NELLE PUNTATE
PRECEDENTI...
Questo racconto segue a "Quando Syd tornò a lavorare per Sloane",
che a sua volta è il séguito di "La trattativa".
In questa mia vicenda inizia prima della terzultima puntata (all’incirca) di
Alias; Lauren Reed, in questo mio piccolo “universo parallelo” [1],
fugge con informazioni vitali per la CIA, che la Convenzione passa a Cina
Popolare e Corea del Nord, che le offrono il loro aiuto; Sydney viene rapita e
liberata non prima di venire addormentata e d inseminata impiegando il nucleo
di una cellula di Rambaldi. Durante la liberazione Lauren ed il capo della
Convenzione vengono uccisi. Il figlio di Sydney viene attribuito a Vaughn e
chiamato Jack; Sloane corrompe il ginecologo dell’ospedale dove Sydney va’ a
partorire di modo che scambi il neonato con un altro nato morto. Tutti credono
alla storia messa su da Sloane che però si fa vivo e grazie ad una serie di
avvenimenti riesce anche ad impadronirsi di Sydney, cui cancella la memoria
(un’altra volta) ed impiega come spia nella sua organizzazione che,
collaborando con la Convenzione –che intanto è guidata da Sark-, al-Qa’ida,
narcos eccetera mette insieme un potente cartello di farabutti per minare la
sicurezza nazionale americana. Sydney però riesce a riacquistare parzialmente
la memoria e fa’ in modo che gli agenti della CIA catturino Sloane in India,
che viene portato in una base in Pakistan. Grazie ad un agente corrotto di nome
Håkansen la Convenzione s’impadronisce della base facendo prigioniero Kendall,
tuttavia Vaughn e Sydney riescono a fuggire portandosi con sé Arvin.
All’aeroporto Sloane rivela a Sydney dov’è suo figlio ed a Vaughn dove si trova
Irina Derėvko: i due si separano, Vaughn vola presso le forze americane mentre
Sydney, una volta recuperato il piccolo Milo/Jack, sparisce dalla circolazione.
Sloane viene internato in una località segreta nei pressi di Washington: anche
se gli è stata risparmiata la vita in cambio della fornitura di tutte le
informazioni della quali è a conoscenza, Arvin non rivela che all’interno del
governo ci sono due traditori: il Ministro della Difesa, militare razzista, ed
il direttore della Defense Intelligence Agency, che invece è di colore.
Ci sono nemici all'esterno; ci sono traditori
all'interno
Demostene, Sugli abusi dell’ambasceria
WASHINGTON
«Direttore Kendall, la sua cattura –cui è seguito il rilascio di nostri
prigionieri in cambio di lei e di altri sotto la sua responsabilità- e la quasi
fuga di Sloane sono stati per l’Agenzia dei brutti colpi, senza contare la
sparizione della signorina Bristow. E che dire dell’incidente diplomatico coll’India,
una situazione che voi avreste dovuto se non evitare almeno prevedere?» Kendall
sapeva già dove sarebbe andato a parere il discorso di Kilsyth, Segretario di
Stato. «Ha evitato che una bomba nucleare contaminasse Washington ma le sue
recenti figuracce han fatto sì che il presidente Kerry finisse la fiducia da
darle e si dovrà accontentare della scorta accumulata, che non è molta.
All’ultima riunione coi direttori dei servizî segreti Kerry ha detto che
sarebbe passato all’azione al prossimo attentato, e che delle teste sarebbero
cadute. Questa dichiarazione è ancora valida: se un’altra azione terroristica
verrà portata a termine contro gli Stati Uniti o contro i suoi alleati, la sua
testa cadrà. Per l’intanto, il Presidente ha finalmente deciso di creare un
Capo dell’Intelligence cui dovrà sottostare.»
«Chi è?» Kerry o aveva dovuto cedere alle pressioni di quegli incompetenti del
Congresso o aveva deciso di mettergli qualcuno alle calcagna.
«Il vicesegretario alla difesa Alan S. Lord.» Ahia, il vicesegretario ce
l’aveva ancora con lui per quella storia con la Convenzione [2];
Kendall era sicuro che Lord gli avrebbe reso difficile la vita… come se non
avesse abbastanza grane per conto suo!
VARSAVIA
Vaughn non era piú quello di una volta. Le continue disgrazie professionali e
personali l’avevano cambiato in peggio. Sua moglie tradiva lui ed il suo paese.
Suo figlio era nato morto. Il suo migliore amico era stato ucciso. La donna che
amava era scomparsa una seconda volta, dopo averlo dimenticato. La CIA era
stata ridicolizzata piú volte e la sua carriera era finita [3].
Oramai era una creatura di cattiveria e delusione, ma c’era ancora speranza in
lui.
Vaughn amava ancora Sydney Bristow. Era stata operata neurochirurgicamente ed
aveva dimenticato tutto quanto c’era stato fra loro due, ma lui continuava ad
amarla e voleva ritrovarla a qualunque costo. La ricerca di lei era oramai
l’unico scopo della sua vita e ci si era buttato corpo ed anima; prima però si
era preparato per lo scontro finale coi nemici della Convenzione partecipando
ad un corso di addestramento dopo l’altro; a furia di giocare ad hockey e
mangiare schifezze per sfogare la rabbia era aumentato di 20 libbre in
muscolatura e di 20 libbre in lardo, il quale tornava utile per attutire i
colpi. Aveva perso un dente in una rissa da bar ed aveva un sopracciglio
spaccato per una rissa durante una partita.
Non era piú l’agile ed ironico Mickey ma il pesante e sarcastico Michael
Cassius Vaughn.
Kendall sapeva che Vaughn sarebbe andato alla ricerca di Sydney e di Irina
Derėvko, per trovare suo figlio e la vendetta, quindi aveva lasciato che lui se
ne andasse in Polonia. Tutti gli agenti della CIA erano impegnati nella lotta
al terrorismo, Vaughn aveva diritto alle ferie (erano due anni che non le
prendeva), lavorava meglio da solo e se c’era una possibilità di scovare Irina
lui l’avrebbe trovata. La Derėvko era anche una delle poche persone alle quali
si poteva rivolgere Sydney per nascondersi assieme a Jack e Vaughn, se
l’avrebbe beccata, l’avrebbe fatta cantare. Rob Kendall contava di servirsi di
Vaughn per ritrovare la Bristow.
Vaughn aveva trasportato in aereo un giubbotto antiproiettile, una paio di
manette e la sua Colt Government M1911A1 con silenziatore come bagaglio
diplomatico per evitare le perquisizioni all’aeroporto. Quella pistola era sua,
non gli era stata data dalla CIA ma l’aveva ereditata da suo padre William,
anch’egli agente americano, ucciso da Irina Derėvko quando lui aveva solo 8
anni. La sua Government era una pistola molto affidabile, Vaughn l’aveva usata
in diverse condizioni ambientali ed aveva sempre sparato ottimamente, perciò
aveva deciso di portarsela dietro perché se avesse dovuto uccidere Irina
Derėvko, l’avrebbe fatto con l’arma di suo padre.
Sloane gli aveva detto che Irina aveva un nascondiglio a Varsavia e Vaughn
sperava di poterla trovare lì perché nessuno sapeva dell’esistenza di quel
rifugio tranne Sloane, che era venuto a saperlo per caso ed all’insaputa della
Derėvko. A Varsavia si sarebbe sentita al sicuro e lui avrebbe potuto coglierla
di sorpresa.
Con un po’ di fortuna.
XICHANG
Håkansen, dopo aver presa la base CIA a Lahore, aveva sbaraccato mettendo tutti
i prigionieri ed il materiale raccolto nella palazzina di Sloane sugli aerei
della pista e partendo per la Cina; nel contempo aveva mandato Lennox e Siward
a Nuova Delhi per recuperare Milo Tippin (alias Jack M. Vaughn Jr.). Il
fallimento sia nel recupero di Sloane che in quello di Milo era stato oscurato
dalla preda che aveva portato alla Convenzione: 18 agenti e dirigenti della CIA
fra cui il suo direttore generale, Roberto Kendall, in piú le informazioni
raccolte da Sloane sui suoi clienti, cioè varî gruppi terroristici di tutto il
mondo, cosche mafiose di 12 paesi diversi, trafficanti di droga, armi,
prostitute, organi, diamanti. Tutte queste organizzazioni era diventata
improvvisamente note e quindi vulnerabili e quindi ricattabili.
Il problema era che le cose che sapeva Sark le sapeva anche la CIA, che aveva
nelle sue mani Sloane colla sua memoria di ferro; in effetti c’era da giocare
una partita coi servizî di tutto il mondo ed il premio per la vittoria sarebbe
stato che la Convenzione avrebbe potuto usare a suo piacimento i maggiori
delinquenti della terra in cambio della sua protezione e della sua
collaborazione. Mai un ente clandestino era stato così potente… Sark pensava
che giocando bene le sue carte –ed era una cosa che sapeva fare molto bene-
sarebbe riuscito ad eguagliare la passata potenza della Chiesa, del KGB o delle
Sette Sorelle.
VARSAVIA
L’indirizzo era Wspolna 65, terzo piano, “Brzezinski”. Erano le 10 di mattina e
Vaughn aveva la pistola in una fondina ascellare ben occultata sotto il pesante
cappotto che non lasciava intuire il suo giubbotto antiproiettile. Venendo
dalla Marszalkowska Vaughn aveva notato un furgoncino Wolksvagen di quelli che
usavano tutte le organizzazioni segrete per non dare nell’occhio… se l’occhio
non sapeva cosa cercare, perché l’agente mise in conto l’eventualità di esser
stato battuto sul tempo. Vaughn entrò facendosi passare per un impiegato del
gas e salì con circospezione le scale ma non vide nessuno; evidentemente quello
di guardia doveva esser al terzo piano di modo da farsi vedere solo da quelli
che salivano fino a lì e non da tutti quelli che salivano le scale, cosa che
sarebbe accaduta se si fosse piazzato all’ingresso.
Vaughn osservò il corridoio con un altro utilissimo oggetto che s’era portato
dietro: uno specchietto da dentista, di quelli colla lente antiriflesso
inclinata a 45° dall’asta, che permettono di scrutare come un periscopio negli
angoli morti senza farsi notare.
C’era qualcuno.
Pastrano, berretto, pantaloni scuri –forse di fustagno- e scarpe invernali. Ben
rasato, capelli scuri.
Lo sconosciuto non si accorse dello specchietto ma camminò su e giù per il
corridoio evitando accuratamente di affacciarsi sulle scale. Decisamente, la
guardia all’esterno. C’era qualcuno in casa.
Appena il tizio si voltò dall’altra parte, Vaughn s’affacciò sul corridoio,
prese la mira e sparò. Il silenziatore attutì il colpo e l’imbottitura del
pastrano dell’altro rese meno secco il suo tonfo sul pavimento.
Vaughn si portò rapidamente verso il cadavere; lo perquisì rapidamente trovando
una Tipo 64 [4] che si mise in tasca ed una radio
portatile; non c’era nessun posto dove occultarlo e quindi lo lasciò lì
sperando che nessuno di coloro che abitavano al III piano tornasse in quel
momento dal mercato o dal lavoro. L’uscio di Brzezinski era socchiuso, Vaughn
lo aprì un po’ di più ed infilò nella fessura lo specchietto.
Un uomo nel soggiorno, senza armi in mano come quello fuori della porta. C’era
qualcuno in un’altra stanza la cui porta dava sul soggiorno.
Vaughn non sapeva se entrare e stendere il tipo, rischiando d’esporsi ad
eventuali altri suoi compari oppure aspettare che uscissero tutti insieme per
coglierli alle spalle. La seconda opzione diventava rischiosa nel caso fossero
stati in piú di due… senza contare che da un momento all’altro qualcuno avrebbe
potuto chiamare il piantone alla radio. Vaughn decise di entrare.
Il suo secondo obiettivo andò giù pesantemente ma anche questa volta il rumore
della caduta venne attutito: un tappeto liso e scolorito copriva parte delle
travi sconnesse. Vaughn s’affacciò sull’altra stanza tenendo puntata la Colt.
Tre uomini, due donne legate alle sedie con un morso in bocca. Irina e Katja
Derėvko; la seconda era sporca di sangue.
Uno dei due uomini aveva in mano un coltello e tutti guardavano le due donne.
Uno di loro si voltò verso Vaughn, sgranò gli occhî e cercò di estrarre la
pistola ma l’agente lo colpì per primo, poi stese l’altro, infine quello col
coltello che intanto si stava avvicinando minacciandolo colla lama. Era Roman
Akakijevič Nevėrin, l’uomo che aveva ucciso Weiss [5].
Fece il giro della casa: nessun altro, due cadaveri in bagno. Vaughn aveva solo
piú il colpo in canna [6] e per non perdere tempo a
ricaricare mise la Colt nella fondina e tirò fuori la Tipo 64.
Katja era messa male, aveva subito pesanti torture, perso molto sangue e non ce
l’avrebbe fatta a stare su da sola mentre Irina sembrava abbastanza intera;
Vaughn la slegò.
«Tua sorella?»
«Finiscila, non vedi come è messa?»
Vaughn le sparò alla testa, che cadde pesantemente all’indietro facendo
sobbalzare il corpo della donna. Mentre Irina andava nel bagno a cercare
disinfettante e cerotti per medicarsi l’agente della CIA uscì per portare
dentro il corpo di quello ammazzato per primo.
«Ce la fai a camminare?»
«Sì.»
«C’è un loro furgoncino sotto.»
«Seguimi.» Mentre scendevano Irina disse: «Ho scelto questa casa perché c’erano
altre uscite.
Una è proprio di qua.»
«Senti di te non mi fido, ho la pistola in tasca ma ti tengo sotto tiro.»
«Ehi, hanno ammazzato mia sorella.»
«Veramente l’ho fatto io e ti ripeto: non mi fido di te.»
I due uscirono in cortile e passando attraverso uno scantinato entrarono nella
casa di fronte per uscire poi sulla Hoza. «E adesso dove andiamo?»
«La mia macchina è parcheggiata sull’angolo, ho paura che dal furgoncino ci
possano vedere. Qua vicino c’è Hertz [7], secondo me ce la
facciamo.»
«La Ford che mi avete noleggiato è un cesso, s’è scassata a neanche tre isolati
da qui.»
«Come? Andiamo subito a riprenderla, signore.»
«Voglio una macchina decente adesso, una BMW.»
«Abbiamo solo il coupé al momento.»
«Andrà benissimo.»
WASHINGTON
Il gen. Erskine Thornton jr., ministro della difesa degli USA, entrò
nell’ufficio del direttore della Defense Intelligence Agency, il gen. Jonas
Clifford.
«Buongiorno signor direttore.» ‘fan***o, negraccio.
«Buongiorno signor ministro.» ‘fan***o, fascistone.
«Venivo da lei per chiederle alcune spiegazioni.»
«Sono a sua disposizione.»
«Non riguardano la sicurezza nazionale ma lei.»
«Me?»
«La NSA, su mia richiesta, mi ha fornito informazioni dettagliate sui suoi
spostamenti e soprattutto sulle sue telefonate.»
«Se può interessarla, ho fatto le medesime indagini.»
«Abbiamo motivo di credere che vi sia stata non una bensì due talpe all’interno
del governo federale.»
«E chi sarebbero?»
«Credo che possiamo gettare la maschera.»
«Da quanto lavorava per Sloane?»
«Da prima che scappasse.» Ma guarda se quel boscimane maledetto doveva essere
dalla sua parte.
«Anch’io.» Ma guarda se quel nazista maledetto doveva essere dalla sua parte.
«Credo che il signor Sloane le abbia rivelato informazioni importanti sul
macchinario di Rambaldi.»
«Il Dire.»
«E che le abbia anche suggerito come impadronirsene.»
«Uccidendo il presidente. Sì.»
STATALE PER CRACOVIA
La Classe 6 sfrecciava sul rettilineo appena al limite di velocità consentito.
Guidava Irina mentre Vaughn le teneva puntata addosso la Tipo 64.
«Allora, cosa volevano da te quei boia?»
«Come avrà già capito, agente Vaughn, erano della Convenzione. Volevano sapere
dove potevano trovare Sydney.»
«Dov’è?»
«Non lo so ma so chi ce lo può dire. A Praga vive uno dei migliori
falsificatori di documenti del mondo; voi non lo conoscete ma io sì e penso
anche Sydney.»
«Chi è?»
«Sappia che parlerà soltanto con me. Se vuole uccidermi, agente Vaughn, potrà
farlo soltanto dopo.»
«Chi mi dice che a Praga non troveremo qualche mercenario pronto a farmi una
lobotomia calibro 9 mm?»
«Se ce lo troveremo, non sarà certo dei miei uomini. Gli ultimi due li ha
trovati nel mio bagno.»
«Sydney mi ha detto che Katja Derėvko lavora per la Convenzione.»
«Noi due negli ultimi tempi ci eravamo messe con Sloane ma da quando è stato
catturato la Convenzione non si fida piú di noi. Senta ag. Vaughn, le propongo
un accordo. Se mi vuole uccidere per vendicarsi di suo padre, lo faccia dopo
che avrò rivisto mia figlia.»
«Non le garantisco niente, venire a patti con lei è una cosa assurda; comunque
se le sparerò sarà perché non mi fido, non per avere vendetta.»
«È già qualcosa.»
WASHINGTON
Sloane si annoiava. La detenzione era di una noia mortale; gli avevano concesso
la vita e gli avevano risparmiato la neurostimolazione per paura di perdere
qualche dato importante ma lo sottoponevano ad una tortura sottile. Lo facevano
svegliare alle 4 di mattina e spegnevano le luci alle 7 di sera, non gli
avevano dato niente da leggere (ma era riuscito ad ottenere una Bibbia dal
cappellano) e gli era vietato parlare coi suoi guardiani, i quali però si
divertivano a tormentarlo. Qualcuno portò il suo rancio, consegnandolo alle
guardie; un armadio del Dipartimento della Difesa lo prese in mano, caricò i
polmoni di catarro e depositò nella sua minestra un mezz’etto di cracia.
«Questo per Baltimora, bastardo.»
Un’altra guardia –un bisonte della CIA- ci sgracchiò dentro con altrettanta
convinzione. «Questo per Miami, porco.» Si avvicinò il rappresentante dell’FBI.
«Questo per l’USS Cole.» Poi toccò a quello degli sceriffi federali. «E questo
per l’undici settembre.» In realtà Sloane non c’entrava niente con quegli
ultimi episodî ma sarebbe stato inutile –oltreché vietato- tentare di spiegare;
oramai non ci faceva neanche piú caso.
Un’altra tortura era il cibo. La parte piú saporita dei suoi pasti erano gli
scatarri dei suoi guardiani.
PRAGA
«D’accordo, entreremo insieme. Appena qualcosa mi insospettisce, ti prendi una
palla nella schiena e non potrai piú camminare per il resto della tua vita, che
non sarà affatto lunga perché ci penserò io. Chiaro?»
«Poetico come sempre, Vaughn.» L’agente le diede uno schiaffo in pieno volto,
poi un calcio negli stinchi. Irina cadde a terra. «Rialzati! Oggi faccio sul
serio, puttana!» La donna si tirò su appoggiandosi al muro mentre Vaughn la
guardava minaccioso.
«Irina, alles in ordnung?»
«Ja, alles gut, Viktor. Und du?»
«Wer ist dieser Mann?»
«Ein mein Freund. Ich nehme eine Auskunft über eine Kunde, eine Frau ungefähr
30 Jahre alte. Sieh diese Foto.» L’uomo di nome Viktor prese in mano la
fotografia di Sydney e la guardò attentamente.
«200.000 €.»
«Lächerlich. 20.000.»
«20.000 ist lächerlich. 150.000»
“Non tirare sul prezzo, non fare la s*****a adesso.” Pensò Vaughn.
«70.000.»
«90.000.»
«Gut. Und dann?»
«Diese Mädchen kam hier vor fünf Monate mit einem Kind.»
Viktor Goß non teneva mai gli originali dei documenti –e, per inciso, non
parlava mai dei suoi clienti ma Irina gli aveva salvato la vita e per lei fece
un’eccezione. Il falsario si ricordava che Sydney, capitata lì 5 mesi prima,
voleva dei documenti d’identità svedesi con residenza a Göteborg ed un porto
d’armi. Goß era il migliore fornitore di documenti in tutta l’Europa perché
oltre che un abile falsario era anche un pirata informatico in grado di
penetrare nei database di governi, ministeri, uffici della motorizzazione e
questure e creare identità inesistenti di modo che i suoi clienti
avessero un riscontro valido nel caso che i loro documenti venissero
controllati.
«Come fai a fidarti di uno così?»
«Pensaci: una ragazza-madre bianca in quale Paese fuori della portata della
diplomazia degli USA o delle grinfie della Convenzione può far sparire le sue
tracce?»
«Svezia o Svizzera. Ma lei non sa lo svedese, sarebbe piú sensata la Svizzera.»
«Una giovane donna col bambino da’ meno nell’occhio in Svezia dove molta gente
nasce al di fuori del matrimonio e poi sia Sloane che la CIA conoscono bene la
Svizzera.»
«Ed in Svezia dov’è che ci si potrebbe nascondere meglio?»
«In una grande città.»
«Come Stoccolma, ma lì sarebbe troppo scontato ed alla portata di agenti
internazionali; allora a Göteborg, abbastanza popolosa per non dare nell’occhio
ma fuori da qualsiasi contesto operativo della CIA o della Convenzione. Altre
grandi città in Svezia non ce ne sono [8].»
Vaughn ed Irina uscirono dal covo di Goß. Era ormai sera.
«Bene. Direi che è stata una giornata proficua: ho ucciso Katja e Nevėrin ed ho
saputo dove inizare a cercare.»
«Guardi che non riesce ad irritarmi, sa?»
WASHINGTON
Gli infedeli.
Gli esseri piú vicini alla m***a che esistessero.
La tradizione riconosceva due tipi di infedeli, la Gente senza il Libro, cioè i
pagani come i cinesi e gli indù, che non conoscevano nemmeno uno dei profeti
che avevano preceduto Maometto, la pace sia con lui, e la Gente del Libro, cioè
coloro che pur conoscendo i profeti non volevano ammettere l’autorità della
Rivelazione fatta da Dio a Maometto: costoro erano i cristiani, gli ebrei ed i
zoroastriani.
A Fatih Mehmed sembrava il caso che la tradizione dovesse venir perfezionata
coll’introduzione di una dicotomia all’interno dell’ultima categoria, fra la
normale Gente del Libro e gli occidentali corrotti. Sebbene gli indiani, i
russi, i greci e gli slavi avessero combattuto l’Islam quanto gli occidentali,
questi ultimi erano però degenerati ad un tale stato di corruzione da
distruggere non soltanto quei (pochi) buoni costumi che avevano ma addirittura
a contagiare gli altri popoli, portando i loro usi infami addirittura
nell’Islam e nella Terra Santa, tentando di plagiare i buoni credenti,
d’infangare il reverendo nome di Maometto e di rendere tutti quanti schiavi
della loro presunta forza. Che schifo.
Il mondo era diventato un vero m***aio da quando gli occidentali debosciati
avevano iniziato a propagare la loro lebbra, sì, una lebbra che infettava il
cuore e la mente delle persone e che faceva cadere in pezzi le società,
decomponendole quando erano ancora in vita. Colla televisione e gli altri mezzi
di comunicazione gli infedeli avevano tentato di distogliere dalla retta via
milioni di persone non meno che con la guerra ed il denaro: e quanti mussulmani
erano rimasti contagiati o, ribellandosi, erano stati uccisi!
I piú indegni erano quei falsi credenti (e quanto disprezzava gente di quello
stampo Maometto- la pace sia con lui!) che, totalmente corrotti nel loro animo,
collaboravano col nemico per opprimere la povera gente: costoro non meritavano
la morte meno dei porci occidentali.
Ma qualcuno che combatteva c’era ancora e l’Islam stava finalmente iniziando a
reagire colpendo i bastardi nel loro stesso territorio: quel bin Ladin aveva
iniziato un movimento del quale forse non avrebbe visto la fine ma che avrebbe
unito i veri credenti sotto un’unica bandiera per lottare contro l’invasore
maledetto, costringendolo a combattere una guerra che non avrebbe potuto
vincere, portandolo ad impelagarsi in scontri in tutto il mondo, contro tutto
l’Islam. Fra costoro apparteneva lui, Fatih Mehmed, nato in una nazione di nome
islamica ma da anni tanto pervertita nel male dall’infame rinnegato che si
faceva chiamare “Padre dei turchi” [9] da desiderare di
entrare nella cerchia degli stati crociati (e ci era pure vicina!). Fatih si
era salvato dalla corruzione occidentale grazie al nonno paterno, Selim, che
gli aveva insegnato il rispetto del Corano e dei precetti islamici; Mehmed
aveva poi avuto la fortuna di incontrare l’imam Qanuni Suleyman, un uomo di
dio, che gli aveva aperto gli occhî su come gli occidentali indecenti
cercassero di traviare verso il vizio e la debolezza i paesi dell’Islam.
Mehmed era un ottimo tiratore, l’aveva anche detto il suo istruttore
nell’esercito turco (un rinnegato che beveva alcolici nonostante i precetti del
Corano), si era ulteriormente addestrato nei campi dell’Internazionale islamica
ed aveva già messo a segno un paio di colpi contro i mercenarî degli infedeli
nei monti del Kurdistan e dell’Afganistan; riusciva a colpire un obiettivo a
900 m con un fucile cal. 7,62 NATO ma non aveva mai provato a sparare con un
12,7x99: era una munizione da mitragliatrice pesante in grado di arrivare fino
a 2 km e di attraversare una leggera blindatura, che con un fucile particolare
aveva una gittata utile di 1,5 km. Questo fucile, un Barrett Mk3, era stato
consegnato a Fatih da Mu’awiyya bin Umayya, un ğihadista iracheno che era il
capo della cellula alla quale apparteneva anche Fatih. Bin Umayya se l’era
procurata in Iraq; a Mehmed aveva detto che un gruppo dei suoi aveva ucciso un
tiratore scelto americano, gli aveva sottratto l’arma; cosa vera, ma non
sarebbero mai riusciti a trovarlo se un misterioso militare americano non
avesse rivelato la postazione del cecchino. Mu’awiyya s’era insospettito ed
aveva fatto ricerche; alla fine era venuto fuori che c’era dietro un complotto
negli alti vertici degli americani infedeli. Fatih Mehmed, invece, non aveva
fatto domande e s’era limitato a chiedere il bersaglio: John Kerry, presidente
degli USA.
Fatih si era esercitato per mesi col 12,7 assieme ai suoi due compagni prima di
partire per l’America, ora era a Washington, la capitale dei miscredenti, e
stava preparando tutto per l’attentato. Con lui c’erano suoi due vecchî amici,
da anni nella cellula: Abdülhamid e Murad, entrambi esperti di tiro in
movimento, che gli avrebbero permesso di realizzare il colpo.
GÖTEBORG
Magdalena Olin, nata a Stoccolma il 4 luglio 1977, ragazza-madre da 2 anni, si
era trasferita a Göteborg da quattro mesi ed era istruttrice in una palestra di
arti marziali. In realtà il suo nome era Sydney Bristow, era nata negli USA ed
era in fuga dalla CIA e dalla Convenzione. Aveva passato a Stoccolma il tempo
necessario ad imparare la lingua e l’inflessione locale e poi si era trasferita
a Göteborg perché Stoccolma era troppo alla portata degli agenti degli USA o
della Convenzione.
Sydney/Magdalena aveva appena messo a letto Milo (oramai si era abituata a
chiamarlo così) quando qualcuno bussò alla porta; la donna decise di non
prendere la pistola e chiese chi era.
«Het doctor.»
Il dottor Ullmann? Doveva essere venuto per una visita a casa. Magdalena aprì.
Non era il dottor Ullmann. C’era invece un uomo, biondo, abbastanza alto ed una
donna dai capelli scuri ed il mento squadrato.
«Sydney!»
Da quanto non veniva piú chiamata così! Cinque mesi se non di piú. Aveva
proibito tassativamente a suo figlio di chiamarla col suo vero nome ed anche se
qualche volta gli scappava, si correggeva subito.
Ci mise un secondo per riconoscerli. Uno era Michael C. Vaughn, agente della
CIA e suo antico fidanzato, l’altra era sua madre; Michael era parecchio
imbolsito ma aveva ancora quei bellissimi, luminosi occhî verdi mentre Irina
Vsevolodovna Derėvko aveva parecchie rughe di piú dalla piú recente sua foto
che aveva visto. Vaughn la abbracciò, stringendola talmente forte da levarle il
fiato; quando mollò la presa toccò a Irina.
«Syd! Come stai? Ti trovo bene!»
«Come avete fatto a trovarci?»
«L’importante è che tu sappia che non siamo in missione, né io né lui.»
«Chi sa dove siamo?»
«Solo noi.» In effetti ne era a conoscenza anche Viktor Goß, ma quello non
contava.
«Senti, nostro figlio… dov’è?»
«È di sopra. No, ti prego, non…»
«Voglio vederlo. Magari mentre dorme, facciamo così? Solo mentre dorme? Farò
piano.»
«Vieni con me.» Mentre Sydney si voltò per indicare la scala, Irina stramazzò a
terra di fronte a lei; Syd si voltò di scatto e ricevette un colpo alla base
del collo dal calcio della pistola di Vaughn. Cadde a terra. L’uomo salì
silenziosamente.
Vaughn non doveva essersi accorto che Sydney era ancora cosciente. La donna si
rialzò ignorando il dolore, si avvicinò a Vaughn da dietro, lo colpì ed urlò: «MILO!
SCAPPA!!!!». Mentre i due rotolavano dalla scala Milo fece come sua madre gli
aveva spiegato: rivestirsi e calare dalla grondaia perché uomini cattivi
volevano rapirlo.
Adesso Vaughn aveva perso la Tipo 64 e stava combattendo con la donna. Era piú
forte ma piú lento. Syd gli assestò un paio di calcioni e lui un pugno nello
stomaco; Syd gli sferrò un pugno in faccia, Vaughn scansò la testa, lei aprì la
mano, tirò il braccio indietro e raccolse la testa di Vaughn portando avanti il
suo tronco e colpendolo col ginocchio fra le coste. Vaughn cadde a terra
gemendo, doveva avere una costola rotta. Syd raccolse la 7,62 ma Vaughn
estrasse la Colt: ora si stavano vicendevolmente puntando due pistole cariche
addosso.
«Chi ti manda?»
«Kendall m’ha detto tutto, di chi è figlio Milo e cosa diverrà in futuro.»
«Credi a quelle s*****ate!?!»
«Sydney, ragiona: ti rendi conto cosa succederà se Milo diventerà un profeta?
Lo sai quanta gente è morta per Gesù o Maometto? O per un economista tedesco? O
per un capopopolo austriaco?» Vaughn fece una pausa. «Milioni di morti.»
«Sei pazzo.»
«Se io per salvarne due ne ammazzo uno, per me è già un guadagno [10].
Lasciami fare, Syd.»
«Stai lontano da me.»
Vaughn tentò lentamente di rialzarsi. «FERMO!»
«O mi spari o mi lasci andare avanti.» Sydney non sapeva che fare. Dopo che le
avevano cancellato la memoria per lei Vaughn era uno sconosciuto ma anche se se
la sentiva di abbatterlo, c’era il rischio che lui fosse piú veloce. «La CIA sa
tutto. Verranno a prenderti.»
«NO!»
«Non potrai nasconderti per sempre. Possiamo finirla qui, adesso oppure—»
Sydney gli sparò al braccio e Vaughn, preso dal suo discorso, non riuscì a
rispondere al fuoco quando si accorse di esser stato colpito perché la pistola
gli sfuggì di mano. Michael sentiva un fortissimo dolore al braccio. Sydney lo
colpì con un calcio in testa e poi scappò.
Ora il problema era dove nascondersi. Se l’avevano trovata in Svezia, potevano
trovarla ovunque: c’era bisogno di qualcuno che la proteggesse… un altro
servizio segreto.
Sydney uscì ed andò sul retro della casa, dove trovò Milo.
«Tutto bene mamma?»
«S-sì, c’è un problema… dobbiamo andarcene da qui ed in fretta.»
«Perché?»
«Ti spiego dopo, stai qua.» Sydney aprì l’autorimessa, balzò sulla Volkswagen e
caricò su Milo.
«Sai quegli uomini cattivi? Sono arrivati.»
«Dove andiamo?»
«Per ora mamma deve guidare, dobbiamo fare molta molta strada.» Sydney lo
guardò dolcemente. «Ma tu puoi dormire. Dormi un po’»
«Non torniamo a casa?»
«Non torneremo mai piú.»
Lo sguardo di Milo si fece triste ma non protestò. Mentre Syd entrava in
tangenziale il cellulare della macchina (ne aveva anche uno in casa) iniziò a
suonare.
Numero sconosciuto.
«Pronto?»
«Ciao Syd.» Era suo padre. «Ti dispiace venire a Stoccolma?»
WASHINGTON
Sloane era riuscito ad ottenere quattro libri ma pensava che gli fossero stati
dati piú per tormentarlo ulteriormente che per fargli passare un po’ di tempo.
Due dei tomi che gli avevano dati erano dei noiosissimi ed insopportabili libri
di economia scritti da un certo Dornbusch e nonostante tutti i suoi tentativi
non era riuscito a leggere oltre la quinta pagina ed a capire oltre la terza;
un’altra schifezza era La Repubblica di Platone, uno scrittore che Arvin non
sopportava per via della smisurata spocchia dell’Ateniese che aveva scritto le
sue opere in forma di dialogo solo per fare in modo che qualcuno gli dicesse
sempre d’aver ragione, visto che non l’avrebbe fatto nessun altro uomo che non
fosse scaturito dalla sua mente da mezza calzetta; l’ultimo degli aborti che
gli avevano passati era una raccolta delle peggiori (anche se applicare questo
termine era difficile vista la qualità delle altre) opere teatrali di Vittorio
Alfieri: “Me misera!…Ove sono?/ Ove mi ascondo?… Ove morir?—Ma il brando tuo mi
varrà…”: ma guarda tu se uno deve scrivere in quel modo! Comunque a qualcosa
erano serviti quei libracci, dal momento che uno degli altri tormenti cui
Sloane era sottoposto era la carenza di carta igienica.
Quando Sloane vide entrare nella sala dov’era detenuto il direttore della DIA,
Clifford, sorrise perturbando il suo volto con un mare di rughe. «Buon giorno
direttore, mi fa sempre piacere ricevere visite.»
«Altrettanto non posso dire io, quando la vedo. Fonti della NSA temono in un
attentato contro il presidente.» Evidentemente Clifford e Thornton temevano che
qualcosa fosse trapelato del loro piano.
«I ğihadisti ne parlano un giorno si ed uno no, non c’è troppo da
preoccuparsi.» Non esagerate colle paure, di ‘ste voci se ne sentono mille al
giorno.
«Saprà, signor Sloane, che non vengo qui per fare chiacchiera ma per parlare di
cose concrete; i nostri timori sono fondati.» Il rischio che ci becchino c’é.
«Queste cose dovreste prevederle meglio di me.» Siete due fessi se non siete
capaci di tener nascosta una cosa del genere.
«Quali gruppi, a suo parere, sono in grado di osare tanto?» Su chi possiamo far
ricadere la colpa per distrarre l’attenzione da noi?
«Direttore Clifford, sa bene che la mia conoscenza del mondo sommerso del
terrorismo si assottiglia progressivamente da che sono qui rinchiuso, tuttavia
vedo in al-Qa’ida, Basaev, Abu Sayyaf, Hamas e la Convenzione dei possibili
organizzatori di un colpo simile, sia che si tratti di una bomba che di
cecchinaggio.» Potete incriminare questi qua.
«Le sue informazioni sono preziose; mi aspetto un elenco di nomi e di indirizzi
cui rivolgerci per le indagini. Buongiorno.» Bravissimo, ci ha salvati, produca
un po’ di materiale col quale intorbidire le acque.
«Allora arrivederla… ah, la prego, vorrei farle una richiesta..» Dacché vi ho
aiutato, ho diritto a qualcosa.
«Cosa?»
«Potreste fornirmi un lettore CD con un po’ di musica lirica?»
STOCCOLMA
«Sydney, è da tempo che ti volevo dire questa cosa. Trovarti è stato molto piú
difficile di quanto pensassi.»
«Ho fatto di tutto per far perdere le mie tracce. Mamma è morta.» Jack non le
era mai parso così stanco, probabilmente sarebbe andato in pensione tra qualche
anno.
«C’è una cosa che devi sapere… è estremamente importante e potrebbe liberarti
dalla tua maledizione.»
«Sei riuscito finalmente a capire come mai tutti credano che io sia la
prescelta nonostante abbia scalato il Subasio?»
«Esatto, perché non hai scalato il Subasio—
«Cosa? E CHE C***O HO SCALATO ALLORA?!?!»
«Hai effettivamente scalato un monte di nome Subasio, tuttavia non è, anzi, non
era l’unico a portare quel nome. Come sai Milo Rambaldi era nato vicino a Parma
ed alcuni documenti medievali attestano l’esistenza di un monte chiamato
Subasio nell’Appennino emiliano, quindi il monte di cui parlava l’italiano nel
suo diario non era quello vicino ad Assisi ma quello nella provincia di Parma.»
«Quindi… ce n’erano due?»
«E hai scalato quello sbagliato.»
«Devo partire immediatamente per l’Italia.»
«Lo immaginavo ed ho già stabilito un protocollo. Il tuo problema è che non sai
quale monte sia il Subasio perché di questo nome se n’è persa la traccia in età
moderna, tuttavia ho condotto alcune ricerche, sono riuscito ad isolare quattro
località papabili, le dovrai visitare tutte per essere sicure. Dopo
Ti seguirò a distanza, prenderò il tuo stesso volo ma starò in un’altra classe
e ti precederò sulla strada verso il monte, per evitare rischî.»
«E Milo?»
«Beh -io me lo ricordo ancora come Jack- gli troverò un posto sicuro. Ho un
sacco di gente che mi deve dei favori e che me lo può tenere.»
Sydney era un po’ perplessa. Aveva lasciato suo figlio solo per brevi periodi
mentre questa missione sarebbe durata alcune settimane.
«Ricordati che questo lo fai anche per lui, lo libererai dal peso di una
profezia che lo vuole anticristo.»
Jack accarezzò il viso di Sydney, che sorrise. Finalmente la verità, finalmente
la libertà. Ora sarebbe finita.
«Senti Syd, ancora una cosa… mi faresti vedere un momento mio nipote?»
AREA 52 DEL GOVERNO FEDERALE
Il gen. Thornton entrò nel sottolivello 33 della piú segreta base militare
americana, gestita dall’aviazione e nascosta da qualche parte nei monti
Cheyenne; in quel posto tenevano le cose piú strabilianti sulle quale il
governo avesse messo le mani e le armi piú devastanti che avesse mai
realizzato. Thornton stesso non poteva accedere ad alcuni livelli senza
un’autorizzazione del presidente –cosa assurda, dal momento che era il suo
ministro per la difesa- e piú volte si era messo a fantasticare su cosa diavolo
tenessero lì dentro: quel posto era entrato nella leggenda, ogni tanto si
sentiva di spostamenti di truppe inviate verso l’Area 52 non si sa bene perché;
un paio di volte erano anche morti dei soldati e Thornton non scoprì mai per
cosa. Probabilmente Godzilla a giudicare dalle porte blindate di uranio
impoverito rivestite di piombo che dovevano pesare diverse tonnellate; ad ogni
venti metri di corridoio era posta una bacheca contenente un M16A2 carico che
si poteva aprire con un tesserino a disposizione di tutti i soldati della base.
Alcune pareti del sottolivello presentavano segni di bruciature, come se
avessero subito un attacco, ma da chi gli era completamente ignoto visto che
nessun gruppo era mai riuscito a penetrare lì dentro senza che il governo lo
venisse a sapere: come facevano dei nemici ad essere arrivati fin lì,
attraversando mezzo paese in armi e senza farsi notare? E poi cos’era
quella misteriosa scritta che campeggiava in ogni stanza: “SPARARE A VISTA A
QUALSIASI XENOMORFO NON AUTORIZZATO”? Che diamine era uno xenomorfo? che lui
sapesse, i dischi volanti –in realtà velivoli sperimentali supersegreti-
facevano finta di tenerli nell’aria 51, a Roswell.
«Buongiorno signor ministro.»
«Buongiorno signor generale.» Il generale a tre stellette Hammond era il
comandante della base: era un uomo grassottello, completamente pelato e dalla
faccia volpina. I due si davano reciprocamente del “signore” perché erano pari
grado.
«Secondo le sue insistenze, ho trasferito il nostro miglior fisico, il cap.
Carter, al caso Rambaldi, ed ha fatto delle scoperte molto interessanti sul
macchinario, signore.»
«E cosa, signore?»
«A dire il vero io non ci ho capito niente, comunque questo è il rapporto,
signore.»
«Non posso parlare col capitano, signore?»
«Al momento è in un altro pia—è stato inviato in una missione della quale non
sono autorizzato a farle sapere senza l’autorizzazione…»
«Ho capito, ho capito.» Thornton sfogliò rapidamente il rapporto fino a pag. 5,
che lesse attentamente e così quella successiva.
«Per le palle d’una gran puttana!» Antonio la puoi sostituire con un piv
gastigato: “santo cielo!”
«Che c’è, signore?»
«Niente di cui sono autorizzato a farle sapere, signore.»
Figlio di puttana d’un Rambaldi! Quel dannato macchinario era in grado di
produrre antimateria! «Bene, portate tutto a Washington.»
WASHINGTON
Che paese del c***o gli Stati Uniti: gli americani si lamentavano che erano
tutti sovrappeso e poi non mangiavano altro che schifezze. Bah, infedeli: un
motivo in piú per respingerli. Mehmed ed i suoi due compagni stavano mettendo a
punto gli ultimi dettagli per l’attentato a Kerry: tra un paio di giorni
sarebbero stati in grado d’agire. Murad era il piú entusiasta: diceva che dopo
le torri gemelle gli americani avevano capito cosa si provava a venire colpiti
dal cielo come loro avevano fatto in Iraq; che dopo Baltimora avevano capito
cosa si provava a veder distrutta una città come loro le avevano distrutte in
Iraq; che dopo l’uccisione del loro presidente avrebbero capito anche cosa si
provava quando i proprî capi vengono assassinati perché sono invisi ai disegni
di altri. Mehmed invece era contento perché il tiro del Barrett gli avrebbe
permesso di starsene a piú di un km e mezzo dal bersaglio e conseguentemente di
scappare indisturbato dopo avere messo a segno il colpo: c’era solo una cosa
piú appagante di aver preso a calci nel sedere il nemico nei suoi possedimenti:
dopo farla franca in barba alle migliaia dei suoi sgherri e tornarsene a casa
da eroe. Mehmed contava di mettere a segno molti altri colpi per il mondo nella
Guerra Santa contro l’infedele e di raccontare ai nipotini come fece secco il
capo dei cattivi.
MONTE CASTELLO
«Così questo è uno dei possibili Subasî.»
«Il primo dei quattro. Arrivare in cima non sarà facile, la strada s’interrompe
a 300 m dalla vetta e non ci sono sentieri: io non sono un buon scalatore e non
ho potuto continuare. Dovrai arrampicarti su.»
«La cosa non mi spaventa.»
«Teniamoci in contatto radio: sarò pronto a chiamare l’elisoccorso. Non voglio
che tu t’ammazzi cadendo mentre cerchi di salvare la tua vita. Qua c’è tutto il
materiale per la scalata.»
Suo padre era stato proprio premuroso, le aveva preso tutto l’occorrente: funi,
piccozza, zaino, stivaloni, radiolina, indicatore di posizione, ecc.. Sydney
iniziò la scalata che erano le nove del mattino. L’aria era fresca ed il cielo
limpido sembrava invitare alla scalata della vetta per poter ammirare il corso
dell’Enza, che bagnava le pendici del monte. Sydney ascendeva di buona lena ed
alle dieci era già a 200m dalla sommità: sicuramente era la voglia di libertà,
la consapevolezza che le sue fatiche erano giunte oramai alla fine a—
Apparve un elicottero nel cielo, che si avvicinò al monte. Dopo aver
volteggiato su di lei per un certo periodo di tempo, scesero due corde dalle
quali calarono lentamente due commandos.
NON ERA POSSIBILE!
Sydney capì subito cosa volessero e cominciò a salire in fretta, sempre piú
rapidamente.
Le stavano alle spalle, l’avrebbero ghermita come un gufo che acchiappa un
topolino.
Sydney stava scalando alla disperata, a quel punto non le importava di
precipitare.
Erano sempre piú vicini, urlavano qualcosa che lei non riusciva a capire perché
coperto dal frastuono dell’elicottero. Sydney poggiò male il piede, la roccia
sotto di lei franò e si ritrovò appesa per una mano.
NO!
Mentre tentava di riprendere il controllo della situazione, uno dei commandos
le balzò addosso, aggrappandosi a lei che si divincolò disperatamente, tentando
di staccarsi, ma si sentì sollevare, era la fune che veniva tirata su.
Sydney tirò un paio di gomitate che presero il giubbotto dell’uomo attutendo il
colpo, quindi tentò di colpirlo sul collo: oramai era per aria, se l’avesse
lasciata sarebbe morta ma preferiva precipitare. Syd sentì allentare la presa e
per un attimo scivolò giù rasente all’uomo, poi rimase impigliata alla sua
cintura collo zaino.
NON PUÓ ESSERE VERO!
L’uomo si riprese e la strinse nuovamente, stringendola stretta per cercare di
farle perdere il fiato ma Sydney continuò a lottare… finché anche l’altro uomo
le venì addosso, sbattendo contro il primo: con una mano la afferrò, coll’altra
iniziò a picchiarla sulla testa. Impigliata come una salsiccia fra due pezzi di
pane, Sydney venne trascinata a bordo dell’elicottero, afferrata da altre mani
che la strinsero e la legarono; uno dei due appesi si sedette sopra di lei
impedendole di muoversi.
«Ce l’ho, puoi andare!»
Sydney allora tentò l’unica cosa che le rimaneva da provare: si voltò guardando
in alto, cercando di vedere “la bellezza del cielo dietro monte Subasio” ma un
attimo prima di poter intravedere qualcosa dai finestrini una mano le calò
sugli occhî una benda e poi un cappuccio.
NOTE
1- Parallelo ad "Alias" a sua volta parallelo alla
realtà.
2- Vedi "La trattativa".
3- Tutte cose che capitano nei miei racconti.
4- Pistola cal. 7,62 mm di fabbricazione cinese.
5- Vedi "Quando Syd tornò a lavorare per Sloane".
6- La Colt Government ha una capacità di 7 colpi ma
Vaughn ne tiene solo 6 per non stancare la molla del caricatore.
7- Catena di autonoleggio.
8- Tutte le altre città svedesi non hanno piú di
200.000 anime.
9- Mustafà Kemal prese il potere in Turchia nel
1922, introducendo una serie di riforme per portare la nazione al livello dei
Paesi europei (abolizione dell’alfabeto arabo e della poligamia, divieto di
portare il fez, ecc.). si faceva chiamare ‘Atatürk’ cioè ‘padre dei turchi’..
10- Frase volutamente sgrammaticata. |