PREFAZIONE
In questo racconto si parla della situazione della Bosnia-Erzegovina e di
Cipro, quindi introduco qui alcune informazioni sull’argomento.
LA BOSNIA
Nel 1992 la repubblica federata di Bosnia-Erzegovina proclamò la propria
indipendenza dalla Iugoslavia; a volere l’indipendenza erano soprattutto
le componenti croata e mussulmana della popolazione; i serbi bosniaci
proclamarono a loro volta una propria Repubblica indipendente dal resto
della Bosnia con lo scopo di farsi riannettere da Belgrado. Ne seguì una
guerra civile conclusasi definitivamente nel 1996, ma già l’anno prima
Clinton, Tudjman e Milošević si erano messi d’accordo a nome delle parti
in lotta [1] ed avevano deciso di dividere la Bosnia
in due entità: la Federazione croato-mussulmana e la Repubblica serba. I
mussulmani ricevettero aiuti dagli Stati Uniti, dall’Arabia Saudita e da
altri Paesi musulmani [2]; fra l’altro, giunsero 4000
muǧāhiddin ed insieme con loro delle Guardie della Repubblica islamica;
costoro addestrarono fra i 3000 ed i 5000 bosniaci e dopo la pace del 1996
non tutti partirono.
Presidente della Bosnia-Erzegovina dal 1990 al 2000 fu Alija Izetbegovič,
mussulmano, che nel 1946, nel 1983 e nel 1988 venne imprigionato dal
governo iugoslavo per attività sovversive di stampo panislamico.
CIPRO
Cipro, indipendente dalla Gran Bretagna dal 1960, nel 1974 venne divisa in
due parti a séguito di un intervento militare turco: al centro ed a sud
una repubblica a maggioranza greca ed a nord una repubblica a maggioranza
turca, riconosciuta dalla sola Turchia. A tutt’oggi i britannici hanno due
basi militari sull’isola, nel settore greco: a Dhekélia ed Akrotíri.
Nell’immaginaria linea temporale della mia storia il Regno Unito ha deciso
di evacuarle per ragioni di tagli al bilancio così i greco-ciprioti,
seguendo un canovaccio tipicamente huntingdoniano, hanno proposto alla
Federazione Russa di prenderle in affitto. Questa mossa era vantaggiosa
per tutti e due [3].
AFGANISTAN
Il Paṣtunistan (che potete trovare scritto anche Pushtunistan,
seguendo la forma dari) è così detta quella terra che comprende le
Aree tribali e la Frontiera nordoccidentale del Pakistan e quasi metà
dell’Afganistan. Paṣto e dari (detto anche persiano orientale) sono le due
lingue piú parlate in Afganistan e sono anche le lingue ufficiali di quel
Paese.
Maḥmūd di Ġaznī era un monarca afgano discendente da una dinastia di ex
servi turchi che regnò dal 998 al 1030; compì diverse incursioni
nell’India pagana che vennero celebrate da poeti e storici. Il suo palazzo
principale era a 5 km da Ġaznī ma ne aveva anche uno in città.
La cerimonia dell’incoronazione me la sono inventata di sana pianta. Fra
l’altro, non so se la palma cresca in Afganistan: se no, fate conto che le
foglie di palma che portano durante la cerimonia siano di carta.
Non c’è uno di loro che nelle sue case
non abbia un servo che lavori segretamente per me.
G. Shakespeare, Macbeth, atto III, scena 4a
CAPITOLO 1
LOS ANGELES
Dixon quella mattina era abbastanza allegro, tanto che si mise a scambiar
battute con Flinkman entrando nella sala riunioni; evidentemente la
squadra di suo figlio Steven doveva aver vinto qualche importante partita
nel locale campionato amatoriale. Quando Syd arrivò però Dixon si fece
serio e si schiarì la voce. Sullo schermo della sala apparì la foto di un
agente della CIA.
«Questi è l’agente Steven Tomasević della Sezione Iugoslava del
Direttorato alle Operazioni CIA. La famiglia paterna lascia la Croazia nel
1945 ed emigra negli Stati Uniti; conosce il serbocroato ed i suoi varî
dialetti e dal 1993 opera in Bosnia. Faceva parte dei collaboratori di
Alija Izetbegović; il suo còmpito era quello di sorvegliare le attività
degli estremisti islamici in Bosnia, specialmente dei muǧāhiddin e delle
Guardie islamiche lì rimaste dopo il 1996 e dei bosniaci da loro
addestrati. Lunedì scorso era a Sarajevo ed il giorno successivo avrebbe
dovuto incontrare un suo contatto a Dobro Polje ma non si presentò
all’appuntamento; da allora non è stato piú visto né sentito. Non abbiamo
idea né di chi l’abbia preso né dove esso sia detenuto.»
Lauren ci teneva a dire la sua. «Il perché invece mi sembra piuttosto
evidente e proprio per questo il CNS sconsiglia di partecipare ad una
missione di recupero. A quest’ora sarà con ogni probabilità morto e mi
sembra inutile mettersi a cercarlo; se fosse ancora vivo, chi l’ha rapito
avrebbe già avanzato una proposta di scambio di prigionieri.»
«Cionondimeno la nostra filosofia è quella di non lasciare mai nessun
disperso e Langley mi ha chiesto la collaborazione di Eric al caso;
infatti l’ag. Weiss era compagno di corso di Tomasević ed ha svolto con
lui alcune missioni nel ’97 e nel 2000.»
«Per me non c’è problema, sarà bello rivedere il vecchio Steven.»
«Agiranno con te Sydney e Vaughn. Partirete domattina; arrivati a Sarajevo
incontrerete il contatto che Tomasević era andato ad incontrare: Tvrtko
Kotromanić; prima del 1991 lavorava per il KOS, il controspionaggio
iugoslavo, poi passò ai bosniaci ed organizzò l’arrivo di muǧāhiddin
dall’Algeria.»
«Quindi potrebbero esser stati i serbi od i bosniaci a rapire l’ag.
Tomasević.» Puntualizzò Jack Bristow.
«Potrebbero esser stati anche i croati, al-Qa’ida o la Convenzione; ognuno
di loro ha un buon motivo per togliere di mezzo un agente CIA, ma forse i
croati sono i meno interessati.»
«Potrebbe esserci lo zampino della Convenzione?» Scattò Lauren.
«I Balcani sono uno dei settori dove la Convenzione razzola meglio, ma non
è detto. Quanto ai croati, erano interessati ad avere un canale
preferenziale con noi per poter controllare a loro vantaggio il flusso di
informazioni su mussulmani e serbi quindi Tomasević poteva dar loro
fastidio perché era una fonte indipendente di notizie, ma è difficile che
si siano spinti fino ad assassinare uno dei nostri, perdipiú del loro
stesso sangue. Avrebbe comportato troppi rischî politici. L’alias di
Tomasević era Amar Šubić ed è con questo nome che Kotromanić lo conosce.
Veniamo alla missione di Jack. Il governo greco-cipriota ha concesso ai
russi di utilizzare le basi militari sul proprio territorio evacuate dai
britannici. Il nostro governo e quello turco hanno fatto di tutto perché
le basi non finissero in mano ai russi ma tutto è stato vano, così adesso
i russi stanno portando lì 2 divisioni di fanteria, 4 squadriglie aeree,
12 navi di vario tipo e stanno costruendo una stazione per lo spionaggio
radio ed elettronico; in piú, le nostre fonti a Nicosia ci riferiscono che
il governo ha concesso ai russi di posizionare sul monte Olimpo [4]
due installazioni missilistiche a lungo raggio e le ricognizioni sono
appena finite, tra poco incominceranno i lavori di costruzione.
I turchi, dal canto loro, hanno inviato altri 10.000 uomini nella
repubblica di Cipro del Nord, che, come sai, il 12 gennaio scorso è stata
ufficialmente riconosciuta dagli Stati Uniti e da Israele per ripicca ai
russi.
Ti fingerai un turista britannico; dovrai concordare i dettagli
dell’operazione col tuo contatto.»
«Benissimo… e chi sarà?»
«Si chiama Thoukídidis Peloponnisiakós…»
«E che nome è?»
«Non ci crederai ma è il suo vero nome, non è un alias. Peloponnisiakós ti
aspetta a Nicosia e ti porterà a Limassol. Se ti prendono, è lui la fonte
che ci ha rivelato in anticipo le mosse dei russi. Dovrai stare a Cipro
per un po’ ed attendere istruzioni.»
«Il CNS pensa che si possa organizzare una squadra di attentatori contro
gli operaî che lavoreranno al cantiere delle basi missilistiche di modo da
causare un “incidente” con qualche morto; per i russi sarebbe un chiaro
segnale di lasciar perdere. Gli Stati Uniti non vogliono che il loro
principale alleato in zona possa venire minacciato da una potenza
straniera, soprattutto adesso che i turchi hanno smesso di perseguitare le
minoranze.»
«Bene.»
«Allora, Syd, Vaughn e Weiss partono questo pomeriggio; Jack, tu parti
alle otto di stasera.»
Zisman guidava tranquillo la sua Ford Taurus, controllando di tanto in
tanto se qualcuno lo seguiva; Lauren, seduta a fianco a lui, accese un
dispositivo in grado di disturbare eventuali cimici ed iniziò il suo
rapporto.
«La CIA ha perso un suo uomo in Bosnia, Tomasević; non sanno chi sia stato
ma mandano Weiss, Sydney e mio marito; s’incontreranno con un certo Tvrtko
Kotromanić che lavora per i bosniaci. Questo Kotromanić si occupa dei
muǧāhiddin e passava informazioni a Tomasević. Siamo stati noi?»
«Anche se fosse, a lei non deve interessare.»
«I russi vogliono mettere delle basi missilistiche sull’Olimpo e Jack
Bristow sta andando lì. Il suo contatto si chiama Thoukídidis
Peloponnisiakós ma non è la fonte di questa informazione. Fra l’altro, il
fine ultimo della CIA è di fare qualche attentato ai cantieri delle basi.»
«Veramente ottimo.» Sark emerse dai posti dietro.
«Che ci fai qua? Vuoi farci scoprire?»
«Tranquilla, sto solo controllando che l’apparecchio anti-cimice funzioni;
ho… preso in prestito io i progetti per costruirlo.» Sark teneva in mano
una piccola trasmittente e nell’altra la sua ricevente.
«Funziona anche a 70 cm di distanza e non fa neanche venire il cancro.
Eccellente. Hai pensato a quella cosa che ti ho proposto?»
«Te l’ho già detto, non funzionerà mai.»
«Non funzionerà o non la vuoi fare?»
«Se ci saranno sviluppi ti farò sapere.» Lauren chiuse il discorso.
«Ed intanto non mi hai risposto.» Sark lo riaprì.
«È troppo azzardato.»
A quel punto s’intromise Zisman. «Non sta a lei valutarlo, lei deve
eseguire i nostri ordini e basta indipendentemente dal fatto che le
possano fare schifo o sembrarle difficili. Si ricordi che lei è l’agente
piú pagato di tutta la Convenzione.»
«Lo so bene. Tornando a bomba, non sarà difficile, sarà impossibile…
sedurre Sydney Bristow!»
Dopo che Lauren scese, Zisman si rivolse a Sark: «Adesso che non c’è il
nostro infiltrato può anche spiegarmi il perché del suo piano.»
«Negli ultimi tempi la Bristow e Vaughn si sono riavvicinati; come può ben
capire la Reed rischia di perdere il marito, rischiando di vanificare il
piano principale della Convenzione; ho pensato che confondendo l’identità
sessuale di Sydney Bristow potremo allontanarla da Vaughn o quantomeno
guadagnare tempo.»
«Ma perché la Reed?»
«È la meglio qualificata per un lavoro simile. Lo sa come ha fatto
carriera nel CNS, oltre che grazie alle raccomandazioni del padre?»
SARAJEVO
La casa scelta dal loro contatto per incontrarsi era poco più che una
rovina, crollata sotto i bombardamenti della guerra e non ancora
restaurata. Era in un quartiere periferico parzialmente abbandonato e le
case intorno non erano messe meglio.
Kotromanić era in anticipo. Non si presentò ma si limitò a chiedere la
parola d’ordine:
«Volite li pusiti?» (le piace fumare?)
«Ja sam strastan pušač.» (Io sono un fumatore accanito)
«Jeste li Weiss, prijatelj Amar?» (Lei è Weiss, l’amico di Amar?)
«Da, jesam.»
«Le dispiace se parliamo inglese? Io non capisco il serbocroato e vorrei
seguire il discorso.» Chiese Vaughn.
«Ah, non c’è problema, io so parlare molto bene la vostra lingua. Allora,
ho svolto indagini su Amar e nessuno sa dove lui è. Come voi sapete bene
lui doveva venire da me a Dobro Polje, è una strada poco trafficata ed è
facile attaccare e rapire una macchina isolata. Io non credo siano stati i
miei perché se no adesso io sarei già morto. Secondo voi neanche i croati
quindi direi i serbi, ma non capisco perché. Oramai la guerra è finita e
loro sono interessati quanto voi che estremisti siano sorvegliati, e se
volessero far ricadere la colpa su di loro, allora perché cadavere di Amar
non è stato ritrovato?»
«Potrebbe aver scoperto qualcosa che ha spinto qualche gruppo a
liquidarlo.»
«E qui la… oh, kako se kaže?… facenda diventa strana. Io ero l’unico suo
contatto con muǧāhiddin ma quando il 26 parte da Sarajevo un aereo verso
Pakistan, io chiedo al mio capo, Ahmed Acomat, “cosa fanno i nostri amici
muǧāhiddin?” Ora, lui mi fa: “niente, non ti deve interessare”. Lui mi
dice sempre tutto ma questa volta no.»
«Quindi potrebbe darsi che Šubić abbia scoperto qualcosa sui muǧāhiddin,
sia stato rapito e caricato su un aereo verso le loro basi in Pakistan?»
«Potrebbe. Ma io non capisco cosa diavolo lui può scoprire senza di me che
ero l’unico contatto suo.»
«Potrebbe essersi esposto ed esser caduto in una trappola.»
«Difficile. Non è suo stile.»
«È vero -confermò Weiss- lui era uno che non faceva mai mosse azzardate.»
«Ma stavolta può averlo fatto. Dovremmo controllare all’aeroporto.»
«Farete prima a seguire Acomat, è lui che si occupa delle spedizioni dei
nostri “alleati”. Ah, a proposito. Visto che Ahmed non è stupido, caso vi
beccasse e me con voi: siete dei commercianti bulgari di armi, in un
magazzino a Brčko avete tre casse piene di granate da 30 mm ma non
sapevate a chi rivolgersi per venderle. «
«E queste casse esistono veramente, casomai mandi a controllare?»
«Certo. Sono di quel serbo mio zio Stevo che non è ancora riuscito a
venderle. A proposito, vi servono? Sono per AGS-17 russi.»
«No grazie. E se intanto suo zio le vende?»
«Siete morti.»
CAPITOLO 2
Piazzare una cimice nell’ufficio di Acomat fu molto facile perché
Kotromanić vi aveva libero accesso; anche controllarne i conti bancarî fu
uno scherzo, per Marshall. La cimice servì a poco ma la CIA scoprì che un
ignoto benefattore aveva versato 2.600.000 € sui conti del capo dei
servizî segreti croato-bosniaci. L’ultimo versamento, da 300.000, era
recente di 12 minuti e Flinkman pensò bene di spostarlo su di un conto
protetto dell’Agenzia per muovere un po’ le acque.
NICOSIA
«Signor Comyn? Io sono Peloponnisiakós.»
«Molto piacere. Mansfield Comyn.»
«Come d’accordo, ci trasferiremo a Limassol, che è piú vicino alla zona da
sorvegliare. Lì vuole prendere una stanza d’albergo o preferisce affittare
un appartamento? Le consiglio la seconda perché costa poco e gli alberghi
a Limassol non sono granché.»
«Vedremo. Ha una macchina qui fuori?»
«Certo, ho un tassì. Mi segua, prego.»
Strano. Di solito i contatti locali della CIA o usavano la propria
macchina o si travestivano da tassisti per poi raccogliere il proprio
agente senza dare nell’occhio. Certo, potevano esserci casi eccezionali ma
questo non sembrava tale a Jack: a Nicosia non c’era né scarsità di
automobili né penuria di benzina.
«Le spiace aspettare un momento? Devo ritirare dei documenti segreti in
una nostra “casa sicura” vicina all’aeroporto.» Gli agenti CIA di solito
non si portavano dietro armi durante i voli ma avevano dei nascondigli
vicino agli aeroporti dove trovare una pistola; se l’aeroporto era in
mezzo alla campagna allora seppellivano una scatola con l’arma nel terreno
in qualche punto che chi sapeva lo potesse rinvenire facilmente; se
l’aeroporto era vicino a degli edifici, in qualche angolo ben nascosto
come sotto il pavimento od in un mobile dal doppio fondo. Jack non si
fidava troppo e voleva andare appunto in una delle case vicine per
prendere la pistola.
«La accompagno in macchina?»
«No, vado a piedi. Faccia attendere il tassì, è a due isolati.» In realtà
era piú lontana, ma Jack voleva vedere se l’altro ci cascava. «Mi aspetti
sulla macchina.»
«Come vuole, signor Comyn.»
Jack uscì dall’ingresso principale e girò nelle strade a vuoto per un po’
per vedere se nessuno lo seguisse, poi entrò in una casa aprendo la porta
con una chiave che gli avevano dato assieme alle cartelle da studiarsi in
viaggio. Salì al piano superiore, entrò in una stanza non piú grande del
bagno di casa sua e si chinò per cercare la tavola di legno sconnessa
sotto la quale c’era la pistola.
Jack improvvisamente sentì la porta dietro di lui aprirsi, si girò
improvvisamente ed esplose un paio di colpi ma l’intruso non riportò
danni; si avvicinò con un manganello ed assestò a Bristow una botta in
testa che lo fece rapidamente svenire.
«Anevéne páno, estí lipothimómenos.» Evidentemente non era Peloponnisiakós
quello che l’aspettava all’aeroporto.
SARAJEVO
Nella “casa sicura” della CIA a Sarajevo Weiss e Vaughn stavano
discettando del campionato americano di hockey su ghiaccio impugnando una
Dreher a testa e condivano i loro apoftegmi con rutti intermittenti e
contumelie occasionali all’indirizzo di difensori tardi ed allenatori
incapaci.
«Ciao ragazzi, tutto a posto?» Syd rientrava dal mercato con le patate e
le carote per la cena; Weiss repentinamente chiuse la bocca nel disperato
tentativo di tarpare un rutto appena esclamato senza peraltro evitare il
relativo commento di Sydney: «Bestia, sembra una Ferrari che accelera!»
Syd posò la borsa della spesa sul tavolo ed estrasse il giornale e si mise
a sfogliarlo. L’aveva comprato per fare un po’ di esercizio col
serbocroato.
«Ehi Eric, cosa vuol dire “glavni stan”?»
«”Quartier generale”.»
«Ah già. Beh, comunque hanno incriminato Bush e Cheney per corruzione,
concussione e—»
Eric si voltò verso Sydney che teneva in mano il giornale. «Ma tu capisci
il serbocroato? Non c’era sulla tua scheda!»
«È vero, pure a me non sembra che ci fosse.» Anche Vaughn era stupito.
Sydney si fece pensosa. In effetti non si ricordava di averlo mai imparato
o studiato. Come poteva essere che lo conoscesse?
«Potresti averlo imparato nei due anni che sei scomparsa. I centri
mnemonici dell’apprendimento linguistico sono separati da quelli che
memorizzano gli eventi.»
«Cioè mi stai dicendo che se mi hanno fatto il lavaggio del cervello non
m’hanno potuto far dimenticare una lingua che avevo appreso?»
«Per forza, se no non ti ricorderesti nemmeno l’inglese, non riusciresti a
parlare.»
Eric era stupefatto. «Allora potresti ricordare altro, magari dettagli che
però potrebbero essere utili per ricordarti cos’è successo.»
«È vero… mio dio!»
La conversazione fu troncata improvvisamente da Vaughn. «Zitti un attimo!
C’è qualcuno da Acomat!
Weiss, tu che capisci, che dice?»
Eric ascoltava con attenzione ma gli sfuggivano certe parole. I due
interlocutori parlavano a bassa voce ed in fretta.
«Sembra che Acomat ce l’abbia con qualcuno… dice che non gli sono arrivati
tutti i soldi.» Il trucco di Marshall aveva funzionato. «Dice che se non
gli danno i suoi trecentomila… parla di Dio –ma non come farebbe il mio
vecchio rabbino … dice che si metterà ad indagare su cosa lo usano. Adesso
ce l’ha con la Madonna… e Gesù Cristo.» Si sentirono poi i rumori di due
persone che si alzavano dalle sedie ed uscivano. «Prima ha detto: “mi
metterò ad indagare su cosa lo usiate a fare”. Parlava al maschile
singolare [5], potrebbe darsi che parlasse di
Tomasević.»
«Mi sembra un po’ poco. Queste persone rapiscono facilmente i proprî
nemici, potrebbe darsi che si tratti di un altro.»
«Senza contare che anche cane è al maschile, in serbo.» Precisò Syd.
«In ogni caso c’è di mezzo la vita di qualcuno; direi di intervenire, alla
peggio scopriremo delle informazioni su di un altro caso.»
«Alla peggio faremo scoppiare un incidente diplomatico.»
«Chiedo l’autorizzazione a Dixon?»
«No, direbbe quello che ho detto io e ci impedirebbe di agire.»
«Gli diciamo anche di me?»
«Poi quando saremo tornati.»
«Allora procediamo?» Chiese Sydney speranzosa.
«Certo che sì.»
Il telefonino di Vaughn si mise a suonare. Era Dixon.
«Pronto, Vaughn.»
«Vaughn, abbiamo un problema. Abbiamo perso Jack; stiamo mandando tutto il
personale in zona a Cipro e credo sia meglio inviare anche Sydney… anzi è
meglio se me la passi.» Vaughn passò il GSM alla donna.
«Marcus, ma che c***o è successo?!?»
«Thoukídidis Peloponnisiakós non si è messo in contatto con nessuno da due
giorni e non abbiamo notizie di Jack; abbiamo mandato qualcuno a vedere
nella nostra casa vicina all’aeroporto ed abbiamo scoperto che le armi
erano state tutte caricate a salve.»
«Si sa chi sia stato?»
«O i russi o i ciprioti, ma non ne siamo sicuri.»
CAPITOLO 3
NICOSIA
Sydney entrò in una “casa protetta” della CIA: non quella dove era andato
Jack ma un’altra, nel centro della città.
«ag. Sydney Bristow? Io sono l’ag. Alexander Seyton, Sezione Operazioni
Speciali della CIA .»
«Lei non è quello che ha ammazzato quei civili in Afganistan?»
«Senta, se quelli sono tanto furbi da mettersi a sparare in aria durante
un matrimonio , che vedano almeno di non essere in zona di guerra…
tradizione millenaria un paio di marroni! Mille anni fa i fucili non
esistevano ancora!» Seyton cambiò discorso. «La nostra fonte presso il
governo [6] ci ha rivelato che Agamémnon, il capo
della cosca mafiosa Nátkhios è sicuramente al corrente della sparizione di
Jack Bristow perché ha affittato un aereo per conto terzi lo stesso giorno
che lui è sparito e poi perché qui gli Nátkhios sono al corrente di ogni
cosa che succeda. A proposito, lei e l’ag. Jack Bristow siete parenti?»
«È mio padre.»
«Ah.» Meglio tornare a bomba. «Stasera Agamémnon Nátkhios da’ una festa
nella sua villa a Larnaca. A Langley hanno studiato un piano: lei si dovrà
travestire da zocc— da squillo d’alto bordo, appartarsi con lui e farlo
parlare. Adesso le spiego come: vede questo vestito da sera?»
«A me sembra una cannottiera di pelle.»
«Eh beh, un bel vestito da baga— da puttana, no?»
«Quelle d’alto bordo si vestono in maniera meno appariscente.»
«A Langley vogliono che a Agamémnon Nátkhios verrà un attacco ormonale
appena la vedrà e si darà da fare con lei il piú in fretta possibile. È
importante che lei se la squagli prima della fine della festa. Dunque,
nell’imbottiture del reggiseno ci sono due piccole siringhe; si tirano
fuori da queste lampo qua che sembrano solo decorative invece…»
«Chi ha inventato questo coso?»
«Boh? Mi sembra uno di Los Angeles, un certo “Winckelman”… Comunque a
destra c’è una neurotossina che ammazza in 1’ e 20’’, il barbi— barbilatto…
il barbilattoqualcosa; lei glie la deve iniettare e lui dopo 10’’ si
accorgerà di stare male; allora tirerà fuori da sinistra l’antidoto e gli
dirà:—»
«”O mi dici dove hai messo mio padre o ti lascio morire.” Capito tutto.
Non è difficile.»
«Appena gli avrà dato l’antidoto gli dia una botta in testa e scappi;
fuori ci saremo noi a prenderla.» Seyton si voltò idi scatto urlando verso
l’agente dietro di lui. «CHUCK MA CHE C***O FAI? Devi prendere le granate
fumogene, idiota, non quelle a deframmentazione! Mi scusi signorina- Chuck,
dobbiamo coprire una maledetta fuga no fare una fottuta strage!»
«Ho capito, ho capito.» Protestò Chuck mentre Seyton gli appioppava uno
scappellotto a mano intera.
«Lo scusi… è uno nuovo. Bene, lei dovrà fare molta attenzione alle guardie
del corpo di Nátkhios ed anche ai suoi figli, che di solito gli stanno
vicino: Oréstis, uno dal grilletto facile, ed Iléktra, cintura nera di
karate, campionessa nazionale di pugilato tailandese ed esperta altre
varie arti marziali. Sembra che sia stata in Giappone alcuni anni.»
La mega-villa dei Nátkhios era strapiena di gente. Effettivamente farsi
notare da Agamémnon sarebbe stato molto difficile senza il vestito
procuratole dalla CIA, anche se Syd doveva ammettere che c’era gente in
abito da sera trasparente o semitrasparente e minigonne piú inguinali
della sua.
«Qui montanaro, ho individuato il bersaglio.»
Agamémnon Nátkhios era un tipo di sessant’anni, abbastanza pelato, ma
ancora arzillo che ballava come un idiota fra due “colleghe” di Sydney,
che si avvicinò ad iniziò a ballare con lui. Dopo dieci minuti erano già
appartati in una stanza; mentre Agamémnon si toglieva la camicia ZAC! Syd
estrasse la siringa a destra e glie la piantò nel braccio.
«Ti káni, pórni?»
«Mi capisci porco? Quella che ti ho ficcato in vena è una neurotossina che
t’ammazza fra 1’! quindi rispondi alle domande che ti farò!»
Nátkhios cercò di colpirla con uno schiaffo ma lei evitò il suo braccio e
gli sparò un calcio nel ventre; Nátkhios cadde giù e tentò di rialzarsi,
tremando, prima di stramazzare a terra. Stava per chiamare aiuto quando
Syd gli tappò la bocca con la mano. Nátkhios cominciò a tremare come una
foglia ed a battere i denti.
«Hai poco tempo ora! Che fine ha fatto quell’americano rapito ieri? Dove
andava l’aereo che hai noleggiato?»
Nátkhios fece ancora un tentativo per rialzarsi ma ricadde subito
indietro.
«K-K-Kandahār! S-s-se K-K-Kandahār!»
«Chi è stato?»
«E-e-e R-roússe ipó A-ak-kbar Hum-m-māyūn!»
Syd tirò fuori dall’imbottitura a sinistra l’antidoto e glie lo iniettò,
subito dopo estrasse l’altra siringa che era rimasta conficcata nel
braccio di Nátkhios, quindi gli diede un pugno sul mento che lo fece
svenire.
«Montanaro, sto arrivando!»
Nel corridoio c’erano due guardie.
«Grígora, o Nátkhios esthánese áskhima!»Mentre scattavano verso la camera
dove c’era il loro capo, Syd sferrò al primo un calcio alle ginocchia,
facendolo rovinare per terra, al secondo un pugno in faccia, quindi un
altro calcio in faccia al primo che si stava rialzando ed una gomitata
nello sterno al secondo, mettendoli K.O.; Syd credeva di aver risolto la
questione quando apparve una figura dal corridoio in un vestitino rosso
con bandana e stivaletti dello stesso colore.
«Pórni, poú estí o patéras dhíkos moú?»
«Ìsse kalá.» La sconosciuta non si voleva fare da parte. «Viázome fig n.»
«Prépis me mákhome.» Le due donne iniziarono a combattere furiosamente:
Syd evitò un paio di calci al ginocchio ma fu costretta ad arretrare;
Iléktra le sferrò un ennesimo calcio volante ma scoprì l’inguine, Syd
tentò di colpirla col pugno ma Iléktra fu piú veloce e parò la mossa con
l’altra gamba assestandole una ginocchiata sul braccio. «Ahia!» Sydney
temeva di esserselo rotto. Arretrò ancora; adesso era vicinissima ai due
uomini di prima, che erano ancora stesi… no, uno si rialzò, attirando
involontariamente l’attenzione di Iléktra che si voltò; Syd ne approfittò
per colpirla al ventre e poi in faccia, mollò un calcione al gorilla,
rimettendolo al tappeto ed infine colpì Iléktra alla base del collo,
lasciandola svenuta.
Syd stava correndo verso la salvezza quando altre guardie diedero
l’allarme; «Montanaro, m’hanno scoperta!» Stava per attraversare il
cancello della villa quando uno scagnozzo di Nátkhios la placcò alle
ginocchia facendola rovinare per terra, poi le balzò addosso per fermarla.
Le stava sopra tenendole bloccate le braccia e Syd non riusciva a
divincolarsi. Schiacciandola col suo peso, le stava togliendo il respiro.
Improvvisamente il gorilla si sollevò nell’aria ricadendo all’indietro.
Era Seyton che lo aveva scaraventato via con un calcio; l’agente sparò una
granata fumogena con l’M203 ma dal fumo emerse il gorilla di prima che
caricò Seyton; l’agente lo stese con un colpo del calcio del suo fucile,
brincò per la collottola Syd che stava riprendendo il fiato, la tirò su di
peso e la spinse avanti sorreggendola col braccio.
«Via, via, via!» La buttò in un furgoncino bianco che intanto si era
portato davanti al cancello; appena salì anche Seyton l’automezzo sgommò a
tutta velocità.
ZURIGO
«Signora Reed! Mi fa piacere vederla.»
«Buongiorno signor Sloane. Mi scusi per l’ora… ehm, Vista la situazione
non posso purtroppo dire lo stesso.»
«Cos’è successo?»
«Due giorni fa Jack Bristow è stato rapito a Nicosia e da informazioni
raccolte sul campo pare che sia stato portato in Afganistan dalla
Convenzione e –non sappiamo perché- dato in custodia ad un certo Akbar
Humāyūn, un signore della guerra paṣtun. Il CNS mi vuole lì per coordinare
le operazioni di recupero ma prima passerò a Cipro a prelevare alcuni
agenti per l’operazione.»
«Akbar Humāyūn ha detto? Figlio di Naṣir al-Dīn Humāyūn?»
«Sì, credo di sì, perché?»
«Gesù… è un nipote di Aḥmad Kabir!»
AFGANISTAN
Jack si trovava in quella stanza da ore e nessuno si era fatto vivo da un
bel po’ di tempo. Era una capanna di legno e pietra, esempio tipico
dell’edilizia tradizionale afgana; doveva essere un casolare isolato nella
campagna. Ad un certo punto entrò il tizio che aveva visto sull’aereo e—
«Lui è boia.»
Jack ebbe una visione agghiacciante. Dopo il tizio di prima entrò un uomo,
ma gli andarono alcuni secondi per capire che apparteneva alla specie
umana e non fosse qualche alieno, perché non aveva il naso, non aveva le
labbra, non aveva le orecchie, non aveva le guance, non aveva le
sopracciglia. La sua faccia era un’unica cicatrice sul quale era stato
steso qualche velo pietoso di pelle che aveva perso il suo colorito
originale; in alcuni punti, sotto il sottile strato di tessuto
cicatriziale si potevano vedere le vene viola, le arterie rosse e perfino
le biancheggianti ossa del cranio. Da quel volto che non era piú un volto
emergevano soltanto due occhî scuri, poco distanti dalle due caverne
simmetriche spalancate dove una volta c’era un naso. Si vedevano i denti
anteriori come in un teschio al quale fosse rimasta attaccata ancora un
po’ di carne. Era peggio di Freddy Krüger, soprattutto perché era vero.
Vista la superficie irregolare delle cicatrici, qualcuno doveva avergli
asportato via tutte le sporgenze della testa con un coltellaccio od un
trinciapolli. Jack dovette trattenersi per non vomitare e si voltò
dall’altra parte.
«Lui boia, io interprete. Io mercenario di sui padroni. Io dico te quello
che lui dice me. Tu capisci americano?» Jack fece un cenno d’assenso. Il
mutilato mosse in su e giù i denti: stava parlando. Uscì da quella che era
la sua bocca una serie di parole smozzicate ed appena comprensibili perché
gli aguzzini gli avevano tagliato via anche parte dei muscoli superficiali
della faccia cosicché lui non riusciva a muovere bene la bocca.
«Lui stato sei mesi a Pol-e-Čarki [7] e avere
imparato su di sé tutto quello che c’è di sapere su tortura.»
Entusiasmante. «Tre persone a egli hanno fatto questo: quando lui escito,
uno dato in pasto a cani, uno fatto a pezzi con sega a motore, uno
strappato gambe e braccia e lasciato a vivere.»
«Ma cosa volete da me?»
Il mercenario greco si volse verso l’aguzzino e gli rivolse la domanda di Jack.
Risposta.
«Vendetta.»
LOS ANGELES
«Pronto, Dixon.»
«Capo, sono Weiss. Siamo riusciti a sapere dov’era diretto quell’aereo
dove forse era Tomasević: a Kandahār.»
«A Kandahār? Da chi?»
«Non lo sapevano, all’aeroporto. È comunque roba dei muǧāhiddin.»
«Dovreste chiedere a Kotromanić se qualcuno lì abbia dei rapporti con un
certo Akbar Humāyūn.»
«”Ahkbar Hoomayoon”… come si scrive?»
«Dunque, A-K-B-A-R e H-U-M-A-Y-U-N con a e seconda u lunghe, con un
trattino sopra.»
«Quale a? la prima?»
«Lascia perdere i trattini, tanto se sanno chi è capiranno lo stesso.»
NICOSIA
«Lauren Reed, CNS. Ho bisogno che l’agente Bristow venga con me in
Afganistan.»
«Si va a recuperare mio padre?»
«Esattamente. Lei, Seyton, può rimanere qua con la sua squadra. Ne abbiano
già una a Kandahār.» Va be’, si sapeva che era meglio non far tornare
Seyton in Afganistan.
SARAJEVO
«Pronto capo? Kotromanić mi ha detto che di Humayun o come diavolo si
scriva qui non ne ha sentito parlare nessuno, però dice che a Kandahār c’è
uno che potrebbe avere rapporti coi muǧāhiddin: Mirak Mīrzā Ġiyās, allora
trattino sulla i e sulla a di Mīrzā, puntino sulla G maiuscola e….»
«Va bene così; ottimo lavoro Eric.»
6.700 m SOPRA IL MARE MEDITERRANEO OCCIDENTALE
La cabina del Gulfstream II era vuota e non c’era nessuno sui sedili a
parte le due donne. «Sydney, nonostante tu sia emotivamente coinvolta il
CNS ha deciso di metterti a capo dell’operazione perché sei già stata in
quelle zone. Si era offerto Dixon ma ha dovuto scegliere te per via della
sua posizione di responsabilità.» Lauren non disse che il CNS agiva su sua
proposta e che lei in realtà aveva un secondo fine e per realizzarlo le
era necessario trovarsi da sola con una Syd sconvolta.
«Già. Non ho un bel ricordo di Kandahār.»
«Secondo quanto siamo riusciti a ricostruire, i russi si sono accorti o
del doppiogioco di Peloponnisiakós o del doppiogioco della nostra fonte
presso il governo cipriota ed hanno rapito Jack; per evitare un caso
diplomatico, lo hanno consegnato ad un potente signore della guerra paṣtun,
quell’Akbar Humāyūn che ha citato Nátkhios, perché lo interrogasse al
posto loro…»
«Perché facesse il lavoro sporco.»
«Sì. Tomasević deve essere finito nelle mani di Humāyūn per un motivo
simile: le attività dei muǧāhiddin sono troppo sorvegliate e così hanno
chiesto a Humāyūn di andare a prenderlo Kandahār per non destare troppi
sospetti; dovrebbe consegnarlo ai muǧāhiddin tra poco e questo è un altro
incentivo ad agire in fretta.
Senti, c’è una cosa che Dixon mi ha detto di non farti sapere ma io sono
di altro avviso e poi non lavoro per lui. Ecco, c’è un altro motivo per il
quale Jack è stato consegnato a Humāyūn, per fargli un “regalo” … non so
come dirtelo: beh, è parente di Aḥmad Kabir.»
«Oh mio dio. Oh mio dio.»
«Quello che sappiamo di Akbar è che è un megalomane, che mira a frasi
proclamare re d’Afganistan. Suo padre è stato torturato a morte dai
comunisti e… da lui lavorano certi individui che sono stati cacciati da
al-Qa’ida per i loro metodi troppo violenti. « Syd si mise le mani nei
capelli. «Da quanto ci è dato immaginare dal loro modo di comportarsi, la
notizia buona è che Jack adesso deve essere ancora vivo: Humāyūn
interrogherà a lungo tuo padre per conto dei russi, prima di vendicarsi.»
«E la notizia cattiva?»
«…È meglio che non lo sai.»
«Oh dio, oh dio.» Syd stava per mettersi a piangere. Lauren non l’aveva
mai vista così scossa. «Scusami se sono così brutale ma è meglio che
queste cose tu le sappia.» Probabilmente Sydney stava rivivendo una
situazione già passata che non era stata né allegra né scevra da
conseguenti traumi; Lauren ricordava che Syd dopo il suo ritorno da
Kandahār aveva avuto bisogno di diversi colloquî dalla dott.ssa Burnett:
erano riusciti a liberarla prima che la torturassero ma dopo che Kabir la
desse in pasto ai suoi uomini affamati di sesso. E poi gli afgani erano
particolarmente crudeli quando si trattava di vendette, anche se
trasversali, soprattutto se a danno di infedeli.
Era il momento di approfittare della sua vulnerabilità psicologica. Lauren
iniziò a consolarla.
«Avanti, vedrai che tutto andrà bene.» Le si avvicinò e le accarezzò i
capelli. «Sfogati pure, cara.» Poi le si avvicinò ancor di piú,
sfiorandole la pelle del bel collo.
KANDAHĀR
Il Gulfstream II atterrò sulla pista dell’aeroporto al tramonto. Mentre
Lauren e Sydney scendevano, squillò il GSM della prima.
«Reed, CNS.»
«Lauren, sono Dixon. Secondo Weiss e Vaughn il contatto dei bosniaci lì a
Kandahār è tale Mirak Mīrzā Ġiyās; ho controllato sul nostro database e
non c’è niente ma su quello del Mossad è schedato: è un uomo di Humāyūn.»
«Quindi Tomasević e Jack sono stati rapiti dalla stessa persona?»
«Piú plausibile che sia stato rapito da organizzazioni diverse e che li
abbiano dati in custodia a Humāyūn, i muǧāhiddin perché si fidavano ed i
russi perché volevano evitare che ce la prendessimo con loro.»
«Benissimo.»
Dopo di loro scesero i piloti ed incontrarono nell’hangar Earl Burt, un
tecnico australiano.
«Ehi Earl, a questa non ci crederai!» I due sogghignavano.
«Che è successo?»
«Sai quelle due che sono scese con noi?»
«Eh.»
«Hanno scopato tutto il viaggio!»
«Nooo! Fra di loro? E voi non vi siete buttati?»
«Scherzi? Quelle sono due toste, una è una capoccia da qualche parte in
America, capace che ci fa restare qui in ‘sto postaccio!»
«Ma dai!… voglio tutti i dettagli!»
«Ecco, eravamo sopra l’Arabia, io apro un attimo la porta della cabina di
pilotaggio per vedere come va e…»
Lauren e Sydney andarono dall’aeroporto al campo di Ḫeyli-Mulla-Alam dove
ebbero una rapida riunione con il comandante americano e con un agente
britannico.
«Il mese scorso il governo afgano ha intrapreso un’azione militare contro
Humāyūn per cacciarlo via dalla provincia di Ġaznī ma lui li ha respinti e
si è assestato a 10 km da Kābul la settimana scorsa. Humāyūn è convinto
che la città stia per cadere e che la vittoria in questa battaglia gli
darà il potere supremo. L’ISAF [8] sta trattando con
lui per dichiarare Kābul “città aperta” e per farlo entrare nel governo ma
alcuni suoi sostenitori non vedono di buon occhio quest’ultima mossa; noi
temiamo qualche colpo di testa da parte sua.»
«E questo cosa c’entra con Jack e Tomasević?»
«I prigionieri di Humāyūn sono tenuti nel suo rifugio sui monti e noi non
sappiamo dov’è; però sicuramente è sguarnito perché il grosso delle sue
forze è impegnato ad est.»
Dopo di loro parlò Malcolm Sūr, dell’MI6; aveva padre pachistano e madre
di Northampton, era l’unico agente nato in Europa che i servizî segreti
occidentali fossero riusciti ad infiltrare in Afganistan (già dal 1999).
Parlava il paṣto, il dari e l’urdu; il padre era di Pešāwar e lui
conosceva molto bene il Paṣtunistan.
«Si è improvvisamente presentata un’occasione da non perdere. Stasera
Ġiyās è in città per incontrare dei capi locali e dopo si recherà in un
bordello a Mullazaray [9]; ovviamente la tenutaria
lavora per noi e le sue ragazze ci hanno già passato un sacco di
informazioni utili.»
«Non so perché ho l’impressione che stanotte sarò in missione.» Al
commento di Sydney tutti risero.
Ġiyās sarebbe entrato, la padrona l’avrebbe mandato in una stanza al piano
di sopra dove Sydney l’avrebbe preso a calcioni e poi fatto confessare con
del pentolato di sodio. Il rumore degli altri clienti avrebbe coperto
quello della lotta e poi nell’altra stanza ci sarebbe stata Lauren pronta
ad intervenire. Nel caso che Mirak Mīrzā Ġiyās fosse riuscito a scappare
una squadra americana lo attendeva fuori in un vicolo, nascosta nella
carcassa carbonizzata di un carro armato.
Lauren era pigiata contro la porta comunicante con la stanza di Syd;
sembrava che la lotta stesse continuando ma Sydney non aveva ancora
chiesto aiuto. Ad un certo punto la porta verso il corridoio si aprì.
«Ciao tesoro. Come è andata la notte d’amore con la Bristow?»
Lauren dovette trattenersi per non dare di fuori. Abbassò la pistola. «Si
può sapere che c***o ci fai qui?» La sua voce era un sibilo. «Non ti
sembra abbastanza rischiosa la nostra vita? E quante volte ti ho detto di
non chiamarmi tesoro?»
«Ho bisogno di aggiornamenti in tempo reale, che state combinando?»
«Non è un momento un po’ inopportuno?»
«Invece mi dovreste ringraziare perché io ho pensato alle due guardie del
corpo di Ġiyās che attendevano di sotto e che voi non avevate notato. La
Convenzione non può permettersi di perderti.»
Nell’altra stanza i rumori di lotta finirono. Syd batté due volte contro
la porta, Lauren la aprì e le passò la siringa col pentolato facendo bene
attenzione a non lasciar vedere Sark nell’altra stanza, poi rientrò.
«Va bene… sembra che Tomasević e Jack siano detenuti da un certo Humāyūn e
lo s*****o di la è un suo uomo.»
«Voglio che lo uccidi. Poi ti spiego.»
«Ma come fai ad intrufolarti sempre dappertutto?»
«È una mia dote naturale. Vedi che venire qui è stato utile? Ciao tesoro
divertiti.» Sark sgattaiolò fuori prima che a Lauren venisse la tentazione
di sparargli.
Gli venisse un accidente a lui, ai suoi “tesoro” ed alle sue fantasie
erotiche. Qualche volta non lo sopportava.
Lauren bussò alla porta. «Ehm, avanti!» Entrò nella stanza di Sydney.
«Ha parlato?»
«Il rifugio di Humāyūn è alle sorgenti dell’Arġandāb [10],
è lì che tiene i prigionieri.»
Lauren estrasse la 9 mm e sparò in testa a Ġiyās. Sydney rimase a bocca
aperta.
«È un atto di pietà. Tutto quel pentolato gli deve aver spappolato il
cervello.»
«Ma la dose…?»
«… era la dose massima. Ci sono due nostri agenti nelle mani di sadici
assassini, non possiamo permetterci tempo né errori.»
Sydney era perplessa. Quel giorno aveva visto due aspetti di Lauren che
non conosceva: uno era tenero e, con suo grandissimo imbarazzo, anche
eccitante e sensuale, l’altro era freddo e spietato. Non che non l’avesse
già vista uccidere [11], ma era stato durante uno
scontro a fuoco. A ben vedere il motivo c’era anche qui ma la situazione
era diversa. “Del resto lavoriamo per i servizî segreti non per l’Esercito
della Salvezza.”
«Di’ alla tenutaria di far sparire il corpo.»
CAPITOLO 4
ĠAZNI
Akbar Humāyūn sognava fin da bambino di diventare Re, da quando gli
narravano delle imprese di Maḥmūd di Ġaznī contro i pagani ed a lui si
rizzavano i capelli in testa e veniva la pelle d’oca pensando alla gloria
acquisita da Maḥmūd in questa e nell’altra vita ed al ricordo immortale
che egli aveva lasciato. Anche lui voleva essere cantato dai poeti e dopo
la sua vittoria sui governativi pensava che il momento fosse finalmente
giunto: gli occidentali stavano per lasciare Kābul alle sue truppe ed
oramai venivano a patti con lui. In realtà la capitale era difesa da
tedeschi, danesi, francesi ed italiani che non avevano alcuna voglia di
combattere e prendevano tempo aspettando che gli americani risolvessero la
situazione. Ma Akbar non lo sapeva e per lui era il momento per fare un
colpo di grande risonanza che avrebbe aumentato il suo prestigio: farsi
incoronare. La cerimonia si sarebbe tenuta a Ġaznī, città che per lui
aveva un valore particolare, e poi sarebbe stata ripetuta a Kābul appena
la città fosse stata un po’ piú sicura e poi a Kandahār quando l’avrebbe
presa: allora i paṣtun avrebbero finalmente avuto un capo e l’Afganistan
un Re. Il momento era tanto piú dolce in quanto la morte di suo zio Aḥmad
sarebbe stata finalmente vendicata con la vita di quell’americano che i
russi erano stati tanto gentili da consegnargli.
L’incoronazione si sarebbe svolta in presenza dei maggiorenti della
regione, fra le rovine del cortile del palazzo di Maḥmūd, in suo omaggio.
Una delegazione della Loya Ğirga in realtà formata dai pochi anziani
capitribù che Akbar era riuscito ad accalappiare l’avrebbe eletto re e gli
avrebbe offerto il diadema mentre lui stava sotto l’unico īwān [12]
rimasto in piedi. Poi si sarebbe mostrato alla folla mentre una parata
militare avrebbe percorso la strada principale della città.
Sark guardava con interesse la buffonata in mezzo alle rovine. La
Convenzione aveva voluto che qualcuno la rappresentasse durante
l’incoronazione e lui si trovava in zona. Tempo perso in diplomazia
inutile.
Humāyūn era vestito di bianco e verde con ricami di porpora e d’oro ed a
Julian sembrava un prete che stava per celebrare la messa. Il caldo era
abbastanza sopportabile. Humāyūn entrò fra le rovine del palazzo su di un
cavallo bianco, seguito da una schiera di mogli, figli, parenti ed amici
che reggevano foglie di palma. Un vecchio incartapecorito che si teneva a
malapena in piedi gli offrì il diadema o meglio glie lo fece cadere in
mano perché non ce la faceva piú a tenerlo; Humāyūn se lo mise in testa ed
urlò una frase in paṣto e poi in dari. «IO SONO IL RE!» gli tradusse la
sua interprete, una donna tutta avvolta nella sua burqa, tanto che Sark
non si era ancora fatto un’idea sulla sua età. Quindi apparve un
energumeno in mimetica con una scimitarra in mano ed un M60 a tracolla.
«Quello è Babrak di Mokor, braccio destro di Humāyūn e Maresciallo di
Afganistan. Gli fa da campione. Sta dicendo che se qualcuno non è
d’accordo lui lo sfida.»
«Glie lo lascio volentieri.» Intanto la folla si era messo ad acclamare il
nuovo re.
La parata militare (si fa per dire…) passò per il corso Akbar I, come era
stata pomposamente ribattezzata la polverosa pista che attraversava
l’abitato di Ġaznī. I mezzi messi in mostra erano talmente vecchî da far
pensare a Sark che in realtà Humāyūn avesse voluto mettere insieme una
esposizione per antiquarî dell’oplologia sovietica. In mezzo alla polvere
si vedevano dei T-54 che facevano molto guerra fredda mentre si muovevano
cigolando come se dovessero disfarsi da un momento all’altro, mortaî
rigati da 120 mm trainati da muli afgani conciati da far pietà (i muli e i
mortaî) e dei cannoni M1931/37 che dovevano aver preso parte all’assedio
di Stalingrado e che da allora dovevano essere inutilizzabili. C’erano
perfino un paio di BA-64 [13] ed a Sark dispiacque
non essersi portato dietro una camera per fotografare quei pezzi da museo.
Il GSM di Sark si mise a squillare.
«Pronto?» La voce al telefonino parlò velocemente e poi riattaccò. Sark si
voltò verso sudovest e vide dei puntini neri nel cielo, quindi si volse
all’interprete.
«Dica a Sua Maestà che, commosso dalla celebrazione ho una mossa di corpo
e devo assentarmi.»
«Come?»
«Dica anche a Babrak che la sua sfida è stata accettata.»
Sark balzò sulla vecchissima Moskovič 2137 familiare con le insegne della
Mezzaluna Rossa parcheggiata in un vicolo laterale e prese la strada per
Šeyḫābād [14], se si sbrigava ce l’avrebbe fatta a
scappare prima che arrivassero gli elicotteri americani e mettessero fine
al brevissimo regno dell’ultimo sovrano dell’Afganistan.
L’interprete tirò fuori dalla burqa un telefonino e compose un numero.
«Sark sta scappando.»
Gli elicotteri si avvicinarono in formazione a ventaglio in stile
Apocalypse now e colpirono facilmente tutti i mezzi della parata, ben
esposti lungo il corso Akbar I. Da terra partì qualche missile Stinger
contro i velivoli ma furono tutti mancati. Sua maestà ebbe un travaso di
bile mentre i suoi migliori carri armati, i suoi unici mortaî di grosso
calibro ed i suoi uomini piú fedeli venivano travolti dalle fiamme delle
esplosioni. Un T-54 esplose davanti a lui ferendolo di striscio; tutti i
presenti corsero via tentando di mettersi in salvo, compreso il re dal
trono traballante ed il suo impavido Maresciallo Babrak di Mokor, che
rischiarono di venir calpestati dalla folla in fuga. Mentre montava sulla
sua jeep UAZ, Akbar Humāyūn ordinò di andare verso il suo rifugio alle
sorgenti dell’Arġandāb che doveva essere rimasto intatto.
FOCI DELL’ARĠANDĀB
dolore
stanchezza
dolore
nausea
…cosa sono?
puzza
dolore
grida
…dove sono?
dolore
umiliazione
odio
dolore
Jack si stava lentamente riprendendo. Era svenuto mentre lo torturavano;
aveva provato a rifilare all’aguzzino la storia del turista inglese ma
evidentemente sapevano la verità e volevano da lui solo i dettagli. Jack
capì che non ce l’avrebbe fatta a resistere ancora.
Di fronte a lui comparve nuovamente il mercenario. Jack sentiva delle urla
provenire da un’altra stanza. Doveva avere qualche sconosciuto compagno di
disgrazia.
«Chi—chi c’è… di là?» Riusciva a malapena a parlare. Sputò per terra.
Sangue.
«Altro americano.»
Era un soldato? Od un agente? Come si chiamava quel croato?
Poi entrò il carnefice senza la faccia. Era sporco di sangue; parlò col
mercenario.
«Lui dire che oggi finirà con te.»
Senza-faccia tolse la scarpa destra di Jack, gli levò la calza, prese un
coltellino, ficcò la lama sotto l’unghia del pollice ed iniziò a muoverla
lentamente. Bristow tentò di trattenersi ma dopo pochi secondi incominciò
ad urlare. Senza-faccia fece leva e gli alzò l’unghia di qualche cm dalla
carne; Jack vomitò per il dolore. Senza-faccia si scansò per evitare
l’esile fontanella di rigurgito e poi riprese a lavorare quando
improvvisamente si fermò.
Spari?
Senza-faccia si rialzò e andò alla porta. Il mercenario estrasse la sua
Tokarev dalla fondina e gli sparò all’occipite, poi uscì e Jack sentì
sparare ancora. Il mercenario rientrò, tolse il coltello da sotto l’unghia
di Jack e mise una pezza sul dito per riavvicinare carne ed unghia e per
arrestare l’emorragia. Subito dopo entrarono dei soldati.
Americani.
Era salvo!
«Di lui padrone non mi pagava da una settimana. Io svincolato.»
Jack Bristow e Steven Tomasević vennero portati fuori dalla capanna in
braccio dai soldati USA. Sul terreno c’erano alcuni uomini in turbante e
mimetica.
Sull’elicottero c’erano «Syd! Lauren!»
«Non ti stancare papà, adesso ti portiamo via.»
Il Chinook si levò rumorosamente in volo nelle assolate montagne afgane
seguito dall’Apache di scorta ed i due elicotteri sparirono verso
l’orizzonte.
STRADA PER ŠEYḪABĀD
«Guarda vicino a quell’albero, potrebbe essere la macchina che ci hanno
segnalato!»
«È lei, l’abbiamo trovata… fuoco!»
Dall’Apache partirono due razzi che fecero esplodere la vecchia Moskovič
di Sark. L’elicottero riprese quota. «Bersaglio colpito.»
Julian aveva avuto la presenza di spirito di arrampicarsi su quel sicomoro [15]
appena sentì il rumore dell’elicottero. Meno male che si era fermato per
pisciare! E meno male che aveva voluto farla contro un albero! Se no
adesso sarebbe morto. Certo, raggiungere Šeyḫābād sarebbe stato difficile
a piedi, saranno stati piú di 30 km in una zona aspra e tutt’altro che
sicura. Ma lui era Sark ed aveva visto di peggio.
Ce l’avrebbe fatta.
CONCLUSIONE
Senza-faccia non ci era andato leggero così Jack Bristow e Steven
Tomasević sarebbero dovuti rimanere diversi giorni in cura all’ospedale
militare di Kandahār e Sydney chiese ed ottenne di restare lì con loro
mentre Lauren venne richiamata negli USA dal CSN. Prima di andarsene
Lauren passò a salutare un’imbarazzatissima Syd.
«Ciao Syd, il mio aereo parte fra mezz’ora.»
«Ciao.» Non sapeva che dire.
«Senti, volevo farti sapere che quello che è successo l’altro giorno era…
ehm, la debolezza di una notte.»
«Va bene.»
Lauren le si avvicinò ed accostò le sue labbra a quelle di Sydney. Syd
sentì la lingua di lei aprirsi la strada fra le sue labbra e lambirle i
denti, che lei aprì per lasciare che Lauren entrasse ancora un po’.
Lauren si staccò, disse: «Questo invece è qualcosa di piú serio.» Ed uscì.
BLAAAHHRRHHH! MA VATTENE AFFAN***O! già le faceva schifo farlo con una
donna, figuriamoci con la Bristow! Le avrebbe messo in conto anche questo
quando l’avrebbe ammazzata. Razza di puttana! Vacca! Almeno lei era
costretto a farsela perché glie l’avevano ordinato!…
OSSERVAZIONI ETIMOLOGICHE
La maggioranza dei lettori non avrà capito metà dei dialoghi, ma tanto non
c’era niente di importante.
I lettori che conoscono il neogreco mi perdoneranno per gli eventuali
svarioni che ho commesso in questa lingua; fra l’altro ho seguito la
traslitterazione ufficiale ELOT 743 ma non sono sicurissimo degli accenti
dei nomi proprî (che non ho trovato sul vocabolario). Se qualcuno avesse
notato errori, anche nei dittonghi (che con l’ELOT 743 sono un po’ un
terno al lotto) mi scriva pure facendo però attenzione a specificare come
argomento della lettera "Traslitterazione ELOT: errori" perché se no
potrebbe venire cancellata (qualche spam-virus mi perseguita da tutta
l'estate).
Per traslitterare alcune lettere arabe son dovuto ricorrere all'inserimento di forme alfabetiche prese dai fonts Tahoma e Lucida Sans Unicode perchè l'antislamico ed infedele Verdana non era in grado di riprodurmeli, mentre nella prima versione di questo racconto apparsa sul sito m'ero arrangiato alla bell'e meglio. Mi scuso se leggendo la storia avete trovato dei punti interrogativi fra le parole.
I lettori esperti in cultura dei paṣtun sapranno bene che Akbar Humāyūn
non è un cognome tipico di quelle parti ma –come in metà dei nomi che uso-
c’è un riferimento piú o meno nascosto a qualcosa, in questo caso a due
imperatori moghul.
POSTFAZIONE DELL'AUTORE
Nel personaggio dell’aguzzino c’è un risvolto autobiografico: l’idea m’è
venuta ripensando al personaggio di Gary Oldman in Hannibal ed a delle
foto che ci aveva fatto vedere il prof. di Materiali Dentarî, fotografie
che mostravano persone cui era stata asportata parte del volto a causa di
tumori nei tessuti molli. Fra l’altro, l’idea di un torturatore senza
volto m’è talmente piaciuta che lo risusciterò per una nuova avventura,
tanto se è sopravvissuto a Pol-e-Čarki ha la pellaccia dura… avete notato
che i personaggî di Alias sembrano essere tutti immortali, ogni volta che
li ammazzano dopo si scopre che erano solo feriti/in coma/risorti grazie a
Rambaldi.
Il dettaglio dell’unghia tormentata trova la sua origine in altri due
risvolti autobiografici: una volta, sbucciando una mela, m’è scivolato il
coltello la cui lama s’è conficcata sotto l’unghia del pollice per un mm
(un male boia!!!!!!!) e poi ho osservato la callista di mia nonna mentre
le asportava col tronchesino parte dell’unghia micotica del pollicione.
NOTE
1- Bill Clinton, presidente degli USA, per i
bosniaci-musulmani; Franjo Tudjman, presidente della Repubblica Croata,
per i bosniaci-croati; Slobodan Milošević –quello cui poi Clinton farà
guerra nel 1999- presidente della Iugoslavia, per i bosniaci-serbi. I
serbi si opposero a questi accordi ma nell’estate dell’anno dopo
l’intervento dell’esercito croato li convinse a ripensarci.
2- I musulmani bosniaci sono detti comunemente
“bosniaci” e basta, anche se bosniaci sono pure gli appartenenti alle
minoranze di croati e serbi. A dire la verità gli Stati Uniti –ed i
tedeschi- aiutarono soprattutto i croati mentre i sauditi, gli iraniani, i
malesi, i turchi, i libici ecc. si concentrarono sui mussulmani.
3- Ai ciprioti perché:
-essendo i greci di fede ortodossa come i russi e come i russi nemici
storici della Turchia, per i greco-ciprioti era molto vantaggioso avere in
casa un esercito ortodosso a proteggerli
-in piú i russi avrebbero pagato al governo cipriota quote d’affitto per
le basi
ai russi perché:
-nel 2004, a séguito delle stragi aeree russe e del massacro di Beslan,
Putin ha dichiarato di voler combattere il terrorismo anche al di fuori
della CSI, cosa che poteva sembrare una spacconata in stile Bush ma,
avendo la possibilità di disporre di basi nel Mediterraneo Orientale, si
sarebbe potuto sorvegliare meglio il Medio Oriente. In effetti solo un
personaggio del carisma e della mentalità di Putin poteva portare lì delle
basi russe.
-e poi tornava utile avere forze militari a 150 km dalla costa turca. La
Turchia è un paese filo-americano ed è un grande amico del governo
filo-occidentale della Georgia, che si fa addestrare i soldati dagli
statunitensi e che è sospettata di non ostacolare adeguatamente i
guerriglieri ceceni che nel nordest di quel Paese hanno delle basi; nel
mio racconto i russi non vedono di buon occhio queste cose nel “loro”
Caucaso e pensano bene di rivalersi in qualche modo.
Nella mia fantapolitica, turchi, americani, magari anche l’UE si sono
ovviamente opposti ai progetti russi ma non son riusciti a far desistere
Putin: se no come la scrivevo la storia, se lui non portava lì le sue
installazioni militari, eh?
4- Il monte piú alto di Cipro, omonimo di
quello in Grecia.
5- Il serbocroato ha tre generi (maschile
femminile e neutro). Riferendosi all’oggetto del discorso Acomat ha usato
il maschile quindi potrebbe trattarsi di una persona.
6- La stessa che ha rivelato i piani dei russi.
7- Il principale centro di detenzione del
regime comunista afgano.
8- Forza Internazionale per l’Appoggio e la
Sicurezza, composta da americani, italiani, tedeschi, danesi, ecc. . In Afganistan operano anche 12.000 militari americani alla ricerca di bin Ladin, vicino al confine col Pakistan.
9- Dovrebbe essere un quartiere di Kandahār;
fra l’altro non sono sicuro che si scriva così perché la cartina della
Perry-Castañeda che ho scaricato era scritta in russo.
10- Fiume dell’Afganistan
11- Episodio 3.8
12- Specie di androne tipico dell’edilizia
palaziale iraniana. A quanto ne so non ne è rimasto neanche uno intero,
nel palazzo di Maḥmūd, ma nella mia fantastoria uno si è salvato o è
stato ricostruito.
13- Fuoristrada sovietico travestito da
autoblindo.
14- Località a nord di Ġaznī.
15- Non so se nella provincia di Ġaznī
crescano sicomori. |