Segreti e bizzarrie del mondo del doppiaggio in formato quiz
ARCHIVIO: domanda 43
(10/12/2012)
Ecco la domanda n°43:
Del grande Adolfo Celi ricorre
quest’anno, come segnalato dall’attenta Nicoletta G. al quiz n.27, il 90°
anniversario dalla nascita. Ci pare l’occasione giusta per svelare un paio
di retroscena del suo travagliato rapporto con il doppiaggio ed ovviare ad
una non trascurabile inesattezza rimbalzata sulla rete.
Quale impegno cinematografico fu la molla che pose termine al lungo
soggiorno in Brasile, durato dal 1948 al 1963? Per quale ragione venne
doppiato e chi gli diede voce per quell’unica volta?
Malgrado spesso doppiato, in una circostanza fu Celi a calarsi nel ruolo di
doppiatore. Fu il singolare esito di un amichevole patto stretto con un
regista coetaneo, come simbolica riparazione al rammaricato rifiuto opposto,
per lo stesso film, alla scrittura come attore. Di quale film si parla e di
chi si occupò Celi?
Qualche indizio utile...
- Nelle agenzie di casting tre lustri di volontario esilio avevano
progressivamente appannato l’immagine di Adolfo Celi, rendendo ostico un suo
rientro nel giro del cinema europeo, fino a quando venne favorito da una
provvidenziale coincidenza, che non fu quella del presunto rodaggio di
un’avventura piratesca di successo. Ma perché nella circostanza la sua
severa voce venne sorprendentemente sostituita dalla “voce dei comici”?
Celi si concesse volentieri per il doppiaggio di un agente federale
italoamericano nel ruolo di se stesso, al servizio di un regista noto per
l’impegno civile, in una volutamente scarna cronaca di mafia, in
controtendenza alla spettacolarizzazione del fenomeno inaugurato da “Il
padrino” (1972).
Scorrete la pagina in basso per le risposte...
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La separazione dalla moglie brasiliana non fece che accentuare la saudade
che da tempo un poco deprimeva Adolfo Celi. L’opportunità del finanziamento
del rientro in Italia gli venne offerta dalla scrittura nel film francese
“L’uomo di Rio” (1963), in cui svariati ciak furono girati nella nazione
verde-oro.
E’ quindi indiscutibile quale sia stato il primo film di Celi dopo la
parentesi sudamericana! Tanto più che è assolutamente errato l’altro
accredito dello stesso anno che gli viene attribuito da quasi tutte le
filmografie scaricabili dalla rete, “Sandokan, la tigre di Mompracem” (1963)
di Umberto Lenzi, da non confondere con il Sandokan Tv del 1976.
Per quella pellicola Celi non realizzò neppure una posa!
Il distributore italiano di “L’uomo di Rio”, considerando il ricordo della
voce di Celi ancora più sbiadito del ricordo del suo volto, volle
risparmiare il compenso da riconoscergli per il doppiaggio. Al suo posto
venne scelto il più economico Carlo Romano,
il grandissimo doppiatore di tanti comici (Jerry Lewis, Pinotto, Bob Hope) e
non solo. Le perplessità sollevabili dalla radicale diversità delle voci dei
due attori, nella realtà dei fatti appaiono in buona parte infondate per lo
smisurato talento di Romano, capace di adattare la propria voce a qualsiasi
tipologia interpretativa.
Il rifiuto opposto a malincuore al coetaneo ed amico Francesco Rosi (a
proposito tanti auguri al grande regista!), convinse Celi a prestarsi come
doppiatore per il medesimo film “Lucky Luciano” (1973). Rosi gli fece
doppiare Charles Siragusa, un vero agente della FBI.
Cosa avete risposto...
Questa volta nessuno ha risposto esattamente.
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Le
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