Intervista a EDOARDO NEVOLA
In esclusiva per il sito IL MONDO DEI DOPPIATORI, un'altra intervista ad un doppiatore italiano. E' il turno di Edoardo Nevola, attore teatrale, televisivo e cinematografico fin da bambino, voce italiana di numerosi attori, e sul piccolo schermo incarnazione di Will Smith nella sit-com "Willy, il principe di Bel Air".
Intervista effettuata nel mese di settembre 2007, a cura di Alessandro Germani. È assolutamente vietato riprodurre questa intervista – anche in modo parziale – senza autorizzazione.
PICCOLA CARTA D'IDENTITA' |
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Nome:
EDOARDO Cognome: NEVOLA Nato nel 1953
Curriculum: |
L'INTERVISTA
Edoardo, tu sei uno di quei
personaggi che io definisco completo. Perché la tua carriera, e’ fatta di
vari generi di spettacolo; attore di televisione, cinema, teatro, di radio,
cantante, e doppiatore. Ma come sei entrato nel mondo dello spettacolo?
Grazie per la definizione di personaggio completo. Ma sai, io da piccolo
ero un bambino abbastanza vivace. Per esempio, regalavo i soldi dalla
finestra, buttavo dalla finestra il gatto, nonostante mia madre mi chiudesse
in casa con mia nonna riuscivo ad uscire per andare a giocare ai
giardinetti. Ero un ribelle. Ma ero anche carino, e così mia madre pensò di
portarmi a fare un provino.
Provino che andò bene, visti poi
i risultati ottenuti negli anni a venire.
Fu un bel colpo di fortuna quel provino, perché venni preso su
millecinquecento bambini. Il provino in questione, consisteva in una scena
drammatica, da uomo a uomo, e quella scena la provai a casa mia. Questo
provino,mi avrebbe poi fatto lavorare nel film "Il Ferroviere", film molto
importante per me. Sempre in quell’anno, dopo aver sostenuto il provino
suddetto, ho preso parte al film "Lacrime d'amore".
Film che vede il tuo esordio, che
avviene nel 1954, in questo film musicale con Achille Tojani e Katina
Ranieri. Che ruolo rivestivi?
Io ero il figlio di Otello Toso. Pensa che e’ un film che non ho mai
visto, ma di cui ho ancora le foto di scena.
Però il film che ti ha
caratterizzato di più, come tu stesso hai detto, è "Il ferroviere" di e con
Pietro Germi, del 1955. Tu eri il figlio più piccolo di Germi, che appunto
era un ferroviere.
Si, io ero il figlio piccolo che poi era quello che raccontava tutto il
film. Fu un successo enorme, il film è meraviglioso!
Vieni ricordato anche per quel
sorriso solare che si può vedere in un immagine del film, che ancora oggi ti
è rimasto.
Grazie, non sono riusciti ancora a togliermelo! (ride)
Come ti sei trovato a lavorare
con Pietro Germi?
Bene. Infatti in un’intervista che ho rilasciato alla trasmissione dal
titolo "La valigia dei sogni" (La 7), ho spiegato che dietro a quel suo
volto scuro, c’era una persona straordinaria. Pensa, che durante la
lavorazione del film, non mi ricordo di avere mai ricevuto rimproveri o
altro da lui.
Hai detto bene tu, tutto al
contrario di come si presentava in televisione. Dove lo si vedeva come una
persona fredda, e ombrosa.
Era una facciata! Perchè ti ripeto era una persona delicata.
Nel 1956, giri un altro film. Un
film che ha un titolo lungo, e che ha un gran cast di attori; Aldo Fabrizi,
Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Nino Manfredi, e altri. Il titolo del
film è "Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo". Che parte avevi
in questo film?
Anche in questo film ero il figlio di uno dei protagonisti. Ero il
figlio di Aldo Fabrizi. Mauro Bolognini, il regista del film disse a mia
madre che avrebbe voluto utilizzarmi di più, perché la mia parte e’ breve
essendo un film pieno di attori, ed avendo questi una storia a testa, le
parti erano brevi.
Il film è ambientato a Roma, e
racconta appunto le vicende quotidiane di quattro vigili alle prese con la
gente.
Di Bolognini, ho un grande ricordo. Aveva una grazia nel porsi,
un'eleganza nel parlare. Ma di tutte quelle persone, che hanno un po'
caratterizzato la mia vita ho un grande ricordo.
Questo successo, che stavi
riscuotendo da bambino, ti pesava in qualche modo, o al contrario eri
contento di averlo?
Assolutamente no! Sono cresciuto normalmente. E il merito è anche di mia
madre, che a differenza di tante altre (con il lavoro che faccio ne vedo
tante) madri, non ha mai forzato più di tanto la mia presenza nello
spettacolo. La vanità non m’interessa. Non voglio apparire a tutti i costi
in televisione.
Comunque la tua carriera iniziale
è cominciata con il cinema. All’epoca vista la sequenza dei film fatti, in
televisione c’eri quasi sempre.
Il cinema, come tu stesso hai notato, è stato solo l’inizio. Perché per
fare cinema, bisogna essere fotogenici. Ecco spiegato il motivo, per il
quale sono passato a fare teatro. A sedici anni , ho cambiato aspetto,
ritrovandomi con un naso grosso.
Torniamo al cinema, e più
precisamente al 1957; torni a lavorare con Pietro Germi nel film dal titolo
"L’uomo di paglia". Qui, chi eri?
Sempre il figlio di Germi.
Pietro ti voleva proprio bene!
Be’ non solo lui, mi voleva bene. Anche Giannetti, che lo stesso Germi
proprio in quel film, scrisse nei titoli di testa con gli stessi caratteri
della regia, citandolo come collaboratore artistico. Anche lui era una
persona straordinaria, era una persona solare.
Hai lavorato anche con Aldo
Fabrizi nel film "Il maestro". Anche qui eri il figlio di Fabrizi, se non
erro.
Si, Gabriele. Anche questo film è come "Lacrime d’amore", non l’ho mai
visto. Venne girato in Spagna, e di questo film vennero fatti anche dei
fumetti. In Italia, non li ho mai visti.
Nel film "Cocco di mamma" hai
lavorato con Maurizio Arena e Franca Rame, tu eri Leo.
Io ho avuto più un rapporto con Maurizio Arena. Lui, era ancora un
ragazzo, e non dava tanto peso a film che faceva.
Maurizio proprio in quel periodo
ha fatto dei film capolavori; basta ricordare la trilogia della serie
“Poveri ma belli”, “Belli ma poveri”, “Poveri milionari”, tutti e tre
diretti dal grande Dino Risi. Sono quei film che hanno rivalutato la storia
italiana. Perché gli anni ’50 sono stati un po' il rinascimento della
televisione dopo la guerra. Era in quel periodo che molti dei grandi attori
e attrici di oggi si sono formati.
Ho avuto la fortuna di essermi formato in uno splendido periodo
artistico!
Nel 1958, giri un film con due
titoli "L’uomo dai calzoni corti / L’amore più bello".
Si, poi non so il perché cambiarono il titolo.
In questo film hai lavorato con
il grande Eduardo De Filippo,Mario Carotenuto, Alida Valli.
Di tutti loro, ho un ricordo simpatico. Sai quando si lavora bene
insieme, raramente ti capita di lavorare male.
Eduardo De Filippo, al contrario
del fratello era sempre più serio.
No, simpatico. Lui aveva un grande rigore, ma in quell'occasione era
simpatico, tant’e’ che anche lui si complimentò con mia madre per il mio
talento.
Detto da un maestro come lui,
grande scopritore di talenti…
Nel 1958, interpreti Arlecchino nel film documentario "ogno a Venezia". Ma
eri proprio Arlecchino, la maschera?
Si, quello e’ un film dove mi divertii tanto. Avevo il privilegio di
poter guardare cose che la gente non poteva vedere, io ho visto i Piombi, le
Segrete. Mi ricordo che questo Arlecchino bambino (io), poteva entrare nel
Palazzo Ducale Nonostante ci fossero le guardie.
Hai fatto il turista, in quel
documentario!
Più che documentario, io lo chiamerei lungometraggio. Anche questo film,
non l’ho visto (ride). Conservo però il libro che mi regalò il
regista, basato sul film che ho fatto.
Alle tue spalle vedo la locandina
di un altro tuo grande film "La Cento km". Nel film c’era anche un tuo
futuro collega attore e doppiatore Riccardo Garrone, oltre a Massimo Girotti,
Mario Carotenuto. In questo film non mi dirai che eri un'altra volta il
figlio?
Questa locandina è un regalo fattomi da dei miei ammiratori. Per cambiare,
ero il figlio di Massimo Girotti, ero il secondo del mio papà. Lo aiutavo
dandogli sostegno, dandogli l’acqua, mettevo un po' di musica per dargli
vigore.
Il figlio, che accompagnava il
papà alla corsa seguendolo con la bicicletta.
Era una bicicletta, fatta diventare motorino. All’ epoca, non esistevano
i motorini, e quindi s’installo’ su questa bicicletta un motore che la
trasformò in un motorino. Pensa, che poi questo motorino prima maniera me lo
regalarono, e io ci scorazzavo sotto casa come un pazzo.
Gli ultimi due film per
concludere la parte del cinema: "Un marito in condominio" e "Ettore lo
fusto".
“Un marito in condominio”, che sembra essere stato un film secondario, aveva
attori come Lilla Brignone, Salvo Randone, Gianrico Tedeschi. Io ero il
fratello della protagonista che era Annamaria Ferrero, fidanzata nel film
con Jean Sorel. Gino Bramieri, era l’industriale di turno, io con lui facevo
delle scene che ho registrato e che presto metterò nel mio sito.
In “Ettore lo fusto”, chi eri?
In questo film c’era anche il figlio di Age che mi aveva visto nel musical “Hair”,
mi chiamò con De Girolami per prendere parte al film. Film, dove c’era anche
qui un ricco cast di big; Vittorio De Sica, Vittorio Caprioli, Luciano Salce,
Aldo Giuffre’, Giancarlo Giannini.
Tu fin da piccolo hai lavorato
con grandi attori.
Si, e ho dei grandi ricordi di quei periodi.
Nel 1962 sei nello sceneggiato
"Il cadetto Winslow", tu avevi il ruolo principale se non sbaglio.
Per la regia era di Eros Macchi. Li avevo circa quindici anni. Un altro
lavoro che purtroppo non ho mai rivisto.
Arriviamo al 1963. Sei in un
grande sceneggiato, che all’epoca ebbe un successo straordinario, "La
Cittadella".
Questo me lo ricordo perché fu un grande successo appunto. Io ero il figlio
di Gigi Pavese.
Com'è stato lavorare con Alberto
Lupo e Annamaria Guarnieri?
Piacevolissimo con entrambi. Alberto Lupo, poi era un signore, una
persona dolcissima.
Quanti anni avevi quando girasti
"La Cittadella"?
Quattordici o quindici.
Sempre in quell’anno, un altro
grande sceneggiato, "I Miserabili" di Alessandro Bolchi. Con te, un altro
grande attore doppiatore: Gastone Moschin.
Anche quello fu l’evento dell’anno. Lo sceneggiato di Alessandro Bolchi
era pieno di grandi attori oltre a Gastone Moschin, artista che purtroppo
non è valorizzato.
Siamo nel 1964. Un grande
sceneggiato viene dato in televisione. Uno sceneggiato dedicato ai ragazzi,
il cui titolo è "Il Giornalino di Gian Burrasca",con la grande Rita Pavone.
Come sei entrato a far parte del cast?
Lina Wertmuller aveva visto “I Miserabili”, mi notò e decise di farmi
entrare a far parte dello sceneggiato.
Lina Wertmuller è una regista che sa’ fare bene il suo lavoro. Ha professionalità e esperienza. Fu’ lei a capire e poi a scegliere Rita Pavone, perché capì che Rita con il suo carattere vivace veniva considerata più un maschiaccio che una donna. Con un taglio di capelli adeguato, qualche ritocco ecco Giannino Stoppani in arte Gian Burrasca. Mentre tu eri Barozzo.
Esatto, io ero quello che organizza la rivolta nella mensa del collegio per protestare contro il vitto.
Una scena che è rimasta nella
storia della televisione. Dopo la rivolta suddetta, vieni convocato dalla
direttrice che era la grande Bice Valori.
Si, dolcissima persona che purtroppo non c'è più. Anche di Sergio Tofano,
che nello sceneggiato era il suo assistente, ho un bel ricordo.
E di Rita Pavone invece, che
ricordi hai?
Io e lei,siamo grandi amici e ci frequentiamo ancora. M'innamorai di
lei, ma all’epoca ero troppo piccolo.
Nel 1968 giri lo sceneggiato "I
ragazzi del 99". Uno sceneggiato che non ho mai visto, di cosa parla?
Uno dei più bei sceneggiati che ho fatto! Venne girato a Torino. Era
ambientato nel periodo della prima guerra mondiale dove, per guarnire le
trincee, mandavano questi ragazzi giovanissimi di sedici anni al fronte,
appunto detti del '99.
Nel 1970 sei protagonista con
Riccardo Garrone e Elio Pandolfi del telefilm "Triangolo rosso". Un telefilm
sull’educazione stradale. Uno dei due autori era Tina Lagostena Bassi, oggi
uno dei giudici della trasmissione "Forum". La colonna sonora era cantata
dal gruppo musicale dei Profeti.
Era un telefilm basato su storie vere riguardanti incidenti stradali.
Infatti sia Riccardo Garrone che
Elio Pandolfi sono due brigadieri della polizia stradale che indagano
insieme al proprio superiore per ricostruire le dinamiche degli incidenti.
Ti ricordi il tuo personaggio?
No, perché mi stai parlando di un periodo in cui lavoravo molto, mi
alternavo in vari programmi di televisione. Però vorrei che lo rimandassero
in onda questo telefilm, più che altro perche è ancora attuale purtroppo la
trama.
Nel 1972 prendi parte allo
sceneggiato "Qui Squadra mobile".
La regia era di Anton Giulio Majano. Uno dei grandi attori che facevano
parte del cast era Luigi Vannucchi, attore purtroppo morto suicida. Io ero
il figlio di un delinquente, ero in una scena drammatica dove infatti
piango.
Sempre in quell’anno, lavori con
la coppia Bice Valori e Paolo Pannelli in uno sketch comico della serie
“Vita in casa”.
Lo sketch non me lo ricordo molto, ma mi ricordo che mi dicevano di
stare attento alla coppia Valori – Pannelli perché entrambi pretendevano
molto nel lavoro. Invece, mi trovai benissimo con tutti e due.
Il 1972 ti vede anche nello
sceneggiato "Processo a un atto di valore".
Bello, qui c’era anche Pino Colizzi. Io ero un marinaio. E’ stato
divertente perché mi ricordo che abbiamo girato la scena del naufragio su
dei gommoni in una piscina. Sono presente però solo nella prima parte,
quella del naufragio appunto. Nel cast c’era anche Massimo Giuliani.
Nel 1973 "Avventure di un povero
cristiano", eri fra Clementino.
Ho un bellissimo ricordo del regista Ottavio Spadaro. Anche qui, c’era
un gran cast di attori: Riccardo Cucciolla, Ferruccio De Cevesa. Si lavorava
con molto più tempo.
Tutto al contrario di oggi,
dove la classica "Buona la prima" è ormai di legge, questo spiega il
rovinarsi dello spettacolo da parte della televisione, del doppiaggio.
Da quando hanno visto che c’e’ un maggiore risparmio di soldi, si lavora
bene così. Noi andavamo in sala prove, per un determinato periodo di tempo
si provava la parte, poi in tre giorni circa, si provava con gli ambienti
disegnati per terra e poi in tre giorni si registrava la commedia.
Parliamo di teatro. Tu lo
cominci nel 1969 con la commedia "La colpa è del giardino", con Aroldo Tieri
e Giuliana Lojodice. Una grande coppia sia nella vita che nel lavoro.
Il teatro è la cosa più bella che si possa fare. Il teatro è quello che
ti fa’ avere un rapporto diretto con la gente. Io ero Roger, il figlio di
questa coppia.
Nel 1970 prendi parte al
musical "Hair". Questo musical, ha caratterizzato molti cantanti-attori di
quel periodo: Renato Zero, Teo Teocoli che si faceva chiamare solo Teo. Ai
provini, venne escluso anche Tito Schipa jr, con il quale poco tempo dopo
lavorerai.
Quello fu un musical importante per vari aspetti; vuoi per il cast di futuri
big, vuoi per la trama stessa del musical. Ai provini venne escluso anche
Herbert Pagani, grande cantante del periodo. Victor Spinetti era il regista,
e lui non voleva avere questi big per sua scelta. Mi spiego meglio, voleva
avere un cast che non fosse proprio di cantanti, per lo più famosi proprio
per evitare incomprensioni durante le prove. Lui stesso era una persona di
una statura artistica elevatissima. Nel musical, c’era anche il figlio di
Alida Valli, Carlo De Mejo.
E' li però che hai conosciuto
Tito Schipa jr?
No, lui venne a vedere “Hair”, nonostante fosse stato escluso. E come e’
successo che Lina Wertmuller mi vide nei “Miserabili”, Tito mi vide in
questo musical, io gli piacqui e lui mi contattò qualche anno dopo per
entrare a far parte del suo musical, appunto "Orfeo 9".
Prima di “Orfeo 9”, pero’ tu
lavori con Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer sempre in teatro.
Quello è stato un altro grande incontro della mia carriera. L’ho
conosciuto grazie a Penny Brown. Io lavoravo con lei sempre in “Hair”, lei
cantava.
Penny Brown era stata anche
una delle fidanzate ufficiali di Tito Schipa jr. Ma tu pensa, che “Hair” non
è mai stato dato in televisione.
Penso che vista l’epoca, non ci siano riprese di allora di questo musical.
Sei sicuro che negli archivi
del teatro Sistina, non ci siano conservate riprese inerenti a “Hair”, visto
che venne girato in quel teatro?
Questo non lo so!
Torniamo a “Orfeo 9”. Nel
1973, tu, Renato Zero, Loredana Berte’ e molti altri artisti ancora
sconosciuti prendete parte al musical scritto e diretto da Tito Schipa jr,
dove lo stesso interpretava il protagonista Orfeo, Renato Zero era il
venditore di felicità e tu interpretavi il venditore di pane. Venne girato
per la RAI la versione che ti ha visto partecipe.
Esatto, io ero il venditore di pane, e girammo il musical per la Rai.
In questo musical dai sfogo a
tutta la tua preparazione artistica sul ballo, canto, recitazione. Visto che
era un opera musicale. Poi c'è una scena, dove ti si vede celebrare il
matrimonio tra Orfeo (Tito Schipa jr) e Euridice (Penny Brown), matrimonio
da te cantato.
In "Hair" ho avuto la preparazione artistica sul ballo, canto,
recitazione. In "Orfeo 9" compaio come cantante e interprete.
Soddisfazioni ne hai avute
con "Orfeo 9"?
Tantissime, ma sai io me lo sentivo già d’allora che sarebbe stato un
successo.
Un successo che però la Rai
ha tenuto nei suoi archivi per oltre trent’anni. Perchè Orfeo 9, e’ stato
dato solo una volta in televisione in un orario tardivo, sempre nella metà
degli anni '70, su quello che all’epoca si chiamava Secondo Canale,
l’antenata dell’attuale RaiDue. L' "Orfeo 9" parlava di droga, o meglio era
una denuncia fatta dagli stessi ragazzi del problema droga.
Era uno spettacolo avanti nei tempi. Ma oggi non mi sembra che le cose
siano molto diverse d’allora.
Il 1975 ti vede nei panni di
“Amleto”.
Sì, e faccio anche il “Passatore”, e “L’Arlecchinata” uno spettacolo per
i bambini.
Nel 1976, torni a lavorare
con Tito Schipa jr, in un altro suo musical dal titolo "L’isola nella
tempesta".
La commedia musicale era sempre il mio amore, e quando mi proposero di fare
un nuovo spettacolo del genere accettai subito. La girammo in una chiesa
sconsacrata, che rimettemmo a nuovo.
Sempre nel 1976, continui a
lavorare con le commedie musicali, e con Tito. Ma lavori anche con un altro
grande cantante in quel caso regista, Tony Cucchiara.
Con lui ho fatto “Caino e Abele”. Lui mi aveva notato nel musical
"L'isola nella tempesta", e mi ha chiamato per il suo. Anche lui partecipava
nelle vesti di cantante, nel musical.
Nel 1980, prendi lo
pseudonimo di Yo Yokaris.
Si, ho usato questo pseudonimo nell’opera di Tito "Er Don Pasquale Popcorn".
All’epoca, lavoravo contemporaneamente anche con Renato Zero nei suoi
spettacoli "“Ero Zero" e "Tregua". Su suo suggerimento presi questo
pseudonimo. Incisi anche dei dischi con questo nuovo nome, con la sua
etichetta Zerolandia.
Parliamo di doppiaggio,
parliamo di “Willy il principe di Bel Air", l’ultimo lavoro che hai fatto
come doppiatore.
Ho avuto la fortuna di avere come direttrice del doppiaggio una Lina
Wertmuller degli anni ’90, Rossella Izzo. Lei, mi ha dato la possibilità
all'età di quarantacinque anni di doppiare un diciottenne. Sapendo delle mie
varie specializzazioni nel campo dello spettacolo, pensò a me. Questa serie
va in onda in Italia dal 1995, e ancora oggi riscuote un successo di
pubblico non indifferente.
Tu sei l’autore oltre che
l’esecutore della sigla iniziale e finale del telefilm, giusto?
Io sono l’autore del testo con Rossella della sigla iniziale. Mentre
quella finale è la mia, sia nei testi sia nella musica. A cantare le sigle
di apertura e di chiusura del telefilm suddetto, comunque sono solo io. La
musica iniziale, da me riprodotta con un sintetizzatore, è di Quincy Jones.
Nel 2003, per questo personaggio, ho ricevuto nella manifestazione culturale
"Gran Galà del Doppiaggio" il premio Simpatia. Soddisfazioni a non finire.
Oggi nel 2007, che premio ti
si può dare? Che premio vorresti?
Ma, il premio più bello che vorrei e’ quello di poter continuare a fare
il mio lavoro.
Un premio te lo conferisco
subito io, quello per la grande disponibilità dimostratami nel ripercorrere
una gran parte della tua carriera. Grazie!
No, sono io che ti ringrazio per la piacevole conversazione.
© 2007
Antonio Genna
- IL MONDO DEI DOPPIATORI, le interviste
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