Avevo conosciuto la compagna di Stefano
Satta Flores, un famoso attore oggi scomparso, e lei lo convinse a
presentarmi uno dei più famosi direttori di sempre, Mario Maldesi. Stefano
stava doppiando Dudley Moore in "10", una commedia dell'epoca con Bo Derek.
Io non conoscevo Stefano, ma quando arrivai in sala d’incisione, fece finta
che ero un suo grande amico e, dicendo che ero un bravissimo attore,
convinse il direttore a farmi un provino. Un mito! Andò molto bene, a tal
punto che decisero di tenere incise per il film le battute che avevo
doppiato. Fu grazie a questo incontro che dopo poco mi chiesero di diventare
socio della CVD, una delle due più grosse società di doppiaggio. E’
incredibile come a volte, persone che non conosci, possano cambiare la tua
vita."
Chi ritieni sia stato il tuo
maestro, o comunque una figura importante che ti ha ispirato?
Pino Locchi, la voce di Sean Connery e di tanti altri attori. Lui è stato
per me un mito e devo confessare che all’ inizio della mia carriera cercavo
di imitarlo. Poi sono cresciuto e ho capito che dovevo crearmi una mia
identità. Ne avevo tanti di miti, come ad esempio Peppino Rinaldi che forse
è stato il più grande di tutti, ma sentivo che ero più simile a Locchi e che
poteva essere, per me,un punto di riferimento.
Quale è stato il tuo primo
doppiaggio importante?
Con Maldesi, un film di Sydney Lumet, "Il principe della città".
Doppiavo Treat Williams. Un protagonista che aveva la metà delle battute di
tutto il film, monologhi lunghissimi, una parte difficilissima. Mario
credeva in me e me la offrì. Non so cosa gli sia passato nella testa, io non
mi sarei mai distribuito per quel ruolo, non mi sarei sentito all'altezza,
ma lui amava le sfide... e credo che la vinse. Certo facevamo tre, quattro
anelli a turno.... un sogno, oggi impossibile!
Passando al cinema, qual è
l’attore a cui sei più legato?
Beh, ovviamente Richard Gere. Lo doppio da tanti anni e, dal punto di
vista del "successo" è quello che mi ha dato di più. Ma sono legato molto a
Jeremy Irons, che ho doppiato più volte e che ho conosciuto, così come
Richard. Irons lo conobbi all'anteprima mondiale di "Lolita" . In occasioni
di questo tipo, solitamente l’attore americano sta in sala cinque minuti e
poi va via. Quella volta invece Irons, Adrian Lyne (regista di film come
"Nove settimane e mezzo"), e la protagonista femminile, attesi a un
rinfresco all'ambasciata francese, si fermarono in sala per l’intera durata
del film. E alla fine quando me li presentarono. Irons cominciò a riempirmi
di complimenti. Avendo notato che il mio inglese era un po' zoppicante, mi
disse in spagnolo: "Por favor, siempre tu!". Successivamente mi mandò un fax
che ho ancora qui a casa, dove mi scrisse quello che mi aveva detto a voce.
Mi piacerebbe essere ricordato anche per Patrick Swayze che ho doppiato in "Ghost"
e altri film.
Ma di un doppiaggio vado particolarmente fiero. Di quello su Mr. Bean (Rowan
Atkinson) in "Quattro matrimoni e un funerale". Nessuno avrebbe scommesso
una lira sul fatto che sarei stato in grado di doppiare un personaggio
buffo, così diverso dai ruoli romantici che si addicono al mio timbro di
voce.
Quale attore invece non hai
mai doppiato, e ti piacerebbe cimentarti nell’essere la sua voce italiana?
L'attore mai doppiato e che rimane un sogno è George Clooney. Adoro la sua
ironia, la sua eleganza. Credo di avere queste caratteristiche. E senza
voler togliere niente a quel grande doppiatore che è Francesco Pannofino,
penso che sarebbe una bella sfida.
A quale film doppiato nella
tua lunga carriera sei rimasto maggiormente legato?
Per quello raccontato prima... a "Lolita".
In TV hai doppiato importanti
protagonisti del piccolo schermo, come Bruce Willis in "Moonlighting" e
Kevin Sorbo in "Hercules": quale ruolo ti ha più appassionato in assoluto e
per quali motivi?
Senza dubbio Bruce Willis in "Moonlighting". Era straordinario, fu
quella serie che lo lanciò nel mondo di Hollywood. A volte in sala non
riuscivamo ad andare avanti, scoppiando a ridere per le sue battute e le sue
smorfie. Lui e Cybill Shepherd erano i protagonisti assoluti e cimentarsi
con un personaggio così complesso, a tutto tondo, è stata un’esperienza
formativa assoluta. E’ grazie a Willis che ho imparato a essere un attore
brillante.
Hai preferito in genere
doppiare serie televisive o film? Quali ti impegnano maggiormente come
attore?
Ovviamente i film. Ti viene richiesta una qualità più alta e non c’è
niente di più difficile ed esaltante che lavorare sulla qualità, sulle
sfumature. Il lavoro va più in profondità. Nel cinema la tecnica non basta!
Hai anche doppiato alcuni
cartoni animati e film d’animazione, come la serie "He-Man e i Dominatori
dell’Universo" e il recente "Bee Movie": cosa ricordi delle esperienze nel
mondo animato?
Su tutto direi il senso di assoluta libertà che si prova doppiando i
cartoni. Attingi completamento al bagaglio di esperienze di vita che hai
dentro. Devi cercare una voce fra le tantissime che tutti abbiamo a
disposizione (e quando dico tutti intendo anche i non attori), non c’è
intonazione, sfumatura, esagerazione che non ti sia consentita. Un bagno
nella fantasia.
Sei anche un bravo direttore
del doppiaggio: quali maggiori responsabilità ed impegni comporta questo
ruolo? Come hai iniziato? Quale, tra i film e le serie che hai diretto, ti
ha più divertito e ha riscosso il maggiore consenso dei fan?
E’ un lavoro diverso da quello del doppiatore, come il regista da quello
dell’attore. Certo le capacità attoriali sono molto utili per fare il
direttore, ma non bastano. Il direttore di doppiaggio è come un direttore
d’orchestra che deve far suonare una partitura musicale., sceglie i suoi
strumenti e li accorda in un tutt’uno. Lo stesso fa il direttore: studia il
film e sceglie, in uno sforzo di immaginazione, quali sono le voci giuste,
scegliendole per la loro timbrica, ma anche per il cuore, diciamo così, per
il colore che si portano dietro. E poi c’è il momento magico del doppiaggio
vero e proprio. I doppiatori arrivano in sala da altri turni, da altre
facce, altre storie. E lui li accorda, come si accorda uno strumento
musicale, li prende per mano portandoli nel mood, nel mondo immaginario del
film che deve doppiare. Un lavoro straordinario. Il primo film importante
come direttore fu "Il corvo", un grande successo al botteghino. Fu complesso
costringere gli attori a parlare in un modo così lontano dalla loro realtà
di tutti i giorni. Sì, facemmo un lavoro proprio sull’articolazione, sul
modo di mettere la bocca, perché il nostro modo generalmente pulito di
parlare, non andava bene su quelle facce così caratterizzate, così
"sporche", come si dice in gergo.
Con la direzione di "24" ho ricevuto un premio come migliore direzione
dell’anno. Ma credo poco nei premi, entrano per forza di cose, ragioni che
poco hanno a che fare col reale valore professionale di quello che si è
fatto. L’esperienza certamente più divertente è stata quella del doppiaggio
della sit-com "Will e Grace". Il problema maggiore era che, come in tutte le
sit-com, le risate del pubblico che si sentono dopo una battuta di un
personaggio, erano incancellabili. E le loro battute ogni tanto si
riferivano a fatti e personaggi che a noi italiani non dicevano niente.
Avevamo chiesto e ottenuto carta bianca da Sky, in modo da poter scrivere
battute nuove che ci facessero ridere e giustificassero le risate del
pubblico. Un lavoro improbo, ma entusiasmante.
Hai qualche curiosità della
tua carriera da doppiatore o direttore che ti piacerebbe ricordare?
Tanti. Ne cito uno. Sono stato il direttore di doppiaggio di "Carne
tremula" di Pedro Almodovar. Alla proiezione fu invitato anche Pedro, che
alla fine si avvicinò e mi disse: "E’ la prima volta che vedo un mio film
doppiato in un'altra lingua in cui ritrovo me stesso". Ecco, credo non ci
sia complimento più bello per un direttore di doppiaggio. Perché questo
siamo noi: traduttori. Traduttori di concetti e sentimenti, il nostro
compito è proprio quello di ridare "l’anima del film". Non ho mai più
diretto un doppiaggio dei film di Pedro, questo mestiere è fatto così, ormai
non mi ci arrabbio più, ma quella frase la porto sempre con me, quella non
potrà togliermela nessuno.
Per concludere, come ho già
fatto ad alcuni tuoi colleghi, anche a te chiedo cosa consiglieresti di fare
a chi vuole entrare nel mondo del doppiaggio.
Discorso lungo e complesso. Ci sono pochissime scuole e i miei colleghi
mi perdonino se dico che in giro c’è poco di interessante. Comunque meglio
che niente, troppi problemi tecnici per cominciare senza averne frequentata
una, almeno per un po'. Il momento è particolarmente difficile per chi
inizia, oggi in cui l’unica esigenza sembra sia diventa quella di spendere
meno. Non abbiamo più tempo, nei cosiddetti turni di brusio, come accadeva
una volta, di insegnare alle nuove generazioni che si affacciano al
doppiaggio. E lasciamelo dire: purtroppo andando al cinema, spesso si sente.
© 2008
Antonio Genna
- IL MONDO DEI DOPPIATORI, le interviste
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